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sezione III civile; sentenza 26 aprile 1999, n. 4158; Pres. Giuliano, Est. M. Finocchiaro, P.M....

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sezione III civile; sentenza 26 aprile 1999, n. 4158; Pres. Giuliano, Est. M. Finocchiaro, P.M. Russo Libertino (concl. diff.); Bisogno e altra (Avv. Romagnoli) c. Leopoldo (Avv. Lupi). Conferma App. Salerno 21 marzo 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2219/2220-2227/2228 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194985 . Accessed: 28/06/2014 13:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 13:25:35 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 26 aprile 1999, n. 4158; Pres. Giuliano, Est. M. Finocchiaro, P.M.Russo Libertino (concl. diff.); Bisogno e altra (Avv. Romagnoli) c. Leopoldo (Avv. Lupi).Conferma App. Salerno 21 marzo 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2219/2220-2227/2228Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194985 .

Accessed: 28/06/2014 13:25

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2219 PARTE PRIMA 2220

«l'art. 230 bis c.c., che disciplina l'impresa familiare, costitui

sce norma eccezionale, in quanto si pone come eccezione rispet to alle norme generali in tema di prestazioni lavorative ed è

pertanto insuscettibile di interpretazione analogica. Deve peral tro ritenersi manifestamente infondata la questione di costitu

zionalità dell'art. 230 bis nella parte in cui esclude dall'ambito

dei soggetti tutelati il convivente more uxorio, posto che ele

mento saliente dell'impresa familiare è la famiglia legittima, in

dividuata nei più stretti congiunti, e che un'equiparazione fra

coniuge e convivente si pone in contrasto con la circostanza

che il matrimonio determina a carico dei coniugi conseguenze

perenni ed ineludibili (quale il dovere di mantenimento o di ali

menti al coniuge, che persiste anche dopo il divorzio), mentre

la convivenza è una situazione di fatto caratterizzata dalla pre carietà e dalla revocabilità unilaterale ad nutum».

Da quanto precede emerge: — che nessun valore può attribuirsi all'affermazione pura

mente apodittica dell'ordinanza n. 20 del 1990, cit., dal mo

mento che la stessa è argomentata sulla base della sentenza del

la stessa corte n. 454 del 1989, cit., che in realtà non contiene

alcun implicito riferimento all'opponibilità ai terzi dell'assegna zione infranovennale;

— che Cass. n. 1258 del 1993, cit., lungi dall'essere conforme

alla tesi sostenuta da Cass. n. 10977 del 1996, cit., è in realtà

in contrasto con la stessa, distinguendo fra opponibilità ed inop

ponibilità in funzione del momento in cui il terzo abbia acqui stato la proprietà dell'immobile assegnato, senza dare alcuna

distinzione fra assegnazione ultranovennale ed assegnazione in

franovennale; — che Cass. n. 4204 del 1994, cit., riguarda tutt'altra proble

matica e cioè l'inapplicabilità della disciplina dell'impresa fami

liare in caso di convivenza more uxorio.

A norma dell'art. 1372, 2° comma, c.c. il contratto non pro duce effetti rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge.

L'opponibilità della locazione di beni immobili al terzo ac

quirente nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione co

stituisce disposizione eccezionale che non può essere estesa in

via analogica ad altri istituti.

L'assegnazione della casa familiare — qualunque tesi si se

gua: comodato; diritto personale di godimento a titolo di man

tenimento dei figli; diritto personale sui generis; diritto reale

di abitazione — non costituisce certamente un istituto affine

alla locazione, con la conseguente inapplicabilità, in difetto di

espressa disposizione, della norma in tema di opponibilità al

terzo delle locazioni infranovennali.

Tale opponibilità al terzo acquirente dell'immobile assegnato è consentita solo in presenza della trascrizione del provvedimen to di assegnazione.

In difetto della trascrizione del provvedimento di assegnazio

ne, lo stesso non è opponibile all'acquirente non solo per il

periodo successivo ai nove anni dall'assegnazione, ma neanche

per il periodo precedente, non esistendo alcuna eccezione rica

vabile dalla normativa vigente che consenta una distinzione, in

funzione della durata dell'assegnazione stessa.

Né al fine di superare le raggiunte conclusioni si può far leva

sul richiamo contenuto nell'art. 6, 6° comma, 1. n. 898 del 1970

(come modificato dall'art. 11 1. n. 74 del 1987) all'art. 1599

c.c., attesa la genericità del richiamo e l'impossibilità di ritenere

sulla sua base l'applicabilità al provvedimento di assegnazione delle disposizioni in tema di locazione.

La sentenza impugnata che a tale principio si è ispirata non

merita quindi alcuna censura.

3. - Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applica zione dell'art. 1022 c.c., in riferimento alla qualificazione del

titolo relativo all'abitazione nell'immobile de quo della ricor

rente, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la corte

d'appello definito la ricorrente occupante sine titulo dell'appar tamento senza tenere presente che, occupando la Cadoni, legit

timamente, l'immobile da oltre diciassette anni, come casa fa

miliare, e per averlo, poi, ottenuto con un provvedimento giu diziale di assegnazione, la stessa doveva essere dichiarata

occupante a pieno titolo dell'immobile.

Con il quarto motivo si deduce violazione ed errata applica zione delle norme relative agli art. 2643, 2644 e 2646 c.c. in

relazione alle conseguenze derivanti dalla mancata trascrizione in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. per non avere la corte d'ap

pello ritenuto opponibile l'assegnazione agli acquirenti dell'im

II Foro Italiano — 1999.

mobile anche in difetto della trascrizione, perché in presenza di un atto del quale non è prevista espressamente la trascrizio

ne, lo stesso può raggiungere l'effetto della pubblicità notizia, con qualunque mezzo e non già con la sola trascrizione.

I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, in quan to logicamente connessi, per essere diretti a fare valere l'oppo nibilità del titolo ai terzi acquirenti, anche in difetto di trascri

zione, sono infondati.

Nessuna violazione di legge è addebitabile alla decisione im

pugnata per avere qualificato come occupante senza titolo la

Cadoni.

È ben vero che quest'ultima, con l'assegnazione, aveva un

titolo personale di godimento sull'immobile (Cass. 16 ottobre

1985, n. 5082, cit.; 31 gennaio 1986, n. 624, id., 1986, I, 1317; 5 luglio 1988, n. 4420, cit.; 5 giugno 1991, n. 6348, id., 1991, I, 2750, e successive conformi), ma tale titolo non essendo op

ponibile, per le esposte ragioni, ai terzi acquirenti, l'assegnata ria non aveva alcun titolo da opporre a questi ultimi e, quindi, esattamente la corte d'appello l'ha qualificata come occupante senza titolo, mentre è irrilevante — in difetto della trascrizione

dell'assegnazione — la conoscenza di fatto, da parte degli ac

quirenti, dell'esistenza del provvedimento di assegnazione o la

comunicazione comunque effettuata di tale assegnazione. La trascrizione, la quale costituisce una forma di pubblicità

degli atti, al fine di rendere opponibili al terzo i diritti da essi nascenti, non ammette deroghe e non può trovare equipollenti, nella conoscenza che il terzo abbia conseguito di fatto (Cass. 14 luglio 1980, n. 4508, id., Rep. 1981, voce Trascrizione, n. 24).

Ciò è sufficiente per il rigetto dei motivi di ricorso.

4. - Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il primo motivo e vanno rigettati gli altri.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26 apri le 1999, n. 4158; Pres. Giuliano, Est. M. Finocchiaro, P.M.

Russo Libertino (conci, diff.); Bisogno e altra (Aw. Roma

gnoli) c. Leopoldo (Avv. Lupi). Conferma App. Salerno 21

marzo 1997.

Contratti agrari — Affitto — Calamità — Terremoto in Cam

pania — Proroga del contratto di sedici anni — Condizioni — Fattispecie (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti

agrari, art. 2; d.leg. 30 marzo 1990 n. 76, t.u. delle leggi

per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Pu

glia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982, art. 14).

L'affittuario che in sostituzione del proprietario abbia assunto

l'onere di richiedere il contributo per la ricostruzione e ripa razione delle unità immobiliari danneggiate dal sisma in Cam

pania del novembre 1980, ha diritto alla proroga del contrat

to di sedici anni, ivi compresa la proroga di cui all'art. 2

l. 203/82 (nella specie, è stata confermata la decisione della

corte del merito che, per un contratto di affitto che aveva

avuto inizio prima dell'annata agraria 1939/40, con scadenza alla fine dell'annata agraria 1991/92 ai sensi dell'art. 2 di

detta legge, aveva ritenuto la cessazione del contratto alla fi ne dell'annata agraria 1997/98, e quindi per la durata com

plessiva di sedici anni comprensiva della proroga di cui alla

l. 203/82 e di quella di cui all'art. 14 d.leg. 76/90). (1)

(1) Non constano precedenti in termini. Trib. Potenza 29 ottobre 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Contratti agrari, n. 228, e Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 510, con nota di D. Bellantuono, ha escluso la

proroga di sedici anni di cui all'art. 14 d.leg. 76/90 perché l'affittuario, che aveva presentato progetto approvato e non finanziato, non aveva terminato i lavori.

Il contratto di affitto di cui alla sentenza riportata era sorto prima

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ricorso 20 dicembre 1991

Leopoldo Carmine, proprietario di un fondo rustico in Cava

dei Tirreni, condotto in affitto da epoca precedente all'annata

agraria 1939/40 da Bisogno Antonio (succeduto nel rapporto al proprio defunto padre Bisogno Giuseppe che, a sua volta, era subentrato al proprio genitore Bisogno Giovanni) chiedeva

che il Tribunale di Salerno, sezione specializzata agraria, di

chiarasse cessato, alla fine dell'annata agraria 1991/92, il rap

porto in questione con condanna del Bisogno e di sua moglie Massa Filomena al rilascio del fondo.

Costituitisi in giudizio i convenuti resistevano alla avversa do

manda, eccependone l'infondatezza, atteso — da una parte —

che la stessa era improponibile perché non preceduta da un va

lido tentativo di conciliazione innanzi all'ispettorato agrario, a

norma dell'art. 46 1. 3 maggio 1982 n. 203, dall'altra, che il

rapporto di affitto non andava affatto a scadere alla data indi

cata dall'attore, ma — in applicazione della 1. n. 219 del 1981 — al termine del sedicesimo anno decorrente dalla data di ulti

mazione dei lavori previsti dalla ricordata norma, lavori al mo

mento ancora in corso.

Chiedevano, pertanto, i convenuti, in via riconvenzionale, fosse

dichiarato il proprio diritto a detenere l'immobile oggetto di

controversia per altri sedici anni, a far tempo dalla data di ulti

mazione dei lavori di ristrutturazione del fabbricato colonico, con condanna dell'attore sia al pagamento dell'indennità del ca

dell'annata agraria 1939/40, e quindi andava a scadere, ai sensi del

l'art. 2, lett. a), 1. 203/82, alla fine dell'annata agraria 1991/92. Alla richiesta di rilascio da parte del concedente alla fine appunto

dell'annata agraria 1991/92, l'affittuario aveva eccepito che il contrat

to, per via del sisma, andava a scadere ai sensi della 1. 219/81 al termi ne del sedicesimo anno decorrente dalla data di ultimazione dei lavori

previsti dalla 1. cit., e quindi al 2011, essendo terminati i lavori nel 1995.

La corte del merito, confermando la decisione dei giudici di primo

grado, aveva dichiarato la cessazione dell'affitto alla fine dell'annata

agraria 1997/98, interpretando la norma controversa nel senso che l'af fittuario aveva diritto di cumulare, agli anni di proroga già goduti per effetto della 1. 203/82 ulteriore tempo, sì da raggiungere comunque i

sedici anni complessivi. L'espressione «a fare data dall'ultimazione dei

lavori» doveva intendersi nel senso che la conclusione dei lavori di rico

struzione è condizione per ottenere la proroga complessiva di sedici an

ni e non il termine iniziale. La sentenza riportata, che ha confermato la decisione della corte del

merito, si regge sull'art. 14, 3° comma, d.leg. 76/90, che così dispone: «I contratti in corso alla data del 21 gennaio 1988 sono prorogati di

sedici anni ivi compresa la proroga di cui alla 1. 203/82, a far data

dall'ultimazione dei lavori». Il ricorso dell'affittuario si reggeva essenzialmente sulla considerazio

ne che, decorrendo il sedicennio dalla data di ultimazione dei lavori, l'inciso «ivi compresa la proroga di cui alla 1. 203/82» non poteva in

terpretarsi se non nel senso che la durata del contratto che all'epoca dell'ultimazione dei lavori fosse eventualmente residuale, ai sensi della

1. 203/82, doveva essere assorbita nel sedicennio di proroga. La sentenza riportata ha richiamato i lavori parlamentari dai quali

risultava che a fronte della proposta governativa secondo cui «i con

tratti in corso sono prorogati di sedici anni a far data dall'ultimazione

dei lavori», in sede di conversione in legge (1. 21 gennaio 1988 n. 12, art. 1), la disposizione venne così modificata: «I contratti in corso sono

prorogati di sedici anni, ivi compresa la proroga di cui alla 1. 203/82, a far data dall'ultimazione dei lavori».

La sentenza riportata ha anche osservato che essendo stati i lavori

di rifacimento completati nel 1995, a quella data il contratto era cessato

de iure al novembre 1992, per cui, essendo inammissibile la proroga di un contratto inesistente, l'affittuario non aveva nemmeno titolo ad

alcuna proroga in forza della disposizione in esame, essendo il contrat

to cessato prima che la proroga producesse i suoi effetti (e cioè, prima dell'ultimazione dei lavori).

Sono stati disattesi dalla sentenza riportata i dubbi di costituzionalità

dedotti dall'affittuario in riferimento agli art. 3, 42 e 44 Cost.

In particolare, in riferimento all'art. 3 Cost., è stato osservato che

non v'era alcuna discriminazione tra gli affittuari che avevano eseguito la ricostruzione e quelli, invece, che avevano eseguito miglioramenti ai

sensi dell'art. 16 1. 203/82. Nel primo caso non v'era alcun esborso

di denaro da parte dell'affittuario, nel secondo caso il conduttore è

quantomeno tenuto ad anticipare i capitali occorrenti.

La sentenza riportata ha anche osservato che non v'era alcuna discri

minazione tra proprietario ed affittuario, in quanto il sisma aveva in

primo luogo inciso sul patrimonio del proprietario. Né sussistevano dubbi di costituzionalità circa la funzione sociale del

la proprietà, che è riconosciuta e garantita dalla legge (art. 42 Cost.); e circa il razionale sfruttamento del suolo (art. 44 Cost.), non compro messo dalle disposizioni sul sisma. [D. Bellantuono]

Il Foro Italiano — 1999.

so per i miglioramenti apportati al fondo, sia alla restituzione

delle prestazioni indebitamente percepite nel corso del rapporto. Svoltasi l'istruttoria del caso il Tribunale di Salerno, sezione

specializzata agraria dichiarava cessato al 10 novembre 1998 il

rapporto di affitto inter partes con condanna del Bisogno al

rilascio per la data dell'I 1 novembre 1998.

Gravata tale pronunzia dai soccombenti Bisogno e Massa la

Corte di appello di Salerno, sezione specializzata agraria riget tava l'appello, ponendo a carico degli appellanti le spese del

grado.

Osservavano, quei giudici, in particolare — alla luce della

legislazione in materia (art. 5 d.l. 20 novembre 1987 n. 474) — che con riguardo agli immobili danneggiati dal sisma del

1980 gli affittuari coltivatori diretti avevano titolo, in sostitu

zione del proprietario, all'assegnazione dei contributi per la ri

costruzione e riparazione delle unità immobiliari e relative per tinenze del fondo danneggiato dal sisma e che nell'ipotesi l'af

fittuario si fosse assunto l'onere di richiedere il contributo per la ricostruzione i contratti in corso alla data del 21 gennaio 1988 erano prorogati di sedici anni, ivi compresa la proroga di cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203, a far data dalla ultimazione

dei lavori. Tale normativa — evidenziavano quei giudici — do

veva interpretarsi non nel senso — sostenuto dagli appellanti — secondo cui ove gli affittuari si fossero assunti l'onere di

richiedere il contributo per la ricostruzione i contratti in corso

erano prorogati di altri sedici anni a fare data dalla ultimazione

dei lavori (e, pertanto, nella specie, sino al 2011, essendo i lavo

ri terminati nel 1995), ma nel senso che costoro avevano diritto

di cumulare, agli anni di proroga già goduti per effetto della

1. n. 203 del 1982 ulteriore tempo sì da raggiungere, comunque, i sedici anni complessivi.

Per la cassazione di tale pronunzia hanno proposto ricorso

illustrato da memoria Bisogno Antonio e Massa Filomena resi

ste, con controricorso, Leopoldo Carmine.

Motivi della decisione. — 1. - A norma dell'art. 14 d.leg. 30 marzo 1990 n. 76, t.u. delle leggi per gli interventi nei terri

tori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo

1982, per quanto rilevante ai fini del decidere:

«Gli affittuari coltivatori diretti, i mezzadri o i coloni, gli assegnatari degli enti di sviluppo o degli altri enti anche econo

mici, hanno titolo in sostituzione del proprietario, all'assegna zione di contributi per la ricostruzione e riparazione delle unità

immobiliari, e relative pertinenze connesse alla conduzione del

fondo, danneggiato dal sisma, nei limiti previsti dagli art. 10,

11 e 12» (1° comma); «Alla fattispecie di cui al 1° comma non si applicano le di

sposizioni del titolo I [disposizioni integrative modificative del

l'affitto dei fondi rustici], capo III [altre disposizioni per l'af fitto a coltivatore diretto e, in particolare, 'miglioramenti, addi

zioni e trasformazioni'], 1. 3 maggio 1982 n. 203» (2° comma);

«I contratti in corso alla data del 21 gennaio 1988 sono pro

rogati di sedici anni ivi compresa la proroga di cui alla 1. 3

maggio 1982 n. 203, a far data dall'ultimazione dei lavori» (3°

comma). I giudici del merito hanno interpretato le sopra trascritte di

sposizioni nel senso che il legislatore ha inteso attribuire agli affittuari — che hanno assunto l'iniziativa di cui al 1° comma — la facoltà di cumulare agli anni di proroga già goduti per

effetto della 1. 3 maggio 1982 n. 203 un ulteriore periodo di

proroga, sì da raggiungere, comunque, i sedici anni complessivi. In tale situazione — hanno evidenziato quei giudici — l'e

spressione «a fare data dall'ultimazione dei lavori» deve inten

dersi nel senso che la conclusione dei lavori di ricostruzione

è condizione per ottenere la proroga complessiva di sedici anni

e non il termine iniziale. Con la conseguenza, pertanto, che il contratto oggetto di con

troversia, sorto prima dell'annata agraria 1939/40, e per il qua

le l'art. 2, lett. a), 1. n. 203 del 1982 aveva già previsto una

proroga di dieci anni con decorrenza dalla data di entrata in

vigore di tale legge, doveva ritenersi prorogato per altri sei anni

con scadenza al 10 novembre 1998.

2. - I ricorrenti, con l'unico motivo, censurano, nella parte

de qua, tale statuizione, denunziando «violazione e falsa appli

cazione dell'art. 14 d.leg. 30 marzo 1990 n. 76, dell'art. 12,

disposizioni sulla legge in generale, con riferimento all'art. 360,

nn. 3 e 5, c.p.c.» e — in via subordinata — deducono l'illegitti

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2223 PARTE PRIMA 2224

mità costituzionale della disposizione, interpretata nel senso di

cui alla sentenza impugnata, per violazione degli art. 3, 42 e

44 Cost., sollecitando, pertanto, la trasmissione degli atti alla

Corte costituzionale.

Si osserva, al riguardo, in particolare:

a) la norma è molto chiara nel fissare la decorrenza della

proroga di sedici anni dalla data di ultimazione dei lavori e

qualunque interpretazione, di un testo positivo, non può pre scindere dal tenore letterale della norma stessa, primo e fonda

mentale criterio ermeneutico dettato dall'art. 12 preleggi;

ti) decorrendo il sedicennio dalla data di ultimazione dei la

vori, l'inciso «ivi compresa la proroga di cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203» non può interpretarsi se non nel senso che la dura

ta del contratto che all'epoca dell'ultimazione dei lavori even

tualmente residui, ai sensi della 1. n. 203 del 1982 deve essere

assorbita nel sedicennio di proroga;

c) milita, a favore dell'interpretazione sopra riferita lo stesso

riferimento, fatto nella legge, ai «contratti in corso alla data

di entrata in vigore della legge», contratti per cui evidentemente

non si era consumato per intero il periodo contrattuale di cui

agli art. 1 e 2 1. n. 203 del 1982;

d) la conclusione fatta propria dai giudici del merito conduce

a conseguenze abnormi in quanto tutti i contratti — in corso

alla data di entrata in vigore della 1. n. 203 del 1982 — sarebbe

ro prorogati sino al 1998, con notevole disparità di trattamento

per quelli che hanno avuto inizio in epoca più recente (atteso che per i contratti che hanno avuto inizio dopo l'anno 1959/60

la proroga sarebbe di un solo anno, indipendentemente dalla

data di ultimazione dei lavori);

è) la conclusione fatta propria dai giudici di merito urta non

solo — come riferito sopra — con la lettera della legge, ma

anche contro la sua ratio, che è quella di assicurare all'affittua

rio, che assuma, nell'inerzia del proprietario, l'iniziativa della

ricostruzione con le modalità di cui alla 1. n. 219 del 1981, un

congruo periodo di godimento dell'immobile ricostruito, al fine

di bilanciare il pregiudizio derivatogli dal minore godimento o

dal mancato godimento dell'immobile danneggiato dovuto alle

conseguenze degli eventi sismici e alla successiva inagibilità du

rante l'esecuzione dei lavori;

f) l'interpretazione della norma in esame nel senso fatto pro

prio dai giudici di merito contrasta — comunque — con diversi

principi costituzionali (art. 3, 42 e 44 Cost.). Infatti: — discrimina tra affittuario e affittuario, atteso, da un lato,

che l'affittuario che ha eseguito le ricostruzioni e le riparazioni di cui al d.leg. n. 76 del 1990 subisce — in forza della contesta

ta interpretazione della norma positiva — un trattamento note

volmente deteriore rispetto all'affittuario che ha eseguito opere ai sensi dell'art. 16 1. n. 203 del 1982, dall'altro, arbitrariamen

te si riconosce, in favore degli affittuari che detengono il fondo da minore tempo in virtù di un contratto più recente, un perio do di proroga minore (che può ridursi ad un solo anno) rispetto agli affittuari che sono insediati nel fondo da maggior tempo, ancorché sia i primi che i secondi hanno affrontato gli stessi oneri e le stesse spese per la ricostruzione dei fabbricati;

— opera un'arbitraria discriminazione tra affittuario e pro prietario, tenuto presente che il primo — in forza dell'interpre tazione qui criticata — vede premiata la propria iniziativa e

compensati i disagi comunque sopportati e non indennizzabile con una proroga non congrua (da uno a sei anni al massimo, secondo la data di inizio del contratto), mentre il secondo, al

termine del rapporto otterrebbe il fondo ripristinato nell'origi naria consistenza, e anzi ammodernato, senza avere affrontato alcuna spesa né subito alcun disturbo.

3. - Il motivo è infondato. In ogni sua parte. 3.1. - Come esattamente rilevato dalla difesa dei ricorrenti,

quando l'interpretazione letterale di una norma di legge sia suf

ficiente ad esprimere un significato chiaro ed univoco, l'inter

prete non deve ricorrere all'interpretazione logica, specie se at traverso questa si tenda a modificare la volontà di legge chiara mente espressa (Cass. 17 novembre 1993, n. 11359, Foro it.,

Rep. 1993, voce Professioni intellettuali, n. 144).

Allorquando — infatti — il significato tecnico giuridico delle espressioni letterali adoperate per manifestare la volontà legisla tiva della norma giuridica sia univoco, non può ammettersi la

possibilità di dare a tale norma un significato diverso da quello letterale e logico, nella ricerca di una volontà del legislatore

Il Foro Italiano — 1999.

non corrispondente a quella resa evidente (Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 1996, n. 222, id., Rep. 1996, voce Legge, n. 47).

3.1.1. - Pacifico quanto precede deve escludersi — in primis — che il significato letterale della disposizione da interpretare, in base al «senso fatto palese dal significato proprio delle paro le secondo la connessione di esse» sia «chiaro e univoco» nella

direzione suggerita dai ricorrenti.

La norma in esame, infatti, come sopra riferito, pur se dispo

ne, nell'ultima sua parte, che i contratti da essa contemplati siano «prorogati» «a far data dalla ultimazione dei lavori» —

così avallando prima facie, l'assunto ora fatto proprio dai ri

correnti — prevede — testualmente — nella sua prima parte: «i contratti in corso alla data del 21 gennaio 1988 sono proro

gati di sedici anni ivi compresa la proroga di cui alla 1. 3 mag

gio 1982 n. 203», e tale ultima espressione non può avere altro

significato che era intenzione del legislatore (presenti le condi

zioni del caso) che i contratti in questione avessero una durata

«complessiva» — compresa cioè la proroga fissata dall'art. 2

1. 3 maggio 1982 n. 203 — di sedici anni. È palese, pertanto, che non si è affatto — come deducono

i ricorrenti — a fronte di una norma dal chiaro tenore letterale

e per la lettura della quale è sufficiente riferirsi al non equivoco testo normativo.

3.1.2. - La disposizione in esame — comunque — ad avviso

di questo collegio, non può interpretarsi nei termini sostenuti

in sede di merito dagli attuali ricorrenti, cioè nel senso che gli affittuari di fondi rustici che hanno conseguito le provvidenze economiche di cui alla legge in questione beneficiano, comun

que, di una «proroga» di sedici anni, con decorrenza «a far

data dall'ultimazione dei lavori».

Concorrono ad escludere che tale interpretazione sia corretta — oltre le considerazioni espresse di seguito, in sede di esame

degli altri profili del ricorso — le seguenti circostanze: — la «storia» parlamentare della disposizione. Questa ulti

ma, in particolare, fu introdotta nell'ordinamento con l'art. 5, 3° comma, d.l. 20 novembre 1987 n. 474 con la seguente for

mulazione «i contratti in corso sono prorogati di sedici anni

a far data dall'ultimazione dei lavori». In sede di conversione

in legge la disposizione venne — dal parlamento — modificata

(con la 1. 21 gennaio 1988 n. 12, art. 1) nei seguenti termini:

«I contratti in corso sono prorogati di sedici anni, ivi compresa la proroga di cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203, a far data dalla

ultimazione dei lavori». Pacifico quanto precede è palese che

ove si privilegiasse l'ultimo inciso della disposizione, conside

rando come non scritta la sua prima parte, non solo si farebbe

un'ingiustificata violenza all'art. 12 preleggi, ma si prescinde rebbe totalmente da quella che era la volontà del legislatore — manifestatasi con il convertire in legge il comma con formu

lazione diversa rispetto a quella proposta dal governo — di vo

ler escludere in radice che gli affittuari in questione beneficias

sero di un'ulteriore proroga dei contratti di altri sedici anni ol tre la proroga già prevista dall'art. 2 1. 3 maggio 1982 n. 203;

— il principio di razionalità cui — deve presumersi — si ispi rino tutte le norme aventi forza di legge, pena la loro incostitu zionalità (nel senso che i poteri discrezionali del legislatore in contrano un limite invalicabile nella non irrazionalità della scel

ta, ad es., Corte cost. 26 febbraio 1998, n. 31, id., Rep. 1998, voce Redditi (imposte), n. 405, e voce Tributi in genere, nn.

1874, 1886; sull'obbligo del giudice, innanzi a due possibili let ture di un testo normativo di privilegiare sempre un'interpreta zione conforme a Costituzione, Corte cost. 12 febbraio 1996, n. 31, id., 1996, I, 1534, nonché 27 dicembre 1996, n. 418, id., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n. 83; Cass. 23

dicembre 1995, n. 13102, id., Rep. 1995, voce Acquedotto pu gliese, n. 2, e 5 maggio 1995, n. 4906, id., 1995, I, 2105);

— perché — in particolare — operi la «proroga» in questio ne è sufficiente che gli affittuari coltivatori diretti, mezzadri

o i coloni o gli assegnatari degli enti di sviluppo o degli altri enti anche economici abbiano fatto domanda, e ottenuto, «con tributi per la ricostruzione e riparazione delle unità immobiliari e relative pertinenze, connesse alla conduzione del fondo, dan

neggiato dal sisma». Una volta conseguiti i contributi de quibus da parte degli affittuari e dagli altri soggetti indicati dalla nor

ma, il concedente — nella cui sfera giuridica opera in ultima analisi il provvedimento di proroga — non ha alcuno strumento

per controllare il quomodo ed il quando delle opere di ricostru zione e di riparazione, con la conseguenza che la proroga di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sedici anni avrebbe una decorrenza non fissata dalla legge o

in qualche modo «sindacabile» da parte del diretto controinte

ressato (cioè il concedente) ma rimessa — in pratica — al mero

arbitrio dell'affittuario che sarebbe libero di farla iniziare anche

a distanza di lustri dall'evento sismico e dal conseguimento dei

contributi statali, solo procrastinando l'ultimazione dei lavori

(così cumulando alla proroga di cui all'art. 2 1. 3 maggio 1982

n. 203, quella di sedici anni prevista dalla norma in commento

anche una «terza» proroga — di incerta durata — costituita

dalla durata dei lavori, con palese violazione di svariati principi costituzionali [giusta l'assunto fatto proprio in sede di merito

dagli attuali ricorrenti il contratto inter partes doveva ritenersi

prorogato dall'11 novembre 1982 al 10 novembre 2011, cioè,

per ventinove anni]). 3.2. - È palese — in forza delle considerazioni svolte sopra

— altresì, che non può trovare accoglimento neppure l'assunto

(sopra riassunto sub b e c) secondo cui decorrendo il sedicennio

dalla data di ultimazione dei lavori, l'inciso «ivi compresa la

proroga di cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203» non può interpre

tarsi se non nel senso che la durata del contratto che all'epoca dell'ultimazione dei lavori eventualmente residui, ai sensi della

1. n. 203 del 1982 deve essere assorbita nel sedicennio di proro

ga. Con la conseguenza, pertanto, che terminati i lavori il con

tratto è comunque «prorogato» di sedici anni, rimanendo in

questi «assorbiti» gli anni nei quali il contratto si sarebbe co

munque prorogato ai sensi e per gli effetti dell'art. 2 1. 3 mag

gio 1982 n. 203. A prescindere dalle pur assorbenti considerazioni svolte so

pra, la deduzione è — da un lato — inammissibile, dall'altra,

comunque, infondata, nel merito.

3.3.1. - Sotto il primo profilo (inammissibilità) gli attuali ri correnti sono — palesemente — privi di qualsiasi interesse a

sostenere un'interpretazione della norma in esame nei termini

indicati, atteso che nell'ipotesi la stessa fosse esatta giammai

potrebbe pervenirsi all'accoglimento del ricorso (e alla cassazio

ne della sentenza impugnata) (cfr. art. 100 c.p.c.).

Come in particolare pacifico — in causa — nella specie il

contratto inter partes, in corso alla data di entrata in vigore

della 1. 3 maggio 1982 n. 203, ha avuto certamente inizio prima

dell'annata agraria 1939/40.

Lo stesso, pertanto, prorogato dall'art. 2, lett. a), 1. 3 mag

gio 1982 n. 203 di «dieci anni» decorrenti dall'annata agraria

1982, doveva cessare, attesa la rituale disdetta intimata dal con

cedente, alla data del 10 novembre 1992.

Aderendo all'assunto degli attuali ricorrenti — la proroga ha

decorrenza dalla data in cui sono stati ultimati i lavori, detratto

il periodo della proroga legale prevista dall'art. 2 1. 3 maggio

1982 n. 203 — si giunge — necessariamente — alla conclusione

che gli attuali ricorrenti non potevano beneficiare neppure della

proroga loro riconosciuta in sede di merito (tra il 1992 e il 1998).

Essendo stati ultimati, infatti, i lavori di rifacimento dei fab bricati unicamente nel 1995, in un periodo

— cioè — in cui

da circa tre anni il contratto inter partes era de iure cessato

e i conduttori erano meri detentori di fatto del fondo, ed essen

do inammissibile (logicamente prima che giuridicamente) la «pro roga» di un contratto non esistente è giocoforza concludere che

i Bisogno — se fosse vero l'assunto dagli stessi invocato in que

sta sede di legittimità — non avevano titolo ad alcuna «proro

ga» in forza delle disposizioni ora in esame.

Essendo — infatti — il contratto in forza del quale gli attuali

ricorrenti detenevano il fondo cessato — ad ogni effetto — pri

ma che la «nuova» proroga producesse i suoi effetti (cioè prima

dell'ultimazione dei lavori) gli stessi erano senza ombra di dub

bio tenuti a rilasciare il fondo per la data del 10 novembre 1992.

3.3.2. - La deduzione in esame, peraltro, oltre che inammissi

bile è anche infondata nel merito, atteso che la norma positiva

non menziona — come, del resto, sarebbe stato logico se l'in

tenzione del legislatore fosse stata nel senso invocato dai ricor

renti — la «residua» proroga di cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203.

Facendo riferimento la norma positiva — come evidenziato

sopra — alla necessità che nel computo della proroga di sedici

anni, disposta dalla norma stessa sia «compresa la proroga di

cui alla 1. 3 maggio 1982 n. 203» è arbitrario ritenere che in

realtà il legislatore minus dixit quam voluit, intendendo far ri

ferimento — in realtà — esclusivamente al «periodo di proro

ga» che non fosse ancora trascorso alla data della ultimazione

dei lavori.

Il Foro Italiano — 1999.

Infatti: — richiamando, espressamente, la disposizione in esame «i

contratti in corso alla data del 21 gennaio 1988», cioè — quan to ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della 1.

3 maggio 1982 n. 203 — tutti «indiscriminatamente» tali con

tratti, è palese che la proroga stessa non può che intendersi

riferita — pena, in difetto, l'illegittimità costituzionale della nor

ma stessa — a tutti tali contratti (come ritenuto dai giudici di

merito e come confermato, sopra, da questa corte) a prescinde re dalla data in cui i lavori sono stati ultimati (diversamente, se fosse vera la tesi dei ricorrenti, qui criticata, secondo cui

non possono beneficiare della proroga in questione i contratti

[quale quello per cui ora è controversia] cessati in epoca ante

riore all'ultimazione dei lavori di ristrutturazione, si opererebbe

un'ingiustificata ed arbitraria discriminazione tra i vari con

duttori); — come evidenziato sopra, in sede di esame di altro profilo

del ricorso, è in contrasto con il principio della razionalità —

che deve essere presente in qualsiasi disposizione normativa, an

che se discrezionale — interpretare la norma in esame (art. 14,

3° comma, d.leg. 30 marzo 1990 n. 76) nel senso che la proroga da essa prevista decorra da una data (di ultimazione dei lavori) rimessa all'arbitrio del beneficiario della proroga stessa;

— quest'ultimo, infatti, in tesi, come osservato sopra, po trebbe «ultimare» i lavori proprio in coincidenza con la cessa

zione della proroga prevista dall'art. 2 1. n. 203 del 1982, così

beneficiando, comunque, integralmente di un periodo di proro

ga di sedici anni. 3.4. - Deve escludersi — ancora — che l'interpretazione della

norma in esame, fatta propria dai giudici di merito e in questa

sede confermata, contrasti con la sua ratio.

Se questa — infatti — era (e di ciò non può dubitarsi) nel

senso di agevolare la ricostruzione degli edifici rurali danneg

giati dal sisma, nell'ipotesi di disinteresse dei concedenti, è pa

lese che tale scopo è stato raggiunto anche concedendo agli af

fittuari un periodo di proroga «diverso» a seconda della data

in cui aveva avuto inizio l'originario rapporto di affitto (in con

creto nel caso di specie gli attuali ricorrenti, come osservato

sopra, hanno beneficiato di una proroga di quattro anni).

In realtà non vi era alcun «obbligo» per gli affittuari di sosti

tuirsi ai concedenti inadempienti, nell'esecuzione dei lavori di

ristrutturazione in questione e spettava agli stessi, quindi — te

nuta presente la particolarità del caso concreto (cioè la data

di inizio del rapporto) — valutare, di volta in volta, se era per

loro conveniente, o meno, sobbarcarsi l'onere (non economico)

del rifacimento delle costruzioni presenti nel fondo, ricevendo

come corrispettivo una «proroga» del contratto di affitto, pro

roga che poteva variare da un massimo di quattro anni ad un

minimo di uno.

3.5. - Nei termini come prospettati in ricorso — da ultimo — manifestamente infondata appare — in riferimento agli art.

3, 42 e 44 Cost. — la questione di legittimità costituzionale

della norma de qua, interpretata nel senso che la stessa prevede,

in pratica, una «proroga» diversa, in favore dei conduttori, in

relazione alla data in cui il rapporto ha avuto inizio (maggiore, in pratica per i contratti più remoti, minima per quelli meno

risalenti). A prescindere dal considerare che nella specie i ricorrenti hanno

beneficiato della proroga di cui si discute per il periodo massi

mo, consentito dalla interpretazione da loro criticata, per cui

sono carenti di interesse a censurare la stessa, deve escludersi — come anticipato — che una lettura del testo positivo nei ter

mini indicati sopra confligga con i richiamati parametri costitu

zionali. Infatti: — dopo circa quaranta anni (per l'esattezza, come rilevato

in dottrina, trentanove anni) di proroghe indiscriminate dei con

tratti agrari la previsione di cui all'art. 2 1. 3 maggio 1982 n.

203 — di scaglionare nel tempo la scadenza di tutti i contratti

in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge — ave

va, chiaramente, il proprio fondamento non nell'esigenza di as

sicurare ai conduttori una diversa nuova «proroga» del rappor

to, in relazione alla data di inizio del rappòrto stesso, ma nello

scopo — palese — di evitare che tutti i contratti già in regime

di proroga venissero a scadenza nella stessa data; — così agendo il legislatore

— oltre a venire incontro all'esi

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2227 PARTE PRIMA 2228

genza sopra indicata — si è avvalso di una facoltà, chiaramente

discrezionale e non sindacabile sotto il profilo costituzionale; — reciprocamente, analoga scelta — discrezionale e non sin

dacabile sotto il profilo costituzionale — è stata compiuta dal

legislatore con l'art. 5, 3° comma, d.l. 20 novembre 1987 n.

474, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 1. 21 gennaio 1988

n. 12; — lo stesso, in particolare, nel prevedere — in favore dei

soli affittuari coltivatori diretti, mezzadri, coloni e assegnatari di enti di sviluppo dei territori colpiti dagli eventi sismici del 1980/82 che si fossero sostituiti ai proprietari concedenti nel

chiedere i contributi (a fondo perduto) per la ricostruzione e

la riparazione delle unità immobiliari danneggiate dal sisma una

proroga, uguale per tutti, di sedici anni con decorrenza dalla

data di entrata in vigore della 1. n. 203 del 1982 — lungi dall'o

perare — come di denuncia — un'arbitraria discriminazione (sot to il profilo di cui all'art. 3 Cost.) tra i vari affittuari, a secon

da della data di inizio del rapporto, si è avvalso di un potere

(di prorogare nel tempo la scadenza dei contratti in corso) asso

lutamente discrezionale; — la scelta compiuta dal legislatore del 1988, in realtà, è in

stretta connessione con quella contenuta nella 1. n. 203 del 1982.

Come — in particolare — senza alcuna lesione dell'art. 3 Cost,

(o di altri parametri costituzionali) il legislatore del 1982 avreb

be potuto prevedere, per tutti i contratti in corso alla data del

6 maggio 1982, un'unica data di scadenza, così quello del 1988

non ha offeso alcun precetto costituzionale allorché ha previsto — per i soli affittuari, mezzadri, coloni e altri soggetti espressa mente indicati che si trovassero nelle condizioni ivi indicate —

la cessazione del regime di proroga dopo sedici anni dalla data

di entrata in vigore della 1. n. 203 del 1982, a prescindere dalla

data di inizio del rapporto. Non sussiste, infine, alcuna discriminazione tra gli affittuari

che abbiano eseguito la ricostruzione in forza del d.l. n. 474

del 1987 e quelli, invece, che hanno eseguito miglioramenti al

fondo a norma dell'art. 16 1. 3 maggio 1982 n. 203, atteso che

le due norme disciplinano situazioni totalmente eterogenee. È sufficiente, al riguardo — per tacere d'altro — tenere pre

sente che mentre nel primo caso (interventi a norma della legis lazione speciale a seguito degli eventi sismici degli anni ottanta) l'affittuario non subisce alcun esborso di carattere economico, nel secondo (interventi ex art. 16 1. 3 maggio 1982 n. 203) il

conduttore è tenuto quantomeno ad anticipare i capitali necessari.

Né — ancora — al riguardo può assumersi che la norma,

interpretata nei termini riferiti sopra, operi un'arbitraria discri

minazione tra «affittuario» e «proprietario» del fondo, atteso

che il primo vedrebbe premiata la propria iniziativa e compen sati i disagi sopportati con una proroga non congrua, mentre

il secondo al termine del rapporto otterrebbe il fondo ripristina to nell'originaria consistenza.

È sufficiente — al riguardo — tenere presente da un lato, che l'evento sismico, allorché ha distrutto o deteriorato i fab

bricati rustici nei territori indicati dalla norma ha in primis inci

so sul patrimonio dei proprietari (e non su quello dei conceden

ti), per cui le posizioni da considerare sono totalmente diverse,

dall'altro, che il legislatore nel «premiare» e «compensare» l'i

niziativa del conduttore che si fosse sostituito al proprietario nel chiedere i contributi statali si è avvalso di poteri assoluta

mente discrezionali, e se ha ritenuto di esercitare questi in misu

ra che gli attuali ricorrenti ritengono «non congrua» (perché è stato escluso il diritto degli affittuari a continuare nella con

duzione del fondo per altri quindici, trenta o quarantacinque anni a fare data dall'epoca in cui i lavori stessi sono terminati) la scelta stessa non è sindacabile.

In alcun modo pertinenti, da ultimo, al fine del decidere si

appelesano i richiami all'art. 42 Cost, circa la funzione sociale

della proprietà (la quale è comunque «riconosciuta e garantita dalla legge», mentre sono in direzione opposta al precetto invo

cato indiscriminate «proroghe» contrattuali) e all'art. 44 Cost, circa il razionale sfruttamento del suolo che in alcun modo nel

la specie è compromesso dalla disposizione in esame e dall'in

terpretazione che sopra se ne è data anche in questa sede.

4. - Risultato infondato in ogni sua parte, il proposto ricorso

deve rigettarsi.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 aprile

1999, n. 250/SU; Pres. Sensale, Est. Carbone, P.M. Mo

rozzo Delia Rocca (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello

Stato D'Avanzo) c. Figliolia. Cassa Comm. trib. centrale 12

novembre 1994, n. 3804.

Notificazione e comunicazione di atti civili — Notificazione pres so l'ufficio o l'azienda — Consegna a persona di famiglia convivente (Cod. proc. civ., art. 139; d.p.r. 29 settembre 1973

n. 600, disposizioni comuni in materia di accertamento delle

imposte sui redditi, art. 60).

La notificazione effettuata presso l'ufficio o il luogo di eserci

zio dell'industria o del commercio del destinatario può avve

nire mediante consegna della copia dell'atto a persona di fa

miglia convivente che si trovi in uno dei luoghi indicati, an

che se non addetta all'ufficio o all'azienda. (1)

(1) I. - Con l'odierna sentenza le sezioni unite affermano la validità della notificazione degli atti effettuata a mani di «persona di famiglia» del destinatario al di fuori della casa di abitazione di quest'ultimo enun ciando il principio che alla fungibilità dei luoghi indicati in via piena mente alternativa nel 2° comma dell'art. 139 (e cioè casa od ufficio) corrisponde la fungibilità dei consegnatari ivi previsti, cosicché l'avviso di accertamento non potuto notificare — ai sensi del combinato dispo sto degli art. 60 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e 139 c.p.c. — al contribuente mediante consegna in mani proprie legittimamente era sta to notificato a mani della sorella convivente nei locali della farmacia da entrambi gestita.

Peraltro, ferma restando la inderogabilità dell'ordine dei luoghi di ricerca del destinatario a partire dal comune di residenza (v., da ultimo, Cass. 17 settembre 1998, n. 9279, Foro it., Mass., 974) mentre la fungi bilità dei luoghi indicati dall'art. 139 c.p.c. può dirsi pacificamente ac

quisita sia in giurisprudenza (v. App. Venezia 12 luglio 1991, id., Rep. 1992, voce Tributi in genere, n. 882, e Fisco, 1992, 1150; Cass. 23 febbraio 1985, n. 1621, Foro it., Rep. 1985, voce Notificazione civile, n. 7; 23 ottobre 1984, n. 5385, id., Rep. 1984, voce cit., n. 10; 19 febbraio 1976, n. 543, id., Rep. 1976, voce cit., n. 13; 5 maggio 1975, n, 1734, id., Rep. 1975, voce cit., n. 8, nonché 7 settembre 1970, n. 1288, id., Rep. 1970, voce cit., n. 6; 8 luglio 1968, n. 2349, id., Rep. 1968, voce cit., n. 18; App. Firenze 2 marzo 1966, id., Rep. 1967, voce cit., n. 4), che in dottrina (Balena, Notificazione e comunicazio ne, voce del Digesto civ., Torino, 1995, XII, 265; Satta, Punzi, Dirit to processuale civile, 12a ed., Padova, 1996, 266; Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, 8a ed., Torino, 1991, I, 370; Punzi, Notifi cazione (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1978, XXVIII, 654; Martinetto, Notificazione (dir. proc. civ.), voce del No vissimo digesto, Torino, 1965, XI, 395; Satta, Commento al codice di procedura civile, Milano, 1959, I, 516), non altrettanto può dirsi

per la (affermata) fungibilità dei consegnatari. II. - A) Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, le perso

ne di famiglia del destinatario dell'atto che sono abilitate a ricevere la consegna dello stesso non sono soltanto i componenti del nucleo fa miliare in senso stretto, legati a questo da uno stabile rapporto di con vivenza, ma in genere gli altri parenti (o affini), trattandosi comunque di persone la cui posizione giustifica — in caso di accettazione dell'atto senza esternazione di alcuna riserva — la presunzione di una sollecita

consegna al destinatario. A tal fine la notifica può avvenire non solo se essi siano stati rinvenuti nella casa di abitazione del destinatario, ma anche se siano stati trovati nell'ufficio di lui o nel luogo in cui egli esercita l'industria o il commercio, senza che sia richiesta la condi zione di essere addetti all'ufficio o all'azienda come per le persone estranee alla famiglia, perché è dal rapporto di parentela che scaturisce la pre sunzione della consegna dell'atto al destinatario da parte di chi abbia con il predetto verosimili occasioni di frequenti incontri in uno dei luo ghi indicati nell'art. 139 c.p.c.: v. Cass. 5 settembre 1997, n. 8597, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 14, nonché 27 giugno 1997, n. 5761, ibid., n. 12 (e Arch, civ., 1997, 1095), la quale ha argomentato dalla «solidarietà connessa con detti vincoli e dal dovere giuridico conseguen te all'accettazione della notifica»; 6 maggio 1991, n. 4991, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 13; 19 luglio 1990, n. 7364, id., Rep. 1990, voce cit., n. 6, nonché 8 giugno 1995, n. 6487, id., Rep. 1995, voce cit., n. 16 (relativa a notifica di un atto di precetto relativo ad un debi to personale eseguita presso la sede di una società a responsabilità limi tata della quale il debitore era amministratore unico, mediante conse gna di copia dell'atto al fratello del destinatario), tutte citate in moti vazione.

Costituiscono altresì espressione dello stesso orientamento, Cass. 30 marzo 1992, n. 3858, id., Rep. 1992, voce cit., n. 10, 24 marzo 1982, n. 1856, id., Rep. 1982, voce cit., n. 16, e Giusi, civ., 1982, I, 2102, e 12 maggio 1981, n. 3134, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 18, la quale, sulla base del principio che la validità della notificazione può essere esclusa unicamente quando venga accertata la presenza, del tutto

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