sezione III civile; sentenza 27 marzo 1987, n. 2984; Pres. Scribano, Est. Iannotta, P.M. Minetti(concl. conf.); Iacomelli (Avv. Marucchi, Baldini, Nencini) c. Dal Pino (Avv. Du Bessé, Frezza).Cassa Trib. Lucca 16 dicembre 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 3299/3300-3301/3302Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179489 .
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3299 PARTE PRIMA 3300
sulla stessa area, atteso che in tale ipotesi si è di fronte ad unità
immobiliari distinte, con diritto per ognuna di esse ad un proprio e distinto trattamento tributario (v. in termini Cass. 30 marzo
1983, n. 2298, id., 1983, I, 1248). E nella specie è indiscusso accertamento di fatto che le diffor
mità alla licenza data riguardavano le soffitte al settimo piano, trasformate in vani abitabili, ossia attenevano pur sempre all'uni
co immobile.
Il ricorso, pertanto, va respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 27 marzo
1987, n. 2984; Pres. Scribano, Est. Iannotta, P.M. Minetti
(conci, conf.); Iacomelli (Avv. Marucchi, Baldini, Nencini) c. Dal Pino (Avv. Du Bessé, Frezza). Cassa Trib. Lucca 16
dicembre 1981.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad albergo, pen sione o locanda — Recesso del locatore — Esercizio in proprio dell'attività alberghiera — Nulla-osta amministrativo — Neces
sità — Esclusione (L. 2 marzo 1963 n. 191, proroga delle loca
zioni di immobili adibiti ad uso di albergo, pensione, locanda
e del vincolo alberghiero, art. 6; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disci
plina delle locazioni di immobili urbani, art. 29, 73, 84).
Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività alberghiera, la facoltà di recesso del locatore per esercitare nell'immobile
la medesima attività del conduttore non è subordinata all'ac
certamento del requisito della capacità professionale da docu
mentare con il nulla-osta dell'autorità amministrativa preposta al settore alberghiero, previsto da! non più vigente art. 6 I.
n. 191/63. (1)
Motivi della decisione. — La ricorrente censura la sentenza im
pugnata per avere ritenuto necessario ai fini del recesso dalla lo
cazione di immobile destinato ad albergo, pensione o locanda, il nulla-osta amministrativo previsto dall'art. 6 1. n. 191/63 rela
tivo alla capacità professionale del soggetto che intende svolgere nell'immobile la medesima attività del conduttore.
Lamentando la violazione e falsa applicazione di principi di
diritto, la ricorrente afferma: a) che la legge 392/78 ha disciplina to in modo compiuto ed autonomo la materia delle locazioni (an che di quelle sorte anteriormente ed ancora in corso), per cui
le precedenti disposizioni possono trovare applicazione ex art. 84
di detta legge solo se le nuove non dispongono diversamente; b) che in concreto per le locazioni di alberghi e pensioni l'art. 29
della legge sull'equo canone (392/78) ha richiamato soltanto l'art.
5 e non anche l'art. 6 1. 191/63; c) che, avendo il citato art.
29 attribuito la facoltà di recesso anche nell'ipotesi in cui il loca tore intenda far gestire l'azienda alberghiera dalla moglie o da
parenti in linea retta entro il secondo grado, l'applicazione del
suddetto art. 6 1. 191/63 comporterebbe l'anomalia della necessi tà del nulla-osta per il solo locatore e non anche per il figlio, per il coniuge o per il nipote in linea retta.
Nel resistere con controricorso, Dal Pino Sauro eccepisce, da un lato, l'inammissibilità del ricorso per mancata indicazione del le norme che sarebbero state violate dai giudici di appello, e ri
Ci) La sentenza cassata, riassunta in Foro it., Rep. 1983, voce Locazio ne, n. 849, leggesi in Dir. e giur., 1982, 951, con nota di D. Cupido.
In senso conforme alla pronunzia in epigrafe, v. Cass. 13 dicembre 1984, n. 6535, Foro it., 1985, I, 1751, con nota di richiami (riportata anche in Giust. civ., 1985, I, 2313, con nota di G. Grasselli, e in Giur. it., 1985, I, 1, 1236, con nota di M. Comenale Pinto). Cass. n. 2984/87 integra, peraltro, le argomentazioni su cui si fonda il principio già prece dentemente affermato, in particolare per quanto attiene al problema della attuale vigenza (indipendentemente dal mancato richiamo ad esso da par te dell'art. 29, cpv., 1. n. 392/78) dell'art. 6 1. n. 191/63, osservando in proposito come la soluzione negativa discende non solo dal fatto che la 1. n. 392 ha compiutamente disciplinato in modo nuovo la materia del recesso del locatore nelle locazioni non abitative (ex art. 15 preleggi), ma altresì dalla intervenuta «scadenza» delle leggi vincolistiche, alla cui
operatività la norma in questione era strettamente legata. In relazione a questa problematica, v., da ultimo, con specifico riferimento all'art. 3, n. 2, 1. n. 253/50 (decadenza dalla proroga della locazione del condut tore che abbia cessato di svolgere nell'immobile l'attività cui esso serviva), Cass. 22 luglio 1987, n. 6408, Foro it., 1987, I, 3013, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1987.
propone, dall'altro, la tesi (non accolta dal tribunale) del richia
mo implicito dell'art. 6 1. 191/63 da parte dell'art. 29 1. 392/78.
L'eccezione pregiudiziale è priva di fondamento. (Omissis) Passando al merito, va anzitutto ricordato che al quesito di
fondo sulla necessità o meno del nulla-osta amministrativo ai fini
del suddetto recesso dalla locazione alberghiera, questa corte ha
già dato risposta negativa affermando che in detta locazione la
facoltà di recesso del locatore per esercitare nell'immobile locato
la medesima attività del conduttore non è subordinata all'accer
tamento del requisito della capacità professionale da documenta
re con il nulla-osta della autorità amministrativa preposta al settore
alberghiero, attesi il contenuto ed i limiti della disciplina dettata
dall'art. 29 1. 392/78 (Cass. 13 dicembre 1984, n. 6535, Foro
it., 1985, I, 1751). Siffatto orientamento merita conferma. Ribadendo ed integrando
le argomentazioni della citata sentenza, va osservato che l'art.
29 1. 392/78 (che per espresso disposto dell'art. 73 della stessa
legge regola anche l'ipotesi di recesso per necessità dal contratto
di locazione alberghiera in regime transitorio) impone l'osservan
za dell'art. 5 1. 191/63, modificato dall'art. 4 bis 1. 628/67, e
non anche dell'art. 6 della medesima legge del 1963 relativo al
nulla-osta.
Il riferimento all'art. 5 è cosi chiaro ed esclusivo da eliminare
ogni implicito richiamo di altre disposizioni. Né giova rilevare
che nell'art. 4 bis 1. 628/67 è fatta menzione anche del citato art. 6.
In effetti l'art. 4 bis considera in distinti commi (3° e 4°) le
disposizioni degli art. 5 e 6 1. 191/63 e stabilisce, da un canto, che le prime si applicano solo nel caso di locatore persona fisica
e, dall'altro, che la capacità professionale di cui all'art. 6 deve
essere accertata con riguardo alla precedente attività del locatore
o del figlio che deve gestire l'azienda alberghiera. Ma non l'intero art. 4 bis è richiamato dall'art. 29 1. 392/78:
il richiamo è limitato alla parte che modifica l'art. 5 della legge del 1963, per cui resta esclusa la parte innovativa dell'art. 6 e
quindi quest'ultima disposizione, che non è in alcun modo citata
negli art. 29 e 73 della legge sull'equo canone.
Così coordinato e circoscritto il riferimento all'art. 4 bis, non
è neppure possibile considerare inutile l'esplicito richiamo del suin
dicato art. 5 — sotto il profilo del superamento delle relative
disposizioni per effetto delle norme dettate dall'art. 29 1. 392/78
in tema di preavviso al conduttore e di rispristino del rapporto locativo — e trarre da ciò argomento per sostenere che il riferi
mento a detto art. 5 assume concreto significato solo attraverso
l'implicito richiamo anche dell'art. 6 sull'attestazione della capa cità professionale.
Riservando invero la facoltà di recesso al locatore persona fisi
ca (giusta la modifica apportata dall'art. 4 bis) l'art. 5 risulta
per questa parte concretamente operante ed utile.
D'altro canto non è dato comprendere la ragione per cui il
legislatore, pur intendendo riferirsi all'art. 6, non l'abbia espres samente menzionato, richiamando invece gli art. 5 e 7 1. 191/63
per la cessazione del rapporto locativo dovuta, rispettivamente, a necessità del locatore ed a ricostruzione dell'immobile destinato ad albergo.
Per quanto attiene all'autonoma vigenza dello stesso art. 6,
per compatibilità con la legge sull'equo canone e per l'asserita finalità pubblicistica perseguita (su cui ha particolarmente fatto leva il tribunale), la censura svolta dal ricorrente risulta sostan
zialmente fondata.
La legge sull'equo canone ha dettato una nuova ed organica
disciplina delle locazioni degli immobili urbani destinata a sosti
tuire la precedente, regolando anche i rapporti in corso con speci fiche norme transitorie.
In particolare, per le locazioni non abitative in corso all'entra
ta in vigore della 1. 392/78, ha stabilito (art. 73) che il locatore
può recedere in base ai motivi di cui all'art. 29; ed in quest'ulti ma disposizione ha precisato appunto le ragioni che possono con
sentire il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza (e quindi il recesso) affermando, fra l'altro, che per le locazioni di immobili adibiti all'esercizio di albergo, pensione o locanda, il locatore «può altresì negare la rinnovazione se in tende esercitare personalmente nell'immobile o farvi esercitare dal
coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta la me desima attività del conduttore, osservate le disposizioni di cui al l'art. 5 1. 2 marzo 1963 n. 191, modificato dall'art. 4 bis d.l. 27 giugno 1967 n. 460, convertito, con modificazioni, nella 1. 28 luglio 1967 n. 628».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Alla stregua di siffatta disciplina risulta sufficientemente chia
ro come l'istituto del recesso dalle locazioni in parola sia stato
direttamente e compiutamente regolato attraverso l'indicazione
di tutte le condizioni richieste per l'anticipata cessazione del
rapporto. E proprio la nuova e compiuta regolamentazione della materia
implica l'abrogazione delle precedenti disposizioni ai sensi del
l'art. 15 preleggi. Va peraltro posto in debito risalto che l'art. 6 in questione
regolava, nell'ambito della 1. 191/63, la possibilità di cessazione
della proroga delle locazioni alberghiere che la stessa legge aveva
concesso (art. 1) per un periodo limitato. La proroga di detti
contratti fu poi di volta in volta protratta con successive disposi zioni vincolistiche, ma solo fino alla entrata in vigore della 1.
392/78. Ne consegue che al predetto art. 6 non può attribuirsi
un'autonoma e perdurante vitalità al di là della prevista scadenza
delle leggi vincolistiche alla cui operatività era strettamente legato. Né potrebbe sostenersi che la legge sull'equo canone, attribuendo
ulteriore durata ai contratti in corso, abbia mantenuto in vita,
in relazione ad essi, le vecchie disposizioni sulla cessazione della
proroga. La disciplina transitoria non ha, invero, inteso protrarre inte
gralmente il regime vincolistico, ma si caratterizza per il fatto
di costituire un quid di diverso dalla nuova regolamentazione e
da quella preesistente e di realizzare un graduale passaggio dal
vecchio al nuovo regime. In tale ottica il richiamo fatto dalla 1. 392/78 all'art. 5 (e non
all'art. 6) della 1. 191/63, assume un significato ancor più specifi
co e determinante come precisa scelta del legislatore di applicare, in sede di diretta e compiuta regolamentazione del recesso, sol
tanto alcune delle vecchie condizioni impeditive della proroga.
Le considerazioni che procedono tolgono valore alle argomen
tazioni della sentenza impugnata in tema di finalità pubblicistica
del nulla-osta amministrativo. Tanto più che detta attestazione
risulta dettata non da norme direttamente disciplinanti il turi
smo, ma da una norma regolatrice del rapporto di locazione e
quindi della posizione dei relativi soggetti; d'altro canto, il vinco
lo di destinazione alberghiera, richiamato a sostegno dal tribuna
le, è stato dichiarato illegittimo con sentenza 28 gennaio 1981,
n. 4 della Corte costituzionale (id., 1981, I, 305).
Può aggiungersi che l'applicazione dell'art. 6 non potrebbe as
sicurare in ogni caso la realizzazione della suddetta finalità pub
blicistica, mancando il necessario coordinamento tra le ipotesi di
recesso dalla locazione alberghiera secondo la 1. 392/78 e quelle
di accertamento della capacità professionale secondo la vecchia
normativa.
Il recesso (al pari del diniego di rinnovazione del contratto)
è consentito ove il locatore intenda esercitare personalmente nel
l'immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il
secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore.
L'accertamento della capacità professionale è invece previsto
dagli art. 6 1. n. 191/63 e 4 bis 1. 628/67 solo per il locatore
e per il figlio. Sicché, ove si ritenesse, in contrasto con le conside
razioni svolte innanzi, tuttora applicabile l'art. 6, si perverrebbe
alla conclusione anche illogica di richiedere il controllo della ca
pacità professionale nel caso di esercizio della gestione alberghie
ra da parte dello stesso locatore o del figlio e di escluderlo
nell'ipotesi di espletamento della medesima attività da parte del
coniuge del locatore o degli altri parenti suindicati; non senza
dire che resterebbe privo di detto specifico controllo anche il cam
bio di gestione attuato mediante cessione a terzi, da parte del
conduttore, dell'azienda alberghiera e del contratto di locazione.
Il ricorso merita pertanto accoglimento. Va conseguentemente
cassata l'impugnata sentenza con rinvio della causa ad altro giu
dice — che si ritiene designare nel Tribunale di Pistoia — che
dovrà attenersi al principio suindicato, secondo cui in tema di
locazione alberghiera la facoltà di recesso del locatore per eserci
tare nell'immobile locato la medesima attività del conduttore non
è subordinata all'accertamento del requisito della capacità pro
fessionale previsto dall'art. 6 1. 2 marzo 1963 n. 191.
Il Foro Italiano — 1987.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 3 marzo
1987, n. 2226; Pres. Scribano, Est. Varrone, P. M. Minetti
(conci, conf.); Caia (Avv. Falbo, Assisi) c. Perrelli (Avv. Bi
santis). Conferma Trib. Vibo Valentia 13 settembre 1982.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili urbani — Uso diverso
da quello pattuito — Risoluzione del contratto — Mutamento
di uso non comportante mutamento di regime giuridico della
locazione — Disciplina applicabile (Cod. civ., art. 1453, 1455,
1587; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di im mobili urbani, art. 80).
L'uso diverso da quello contrattualmente stabilito, che legittima il locatore a chiedere la risoluzione del contratto con la specifi ca azione prevista dall'art. 80 I. n. 392/78, non è qualsiasi mu
tamento di destinazione dell'immobile locato, ma soltanto quello che comporti un corrispondente mutamento di regime giuridico del rapporto di locazione, ferma restando, per le altre ipotesi di modifica della destinazione dell'immobile da parte del con
duttore, l'esperibilità della comune azione di risoluzione per
inadempimento ai sensi degli art. 1453 ss. c.c., la quale, mentre
da un lato è svincolata dai ristretti limiti temporali fissati a
pena di decadenza dall'art. 80 cit., dall'altro postula la valuta
zione dell'importanza dell'inadempimento (nella specie, la Cas
sazione, correggendo la motivazione della pronunzia del giudice
dell'appello, ha ritenuto applicabile l'azione di risoluzione or
dinaria ex art. 1453 c.c. nel caso di mutamento d'uso dell'im
mobile locato da negozio di parrucchiere a boutique, in quanto
operante all'interno della tipologia prevista dall'art. 27 I. n.
392/78 e non comportante alcun mutamento di regime giuridi
co del rapporto di locazione). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 26 settembre 1981
Perrelli Teresa, premesso di essere proprietaria del locale sito a
via Ercole n. 6 in Tropea, concesso in locazione a Caia Marianna
ad uso parrucchiera per signora e vendita di articoli cosmetici,
chiedeva al pretore del luogo di dichiarare la risoluzione del con
tratto, con ogni pronuncia conseguenziale, in quanto la condut
trice aveva mutato la destinazione in boutique. Malgrado
l'opposizione della Caia che eccepiva l'insussistenza e/o l'irrile
vanza del mutamento, il pretore, con sentenza del 13 febbraio
1982, accoglieva la domanda, ritenendola fondata sia in base al
l'art. 80 1. n. 392/78 che all'art. 1587 c.c.
Proponeva appello la Caia deducendo che il contratto già pre
vedeva, oltre all'uso artigianale, quello commerciale e che, co
(1) In senso sostanzialmente conforme, sia sull'ambito di applicazione della normativa dell'art. 80 1. n. 392/78 (sotto il duplice profilo della
necessità che si tratti di un mutamento d'uso incidente sulla disciplina
giuridica della locazione e della rilevanza anche di mutamenti non consi
stenti nel passaggio dall'uso abitativo a quello non abitativo, e viceversa,
aspetto sul quale pure si sofferma in motivazione la riportata pronunzia), sia sul fatto che la speciale azione di risoluzione prevista dall'articolo
citato è «sganciata dai presupposti richiesti dal codice civile» per la co
mune azione di risoluzione contrattuale per inadempimento, v. Cass. 16
luglio 1986, n. 4600, riportata (insieme a Pret. Monza 7 gennaio 1986), in Foro it., 1987, 1, 111, con osservazioni di D. Piombo. Adde, per ulte
riori aggiornamenti anche con riguardo ai termini di decadenza previsti dall'art. 80 cit. per la proposizione dell'azione di risoluzione, Cass. 24
febbraio 1987, n. 1935, ibid., 2147, con nota di richiami (che riguarda
specificamente il problema della decorrenza di detti termini nell'ipotesi che il mutamento d'uso dell'immobile sia avvenuto anteriormente all'en
trata in vigore della 1. n. 392/78).
Sull'ampiezza del concetto di «mutamento di regime giuridico» (del
rapporto di locazione), peraltro, la sentenza in epigrafe sembra prendere — rispetto a Cass. n. 4600/86 — una posizione più chiara, orientata
in senso estensivo (e cioè per la rilevanza, ai fini dell'art. 80 1. n. 392/78,
di una qualsiasi modifica, sia pure parziale, di disciplina giuridica che
possa conseguire al mutamento d'uso attuato dal conduttore), in quanto
per escludere nella fattispecie l'applicabilità della norma in questione sot
tolinea non solo il carattere interno alla tipologia di cui all'art. 27 1.
cit. del mutamento d'uso verificatosi, ma altresì l'assenza di «alcun mu
tamento di regime giuridico (per quanto attiene a canone, durata, avvia
mento, cessione, prelazione, riscatto, ecc.)». Da ultimo, nel senso della inapplicabilità delle disposizioni dell'art. 80
cit. per l'ipotesi di «non uso» dell'immobile da parte del conduttore,
v. Cass. 22 luglio 1987, n. 6408, ibid., 3013, con nota di richiami. Sia
quest'ultima sentenza, sia le citate Cass., n. 4600/86 e Cass. n. 1935/87
(nonché Corte cost. 9 aprile 1987, n. 116, ibid., 1666, con nota di richia
mi di D. Piombo), sono annotate da N. Izzo, in Giust. civ., 1987, 1, 1032.
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