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sezione III civile; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo (concl....

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sezione III civile; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo (concl. conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masuero (Avv. Gullotta, Lazzarini), Federazione italiana sport invernali (Avv. Sanino, Principi), Coni. Cassa App. Milano 14 febbraio 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 6 (GIUGNO 2000), pp. 1827/1828-1833/1834 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194361 . Accessed: 28/06/2014 18:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.97 on Sat, 28 Jun 2014 18:37:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo (concl.conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masuero (Avv. Gullotta, Lazzarini), Federazioneitaliana sport invernali (Avv. Sanino, Principi), Coni. Cassa App. Milano 14 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 6 (GIUGNO 2000), pp. 1827/1828-1833/1834Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194361 .

Accessed: 28/06/2014 18:37

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1827 PARTE PRIMA 1828

Invece, come affermato dalla giurisprudenza di questa corte,

il dies a quo sarebbe quello stabilito per la costituzione del con

venuto in appello, collocandosi quindi cinque giorni prima del

l'udienza di comparizione indicata nel relativo atto.

Nel caso in esame, essendo stata indicata nell'atto di appello l'udienza del 7 aprile 1994 e scadendo perciò il termine per la

costituzione del convenuto il 2 aprile 1994, da quest'ultima data

si sarebbe dovuto computare l'arco di tempo utile per la rias

sunzione (un anno più quarantasei giorni), il cui termine finale

sarebbe venuto dunque a scadere il 18 maggio 1994. Risultando

notificata la riassunzione il 17 maggio 1994, l'appello sarebbe

stato tempestivo. La censura è fondata.

L'ipotesi della mancata iscrizione a ruolo dell'appello, cui nes

suna delle parti abbia provveduto, rimane estranea alla previ sione dell'art. 348 c.p.c. (nel testo, applicabile alla fattispecie, anteriore alla riforma attuata con 1. 26 novembre 1990 n. 353

e successive modificazioni, in vigore dal 30 aprile 1995, trattan

dosi di giudizio già pendente a tale data: cfr. art. 90 1. cit.,

come modificato, da ultimo, con l'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995

n. 432, convertito in 1. 20 dicembre 1995 n. 534). Il detto art.

348, infatti, presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo

da una delle parti e che l'appellante non comparisca né alla

prima udienza davanti all'istruttore, né a quella successiva cui

la causa deve essere rinviata.

L'ipotesi menzionata, invece, è disciplinata dall'art. 307 c.p.c., cui l'art. 347 rinvia quanto alle forme e ai termini della costitu

zione in appello, e secondo il quale, nel caso di mancata costi

tuzione dell'appellante e dell'appellato nei termini loro rispetti vamente assegnati, il processo deve essere riassunto nel termine

di un anno dalla scadenza di quello stabilito per la costituzione

del convenuto a norma dell'art. 166 c.p.c. (sempre nel testo

in vigore prima dell'entrata in vigore della riforma attuata con

1. n. 353 del 1990), ossia cinque giorni prima dell'udienza di

comparizione, computato nel termine il giorno della costituzio

ne (v. Cass., sez. un., 12 aprile 1966, n. 939, Foro it., 1966,

I, 1449, in motivazione; v. anche Cass. 8 febbraio 1989, n. 778,

id., Rep. 1989, voce Appello civile, n. 45; 8 gennaio 1977, n.

49, id., Rep. 1977, voce cit., n. 146). Alla stregua di tali principi, la corte territoriale ha errato nel

calcolare il termine massimo per la riassunzione a partire dal

2 febbraio 1994, data di notifica dell'atto di appello. Poiché

in questo era stata fissata per la comparizione davanti alla corte

fiorentina l'udienza del 7 aprile 1994, il termine per la costitu

zione dell'appellato veniva a scadere il 2 aprile 1994 e da questa data andava computato l'arco di tempo utile per la riassunzione

(art. 307, 1° comma, c.p.c.), pari ad un anno più quarantasei

giorni, tenuto conto della sospensione per il periodo feriale di

cui alla 1. 7 ottobre 1969 n. 742.

Pertanto il termine per la riassunzione veniva a scadere il 18

maggio 1995, con la conseguenza che il relativo atto, notificato

il 17 maggio 1995, si rivela tempestivo, sicché la preclusione da giudicato, erroneamente ritenuta dalla corte d'appello, non

si era formata.

Ne deriva che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impu

gnata deve essere cassata e la causa va rinviata ad altra sezione

della Corte d'appello di Firenze.

Il Foro Italiano — 2000.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 feb

braio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo

(conci, conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masue

ro (Avv. Gullotta, Lazzarini), Federazione italiana sport invernali (Avv. Sanino, Principi), Coni. Cassa App. Milano

14 febbraio 1997.

Responsabilità civile — Attività pericolosa — Accertamento della

pericolosità — «Quaestio facti» — Ricorso in Cassazione —

Inammissibilità (Cod. civ., art. 2050; cod. proc. civ., art. 360).

Responsabilità civile — Organizzazione di manifestazioni spor tive — Colpa specifica — Esclusione — Colpa generica —

Valutazione (Cod. civ., art. 2043).

Il giudizio sulla pericolosità dell'attività, quando non è ricondu

cibile ad una valutazione del legislatore, è rimesso all'apprez

zamento del giudice di merito, che, se correttamente e logica mente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (in quanto ha ad oggetto una quaestio facti/ (1)

Anche quando sia esclusa la sussistenza di una colpa specifica

degli organizzatori di manifestazioni sportive, concretizzata

dall'inosservanza del regolamento tecnico, va verificata la sus

sistenza della colpa generica degli stessi organizzatori, consi

stente in una condotta caratterizzata da negligenza, impru

denza o imperizia. (2)

(1) Il principio applicato nella sentenza in epigrafe (che sarà riportata in un prossimo fascicolo di Danno e resp., con nota di Di Ciommo) ribadisce l'orientamento giurisprudenziale per cui la valutazione sulla

pericolosità di una certa attività — necessaria ai fini dell'applicazione dell'art. 2050 —, quando non è suggerita da elementi normativi, si so

stanzia in una quaestio facti su cui il giudice di legittimità non può

pronunciarsi. Così, da ultimo, Cass. 29 maggio 1998, n. 5341, Foro

it., Rep. 1998, voce Responsabilità civile, n. 254; 30 agosto 1995, n.

9205, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164, e, in extenso, Giur. it., 1996, I, 1, 466. Considerazioni in qualche modo diverse supportano Cass.

13 novembre 1997, n. 11234, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 204, e, per esteso, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1998, 931, con nota di Mo

retti, e Dir. trasporti, 1998, 743, con nota di Cervelli, nonché 2 di

cembre 1997, n. 12193, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 256, e Danno

e resp., 1998, 567, con nota di Laghezza. Al riguardo, cfr. Cass. 9

aprile 1999, n. 3471, Foro it., Mass., 420, che ha cassato la sentenza

impugnata perché il giudizio inerente alla pericolosità dell'attività si ba

sava «su elementi di fatto [. . .] apoditticamente affermati». Anche nel

caso in rassegna la Cassazione chiarisce che la valutazione del giudice di merito è sempre sindacabile quando manca di esauriente o logica motivazione.

Ad integrazione del principio riassunto in massima, l'odierna pro nuncia afferma che necessita distinguere tra attività in cui il verificarsi dell'evento dannoso è probabile ed attività in cui esso è solo possibile

(così già Cass. 2 dicembre 1997, n. 12193, id., Rep. 1998, voce cit., n. 256), in quanto, in questo secondo caso, le deduzioni attoree, volte

a dimostrare la pericolosità dell'attività, non influiscono sull'applica zione dell'art. 2050 che deve essere negata, bensì costituiscono elementi in base ai quali valutare la colpa dell'organizzatore della manifestazio

ne, ovvero del responsabile dell'attività, ai sensi dell'art. 2043 c.c. (cfr. Cass. 30 agosto 1995, n. 9205, cit., nonché 21 dicembre 1992, n. 13530, id., Rep. 1993, voce cit., n. 122, e, in extenso, Resp. civ., 1993, 821).

Per la generica affermazione della non pericolosità dell'attività scii

stica, e della conseguente applicabilità del regime stabilito dall'art. 2043,

piuttosto che dell'art. 2050, v., da ultimo, Giud. pace Trento 1° agosto 1996, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 174, e, per esteso, Giudice di

pace, 1998, 139; cfr. Pret. Trento-Tione di Trento 16 luglio 1993, Foro

it., 1994, II, 468. In particolare, in tema di responsabilità del gestore di pista da sci, v. App. Torino 5 luglio 1997, id., Rep. 1998, voce

cit., n. 123, e Riv. giur. circolaz. e trasp., 1998, 500.

(2) Prima dell'odierna sentenza, l'esigenza di valutare, in ambito civi

le, oltre che penale (v. Volpe, 1 concetti di colpa generica e colpa speci fica correlati all'elemento psicologico del reato, in Guida al dir., 1995, fase. 5, 77), la sussistenza della colpa generica (mancanza di prudenza, diligenza, perizia), laddove non ci sia colpa specifica (violazione di nor me di legge e regolamenti, ovvero ordini e discipline prescritti dall'auto

rità), è stata, da ultimo, espressamente ribadita da Cass. 6 aprile 1998, n. 3553, Foro it., Rep. 1998, voce Responsabilità civile, n. 230, e Dan no e resp., 1998, 766, con nota di Di Ciommo, e Resp. civ., 1999, 137, con nota di Pelia. In proposito, v., anche, Cass. 9 ottobre 1997, n.

9815, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 144, e, per un lontano preceden te, 29 agosto 1979, n. 4727, id., Rep. 1981, voce cit., n. 114, e Riv.

infortuni, 1980, II, 107. La colpa generica dell'organizzatore di manifestazioni sportive (che

si atteggia diversamente a seconda che danneggiato sia un atleta, owe

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione 30 dicem

bre 1982 Giuseppe Perego e Fulvia Venturini, in proprio e quali esercenti la potestà sulla figlia Francesca Perego, convenivano

davanti al Tribunale di Milano lo Sporting sci club Savona e

la Fisi (Federazione italiana sport invernali), per ottenerne la

condanna al risarcimento dei danni subiti in seguito all'inciden

te occorso alla loro figlia il 9 gennaio 1982, durante una gara sciistica di discesa libera svoltasi in Artesina, deducendo una

responsabilità dei convenuti quali organizzatori della manifesta

zione sportiva, ex art. 2043 e 2050 c.c.

Instauratosi il contraddittorio, era autorizzata dal giudice istrut

tore la chiamata in causa del Coni, e dell'arbitro della gara Felice Masuero, che si costituivano in giudizio.

Il tribunale adito, con la sentenza depositata il 13 maggio

1991, dichiarava «il difetto di legittimazione passiva della Fede

razione italiana sport invernali, quale organo tecnico del Coni», condannava Felice Masuero ed il Coni, in solido, al risarcimen

to del danno (liquidato in complessivi settanta milioni di lire, oltre gli interessi legali) in favore degli attori quali esercenti la

potestà sulla minore Francesca Perego, respingeva le domande

risarcitorie proposte dagli attori in proprio. Sia il Masuero che il Coni proponevano appello. Gli appella

ti, ad eccezione dello Sporting sci club Savona, si costituivano

e resistevano. Gli attori Perego e Venturini proponevano anche

appello incidentale sulla liquidazione dei danni.

La corte d'appello di Milano, con la sentenza depositata il

14 febbraio 1997, riteneva che la legittimazione passiva spettava alla Fisi, che aveva soggettività giuridica ed autonomia in ordi

ne all'organizzazione della singola gara sportiva, e non al Coni;

rilevava, però, che gli attori non avevano proposto, in via su

bordinata all'accoglimento dell'appello del Coni, appello inci

dentale contro il capo della sentenza che aveva escluso la legitti mazione passiva della Fisi; riteneva fondato l'appello del Ma

suero, osservando che gli attori non avevano fornito la prova della pericolosità dell'attività, poiché non si poteva condividere

il giudizio del tribunale secondo cui la pista, la mattina dell'in

cidente, presentava lunghi tratti ghiacciati, né la pericolosità della

pista poteva desumersi dal limitato numero delle concorrenti

arrivate al traguardo o dal fatto che i due apripista erano cadu

ti; la corte, pertanto, concludeva che «la predisposizione della

pista e l'organizzazione della gara non configurarono attività

pericolosa e che gli attori non hanno provato che l'infortunio

occorso alla Perego sia da addebitare alla colpa del giudice ar

bitro Masuero».

Avverso la sentenza della corte d'appello Francesca Perego ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di Felice Ma

suero e della Fisi, precisando di prestare acquiescenza alla di

chiarazione di carenza di legittimazione del Coni (a cui il ricor

so è stato, peraltro, ugualmente notificato) ed al rigetto della

domanda nei confronti dello Sporting sci club Savona (pronun ziato in primo grado e non appellato). Il Masuero e la Fisi han

ro uno spettatore), secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, va sempre valutata alla stregua dei canoni di garanzia e protezione che, nella circostanza concreta e nei limiti delle sue possibilità, egli ha l'ob

bligo di rispettare. L'organizzatore, infatti, per liberarsi da ogni re

sponsabilità deve aver predisposto le normali cautele atte a contenere

il rischio nei limiti confacenti alla singola attività sportiva (così Cass.

20 febbraio 1997, n. 1564, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 214, e, in extenso, Danno e resp., 1997, 455, con nota di De Marzo, e Resp. civ., 1997 , 699, con nota di Frau; cfr., anche, Cass. 6 marzo 1998, n. 2486, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 191, e, in extenso, Arch,

civ., 1998, 919). V., in proposito, la giurisprudenza in tema di gestione di maneggi, ed in particolare Cass. 4 dicembre 1998, n. 12307, Foro

it., 1999, I, 1938, con nota di Di Paola, cui si rinvia anche per ulteriori

riferimenti. Per approfondimenti in tema di responsabilità civile derivante dal

l'organizzazione di manifestazioni sportive, cfr., da ultimo, Di Ciom

mo, Il punto sulla responsabilità civile dell'organizzatore di eventi spor tivi e sui (nuovi) rapporti tra Coni e federazioni alia luce del d.leg.

242/99, in corso di pubblicazione in Danno e resp.-, Id., Pista pericolo sa e astensione dalla corsa di quasi tutti i piloti iscritti: l'omologazione non impedisce l'annullamento della gara, in Riv. dir. sport., 1999, 201;

Beghini, L'illecito civile e penale sportivo, Padova, 1999, 102; Di Nel

la, Il fenomeno sportivo nell'ordinamento giuridico, Napoli, 1999, 339;

Frau, La responsabilità civile sportiva, in Cendon (a cura di), La re

sponsabilità civile, Torino, 1998, X; A. Sclaloja, Responsabilità spor

tiva, voce del Digesto civ., Torino, 1998, XVII, 410.

Il Foro Italiano — 2000.

no proposto autonomi controricorsi. La Perego ha presentato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Va, innanzitutto, esaminata

l'eccezione, opposta nel controricorso della Fisi, di inammissi

bilità del ricorso contro di essa proposto «per giudicato sostan

ziale». Tale giudicato, secondo la Fisi, si è formato sul capo della sentenza del tribunale che ha dichiarato il suo difetto di

legittimazione passiva, che non è stato impugnato, ancorché in

via incidentale, dagli attori-appellanti Perego.

Collegato all'eccezione di inammissibilità del ricorso nei con fronti della Fisi è l'esame del sesto e settimo motivo del ricorso

della Perego, con cui si censura, per violazione di diverse nor

me processuali e per vizi di motivazione, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che gli attori-appellanti incidentali

avrebbero dovuto proporre appello condizionato (all'accoglimen to dell'appello del Coni) contro la dichiarazione (emessa dal

tribunale) di difetto di legittimazione passiva della Fisi quale organo tecnico del Coni. Tale dichiarazione, secondo la Perego, concerneva la legitimatio ad processum della parte convenuta, e cioè la sua capacità processuale ai sensi dell'art. 75, 3° com

ma, c.p.c. (ravvisata dal tribunale nell'ente Coni, anziché nel

suo organo Fisi); su tale questione, rilevabile anche d'ufficio

in ogni stato e grado del giudizio, gli attori non erano soccom

benti e non avevano perciò un onere di impugnazione della sen

tenza del tribunale; essi, nelle conclusioni del giudizio di appel

lo, mirando ad una reformatio in melius del quantum, avevano

chiesto la condanna del Coni, del Masuero e della Fisi «in via

tra loro alternativa o solidale», onde si è avuta da parte della

corte d'appello un'omissione di pronuncia su tale domanda.

I motivi sesto e settimo del ricorso della Perego sono fondati,

poiché è errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha con

siderato estranea la Fisi al giudizio di appello. Conseguente mente è infondata l'eccezione sollevata dalla stessa Fisi di inam

missibilità del ricorso per cassazione contro di essa proposto. Va premesso che, come si è detto in narrativa, il tribunale,

con la sentenza di primo grado, ha dichiarato il difetto di legit timazione passiva della Federazione italiana sport invernali (Fi

si) «quale organo tecnico del Coni», ritenendo che legittimato

passivo alla domanda di risarcimento del danno fosse l'ente Coni

(che infatti ha condannato), e non il suo organo Fisi. Con tale

pronunzia il tribunale ha risolto una questione di capacità pro cessuale della Fisi e del Coni (ambedue parti presenti in giudi

zio), affermando che tale capacità andava riconosciuta soltanto

alla persona giuridica Coni (art. 75, 3° comma, c.p.c.) e non

anche alla Fisi, considerata dal giudice esclusivamente un orga no di detto ente. La legittimazione passiva della Fisi, negata dal tribunale, è, pertanto, quella qualificata in dottrina come

formale (o legitimatio ad processum), e non quella sostanziale

(collegata al tipo di azione esercitata ed al diritto fatto valere

dall'attore), come risulta chiaramente dal fatto che tale diniego è correlato — nello stesso dispositivo della sentenza del tribuna

le — alla natura della Fisi di organo del Coni. Il tribunale ha,

invece, ritenuto quest'ultimo ente legittimato passivo quale sog

getto giuridico di cui l'organo Fisi è stato considerato parte. II Coni ha proposto appello su tale questione processuale,

chiedendo «in via preliminare di rito» che fosse accertata la

propria carenza di legittimazione passiva (v. le conclusioni tra

scritte nell'epigrafe della sentenza impugnata). Con l'appello con

tro il capo relativo all'individuazione del legittimato passivo for

male (e cioè all'esclusione della capacità processuale della Fisi), il Coni ha evitato che su tale capo della sentenza di primo gra do si formasse il giudicato, tanto che la corte d'appello, pro

prio in accoglimento di detta impugnazione, ha riformato il ca

po della sentenza che aveva affermato la legittimazione passiva

del Coni come corollario del diniego della stessa legittimazione in capo alla Fisi. Alle federazioni del Coni, infatti, la corte ha

riconosciuto soggettività giuridica, rigettando la tesi contraria

della Fisi, accolta invece dal tribunale.

Non vi era, quindi, bisogno — contrariamente a quanto ha

ritenuto la sentenza impugnata — di un appello incidentale (con

dizionato) da parte degli attori per evitare il formarsi del giudi

cato sul difetto di legittimazione passiva (formale) della Fisi, essendo tale statuizione investita dall'appello del Coni notifica

to anche alla Fisi.

Consegue che è fondata la censura della ricorrente Perego

con cui si lamenta la mancata pronunzia, da parte della corte

d'appello, sulle domande risarcitone da detta parte formulate

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1831 PARTE PRIMA 1832

nelle conclusioni del giudizio di appello, con le quali si è chiesta

la condanna non solo del Coni e del Masuero, ma anche della

Fisi, «in via tra loro alternativa o solidale» (v. le conclusioni

trascritte nell'epigrafe della sentenza impugnata). Ed invero la

corte d'appello non ha pronunziato sulla domanda nei confron

ti della Fisi, considerando quest'ultima parte ormai estranea al

giudizio. Ma, come si è detto, tale accertamento è errato.

2. - I primi tre motivi del ricorso della Perego censurano la

sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che, nella pre sente fattispecie, sia applicabile l'art. 2050 c.c. Al riguardo la

ricorrente lamenta che: a) erroneamente la corte ha ritenuto che

gli attori non abbiano provato la pericolosità dell'attività, per ché la qualificazione giuridica di attività pericolosa spetta ex

officio al giudice, essendo essa necessaria per l'inquadramento della fattispecie concreta nel disposto del citato art. 2050 (pri mo motivo); b) la corte ha ritenuto che sussista attività perico losa solo nell'ipotesi di una pista con lunghi tratti ghiacciati, mentre avrebbe dovuto esaminare la quaestio iuris dell'applica bilità dell'art. 2050 c.c. all'attività di organizzazione di una ga ra di discesa libera iuniores, che è intrinsecamente idonea a por re in pericolo i beni della vita e dell'incolumità fisica non solo

degli spettatori, ma anche dei concorrenti; la sentenza impugna

ta, quindi, viene censurata sia per omessa disamina del proble ma applicativo dell'art. 2050, sia per omessa o insufficiente mo

tivazione sulla qualificazione giuridica del rapporto (secondo e

terzo motivo). I motivi di ricorso sono infondati.

In ordine all'interpretazione dell'art. 2050 c.c., la giurispru denza di questa corte è pacifica nel ritenere che il giudizio sulla

pericolosità dell'attività ivi prevista, quando non è riconducibile

ad una valutazione del legislatore, è rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, la cui valutazione, se correttamente e

logicamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità (v.,

explurimis, Cass. 30 agosto 1995, n. 9205, Foro it., Rep. 1996, voce Responsabilità civile, n. 164; 27 luglio 1990, n. 7571, id.,

Rep. 1991, voce cit., n. 114; 11 luglio 1969, n. 2555, id., Rep.

1970, voce cit., n. 256). La sussistenza di un'attività pericolosa forma oggetto, pertanto, di una quaestio iuris solo quando si

sostenga che tale qualificazione derivi da una valutazione nor

mativa, mentre negli altri casi essa può costituire solo l'oggetto di una quaestio facti.

Nel caso di specie, poiché non si è mai invocata, a sostegno della pericolosità dell'attività di organizzazione della gara di sci, alcuna disposizione normativa, spettava al giudice del merito

l'apprezzamento se tale attività, per la sua natura o per i mezzi

adoperati era pericolosa. Non può quindi ritenersi giuridicamente errata l'affermazione della sentenza impugnata, secondo cui non

è «stata fornita dagli attori appellati la prova della pericolosità dell'attività». In tal modo la corte d'appello non è venuta meno — come si sostiene dalla ricorrente — al dovere di «qualificare

giuridicamente il rapporto», poiché il suo compito era quello di accertare, in punto di fatto, se sussisteva o meno il presuppo sto dello svolgimento di un'attività pericolosa, richiesto per l'ap

plicazione dell'art. 2050 c.c. invocato a fondamento dell'azio ne. E rispetto a tale accertamento di fatto sussiste l'onere a

carico di chi invoca la citata disposizione normativa di provare la sussistenza di un'attività pericolosa.

D'altro canto la ricorrente, nel riferirsi astrattamente e gene ricamente ad un tipo di competizione sportiva, non distingue tra l'attività pericolosa, che rende probabile, e non semplice mente possibile, il verificarsi dell'evento dannoso, e l'attività

normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta

di chi la esercita o la organizza, comportando la responsabilità secondo la regola generale dell'art. 2043 c.c. (al riguardo, v.

la citata sentenza 9205/95, e Cass. 21 dicembre 1992, n. 13530,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 122). Nella motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto

non provata la sussistenza di un'attività pericolosa ai fini del

l'applicabilità dell'art. 2050 c.c., non sussistono, in conclusio

ne, i vizi denunziati dalla ricorrente.

3. - Con il quarto ed il quinto motivo la ricorrente deduce

la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e vizi di

motivazione sulle risultanze istruttorie. Lamenta che la corte

d'appello non ha tenuto conto di diverse circostanze provate e decisive: a) il 6 e 7 gennaio 1982 vi furono le prove delle

gare fissate per i successivi giorni 8 e 9, con numerose cadute;

b) la gara del giorno 8 fu annullata per nebbia; c) gli organizza

li. Foro Italiano — 2000.

tori decisero di fare recuperare questa gara il giorno successivo, fissando per il 9 due discese libere, onde fu impedito agli atleti

di compiere la c.d. discesa di ricognizione; d) una delle due

gare del giorno 9 fu annullata per le numerose cadute dei parte

cipanti; e) anche gli apripista caddero; f) neppure i soccorritori

della Perego intervenuti con il toboga riuscivano a reggersi sugli

sci; g) la gara era riservata ai minorenni. Nel ricorso sono tra

scritte le dichiarazioni testimoniali a prova delle indicate circo

stanze, e tra esse è compresa quella resa da Alberto Bianco, il quale ha dichiarato che, nel partecipare alla gara del 9 gen

naio, cadde anch'egli, riportando «fratture alle vertebre». La

ricorrente osserva, ancora, che la sentenza impugnata, oltre a

limitarsi a considerare le condizioni della pista, ha valutato er

roneamente le prove testimoniali sul punto, ritenendo ingiustifi catamente generiche le deposizioni dei testimoni indicati dagli attori e dando illogica prevalenza alle dichiarazioni dei testi del

la Fisi. Il motivo di ricorso è fondato sotto l'aspetto dell'insufficien

za di motivazione della sentenza impugnata sulla colpa degli

organizzatori della gara di sci, rilevante per l'applicazione del

l'art. 2043 c.c. La colpa è stata valutata dalla corte d'appello con riferimento alla responsabilità del giudice arbitro Masuero

(unico soggetto nei cui confronti la stessa corte ha esaminato

il merito della domanda attrice), ma le considerazioni da essa

espresse sono riferibili in generale a tutti coloro che hanno or

ganizzato e consentito lo svolgimento della gara, e quindi rile

vano anche per la responsabilità della Fisi (che come si è detto

retro, nel § 1, la corte d'appello ha erroneamente ritenuto estra

nea al giudizio). La corte territoriale, invero, si è limitata ad accertare che

la pista, la mattina dell'incidente della Perego, era sì ghiacciata, ma non per lunghi tratti, ed ha quindi ritenuto inoperante l'art.

702.4 del regolamento tecnico della Fisi, che prevede la non

idoneità della pista in caso di «terreno ghiacciato per lunghi tratti» (regola la cui violazione da parte degli organizzatori era

stata, invece, accertata e posta a fondamento della sentenza di

primo grado). Ma, a prescindere dall'esame delle censure del

ricorso relative alle modalità con le quali tale accertamento è

stato compiuto, è assorbente la considerazione che, in tal mo

do, la corte d'appello ha escluso la sussistenza di una colpa

specifica degli organizzatori, concretizzata dall'inosservanza del

regolamento tecnico della Fisi; tale esclusione, però, non com

porta automaticamente anche quella di una colpa generica degli stessi organizzatori, e cioè una condotta caratterizzata da negli

genza o imprudenza o imperizia, secondo la previsione dell'art.

43 c.p. (valevole anche per la nozione di colpa ex art. 2043 c.c.). Per la sussistenza di una condotta genericamente colposa pos

sono assumere rilievo le condizioni di una pista ghiacciata, an

che se non «per lunghi tratti», nel senso che dette condizioni

avrebbero potuto rendere non prudente lo svolgimento della ga ra alla quale partecipò la Perego poiché la pista si presentava

comunque pericolosa. La corte d'appello è pervenuta al giudizio di esclusione della

colpa anche generica degli organizzatori della gara di sci, ma

non ha tenuto presenti o non ha valutato in modo congruo i

seguenti elementi di fatto.

Innanzitutto la corte non ha considerato in modo globale e

coordinato le numerose cadute sulla pista di gara, sia di molti

concorrenti, sia degli apripista, nonché le stesse difficoltà in

contrate dai soccorritori della Perego. Per quanto riguarda le

concorrenti, la corte ha preso atto che poche erano arrivate al

traguardo, ma non ha attribuito tale fatto a cadute, ipotizzan do quale possibile causa del mancato arrivo anche «il salto di

una porta». Ma è fatto notorio che, nelle gare di discesa libera, non esistono porte. Anche per la caduta degli apripista, la corte

ha ipotizzato, come causa alternativa alla «pericolosità della pi sta erroneamente sottovalutata dal giudice arbitro e dagli alle

natori», «un errore tecnico nella discesa» degli stessi apripista,

ipotesi che, oltre ad essere prospettata senza alcun sostegno pro

batorio, non pone in relazione il fatto con tutte le altre prove

acquisite sulle particolari condizioni della pista nel periodo in

cui si svolse la gara. Secondariamente la corte non ha tenuto conto in modo logi

camente e giuridicamente corretto che si è svolta una gara di

discesa libera riservata ai minori, i quali, di regola, sono amanti

della velocità e meno indotti a comportamenti prudenti, onde

essi hanno bisogno di essere protetti, in attuazione anche dello

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Page 5: sezione III civile; sentenza 28 febbraio 2000, n. 2220; Pres. Grossi, Est. Lupo, P.M. Russo (concl. conf.); Perego (Avv. Cristallini, Tedoldi) c. Masuero (Avv. Gullotta, Lazzarini),

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

specifico precetto costituzionale (art. 31,2° comma, Cost.), che, indirizzandosi alla repubblica, coinvolge tutti i soggetti e gli or

gani in essa operanti. Nella sentenza impugnata, al contrario, si è operata una implicita parificazione dei concorrenti mino

renni a quelli maggiorenni quando si è ritenuto che, se fosse

stata considerata vera l'affermazione resa come testimone da una delle concorrenti («il fatto che gli apripista non fossero

riusciti a portare a termine il percorso ci sconvolse»), ne sareb

be derivata la colpa esclusiva dei concorrenti (e quindi della

Perego), «che, pur sconvolti, non hanno rinunciato alla gara». Va osservato che tale condotta prudente può essere pretesa in

una persona matura, ma non in un minore che difficilmente rinunzia a partecipare ad una gara il cui svolgimento sia con

sentito dagli organizzatori, su cui incombe perciò una particola re diligenza e prudenza a tutela della incolumità dei minori che

prendono parte ad una competizione sportiva. 4. - In conclusione, in accoglimento dei motivi quarto, quin

to, sesto e settimo del ricorso, la sentenza impugnata va cassata

sia per quanto attiene alla posizione della Fisi (v. retro, § 1), sia nella parte in cui ha respinto la domanda della Perego fon

data sull'art. 2043 c.c. per assenza di prova sulla colpa dei sog

getti convenuti (v. § 3). Il giudice di rinvio — che si designa in altra sezione della

Corte d'appello di Milano — accerterà nuovamente, nei con

fronti sia della Fisi che del giudice arbitro Masuero, se vi fu, da parte di ciascuno di tali soggetti, una condotta colposa (ge nerica o specifica) nell'organizzazione e svolgimento della gara di sci in cui la Perego riportò lesioni.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 23

febbraio 2000, n. 15/SU; Pres. Vela, Rei. A. Finocchiaro, P.M. Martone (conci, diff.); Soc. Gare (Avv. Massida, Mas

sidda) c. Soc. Riper (Avv. Irti, Mariconda). Dichiara inam

missibile ricorso avverso Pret. Olbia-Tempio Pausania 19 no

vembre 1998.

Cassazione civile — Ricorso — Inammissibilità — Rinuncia —

Esclusione — Estremi (Cod. proc. civ., art. 390, 391).

La inammissibilità del «ricorso per regolamento di giurisdizione o di competenza», implicando il riconoscimento della inesi

stenza delle condizioni per l'esercizio del relativo diritto pro cessuale, deve essere dichiarata anche in presenza di soprav venuta rituale rinuncia al medesimo ricorso. (1)

(Omissis). Considerato che la Riper s.r.l., nel resistere con

controricorso, ha insistito per l'inammissibilità del ricorso sia

come regolamento di competenza che come regolamento di giuris

dizione; considerato che con atto depositato presso la cancelleria di

questa corte il 2 giugno 1999, la parte ricorrente ha dichiarato

(1) Le sezioni unite hanno applicato al considerato «ricorso per rego lamento di giurisdizione o di competenza» il riaffermato principio, co stantemente enunciato con riguardo al ricorso ordinario per cassazione

(in argomento, in aggiunta ai precedenti richiamati in motivazione, cons, nel testo, contenente altri richiami, Cass. 20 agosto 1999, n. 8801, Foro

it., 2000, I, 845; 18 gennaio 1979, n. 362, id., Rep. 1979, voce Cassa

zione civile, n. 218; 7 febbraio 1975, n. 468, id., 1975, I, 1114, con

ulteriori indicazioni). Peraltro, già sez. Ili civile 13 marzo 1998, n. 2751, id., Rep. 1998,

voce Competenza civile, n. 294, aveva ritenuto che la rinuncia all'istan za di regolamento di competenza è inoperante allorché il ridetto regola mento sia inammissibile.

Il Foro Italiano — 2000.

di rinunciare al ricorso e la parte controricorrente ha accettato

la rinuncia con compensazione delle spese di giudizio; considerato che il ricorso è inammissibile come regolamento

di giurisdizione dal momento che la questione se la legittimazio ne a conoscere una determinata controversia spetti al giudice ordinario o ad un collegio arbitrale non attiene alla giurisdizio ne, ma alla competenza (in presenza di arbitrato rituale) o alla

proponibilità della domanda (in presenza di un arbitrato irri

tuale), con la conseguenza che è inammissibile il regolamento di giurisdizione che sia stato eventualmente proposto;

considerato che il ricorso è parimenti inammissibile come re

golamento di competenza, il quale si presenta come mezzo di

impugnazione di una sentenza sulla competenza, con la conse

guenza che lo stesso è improponibile ove proposto avverso il

solo dispositivo della decisione e prima del deposito della relati

va motivazione; considerato che la pronunzia di inammissibilità del ricorso

per cassazione ha carattere prevalente e preliminare rispetto a

quella di estinzione del processo per sopravvenuta rinunzia al

l'impugnazione, non potendosi rinunziare ad un diritto proces suale quando non sussistono le condizioni necessarie per il suo

esercizio (Cass. 18 luglio 1986, n. 4626, Foro it., Rep. 1986, voce Cassazione civile, n. 152; 18 novembre 1994, n. 9769, id.,

Rep. 1994, voce cit., n. 141); considerato che tale principio ai applica anche in tema di re

golamento preventivo di giurisdizione o di regolamento di com

petenza; considerato che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammis

sibile.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 feb

braio 2000, n. 2051; Pres. Senofonte, Est. Plenteda, P.M.

Martone (conci, conf.); Accardo (Avv. Pellicano) c. Min.

interno. Conferma Giud. pace Reggio Calabria 17 dicembre

1997.

Esecuzione forzata in genere — Precetto — Notificazione —

Sospensione della esecuzione — Ricorso d'urgenza — Esperi bilità — Estremi (Cod. proc. civ., art. 623, 624, 700).

In difetto di strumenti processuali tipici, l'unico rimedio esperi bile per ottenere la sospensione dell'esecuzione dopo la noti

fica del precetto e prima del pignoramento è il ricorso d'ur

genza di cui all'art. 700 c.p.c. (1)

(1) Con la riportata sentenza, e la precedente conforme 8 febbraio

2000, n. 1372 (pres. Senofonte, est. Plenteda), Foro it., Mass., 143, la prima sezione civile ha formulato l'enunciazione riassunta in massi

ma, risolvendo, così, in modo illuminato, una questione di notevole

rilevanza, qual era ed è quella della sospendibilità dell'esecuzione in

presenza della sola notifica dell'atto di precetto e prima, quindi, del

pignoramento. Con una motivazione lineare e comprensibile, la stessa prima sezione

civile, dando, ovviamente, per acquisito (e, in qualche misura, di diffi cile modificabilità) l'orientamento di Corte cost. 19 marzo 1996, n. 81, id., 1996, I, 1924, con nota di E. Fabiani, Opposizione a precetto e

sospensione dell'esecuzione (secondo cui è inammissibile, in quanto esor bitante dai limiti del sindacato esercitabile dalla corte in relazione alla sfera di discrezionalità riservata al legislatore, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 615, 623 e 624 c.p.c., nella misura in cui non prevedono che il giudice dell'opposizione a pre cetto possa disporre la sospensione dell'esecuzione, in riferimento al

l'art. 24 Cost.) ha evidenziato le ragioni dell'invocabilità della tutela cautelare accordata dall'art. 700 c.p.c., muovendosi, per un verso, sulla linea delle conformi opinioni espresse al riguardo da una parte minori taria della dottrina (puntualmente ricordata da E. Fabiani, op. loc.

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