Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M.Pedace (concl. conf.); Chiatellino (Avv. Rosano) c. Fall. Castellarin (Avv. Rosati)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 287/288-297/298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156028 .
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287 PARTE PRIMA 288
stabilisce che con il decreto che dichiara la decadenza
dell'aggiudicatario il giudice dell'esecuzione fissa una udienza per l'audizione delle parti a norma dell'art. 569.
Quest'ultimo articolo, a sua volta, stabilisce che in me rito all'istanza di vendita devono essere uditi le parti ed i creditori di cui all'art. 498 che non siano intervenuti. Tale norma va quindi interpretata in relazione all'art. 485 del detto codice il quale stabilisce che quando la legge richiede e il giudice ritiene necessario che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il giudice
mati passivi necessari nel giudizio di opposizione anche ai cre ditori iscritti non intervenuti : la qual cosa porterebbe oltre il limite della identificazione fra parti necessarie dell'opposizione di rito e parti necessarie del processo esecutivo (il che è quanto dire al di là del limite della riduzione dei due processi ad unum :
Carnelutti, op. cit., Ili, n. 820 segg., e , in termini particolar mente incisivi, al n. 823), se è vero (almeno nella vigenza del nuovo codice di rito che ha sottratto le basi testuali alla diverga concezione dell'Andrioli, Il concorso dei creditori nell'esecu zione singolare, 1937, pag. 209 e segg.) che l'avviso ai creditori
iscritti, lungi dal presupporre in loro la qualità di parti neces
sarie, li pone semplicemente in condizione di divenir parti, &e 10 vogliono, attraverso l'intervento (vedasi, anche per gli ampi riferimenti bibliografici, Gualanda, Creditori iscritti e creditore
sequestrante nélVespropriazione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 190 e segg.).
2. — Riesaminando, ora, alla luce delle considerazioni svolle sub 1, la conclusione cui la Corte è pervenuta, difficile è sfuggire ad una sensazione di perplessità. Che la sentenza, infatti, per giungere al suo risultato, abbia battuto una strada alquanto discutibile, risulta evidente a chiunque, seguendo uno per uno i punti sopra discussi, consideri che : a) essa eleva a modello di
legittimazione al giudizio di opposizione contro il decreto di de cadenza dell'aggiudicatario la partecipazione ad un'udienza, il cui valore sistematico non è in funzione del fatto, ormai consumato e non più discutibile in executivis, della decadenza dell'aggiudi catario, ma invece in funzione della ricerca, attraverso il nuovo
incanto, di un altro compratore ; b) per individuare i soggetti, la cui mancata vocatio nel giudizio di opposizione rende nullo 11 giudizio stesso, essa fa riferimento ad una udienza, rispetto alla
quale, come si è visto, non pur la mancata convocazione di questo 0 quel soggetto, ma la radicale pretermissione di tutti, dovrebbe
(se è lecito argomentare a fortiori da decisioni della Corte stessa in caso analogo) non provocare nullità ; c) per giustificare l'equa zione fra parti dell'opposizione e soggetti da convocarsi all'udienza ex art. 176, essa considera fra questi l'aggiudicatario e risuscita, in tal modo, concezioni che avrebbero potuto adattarsi sol alla costruzione che della rivendita immobiliare delineava il codice
abrogato ; d) osservante all'equazione tracciata, essa considera
parti necessarie del processo di opposizione soggetti che, come i creditori iscritti non intervenuti, non son parti — se non in
quanto vogliano divenir tali attraverso l'intervento — nemmeno nel processo di esecuzione.
In verità l'art. 176 non è che un appiglio occasionale, del tutto sproporzionato alla vastità del problema effettivo, il quale consiste nel domandarsi se allorquando un soggetto, diverso dalle parti tipiche e necessarie del processo esecutivo, impugni un atto di questo ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., sian quelle da considerarsi, per ciò solo, parti necessarie dell'opposizione ; e, in caso affermativo, nell'identificare la ragione generale di
collegamento, che presiede a tale necessità. Il problema, per intenderci, va al di là del modulo razionale che la Corte ha cre duto di ravvisare nell'art. 176, e non è diverso — salvo il fatto di coinvolgere anche il creditore — nel caso in cui il conflitto si agiti fra due terzi (per es. aggiudicatario provvisorio ed of ferente in aumento di sesto), sol che si voglia, anche in questa ipotesi, far capo allo schema positivo dell'opposizione agli atti esecutivi (così Cass. 2 aprile 1963, n. 806, cit. ; contra Salibra, in nota a Trib. Siracusa 16 dicembre 1953, Riv. dir. proc., 1954, II, 130). Da questo punto di vista, ove un appiglio interpreta tivo volesse trarsi dall'art. 176, esso consisterebbe se mai nella considerazione che tal norma, limitando al creditore che ha chiesto la vendita e all'aggiudicatario la comunicazione del decreto in
quanto provvedimento di decadenza, parrebbe in analogo senso limitare la legittimazione al giudizio avente per oggetto la legit timità della decadenza stessa.
Se le presenti osservazioni non possono affrontare il grave e generale problema testé accennato, esse sarebbero tuttavia
incomplete, ove non ponessero in luce che la sentenza, pur ur tando nel vincolo del ius conditum col suo tentativo di fondere 1 due profili dell'art. 176, contiene tuttavia l'intuizione di un'esi
stesso fissa con decreto l'udienza alla quale il creditore
pignorante, i creditori intervenuti, il debitore e eventual
mente gli altri interessati debbano comparire innanzi a lui.
Quando dunque ii 2° comma dell'art. 176 delle citate
norme di attuazione stabilisce che, con il decreto che di
chiara la decadenza dell'aggiudicatario a norma dell'art.
587, il giudice fissa l'udienza per l'audizione delle parti a norma dell'art. 569 del codice, per parti devono inten
dersi sia il creditore pignorante, sia il debitore, i creditori
intervenuti e gli eventuali altri interessati, dovendo il
procedimento esecutivo proseguire nei confronti di tutte
le parti e non soltanto nei confronti del creditore che ha
chiesto la vendita, dell'aggiudicatario e degli altri interes
sati, escluso il debitore come il ricorrente erroneamente
ritiene. Negli stessi sensi deve svolgersi il giudizio di oppo sizione al detto decreto.
Non essendo stato integrato in primo grado il contrad
dittorio nei confronti dei debitori esecutati deve pertanto dichiararsi la nullità del giudizio e rinviarsi la causa al
primo giudice per tale adempimento a norma degli art. 383, ult. comma, e 354 cod. proc. civile.
Non essendosi costituite le parti contrarie non deve
emettersi pronuncia sull'onere delle spese processuali. Per questi motivi, cassa, ecc.
genza, che un interprete sensibile, quale che sia la soluzione adottata, deve almeno prospettarsi. È certo, infatti, che, ove fosse lecito, come la Corte ha creduto, infrangere la situazione
positiva di incomunicabilità delle due sfere dell'art. 176, le rea zioni dell'aggiudicatario incontrerebbero un limite temporale ed una forza concentratrice nell'udienza in cui il nuovo incanto deve deliberarsi (conformente al meccanismo di cui al 2° comma del richiamato art. 569) e, d'altra parte, trovrebbe agevole in
quadramento razionale (v. art. citato, 4° comma) l'esigenza di non rendere irrita, con l'effettuazione del nuovo incanto, la deci sione sulla legittimità della pronuncia di decadenza.
u. .Borre
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M. Pedace
(conci, conf.) ; Cliiatellino (Avv. Rosano) c. Fall. Ca
stellarin (Avv. Rosati).
(Conferma App. Venezia 27 giugno 1962)
Vendita — Contralto stipulato mediante scrittura
privala Prevista redazione «li atto pubblico
dopo il pagamento del prezzo Natura di con
tratto preliminare — Esclusione.
Vendita — Prezzo — Determinazione — Clausola di
ragguaglio al costo della vita Kilicacia (Cod. civ., art. 1346).
Fallimento — Fallimento del compratore — Presta
zione principale del venditore già eseguita —
Art. 72 legge fallimentare Inapplicabilità (R. d.
16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 72). Obbligazioni e contratti Obbligo di tradurre in
atto pubblico un contratto Art. 2932 cod. civ. — Inapplicabilità (Cod. civ., art. 2932).
La circostanza che le parti, nel concludere mediante scrittura
privata un contratto relativo al trasferimento della pro prietà di un immobile, abbiano previsto la traduzione della
convenzione nella forma del pubblico strumento e la conse
gna dei titoli giustificativi della proprietà dopo l'integrale pagamento del prezzo, non basta, da sola, ad attribuire al
contratto natura di contratto preliminare, anziché di con
tratto definitivo di compravendita. (1)
(1) Nello stesso senso, in relazione a fattispecie affini, App. Firenze 11 maggio 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Vendita, n. 24 ; Trib. Firenze 17 novembre 1959, id., Rep. 1960, voce cit.,
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289 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 290
Non è viziato da indeterminabilità dell'oggetto il contratto di compravendita immobiliare, nel quale le parti, stabi lendo l'ammontare del prezzo in una certa somma, intro ducano una clausola di ragguaglio della somma medesima all'eventuale mutamento dell'indice medio del costo della vita nel luogo di situazione dell'immobile, nel periodo di
tempo intercorrente fra la conclusione del contratto ed il pa gamento del prezzo, da eseguire con dilazione. (2)
Verificatosi l'effetto reale della compravendita, ed eseguita altresì la consegna della cosa all'acquirente poi fallito, il venditore in bonis non può ottenere la risoluzione del con tratto a mente dell'art. 72 legge fallim., ancorché da parte sua restino tuttora da eseguire prestazioni accessorie, come la consegna dei titoli giustificativi della proprietà, e non sia altresì avvenuta la prevista traduzione nella forma del l'atto pubblico della compravendita conclusa mediante scrit tura privata. (3)
n. 26 (nella specie, l'efficacia reale era stata esplicitamente dif ferita alla data di redazione del previsto rogito notarile) ; Cass. 13 giugno 1958, n. 1999, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 39, 40 (riprodotta, per una diversa parte, in Foro it., 1959, I, 92).
In generale, nel senso che la semplice circostanza della pat tuizione relativa alla traduzione in pubblico strumento di un con tratto concluso mediante scrittura privata non vale, da sola, a trasformare il contratto in preliminare, v. Cass. 31 ottobre 1961, n. 2519, e 20 marzo 1961, n. 634, id., Rep. 1961, voce Obbliga zioni e contratti, nn. 125, 126 (la sentenza n> 634 è richiamata nel testo della presente) ; Trib. Roma 25 novembre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 77 ; Cass. 20 ottobre 1958, n. 3353, id., Rep. 1958, voce cit., n. 44 ; 17 maggio 1957, n. 1775, id., Rep. 1957, voce cit., n. 50 ; 16 luglio 1956, n. 2702, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 72, 73 (richiamata dalla presente) ; 23 giugno 1955, n. 1948, e App. Catanzaro 24 aprile 1954, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 51-54. Cfr. altresì, sul carattere meramente rappresentativo della documentazione di un contratto in forma diversa da quella originaria, Cass. 14 novembre 1959, n. 3374, id., Rep. 1959, voce cit., n. 129 (anch'essa invocata dalla sentenza in epigrafe) ; e, in tema di vendita, App. Messina 26 novembre 1956, id., Rep. 1957, voce Vendita, n. 24.
Per la distinzione tra vendita e promessa di vendita, anche con riferimento a diverse fattispecie concrete, v. Cass. 7 febbraio 1962, n. 241, e 1° dicembre 1962, n. 3250, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 21, 23 ; App. Firenze 22 marzo 1961 e 5 ottobre 1960, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 23-25 ; App. Roma 22 ottobre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 25 ; Cass. 29 aprile 1959, n. 12*63, id., Rep. 1959, voce cit., n. 28 ; 30 ottobre 1958, n. 3561, id., Rep. 1958, voce cit-., n. 34 ; App. Firenze 2 agosto 1955, id., Rep. 1956, voce
cit., nn. 24, 25 (ove pure le parti avevano previsto la successiva
riproduzione in forma notarile) ; Trib. Genova 29 gennaio 1955, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 68, 69 ; App. Catanzaro 23 dicembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 32 ; Cass. 8 gennaio 1953, n. 15, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 43, 44 (ricordata dalla sentenza in
epigrafe) ; e numerose altre. Per la distinzione tra contratto preliminare di vendita e
accordo provvisorio o di puntuazione, consulta Cass. 18 dicembre
1956, n. 4452, id., 1957, I, 11.
(2) Non risultano precedenti nei termini. Sulla determina bilità dell'oggetto del contratto, in generale, consulta da ultimo Cass. 25 marzo 1961, n. 682, Foro it., 1961, I, 1143 (nella motiva zione) ; ed ancora, fra le più recenti, Cass. 14 dicembre I960, n. 3247, id., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, n. 150 ; 24 ottobre 1958, n. 3451, id., Rep. 1958, voce cit., n. 148 ; 24
luglio 1956, n. 2854, id., Rep. 1956, voce cit., n. 192. Sulla deter minabilità del prezzo della vendita, pure tra le più recenti, Cass. 5 dicembre 1960, n. 3180, id., Rep. 1960, voce Vendita, nn. 46, 47 ; 6 dicembre 1958, n. 3853, e 16 giugno 1958, n. 2051, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 60-62 ; 28 maggio 1957, n. 1970, id., Rep. 1957, voce cit., n. 58.
Sulle clausole di salvaguardia o garanzia monetaria, in
genere, cfr. Cass. 29 gennaio 1960, n. Ill, id., Rep. 1960, voce
Moneta, n. 2 ; App. Palermo 8 ottobre 1957, id., Rep. 1958, voce
cit., n. 19 ; App. Firenze 17 luglio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 4, 5. Sulla clausola oro, in particolare, consulta da ultimo Cass. 25 luglio 1956, n. 2856, id., 1957, I, 1232, e Cass. 6 luglio 1955, n. 2091, id., 1956, I, 37 ; nonché Ascarelli, id., 1951, IV, 9.
(3) La giurisprudenza è costante nel ritenere che il venditore che ha eseguito la consegna della cosa al compratore, poi fallito,
possa solo concorrere nel fallimento per il prezzo : vedi App. Messina 16 gennaio 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Fallimento, n. 426 (anche se trattasi di vendita a rate, di cui solo alcune sca
II Foro Italiano — Volume LXXXV11 — Parte Z-19.
L'interesse delle parti air adempimento dell'obbligo contrat tuale di riprodurre nella forma dell'atto pubblico notarile il contratto stipulato mediante scrittura privata non è realizzabile nei modi previsti dall'art. 2932 cod. civile. (4)
La Corte, ecc. — Con il primo motivo del ricorso, il Chia
tellino, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli art. 1325, n. 4, 1350, n. 1, 1351, 1362, 1470, 1473, 1421, 1498, 3° comma, e 1322, 1° comma, cod. civ., 190, 2° comma, e 345, 2° comma, cod. proc. civ. e 72 della legge fallimentare, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., si duole che la corte del merito abbia qualificato come
compravendita definitiva il contratto de quo e abbia dichia rato inammissibile e, comunque, infondata la sua eccezione di nullità dello stesso contratto per l'assoluta indetermi
nazione del prezzo pattuito.
а) Riguardo alla prima doglianza, deduce che (a
parte gli elementi che avrebbero potuto far opinare l'esi stenza di un compromesso di vendita, anziché di un con
tratto immediatamente traslativo dell'immobile), mancando
la manifestazione scritta della volontà del compratore di
retta allo scopo di acquistare la proprietà dell'immobile
in questione, mancava l'incontro dei consensi ; e, poiché tale lacuna non poteva essere colmata da presunzioni o da
apodittiche arbitrarie e sbrigative illazioni, come ha fatto
la corte del merito, avrebbe dovuto ritenersi che il contratto
in questione fosse un preliminare unilaterale. Aggiunge che
la clausola, secondo cui il pagamento del prezzo avrebbe
dovuto essere eseguito nell'importo corrispondente al va
lore della moneta all'epoca della conclusione del contratto
e i calcoli relativi sarebbero stati effettuati sulla base del
numero indice del costo medio della vita, rendeva indeter
minato il prezzo, per cui, dovendo la determinazione di esso
avvenire mediante un successivo accordo delle parti, e
non potendo, in caso di contestazione, farsi ricorso al giudice, senza violare il principio dell'autonomia contrattuale, do
veva ritenersi che il contratto fosse un preliminare.
б) Riguardo alla seconda doglianza, deduce che la
nullità del contratto, essendo rilevabile d'ufficio, poteva essere eccepita anche nella comparsa conclusionale ; e che
la clausola relativa alla determinazione del prezzo era
nulla, in quanto non precisava se il riferimento dovesse
essere fatto al numero indice del costo medio della vita na
zionale o a quello del luogo di residenza della parte all'epoca del contratto o a quello del comune di Milano, domicilio
successivo del venditore, e in qual tempo si dovesse pro cedere alla stessa determinazione.
Le predette censure sono destituite di fondamento.
Riguardo alla qualificazione del contratto come preli minare o definitivo, occorre appena ricordare che, per co
stante giurisprudenza di questa Suprema corte, è incensu
rabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione suf
ficiente ed immune da vizi logici e giuridici, l'accertamento
dute, ma beninteso senza la riserva di proprietà) ; App. Bologna 6 dicembre 1054, id., Rep. 1955, voce Liquidazione coatta amm., n. 5 ; e implicitamente Cass. 10 dicembre 1946, n. 1350, id., 1947, I, 681. Cfr. anche Trib. Salerno 15 settembre 1954, id.,
Rep. 1954, voce Fallimento, n. 330. Con riferimento alla legisla zione anteriore, v. Cass. 11 febbraio 1946, n. 114, id., Rep. 194G, voce cit., nn. 57, 58 (dove il momento decisivo è fatto eplicita mente risiedere nella consegna della cosa, tanto se l'effetto reale si produca solo con questa, quanto se si fosse già prodotto) ; e Cass. 7 aprile 1937, n. 1016, id., 1937, I, 1098, menzionata dalla sentenza che si annota.
Per qualche ulteriore riferimento, consulta Cass. 21 ottobre
1955, n. 3400, id., 1956, I. 908, anch'essa richiamata dalla sen
tenza in epigrafe. (4) Conf. Cass. 17 gennaio 1958, n. 84, Foro it., 1059, I,
470, con nota di richiami (ed a sua volta richiamata dalla sen
tenza qui riprodotta). La più recente Cass. 15 marzo 1960, n. 523,
id., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, n. 380, afferma la
possibilità di ottenere la sentenza costitutiva di cui all'art. 2932
cod. civ. « sia nel caso di promessa di vendita, sia nel caso di
vendita ».
Consulta, inoltre, Trib. Salerno 30 novembre 1056, id.,
Rep. 1958, voce Vendita, nn. 41, 42.
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291 PARTE PRIMA 292
del giudice di merito inteso a stabilire se le parti si siano
limitate a concludere un mero contratto preliminare di
vendita, ovvero se si sia raggiunta la conclusione di un
contratto definitivo e perfetto di vendita, attraverso l'ac
cordo delle parti su tutti gli elementi di esso (Cass. 8 gen naio 1953, n. 15, Foro it., Eep. 1953, voce Vendita, nn. 43, 44 ; 4 gennaio 1950, n. 108, id., Eep. 1950, voce Obbliga zioni e contratti, n. 204 ; 5 maggio 1947, n. 675, id., Rep.
1947, voce Vendita, n. 34). Nella specie la corte di merito lia sottoposto il negozio
de quo ad una minuta analisi di tutte le sue clausole, ha
indagato la volontà delle parti in rapporto alle singole pat tuizioni e al loro complesso, partendo dalla premessa, cor
retta in diritto, e più volte ribadita da questa Corte, che
l'elemento differenziale tra contratto preliminare e con
tratto definitivo di vendita è dato dalla volontà dei con
traenti, che, nel contratto definitivo, è rivolta direttamente
e immediatamente al trasferimento della proprietà o di
altro diritto, mentre, nel contratto preliminare, tale trasfe
rimento fa dipendere da una ulteriore manifestazione di
consenso che i contraenti si obbligano a prestare (da ultimo, Cass. 30 ottobre 1958, n. 3561, Foro it., Eep. 1958, voce
Vendita, n. 35; 16 luglio 1956, n. 2702, id., Eep. 1956, voce
Obbligazioni e contratti, nn. 72, 73). Nella specie, i giudici di merito sono giunti alla conclu
sione che trattavasi di vendita con effetti reali, coordinando
l'elemento letterale con quello logico del contratto, e te
nendo altresì conto, se ed in quanto occorresse, del succes
sivo comportamento delle parti. La corte ha tenuto, in
fatti, presente, oltre il significato logico-letterale della stipu
lazione, anche la circostanza che il trasferimento del pos sesso e del godimento della proprietà, con tutti gli oneri
relativi, era avvenuto il giorno stesso della firma della scrit
tura ; ha valutato, altresì, la circostanza che l'appartamento era stato consegnato non ancora munito delle rifiniture
necessarie alla sua funzionalità, e che, senza che nulla fosse
stato stabilito fra le parti circa il notevole onere di tali ri
finiture, esso fu pacificamente assunto dal Castellarin, che
provvide direttamente e per conto proprio al completa
mento, con l'esborso della non indifferente somma di lire
2.000.000 ; ha, infine, tenuto presente il fatto che il Castel
larin pagò le rate di un mutuo ipotecario di lire 3.000.000, contratto precedentemente dal venditore, e che, in sostanza,
parte del prezzo, quello di cui il pagamento era stato con
cordemente differito, era stato lasciato nella disponibilità del Castellarin a titolo di mutuo ed interessi (il cui tasso
venne consensualmente aumentato nel corso di questo col
laterale rapporto). Vero che taluna di tali circostanze, in ispecie l'immediato
trasferimento del possesso e del godimento dell'immobile nel momento stesso della stipulazione del contratto, non
sarebbe stata, ili via logica e giuridica, come più volte ha
avvertito questa Corte, di per sè incompatibile con l'esi
stenza di un contratto preliminare ; ma è altrettanto vero
che le circostanze sopra indicate, nel loro complesso, erano
più che idonee a rafforzare, in via sussidiaria, l'interpreta zione di contratto perfetto di vendita, che, senza incorrere
in violazioni di canoni di ermeneutica, la Corte ritenne di
dovere dare alla scrittura 25 febbraio 1954 in base al tenore
testuale della medesima e alle espressioni usate dalle parti
(cfr. la sentenza di questa Corte 1° dicembre 1962, n. 3250, Foro it., Eep. 1962, voce Vendita, n. 23).
Il ricorrente pone, inoltre, in grande evidenza, ai fini
della sua tesi, la circostanza che le parti si erano riservate
di redigere il contratto in forma pubblica : ma a dimostrare
l'irrilevanza dell'argomento soccorre il principio costan
temente affermato da questo Supremo collegio, secondo il
quale il rinvio alla traduzione nella forma del pubblico stru
mento del contratto concluso mediante scrittura privata non vale a trasformare il negozio che le parti hanno inteso di concludere in via definitiva, quale compravendita per fetta, in una promessa di vendita o di futuro contratto ; e ciò perchè la formazione, prevista per un tempo succes
sivo, di un rogito notarile, idoneo ad effettuare le formalità
immobiliari e la pubblicità per i terzi, rappresenta una ri
produzione meramente formale del contratto originario,
riproduzione nell'orbita della quale le dichiarazioni mede
sime assumono il valore di mere dioliiarazioni di carattere
storico e rappresentativo, non di nuova volontà (v., tra le
altre, Cass. 20 marzo 1961, n. 634, Foro it., Eep. 1961, voce
Obbligazioni e contratti, n. 126 ; 14 novembre 1959, n. 3374,
id., Hep. 1959, voce cit., n. 129 ; 16 luglio 1956, n. 2702,
id., Eep. 1956, voce cit., nn. 72, 73).
Quanto, poi, al rilievo che nella scrittura in oggetto al
predicato verbale « vendo » non fu fatto seguire un predi cato (« compro », o simili) che manifestasse l'accettazione
da parte del Castellarin (il che, a dire del ricorrente, impor terebbe la nullità della scrittura, se considerata quale ven
dita definitiva immobiliare, per mancanza di un elemento
essenziale di forma, quale la manifestazione per iscritto del
consenso da parte del compratore), apparve giustamente ovvio alla corte di merito che la manifestazione della volontà
di accettare da parte del compratore fosse stata data, nella
compravendita de qua, dalla sottoscrizione apposta dal
Compratore stesso in calce al contratto, che, essendo rela
tivo ad un bene immobile, era stato regolarmente redatto
per iscritto.
È, infine, da rilevarsi che dalla pretesa mancata accet
tazione del Castellarin nelle forme prescritte per i contratti
traslativi di diritti immobiliari il Chiatellino fa derivare
l'asserzione che, nella specie, non si sarebbe trattato nem
meno di un contratto bilaterale e preliminare di vendita
immobiliare (anche per il quale, come è ovvio, art. 1351
cod. civ., il consenso di entrambi i contraenti deve essere
prestato in forma scritta, richiesta ad substantiam), bensì
di un preliminare unilaterale o patto di opzione di vendita
d'immobile, che l'art. 1331 parifica alla proposta irrevoca
bile, e che dà luogo al trasferimento soltanto ove intervenga la dichiarazione tempestiva di accettazione dell'altra parte, da farsi ugualmente per iscritto a pena di nullità.
Superata, come già si è detto, ogni questione sulla accet
tazione nella debita forma, da parte del Castellarin, delle
clausole contenute nella scrittura,l'asserzione relativa all'esi
stenza di un semplice patto di opzione rimane, per ciò stesso, svuotata dalla sua premessa. Comunque la tesi, espressa mente disattesa dalla corte di merito, appare superata
dall'ampia ed esauriente dimostrazione data dalla corte
stessa a giustificazione della scelta fatta tra le sole due
alternative logicamente possibili (vendita bilaterale preli minare ovvero definitiva), mancando, per incompatibilità con i dati elaborati dalla corte, ogni possibile elemento
caratterizzante l'eventuale tertium genus (preliminare uni
laterale di vendita).
Passando, ora, ad esaminare l'altro aspetto delle doglianze del Chiatellino, osserva la Corte che, per insegnamento
pacifico, è necessario, ai fini della validità del contratto di
vendita, che il prezzo d'acquisto sia determinato, espressa mente o implicitamente, o sia, quanto meno, determinabile,
indipendentemente da una nuova manifestazione di vo lontà delle parti, attraverso il riferimento ad elementi estrin
seci, a precisati criteri o punti di riferimento, o attraverso altri preordinati meccanismi contrattuali, sempre che la
legge, come avviene in alcuni casi, non fornisca diretta mente i criteri di determinazione (Cass. 5 dicembre 1960, n. 3180, Foro it., Rep. 1960, voce Vendita, nn. 46, 47 ; 16
giugno 1958, n. 2051, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 61, 62). Tale esigenza, per cui la vendita è nulla, per mancanza di un elemento essenziale, soltanto se il prezzo non sia nè de
terminato, nè determinabile con i criteri sopra indicati, vale non soltanto riguardo alla vendita definitiva o con
effetti reali, ma anche per il contratto preliminare di vendita, in cui parimenti debbono essere determinati o essere resi determinabili tutti gli elementi essenziali del futuro negozio definitivo (v. la sent. n. 3374 del 1959, già citata), ed anche
per il compromesso unilaterale o proposta irrevocabile di vendita. Vano, quindi, appare il tentativo del Chiatellino di fondarsi sulla premessa, del resto errata, come si vedrà, di una pretesa indeterminatezza o indeterminabilità del
prezzo dell'immobile, per operare, ancora una volta, una
specie di riduzione o conversione della scrittura 25 feb braio 1954 a minori figure contrattuali, o di effetto meno
ampio, quali il compromesso bilaterale di vendita, o la pro
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293 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 294
messa unilaterale o proposta irrevocabile di vendita. D'altra
parte, fermo che le parti avessero inteso stipulare una ven
dita definitiva, non può essere accettata l'affermazione clic
tale vendita fosse nulla, o non perfezionata, o semplice mente in itinere, per essere il prezzo ancora indeterminato, o indeterminabile.
Conviene, a questo punto, sgomberare il campo d'in
dagine della questione processuale ; appare, effettivamente, discutibile l'asserzione della corte di merito, che la nullità
o la mancata perfezione della compravendita per la rite
nuta mancanza di un elemento essenziale, quale la deter
minazione o la determinabilità del prezzo, non potesse essere dedotta per la prima volta nella comparsa conclu
sionale per il collegio d'appello ; ma ogni più penetrante esame del punto se si trattasse di una questione rilevabile
d'ufficio, e, quindi, prospettabile in ogni momento al giu dice, fuori dal regime processuale preclusivo delle eccezioni
in senso proprio, appare del tutto superfluo, avendo, co
munque, la corte d'appello trattato compiutamente il me
rito della questione così dedotta.
La corte, a questo riguardo, lia affermato cbe, ai fini
della validità della compravendita, è sufficiente che il
prezzo, se non sia stato già determinato, sia determinabile
in base a criteri prefissati (e tale è il prezzo che si deve de
sumere dall'eventuale variazione dell'indice medio del
costo della vita nel luogo in cui si trova l'immobile), perchè l'accertamento di tali variazioni, con conseguente deter
minazione del quantum, non richiede necessariamente un
accordo delle parti, ben potendosi fare ricorso al giudice in
caso di contestazioni. Tale motivazione appare a questa Corte esatta e conforme ai principi generali, sopra accennati,
relativi alla determinabilità del prezzo della vendita. Nel
caso di dilazione del pagamento del prezzo della compraven
dita, l'adozione di clausole di ragguaglio della somma al va
lore di determinati beni reali o al tasso di svalutazione della
moneta, o all'indice del costo medio della vita, quali si
presenteranno al momento dell'effettivo pagamento, non
implica affatto indeterminabilità, ma appunto previsione di criteri estrinseci, che non esigono alcuna nuova manife
stazione di volontà delle parti, bensì e soltanto operazioni aritmetiche di contabilizzazione ; salvo, si intende, il ri
corso al giudice, in funzione ordinaria di mero accerta
mento, e non già di integrazione della volontà contrattuale
delle parti, ove ex post sorga tra le parti stesse dissenso nella
identificazione quantitativa di quei parametri. Del resto, il ricorrente non ha saputo indicare alcuna effettiva ragione di contrasto tra i principi generali e la clausola di ragguaglio intesa a salvaguardare a favore del venditore il valore del
prezzo nel possibile mutamento della realtà economica
durante il periodo di dilazione, ma soltanto afferma cbe il
prezzo era indeterminabile, perchè la clausola di ragguaglio non specificava se dovesse essere adottato il riferimento
all'indice medio del costo della vita del luogo dove si tro
vava l'immobile, ovvero di quello del luogo del domicilio
del venditore, o del luogo del f agamento. Seri on Mi è. 1 ali
osservazioni urtano contro l'interpretazione della volontà
contrattuale, operata dalla corte di merito nel senso che le
parti avessero voluto il riferimento al costo medio della
vita nel luogo ove era situato l'immobile, coincidente con
quello di residenza del compratore al momento della stipu lazione ; interpretazione incensurabile, giacché è indagine di fatto quella che il giudice di merito compie per stabilire
a quali elementi le parti abbiano inteso far riferimento per la determinazione del prezzo (v. sent. n. 2051 del 1958).
Sembra, infine, non inutile rilevare che, essendo il
prezzo ben determinato, in somma numerica, per una delle
ipotesi alternative (che non si verificassero variazioni del
costo della vita), la questione della determinabilità o meno,
per l'ipotesi contraria, questione che forma uno dei cardini
principali del ricorso del Chiatelllino, appare di sapore pre valentemente accademico ; infatti, non risulta in alcun
modo che tra le parti sia stata mai fatta, in via concreta,
questione di applicazione e di esecuzione della clausola di
ragguaglio. Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando la vio
lazione e la falsa applicazione degli art. 1470, 1473, 1474,
1477, 3° comma, 1362 cod. civ., 12 delle preleggi e 72 legge fallimentare, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che, anche ammesso che il contratto de quo fosse una compravendita definitiva, avrebbe dovuto rite nersi pur sempre applicabile l'art. 72 della legge fallimentare, in quanto il contratto stesso, all'epoca della dichiarazione
del fallimento, non era stato compiutamente eseguito in
relazione alla determinazione del prezzo, al pagamento dello
stesso, alla stipula del rogito notarile e alla consegna dei
titoli giustificativi della proprietà. Deduce che la lettera
dell'art. 72 della legge fallimentare non consente la distin
zione, fatta dalla corte del merito, tra obbligazioni princi
pali e obbligazioni secondarie ; e che tutte le dette obbliga zioni non ancora eseguite erano principali.
Anche queste censure debbono ritenersi infondate.
Esattamente la corte di merito ha ritenuto che l'ipo tesi di inesecuzione (totale o parziale) del contratto di
compravendita, quale prevista dall'art. 72 della legge fallimentare, ricorre, per quanto attiene al venditore, sol
tanto quando questi non abbia consegnato la cosa ovvero
non abbia fatto acquistare al compratore la proprietà di
essa,, ove, ben inteso, l'acquisto non sia già avvenuto per effetto immediato del consenso. Queste, infatti, costituiscono
le prestazioni fondamentali del venditore, il cui inadempi mento turba in modo insuperabile l'economia del negozio. È, di conseguenza, con riferimento esclusivo al mancato
adempimento di queste obbligazioni che l'art. 72, per re
stringersi all'ipotesi, che sola qui interessa, di fallimento
del compratore e di inesecuzione da parte del venditore
in bonis, detta le norme intese a contemperare, secondo
un prevalente criterio di equità, gli interessi del fallimento
con quelli del contraente in bonis, dando al venditore le
facoltà alternative o di eseguire da parte sua, il contratto, nonostante la dichiarazione di fallimento del compratore,
sottoponendosi, quanto al prezzo, alla falcidia fallimentare
(art. 72, 1° comma) ; o di sospendere l'esecuzione del con
tratto fino a quando il curatore, previe le autorizzazioni
prescritte, non dichiari, di subentrare in luogo del fal
lito nel contratto, assumendone tutti gli obblighi rela
tivi, ovvero di sciogliersi dal medesimo (art. 72, 2°
comma) ; o, in fine, di mettere in mora il curatore a pro
nunciarsi, facendogli assegnare un termine, decorso inu
tilmente il quale il contratto s'intende risolto (art. 72, 3° comma). Nel sistema anteriore all'attuale legge falli
mentare non esistevano norme di portata così gene rale, esplicita e onnicomprensiva quali quelle dell'art.
72 vigente, ed il regime delle vendite immobiliari non
ancora eseguite al momento della dichiarazione di falli
mento era lasciato legislativamente un po' nell'ombra ;
tuttavia, dottrina e giurisprudenza, sviluppando i principi che affioravano dagli art. 804-806 cod. comm., dettati
per alcune situazioni attinenti a vendite mobiliari, avevano
già costruito una disciplina analoga a quella poi consacrata
legislativamente nell'art. 72 vigente ; e. nell'àmbito di tale
disciplina, avevano fermato quale pacifico il concetto che nelle vendite immobiliari, una volta verificatosi l'effetto
reale della compravendita, il venditore in bonis doveva
intendersi aver eseguito compiutamente la sua presta zione e che, quindi, non poteva farsi più questione di riso
luzione del contratto e di restituzione dell'immobile, o di
sospensione dell'esecuzione del contratto medesimo, an
corché il compratore decotto non avesse da parte sua.
al momento della dichiarazione di fallimento, ancora adem
piuto o compiutamente adempiuto l'obbligo del pagamento del prezzo, nè simile obbligazione intendesse soddisfare
il curatore. Fermo, quindi, ed irrevocabile tale effetto reale, si concludeva che al venditore non restasse che insinuarsi
nel fallimento per il pagamento del prezzo o del residuo
prezzo in moneta fallimentare (ove, ben inteso, non si
fosse tempestivamente cautelato con una efficace iscri
zione dell'ipoteca legale spettante al venditore a garanzia del pagamento del prezzo, sottraendosi, così, alla sorte dei
creditori chirografari). Tra le varie pronunce del Supremo collegio in questo
senso, possono essere ricordate, come fondamentali e
particolarmente puntualizzanti, le sentenze 7 aprile 1937,
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295 PARTE PRIMA 296
n. 1016 (Foro it., 1937, I, 1098), e 12 marzo 1935, n. 920
(id., Rep. 1935, voce Fallimento, nn. 243, 244). Tali
principi sono ritenuti validi in giurisprudenza e in dot
trina anche nel vigore della legge fallimentare n. 267 del 16
marzo 1942 (v., tra le altre, Cass. 21 ottobre 1955, n. 3400,
id., Rep. 1955, voce cit., nn. 307, 308). Soltanto, non si è
del tutto affievolito il contrasto (già emergente dalle due
sentenze della Suprema corte sopra citate, attinenti alla
vecchia legislazione), circa i limiti del concetto di «effetto
reale verificatosi ». Si ritiene dai più, in conformità di
principi generalissimi attinenti all'efficacia dei contratti
bilaterali traslativi di diritti reali, che tale effetto debba
intendersi prodotto in conseguenza del perfezionatosi con
senso, su tutti gli elementi della compravendita, e, quindi, del passaggio automatico nel patrimonio del compratore dell'immobile oggetto del contratto, nonostante la mancata
consegna dell'immobile stesso. Ma altri opinano che, anche
se la vendita risulti già perfezionata al momento della
dichiarazione del fallimento del compratore, ove l'immobile
non sia stato ancora consegnato, il venditore in bonis
possa opporre al fallimento una specie di diritto di riten
zione, in senso lato, per indurre il fallimento alla risolu
zione o al pagamento del prezzo in moneta integrale. Checché ne sia di tale questione, essa, tuttavia, non assume
nella specie alcuna rilevanza pratica, giacché è assodato
che non soltanto per effetto del consenso era stata trasfe
rita al compratore la proprietà dell'immobile, ma che all'atto
stesso della stipulazione il venditore aveva anche trasfe
rito il possesso nonché il godimento. Da tali premesse chiara risulta l'inconsistenza della
tesi del Chiatellino, per cui sarebbe pur sempre tornato
applicabile l'art. 72, 3° comma, in quanto il contratto di
vendita non sarebbe stato ancora eseguito o compiuta mente eseguito, secondo la previsione del 1° comma dello
stesso articolo, né dall'uno né dall'altro contraente ; e cioè
perchè il compratore non aveva ancora pagato una parte del prezzo, il venditore non aveva ancora consegnato i
titoli e gli altri documenti giustificativi della proprietà, le parti non si erano messe d'accordo sulla determinazione
del prezzo, e, infine, non era ancora avvenuta la prevista trasfusione del contenuto della scrittura privata in un
rogito notarile. Superfluo soffermarsi sul mancato paga mento del prezzo ; è stato già ampiamente spiegato che è
questa appunto l'ipotesi per cui, una volta verificatosi
l'effetto reale a vantaggio del compratore, al venditore
non resta, in caso di fallimento del compratore stesso, altra
tutela che insinuare il suo credito per il prezzo in via chi
rografaria. È vero poi che tra le obbligazioni incombenti al vendi
tore esiste quella legale (art. 1477, 3° comma, cod.' civ.) di consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà della cosa venduta ; ma, a parte che, in punto di fatto, è
contestabile se tale obbligazione sia rimasta effettivamente
inadempiuta, trattasi normalmente di una obbligazione del tutto accessoria, che potrebbe (ma l'opinione è contro
vertibile) assumere un certo rilievo, anche agli effetti
dell'art. 72 della legge fallimentare, soltanto nei casi in cui
il possesso dei titoli e dei documenti apparisse essenziale
per l'uso e per il godimento della cosa (ad es. vendita di
autoveicoli). Essa era, invece, nella specie, priva a priori di ogni concreta rilevanza, trattandosi di una vendita im
mobiliare, in cui nessuna contestazione era sorta sulla
pienezza dei diritti del venditore, la cui proprietà risultava
pubblicamente documentata dalle trascrizioni e dagli atti
pubblici all'uopo depositati. Quanto alla riproduzione della vendita nella forma
dell'atto pubblico, trattasi d'obbligazione anch'essa accesso
ria, d'interesse bensì del compratore, ma che non incide
sull'equilibrio economico delle rispettive prestazioni, per chè il suo adempimento nessun sacrificio patrimoniale richiede al venditore che già abbia alienato e consegnato la cosa. Quanto, infine, alla pretesa mancata determina
zione del prezzo, in aggiunta a ciò che è stato esposto con
riguardo al motivo precedente, devesi ribadire soltanto che
l'eventuale adeguamento del prezzo al parametro del costo
della vita non rappresentava nè un momento della forma
zione nè un momento della esecuzione del contratto, ma
un'operazione accessoria, di carattere puramente contabile, e che, d'altra parte, nessuno ha mai sostenuto che si fos
sero verificate le condizioni e le richieste concrete perchè tale contabilizzazione dovesse avvenire. In sintesi, e con
particolare riguardo a tutte queste pretese inesecuzioni
parziali da parte del venditore, deve riconoscersi piena validità al concetto espresso dalla corte di merito, secondo
cui le disposizioni dell'art. 72 legge fallimentare mirano, in ultima analisi, ad impedire che il contraente in bonis
sia costretto al sacrificio economico di eseguire la sua pre stazione, sebbene, a causa del fallimento del compratore, non possa ormai più ottenere l'intero corrispettivo ; eve
nienza, questa, che non si verifica nel caso in cui il vendi
tore, trasmessa la proprietà della cosa ed effettuatane la
consegna, abbia già completamente subito, alla data del
fallimento, la perdita patrimoniale inevitabilmente con
nessa all'adempimento della sua obbligazione, e le even
tuali prestazioni accessorie, cui può essere ancora tenuto, non implichino per lui nuove diminuzioni patrimoniali.
Con il terzo motivo, il ricorrente, denunciando la viola zione degli art. 112 e 277, 1° comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 5, dello stesso codice, si duole che la corte del merito abbia omesso di esaminare la sua ecce
zione, secondo cui la domanda del fallimento non avrebbe
potuto essere accolta, in quanto, ai sensi dell'art. 2932 cod.
civ., avrebbe dovuto essere preceduta dall'offerta, da parte dell'attore, delle prestazioni da esso fallimento dovute a favore del venditore.
Deduce, al riguardo, che, secondo un principio che sarebbe stato accolto anche dal Supremo collegio, l'art. 2932 cod. civ. sarebbe applicabile anche nell'ipotesi di un atto di vendita perfetta, costituito da una scrittura pri vata non seguita dal previsto rogito notarile.
Anche queste censure non hanno migliore fondamento delle precedenti. Non è del tutto chiaro se, riferendosi agli obblighi o oneri che, ex art. 2932, 2° comma, cod. civ., incombono sulla parte che voglia ottenere la sentenza sostitutiva dell'obbligo di concludere un contratto trasla tivo o costitutivo di diritti, il ricorrente intenda che il fallimento avrebbe dovuto offrire nei modi di legge il
pagamento dell'intero residuo del prezzo, in moneta piena, ovvero dichiararsi pronto a stipulare il previsto rogito notarile, ovvero, ancora, adempiere congiuntamente i due
predetti oneri. Comunque, sia sotto l'uno sia sotto l'altro
riflesso, l'art. 2932 cod. civ. appare del tutto estraneo alla specie. Il fallimento non aveva affatto richiesto una
pronuncia giurisdizionale sostitutiva di un consenso non
prestato dal Chiatellino alla stipulazione di una vendita
definitiva, sulla base della pregressa stipulazione di un contratto preliminare o compromesso di vendita ; bensì, affermando la premessa, risultata, come si è visto, esatta, che con la scrittura 23 febbraio 1954 era stata stipulata una vendita definitiva, con immediati effetti reali, aveva
semplicemente richiesto che il giudice accertasse tale situa
zione, ormai perfezionatasi con tutte le conseguenze legali, vale a dire con la definitiva acquisizione dell'immobile venduto al Castellarin, e per esso alla massa fallimentare.
D'altra parte, una volta ammesso ed accertato che con la scrittura privata era stata stipulata una vendita defi
nitiva, il meccanismo di diritto processuale e sostanziale
previsto dall'art. 2932 cod. civ. non avrebbe potuto essere invocato da alcuna delle parti contraenti, come del resto non lo fu, al semplice scopo di ottenere una sentenza sostitu-. tiva del rogito notarile, che le parti si erano scambievol mente promesso di stipulare, una volta regolato il debito del prezzo.
Infatti, la Suprema corte ha più volte posto in evi denza il principio, contrario a quello supposto dal ricor
rente, che l'interesse delle parti all'adempimento dell'ob
bligo contrattuale della riproduzione del contratto in forma diversa da quella originaria (in genere, trasfusione del contenuto della scrittura privata in atto pubblico nota
rile) non è realizzabile nei modi previsti dall'art. 2932 cod.
civ., che si riferisce alla diversa ipotesi dell'esecuzione
specifica dell'obbligo di concludere un contratto, attuabile
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297 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 298
mediante sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso ; mentre l'interesse ad ottenere la prevista documentazione diversa dell'originario contratto può es sere soddisfatto, entro certi limiti, da una sentenza di
accertamento, che renda operanti quegli effetti che la
parte si attendeva dalla riproduzione formale del negozio (Cass. 17 gennaio 1958, n. 84, Foro it., Rep. 1958, voce
Registro, nn. 658, 659 ; 14 novembre 1955, n. 3735, id., 1956, I, 331). È appena necessario osservare, da ultimo,
che, nella specie, l'esigenza, contrattualmente voluta dalle
parti, della riproduzione con rogito notarile, può apparire superata dalla sentenza emessa dai giudici di merito, ac certante l'autografia delle firme dei contraenti e l'avvenuto definitivo trasferimento.
Il ricorso del Chiatellino, risultando, a seguito delle considerazioni sovra esposte, infondato in tutti i suoi mo
tivi, deve essere rigettato, con le conseguenziali sanzioni di legge a carico del ricorrente (art. 381, 385 cod. proc. civile).
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 17 ottobre 1963, n. 2772 ; Pres.
Torrente P., Est. Malfitano, P. M. Trotta (conci,
conf.) ; Pali. Barnini (Avv. B. Martinengo) c. Finanze
(Avv. dello Stato Carafa).
(Ojnjermi App. Genova 10 novembre 1961)
llariiotelevisioiic — Canone «li abbonamento — So
pratassa per tardivo pagamento —- Privilegio
(Cod. civ., art. 2772 ; r. d. 1. 21 febbraio 1938 n. 246,
disciplina abbonamento alle radioaudizioni, art. 26).
Il privilegio pei erediti relativi al canone d'abbonamento
alla radio e alla televisione si estende anche alle sopra tasse per ritardato pagamento. (1)
La Corte, eco. — Con l'unico motivo di ricorso si censura
la sentenza impugnata per aver ritenuto che il privilegio
spetti anche alla sopratassa per il ritardato pagamento del
canone di abbonamento alla radio e alla televisione. Al ri
guardo si deduce che stabilendo l'art. 26 del r. decreto legge n. 246 del 1938 che sono privilegiati i crediti relativi al
canone di abbonamento, non è possibile estendere tale
privilegio alla sopratassa che ha natura diversa dal ca
none ed è dovuta soltanto perchè questo non è stato pa
gato nei termini. Tale estensione, peraltro, non sarebbe
possibile perchè le norme che stabiliscono i privilegi, avendo
carattere eccezionale, dovrebbero essere interpretate re
strittivamente.
La censura è infondata.
Questa Corte suprema nella sentenza n. 405 del 1936
(Foro it., Rep. 1936, voce Privilegio, nn. 22, 23), inter
(1) Non constano precedenti in termini. Cass. 11 dicembre 1933, n. 3553, Foro it., 1931, I, 20, ricor
data nella motivazione della presente, escluse il privilegio per l'allora vigente « contributo di abbonamento obbligatorio alle
radioaudizioni » (dovuto da comuni, alberghi, circoli, stabili
menti termali e balneari, cinema, ecc.). L'attuai? canone di abbonamento, invece, ha, secondo App.
Genova 16 maggio 1953, id., 1953, I, 1682, con nota di Fragola, natura di tassa e non d'imposta (la sentenza confermativa, Cass. 17 ottobre 1955, n. 3221, è pubblicata in questa stessa
rivista, 1956, I, 1959). Cass. 30 luglio 1958, n. 2788, citata nella motivazione della
sentenza che si annota, e pubblicata in questa rivista, 1959, I,
257, con nota di richiami, ha ritenuto che il privilegio per imposte dirette si estenda anche al credito dell'esattore per indennità di
mora ; analogo principio è stato, da App. Napoli 5 marzo 1956
(id., 1956, I, 768), applicato ai crediti tributari anche per le so
pratasse e da App. Genova 24 luglio 1962, id., Rep. 1962, voce
Privilegio, n. 15, con riferimento all'art. 2772 cod. civile.
pretando l'art. 1962 cod. civ. abr., che, come l'art. 2772 del codice vigente, accordava il privilegio anche al credito dello Stato per i tributi indiretti, tra i quali deve ritenersi
compreso il pagamento del canone di abbonamento alla radiotelevisione (v. la sent, di questa Corte n. 3553 del
1933, icl., 1934, I, 20), affermò clie con il tributo è coperto dal privilegio tutto ciò che è dovuto in dipendenza del tri buto medesimo e, quindi, anche le sopratasse e le multe.
Successivamente questa stessa Corte in materia ana
loga e, precisamente a proposito della indennità di mora, ha più volte affermato (v. da ult. la sent. n. 2788 del 1958, Foro it., 1959, I, 257) che il privilegio accordato ai crediti dello Stato per tributi diretti, eccettuato quello fondiario, si estende al credito dell'esattore per tale indennità, sotto il profilo che questa costituisce un accessorio del tributo avente la stessa natura pubblicistica di quest'ultimo e ri tiene che non sussista alcuna ragione per mutare tale indi rizzo nella decisione della fattispecie in esame.
Invero, la sopratassa, adempiendo alla duplice funzione di stimolare il contribuente alla osservanza degli obblighi tributari e di risarcire la finanza dello Stato e di altro ente
pubblico impositore delle conseguenze dannose derivanti dall'inosservanza di detti obblighi (sicché, nei casi in cui per l'inadempimento è stabilito la sopratassa, resta esclusa ogni altra forma di risarcimento), costituisce, come indennizzo del mancato pagamento in termine, un accessorio naturale, necessario della tassa, avente la medesima natura e strut tura giuridica di essa.
Come per la tassa, l'obbligo del pagamento della
sopratassa sorge con il semplice verificarsi della situazione
oggettiva prevista dalla legge e nella misura da questa in
derogabilmente stabilita, indipendentemente da ogni in
dagine sulla colpa del contribuente inadempiente o sull'esi
stenza ed entità del danno derivato allo Stato o ad altro ente pubblico impositore della inadempienza.
Ora, l'identità di natura tra la tassa e la sopratassa e
il carattere di accessorietà di questa rispetto alla tassa in
ducono a ritenere che le disposizioni che accordano una
maggiore tutela al credito per la tassa mediante la conces
sione di privilegi, siano applicabili al credito per la sopra tassa, essendo identiche per entrambi i crediti le ragioni che
giustificano la maggiore tutela.
Ne vale obiettare che le disposizioni che accordano i pri
vilegi essendo di carattere eccezionale dovrebbero essere
interpretate restrittivamente in quanto per le leggi ecce
zionali è sancito soltanto il divieto della interpretazione
analogica (art. 14 preleggi) di tal che per esse è consentita
anche l'interpretazione estensiva con la quale non si fa
altro che interpretare la norma in cui il legislatore minus
scripsit quarti voluit, in guisa da comprendere tutti i casi
ai quali essa, secondo il suo spirito, può riferirsi.
Il rilievo del ricorrente secondo cui in alcune leggi, di
data posteriore a quella che accordò il privilegio al credito
per il canone di abbonamento alla radiotelevisione, è espres samente prevista la estensione del privilegio alla sopratassa, non può indurre a una soluzione della questione diversa
da quella adottata perchè esso non è sufficiente a escludere
che la legge più antica fosse, nonostante la sua specifica formulazione, ispirata a quelle medesime intenzioni che le
leggi più recenti rivelano espressamente. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili ; sentenza 15 ottobre 1963, n. 2766 ; Pres. Torrente P., Est. Caporaso, P. M. Pepe (conci,
conf.) ; Minen (Avv. Capua, Luzzatto Guerrini) c.
Eredi Moretti e Pizzamiglio (Avv. Marpillero, Pel
lizzer).
('Conferma Afp. Trieste 15 higlio 1960)
Trascrizione — Nuove province — Libri fondiari
Conflitto tra aventi causa dallo stesso proprietario
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