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Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M....

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Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M. Pedace (concl. conf.); Chiatellino (Avv. Rosano) c. Fall. Castellarin (Avv. Rosati) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 287/288-297/298 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156028 . Accessed: 28/06/2014 14:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M.Pedace (concl. conf.); Chiatellino (Avv. Rosano) c. Fall. Castellarin (Avv. Rosati)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 287/288-297/298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156028 .

Accessed: 28/06/2014 14:13

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287 PARTE PRIMA 288

stabilisce che con il decreto che dichiara la decadenza

dell'aggiudicatario il giudice dell'esecuzione fissa una udienza per l'audizione delle parti a norma dell'art. 569.

Quest'ultimo articolo, a sua volta, stabilisce che in me rito all'istanza di vendita devono essere uditi le parti ed i creditori di cui all'art. 498 che non siano intervenuti. Tale norma va quindi interpretata in relazione all'art. 485 del detto codice il quale stabilisce che quando la legge richiede e il giudice ritiene necessario che le parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il giudice

mati passivi necessari nel giudizio di opposizione anche ai cre ditori iscritti non intervenuti : la qual cosa porterebbe oltre il limite della identificazione fra parti necessarie dell'opposizione di rito e parti necessarie del processo esecutivo (il che è quanto dire al di là del limite della riduzione dei due processi ad unum :

Carnelutti, op. cit., Ili, n. 820 segg., e , in termini particolar mente incisivi, al n. 823), se è vero (almeno nella vigenza del nuovo codice di rito che ha sottratto le basi testuali alla diverga concezione dell'Andrioli, Il concorso dei creditori nell'esecu zione singolare, 1937, pag. 209 e segg.) che l'avviso ai creditori

iscritti, lungi dal presupporre in loro la qualità di parti neces

sarie, li pone semplicemente in condizione di divenir parti, &e 10 vogliono, attraverso l'intervento (vedasi, anche per gli ampi riferimenti bibliografici, Gualanda, Creditori iscritti e creditore

sequestrante nélVespropriazione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, 190 e segg.).

2. — Riesaminando, ora, alla luce delle considerazioni svolle sub 1, la conclusione cui la Corte è pervenuta, difficile è sfuggire ad una sensazione di perplessità. Che la sentenza, infatti, per giungere al suo risultato, abbia battuto una strada alquanto discutibile, risulta evidente a chiunque, seguendo uno per uno i punti sopra discussi, consideri che : a) essa eleva a modello di

legittimazione al giudizio di opposizione contro il decreto di de cadenza dell'aggiudicatario la partecipazione ad un'udienza, il cui valore sistematico non è in funzione del fatto, ormai consumato e non più discutibile in executivis, della decadenza dell'aggiudi catario, ma invece in funzione della ricerca, attraverso il nuovo

incanto, di un altro compratore ; b) per individuare i soggetti, la cui mancata vocatio nel giudizio di opposizione rende nullo 11 giudizio stesso, essa fa riferimento ad una udienza, rispetto alla

quale, come si è visto, non pur la mancata convocazione di questo 0 quel soggetto, ma la radicale pretermissione di tutti, dovrebbe

(se è lecito argomentare a fortiori da decisioni della Corte stessa in caso analogo) non provocare nullità ; c) per giustificare l'equa zione fra parti dell'opposizione e soggetti da convocarsi all'udienza ex art. 176, essa considera fra questi l'aggiudicatario e risuscita, in tal modo, concezioni che avrebbero potuto adattarsi sol alla costruzione che della rivendita immobiliare delineava il codice

abrogato ; d) osservante all'equazione tracciata, essa considera

parti necessarie del processo di opposizione soggetti che, come i creditori iscritti non intervenuti, non son parti — se non in

quanto vogliano divenir tali attraverso l'intervento — nemmeno nel processo di esecuzione.

In verità l'art. 176 non è che un appiglio occasionale, del tutto sproporzionato alla vastità del problema effettivo, il quale consiste nel domandarsi se allorquando un soggetto, diverso dalle parti tipiche e necessarie del processo esecutivo, impugni un atto di questo ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., sian quelle da considerarsi, per ciò solo, parti necessarie dell'opposizione ; e, in caso affermativo, nell'identificare la ragione generale di

collegamento, che presiede a tale necessità. Il problema, per intenderci, va al di là del modulo razionale che la Corte ha cre duto di ravvisare nell'art. 176, e non è diverso — salvo il fatto di coinvolgere anche il creditore — nel caso in cui il conflitto si agiti fra due terzi (per es. aggiudicatario provvisorio ed of ferente in aumento di sesto), sol che si voglia, anche in questa ipotesi, far capo allo schema positivo dell'opposizione agli atti esecutivi (così Cass. 2 aprile 1963, n. 806, cit. ; contra Salibra, in nota a Trib. Siracusa 16 dicembre 1953, Riv. dir. proc., 1954, II, 130). Da questo punto di vista, ove un appiglio interpreta tivo volesse trarsi dall'art. 176, esso consisterebbe se mai nella considerazione che tal norma, limitando al creditore che ha chiesto la vendita e all'aggiudicatario la comunicazione del decreto in

quanto provvedimento di decadenza, parrebbe in analogo senso limitare la legittimazione al giudizio avente per oggetto la legit timità della decadenza stessa.

Se le presenti osservazioni non possono affrontare il grave e generale problema testé accennato, esse sarebbero tuttavia

incomplete, ove non ponessero in luce che la sentenza, pur ur tando nel vincolo del ius conditum col suo tentativo di fondere 1 due profili dell'art. 176, contiene tuttavia l'intuizione di un'esi

stesso fissa con decreto l'udienza alla quale il creditore

pignorante, i creditori intervenuti, il debitore e eventual

mente gli altri interessati debbano comparire innanzi a lui.

Quando dunque ii 2° comma dell'art. 176 delle citate

norme di attuazione stabilisce che, con il decreto che di

chiara la decadenza dell'aggiudicatario a norma dell'art.

587, il giudice fissa l'udienza per l'audizione delle parti a norma dell'art. 569 del codice, per parti devono inten

dersi sia il creditore pignorante, sia il debitore, i creditori

intervenuti e gli eventuali altri interessati, dovendo il

procedimento esecutivo proseguire nei confronti di tutte

le parti e non soltanto nei confronti del creditore che ha

chiesto la vendita, dell'aggiudicatario e degli altri interes

sati, escluso il debitore come il ricorrente erroneamente

ritiene. Negli stessi sensi deve svolgersi il giudizio di oppo sizione al detto decreto.

Non essendo stato integrato in primo grado il contrad

dittorio nei confronti dei debitori esecutati deve pertanto dichiararsi la nullità del giudizio e rinviarsi la causa al

primo giudice per tale adempimento a norma degli art. 383, ult. comma, e 354 cod. proc. civile.

Non essendosi costituite le parti contrarie non deve

emettersi pronuncia sull'onere delle spese processuali. Per questi motivi, cassa, ecc.

genza, che un interprete sensibile, quale che sia la soluzione adottata, deve almeno prospettarsi. È certo, infatti, che, ove fosse lecito, come la Corte ha creduto, infrangere la situazione

positiva di incomunicabilità delle due sfere dell'art. 176, le rea zioni dell'aggiudicatario incontrerebbero un limite temporale ed una forza concentratrice nell'udienza in cui il nuovo incanto deve deliberarsi (conformente al meccanismo di cui al 2° comma del richiamato art. 569) e, d'altra parte, trovrebbe agevole in

quadramento razionale (v. art. citato, 4° comma) l'esigenza di non rendere irrita, con l'effettuazione del nuovo incanto, la deci sione sulla legittimità della pronuncia di decadenza.

u. .Borre

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile; sentenza 29 ottobre 1963, n. 2870; Pres. Pellettieri P., Est. La Farina, P. M. Pedace

(conci, conf.) ; Cliiatellino (Avv. Rosano) c. Fall. Ca

stellarin (Avv. Rosati).

(Conferma App. Venezia 27 giugno 1962)

Vendita — Contralto stipulato mediante scrittura

privala Prevista redazione «li atto pubblico

dopo il pagamento del prezzo Natura di con

tratto preliminare — Esclusione.

Vendita — Prezzo — Determinazione — Clausola di

ragguaglio al costo della vita Kilicacia (Cod. civ., art. 1346).

Fallimento — Fallimento del compratore — Presta

zione principale del venditore già eseguita —

Art. 72 legge fallimentare Inapplicabilità (R. d.

16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 72). Obbligazioni e contratti Obbligo di tradurre in

atto pubblico un contratto Art. 2932 cod. civ. — Inapplicabilità (Cod. civ., art. 2932).

La circostanza che le parti, nel concludere mediante scrittura

privata un contratto relativo al trasferimento della pro prietà di un immobile, abbiano previsto la traduzione della

convenzione nella forma del pubblico strumento e la conse

gna dei titoli giustificativi della proprietà dopo l'integrale pagamento del prezzo, non basta, da sola, ad attribuire al

contratto natura di contratto preliminare, anziché di con

tratto definitivo di compravendita. (1)

(1) Nello stesso senso, in relazione a fattispecie affini, App. Firenze 11 maggio 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Vendita, n. 24 ; Trib. Firenze 17 novembre 1959, id., Rep. 1960, voce cit.,

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289 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 290

Non è viziato da indeterminabilità dell'oggetto il contratto di compravendita immobiliare, nel quale le parti, stabi lendo l'ammontare del prezzo in una certa somma, intro ducano una clausola di ragguaglio della somma medesima all'eventuale mutamento dell'indice medio del costo della vita nel luogo di situazione dell'immobile, nel periodo di

tempo intercorrente fra la conclusione del contratto ed il pa gamento del prezzo, da eseguire con dilazione. (2)

Verificatosi l'effetto reale della compravendita, ed eseguita altresì la consegna della cosa all'acquirente poi fallito, il venditore in bonis non può ottenere la risoluzione del con tratto a mente dell'art. 72 legge fallim., ancorché da parte sua restino tuttora da eseguire prestazioni accessorie, come la consegna dei titoli giustificativi della proprietà, e non sia altresì avvenuta la prevista traduzione nella forma del l'atto pubblico della compravendita conclusa mediante scrit tura privata. (3)

n. 26 (nella specie, l'efficacia reale era stata esplicitamente dif ferita alla data di redazione del previsto rogito notarile) ; Cass. 13 giugno 1958, n. 1999, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 39, 40 (riprodotta, per una diversa parte, in Foro it., 1959, I, 92).

In generale, nel senso che la semplice circostanza della pat tuizione relativa alla traduzione in pubblico strumento di un con tratto concluso mediante scrittura privata non vale, da sola, a trasformare il contratto in preliminare, v. Cass. 31 ottobre 1961, n. 2519, e 20 marzo 1961, n. 634, id., Rep. 1961, voce Obbliga zioni e contratti, nn. 125, 126 (la sentenza n> 634 è richiamata nel testo della presente) ; Trib. Roma 25 novembre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 77 ; Cass. 20 ottobre 1958, n. 3353, id., Rep. 1958, voce cit., n. 44 ; 17 maggio 1957, n. 1775, id., Rep. 1957, voce cit., n. 50 ; 16 luglio 1956, n. 2702, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 72, 73 (richiamata dalla presente) ; 23 giugno 1955, n. 1948, e App. Catanzaro 24 aprile 1954, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 51-54. Cfr. altresì, sul carattere meramente rappresentativo della documentazione di un contratto in forma diversa da quella originaria, Cass. 14 novembre 1959, n. 3374, id., Rep. 1959, voce cit., n. 129 (anch'essa invocata dalla sentenza in epigrafe) ; e, in tema di vendita, App. Messina 26 novembre 1956, id., Rep. 1957, voce Vendita, n. 24.

Per la distinzione tra vendita e promessa di vendita, anche con riferimento a diverse fattispecie concrete, v. Cass. 7 febbraio 1962, n. 241, e 1° dicembre 1962, n. 3250, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 21, 23 ; App. Firenze 22 marzo 1961 e 5 ottobre 1960, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 23-25 ; App. Roma 22 ottobre 1959, id., Rep. 1960, voce cit., n. 25 ; Cass. 29 aprile 1959, n. 12*63, id., Rep. 1959, voce cit., n. 28 ; 30 ottobre 1958, n. 3561, id., Rep. 1958, voce cit-., n. 34 ; App. Firenze 2 agosto 1955, id., Rep. 1956, voce

cit., nn. 24, 25 (ove pure le parti avevano previsto la successiva

riproduzione in forma notarile) ; Trib. Genova 29 gennaio 1955, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 68, 69 ; App. Catanzaro 23 dicembre 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 32 ; Cass. 8 gennaio 1953, n. 15, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 43, 44 (ricordata dalla sentenza in

epigrafe) ; e numerose altre. Per la distinzione tra contratto preliminare di vendita e

accordo provvisorio o di puntuazione, consulta Cass. 18 dicembre

1956, n. 4452, id., 1957, I, 11.

(2) Non risultano precedenti nei termini. Sulla determina bilità dell'oggetto del contratto, in generale, consulta da ultimo Cass. 25 marzo 1961, n. 682, Foro it., 1961, I, 1143 (nella motiva zione) ; ed ancora, fra le più recenti, Cass. 14 dicembre I960, n. 3247, id., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, n. 150 ; 24 ottobre 1958, n. 3451, id., Rep. 1958, voce cit., n. 148 ; 24

luglio 1956, n. 2854, id., Rep. 1956, voce cit., n. 192. Sulla deter minabilità del prezzo della vendita, pure tra le più recenti, Cass. 5 dicembre 1960, n. 3180, id., Rep. 1960, voce Vendita, nn. 46, 47 ; 6 dicembre 1958, n. 3853, e 16 giugno 1958, n. 2051, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 60-62 ; 28 maggio 1957, n. 1970, id., Rep. 1957, voce cit., n. 58.

Sulle clausole di salvaguardia o garanzia monetaria, in

genere, cfr. Cass. 29 gennaio 1960, n. Ill, id., Rep. 1960, voce

Moneta, n. 2 ; App. Palermo 8 ottobre 1957, id., Rep. 1958, voce

cit., n. 19 ; App. Firenze 17 luglio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 4, 5. Sulla clausola oro, in particolare, consulta da ultimo Cass. 25 luglio 1956, n. 2856, id., 1957, I, 1232, e Cass. 6 luglio 1955, n. 2091, id., 1956, I, 37 ; nonché Ascarelli, id., 1951, IV, 9.

(3) La giurisprudenza è costante nel ritenere che il venditore che ha eseguito la consegna della cosa al compratore, poi fallito,

possa solo concorrere nel fallimento per il prezzo : vedi App. Messina 16 gennaio 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Fallimento, n. 426 (anche se trattasi di vendita a rate, di cui solo alcune sca

II Foro Italiano — Volume LXXXV11 — Parte Z-19.

L'interesse delle parti air adempimento dell'obbligo contrat tuale di riprodurre nella forma dell'atto pubblico notarile il contratto stipulato mediante scrittura privata non è realizzabile nei modi previsti dall'art. 2932 cod. civile. (4)

La Corte, ecc. — Con il primo motivo del ricorso, il Chia

tellino, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli art. 1325, n. 4, 1350, n. 1, 1351, 1362, 1470, 1473, 1421, 1498, 3° comma, e 1322, 1° comma, cod. civ., 190, 2° comma, e 345, 2° comma, cod. proc. civ. e 72 della legge fallimentare, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., si duole che la corte del merito abbia qualificato come

compravendita definitiva il contratto de quo e abbia dichia rato inammissibile e, comunque, infondata la sua eccezione di nullità dello stesso contratto per l'assoluta indetermi

nazione del prezzo pattuito.

а) Riguardo alla prima doglianza, deduce che (a

parte gli elementi che avrebbero potuto far opinare l'esi stenza di un compromesso di vendita, anziché di un con

tratto immediatamente traslativo dell'immobile), mancando

la manifestazione scritta della volontà del compratore di

retta allo scopo di acquistare la proprietà dell'immobile

in questione, mancava l'incontro dei consensi ; e, poiché tale lacuna non poteva essere colmata da presunzioni o da

apodittiche arbitrarie e sbrigative illazioni, come ha fatto

la corte del merito, avrebbe dovuto ritenersi che il contratto

in questione fosse un preliminare unilaterale. Aggiunge che

la clausola, secondo cui il pagamento del prezzo avrebbe

dovuto essere eseguito nell'importo corrispondente al va

lore della moneta all'epoca della conclusione del contratto

e i calcoli relativi sarebbero stati effettuati sulla base del

numero indice del costo medio della vita, rendeva indeter

minato il prezzo, per cui, dovendo la determinazione di esso

avvenire mediante un successivo accordo delle parti, e

non potendo, in caso di contestazione, farsi ricorso al giudice, senza violare il principio dell'autonomia contrattuale, do

veva ritenersi che il contratto fosse un preliminare.

б) Riguardo alla seconda doglianza, deduce che la

nullità del contratto, essendo rilevabile d'ufficio, poteva essere eccepita anche nella comparsa conclusionale ; e che

la clausola relativa alla determinazione del prezzo era

nulla, in quanto non precisava se il riferimento dovesse

essere fatto al numero indice del costo medio della vita na

zionale o a quello del luogo di residenza della parte all'epoca del contratto o a quello del comune di Milano, domicilio

successivo del venditore, e in qual tempo si dovesse pro cedere alla stessa determinazione.

Le predette censure sono destituite di fondamento.

Riguardo alla qualificazione del contratto come preli minare o definitivo, occorre appena ricordare che, per co

stante giurisprudenza di questa Suprema corte, è incensu

rabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione suf

ficiente ed immune da vizi logici e giuridici, l'accertamento

dute, ma beninteso senza la riserva di proprietà) ; App. Bologna 6 dicembre 1054, id., Rep. 1955, voce Liquidazione coatta amm., n. 5 ; e implicitamente Cass. 10 dicembre 1946, n. 1350, id., 1947, I, 681. Cfr. anche Trib. Salerno 15 settembre 1954, id.,

Rep. 1954, voce Fallimento, n. 330. Con riferimento alla legisla zione anteriore, v. Cass. 11 febbraio 1946, n. 114, id., Rep. 194G, voce cit., nn. 57, 58 (dove il momento decisivo è fatto eplicita mente risiedere nella consegna della cosa, tanto se l'effetto reale si produca solo con questa, quanto se si fosse già prodotto) ; e Cass. 7 aprile 1937, n. 1016, id., 1937, I, 1098, menzionata dalla sentenza che si annota.

Per qualche ulteriore riferimento, consulta Cass. 21 ottobre

1955, n. 3400, id., 1956, I. 908, anch'essa richiamata dalla sen

tenza in epigrafe. (4) Conf. Cass. 17 gennaio 1958, n. 84, Foro it., 1059, I,

470, con nota di richiami (ed a sua volta richiamata dalla sen

tenza qui riprodotta). La più recente Cass. 15 marzo 1960, n. 523,

id., Rep. 1960, voce Obbligazioni e contratti, n. 380, afferma la

possibilità di ottenere la sentenza costitutiva di cui all'art. 2932

cod. civ. « sia nel caso di promessa di vendita, sia nel caso di

vendita ».

Consulta, inoltre, Trib. Salerno 30 novembre 1056, id.,

Rep. 1958, voce Vendita, nn. 41, 42.

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291 PARTE PRIMA 292

del giudice di merito inteso a stabilire se le parti si siano

limitate a concludere un mero contratto preliminare di

vendita, ovvero se si sia raggiunta la conclusione di un

contratto definitivo e perfetto di vendita, attraverso l'ac

cordo delle parti su tutti gli elementi di esso (Cass. 8 gen naio 1953, n. 15, Foro it., Eep. 1953, voce Vendita, nn. 43, 44 ; 4 gennaio 1950, n. 108, id., Eep. 1950, voce Obbliga zioni e contratti, n. 204 ; 5 maggio 1947, n. 675, id., Rep.

1947, voce Vendita, n. 34). Nella specie la corte di merito lia sottoposto il negozio

de quo ad una minuta analisi di tutte le sue clausole, ha

indagato la volontà delle parti in rapporto alle singole pat tuizioni e al loro complesso, partendo dalla premessa, cor

retta in diritto, e più volte ribadita da questa Corte, che

l'elemento differenziale tra contratto preliminare e con

tratto definitivo di vendita è dato dalla volontà dei con

traenti, che, nel contratto definitivo, è rivolta direttamente

e immediatamente al trasferimento della proprietà o di

altro diritto, mentre, nel contratto preliminare, tale trasfe

rimento fa dipendere da una ulteriore manifestazione di

consenso che i contraenti si obbligano a prestare (da ultimo, Cass. 30 ottobre 1958, n. 3561, Foro it., Eep. 1958, voce

Vendita, n. 35; 16 luglio 1956, n. 2702, id., Eep. 1956, voce

Obbligazioni e contratti, nn. 72, 73). Nella specie, i giudici di merito sono giunti alla conclu

sione che trattavasi di vendita con effetti reali, coordinando

l'elemento letterale con quello logico del contratto, e te

nendo altresì conto, se ed in quanto occorresse, del succes

sivo comportamento delle parti. La corte ha tenuto, in

fatti, presente, oltre il significato logico-letterale della stipu

lazione, anche la circostanza che il trasferimento del pos sesso e del godimento della proprietà, con tutti gli oneri

relativi, era avvenuto il giorno stesso della firma della scrit

tura ; ha valutato, altresì, la circostanza che l'appartamento era stato consegnato non ancora munito delle rifiniture

necessarie alla sua funzionalità, e che, senza che nulla fosse

stato stabilito fra le parti circa il notevole onere di tali ri

finiture, esso fu pacificamente assunto dal Castellarin, che

provvide direttamente e per conto proprio al completa

mento, con l'esborso della non indifferente somma di lire

2.000.000 ; ha, infine, tenuto presente il fatto che il Castel

larin pagò le rate di un mutuo ipotecario di lire 3.000.000, contratto precedentemente dal venditore, e che, in sostanza,

parte del prezzo, quello di cui il pagamento era stato con

cordemente differito, era stato lasciato nella disponibilità del Castellarin a titolo di mutuo ed interessi (il cui tasso

venne consensualmente aumentato nel corso di questo col

laterale rapporto). Vero che taluna di tali circostanze, in ispecie l'immediato

trasferimento del possesso e del godimento dell'immobile nel momento stesso della stipulazione del contratto, non

sarebbe stata, ili via logica e giuridica, come più volte ha

avvertito questa Corte, di per sè incompatibile con l'esi

stenza di un contratto preliminare ; ma è altrettanto vero

che le circostanze sopra indicate, nel loro complesso, erano

più che idonee a rafforzare, in via sussidiaria, l'interpreta zione di contratto perfetto di vendita, che, senza incorrere

in violazioni di canoni di ermeneutica, la Corte ritenne di

dovere dare alla scrittura 25 febbraio 1954 in base al tenore

testuale della medesima e alle espressioni usate dalle parti

(cfr. la sentenza di questa Corte 1° dicembre 1962, n. 3250, Foro it., Eep. 1962, voce Vendita, n. 23).

Il ricorrente pone, inoltre, in grande evidenza, ai fini

della sua tesi, la circostanza che le parti si erano riservate

di redigere il contratto in forma pubblica : ma a dimostrare

l'irrilevanza dell'argomento soccorre il principio costan

temente affermato da questo Supremo collegio, secondo il

quale il rinvio alla traduzione nella forma del pubblico stru

mento del contratto concluso mediante scrittura privata non vale a trasformare il negozio che le parti hanno inteso di concludere in via definitiva, quale compravendita per fetta, in una promessa di vendita o di futuro contratto ; e ciò perchè la formazione, prevista per un tempo succes

sivo, di un rogito notarile, idoneo ad effettuare le formalità

immobiliari e la pubblicità per i terzi, rappresenta una ri

produzione meramente formale del contratto originario,

riproduzione nell'orbita della quale le dichiarazioni mede

sime assumono il valore di mere dioliiarazioni di carattere

storico e rappresentativo, non di nuova volontà (v., tra le

altre, Cass. 20 marzo 1961, n. 634, Foro it., Eep. 1961, voce

Obbligazioni e contratti, n. 126 ; 14 novembre 1959, n. 3374,

id., Hep. 1959, voce cit., n. 129 ; 16 luglio 1956, n. 2702,

id., Eep. 1956, voce cit., nn. 72, 73).

Quanto, poi, al rilievo che nella scrittura in oggetto al

predicato verbale « vendo » non fu fatto seguire un predi cato (« compro », o simili) che manifestasse l'accettazione

da parte del Castellarin (il che, a dire del ricorrente, impor terebbe la nullità della scrittura, se considerata quale ven

dita definitiva immobiliare, per mancanza di un elemento

essenziale di forma, quale la manifestazione per iscritto del

consenso da parte del compratore), apparve giustamente ovvio alla corte di merito che la manifestazione della volontà

di accettare da parte del compratore fosse stata data, nella

compravendita de qua, dalla sottoscrizione apposta dal

Compratore stesso in calce al contratto, che, essendo rela

tivo ad un bene immobile, era stato regolarmente redatto

per iscritto.

È, infine, da rilevarsi che dalla pretesa mancata accet

tazione del Castellarin nelle forme prescritte per i contratti

traslativi di diritti immobiliari il Chiatellino fa derivare

l'asserzione che, nella specie, non si sarebbe trattato nem

meno di un contratto bilaterale e preliminare di vendita

immobiliare (anche per il quale, come è ovvio, art. 1351

cod. civ., il consenso di entrambi i contraenti deve essere

prestato in forma scritta, richiesta ad substantiam), bensì

di un preliminare unilaterale o patto di opzione di vendita

d'immobile, che l'art. 1331 parifica alla proposta irrevoca

bile, e che dà luogo al trasferimento soltanto ove intervenga la dichiarazione tempestiva di accettazione dell'altra parte, da farsi ugualmente per iscritto a pena di nullità.

Superata, come già si è detto, ogni questione sulla accet

tazione nella debita forma, da parte del Castellarin, delle

clausole contenute nella scrittura,l'asserzione relativa all'esi

stenza di un semplice patto di opzione rimane, per ciò stesso, svuotata dalla sua premessa. Comunque la tesi, espressa mente disattesa dalla corte di merito, appare superata

dall'ampia ed esauriente dimostrazione data dalla corte

stessa a giustificazione della scelta fatta tra le sole due

alternative logicamente possibili (vendita bilaterale preli minare ovvero definitiva), mancando, per incompatibilità con i dati elaborati dalla corte, ogni possibile elemento

caratterizzante l'eventuale tertium genus (preliminare uni

laterale di vendita).

Passando, ora, ad esaminare l'altro aspetto delle doglianze del Chiatellino, osserva la Corte che, per insegnamento

pacifico, è necessario, ai fini della validità del contratto di

vendita, che il prezzo d'acquisto sia determinato, espressa mente o implicitamente, o sia, quanto meno, determinabile,

indipendentemente da una nuova manifestazione di vo lontà delle parti, attraverso il riferimento ad elementi estrin

seci, a precisati criteri o punti di riferimento, o attraverso altri preordinati meccanismi contrattuali, sempre che la

legge, come avviene in alcuni casi, non fornisca diretta mente i criteri di determinazione (Cass. 5 dicembre 1960, n. 3180, Foro it., Rep. 1960, voce Vendita, nn. 46, 47 ; 16

giugno 1958, n. 2051, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 61, 62). Tale esigenza, per cui la vendita è nulla, per mancanza di un elemento essenziale, soltanto se il prezzo non sia nè de

terminato, nè determinabile con i criteri sopra indicati, vale non soltanto riguardo alla vendita definitiva o con

effetti reali, ma anche per il contratto preliminare di vendita, in cui parimenti debbono essere determinati o essere resi determinabili tutti gli elementi essenziali del futuro negozio definitivo (v. la sent. n. 3374 del 1959, già citata), ed anche

per il compromesso unilaterale o proposta irrevocabile di vendita. Vano, quindi, appare il tentativo del Chiatellino di fondarsi sulla premessa, del resto errata, come si vedrà, di una pretesa indeterminatezza o indeterminabilità del

prezzo dell'immobile, per operare, ancora una volta, una

specie di riduzione o conversione della scrittura 25 feb braio 1954 a minori figure contrattuali, o di effetto meno

ampio, quali il compromesso bilaterale di vendita, o la pro

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293 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 294

messa unilaterale o proposta irrevocabile di vendita. D'altra

parte, fermo che le parti avessero inteso stipulare una ven

dita definitiva, non può essere accettata l'affermazione clic

tale vendita fosse nulla, o non perfezionata, o semplice mente in itinere, per essere il prezzo ancora indeterminato, o indeterminabile.

Conviene, a questo punto, sgomberare il campo d'in

dagine della questione processuale ; appare, effettivamente, discutibile l'asserzione della corte di merito, che la nullità

o la mancata perfezione della compravendita per la rite

nuta mancanza di un elemento essenziale, quale la deter

minazione o la determinabilità del prezzo, non potesse essere dedotta per la prima volta nella comparsa conclu

sionale per il collegio d'appello ; ma ogni più penetrante esame del punto se si trattasse di una questione rilevabile

d'ufficio, e, quindi, prospettabile in ogni momento al giu dice, fuori dal regime processuale preclusivo delle eccezioni

in senso proprio, appare del tutto superfluo, avendo, co

munque, la corte d'appello trattato compiutamente il me

rito della questione così dedotta.

La corte, a questo riguardo, lia affermato cbe, ai fini

della validità della compravendita, è sufficiente che il

prezzo, se non sia stato già determinato, sia determinabile

in base a criteri prefissati (e tale è il prezzo che si deve de

sumere dall'eventuale variazione dell'indice medio del

costo della vita nel luogo in cui si trova l'immobile), perchè l'accertamento di tali variazioni, con conseguente deter

minazione del quantum, non richiede necessariamente un

accordo delle parti, ben potendosi fare ricorso al giudice in

caso di contestazioni. Tale motivazione appare a questa Corte esatta e conforme ai principi generali, sopra accennati,

relativi alla determinabilità del prezzo della vendita. Nel

caso di dilazione del pagamento del prezzo della compraven

dita, l'adozione di clausole di ragguaglio della somma al va

lore di determinati beni reali o al tasso di svalutazione della

moneta, o all'indice del costo medio della vita, quali si

presenteranno al momento dell'effettivo pagamento, non

implica affatto indeterminabilità, ma appunto previsione di criteri estrinseci, che non esigono alcuna nuova manife

stazione di volontà delle parti, bensì e soltanto operazioni aritmetiche di contabilizzazione ; salvo, si intende, il ri

corso al giudice, in funzione ordinaria di mero accerta

mento, e non già di integrazione della volontà contrattuale

delle parti, ove ex post sorga tra le parti stesse dissenso nella

identificazione quantitativa di quei parametri. Del resto, il ricorrente non ha saputo indicare alcuna effettiva ragione di contrasto tra i principi generali e la clausola di ragguaglio intesa a salvaguardare a favore del venditore il valore del

prezzo nel possibile mutamento della realtà economica

durante il periodo di dilazione, ma soltanto afferma cbe il

prezzo era indeterminabile, perchè la clausola di ragguaglio non specificava se dovesse essere adottato il riferimento

all'indice medio del costo della vita del luogo dove si tro

vava l'immobile, ovvero di quello del luogo del domicilio

del venditore, o del luogo del f agamento. Seri on Mi è. 1 ali

osservazioni urtano contro l'interpretazione della volontà

contrattuale, operata dalla corte di merito nel senso che le

parti avessero voluto il riferimento al costo medio della

vita nel luogo ove era situato l'immobile, coincidente con

quello di residenza del compratore al momento della stipu lazione ; interpretazione incensurabile, giacché è indagine di fatto quella che il giudice di merito compie per stabilire

a quali elementi le parti abbiano inteso far riferimento per la determinazione del prezzo (v. sent. n. 2051 del 1958).

Sembra, infine, non inutile rilevare che, essendo il

prezzo ben determinato, in somma numerica, per una delle

ipotesi alternative (che non si verificassero variazioni del

costo della vita), la questione della determinabilità o meno,

per l'ipotesi contraria, questione che forma uno dei cardini

principali del ricorso del Chiatelllino, appare di sapore pre valentemente accademico ; infatti, non risulta in alcun

modo che tra le parti sia stata mai fatta, in via concreta,

questione di applicazione e di esecuzione della clausola di

ragguaglio. Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando la vio

lazione e la falsa applicazione degli art. 1470, 1473, 1474,

1477, 3° comma, 1362 cod. civ., 12 delle preleggi e 72 legge fallimentare, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che, anche ammesso che il contratto de quo fosse una compravendita definitiva, avrebbe dovuto rite nersi pur sempre applicabile l'art. 72 della legge fallimentare, in quanto il contratto stesso, all'epoca della dichiarazione

del fallimento, non era stato compiutamente eseguito in

relazione alla determinazione del prezzo, al pagamento dello

stesso, alla stipula del rogito notarile e alla consegna dei

titoli giustificativi della proprietà. Deduce che la lettera

dell'art. 72 della legge fallimentare non consente la distin

zione, fatta dalla corte del merito, tra obbligazioni princi

pali e obbligazioni secondarie ; e che tutte le dette obbliga zioni non ancora eseguite erano principali.

Anche queste censure debbono ritenersi infondate.

Esattamente la corte di merito ha ritenuto che l'ipo tesi di inesecuzione (totale o parziale) del contratto di

compravendita, quale prevista dall'art. 72 della legge fallimentare, ricorre, per quanto attiene al venditore, sol

tanto quando questi non abbia consegnato la cosa ovvero

non abbia fatto acquistare al compratore la proprietà di

essa,, ove, ben inteso, l'acquisto non sia già avvenuto per effetto immediato del consenso. Queste, infatti, costituiscono

le prestazioni fondamentali del venditore, il cui inadempi mento turba in modo insuperabile l'economia del negozio. È, di conseguenza, con riferimento esclusivo al mancato

adempimento di queste obbligazioni che l'art. 72, per re

stringersi all'ipotesi, che sola qui interessa, di fallimento

del compratore e di inesecuzione da parte del venditore

in bonis, detta le norme intese a contemperare, secondo

un prevalente criterio di equità, gli interessi del fallimento

con quelli del contraente in bonis, dando al venditore le

facoltà alternative o di eseguire da parte sua, il contratto, nonostante la dichiarazione di fallimento del compratore,

sottoponendosi, quanto al prezzo, alla falcidia fallimentare

(art. 72, 1° comma) ; o di sospendere l'esecuzione del con

tratto fino a quando il curatore, previe le autorizzazioni

prescritte, non dichiari, di subentrare in luogo del fal

lito nel contratto, assumendone tutti gli obblighi rela

tivi, ovvero di sciogliersi dal medesimo (art. 72, 2°

comma) ; o, in fine, di mettere in mora il curatore a pro

nunciarsi, facendogli assegnare un termine, decorso inu

tilmente il quale il contratto s'intende risolto (art. 72, 3° comma). Nel sistema anteriore all'attuale legge falli

mentare non esistevano norme di portata così gene rale, esplicita e onnicomprensiva quali quelle dell'art.

72 vigente, ed il regime delle vendite immobiliari non

ancora eseguite al momento della dichiarazione di falli

mento era lasciato legislativamente un po' nell'ombra ;

tuttavia, dottrina e giurisprudenza, sviluppando i principi che affioravano dagli art. 804-806 cod. comm., dettati

per alcune situazioni attinenti a vendite mobiliari, avevano

già costruito una disciplina analoga a quella poi consacrata

legislativamente nell'art. 72 vigente ; e. nell'àmbito di tale

disciplina, avevano fermato quale pacifico il concetto che nelle vendite immobiliari, una volta verificatosi l'effetto

reale della compravendita, il venditore in bonis doveva

intendersi aver eseguito compiutamente la sua presta zione e che, quindi, non poteva farsi più questione di riso

luzione del contratto e di restituzione dell'immobile, o di

sospensione dell'esecuzione del contratto medesimo, an

corché il compratore decotto non avesse da parte sua.

al momento della dichiarazione di fallimento, ancora adem

piuto o compiutamente adempiuto l'obbligo del pagamento del prezzo, nè simile obbligazione intendesse soddisfare

il curatore. Fermo, quindi, ed irrevocabile tale effetto reale, si concludeva che al venditore non restasse che insinuarsi

nel fallimento per il pagamento del prezzo o del residuo

prezzo in moneta fallimentare (ove, ben inteso, non si

fosse tempestivamente cautelato con una efficace iscri

zione dell'ipoteca legale spettante al venditore a garanzia del pagamento del prezzo, sottraendosi, così, alla sorte dei

creditori chirografari). Tra le varie pronunce del Supremo collegio in questo

senso, possono essere ricordate, come fondamentali e

particolarmente puntualizzanti, le sentenze 7 aprile 1937,

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295 PARTE PRIMA 296

n. 1016 (Foro it., 1937, I, 1098), e 12 marzo 1935, n. 920

(id., Rep. 1935, voce Fallimento, nn. 243, 244). Tali

principi sono ritenuti validi in giurisprudenza e in dot

trina anche nel vigore della legge fallimentare n. 267 del 16

marzo 1942 (v., tra le altre, Cass. 21 ottobre 1955, n. 3400,

id., Rep. 1955, voce cit., nn. 307, 308). Soltanto, non si è

del tutto affievolito il contrasto (già emergente dalle due

sentenze della Suprema corte sopra citate, attinenti alla

vecchia legislazione), circa i limiti del concetto di «effetto

reale verificatosi ». Si ritiene dai più, in conformità di

principi generalissimi attinenti all'efficacia dei contratti

bilaterali traslativi di diritti reali, che tale effetto debba

intendersi prodotto in conseguenza del perfezionatosi con

senso, su tutti gli elementi della compravendita, e, quindi, del passaggio automatico nel patrimonio del compratore dell'immobile oggetto del contratto, nonostante la mancata

consegna dell'immobile stesso. Ma altri opinano che, anche

se la vendita risulti già perfezionata al momento della

dichiarazione del fallimento del compratore, ove l'immobile

non sia stato ancora consegnato, il venditore in bonis

possa opporre al fallimento una specie di diritto di riten

zione, in senso lato, per indurre il fallimento alla risolu

zione o al pagamento del prezzo in moneta integrale. Checché ne sia di tale questione, essa, tuttavia, non assume

nella specie alcuna rilevanza pratica, giacché è assodato

che non soltanto per effetto del consenso era stata trasfe

rita al compratore la proprietà dell'immobile, ma che all'atto

stesso della stipulazione il venditore aveva anche trasfe

rito il possesso nonché il godimento. Da tali premesse chiara risulta l'inconsistenza della

tesi del Chiatellino, per cui sarebbe pur sempre tornato

applicabile l'art. 72, 3° comma, in quanto il contratto di

vendita non sarebbe stato ancora eseguito o compiuta mente eseguito, secondo la previsione del 1° comma dello

stesso articolo, né dall'uno né dall'altro contraente ; e cioè

perchè il compratore non aveva ancora pagato una parte del prezzo, il venditore non aveva ancora consegnato i

titoli e gli altri documenti giustificativi della proprietà, le parti non si erano messe d'accordo sulla determinazione

del prezzo, e, infine, non era ancora avvenuta la prevista trasfusione del contenuto della scrittura privata in un

rogito notarile. Superfluo soffermarsi sul mancato paga mento del prezzo ; è stato già ampiamente spiegato che è

questa appunto l'ipotesi per cui, una volta verificatosi

l'effetto reale a vantaggio del compratore, al venditore

non resta, in caso di fallimento del compratore stesso, altra

tutela che insinuare il suo credito per il prezzo in via chi

rografaria. È vero poi che tra le obbligazioni incombenti al vendi

tore esiste quella legale (art. 1477, 3° comma, cod.' civ.) di consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà della cosa venduta ; ma, a parte che, in punto di fatto, è

contestabile se tale obbligazione sia rimasta effettivamente

inadempiuta, trattasi normalmente di una obbligazione del tutto accessoria, che potrebbe (ma l'opinione è contro

vertibile) assumere un certo rilievo, anche agli effetti

dell'art. 72 della legge fallimentare, soltanto nei casi in cui

il possesso dei titoli e dei documenti apparisse essenziale

per l'uso e per il godimento della cosa (ad es. vendita di

autoveicoli). Essa era, invece, nella specie, priva a priori di ogni concreta rilevanza, trattandosi di una vendita im

mobiliare, in cui nessuna contestazione era sorta sulla

pienezza dei diritti del venditore, la cui proprietà risultava

pubblicamente documentata dalle trascrizioni e dagli atti

pubblici all'uopo depositati. Quanto alla riproduzione della vendita nella forma

dell'atto pubblico, trattasi d'obbligazione anch'essa accesso

ria, d'interesse bensì del compratore, ma che non incide

sull'equilibrio economico delle rispettive prestazioni, per chè il suo adempimento nessun sacrificio patrimoniale richiede al venditore che già abbia alienato e consegnato la cosa. Quanto, infine, alla pretesa mancata determina

zione del prezzo, in aggiunta a ciò che è stato esposto con

riguardo al motivo precedente, devesi ribadire soltanto che

l'eventuale adeguamento del prezzo al parametro del costo

della vita non rappresentava nè un momento della forma

zione nè un momento della esecuzione del contratto, ma

un'operazione accessoria, di carattere puramente contabile, e che, d'altra parte, nessuno ha mai sostenuto che si fos

sero verificate le condizioni e le richieste concrete perchè tale contabilizzazione dovesse avvenire. In sintesi, e con

particolare riguardo a tutte queste pretese inesecuzioni

parziali da parte del venditore, deve riconoscersi piena validità al concetto espresso dalla corte di merito, secondo

cui le disposizioni dell'art. 72 legge fallimentare mirano, in ultima analisi, ad impedire che il contraente in bonis

sia costretto al sacrificio economico di eseguire la sua pre stazione, sebbene, a causa del fallimento del compratore, non possa ormai più ottenere l'intero corrispettivo ; eve

nienza, questa, che non si verifica nel caso in cui il vendi

tore, trasmessa la proprietà della cosa ed effettuatane la

consegna, abbia già completamente subito, alla data del

fallimento, la perdita patrimoniale inevitabilmente con

nessa all'adempimento della sua obbligazione, e le even

tuali prestazioni accessorie, cui può essere ancora tenuto, non implichino per lui nuove diminuzioni patrimoniali.

Con il terzo motivo, il ricorrente, denunciando la viola zione degli art. 112 e 277, 1° comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 5, dello stesso codice, si duole che la corte del merito abbia omesso di esaminare la sua ecce

zione, secondo cui la domanda del fallimento non avrebbe

potuto essere accolta, in quanto, ai sensi dell'art. 2932 cod.

civ., avrebbe dovuto essere preceduta dall'offerta, da parte dell'attore, delle prestazioni da esso fallimento dovute a favore del venditore.

Deduce, al riguardo, che, secondo un principio che sarebbe stato accolto anche dal Supremo collegio, l'art. 2932 cod. civ. sarebbe applicabile anche nell'ipotesi di un atto di vendita perfetta, costituito da una scrittura pri vata non seguita dal previsto rogito notarile.

Anche queste censure non hanno migliore fondamento delle precedenti. Non è del tutto chiaro se, riferendosi agli obblighi o oneri che, ex art. 2932, 2° comma, cod. civ., incombono sulla parte che voglia ottenere la sentenza sostitutiva dell'obbligo di concludere un contratto trasla tivo o costitutivo di diritti, il ricorrente intenda che il fallimento avrebbe dovuto offrire nei modi di legge il

pagamento dell'intero residuo del prezzo, in moneta piena, ovvero dichiararsi pronto a stipulare il previsto rogito notarile, ovvero, ancora, adempiere congiuntamente i due

predetti oneri. Comunque, sia sotto l'uno sia sotto l'altro

riflesso, l'art. 2932 cod. civ. appare del tutto estraneo alla specie. Il fallimento non aveva affatto richiesto una

pronuncia giurisdizionale sostitutiva di un consenso non

prestato dal Chiatellino alla stipulazione di una vendita

definitiva, sulla base della pregressa stipulazione di un contratto preliminare o compromesso di vendita ; bensì, affermando la premessa, risultata, come si è visto, esatta, che con la scrittura 23 febbraio 1954 era stata stipulata una vendita definitiva, con immediati effetti reali, aveva

semplicemente richiesto che il giudice accertasse tale situa

zione, ormai perfezionatasi con tutte le conseguenze legali, vale a dire con la definitiva acquisizione dell'immobile venduto al Castellarin, e per esso alla massa fallimentare.

D'altra parte, una volta ammesso ed accertato che con la scrittura privata era stata stipulata una vendita defi

nitiva, il meccanismo di diritto processuale e sostanziale

previsto dall'art. 2932 cod. civ. non avrebbe potuto essere invocato da alcuna delle parti contraenti, come del resto non lo fu, al semplice scopo di ottenere una sentenza sostitu-. tiva del rogito notarile, che le parti si erano scambievol mente promesso di stipulare, una volta regolato il debito del prezzo.

Infatti, la Suprema corte ha più volte posto in evi denza il principio, contrario a quello supposto dal ricor

rente, che l'interesse delle parti all'adempimento dell'ob

bligo contrattuale della riproduzione del contratto in forma diversa da quella originaria (in genere, trasfusione del contenuto della scrittura privata in atto pubblico nota

rile) non è realizzabile nei modi previsti dall'art. 2932 cod.

civ., che si riferisce alla diversa ipotesi dell'esecuzione

specifica dell'obbligo di concludere un contratto, attuabile

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297 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 298

mediante sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso ; mentre l'interesse ad ottenere la prevista documentazione diversa dell'originario contratto può es sere soddisfatto, entro certi limiti, da una sentenza di

accertamento, che renda operanti quegli effetti che la

parte si attendeva dalla riproduzione formale del negozio (Cass. 17 gennaio 1958, n. 84, Foro it., Rep. 1958, voce

Registro, nn. 658, 659 ; 14 novembre 1955, n. 3735, id., 1956, I, 331). È appena necessario osservare, da ultimo,

che, nella specie, l'esigenza, contrattualmente voluta dalle

parti, della riproduzione con rogito notarile, può apparire superata dalla sentenza emessa dai giudici di merito, ac certante l'autografia delle firme dei contraenti e l'avvenuto definitivo trasferimento.

Il ricorso del Chiatellino, risultando, a seguito delle considerazioni sovra esposte, infondato in tutti i suoi mo

tivi, deve essere rigettato, con le conseguenziali sanzioni di legge a carico del ricorrente (art. 381, 385 cod. proc. civile).

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 17 ottobre 1963, n. 2772 ; Pres.

Torrente P., Est. Malfitano, P. M. Trotta (conci,

conf.) ; Pali. Barnini (Avv. B. Martinengo) c. Finanze

(Avv. dello Stato Carafa).

(Ojnjermi App. Genova 10 novembre 1961)

llariiotelevisioiic — Canone «li abbonamento — So

pratassa per tardivo pagamento —- Privilegio

(Cod. civ., art. 2772 ; r. d. 1. 21 febbraio 1938 n. 246,

disciplina abbonamento alle radioaudizioni, art. 26).

Il privilegio pei erediti relativi al canone d'abbonamento

alla radio e alla televisione si estende anche alle sopra tasse per ritardato pagamento. (1)

La Corte, eco. — Con l'unico motivo di ricorso si censura

la sentenza impugnata per aver ritenuto che il privilegio

spetti anche alla sopratassa per il ritardato pagamento del

canone di abbonamento alla radio e alla televisione. Al ri

guardo si deduce che stabilendo l'art. 26 del r. decreto legge n. 246 del 1938 che sono privilegiati i crediti relativi al

canone di abbonamento, non è possibile estendere tale

privilegio alla sopratassa che ha natura diversa dal ca

none ed è dovuta soltanto perchè questo non è stato pa

gato nei termini. Tale estensione, peraltro, non sarebbe

possibile perchè le norme che stabiliscono i privilegi, avendo

carattere eccezionale, dovrebbero essere interpretate re

strittivamente.

La censura è infondata.

Questa Corte suprema nella sentenza n. 405 del 1936

(Foro it., Rep. 1936, voce Privilegio, nn. 22, 23), inter

(1) Non constano precedenti in termini. Cass. 11 dicembre 1933, n. 3553, Foro it., 1931, I, 20, ricor

data nella motivazione della presente, escluse il privilegio per l'allora vigente « contributo di abbonamento obbligatorio alle

radioaudizioni » (dovuto da comuni, alberghi, circoli, stabili

menti termali e balneari, cinema, ecc.). L'attuai? canone di abbonamento, invece, ha, secondo App.

Genova 16 maggio 1953, id., 1953, I, 1682, con nota di Fragola, natura di tassa e non d'imposta (la sentenza confermativa, Cass. 17 ottobre 1955, n. 3221, è pubblicata in questa stessa

rivista, 1956, I, 1959). Cass. 30 luglio 1958, n. 2788, citata nella motivazione della

sentenza che si annota, e pubblicata in questa rivista, 1959, I,

257, con nota di richiami, ha ritenuto che il privilegio per imposte dirette si estenda anche al credito dell'esattore per indennità di

mora ; analogo principio è stato, da App. Napoli 5 marzo 1956

(id., 1956, I, 768), applicato ai crediti tributari anche per le so

pratasse e da App. Genova 24 luglio 1962, id., Rep. 1962, voce

Privilegio, n. 15, con riferimento all'art. 2772 cod. civile.

pretando l'art. 1962 cod. civ. abr., che, come l'art. 2772 del codice vigente, accordava il privilegio anche al credito dello Stato per i tributi indiretti, tra i quali deve ritenersi

compreso il pagamento del canone di abbonamento alla radiotelevisione (v. la sent, di questa Corte n. 3553 del

1933, icl., 1934, I, 20), affermò clie con il tributo è coperto dal privilegio tutto ciò che è dovuto in dipendenza del tri buto medesimo e, quindi, anche le sopratasse e le multe.

Successivamente questa stessa Corte in materia ana

loga e, precisamente a proposito della indennità di mora, ha più volte affermato (v. da ult. la sent. n. 2788 del 1958, Foro it., 1959, I, 257) che il privilegio accordato ai crediti dello Stato per tributi diretti, eccettuato quello fondiario, si estende al credito dell'esattore per tale indennità, sotto il profilo che questa costituisce un accessorio del tributo avente la stessa natura pubblicistica di quest'ultimo e ri tiene che non sussista alcuna ragione per mutare tale indi rizzo nella decisione della fattispecie in esame.

Invero, la sopratassa, adempiendo alla duplice funzione di stimolare il contribuente alla osservanza degli obblighi tributari e di risarcire la finanza dello Stato e di altro ente

pubblico impositore delle conseguenze dannose derivanti dall'inosservanza di detti obblighi (sicché, nei casi in cui per l'inadempimento è stabilito la sopratassa, resta esclusa ogni altra forma di risarcimento), costituisce, come indennizzo del mancato pagamento in termine, un accessorio naturale, necessario della tassa, avente la medesima natura e strut tura giuridica di essa.

Come per la tassa, l'obbligo del pagamento della

sopratassa sorge con il semplice verificarsi della situazione

oggettiva prevista dalla legge e nella misura da questa in

derogabilmente stabilita, indipendentemente da ogni in

dagine sulla colpa del contribuente inadempiente o sull'esi

stenza ed entità del danno derivato allo Stato o ad altro ente pubblico impositore della inadempienza.

Ora, l'identità di natura tra la tassa e la sopratassa e

il carattere di accessorietà di questa rispetto alla tassa in

ducono a ritenere che le disposizioni che accordano una

maggiore tutela al credito per la tassa mediante la conces

sione di privilegi, siano applicabili al credito per la sopra tassa, essendo identiche per entrambi i crediti le ragioni che

giustificano la maggiore tutela.

Ne vale obiettare che le disposizioni che accordano i pri

vilegi essendo di carattere eccezionale dovrebbero essere

interpretate restrittivamente in quanto per le leggi ecce

zionali è sancito soltanto il divieto della interpretazione

analogica (art. 14 preleggi) di tal che per esse è consentita

anche l'interpretazione estensiva con la quale non si fa

altro che interpretare la norma in cui il legislatore minus

scripsit quarti voluit, in guisa da comprendere tutti i casi

ai quali essa, secondo il suo spirito, può riferirsi.

Il rilievo del ricorrente secondo cui in alcune leggi, di

data posteriore a quella che accordò il privilegio al credito

per il canone di abbonamento alla radiotelevisione, è espres samente prevista la estensione del privilegio alla sopratassa, non può indurre a una soluzione della questione diversa

da quella adottata perchè esso non è sufficiente a escludere

che la legge più antica fosse, nonostante la sua specifica formulazione, ispirata a quelle medesime intenzioni che le

leggi più recenti rivelano espressamente. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 15 ottobre 1963, n. 2766 ; Pres. Torrente P., Est. Caporaso, P. M. Pepe (conci,

conf.) ; Minen (Avv. Capua, Luzzatto Guerrini) c.

Eredi Moretti e Pizzamiglio (Avv. Marpillero, Pel

lizzer).

('Conferma Afp. Trieste 15 higlio 1960)

Trascrizione — Nuove province — Libri fondiari

Conflitto tra aventi causa dallo stesso proprietario

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