sezione III civile; sentenza 26 marzo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri (concl.conf.); Mercorella e altri (Avv. Cavallucci) c. Giulianini e altro (Avv. Marucchi, De Felici).Conferma App. Firenze 21 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1797/1798-1803/1804Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193710 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
specificità della contestazione dei fatti addebitati al dirigente
licenziato, nonostante ogni diversa previsione della contratta
zione collettiva.
Nel caso di specie, vi è di più.
Infatti, il tribunale ha mostrato di non tenere in alcun conto
la costante giurisprudenza che, con riferimento alle restanti ca
tegorie di lavoro subordinato, pur confermando l'immutabilità
della causa contestata nella lettera di licenziamento, ha ritenuto
che la stessa non precluda la valutazione anche di altri fatti
attribuiti al lavoratore, quando gli stessi vengano considerati
non come causa autonoma di recesso, ma come «mere circo
stanze confermative del fatto contestato e della sua gravità»
(Cass. 10 gennaio 1990, n. 17, id., Rep. 1990, voce Lavoro (rap
porto), n. 1656; 24 gennaio 1990, n. 412, ibid., n. 1655; 13
novembre 1989, n. 4783, ibid., n. 1657, e, in materia di giustifi cato motivo oggettivo, 14 aprile 1982, n. 2246, id., Rep. 1982, voce cit., n. 820; n. 2500 del 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1980; n. 2697 del 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1946).
Sulla base di tali erronee considerazioni, il tribunale ha con
diviso la decisione del pretore che — pur dando atto di un con
trasto esistente tra il Giannini ed i massimi livelli della società
e della volontà del dirigente, più volte espressa per iscritto e
verbalmente, di presentare le dimissioni a seguito del cambio
degli azionisti di riferimento e delle incomprensioni verificatesi
con la nuova casa madre — ha qualificato come una illegittima
integrazione della motivazione del recesso le circostanze dedotte
nei capitoli di prova della memoria di costituzione della società
(si ricorda che nella prima lettera del 12 giugno 1991 era stato
precisato che: «le motivazioni risiedono nella necessità dell'a
zienda di assicurarsi un livello professionale più adeguato, tenu
to anche conto delle esigenze di cambiamento organizzativo che
la costante evoluzione del mercato richiede, rispetto a quella che ella ci ha finora fornito»).
Senza alcuna motivazione, il tribunale ha concluso in propo sito per un «radicale mutamento delle ragioni del recesso», men
tre il primo giudice aveva soltanto accennato ad un'integrazione dei primi motivi contenuti nella lettera del 12 giugno 1991, pe raltro non consentita in base al principio generale di immodifi
cabilità del motivo di recesso.
Rimane pertanto assorbito dall'accoglimento del secondo mo
tivo, il primo motivo di ricorso. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26 mar
zo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri
(conci, conf.); Mercorella e altri (Aw. Cavallucci) c. Giu
lianini e altro (Avv. Marucchi, De Felici). Conferma App.
Firenze 21 febbraio 1997.
Agricoltura — Prelazione e riscatto — Familiari del confinante — Esclusione (Cod. civ., art. 230 bis; 1. 26 maggio 1965 n.
590, disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice,
art. 8; 1. 14 agosto 1971 n. 817, disposizioni per il rifinanzia
mento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà colti
vatrice, art. 7; 1. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti
agrari, art. 48).
Agricoltura — Prelazione e riscatto — Esercizio della prelazio
ne da parte del confinante — Vendita al prelazionante ed a
terzi — Nullità (Cod. civ., art. 1421).
Il diritto di prelazione e di riscatto di cui all'art. 8 I. 590/65
in favore dei soggetti di cui all'art. 7 /. 817/71, non può esse
re riconosciuto a favore di coloro che coadiuvano l'avente
diritto alla coltivazione del fondo, quali componenti della sua
famiglia, ai sensi dell'art. 48 l. 203/82, anche se sia configu
rabile un'impresa familiare ai sensi dell'art. 230 bis c.c., atte
sa la rilevanza puramente interna di questa e non una rilevan
ti Foro Italiano — 1999.
za esterna nei confronti del proprietario del fondo confinan
te, promittente alienante dello stesso. (1) Ove il fondo oggetto della prelazione agraria venga trasferito
in parte al prelazionante e in parte a terzi con il consenso
dello stesso, va dichiarata la nullità delle vendite per contra
rietà alle norme imperative sulla prelazione. (2)
(1-2) Preliminare di vendita di fondo rustico era stato notificato a coltivatore diretto proprietario confinante che, ricevuta la notifica per l'esercizio della prelazione, aveva manifestato la volontà di avvalersi di tale facoltà. Successivamente, però, il fondo rustico in questione era venduto per un decimo a favore del proprietario confinante e per nove decimi a favore di terzi familiari di esso confinante. I promittenti ac
quirenti, assumendo che era stata compiuta una frode ed una violazio ne delle norme sulla prelazione agraria, chiedevano all'adito tribunale dichiararsi la nullità dei contratti definitivi di vendita e la validità del loro preliminare con il trasferimento del fondo in loro favore.
I terzi che avevano acquistato i nove decimi del fondo eccepivano di avere diritto all'esercizio della prelazione ai sensi dell'art. 48 1. 203/82, quali figlio e nuora del proprietario confinante, in quanto componenti della stessa impresa coltivatrice del medesimo confinante.
L'adito tribunale dichiarava la nullità dell'atto di esercizio della pre lazione da parte del proprietario confinante e dei contratti di vendita
stipulati dal venditore a favore del proprietario confinante e dei suoi
familiari; rigettava la domanda riconvenzionale con la quale il medesi mo proprietario confinante chiedeva di essere dichiarato unico proprie tario del fondo e trasferiva a favore dei promittenti acquirenti la pro prietà del fondo.
La sentenza veniva confermata in appello, affermandosi che la prela zione spettava al proprietario confinante e non già ai suoi familiari,
soggetti estranei per cui era venuta meno la ragione legittima per sacri ficare l'aspettativa dei promittenti acquirenti, e che in ogni caso il pro prietario confinante non aveva pagato il prezzo nel termine previsto dalla legge, per cui era venuto meno il diritto all'esercizio della prelazione.
Con il ricorso per cassazione i ricorrenti deducevano ancora che il diritto di prelazione oltre che al proprietario confinante spettava anche ai suoi familiari, in quanto appartenenti ad un'unica impresa coltivatri
ce, e ciò in relazione all'art. 48 1. 203/82. La sentenza riportata ha confermato l'impugnata sentenza afferman
do che l'art. 48 1. 203/82 ha dato rilevanza esterna alla famiglia coltiva
trice, nell'ambito di un rapporto agrario tra concedente e famiglia stes
sa, ma non uguale rilevanza esterna può essere riconosciuta all'impresa familiare di cui all'art. 230 bis c.c. Infatti, nell'ambito dell'impresa fa miliare di cui all'art. 230 bis c.c., caratterizzato dalla mancanza di un vincolo societario e di un rapporto di lavoro subordinato tra i familiari e la persona del capo dell'impresa, vanno distinti un aspetto interno, costituito dal rapporto associativo del gruppo familiare quanto alla re
golamentazione dei vantaggi economici di ciascun partecipante, ed un
aspetto esterno, nel quale ha rilevanza la figura del familiare imprendi tore, effettivo gestore dell'impresa, che assume in proprio i diritti e le obbligazioni dei rapporti con i terzi (Cass. 27 giugno 1990, n. 6559, Foro it., Rep. 1990, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 67). È stato quindi ribadito che ove non ricorra la fattispecie dell'art. 48 1.
203/82, l'impresa familiare coltivatrice non ha rilevanza esterna (Cass. 14 settembre 1995, n. 9693, id., Rep. 1995, voce Contratti agrari, n.
264), e nel caso all'esame si era in presenza di prelazione del confinante che non si regge sulla relazione giuridica con il promittente alienante
(rapporto agrario relativo al fondo), ma esclusivamente sulla qualità di coltivatore diretto e proprietario confinante.
Esclusa quindi l'applicabilità nella fattispecie dell'art. 48 1. 203/82, si è affermato che il diritto di prelazione ed il succedaneo diritto di riscatto del proprietario confinante non possono essere riconosciuti a
coloro che coadiuvano il titolare degli stessi, quali componenti della sua famiglia, anche se sia configurabile un'impresa coltivatrice ai sensi dell'art. 230 bis c.c., attesa la rilevanza puramente interna di questa e non una rilevanza esterna nei confronti del proprietario confinante,
promittente alienante dello stesso (Cass. 23 febbraio 1988, n. 1911, id.,
Rep. 1988, voce Agricoltura, n. 117; 19 gennaio 1995, n. 594, id., Rep. 1995, voce cit., n. 143).
Pertanto il diritto di prelazione agraria spetta soltanto al proprietario confinante del fondo posto in vendita e non anche a persone diverse
che coltivino il fondo, comunque a lui legate, ed alle quali lo stesso
titolare non è legittimato a trasferire il diritto di prelazione (Cass. 25
giugno 1988, n. 4299, id., Rep. 1988, voce cit., n. 119).
Conseguentemente, la violazione delle norme sulla prelazione e sul
riscatto agrario, avendo carattere di norme di ordine pubblico poste a tutela della collettività, al principale fine di raggiungimento degli sco
pi sociali e di politica agraria ed economica che il legislatore intende
perseguire, comporta la nullità dei contratti per contrarietà a norme
imperative, e tale nullità può essere fatta valere anche dai terzi che
hanno acquistato il diritto al bene in base ad un titolo valido, sottopo sto alla condizione sospensiva della prelazione da parte dell'avente di
ritto (Cass. 13 giugno 1992, n. 7244, id., Rep. 1992, voce cit., n. 127). La sentenza riportata ha anche ritenuto che la corte del merito cor
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1799 PARTE PRIMA 1800
Svolgimento del processo. — Bruno Giuliani e Vasco Bernar
dini convenivano davanti al Tribunale di Montepulciano Pio
Nocciolini, Gennaro Tufo, Antonio Tufo, Grazia Mercorella
e Felicia Peluso (in comunione legale con Gennaro Tufo, coniu
ge) ed assumevano che in data 30 gennaio 1988 avevano stipula to con il Nocciolini un contratto preliminare per l'acquisto di
una tenuta agricola in Torrita di Siena, per il prezzo di lire
quattrocentocinquanta milioni.
Tufo Gennaro, coltivatore diretto, era proprietario di terreni
confinanti con quelli promessi in vendita e, ricevuta la notifica
del preliminare per l'esercizio del diritto di prelazione in data
10 marzo 1988, aveva manifestato la volontà di avvalersi di tale
facoltà. Successivamente, però, il terreno in questione veniva
trasferito con due atti notarili in data 5 giugno 1989 in favore
di Gennaro Tufo per un decimo e per nove decimi in favore
di Antonio Tufo e Grazia Mercorella. Assumevano gli attori
che era stata compiuta una frode ed una violazione delle norme
che regolano la prelazione agraria e, pertanto, chiedevano che
11 tribunale dichiarasse la nullità dei contratti definitivi di vendi ta e la validità del loro preliminare e trasferisse ex art. 2932
c.c. il fondo in questione in loro favore.
I Tufo e la Mercorella, costituitisi in giudizio, assumevano
la carenza di legittimazione attiva degli attori, nonché la caren
za di interesse; l'infondatezza della domanda di annullamento
o di nullità dei contratti, in quanto Antonio Tufo era figlio di Gennaro Tufo e la Mercorella era la nuora e tutti erano com
ponenti della stessa impresa coltivatrice familiare, ai sensi del
l'art. 48 1. 203/82 e 230 bis c.c., per cui essi avevano il diritto
di esercitare la prelazione; l'infondatezza della domanda dei pro mittenti acquirenti per l'impossibilità di contestare la legittimità del rapporto contrattuale a cui il Tufo aveva dato luogo.
II Tribunale di Montepulciano, con sentenza del 12 febbraio
1994, dichiarava la nullità dell'atto di esercizio della prelazione
agraria da parte di Tufo Gennaro in data 10 marzo 1988 e dei
contratti di vendita stipulati da Nocciolini Pio in favore di Gen
naro Tufo, Antonio Tufo e Grazia Mercorella; rigettava la do
manda riconvenzionale di Gennaro Tufo, con cui chiedeva di
essere dichiarato unico proprietario del fondo e trasferiva agli attori il fondo de quo, subordinando il trasferimento al paga mento della somma di lire quattrocentocinquanta milioni. Con
dannava il Nocciolini al pagamento della somma di lire dieci
milioni in favore degli attori. Su appello dei convenuti, la Corte di appello di Firenze riget
tava la domanda di risarcimento del danno proposta nei con
fronti di Pio Nocciolini e confermava nel resto l'impugnata sentenza.
Quanto all'appello dei Tufo e di Mercorella riteneva la corte
che era legittimato all'esercizio della prelazione esclusivamente
Gennaro Tufo e non gli altri suoi familiari; che il diritto di
prelazione era stato, appunto, esercitato da questi, ma che egli, invece di appropriarsi degli effetti traslativi che si erano verifi
cati con l'accettazione della proposta, vi aveva rinunziato, sti
pulando con il venditore un contratto che gli aveva trasferito
solo un decimo del fondo, mentre i restanti nove decimi erano
stati trasferiti a suoi familiari; che tanto aveva comportato l'in
gresso nella proprietà di due soggetti estranei, per cui era venu
ta meno la ragione legittima per sacrificare l'aspettativa dei pro mittenti acquirenti, che può essere sacrificata alla sola condizio
ne prevista dal legislatore che la prelazione venga esercitata con
le modalità e nei termini previsti dalla norma, per cui ciò inci
deva sulla causa del contratto, determinandone l'illegittimità. In ogni caso riteneva la corte di merito che, non avendo il
rettamente aveva affermato la nullità dell'atto di esercizio della prela zione e dei successivi atti di vendita, finalizzati al trasferimento del fon do in gran parte a soggetti terzi rispetto al titolare della prelazione, e quindi ad eludere norme imperative.
La sentenza riportata ha seguito l'orientamento della dottrina, secon do cui non potendosi ritenere che la nozione di impresa familiare di cui all'art. 48 1. 203/82 possa essere estesa tout court all'impresa del
proprietario coltivatore diretto, il raccordo tra disciplina dell'impresa familiare e disciplina della prelazione sembra configurabile soltanto con la prelazione dell'affittuario coltivatore diretto, del mezzadro, del colo no in quanto insediati sul fondo, e non con la prelazione del proprieta rio coltivatore diretto confinante (Romagnoli, Il diritto di prelazione dopo la l. n. 203 del 1982 con particolare riferimento all'art. 48, in Nuovo dir. agr., 1985, 531).
Il Foro Italiano — 1999.
Tufo Gennaro pagato il prezzo nel termine previsto dalla legge, era travolto il contratto di acquisto conclusosi per effetto del
l'accettazione della proposta contrattuale, realizzata dalla ma
nifestazione di volontà di voler esercitare la prelazione. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazio
ne Gennaro Tufo, Antonio Tufo, Grazia Mercorella e gli eredi
di Felicia Peluso. Resistono con controricorso Giuliani Bruno e Bernardini
Vasco.
Motivi della decisione. — 1.1. - Con il primo motivo di ricor
so i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione di
norme di diritto (art. 8 1. 590/65, integrata dalla 1. 871/71, in
relazione all'art. 48 1. 203/82). Assumono i ricorrenti che nella fattispecie, oltre a Gennaro
Tufo, avevano diritto di esercitare la prelazione anche il figlio Antonio Tufo e la nuora Grazia Mercorella, in quanto tutti
appartenenti ad un'unica impresa familiare coltivatrice e ciò in
relazione all'art. 48 1. 203/82 ed all'art. 230 bis c.c. Sussisten
do, quindi, un'impresa familiare coltivatrice, per effetto del ci
tato art. 48, tutti i partecipanti avevano il diritto di esercitare
la prelazione nell'acquisto di fondi rustici e la denuntiatio della
proposta di alienazione, effettuata (a norma dell'art. 8 1. 590/65
nei confronti di Gennaro Tufo, produceva effetti anche nei con
fronti di Antonio Tufo e Grazia Mercorella, essendo applicabile
all'impresa familiare la disciplina della società semplice, onde
ciascun componente ha la rappresentanza della società. Pertan
to tutti gli atti compiuti da Gennaro Tufo, compreso l'esercizio
del diritto di prelazione, producevano effetti nei confronti di
tutti i componenti della famiglia coltivatrice, che quindi poteva no giovarsi di detta accettazione.
Se, invece, non si voleva attribuire soggettività giuridica alla
famiglia coltivatrice, Antonio Tufo e Grazia Mercorella, quali
componenti della famiglia coltivatrice confinante, avevano di
ritto ad esercitare la prelazione autonomamente, per cui non
poteva dichiararsi la nullità degli atti di acquisto, in quanto con essi risultava esercitato il predetto diritto.
I ricorrenti contestano che nella fattispecie mancasse la prova dell'esistenza di detta famiglia coltivatrice, risultando ciò dagli
atti, ed in ogni caso, sul punto avevano dedotto prova testimo
niale non ammessa.
1.2. - Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano
la violazione e falsa applicazione di legge, nonché l'omessa, in
sufficiente e contraddittoria motivazione, assumendo che non
poteva essere dichiarata la nullità dei loro contratti, perché la
normativa sul diritto di prelazione è solo a tutela del proprieta rio coltivatore confinante e non del terzo promissario, con la
conseguenza che questi, in caso di violazione della legge con
vendita a soggetto non legittimato ad esercitare la prelazione,
può solo esercitare un'azione di risarcimento del danno nei con
fronti del promissario alienante.
2. - I suddetti motivi, stante la stretta connessione, vanno
trattati congiuntamente; essi sono infondati e vanno rigettati. Va, anzitutto rilevato che è punto pacifico, emergente sia dalla
sentenza impugnata che dallo stesso ricorso, che Gennaro Tufo
era proprietario coltivatore diretto di terreno confinante con quel lo posto in vendita e non affittuario, colono o compartecipante o mezzadro di quest'ultimo fondo.
Sotto il profilo soggettivo, quindi, si versa non nell'ipotesi di prelazione di cui all'art. 8 1. 26 maggio 1965 n. 590, bensì
in quella di cui all'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 14 agosto 1971
n. 817.
Con questa seconda norma l'istituto della prelazione agraria,
già previsto dall'art. 8 1. 590/65, è stato esteso ad altri soggetti
(appunto il coltivatore diretto proprietario del fondo confinante
a quello posto in vendita), individuati non più sulla base di una relazione giuridica con il promittente alienante (rapporto
agrario relativo al fondo), ma esclusivamente sulla base della
qualità di coltivatore diretto e proprietario di fondo confinante.
Ciò comporta, anzitutto, che non possa nella fattispecie, in
vocarsi la disciplina di cui all'art. 48 1. n. 203 del 1982, relativa
all'impresa familiare coltivatrice.
Infatti, indipendentemente dal punto se detto art. 48 si appli chi anche ai rapporti costituiti anteriormente all'entrata in vigo re della 1. 203/82 (come pure è escluso da Cass. 13 febbraio
1997, n. 1331, Foro it., Rep. 1997, voce Agricoltura, n. 94), va rilevato che la disciplina dell'impresa familiare coltivatrice, stabilita dall'art. 48 1. 203/82, come previsto dal 1° comma,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
si riferisce esclusivamente, sotto il profilo oggettivo, ai rapporti di colonia parziaria, di affitto ed in generale ad ogni rapporto
agrario intercorrente tra il concedente del fondo e la famiglia coltivatrice.
Per effetto di detta norma si è data rilevanza esterna all'im
presa familiare, ma pur sempre nell'ambito dei richiamati rap porti agrari, per cui la titolarità del rapporto va riconosciuta
in capo all'intera famiglia coltivatrice, indipendentemente da ogni manifestazione di volontà originariamente espressa dai suoi com
ponenti ed anche quando il contratto sia stato concluso da un
solo soggetto in nome proprio. Ne consegue che lì dove è applicabile detta norma, e cioè
nei casi in cui sussiste un rapporto agrario tra concedente e
famiglia coltivatrice, ciascun componente, nel caso in cui non
vi è stata la nomina di un rappresentante della famiglia coltiva
trice, può agire per l'esercizio della prelazione agraria dei fondi
rustici.
Senonché, poiché nella fattispecie, il diritto di prelazione eser
citato da Gennaro Tufo, non trovava il suo presupposto nel
rapporto agrario relativo al fondo ed intercorrente con il pro mittente alienante, ma nel fatto di essere proprietario-coltivatore del fondo confinante, non può essere invocata la disciplina di
cui all'art. 48 cit., per l'assorbente ragione che manca un qua
lunque rapporto agrario tra il promittente alienante ed il prela zionante.
3.1. - Ribadito, quindi, che solo l'art. 48 1. 203/82 ha dato
rilevanza esterna alla famiglia coltivatrice, nell'ambito di un rap
porto agrario tra concedente del fondo e famiglia stessa, eguale rilevanza esterna non può essere riconosciuta per la prevalente dottrina e giurisprudenza all'impresa familiare di cui all'art. 230
bis c.c. (pure richiamato dai ricorrenti). Infatti nell'ambito dell'impresa familiare di cui all'art. 230
bis c.c., caratterizzato dalla mancanza di un vincolo societario
e di un rapporto di lavoro subordinato tra i familiari e la perso na del capo dell'impresa (riconosciuto come tale dai partecipan
ti), vanno distinti un aspetto interno, costituito dal rapporto associativo del gruppo familiare quanto alla regolamentazione dei vantaggi economici di ciascun partecipante, ed un aspetto
esterno, nel quale ha rilevanza la figura del familiare imprendi
tore, effettivo gestore dell'impresa, che assume in proprio i di
ritti e le obbligazioni nascenti dai rapporti con i terzi (Cass. 27 giugno 1990, n. 6559, id., Rep. 1990, voce Famiglia (regime
patrimoniale), n. 67). Ne consegue, che, ove non ricorra la fattispecie di cui all'art.
48 1. 203/82, l'impresa familiare coltivatrice non ha rilevanza
esterna (Cass. 14 settembre 1995, n. 9693, id., Rep. 1995, voce
Contratti agrari, n. 264). 3.2. - Esclusa quindi l'applicabilità nella fattispecie dell'art.
48 1. 203/82, i diritti di prelazione e riscatto agrario, ai sensi
dell'art. 8 1. 590/65 in favore dei soggetti di cui all'art. 7, 2°
comma, n. 2, 1. 817/71, stante la tassativa indicazione contenu
ta in dette norme, non possono essere riconosciuti a coloro che
coadiuvano il soggetto titolare degli stessi nella coltivazione del
fondo che dà diritto alla prelazione (fondo confinante, di cui
il prelazionante è proprietario), quali componenti della sua fa
miglia, anche se sia configurabile un'impresa familiare ai sensi
dell'art. 230 bis c.c., attesa la rilevanza puramente interna di
questa e non una rilevanza esterna nei confronti del proprieta rio del fondo confinante, promittente alienante dello stesso (Cass. 23 febbraio 1988, n. 1911, id., Rep. 1988, voce Agricoltura, n. 117; 19 gennaio 1995, n. 594, id., Rep. 1995, voce cit., n. 143).
Nella fattispecie, quindi, l'unico soggetto titolare del diritto
di prelazione relativamente al fondo in questione era Gennaro
Tufo, e non i propri familiari Antonio Tufo e Grazia Mercorel
la, anche se, in ipotesi, fosse sussistente un'impresa familiare
coltivatrice.
Pertanto la denuntiatio effettuata dai proprietari promittenti alienanti del fondo in questione esattamente fu effettuata solo
nei confronti del Tufo Gennaro e l'esercizio del diritto di prela
zione, da questi effettuato, era relativo solo alla sua persona e non anche agli altri componenti dell'eventuale impresa fami
liare coltivatrice.
4. - Il diritto di prelazione agraria, nelle ipotesi soggettive
previste dall'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 817/71, spetta, quindi solo al coltivatore proprietario del fondo confinante con quello
posto in vendita e non anche a persone diverse che coltivino
il fondo, comunque a lui legate, ed alle quali lo stesso titolare
Il Foro Italiano — 1999.
non è legittimato a trasferire il diritto di prelazione (Cass. 25
giugno 1988, n. 4299, id., Rep. 1988, voce cit., n. 119).
Questi altri soggetti, rispetto all'istituto della prelazione pre visto dalla norma, sono terzi.
È giurisprudenza pacifica di questa corte che in tema di pre lazione agraria, il relativo potere del coltivatore prelazionante è subordinato all'interesse del medesimo di consolidare, nella
propria persona, impresa agricola e proprietà dell'intero fondo
(nell'ipotesi dei soggetti di cui all'art. 8 1. 590/65) ovvero di
aumentare le dimensioni dell'impresa agricola insistente già su
fondo di proprietà (ipotesi di cui all'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 817/71), in relazione alla funzione sociale, e, quindi, alla pro mozione della proprietà coltivatrice.
Pertanto nell'ipotesi in cui il bene in questione (in tutto o in parte) venga trasferito ad un terzo, o per effetto di immedia
ta rivendita, ovvero perché successivamente all'esercizio del di ritto di prelazione, l'atto notarile di vendita sia effettuato, con il consenso del prelazionante, direttamente dal proprietario alie nante al terzo, la mancanza del suddetto specifico interesse, pri
vilegiato dal legislatore, comporta la nullità del contratto di ac
quisto. Infatti le norme sulla prelazione e sul riscatto agrario, con
trariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, hanno carattere
di norme di ordine pubblico e sono perciò poste a tutela della
collettività, al principale fine del raggiungimento degli scopi so
ciali e di politica agraria ed economica che il legislatore ha inte
so perseguire. La violazione di dette norme, come nel caso di
predisposizione di più atti, all'esito dei quali, il terreno prela zionato finisca, in tutto o in parte in proprietà di soggetto non
titolare del diritto di prelazione o dal quale era decaduto, com
porta la nullità dei contratti per contrarietà a norme imperati ve, e tale nullità può essere fatta valere, secondo la regola gene rale dell'art. 1421 c.c. da chiunque vi abbia interesse e può esse
re rilevata anche d'ufficio dal giudice; tra gli interessati a far
valere detta nullità sono compresi i terzi che hanno acquistato il diritto al bene in base ad un titolo valido, sottoposto alla
condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione da
parte dell'avente diritto (Cass. 13 giugno 1992, n. 7244, id.,
Rep. 1992, voce cit., n. 127). Detta nullità investe tutti gli atti tra loro collegati e quindi
sia l'atto di esercizio della prelazione da parte del titolare della
stessa, sia l'atto con cui, invece, il bene è trasferito (in tutto
o in parte) al soggetto terzo non titolare del predetto diritto, in quanto atti collegati al raggiungimento dello stesso scopo di
frodare la legge sul diritto di prelazione (Cass. 10 novembre
1994, n. 9402, id., Rep. 1994, voce cit., n. 108). Peraltro detto accordo fraudolento fra il titolare del relativo
diritto di prelazione ed il terzo in ordine alla rivendita del fon
do assume rilevanza quale causa di nullità dei negozi di acqui sto e di rivendita, anche quando non precede l'esercizio della
prelazione, ma interviene successivamente, in pendenza del ter
mine di pagamento del prezzo al quale è condizionato il perfe zionamento dell'acquisto (Cass. 6 novembre 1991, n. 11832, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 194). 5.1. - Ne consegue che nella fattispecie è ininfluente stabilire
se gli atti di acquisto della proprietà da parte dei ricorrenti (i due atti notarili del 5 maggio 1989) costituiscano implicitamente anche una rinunzia agli effetti traslativi conseguenti all'esercizio
del diritto di prelazione effettuato dal Tufo il 10 marzo 1988, con conseguente nullità della causa dei due contratti notarili, ovvero siano conseguenza del fatto che, non avendo Gennaro
Tufo corrisposto il prezzo dovuto per l'intero compendio ed
indicato nell'atto notificatogli, alla data dei contratti notarili, il suo precedente titolo di acquisto si era ipso iure risolto (tesi ambedue proposte dalla sentenza impugnata).
5.2. - Infatti correttamente è stata affermata la nullità del
l'atto di esercizio della prelazione da parte del Tufo Gennaro
e dei successivi due atti notarili, avendo il giudice di merito
ritenuto che essi erano funzionalizzati al trasferimento del terre
no in gran parte a soggetti terzi rispetto al titolare del diritto
di prelazione e quindi finalizzati ad eludere norme imperative. L'insieme dei negozi funzionalmente collegati (c.d. procedi
mento indiretto) risulta quindi predisposto ed attuato al fine
di eludere l'applicazione delle norme imperative che impongono che l'esercizio del diritto di prelazione agraria avvenga solo da
parte dei soggetti cui la legge riconosce tale diritto.
6. - Infondata è anche la doglianza dei ricorrenti secondo
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1803 PARTE PRIMA 1804
cui mai avrebbe potuto disporsi il trasferimento del fondo agli
attori, ma solo la condanna del promittente alienante al risarci
mento dei danni in loro favore per aver venduto il bene a terzi.
Infatti il preliminare di acquisto stipulato tra Bruno Giuliani
ni e Vasco Bernardini da una parte ed il Nocciolini dall'altra
era sottoposto alla condizione sospensiva che non intervenisse
nei termini di legge un valido esercizio del diritto di prelazione
da parte dei soggetti legittimati. La dichiarazione di nullità di detto esercizio di prelazione da
parte del Gennaro Tufo e la dichiarazione di nullità dei contrat
ti di vendita stipulati tra Pio Nocciolini, Gennaro Tufo e Gra
zia Mercorella, comporta che produca i suoi effetti il contratto
preliminare predetto, per mancato avveramento della condizione.
Infatti nel caso in cui, a seguito della dichiarazione giudiziale
della nullità del trasferimento di un fondo a favore del soggetto
titolare del diritto di prelazione agraria e del successivo trasferi
mento da parte di quest'ultimo in favore di un terzo (perché
detti atti sono elusivi delle finalità pubbliche poste alla base
dell'istituto di cui all'art. 8 1. 590/69), il contratto preliminare
stipulato tra il proprietario del fondo ed un terzo ed oggetto della denuntiatio al prelazionante, già sottoposto alla condizio
ne sospensiva del mancato valido esercizio di prelazione produ ce tutti i suoi effetti, in quanto la prelazione esercitata era nul
la. Ne consegue che il promittente acquirente ben può proporre
azione per l'esecuzione specifica di concludere il contratto a nor
ma dell'art. 2932 c.c. (Cass. 7 maggio 1992, n. 5443, id., Rep.
1992, voce cit., n. 144; 11 febbraio 1981, n. 848, id., Rep. 1981,
voce cit., n. 280). 7. - Il rigetto delle censure avverso la prima autonoma moti
vazione su cui si fonda la sentenza impugnata (nullità della pre lazione esercitata da Gennaro Tufo e dei successivi atti notarili,
perché in contrasto con le norme imperative della prelazione
agraria) comporta l'assorbimento del terzo motivo di ricorso,
con cui si censura la seconda autonoma ragione, su cui si fonda
la sentenza (decadenza dalla prelazione da parte di Gennaro
Tufo, per mancato pagamento del prezzo nei termini). 8. - Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione dell'art. 2932 c.c. in relazione
all'art. 2652, n. 2, c.c. Assumono i ricorrenti che non poteva esercitarsi l'azione di cui all'art. 2932 c.c. da parte dei promit tenti acquirenti, poiché l'esecuzione non era possibile per effet
to della già avvenuta trascrizione degli atti di vendita in favore
di essi attori e che, in ogni caso non avevano essi promittenti
acquirenti depositato o versato alcuna somma.
9. - Il motivo è infondato e va rigettato.
È, infatti, vero che, ai fini dell'accoglimento della domanda
di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto
è necessario che il promittente abbia conservato la proprietà e la disponibilità del bene oggetto del contratto preliminare con
la conseguenza che tale disponibilità viene meno, con conse
guente preclusione dell'azione ex art. 2932 c.c., nel caso in cui
il promittente proprietario abbia anteriormente alla data della
detta domanda alienato a terzi il bene promesso, senza che pos sa in tal caso spiegare rilevanza in contrario l'art. 2652, n. 2,
c.c., in quanto la norma può trovare applicazione quando si
tratta di risolvere un conflitto tra più acquirenti dello stesso
bene e non quando si controverta tra il promittente ed il pro missario (Cass. 8 maggio 1991, n. 5119, id., 1991, I, 3373).
Senonché il principio va coordinato con quello della possibili tà di pluralità di domande (art. 10, 2° comma, c.p.c.) e, quindi, di concorso di azioni nello stesso processo.
Pertanto nello stesso giudizio il promittente acquirente può, se ne ricorrano le condizioni, chiedere che venga dichiarata la
nullità del contratto con cui il promittente alienante ha trasferi
to ad un terzo il bene oggetto del preliminare, con trascrizione
precedente a quella della domanda di cui all'art. 2932 c.c., egual mente proposta, per cui nel caso che detta nullità venga pro
nunciata, anche se nello stesso procedimento, viene meno il fat
to (l'altruità del bene) che in precedenza impediva la sentenza
traslativa.
10. - Infondato è anche il rilievo che la domanda di esecuzio
ne dell'obbligo di contrarre non potrebbe essere accolta, poiché
gli attori non avrebbero offerto il pagamento della somma.
Infatti il promittente compratore, che proponga l'azione ex
art. 2932 c.c. per l'esecuzione specifica dell'obbligo di conclu
dere un contratto avente ad oggetto il trasferimento della pro
prietà di una cosa determinata, ai fini dell'accoglimento della
Il Foro Italiano — 1999.
domanda è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a
fare offerta della stessa nei modi di legge solo se tale prestazio ne (il pagamento del prezzo) sia esigibile al momento della do
manda giudiziale; non è invece tenuto a pagare o ad offrire
il prezzo, quando il pagamento di questo (o della parte residua
di esso), per accordo delle parti debba essere effettuato al mo
mento della stipulazione del contratto definitivo, promesso ma
non concluso, o addirittura dopo la stipulazione dello stesso;
in questa ipotesi la sentenza costitutiva, che ex art. 2932 c.c.
tiene luogo del contratto definitivo, non concluso, imporrà con
le opportune statuizioni, il pagamento del prezzo (o della parte
residua) come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo
derivante dalla domanda (Cass. 30 gennaio 1995, n. 1077, id.,
Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 395). In questi termini correttamente ha deciso la sentenza im
pugnata. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 mar
zo 1999, n. 2793; Pres. Bile, Est. Manzo, P.M. Frazzini
(conci, conf.); Andreoni Baschirotto (Avv. Radius, Casara
no, Consalvo) c. Usi 58 Cernusco sul Naviglio (Avv. Ser
ra). Conferma App. Milano 31 maggio 1996.
Professioni intellettuali — Responsabilità del medico — Inter
ruzione della gravidanza — Malformazioni del feto — Omes
sa informazione — Danni derivanti dalla nascita di un figlio — Nesso di causalità (Cod. civ., art. 1223, 2236; 1. 22 maggio 1978 n. 194, norme per la tutela sociale della maternità e sul
l'interruzione volontaria della gravidanza, art. 1, 6, 7).
Ai fini della dimostrazione del nesso di causalità tra il compor tamento dei sanitari, che non abbiano adempiuto all'obbligo di informare la gestante circa le possibili malformazioni del
nascituro, e i danni lamentati dalla madre in conseguenza della
nascita di un figlio affetto da sindrome di Down, occorre
provare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per
procedere all'interruzione della gravidanza. (1)
II
TRIBUNALE DI PERUGIA; sentenza 7 settembre 1998; Pres.
Orlando, Est. Cossu; Mechelli e altro (Aw. Moscatelli, De Giorgis, Carosi Martinozzi) c. Giornelli (Aw. Palumbo).
Professioni intellettuali — Responsabilità del medico — Inter
ruzione della gravidanza — Malformazioni del feto — Omes
sa informazione — Danni risarcibili (Cost., art. 13, 32; cod.
civ., art. 2236; 1. 22 maggio 1978 n. 194, art. 14).
Il medico, che abbia omesso di informare la gestante circa le
possibili malformazioni del feto, è tenuto a risarcire il danno
biologico patito dai genitori di un figlio portatore di handi
cap, per essere stati privati, nella fase precedente alla nascita, della possibilità di un graduale adattamento alla situazione. (2)
(1-2) I due provvedimenti supra riprodotti arricchiscono, offrendo nuovi spunti di riflessione, l'ampio ed animato dibattito concernente la risarcibilità del c.d. danno da nascita indesiderata. Peraltro, sotto
questa espressione semplificante, idonea a raggruppare tutte le ipotesi in cui i genitori lamentano un pregiudizio in conseguenza della nascita di un figlio, è dato individuare una serie di fattispecie distinte, che pre sentano caratteristiche autonome. La pretesa risarcitoria può fondarsi, infatti, su una nascita che si è verificata successivamente a (e nonostan
te) un intervento medico, evidentemente mal riuscito, volto alla steriliz zazione di uno dei potenziali genitori ovvero all'interruzione di una gra
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