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sezione III civile; sentenza 26 marzo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri (concl....

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sezione III civile; sentenza 26 marzo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri (concl. conf.); Mercorella e altri (Avv. Cavallucci) c. Giulianini e altro (Avv. Marucchi, De Felici). Conferma App. Firenze 21 febbraio 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1797/1798-1803/1804 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193710 . Accessed: 25/06/2014 10:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.31 on Wed, 25 Jun 2014 10:49:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 26 marzo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri (concl.conf.); Mercorella e altri (Avv. Cavallucci) c. Giulianini e altro (Avv. Marucchi, De Felici).Conferma App. Firenze 21 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1797/1798-1803/1804Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193710 .

Accessed: 25/06/2014 10:49

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

specificità della contestazione dei fatti addebitati al dirigente

licenziato, nonostante ogni diversa previsione della contratta

zione collettiva.

Nel caso di specie, vi è di più.

Infatti, il tribunale ha mostrato di non tenere in alcun conto

la costante giurisprudenza che, con riferimento alle restanti ca

tegorie di lavoro subordinato, pur confermando l'immutabilità

della causa contestata nella lettera di licenziamento, ha ritenuto

che la stessa non precluda la valutazione anche di altri fatti

attribuiti al lavoratore, quando gli stessi vengano considerati

non come causa autonoma di recesso, ma come «mere circo

stanze confermative del fatto contestato e della sua gravità»

(Cass. 10 gennaio 1990, n. 17, id., Rep. 1990, voce Lavoro (rap

porto), n. 1656; 24 gennaio 1990, n. 412, ibid., n. 1655; 13

novembre 1989, n. 4783, ibid., n. 1657, e, in materia di giustifi cato motivo oggettivo, 14 aprile 1982, n. 2246, id., Rep. 1982, voce cit., n. 820; n. 2500 del 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1980; n. 2697 del 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1946).

Sulla base di tali erronee considerazioni, il tribunale ha con

diviso la decisione del pretore che — pur dando atto di un con

trasto esistente tra il Giannini ed i massimi livelli della società

e della volontà del dirigente, più volte espressa per iscritto e

verbalmente, di presentare le dimissioni a seguito del cambio

degli azionisti di riferimento e delle incomprensioni verificatesi

con la nuova casa madre — ha qualificato come una illegittima

integrazione della motivazione del recesso le circostanze dedotte

nei capitoli di prova della memoria di costituzione della società

(si ricorda che nella prima lettera del 12 giugno 1991 era stato

precisato che: «le motivazioni risiedono nella necessità dell'a

zienda di assicurarsi un livello professionale più adeguato, tenu

to anche conto delle esigenze di cambiamento organizzativo che

la costante evoluzione del mercato richiede, rispetto a quella che ella ci ha finora fornito»).

Senza alcuna motivazione, il tribunale ha concluso in propo sito per un «radicale mutamento delle ragioni del recesso», men

tre il primo giudice aveva soltanto accennato ad un'integrazione dei primi motivi contenuti nella lettera del 12 giugno 1991, pe raltro non consentita in base al principio generale di immodifi

cabilità del motivo di recesso.

Rimane pertanto assorbito dall'accoglimento del secondo mo

tivo, il primo motivo di ricorso. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 26 mar

zo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri

(conci, conf.); Mercorella e altri (Aw. Cavallucci) c. Giu

lianini e altro (Avv. Marucchi, De Felici). Conferma App.

Firenze 21 febbraio 1997.

Agricoltura — Prelazione e riscatto — Familiari del confinante — Esclusione (Cod. civ., art. 230 bis; 1. 26 maggio 1965 n.

590, disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice,

art. 8; 1. 14 agosto 1971 n. 817, disposizioni per il rifinanzia

mento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà colti

vatrice, art. 7; 1. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti

agrari, art. 48).

Agricoltura — Prelazione e riscatto — Esercizio della prelazio

ne da parte del confinante — Vendita al prelazionante ed a

terzi — Nullità (Cod. civ., art. 1421).

Il diritto di prelazione e di riscatto di cui all'art. 8 I. 590/65

in favore dei soggetti di cui all'art. 7 /. 817/71, non può esse

re riconosciuto a favore di coloro che coadiuvano l'avente

diritto alla coltivazione del fondo, quali componenti della sua

famiglia, ai sensi dell'art. 48 l. 203/82, anche se sia configu

rabile un'impresa familiare ai sensi dell'art. 230 bis c.c., atte

sa la rilevanza puramente interna di questa e non una rilevan

ti Foro Italiano — 1999.

za esterna nei confronti del proprietario del fondo confinan

te, promittente alienante dello stesso. (1) Ove il fondo oggetto della prelazione agraria venga trasferito

in parte al prelazionante e in parte a terzi con il consenso

dello stesso, va dichiarata la nullità delle vendite per contra

rietà alle norme imperative sulla prelazione. (2)

(1-2) Preliminare di vendita di fondo rustico era stato notificato a coltivatore diretto proprietario confinante che, ricevuta la notifica per l'esercizio della prelazione, aveva manifestato la volontà di avvalersi di tale facoltà. Successivamente, però, il fondo rustico in questione era venduto per un decimo a favore del proprietario confinante e per nove decimi a favore di terzi familiari di esso confinante. I promittenti ac

quirenti, assumendo che era stata compiuta una frode ed una violazio ne delle norme sulla prelazione agraria, chiedevano all'adito tribunale dichiararsi la nullità dei contratti definitivi di vendita e la validità del loro preliminare con il trasferimento del fondo in loro favore.

I terzi che avevano acquistato i nove decimi del fondo eccepivano di avere diritto all'esercizio della prelazione ai sensi dell'art. 48 1. 203/82, quali figlio e nuora del proprietario confinante, in quanto componenti della stessa impresa coltivatrice del medesimo confinante.

L'adito tribunale dichiarava la nullità dell'atto di esercizio della pre lazione da parte del proprietario confinante e dei contratti di vendita

stipulati dal venditore a favore del proprietario confinante e dei suoi

familiari; rigettava la domanda riconvenzionale con la quale il medesi mo proprietario confinante chiedeva di essere dichiarato unico proprie tario del fondo e trasferiva a favore dei promittenti acquirenti la pro prietà del fondo.

La sentenza veniva confermata in appello, affermandosi che la prela zione spettava al proprietario confinante e non già ai suoi familiari,

soggetti estranei per cui era venuta meno la ragione legittima per sacri ficare l'aspettativa dei promittenti acquirenti, e che in ogni caso il pro prietario confinante non aveva pagato il prezzo nel termine previsto dalla legge, per cui era venuto meno il diritto all'esercizio della prelazione.

Con il ricorso per cassazione i ricorrenti deducevano ancora che il diritto di prelazione oltre che al proprietario confinante spettava anche ai suoi familiari, in quanto appartenenti ad un'unica impresa coltivatri

ce, e ciò in relazione all'art. 48 1. 203/82. La sentenza riportata ha confermato l'impugnata sentenza afferman

do che l'art. 48 1. 203/82 ha dato rilevanza esterna alla famiglia coltiva

trice, nell'ambito di un rapporto agrario tra concedente e famiglia stes

sa, ma non uguale rilevanza esterna può essere riconosciuta all'impresa familiare di cui all'art. 230 bis c.c. Infatti, nell'ambito dell'impresa fa miliare di cui all'art. 230 bis c.c., caratterizzato dalla mancanza di un vincolo societario e di un rapporto di lavoro subordinato tra i familiari e la persona del capo dell'impresa, vanno distinti un aspetto interno, costituito dal rapporto associativo del gruppo familiare quanto alla re

golamentazione dei vantaggi economici di ciascun partecipante, ed un

aspetto esterno, nel quale ha rilevanza la figura del familiare imprendi tore, effettivo gestore dell'impresa, che assume in proprio i diritti e le obbligazioni dei rapporti con i terzi (Cass. 27 giugno 1990, n. 6559, Foro it., Rep. 1990, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 67). È stato quindi ribadito che ove non ricorra la fattispecie dell'art. 48 1.

203/82, l'impresa familiare coltivatrice non ha rilevanza esterna (Cass. 14 settembre 1995, n. 9693, id., Rep. 1995, voce Contratti agrari, n.

264), e nel caso all'esame si era in presenza di prelazione del confinante che non si regge sulla relazione giuridica con il promittente alienante

(rapporto agrario relativo al fondo), ma esclusivamente sulla qualità di coltivatore diretto e proprietario confinante.

Esclusa quindi l'applicabilità nella fattispecie dell'art. 48 1. 203/82, si è affermato che il diritto di prelazione ed il succedaneo diritto di riscatto del proprietario confinante non possono essere riconosciuti a

coloro che coadiuvano il titolare degli stessi, quali componenti della sua famiglia, anche se sia configurabile un'impresa coltivatrice ai sensi dell'art. 230 bis c.c., attesa la rilevanza puramente interna di questa e non una rilevanza esterna nei confronti del proprietario confinante,

promittente alienante dello stesso (Cass. 23 febbraio 1988, n. 1911, id.,

Rep. 1988, voce Agricoltura, n. 117; 19 gennaio 1995, n. 594, id., Rep. 1995, voce cit., n. 143).

Pertanto il diritto di prelazione agraria spetta soltanto al proprietario confinante del fondo posto in vendita e non anche a persone diverse

che coltivino il fondo, comunque a lui legate, ed alle quali lo stesso

titolare non è legittimato a trasferire il diritto di prelazione (Cass. 25

giugno 1988, n. 4299, id., Rep. 1988, voce cit., n. 119).

Conseguentemente, la violazione delle norme sulla prelazione e sul

riscatto agrario, avendo carattere di norme di ordine pubblico poste a tutela della collettività, al principale fine di raggiungimento degli sco

pi sociali e di politica agraria ed economica che il legislatore intende

perseguire, comporta la nullità dei contratti per contrarietà a norme

imperative, e tale nullità può essere fatta valere anche dai terzi che

hanno acquistato il diritto al bene in base ad un titolo valido, sottopo sto alla condizione sospensiva della prelazione da parte dell'avente di

ritto (Cass. 13 giugno 1992, n. 7244, id., Rep. 1992, voce cit., n. 127). La sentenza riportata ha anche ritenuto che la corte del merito cor

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1799 PARTE PRIMA 1800

Svolgimento del processo. — Bruno Giuliani e Vasco Bernar

dini convenivano davanti al Tribunale di Montepulciano Pio

Nocciolini, Gennaro Tufo, Antonio Tufo, Grazia Mercorella

e Felicia Peluso (in comunione legale con Gennaro Tufo, coniu

ge) ed assumevano che in data 30 gennaio 1988 avevano stipula to con il Nocciolini un contratto preliminare per l'acquisto di

una tenuta agricola in Torrita di Siena, per il prezzo di lire

quattrocentocinquanta milioni.

Tufo Gennaro, coltivatore diretto, era proprietario di terreni

confinanti con quelli promessi in vendita e, ricevuta la notifica

del preliminare per l'esercizio del diritto di prelazione in data

10 marzo 1988, aveva manifestato la volontà di avvalersi di tale

facoltà. Successivamente, però, il terreno in questione veniva

trasferito con due atti notarili in data 5 giugno 1989 in favore

di Gennaro Tufo per un decimo e per nove decimi in favore

di Antonio Tufo e Grazia Mercorella. Assumevano gli attori

che era stata compiuta una frode ed una violazione delle norme

che regolano la prelazione agraria e, pertanto, chiedevano che

11 tribunale dichiarasse la nullità dei contratti definitivi di vendi ta e la validità del loro preliminare e trasferisse ex art. 2932

c.c. il fondo in questione in loro favore.

I Tufo e la Mercorella, costituitisi in giudizio, assumevano

la carenza di legittimazione attiva degli attori, nonché la caren

za di interesse; l'infondatezza della domanda di annullamento

o di nullità dei contratti, in quanto Antonio Tufo era figlio di Gennaro Tufo e la Mercorella era la nuora e tutti erano com

ponenti della stessa impresa coltivatrice familiare, ai sensi del

l'art. 48 1. 203/82 e 230 bis c.c., per cui essi avevano il diritto

di esercitare la prelazione; l'infondatezza della domanda dei pro mittenti acquirenti per l'impossibilità di contestare la legittimità del rapporto contrattuale a cui il Tufo aveva dato luogo.

II Tribunale di Montepulciano, con sentenza del 12 febbraio

1994, dichiarava la nullità dell'atto di esercizio della prelazione

agraria da parte di Tufo Gennaro in data 10 marzo 1988 e dei

contratti di vendita stipulati da Nocciolini Pio in favore di Gen

naro Tufo, Antonio Tufo e Grazia Mercorella; rigettava la do

manda riconvenzionale di Gennaro Tufo, con cui chiedeva di

essere dichiarato unico proprietario del fondo e trasferiva agli attori il fondo de quo, subordinando il trasferimento al paga mento della somma di lire quattrocentocinquanta milioni. Con

dannava il Nocciolini al pagamento della somma di lire dieci

milioni in favore degli attori. Su appello dei convenuti, la Corte di appello di Firenze riget

tava la domanda di risarcimento del danno proposta nei con

fronti di Pio Nocciolini e confermava nel resto l'impugnata sentenza.

Quanto all'appello dei Tufo e di Mercorella riteneva la corte

che era legittimato all'esercizio della prelazione esclusivamente

Gennaro Tufo e non gli altri suoi familiari; che il diritto di

prelazione era stato, appunto, esercitato da questi, ma che egli, invece di appropriarsi degli effetti traslativi che si erano verifi

cati con l'accettazione della proposta, vi aveva rinunziato, sti

pulando con il venditore un contratto che gli aveva trasferito

solo un decimo del fondo, mentre i restanti nove decimi erano

stati trasferiti a suoi familiari; che tanto aveva comportato l'in

gresso nella proprietà di due soggetti estranei, per cui era venu

ta meno la ragione legittima per sacrificare l'aspettativa dei pro mittenti acquirenti, che può essere sacrificata alla sola condizio

ne prevista dal legislatore che la prelazione venga esercitata con

le modalità e nei termini previsti dalla norma, per cui ciò inci

deva sulla causa del contratto, determinandone l'illegittimità. In ogni caso riteneva la corte di merito che, non avendo il

rettamente aveva affermato la nullità dell'atto di esercizio della prela zione e dei successivi atti di vendita, finalizzati al trasferimento del fon do in gran parte a soggetti terzi rispetto al titolare della prelazione, e quindi ad eludere norme imperative.

La sentenza riportata ha seguito l'orientamento della dottrina, secon do cui non potendosi ritenere che la nozione di impresa familiare di cui all'art. 48 1. 203/82 possa essere estesa tout court all'impresa del

proprietario coltivatore diretto, il raccordo tra disciplina dell'impresa familiare e disciplina della prelazione sembra configurabile soltanto con la prelazione dell'affittuario coltivatore diretto, del mezzadro, del colo no in quanto insediati sul fondo, e non con la prelazione del proprieta rio coltivatore diretto confinante (Romagnoli, Il diritto di prelazione dopo la l. n. 203 del 1982 con particolare riferimento all'art. 48, in Nuovo dir. agr., 1985, 531).

Il Foro Italiano — 1999.

Tufo Gennaro pagato il prezzo nel termine previsto dalla legge, era travolto il contratto di acquisto conclusosi per effetto del

l'accettazione della proposta contrattuale, realizzata dalla ma

nifestazione di volontà di voler esercitare la prelazione. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazio

ne Gennaro Tufo, Antonio Tufo, Grazia Mercorella e gli eredi

di Felicia Peluso. Resistono con controricorso Giuliani Bruno e Bernardini

Vasco.

Motivi della decisione. — 1.1. - Con il primo motivo di ricor

so i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione di

norme di diritto (art. 8 1. 590/65, integrata dalla 1. 871/71, in

relazione all'art. 48 1. 203/82). Assumono i ricorrenti che nella fattispecie, oltre a Gennaro

Tufo, avevano diritto di esercitare la prelazione anche il figlio Antonio Tufo e la nuora Grazia Mercorella, in quanto tutti

appartenenti ad un'unica impresa familiare coltivatrice e ciò in

relazione all'art. 48 1. 203/82 ed all'art. 230 bis c.c. Sussisten

do, quindi, un'impresa familiare coltivatrice, per effetto del ci

tato art. 48, tutti i partecipanti avevano il diritto di esercitare

la prelazione nell'acquisto di fondi rustici e la denuntiatio della

proposta di alienazione, effettuata (a norma dell'art. 8 1. 590/65

nei confronti di Gennaro Tufo, produceva effetti anche nei con

fronti di Antonio Tufo e Grazia Mercorella, essendo applicabile

all'impresa familiare la disciplina della società semplice, onde

ciascun componente ha la rappresentanza della società. Pertan

to tutti gli atti compiuti da Gennaro Tufo, compreso l'esercizio

del diritto di prelazione, producevano effetti nei confronti di

tutti i componenti della famiglia coltivatrice, che quindi poteva no giovarsi di detta accettazione.

Se, invece, non si voleva attribuire soggettività giuridica alla

famiglia coltivatrice, Antonio Tufo e Grazia Mercorella, quali

componenti della famiglia coltivatrice confinante, avevano di

ritto ad esercitare la prelazione autonomamente, per cui non

poteva dichiararsi la nullità degli atti di acquisto, in quanto con essi risultava esercitato il predetto diritto.

I ricorrenti contestano che nella fattispecie mancasse la prova dell'esistenza di detta famiglia coltivatrice, risultando ciò dagli

atti, ed in ogni caso, sul punto avevano dedotto prova testimo

niale non ammessa.

1.2. - Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano

la violazione e falsa applicazione di legge, nonché l'omessa, in

sufficiente e contraddittoria motivazione, assumendo che non

poteva essere dichiarata la nullità dei loro contratti, perché la

normativa sul diritto di prelazione è solo a tutela del proprieta rio coltivatore confinante e non del terzo promissario, con la

conseguenza che questi, in caso di violazione della legge con

vendita a soggetto non legittimato ad esercitare la prelazione,

può solo esercitare un'azione di risarcimento del danno nei con

fronti del promissario alienante.

2. - I suddetti motivi, stante la stretta connessione, vanno

trattati congiuntamente; essi sono infondati e vanno rigettati. Va, anzitutto rilevato che è punto pacifico, emergente sia dalla

sentenza impugnata che dallo stesso ricorso, che Gennaro Tufo

era proprietario coltivatore diretto di terreno confinante con quel lo posto in vendita e non affittuario, colono o compartecipante o mezzadro di quest'ultimo fondo.

Sotto il profilo soggettivo, quindi, si versa non nell'ipotesi di prelazione di cui all'art. 8 1. 26 maggio 1965 n. 590, bensì

in quella di cui all'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 14 agosto 1971

n. 817.

Con questa seconda norma l'istituto della prelazione agraria,

già previsto dall'art. 8 1. 590/65, è stato esteso ad altri soggetti

(appunto il coltivatore diretto proprietario del fondo confinante

a quello posto in vendita), individuati non più sulla base di una relazione giuridica con il promittente alienante (rapporto

agrario relativo al fondo), ma esclusivamente sulla base della

qualità di coltivatore diretto e proprietario di fondo confinante.

Ciò comporta, anzitutto, che non possa nella fattispecie, in

vocarsi la disciplina di cui all'art. 48 1. n. 203 del 1982, relativa

all'impresa familiare coltivatrice.

Infatti, indipendentemente dal punto se detto art. 48 si appli chi anche ai rapporti costituiti anteriormente all'entrata in vigo re della 1. 203/82 (come pure è escluso da Cass. 13 febbraio

1997, n. 1331, Foro it., Rep. 1997, voce Agricoltura, n. 94), va rilevato che la disciplina dell'impresa familiare coltivatrice, stabilita dall'art. 48 1. 203/82, come previsto dal 1° comma,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

si riferisce esclusivamente, sotto il profilo oggettivo, ai rapporti di colonia parziaria, di affitto ed in generale ad ogni rapporto

agrario intercorrente tra il concedente del fondo e la famiglia coltivatrice.

Per effetto di detta norma si è data rilevanza esterna all'im

presa familiare, ma pur sempre nell'ambito dei richiamati rap porti agrari, per cui la titolarità del rapporto va riconosciuta

in capo all'intera famiglia coltivatrice, indipendentemente da ogni manifestazione di volontà originariamente espressa dai suoi com

ponenti ed anche quando il contratto sia stato concluso da un

solo soggetto in nome proprio. Ne consegue che lì dove è applicabile detta norma, e cioè

nei casi in cui sussiste un rapporto agrario tra concedente e

famiglia coltivatrice, ciascun componente, nel caso in cui non

vi è stata la nomina di un rappresentante della famiglia coltiva

trice, può agire per l'esercizio della prelazione agraria dei fondi

rustici.

Senonché, poiché nella fattispecie, il diritto di prelazione eser

citato da Gennaro Tufo, non trovava il suo presupposto nel

rapporto agrario relativo al fondo ed intercorrente con il pro mittente alienante, ma nel fatto di essere proprietario-coltivatore del fondo confinante, non può essere invocata la disciplina di

cui all'art. 48 cit., per l'assorbente ragione che manca un qua

lunque rapporto agrario tra il promittente alienante ed il prela zionante.

3.1. - Ribadito, quindi, che solo l'art. 48 1. 203/82 ha dato

rilevanza esterna alla famiglia coltivatrice, nell'ambito di un rap

porto agrario tra concedente del fondo e famiglia stessa, eguale rilevanza esterna non può essere riconosciuta per la prevalente dottrina e giurisprudenza all'impresa familiare di cui all'art. 230

bis c.c. (pure richiamato dai ricorrenti). Infatti nell'ambito dell'impresa familiare di cui all'art. 230

bis c.c., caratterizzato dalla mancanza di un vincolo societario

e di un rapporto di lavoro subordinato tra i familiari e la perso na del capo dell'impresa (riconosciuto come tale dai partecipan

ti), vanno distinti un aspetto interno, costituito dal rapporto associativo del gruppo familiare quanto alla regolamentazione dei vantaggi economici di ciascun partecipante, ed un aspetto

esterno, nel quale ha rilevanza la figura del familiare imprendi

tore, effettivo gestore dell'impresa, che assume in proprio i di

ritti e le obbligazioni nascenti dai rapporti con i terzi (Cass. 27 giugno 1990, n. 6559, id., Rep. 1990, voce Famiglia (regime

patrimoniale), n. 67). Ne consegue, che, ove non ricorra la fattispecie di cui all'art.

48 1. 203/82, l'impresa familiare coltivatrice non ha rilevanza

esterna (Cass. 14 settembre 1995, n. 9693, id., Rep. 1995, voce

Contratti agrari, n. 264). 3.2. - Esclusa quindi l'applicabilità nella fattispecie dell'art.

48 1. 203/82, i diritti di prelazione e riscatto agrario, ai sensi

dell'art. 8 1. 590/65 in favore dei soggetti di cui all'art. 7, 2°

comma, n. 2, 1. 817/71, stante la tassativa indicazione contenu

ta in dette norme, non possono essere riconosciuti a coloro che

coadiuvano il soggetto titolare degli stessi nella coltivazione del

fondo che dà diritto alla prelazione (fondo confinante, di cui

il prelazionante è proprietario), quali componenti della sua fa

miglia, anche se sia configurabile un'impresa familiare ai sensi

dell'art. 230 bis c.c., attesa la rilevanza puramente interna di

questa e non una rilevanza esterna nei confronti del proprieta rio del fondo confinante, promittente alienante dello stesso (Cass. 23 febbraio 1988, n. 1911, id., Rep. 1988, voce Agricoltura, n. 117; 19 gennaio 1995, n. 594, id., Rep. 1995, voce cit., n. 143).

Nella fattispecie, quindi, l'unico soggetto titolare del diritto

di prelazione relativamente al fondo in questione era Gennaro

Tufo, e non i propri familiari Antonio Tufo e Grazia Mercorel

la, anche se, in ipotesi, fosse sussistente un'impresa familiare

coltivatrice.

Pertanto la denuntiatio effettuata dai proprietari promittenti alienanti del fondo in questione esattamente fu effettuata solo

nei confronti del Tufo Gennaro e l'esercizio del diritto di prela

zione, da questi effettuato, era relativo solo alla sua persona e non anche agli altri componenti dell'eventuale impresa fami

liare coltivatrice.

4. - Il diritto di prelazione agraria, nelle ipotesi soggettive

previste dall'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 817/71, spetta, quindi solo al coltivatore proprietario del fondo confinante con quello

posto in vendita e non anche a persone diverse che coltivino

il fondo, comunque a lui legate, ed alle quali lo stesso titolare

Il Foro Italiano — 1999.

non è legittimato a trasferire il diritto di prelazione (Cass. 25

giugno 1988, n. 4299, id., Rep. 1988, voce cit., n. 119).

Questi altri soggetti, rispetto all'istituto della prelazione pre visto dalla norma, sono terzi.

È giurisprudenza pacifica di questa corte che in tema di pre lazione agraria, il relativo potere del coltivatore prelazionante è subordinato all'interesse del medesimo di consolidare, nella

propria persona, impresa agricola e proprietà dell'intero fondo

(nell'ipotesi dei soggetti di cui all'art. 8 1. 590/65) ovvero di

aumentare le dimensioni dell'impresa agricola insistente già su

fondo di proprietà (ipotesi di cui all'art. 7, 2° comma, n. 2, 1. 817/71), in relazione alla funzione sociale, e, quindi, alla pro mozione della proprietà coltivatrice.

Pertanto nell'ipotesi in cui il bene in questione (in tutto o in parte) venga trasferito ad un terzo, o per effetto di immedia

ta rivendita, ovvero perché successivamente all'esercizio del di ritto di prelazione, l'atto notarile di vendita sia effettuato, con il consenso del prelazionante, direttamente dal proprietario alie nante al terzo, la mancanza del suddetto specifico interesse, pri

vilegiato dal legislatore, comporta la nullità del contratto di ac

quisto. Infatti le norme sulla prelazione e sul riscatto agrario, con

trariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, hanno carattere

di norme di ordine pubblico e sono perciò poste a tutela della

collettività, al principale fine del raggiungimento degli scopi so

ciali e di politica agraria ed economica che il legislatore ha inte

so perseguire. La violazione di dette norme, come nel caso di

predisposizione di più atti, all'esito dei quali, il terreno prela zionato finisca, in tutto o in parte in proprietà di soggetto non

titolare del diritto di prelazione o dal quale era decaduto, com

porta la nullità dei contratti per contrarietà a norme imperati ve, e tale nullità può essere fatta valere, secondo la regola gene rale dell'art. 1421 c.c. da chiunque vi abbia interesse e può esse

re rilevata anche d'ufficio dal giudice; tra gli interessati a far

valere detta nullità sono compresi i terzi che hanno acquistato il diritto al bene in base ad un titolo valido, sottoposto alla

condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione da

parte dell'avente diritto (Cass. 13 giugno 1992, n. 7244, id.,

Rep. 1992, voce cit., n. 127). Detta nullità investe tutti gli atti tra loro collegati e quindi

sia l'atto di esercizio della prelazione da parte del titolare della

stessa, sia l'atto con cui, invece, il bene è trasferito (in tutto

o in parte) al soggetto terzo non titolare del predetto diritto, in quanto atti collegati al raggiungimento dello stesso scopo di

frodare la legge sul diritto di prelazione (Cass. 10 novembre

1994, n. 9402, id., Rep. 1994, voce cit., n. 108). Peraltro detto accordo fraudolento fra il titolare del relativo

diritto di prelazione ed il terzo in ordine alla rivendita del fon

do assume rilevanza quale causa di nullità dei negozi di acqui sto e di rivendita, anche quando non precede l'esercizio della

prelazione, ma interviene successivamente, in pendenza del ter

mine di pagamento del prezzo al quale è condizionato il perfe zionamento dell'acquisto (Cass. 6 novembre 1991, n. 11832, id.,

Rep. 1991, voce cit., n. 194). 5.1. - Ne consegue che nella fattispecie è ininfluente stabilire

se gli atti di acquisto della proprietà da parte dei ricorrenti (i due atti notarili del 5 maggio 1989) costituiscano implicitamente anche una rinunzia agli effetti traslativi conseguenti all'esercizio

del diritto di prelazione effettuato dal Tufo il 10 marzo 1988, con conseguente nullità della causa dei due contratti notarili, ovvero siano conseguenza del fatto che, non avendo Gennaro

Tufo corrisposto il prezzo dovuto per l'intero compendio ed

indicato nell'atto notificatogli, alla data dei contratti notarili, il suo precedente titolo di acquisto si era ipso iure risolto (tesi ambedue proposte dalla sentenza impugnata).

5.2. - Infatti correttamente è stata affermata la nullità del

l'atto di esercizio della prelazione da parte del Tufo Gennaro

e dei successivi due atti notarili, avendo il giudice di merito

ritenuto che essi erano funzionalizzati al trasferimento del terre

no in gran parte a soggetti terzi rispetto al titolare del diritto

di prelazione e quindi finalizzati ad eludere norme imperative. L'insieme dei negozi funzionalmente collegati (c.d. procedi

mento indiretto) risulta quindi predisposto ed attuato al fine

di eludere l'applicazione delle norme imperative che impongono che l'esercizio del diritto di prelazione agraria avvenga solo da

parte dei soggetti cui la legge riconosce tale diritto.

6. - Infondata è anche la doglianza dei ricorrenti secondo

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Page 5: sezione III civile; sentenza 26 marzo 1999, n. 2896; Pres. Bile, Est. Segreto, P.M. Palmieri (concl. conf.); Mercorella e altri (Avv. Cavallucci) c. Giulianini e altro (Avv. Marucchi,

1803 PARTE PRIMA 1804

cui mai avrebbe potuto disporsi il trasferimento del fondo agli

attori, ma solo la condanna del promittente alienante al risarci

mento dei danni in loro favore per aver venduto il bene a terzi.

Infatti il preliminare di acquisto stipulato tra Bruno Giuliani

ni e Vasco Bernardini da una parte ed il Nocciolini dall'altra

era sottoposto alla condizione sospensiva che non intervenisse

nei termini di legge un valido esercizio del diritto di prelazione

da parte dei soggetti legittimati. La dichiarazione di nullità di detto esercizio di prelazione da

parte del Gennaro Tufo e la dichiarazione di nullità dei contrat

ti di vendita stipulati tra Pio Nocciolini, Gennaro Tufo e Gra

zia Mercorella, comporta che produca i suoi effetti il contratto

preliminare predetto, per mancato avveramento della condizione.

Infatti nel caso in cui, a seguito della dichiarazione giudiziale

della nullità del trasferimento di un fondo a favore del soggetto

titolare del diritto di prelazione agraria e del successivo trasferi

mento da parte di quest'ultimo in favore di un terzo (perché

detti atti sono elusivi delle finalità pubbliche poste alla base

dell'istituto di cui all'art. 8 1. 590/69), il contratto preliminare

stipulato tra il proprietario del fondo ed un terzo ed oggetto della denuntiatio al prelazionante, già sottoposto alla condizio

ne sospensiva del mancato valido esercizio di prelazione produ ce tutti i suoi effetti, in quanto la prelazione esercitata era nul

la. Ne consegue che il promittente acquirente ben può proporre

azione per l'esecuzione specifica di concludere il contratto a nor

ma dell'art. 2932 c.c. (Cass. 7 maggio 1992, n. 5443, id., Rep.

1992, voce cit., n. 144; 11 febbraio 1981, n. 848, id., Rep. 1981,

voce cit., n. 280). 7. - Il rigetto delle censure avverso la prima autonoma moti

vazione su cui si fonda la sentenza impugnata (nullità della pre lazione esercitata da Gennaro Tufo e dei successivi atti notarili,

perché in contrasto con le norme imperative della prelazione

agraria) comporta l'assorbimento del terzo motivo di ricorso,

con cui si censura la seconda autonoma ragione, su cui si fonda

la sentenza (decadenza dalla prelazione da parte di Gennaro

Tufo, per mancato pagamento del prezzo nei termini). 8. - Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la

violazione e falsa applicazione dell'art. 2932 c.c. in relazione

all'art. 2652, n. 2, c.c. Assumono i ricorrenti che non poteva esercitarsi l'azione di cui all'art. 2932 c.c. da parte dei promit tenti acquirenti, poiché l'esecuzione non era possibile per effet

to della già avvenuta trascrizione degli atti di vendita in favore

di essi attori e che, in ogni caso non avevano essi promittenti

acquirenti depositato o versato alcuna somma.

9. - Il motivo è infondato e va rigettato.

È, infatti, vero che, ai fini dell'accoglimento della domanda

di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto

è necessario che il promittente abbia conservato la proprietà e la disponibilità del bene oggetto del contratto preliminare con

la conseguenza che tale disponibilità viene meno, con conse

guente preclusione dell'azione ex art. 2932 c.c., nel caso in cui

il promittente proprietario abbia anteriormente alla data della

detta domanda alienato a terzi il bene promesso, senza che pos sa in tal caso spiegare rilevanza in contrario l'art. 2652, n. 2,

c.c., in quanto la norma può trovare applicazione quando si

tratta di risolvere un conflitto tra più acquirenti dello stesso

bene e non quando si controverta tra il promittente ed il pro missario (Cass. 8 maggio 1991, n. 5119, id., 1991, I, 3373).

Senonché il principio va coordinato con quello della possibili tà di pluralità di domande (art. 10, 2° comma, c.p.c.) e, quindi, di concorso di azioni nello stesso processo.

Pertanto nello stesso giudizio il promittente acquirente può, se ne ricorrano le condizioni, chiedere che venga dichiarata la

nullità del contratto con cui il promittente alienante ha trasferi

to ad un terzo il bene oggetto del preliminare, con trascrizione

precedente a quella della domanda di cui all'art. 2932 c.c., egual mente proposta, per cui nel caso che detta nullità venga pro

nunciata, anche se nello stesso procedimento, viene meno il fat

to (l'altruità del bene) che in precedenza impediva la sentenza

traslativa.

10. - Infondato è anche il rilievo che la domanda di esecuzio

ne dell'obbligo di contrarre non potrebbe essere accolta, poiché

gli attori non avrebbero offerto il pagamento della somma.

Infatti il promittente compratore, che proponga l'azione ex

art. 2932 c.c. per l'esecuzione specifica dell'obbligo di conclu

dere un contratto avente ad oggetto il trasferimento della pro

prietà di una cosa determinata, ai fini dell'accoglimento della

Il Foro Italiano — 1999.

domanda è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a

fare offerta della stessa nei modi di legge solo se tale prestazio ne (il pagamento del prezzo) sia esigibile al momento della do

manda giudiziale; non è invece tenuto a pagare o ad offrire

il prezzo, quando il pagamento di questo (o della parte residua

di esso), per accordo delle parti debba essere effettuato al mo

mento della stipulazione del contratto definitivo, promesso ma

non concluso, o addirittura dopo la stipulazione dello stesso;

in questa ipotesi la sentenza costitutiva, che ex art. 2932 c.c.

tiene luogo del contratto definitivo, non concluso, imporrà con

le opportune statuizioni, il pagamento del prezzo (o della parte

residua) come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo

derivante dalla domanda (Cass. 30 gennaio 1995, n. 1077, id.,

Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 395). In questi termini correttamente ha deciso la sentenza im

pugnata. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 mar

zo 1999, n. 2793; Pres. Bile, Est. Manzo, P.M. Frazzini

(conci, conf.); Andreoni Baschirotto (Avv. Radius, Casara

no, Consalvo) c. Usi 58 Cernusco sul Naviglio (Avv. Ser

ra). Conferma App. Milano 31 maggio 1996.

Professioni intellettuali — Responsabilità del medico — Inter

ruzione della gravidanza — Malformazioni del feto — Omes

sa informazione — Danni derivanti dalla nascita di un figlio — Nesso di causalità (Cod. civ., art. 1223, 2236; 1. 22 maggio 1978 n. 194, norme per la tutela sociale della maternità e sul

l'interruzione volontaria della gravidanza, art. 1, 6, 7).

Ai fini della dimostrazione del nesso di causalità tra il compor tamento dei sanitari, che non abbiano adempiuto all'obbligo di informare la gestante circa le possibili malformazioni del

nascituro, e i danni lamentati dalla madre in conseguenza della

nascita di un figlio affetto da sindrome di Down, occorre

provare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per

procedere all'interruzione della gravidanza. (1)

II

TRIBUNALE DI PERUGIA; sentenza 7 settembre 1998; Pres.

Orlando, Est. Cossu; Mechelli e altro (Aw. Moscatelli, De Giorgis, Carosi Martinozzi) c. Giornelli (Aw. Palumbo).

Professioni intellettuali — Responsabilità del medico — Inter

ruzione della gravidanza — Malformazioni del feto — Omes

sa informazione — Danni risarcibili (Cost., art. 13, 32; cod.

civ., art. 2236; 1. 22 maggio 1978 n. 194, art. 14).

Il medico, che abbia omesso di informare la gestante circa le

possibili malformazioni del feto, è tenuto a risarcire il danno

biologico patito dai genitori di un figlio portatore di handi

cap, per essere stati privati, nella fase precedente alla nascita, della possibilità di un graduale adattamento alla situazione. (2)

(1-2) I due provvedimenti supra riprodotti arricchiscono, offrendo nuovi spunti di riflessione, l'ampio ed animato dibattito concernente la risarcibilità del c.d. danno da nascita indesiderata. Peraltro, sotto

questa espressione semplificante, idonea a raggruppare tutte le ipotesi in cui i genitori lamentano un pregiudizio in conseguenza della nascita di un figlio, è dato individuare una serie di fattispecie distinte, che pre sentano caratteristiche autonome. La pretesa risarcitoria può fondarsi, infatti, su una nascita che si è verificata successivamente a (e nonostan

te) un intervento medico, evidentemente mal riuscito, volto alla steriliz zazione di uno dei potenziali genitori ovvero all'interruzione di una gra

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