sezione III civile; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo (concl.conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masuero (Avv. Gullotta, Lazzarini), Federazioneitaliana sport invernali (Avv. Sanino, Principi), Coni. Cassa App. Milano 14 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 6 (GIUGNO 2000), pp. 1827/1828-1833/1834Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194361 .
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1827 PARTE PRIMA 1828
Invece, come affermato dalla giurisprudenza di questa corte,
il dies a quo sarebbe quello stabilito per la costituzione del con
venuto in appello, collocandosi quindi cinque giorni prima del
l'udienza di comparizione indicata nel relativo atto.
Nel caso in esame, essendo stata indicata nell'atto di appello l'udienza del 7 aprile 1994 e scadendo perciò il termine per la
costituzione del convenuto il 2 aprile 1994, da quest'ultima data
si sarebbe dovuto computare l'arco di tempo utile per la rias
sunzione (un anno più quarantasei giorni), il cui termine finale
sarebbe venuto dunque a scadere il 18 maggio 1994. Risultando
notificata la riassunzione il 17 maggio 1994, l'appello sarebbe
stato tempestivo. La censura è fondata.
L'ipotesi della mancata iscrizione a ruolo dell'appello, cui nes
suna delle parti abbia provveduto, rimane estranea alla previ sione dell'art. 348 c.p.c. (nel testo, applicabile alla fattispecie, anteriore alla riforma attuata con 1. 26 novembre 1990 n. 353
e successive modificazioni, in vigore dal 30 aprile 1995, trattan
dosi di giudizio già pendente a tale data: cfr. art. 90 1. cit.,
come modificato, da ultimo, con l'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995
n. 432, convertito in 1. 20 dicembre 1995 n. 534). Il detto art.
348, infatti, presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo
da una delle parti e che l'appellante non comparisca né alla
prima udienza davanti all'istruttore, né a quella successiva cui
la causa deve essere rinviata.
L'ipotesi menzionata, invece, è disciplinata dall'art. 307 c.p.c., cui l'art. 347 rinvia quanto alle forme e ai termini della costitu
zione in appello, e secondo il quale, nel caso di mancata costi
tuzione dell'appellante e dell'appellato nei termini loro rispetti vamente assegnati, il processo deve essere riassunto nel termine
di un anno dalla scadenza di quello stabilito per la costituzione
del convenuto a norma dell'art. 166 c.p.c. (sempre nel testo
in vigore prima dell'entrata in vigore della riforma attuata con
1. n. 353 del 1990), ossia cinque giorni prima dell'udienza di
comparizione, computato nel termine il giorno della costituzio
ne (v. Cass., sez. un., 12 aprile 1966, n. 939, Foro it., 1966,
I, 1449, in motivazione; v. anche Cass. 8 febbraio 1989, n. 778,
id., Rep. 1989, voce Appello civile, n. 45; 8 gennaio 1977, n.
49, id., Rep. 1977, voce cit., n. 146). Alla stregua di tali principi, la corte territoriale ha errato nel
calcolare il termine massimo per la riassunzione a partire dal
2 febbraio 1994, data di notifica dell'atto di appello. Poiché
in questo era stata fissata per la comparizione davanti alla corte
fiorentina l'udienza del 7 aprile 1994, il termine per la costitu
zione dell'appellato veniva a scadere il 2 aprile 1994 e da questa data andava computato l'arco di tempo utile per la riassunzione
(art. 307, 1° comma, c.p.c.), pari ad un anno più quarantasei
giorni, tenuto conto della sospensione per il periodo feriale di
cui alla 1. 7 ottobre 1969 n. 742.
Pertanto il termine per la riassunzione veniva a scadere il 18
maggio 1995, con la conseguenza che il relativo atto, notificato
il 17 maggio 1995, si rivela tempestivo, sicché la preclusione da giudicato, erroneamente ritenuta dalla corte d'appello, non
si era formata.
Ne deriva che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impu
gnata deve essere cassata e la causa va rinviata ad altra sezione
della Corte d'appello di Firenze.
Il Foro Italiano — 2000.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 feb
braio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo
(conci, conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masue
ro (Avv. Gullotta, Lazzarini), Federazione italiana sport invernali (Avv. Sanino, Principi), Coni. Cassa App. Milano
14 febbraio 1997.
Responsabilità civile — Attività pericolosa — Accertamento della
pericolosità — «Quaestio facti» — Ricorso in Cassazione —
Inammissibilità (Cod. civ., art. 2050; cod. proc. civ., art. 360).
Responsabilità civile — Organizzazione di manifestazioni spor tive — Colpa specifica — Esclusione — Colpa generica —
Valutazione (Cod. civ., art. 2043).
Il giudizio sulla pericolosità dell'attività, quando non è ricondu
cibile ad una valutazione del legislatore, è rimesso all'apprez
zamento del giudice di merito, che, se correttamente e logica mente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (in quanto ha ad oggetto una quaestio facti/ (1)
Anche quando sia esclusa la sussistenza di una colpa specifica
degli organizzatori di manifestazioni sportive, concretizzata
dall'inosservanza del regolamento tecnico, va verificata la sus
sistenza della colpa generica degli stessi organizzatori, consi
stente in una condotta caratterizzata da negligenza, impru
denza o imperizia. (2)
(1) Il principio applicato nella sentenza in epigrafe (che sarà riportata in un prossimo fascicolo di Danno e resp., con nota di Di Ciommo) ribadisce l'orientamento giurisprudenziale per cui la valutazione sulla
pericolosità di una certa attività — necessaria ai fini dell'applicazione dell'art. 2050 —, quando non è suggerita da elementi normativi, si so
stanzia in una quaestio facti su cui il giudice di legittimità non può
pronunciarsi. Così, da ultimo, Cass. 29 maggio 1998, n. 5341, Foro
it., Rep. 1998, voce Responsabilità civile, n. 254; 30 agosto 1995, n.
9205, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164, e, in extenso, Giur. it., 1996, I, 1, 466. Considerazioni in qualche modo diverse supportano Cass.
13 novembre 1997, n. 11234, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 204, e, per esteso, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1998, 931, con nota di Mo
retti, e Dir. trasporti, 1998, 743, con nota di Cervelli, nonché 2 di
cembre 1997, n. 12193, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 256, e Danno
e resp., 1998, 567, con nota di Laghezza. Al riguardo, cfr. Cass. 9
aprile 1999, n. 3471, Foro it., Mass., 420, che ha cassato la sentenza
impugnata perché il giudizio inerente alla pericolosità dell'attività si ba
sava «su elementi di fatto [. . .] apoditticamente affermati». Anche nel
caso in rassegna la Cassazione chiarisce che la valutazione del giudice di merito è sempre sindacabile quando manca di esauriente o logica motivazione.
Ad integrazione del principio riassunto in massima, l'odierna pro nuncia afferma che necessita distinguere tra attività in cui il verificarsi dell'evento dannoso è probabile ed attività in cui esso è solo possibile
(così già Cass. 2 dicembre 1997, n. 12193, id., Rep. 1998, voce cit., n. 256), in quanto, in questo secondo caso, le deduzioni attoree, volte
a dimostrare la pericolosità dell'attività, non influiscono sull'applica zione dell'art. 2050 che deve essere negata, bensì costituiscono elementi in base ai quali valutare la colpa dell'organizzatore della manifestazio
ne, ovvero del responsabile dell'attività, ai sensi dell'art. 2043 c.c. (cfr. Cass. 30 agosto 1995, n. 9205, cit., nonché 21 dicembre 1992, n. 13530, id., Rep. 1993, voce cit., n. 122, e, in extenso, Resp. civ., 1993, 821).
Per la generica affermazione della non pericolosità dell'attività scii
stica, e della conseguente applicabilità del regime stabilito dall'art. 2043,
piuttosto che dell'art. 2050, v., da ultimo, Giud. pace Trento 1° agosto 1996, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 174, e, per esteso, Giudice di
pace, 1998, 139; cfr. Pret. Trento-Tione di Trento 16 luglio 1993, Foro
it., 1994, II, 468. In particolare, in tema di responsabilità del gestore di pista da sci, v. App. Torino 5 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce
cit., n. 123, e Riv. giur. circolaz. e trasp., 1998, 500.
(2) Prima dell'odierna sentenza, l'esigenza di valutare, in ambito civi
le, oltre che penale (v. Volpe, 1 concetti di colpa generica e colpa speci fica correlati all'elemento psicologico del reato, in Guida al dir., 1995, fase. 5, 77), la sussistenza della colpa generica (mancanza di prudenza, diligenza, perizia), laddove non ci sia colpa specifica (violazione di nor me di legge e regolamenti, ovvero ordini e discipline prescritti dall'auto
rità), è stata, da ultimo, espressamente ribadita da Cass. 6 aprile 1998, n. 3553, Foro it., Rep. 1998, voce Responsabilità civile, n. 230, e Dan no e resp., 1998, 766, con nota di Di Ciommo, e Resp. civ., 1999, 137, con nota di Pelia. In proposito, v., anche, Cass. 9 ottobre 1997, n.
9815, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 144, e, per un lontano preceden te, 29 agosto 1979, n. 4727, id., Rep. 1981, voce cit., n. 114, e Riv.
infortuni, 1980, II, 107. La colpa generica dell'organizzatore di manifestazioni sportive (che
si atteggia diversamente a seconda che danneggiato sia un atleta, owe
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 30 dicem
bre 1982 Giuseppe Perego e Fulvia Venturini, in proprio e quali esercenti la potestà sulla figlia Francesca Perego, convenivano
davanti al Tribunale di Milano lo Sporting sci club Savona e
la Fisi (Federazione italiana sport invernali), per ottenerne la
condanna al risarcimento dei danni subiti in seguito all'inciden
te occorso alla loro figlia il 9 gennaio 1982, durante una gara sciistica di discesa libera svoltasi in Artesina, deducendo una
responsabilità dei convenuti quali organizzatori della manifesta
zione sportiva, ex art. 2043 e 2050 c.c.
Instauratosi il contraddittorio, era autorizzata dal giudice istrut
tore la chiamata in causa del Coni, e dell'arbitro della gara Felice Masuero, che si costituivano in giudizio.
Il tribunale adito, con la sentenza depositata il 13 maggio
1991, dichiarava «il difetto di legittimazione passiva della Fede
razione italiana sport invernali, quale organo tecnico del Coni», condannava Felice Masuero ed il Coni, in solido, al risarcimen
to del danno (liquidato in complessivi settanta milioni di lire, oltre gli interessi legali) in favore degli attori quali esercenti la
potestà sulla minore Francesca Perego, respingeva le domande
risarcitorie proposte dagli attori in proprio. Sia il Masuero che il Coni proponevano appello. Gli appella
ti, ad eccezione dello Sporting sci club Savona, si costituivano
e resistevano. Gli attori Perego e Venturini proponevano anche
appello incidentale sulla liquidazione dei danni.
La corte d'appello di Milano, con la sentenza depositata il
14 febbraio 1997, riteneva che la legittimazione passiva spettava alla Fisi, che aveva soggettività giuridica ed autonomia in ordi
ne all'organizzazione della singola gara sportiva, e non al Coni;
rilevava, però, che gli attori non avevano proposto, in via su
bordinata all'accoglimento dell'appello del Coni, appello inci
dentale contro il capo della sentenza che aveva escluso la legitti mazione passiva della Fisi; riteneva fondato l'appello del Ma
suero, osservando che gli attori non avevano fornito la prova della pericolosità dell'attività, poiché non si poteva condividere
il giudizio del tribunale secondo cui la pista, la mattina dell'in
cidente, presentava lunghi tratti ghiacciati, né la pericolosità della
pista poteva desumersi dal limitato numero delle concorrenti
arrivate al traguardo o dal fatto che i due apripista erano cadu
ti; la corte, pertanto, concludeva che «la predisposizione della
pista e l'organizzazione della gara non configurarono attività
pericolosa e che gli attori non hanno provato che l'infortunio
occorso alla Perego sia da addebitare alla colpa del giudice ar
bitro Masuero».
Avverso la sentenza della corte d'appello Francesca Perego ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di Felice Ma
suero e della Fisi, precisando di prestare acquiescenza alla di
chiarazione di carenza di legittimazione del Coni (a cui il ricor
so è stato, peraltro, ugualmente notificato) ed al rigetto della
domanda nei confronti dello Sporting sci club Savona (pronun ziato in primo grado e non appellato). Il Masuero e la Fisi han
ro uno spettatore), secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, va sempre valutata alla stregua dei canoni di garanzia e protezione che, nella circostanza concreta e nei limiti delle sue possibilità, egli ha l'ob
bligo di rispettare. L'organizzatore, infatti, per liberarsi da ogni re
sponsabilità deve aver predisposto le normali cautele atte a contenere
il rischio nei limiti confacenti alla singola attività sportiva (così Cass.
20 febbraio 1997, n. 1564, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 214, e, in extenso, Danno e resp., 1997, 455, con nota di De Marzo, e Resp. civ., 1997 , 699, con nota di Frau; cfr., anche, Cass. 6 marzo 1998, n. 2486, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 191, e, in extenso, Arch,
civ., 1998, 919). V., in proposito, la giurisprudenza in tema di gestione di maneggi, ed in particolare Cass. 4 dicembre 1998, n. 12307, Foro
it., 1999, I, 1938, con nota di Di Paola, cui si rinvia anche per ulteriori
riferimenti. Per approfondimenti in tema di responsabilità civile derivante dal
l'organizzazione di manifestazioni sportive, cfr., da ultimo, Di Ciom
mo, Il punto sulla responsabilità civile dell'organizzatore di eventi spor tivi e sui (nuovi) rapporti tra Coni e federazioni alia luce del d.leg.
242/99, in corso di pubblicazione in Danno e resp.-, Id., Pista pericolo sa e astensione dalla corsa di quasi tutti i piloti iscritti: l'omologazione non impedisce l'annullamento della gara, in Riv. dir. sport., 1999, 201;
Beghini, L'illecito civile e penale sportivo, Padova, 1999, 102; Di Nel
la, Il fenomeno sportivo nell'ordinamento giuridico, Napoli, 1999, 339;
Frau, La responsabilità civile sportiva, in Cendon (a cura di), La re
sponsabilità civile, Torino, 1998, X; A. Sclaloja, Responsabilità spor
tiva, voce del Digesto civ., Torino, 1998, XVII, 410.
Il Foro Italiano — 2000.
no proposto autonomi controricorsi. La Perego ha presentato memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Va, innanzitutto, esaminata
l'eccezione, opposta nel controricorso della Fisi, di inammissi
bilità del ricorso contro di essa proposto «per giudicato sostan
ziale». Tale giudicato, secondo la Fisi, si è formato sul capo della sentenza del tribunale che ha dichiarato il suo difetto di
legittimazione passiva, che non è stato impugnato, ancorché in
via incidentale, dagli attori-appellanti Perego.
Collegato all'eccezione di inammissibilità del ricorso nei con fronti della Fisi è l'esame del sesto e settimo motivo del ricorso
della Perego, con cui si censura, per violazione di diverse nor
me processuali e per vizi di motivazione, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che gli attori-appellanti incidentali
avrebbero dovuto proporre appello condizionato (all'accoglimen to dell'appello del Coni) contro la dichiarazione (emessa dal
tribunale) di difetto di legittimazione passiva della Fisi quale organo tecnico del Coni. Tale dichiarazione, secondo la Perego, concerneva la legitimatio ad processum della parte convenuta, e cioè la sua capacità processuale ai sensi dell'art. 75, 3° com
ma, c.p.c. (ravvisata dal tribunale nell'ente Coni, anziché nel
suo organo Fisi); su tale questione, rilevabile anche d'ufficio
in ogni stato e grado del giudizio, gli attori non erano soccom
benti e non avevano perciò un onere di impugnazione della sen
tenza del tribunale; essi, nelle conclusioni del giudizio di appel
lo, mirando ad una reformatio in melius del quantum, avevano
chiesto la condanna del Coni, del Masuero e della Fisi «in via
tra loro alternativa o solidale», onde si è avuta da parte della
corte d'appello un'omissione di pronuncia su tale domanda.
I motivi sesto e settimo del ricorso della Perego sono fondati,
poiché è errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha con
siderato estranea la Fisi al giudizio di appello. Conseguente mente è infondata l'eccezione sollevata dalla stessa Fisi di inam
missibilità del ricorso per cassazione contro di essa proposto. Va premesso che, come si è detto in narrativa, il tribunale,
con la sentenza di primo grado, ha dichiarato il difetto di legit timazione passiva della Federazione italiana sport invernali (Fi
si) «quale organo tecnico del Coni», ritenendo che legittimato
passivo alla domanda di risarcimento del danno fosse l'ente Coni
(che infatti ha condannato), e non il suo organo Fisi. Con tale
pronunzia il tribunale ha risolto una questione di capacità pro cessuale della Fisi e del Coni (ambedue parti presenti in giudi
zio), affermando che tale capacità andava riconosciuta soltanto
alla persona giuridica Coni (art. 75, 3° comma, c.p.c.) e non
anche alla Fisi, considerata dal giudice esclusivamente un orga no di detto ente. La legittimazione passiva della Fisi, negata dal tribunale, è, pertanto, quella qualificata in dottrina come
formale (o legitimatio ad processum), e non quella sostanziale
(collegata al tipo di azione esercitata ed al diritto fatto valere
dall'attore), come risulta chiaramente dal fatto che tale diniego è correlato — nello stesso dispositivo della sentenza del tribuna
le — alla natura della Fisi di organo del Coni. Il tribunale ha,
invece, ritenuto quest'ultimo ente legittimato passivo quale sog
getto giuridico di cui l'organo Fisi è stato considerato parte. II Coni ha proposto appello su tale questione processuale,
chiedendo «in via preliminare di rito» che fosse accertata la
propria carenza di legittimazione passiva (v. le conclusioni tra
scritte nell'epigrafe della sentenza impugnata). Con l'appello con
tro il capo relativo all'individuazione del legittimato passivo for
male (e cioè all'esclusione della capacità processuale della Fisi), il Coni ha evitato che su tale capo della sentenza di primo gra do si formasse il giudicato, tanto che la corte d'appello, pro
prio in accoglimento di detta impugnazione, ha riformato il ca
po della sentenza che aveva affermato la legittimazione passiva
del Coni come corollario del diniego della stessa legittimazione in capo alla Fisi. Alle federazioni del Coni, infatti, la corte ha
riconosciuto soggettività giuridica, rigettando la tesi contraria
della Fisi, accolta invece dal tribunale.
Non vi era, quindi, bisogno — contrariamente a quanto ha
ritenuto la sentenza impugnata — di un appello incidentale (con
dizionato) da parte degli attori per evitare il formarsi del giudi
cato sul difetto di legittimazione passiva (formale) della Fisi, essendo tale statuizione investita dall'appello del Coni notifica
to anche alla Fisi.
Consegue che è fondata la censura della ricorrente Perego
con cui si lamenta la mancata pronunzia, da parte della corte
d'appello, sulle domande risarcitone da detta parte formulate
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1831 PARTE PRIMA 1832
nelle conclusioni del giudizio di appello, con le quali si è chiesta
la condanna non solo del Coni e del Masuero, ma anche della
Fisi, «in via tra loro alternativa o solidale» (v. le conclusioni
trascritte nell'epigrafe della sentenza impugnata). Ed invero la
corte d'appello non ha pronunziato sulla domanda nei confron
ti della Fisi, considerando quest'ultima parte ormai estranea al
giudizio. Ma, come si è detto, tale accertamento è errato.
2. - I primi tre motivi del ricorso della Perego censurano la
sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che, nella pre sente fattispecie, sia applicabile l'art. 2050 c.c. Al riguardo la
ricorrente lamenta che: a) erroneamente la corte ha ritenuto che
gli attori non abbiano provato la pericolosità dell'attività, per ché la qualificazione giuridica di attività pericolosa spetta ex
officio al giudice, essendo essa necessaria per l'inquadramento della fattispecie concreta nel disposto del citato art. 2050 (pri mo motivo); b) la corte ha ritenuto che sussista attività perico losa solo nell'ipotesi di una pista con lunghi tratti ghiacciati, mentre avrebbe dovuto esaminare la quaestio iuris dell'applica bilità dell'art. 2050 c.c. all'attività di organizzazione di una ga ra di discesa libera iuniores, che è intrinsecamente idonea a por re in pericolo i beni della vita e dell'incolumità fisica non solo
degli spettatori, ma anche dei concorrenti; la sentenza impugna
ta, quindi, viene censurata sia per omessa disamina del proble ma applicativo dell'art. 2050, sia per omessa o insufficiente mo
tivazione sulla qualificazione giuridica del rapporto (secondo e
terzo motivo). I motivi di ricorso sono infondati.
In ordine all'interpretazione dell'art. 2050 c.c., la giurispru denza di questa corte è pacifica nel ritenere che il giudizio sulla
pericolosità dell'attività ivi prevista, quando non è riconducibile
ad una valutazione del legislatore, è rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, la cui valutazione, se correttamente e
logicamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità (v.,
explurimis, Cass. 30 agosto 1995, n. 9205, Foro it., Rep. 1996, voce Responsabilità civile, n. 164; 27 luglio 1990, n. 7571, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 114; 11 luglio 1969, n. 2555, id., Rep.
1970, voce cit., n. 256). La sussistenza di un'attività pericolosa forma oggetto, pertanto, di una quaestio iuris solo quando si
sostenga che tale qualificazione derivi da una valutazione nor
mativa, mentre negli altri casi essa può costituire solo l'oggetto di una quaestio facti.
Nel caso di specie, poiché non si è mai invocata, a sostegno della pericolosità dell'attività di organizzazione della gara di sci, alcuna disposizione normativa, spettava al giudice del merito
l'apprezzamento se tale attività, per la sua natura o per i mezzi
adoperati era pericolosa. Non può quindi ritenersi giuridicamente errata l'affermazione della sentenza impugnata, secondo cui non
è «stata fornita dagli attori appellati la prova della pericolosità dell'attività». In tal modo la corte d'appello non è venuta meno — come si sostiene dalla ricorrente — al dovere di «qualificare
giuridicamente il rapporto», poiché il suo compito era quello di accertare, in punto di fatto, se sussisteva o meno il presuppo sto dello svolgimento di un'attività pericolosa, richiesto per l'ap
plicazione dell'art. 2050 c.c. invocato a fondamento dell'azio ne. E rispetto a tale accertamento di fatto sussiste l'onere a
carico di chi invoca la citata disposizione normativa di provare la sussistenza di un'attività pericolosa.
D'altro canto la ricorrente, nel riferirsi astrattamente e gene ricamente ad un tipo di competizione sportiva, non distingue tra l'attività pericolosa, che rende probabile, e non semplice mente possibile, il verificarsi dell'evento dannoso, e l'attività
normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta
di chi la esercita o la organizza, comportando la responsabilità secondo la regola generale dell'art. 2043 c.c. (al riguardo, v.
la citata sentenza 9205/95, e Cass. 21 dicembre 1992, n. 13530,
id., Rep. 1993, voce cit., n. 122). Nella motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto
non provata la sussistenza di un'attività pericolosa ai fini del
l'applicabilità dell'art. 2050 c.c., non sussistono, in conclusio
ne, i vizi denunziati dalla ricorrente.
3. - Con il quarto ed il quinto motivo la ricorrente deduce
la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e vizi di
motivazione sulle risultanze istruttorie. Lamenta che la corte
d'appello non ha tenuto conto di diverse circostanze provate e decisive: a) il 6 e 7 gennaio 1982 vi furono le prove delle
gare fissate per i successivi giorni 8 e 9, con numerose cadute;
b) la gara del giorno 8 fu annullata per nebbia; c) gli organizza
li. Foro Italiano — 2000.
tori decisero di fare recuperare questa gara il giorno successivo, fissando per il 9 due discese libere, onde fu impedito agli atleti
di compiere la c.d. discesa di ricognizione; d) una delle due
gare del giorno 9 fu annullata per le numerose cadute dei parte
cipanti; e) anche gli apripista caddero; f) neppure i soccorritori
della Perego intervenuti con il toboga riuscivano a reggersi sugli
sci; g) la gara era riservata ai minorenni. Nel ricorso sono tra
scritte le dichiarazioni testimoniali a prova delle indicate circo
stanze, e tra esse è compresa quella resa da Alberto Bianco, il quale ha dichiarato che, nel partecipare alla gara del 9 gen
naio, cadde anch'egli, riportando «fratture alle vertebre». La
ricorrente osserva, ancora, che la sentenza impugnata, oltre a
limitarsi a considerare le condizioni della pista, ha valutato er
roneamente le prove testimoniali sul punto, ritenendo ingiustifi catamente generiche le deposizioni dei testimoni indicati dagli attori e dando illogica prevalenza alle dichiarazioni dei testi del
la Fisi. Il motivo di ricorso è fondato sotto l'aspetto dell'insufficien
za di motivazione della sentenza impugnata sulla colpa degli
organizzatori della gara di sci, rilevante per l'applicazione del
l'art. 2043 c.c. La colpa è stata valutata dalla corte d'appello con riferimento alla responsabilità del giudice arbitro Masuero
(unico soggetto nei cui confronti la stessa corte ha esaminato
il merito della domanda attrice), ma le considerazioni da essa
espresse sono riferibili in generale a tutti coloro che hanno or
ganizzato e consentito lo svolgimento della gara, e quindi rile
vano anche per la responsabilità della Fisi (che come si è detto
retro, nel § 1, la corte d'appello ha erroneamente ritenuto estra
nea al giudizio). La corte territoriale, invero, si è limitata ad accertare che
la pista, la mattina dell'incidente della Perego, era sì ghiacciata, ma non per lunghi tratti, ed ha quindi ritenuto inoperante l'art.
702.4 del regolamento tecnico della Fisi, che prevede la non
idoneità della pista in caso di «terreno ghiacciato per lunghi tratti» (regola la cui violazione da parte degli organizzatori era
stata, invece, accertata e posta a fondamento della sentenza di
primo grado). Ma, a prescindere dall'esame delle censure del
ricorso relative alle modalità con le quali tale accertamento è
stato compiuto, è assorbente la considerazione che, in tal mo
do, la corte d'appello ha escluso la sussistenza di una colpa
specifica degli organizzatori, concretizzata dall'inosservanza del
regolamento tecnico della Fisi; tale esclusione, però, non com
porta automaticamente anche quella di una colpa generica degli stessi organizzatori, e cioè una condotta caratterizzata da negli
genza o imprudenza o imperizia, secondo la previsione dell'art.
43 c.p. (valevole anche per la nozione di colpa ex art. 2043 c.c.). Per la sussistenza di una condotta genericamente colposa pos
sono assumere rilievo le condizioni di una pista ghiacciata, an
che se non «per lunghi tratti», nel senso che dette condizioni
avrebbero potuto rendere non prudente lo svolgimento della ga ra alla quale partecipò la Perego poiché la pista si presentava
comunque pericolosa. La corte d'appello è pervenuta al giudizio di esclusione della
colpa anche generica degli organizzatori della gara di sci, ma
non ha tenuto presenti o non ha valutato in modo congruo i
seguenti elementi di fatto.
Innanzitutto la corte non ha considerato in modo globale e
coordinato le numerose cadute sulla pista di gara, sia di molti
concorrenti, sia degli apripista, nonché le stesse difficoltà in
contrate dai soccorritori della Perego. Per quanto riguarda le
concorrenti, la corte ha preso atto che poche erano arrivate al
traguardo, ma non ha attribuito tale fatto a cadute, ipotizzan do quale possibile causa del mancato arrivo anche «il salto di
una porta». Ma è fatto notorio che, nelle gare di discesa libera, non esistono porte. Anche per la caduta degli apripista, la corte
ha ipotizzato, come causa alternativa alla «pericolosità della pi sta erroneamente sottovalutata dal giudice arbitro e dagli alle
natori», «un errore tecnico nella discesa» degli stessi apripista,
ipotesi che, oltre ad essere prospettata senza alcun sostegno pro
batorio, non pone in relazione il fatto con tutte le altre prove
acquisite sulle particolari condizioni della pista nel periodo in
cui si svolse la gara. Secondariamente la corte non ha tenuto conto in modo logi
camente e giuridicamente corretto che si è svolta una gara di
discesa libera riservata ai minori, i quali, di regola, sono amanti
della velocità e meno indotti a comportamenti prudenti, onde
essi hanno bisogno di essere protetti, in attuazione anche dello
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
specifico precetto costituzionale (art. 31,2° comma, Cost.), che, indirizzandosi alla repubblica, coinvolge tutti i soggetti e gli or
gani in essa operanti. Nella sentenza impugnata, al contrario, si è operata una implicita parificazione dei concorrenti mino
renni a quelli maggiorenni quando si è ritenuto che, se fosse
stata considerata vera l'affermazione resa come testimone da una delle concorrenti («il fatto che gli apripista non fossero
riusciti a portare a termine il percorso ci sconvolse»), ne sareb
be derivata la colpa esclusiva dei concorrenti (e quindi della
Perego), «che, pur sconvolti, non hanno rinunciato alla gara». Va osservato che tale condotta prudente può essere pretesa in
una persona matura, ma non in un minore che difficilmente rinunzia a partecipare ad una gara il cui svolgimento sia con
sentito dagli organizzatori, su cui incombe perciò una particola re diligenza e prudenza a tutela della incolumità dei minori che
prendono parte ad una competizione sportiva. 4. - In conclusione, in accoglimento dei motivi quarto, quin
to, sesto e settimo del ricorso, la sentenza impugnata va cassata
sia per quanto attiene alla posizione della Fisi (v. retro, § 1), sia nella parte in cui ha respinto la domanda della Perego fon
data sull'art. 2043 c.c. per assenza di prova sulla colpa dei sog
getti convenuti (v. § 3). Il giudice di rinvio — che si designa in altra sezione della
Corte d'appello di Milano — accerterà nuovamente, nei con
fronti sia della Fisi che del giudice arbitro Masuero, se vi fu, da parte di ciascuno di tali soggetti, una condotta colposa (ge nerica o specifica) nell'organizzazione e svolgimento della gara di sci in cui la Perego riportò lesioni.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 23
febbraio 2000, n. 15/SU; Pres. Vela, Rei. A. Finocchiaro, P.M. Martone (conci, diff.); Soc. Gare (Avv. Massida, Mas
sidda) c. Soc. Riper (Avv. Irti, Mariconda). Dichiara inam
missibile ricorso avverso Pret. Olbia-Tempio Pausania 19 no
vembre 1998.
Cassazione civile — Ricorso — Inammissibilità — Rinuncia —
Esclusione — Estremi (Cod. proc. civ., art. 390, 391).
La inammissibilità del «ricorso per regolamento di giurisdizione o di competenza», implicando il riconoscimento della inesi
stenza delle condizioni per l'esercizio del relativo diritto pro cessuale, deve essere dichiarata anche in presenza di soprav venuta rituale rinuncia al medesimo ricorso. (1)
(Omissis). Considerato che la Riper s.r.l., nel resistere con
controricorso, ha insistito per l'inammissibilità del ricorso sia
come regolamento di competenza che come regolamento di giuris
dizione; considerato che con atto depositato presso la cancelleria di
questa corte il 2 giugno 1999, la parte ricorrente ha dichiarato
(1) Le sezioni unite hanno applicato al considerato «ricorso per rego lamento di giurisdizione o di competenza» il riaffermato principio, co stantemente enunciato con riguardo al ricorso ordinario per cassazione
(in argomento, in aggiunta ai precedenti richiamati in motivazione, cons, nel testo, contenente altri richiami, Cass. 20 agosto 1999, n. 8801, Foro
it., 2000, I, 845; 18 gennaio 1979, n. 362, id., Rep. 1979, voce Cassa
zione civile, n. 218; 7 febbraio 1975, n. 468, id., 1975, I, 1114, con
ulteriori indicazioni). Peraltro, già sez. Ili civile 13 marzo 1998, n. 2751, id., Rep. 1998,
voce Competenza civile, n. 294, aveva ritenuto che la rinuncia all'istan za di regolamento di competenza è inoperante allorché il ridetto regola mento sia inammissibile.
Il Foro Italiano — 2000.
di rinunciare al ricorso e la parte controricorrente ha accettato
la rinuncia con compensazione delle spese di giudizio; considerato che il ricorso è inammissibile come regolamento
di giurisdizione dal momento che la questione se la legittimazio ne a conoscere una determinata controversia spetti al giudice ordinario o ad un collegio arbitrale non attiene alla giurisdizio ne, ma alla competenza (in presenza di arbitrato rituale) o alla
proponibilità della domanda (in presenza di un arbitrato irri
tuale), con la conseguenza che è inammissibile il regolamento di giurisdizione che sia stato eventualmente proposto;
considerato che il ricorso è parimenti inammissibile come re
golamento di competenza, il quale si presenta come mezzo di
impugnazione di una sentenza sulla competenza, con la conse
guenza che lo stesso è improponibile ove proposto avverso il
solo dispositivo della decisione e prima del deposito della relati
va motivazione; considerato che la pronunzia di inammissibilità del ricorso
per cassazione ha carattere prevalente e preliminare rispetto a
quella di estinzione del processo per sopravvenuta rinunzia al
l'impugnazione, non potendosi rinunziare ad un diritto proces suale quando non sussistono le condizioni necessarie per il suo
esercizio (Cass. 18 luglio 1986, n. 4626, Foro it., Rep. 1986, voce Cassazione civile, n. 152; 18 novembre 1994, n. 9769, id.,
Rep. 1994, voce cit., n. 141); considerato che tale principio ai applica anche in tema di re
golamento preventivo di giurisdizione o di regolamento di com
petenza; considerato che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammis
sibile.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 feb
braio 2000, n. 2051; Pres. Senofonte, Est. Plenteda, P.M.
Martone (conci, conf.); Accardo (Avv. Pellicano) c. Min.
interno. Conferma Giud. pace Reggio Calabria 17 dicembre
1997.
Esecuzione forzata in genere — Precetto — Notificazione —
Sospensione della esecuzione — Ricorso d'urgenza — Esperi bilità — Estremi (Cod. proc. civ., art. 623, 624, 700).
In difetto di strumenti processuali tipici, l'unico rimedio esperi bile per ottenere la sospensione dell'esecuzione dopo la noti
fica del precetto e prima del pignoramento è il ricorso d'ur
genza di cui all'art. 700 c.p.c. (1)
(1) Con la riportata sentenza, e la precedente conforme 8 febbraio
2000, n. 1372 (pres. Senofonte, est. Plenteda), Foro it., Mass., 143, la prima sezione civile ha formulato l'enunciazione riassunta in massi
ma, risolvendo, così, in modo illuminato, una questione di notevole
rilevanza, qual era ed è quella della sospendibilità dell'esecuzione in
presenza della sola notifica dell'atto di precetto e prima, quindi, del
pignoramento. Con una motivazione lineare e comprensibile, la stessa prima sezione
civile, dando, ovviamente, per acquisito (e, in qualche misura, di diffi cile modificabilità) l'orientamento di Corte cost. 19 marzo 1996, n. 81, id., 1996, I, 1924, con nota di E. Fabiani, Opposizione a precetto e
sospensione dell'esecuzione (secondo cui è inammissibile, in quanto esor bitante dai limiti del sindacato esercitabile dalla corte in relazione alla sfera di discrezionalità riservata al legislatore, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 615, 623 e 624 c.p.c., nella misura in cui non prevedono che il giudice dell'opposizione a pre cetto possa disporre la sospensione dell'esecuzione, in riferimento al
l'art. 24 Cost.) ha evidenziato le ragioni dell'invocabilità della tutela cautelare accordata dall'art. 700 c.p.c., muovendosi, per un verso, sulla linea delle conformi opinioni espresse al riguardo da una parte minori taria della dottrina (puntualmente ricordata da E. Fabiani, op. loc.
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