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sezione III civile; sentenza 29 settembre 1999, n. 10767; Pres. Giuliano, Est. Perconte Licatese,...

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sezione III civile; sentenza 29 settembre 1999, n. 10767; Pres. Giuliano, Est. Perconte Licatese, P.M. Ceniccola (concl. diff.); Rondi (Avv. Ferlito, A. e G. Iorfida) c. Marcoz (Avv. Scoccini, Jorioz). Cassa App. Torino 21 ottobre 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 137/138-139/140 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195310 . Accessed: 24/06/2014 22:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.152 on Tue, 24 Jun 2014 22:50:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 29 settembre 1999, n. 10767; Pres. Giuliano, Est. Perconte Licatese,P.M. Ceniccola (concl. diff.); Rondi (Avv. Ferlito, A. e G. Iorfida) c. Marcoz (Avv. Scoccini,Jorioz). Cassa App. Torino 21 ottobre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 137/138-139/140Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195310 .

Accessed: 24/06/2014 22:50

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 29 set

tembre 1999, n. 10767; Pres. Giuliano, Est. Perconte Lica

tese, P.M. Ceniccola (conci, diff.); Rondi (Avv. Ferlito, A. e G. Iorfida) c. Marcoz (Avv. Scoccini, Jorioz). Cassa

App. Torino 21 ottobre 1996.

Locazione — Immobile adibito ad albergo — Attività alber

ghiera iniziata dal conduttore — Affitto d'azienda — Confi

gurabilità — Esclusione «ex lege» — Ambito di applicazione (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immo bili urbani, art. 27; d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, misure finan ziarie in favore delle aree ad alta tensione abitativa, art. 1; 1. 5 aprile 1985 n. 118, conversione in legge, con modificazio

ni, del d.l. 7 febbraio 1985 n. 12. Regolamentazione degli atti e dei rapporti giuridici pregressi, art. 1).

La disposizione dell'art. 1, comma 9 septies, d.l. 12/85 (come convertito dalla l. 118/85), secondo cui si ha locazione di

immobile, e non affitto d'azienda, in tutti i casi in cui l'atti vità alberghiera sia stata iniziata dal conduttore, è applicabi le non solo quando la prima destinazione dell'immobile al

l'esercizio dell'impresa alberghiera sia avvenuta ad opera del

conduttore, ma anche qualora quest'ultimo abbia ricostituito

ex novo nell'immobile, a distanza di tempo, un'azienda al

berghiera, dopo che quella iniziata negli stessi locali dal lo

catore (o da terzi) si era completamente dissolta, con disper sione di tutti i suoi elementi costitutivi e, in primo luogo, dell'avviamento. (1)

Svolgimento del processo. — Marcoz Terzina, premesso di

aver concesso in affitto a Rondi Adriano, con scrittura privata

(1) L'interpretazione estensiva della disposizione del comma 9 septies d.l. 12/85 (nel testo risultante dopo la conversione nella 1. 118/85), adottata dalla Corte di cassazione, si fonda sulla considerazione che

l'ipotesi della ricostituzione ex novo, a distanza di tempo, dell'azienda

alberghiera da parte del conduttore «non differisce, nella sostanza», da quella cui fa riferimento la norma nella sua formulazione letterale

(«casi in cui l'attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore»). In precedenza, la stessa corte si era limitata a chiarire che la presun

zione iuris et de iure della natura locativa del rapporto (con conseguen te applicabilità ad esso della normativa di cui agli art. 27, 3° comma, ss. 1. 392/78, più favorevole per il conduttore rispetto a quella in tema di affitto d'azienda), introdotta dalla norma in discorso, riguarda sol tanto l'ipotesi in cui l'inizio dell'attività alberghiera del conduttore coin cida con la prima destinazione dell'immobile all'esercizio dell'impresa alberghiera: v. Cass. 10 ottobre 1997, n. 9871, Foro it., Rep. 1998, voce Locazione, n. 87 (per esteso, Arch, locazioni, 1998, 54); 15 giugno 1994, n. 5817, Foro it., Rep. 1994, voce Albergo, n. 3 (nella cui moti vazione — che si legge in Arch, locazioni, 1994, 759 — si osserva che il legislatore «ha inteso tutelare il primo cessionario dell'immobile al lorché questi sia stato l'iniziatore dell'attività alberghiera; ciò all'evi dente scopo di evitare contrattazioni fraudolente in danno del predetto, a prescindere da ogni indagine sull'intenzione dei contraenti», sicché

quel che rileva ai fini dell'applicabilità della presunzione legale della natura locatizia del rapporto «è la situazione di fatto dell'inizio dell'at tività alberghiera da parte del cessionario dell'azienda, pur se da costui attuata in precedenza» [e cioè, nella specie, prima della conclusione del contratto della cui qualificazione si discuteva]); 4 gennaio 1991, n.

30, Foro it., Rep. 1991, voce Locazione, n. 95 (riportata, tra l'altro, in Arch, locazioni, 1991, 559, la quale osserva che, ai fini della distin zione tra locazione di immobile (con pertinenze) e affitto d'azienda, la norma in questione attribuisce «un decisivo rilievo discriminante alla

prima gestione dell'attività alberghiera, e così all'avviamento, che sarà frutto dell'attività imprenditoriale del conduttore . . .»); nonché gli al tri precedenti indicati nella nota redazionale a Corte cost. 13 luglio 1994, n. 294, Foro it., 1994, I, 2946, che ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, 3° comma, 1. 392/78, nella par te in cui, al di fuori del caso considerato dal comma 9 septies dell'art.

1 d.l. 12/85 (1. 118/85), non equipara (segnatamente, ai fini della dura ta del rapporto) la figura dell'affitto di azienda alberghiera alla locazio ne di immobile adibito alla stessa attività.

Sui criteri da seguire per la qualificazione nel caso concreto del con

tratto, secondo le regole generali, come locazione di immobile (con per tinenze) adibito ad attività produttiva ovvero come affitto d'azienda,

v., inoltre, da ultimo, Cass. 25 maggio 1995, n. 5787, id., Rep. 1996, voce Albergo, n. 3; 8 agosto 1997, n. 7361, id., Rep. 1997, voce Loca

zione, n. 106; 20 maggio 1997, n. 4472, id., Rep. 1998, voce cit., n.

85; 6 maggio 1997, n. 3950, ibid., n. 86; 20 giugno 1997, n. 5532, ibid., voce Albergo, n. 2; 16 giugno 1998, n. 5986, ibid., voce Azienda, n. 19; 23 aprile 1999, n. 4044, id., Mass., 477.

Il Foro Italiano — 2000.

dell'11 aprile 1988, un albergo, bar e ristorante all'insegna «Hotel

baita Gran San Bernardo», e assumendo che il contratto, tem

pestivamente disdetto, era scaduto I'll aprile 1992, conveniva

in giudizio il Rondi, chiedendone la condanna al rilascio dell'a zienda e al risarcimento del danno derivato dall'abusiva occu

pazione, nella misura da accertare in corso di causa.

Il convenuto eccepiva che il contratto era di locazione e non

di affitto, giacché al momento della sua stipula non esisteva

alcuna azienda di proprietà della Marcoz, ma solo un immobile

in passato adibito dall'attrice ad attività di ristorazione, defini tivamente cessata. Il contratto aveva quindi lo scopo di eludere

la disciplina della 1. 27 luglio 1978 n. 392, ma tale elusione

era impossibile a mente dell'art. 1, comma 9 septies, 1. 5 aprile 1985 n. 118. Il Rondi pertanto chiedeva il rigetto della doman

da e in riconvenzionale la declaratoria di simulazione dell'affit

to e di dissimulazione di una locazione di immobile, sottoposta alla 1. n. 392 del 1978 e alla norma speciale di cui all'art. 1, comma 9 septies, cit. In subordine, nel caso di accoglimento dell'avversa domanda, chiedeva la condanna della controparte al pagamento delle migliorie, addizioni e dotazioni apportate all'azienda secondo l'allegata perizia di stima, per un importo di lire 358.194.564.

Con sentenza del 2 febbraio 1996 l'adito Tribunale di Aosta

riteneva scaduto I'll aprile 1992 il contratto, definito di affitto

di azienda alberghiera, attività iniziata molti anni prima dall'at

trice e proseguita senza soluzione di continuità dal Rondi, com

patibilmente con i tempi tecnici delle necessarie volture. Con

dannava perciò il convenuto al rilascio e al risarcimento del

danno da abusiva occupazione successiva alla scadenza, in mi

sura pari al canone per tutte le mensilità fino all'effettiva ricon

segna; disponeva la prosecuzione del giudizio in ordine al quan tum della riconvenzionale concernente talune migliorie e addi

zioni, disconoscendone altre.

Con sentenza del 21 ottobre 1996 la Corte d'appello di Tori

no ha respinto il gravame del Rondi, che ora ricorre formulan

do due motivi. Resiste con controricorso l'intimata Marcoz.

Sono state depositate memorie.

Motivi della decisione. — Col primo motivo il ricorrente de

nuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma

9 septies, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, convertito nella 1. 5 aprile 1985 n. 118, e degli art. 27 ss. e 79 1. 27 luglio 1978 n. 392, 2727 c.c. e 112 e 116 c.p.c., nonché il vizio di omessa, insuffi

ciente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della

controversia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Invero, sostiene, all'ipotesi, normativamente prevista, che l'at

tività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore, e che, per volontà del legislatore, viene ricondotta alla locazione, deve pa rificarsi quella del conduttore il quale abbia ripristinato ex no

vo un'azienda alberghiera completamente estinta. Nel caso di

specie non può sostenersi che al Rondi sia stata ceduta un'a

zienda, da intendersi come un insieme di beni organizzati, in

esercizio e muniti di avviamento, essendo risultato che non vi

fu alcuna voltura (come consentito nel caso di semplice prose cuzione dell'attività), che non esistevano licenze sanitarie né di

polizia, che era scomparso l'avviamento addirittura mancavano

persino i contratti di fornitura idrica ed elettrica. Lo stabile

versava insomma in condizioni di estremo abbandono e, per ottenere le nuove licenze di esercizio, fu necessario eseguire vari

lavori, tra cui la tinteggiatura, del costo di cinquantuno milio

ni, e il rifacimento del tetto, che ritardarono l'apertura di tre

o quattro mesi.

Non è dubbio che la Marcoz avesse gestito l'albergo, ma tale

attività era stata dismessa dal 1980, salvo un tentativo di farla

rivivere affidandola a certo Scarpellini, che ugualmente a sua

volta aveva desistito. La corte d'appello, quando ha respinto il gravame per la sola preesistenza di un'azienda alberghiera, non solo non ha rettamente interpretato la legge, ma è altresì

incorsa in carenza di motivazione, avendo trascurato tutte le

suesposte circostanze di fatto, oltre che le deposizioni testimo

niali descrittive del vero stato dell'immobile, e rifiutato altresì

gli ulteriori accertamenti chiesti per dimostrare l'avvenuta tota

le cessazione in quell'immobile di ogni attività alberghiera e di ristorazione.

Peraltro, avendo la Marcoz disconosciuto la sua sottoscrizio

ne in calce al contratto, ad esso non si può far capo per valuta

re la volontà delle parti, ma, per stabilire se ricorra un affitto

di azienda ovvero una locazione di immobile, bisogna affidarsi

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PARTE PRIMA

a indizi e presunzioni, tenendo conto del comportamento delle

parti e degli scopi che si ripromettevano. Il Rondi, in particolare, non poteva accontentarsi di un sem

plice affitto di azienda (non più esistente, come si è visto), ma era sorretto dall'aspettativa di una lunga durata del contratto,

grazie alla quale sperava di recuperare le spese sostenute per la ricostituzione dell'azienda.

Col secondo mezzo, formalmente unico ma sostanzialmente

articolato in almeno due autonomi motivi, il ricorrente denun

cia la violazione degli art. 112 e 115 c.p.c., 1592, 1593, 2561 e 2562 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria mo

tivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, nn.

3 e 5, c.p.c.), dolendosi: 1) che siano state sommariamente di

sattese le sue istanze volte a conseguire il valore attuale di tutte

le opere di manutenzione straordinaria e delle migliorie e addi

zioni, quasi tutte indispensabili all'esercizio dell'attività alber ghiera e anzi pregiudiziali al rilascio delle licenze; 2) che la corte

di merito assai incongruamente, solo perché mancò un inventa

rio finale, abbia rigettato la domanda di rimborso avanzata dal

Rondi ai sensi degli art. 2561 e 2562 c.c., in virtù dei quali la differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e alla fine

dell'affitto di azienda è regolata in denaro sulla base dei valori

correnti al termine dell'affitto, senza considerare che il Rondi,

nell'appello, non aveva chiesto di indagare tra un inventario

iniziale e un inventario finale (al quale la Marcoz non si sarebbe

mai prestata), ma tra un inventario iniziale e la consistenza

attuale.

La corte territoriale, riconoscendo che il primo motivo di ap

pello, «è di apprezzabile specificità (. . .) laddove l'appellante (. . .) ammette che preesisteva un'azienda alla medesima inse

gna gestita prima dalla Marcoz e poi dallo Scarpellini, ma assu

me che vi sarebbe stata una soluzione di continuità tra l'azienda

precedente e quella da lui installata», onde «l'unica censura spe cifica concerne la continuità», rileva che, attesa quell'ammissio ne di preesistenza di un'azienda propria della locatrice e quindi di una prima destinazione di quell'immobile ad esercizio alber

ghiero di gran lunga anteriore al rapporto con la Marcoz, «il

primo mezzo d'impugnazione dev'essere respinto, dal momento

che nella stessa sua proposizione è implicita la ragione dell'in

fondatezza giuridica del motivo».

Ricorda il collegio che, a norma dell'art. 1, comma 9 septies, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, convertito con modificazioni nella

1. 5 aprile 1985 n. 118, «si ha locazione di immobile, e non

affitto di azienda, in tutti i casi in cui l'attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore». Per espressa disposizione del suc

cessivo comma 9 octies, «la norma di cui al precedente comma

si applica comunque a tutti i rapporti di locazione alberghieri in atto all'entrata in vigore della legge di conversione del pre sente decreto».

Con questa novella, applicabile anche ai rapporti in prece denza costituiti, il legislatore, intervenendo nella disputa sui cri teri distintivi tra la locazione di immobile destinato ad esercizio

d'albergo e l'affitto di azienda alberghiera, ha conferito decisi

vo rilievo al momento della prima gestione, e di conseguenza all'avviamento che sarà creato dal conduttore, non ravvisando

una sostanziale diversità tra la locazione dell'immobile (specie se ammobiliato) approntato e destinato all'esercizio di un'atti

vità alberghiera e l'affitto di azienda alberghiera quando, sep

pure l'immobile stesso viene riguardato come uno dei beni che

costituiscono il complesso aziendale, il momento dell'avvio del

l'attività grava sul conduttore e resta collegato alle sue capacità

imprenditoriali. La questione della ricorrenza dell'una o dell'altra delle indi

cate ipotesi contrattuali dev'essere quindi necessariamente risol

ta, nel caso di attività alberghiera iniziata dal cessionario, nel

senso della locazione, a prescindere da ogni indagine sull'inten

zione delle parti contraenti o sull'obiettiva consistenza dei beni

dedotti in contratto (Cass. 2 luglio 1991, n. 7253, Foro it., Rep. 1991, voce Locazione, n. 96; 4 gennaio 1991, n. 30, ibid., n. 95).

La distinzione resta beninteso ferma, e pertanto deve farsi

capo agli elaborati e consolidati principi, nel caso in cui l'affit

to riguarda un'azienda già in esercizio, sicché costituisce ele

mento caratterizzante di essa l'avviamento del quale il condut

tore viene a godere. Restano in altri termini in vigore gli ordinari criteri distintivi,

soggettivi e oggettivi, tra la locazione d'immobile destinato ad

albergo e l'affitto di azienda alberghiera in tutti i casi in cui

Il Foro Italiano — 2000.

l'attività alberghiera preesista al contratto da qualificare, in quan to intrapresa dal proprietario o, più in generale, da soggetti diversi dal conduttore.

L'inizio dell'attività alberghiera, nel senso di cui alla norma

citata, deve coincidere insomma con la prima destinazione del

l'immobile all'esercizio dell'impresa alberghiera, con la correla

tiva organizzazione dei beni, ad opera del conduttore (Cass. 17 giugno 1993, n. 6749, id., Rep. 1993, voce cit., n. 106; 4

febbraio 1992, n. 1154, id., Rep. 1992, voce cit., n. 103). Va tuttavia osservato che, da un punto di vista logico, l'ipo

tesi che l'inizio dell'attività alberghiera ad opera del conduttore

coincida con la prima destinazione (in assoluto) dell'immobile

all'esercizio di un'azienda alberghiera non differisce, nella so

stanza, dall'ipotesi che quest'ultima, iniziata dal locatore (o da

terzi), si sia poi completamente dissolta, con la dispersione di

tutti i suoi elementi costitutivi e in primo luogo dell'avviamen

to, e sia stata, a distanza di tempo, ricostituita nello stesso im

mobile, ex novo, dal conduttore.

Questa pratica identità delle due situazioni legittima un'inter

pretazione estensiva della novella legislativa in esame, la quale

prevede solo il caso normale e più ricorrente che in un dato

immobile, opportunamente attrezzato per l'esercizio di un'atti

vità alberghiera (è evidente che il problema non si pone quando l'unico oggetto della stipulazione sia un immobile nudo), l'a

zienda sia per la prima volta gestita dal cessionario.

Non basta, quindi, per escludere la presunzione di cui all'art.

1, comma 9 septies cit., constatare che in un immobile sia stata

un tempo gestita un'azienda alberghiera, dovendosi al contrario

accertare, con un'approfondita indagine di fatto, se, dato il tem

po trascorso e tutte le altre utili circostanze, quella precedente azienda possa considerarsi del tutto estinta, sì che il conduttore

abbia dovuto avviarne ex novo l'esercizio.

Il Rondi aveva per l'appunto sostenuto, col primo motivo

d'appello, che le aziende gestite dalla Marcoz e dallo Scarpellini erano del tutto cessate, tanto che quella da lui ricostruita sulle

rovine di un disordinato insieme di beni obsoleti risultò priva di qualsiasi legame di continuità con le precedenti e in ogni senso nuova, sì da imporre la presunzione di legge a favore

della locazione d'immobile, a prescindere dal contrario testo let

terale del contratto.

La Corte territoriale ha negato ingresso a queste ragioni adot

tando un'interpretazione strettamente letterale della ricordata

disposizione di legge, col ritenerla applicabile alla sola ipotesi di un'azienda alberghiera gestita per la prima volta in assoluto

in un immobile (tanto da affermare che la censura si smentiva

da sola per avere il Rondi ammesso che la sua non era stata

la prima), e quindi, per diretta conseguenza, ha omesso l'esame

critico delle circostanze di fatto alle quali l'appellante affidava

la sua tesi.

Se per un verso dunque il Rondi non può per la prima volta

in questa sede sollevare la questione, implicante indagini di fat

to, di una pretesa non autenticità della sottoscrizione della Mar

coz in calce al contratto dell'11 aprile 1988 (ma è appena il

caso di ricordare comunque l'indirizzo giurisprudenziale per cui

la produzione in giudizio del documento contrattuale, da parte del contraente che non l'abbia sottoscritto, con l'inequivoca vo

lontà di avvalersene, costituisce un equipollente della sottoscri

zione), per altro verso giustamente egli si duole dell'erronea in

terpretazione della norma e della carenza di motivazione, vizi

questi che impongono, nei sensi suddetti, l'accoglimento del pri mo motivo, con l'assorbimento degli altri (riflettenti questioni da rinviare alla cessazione del contratto, rimessa in discussione, e comunque domande proposte dal Rondi in via subordinata, ossia per il caso di accoglimento della domanda di cessazione

del contratto alla data dell'11 aprile 1992), e quindi la cassazio

ne della sentenza impugnata, col rinvio a un giudice di pari

grado, designato nel dispositivo.

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