sezione III civile; sentenza 3 marzo 1987, n. 2226; Pres. Scribano, Est. Varrone, P. M. Minetti(concl. conf.); Caia (Avv. Falbo, Assisi) c. Perrelli (Avv. Bisantis). Conferma Trib. Vibo Valentia13 settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 3301/3302-3303/3304Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179490 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Alla stregua di siffatta disciplina risulta sufficientemente chia
ro come l'istituto del recesso dalle locazioni in parola sia stato
direttamente e compiutamente regolato attraverso l'indicazione
di tutte le condizioni richieste per l'anticipata cessazione del
rapporto. E proprio la nuova e compiuta regolamentazione della materia
implica l'abrogazione delle precedenti disposizioni ai sensi del
l'art. 15 preleggi. Va peraltro posto in debito risalto che l'art. 6 in questione
regolava, nell'ambito della 1. 191/63, la possibilità di cessazione
della proroga delle locazioni alberghiere che la stessa legge aveva
concesso (art. 1) per un periodo limitato. La proroga di detti
contratti fu poi di volta in volta protratta con successive disposi zioni vincolistiche, ma solo fino alla entrata in vigore della 1.
392/78. Ne consegue che al predetto art. 6 non può attribuirsi
un'autonoma e perdurante vitalità al di là della prevista scadenza
delle leggi vincolistiche alla cui operatività era strettamente legato. Né potrebbe sostenersi che la legge sull'equo canone, attribuendo
ulteriore durata ai contratti in corso, abbia mantenuto in vita,
in relazione ad essi, le vecchie disposizioni sulla cessazione della
proroga. La disciplina transitoria non ha, invero, inteso protrarre inte
gralmente il regime vincolistico, ma si caratterizza per il fatto
di costituire un quid di diverso dalla nuova regolamentazione e
da quella preesistente e di realizzare un graduale passaggio dal
vecchio al nuovo regime. In tale ottica il richiamo fatto dalla 1. 392/78 all'art. 5 (e non
all'art. 6) della 1. 191/63, assume un significato ancor più specifi
co e determinante come precisa scelta del legislatore di applicare, in sede di diretta e compiuta regolamentazione del recesso, sol
tanto alcune delle vecchie condizioni impeditive della proroga.
Le considerazioni che procedono tolgono valore alle argomen
tazioni della sentenza impugnata in tema di finalità pubblicistica
del nulla-osta amministrativo. Tanto più che detta attestazione
risulta dettata non da norme direttamente disciplinanti il turi
smo, ma da una norma regolatrice del rapporto di locazione e
quindi della posizione dei relativi soggetti; d'altro canto, il vinco
lo di destinazione alberghiera, richiamato a sostegno dal tribuna
le, è stato dichiarato illegittimo con sentenza 28 gennaio 1981,
n. 4 della Corte costituzionale (id., 1981, I, 305).
Può aggiungersi che l'applicazione dell'art. 6 non potrebbe as
sicurare in ogni caso la realizzazione della suddetta finalità pub
blicistica, mancando il necessario coordinamento tra le ipotesi di
recesso dalla locazione alberghiera secondo la 1. 392/78 e quelle
di accertamento della capacità professionale secondo la vecchia
normativa.
Il recesso (al pari del diniego di rinnovazione del contratto)
è consentito ove il locatore intenda esercitare personalmente nel
l'immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il
secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore.
L'accertamento della capacità professionale è invece previsto
dagli art. 6 1. n. 191/63 e 4 bis 1. 628/67 solo per il locatore
e per il figlio. Sicché, ove si ritenesse, in contrasto con le conside
razioni svolte innanzi, tuttora applicabile l'art. 6, si perverrebbe
alla conclusione anche illogica di richiedere il controllo della ca
pacità professionale nel caso di esercizio della gestione alberghie
ra da parte dello stesso locatore o del figlio e di escluderlo
nell'ipotesi di espletamento della medesima attività da parte del
coniuge del locatore o degli altri parenti suindicati; non senza
dire che resterebbe privo di detto specifico controllo anche il cam
bio di gestione attuato mediante cessione a terzi, da parte del
conduttore, dell'azienda alberghiera e del contratto di locazione.
Il ricorso merita pertanto accoglimento. Va conseguentemente
cassata l'impugnata sentenza con rinvio della causa ad altro giu
dice — che si ritiene designare nel Tribunale di Pistoia — che
dovrà attenersi al principio suindicato, secondo cui in tema di
locazione alberghiera la facoltà di recesso del locatore per eserci
tare nell'immobile locato la medesima attività del conduttore non
è subordinata all'accertamento del requisito della capacità pro
fessionale previsto dall'art. 6 1. 2 marzo 1963 n. 191.
Il Foro Italiano — 1987.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 3 marzo
1987, n. 2226; Pres. Scribano, Est. Varrone, P. M. Minetti
(conci, conf.); Caia (Avv. Falbo, Assisi) c. Perrelli (Avv. Bi
santis). Conferma Trib. Vibo Valentia 13 settembre 1982.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili urbani — Uso diverso
da quello pattuito — Risoluzione del contratto — Mutamento
di uso non comportante mutamento di regime giuridico della
locazione — Disciplina applicabile (Cod. civ., art. 1453, 1455,
1587; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di im mobili urbani, art. 80).
L'uso diverso da quello contrattualmente stabilito, che legittima il locatore a chiedere la risoluzione del contratto con la specifi ca azione prevista dall'art. 80 I. n. 392/78, non è qualsiasi mu
tamento di destinazione dell'immobile locato, ma soltanto quello che comporti un corrispondente mutamento di regime giuridico del rapporto di locazione, ferma restando, per le altre ipotesi di modifica della destinazione dell'immobile da parte del con
duttore, l'esperibilità della comune azione di risoluzione per
inadempimento ai sensi degli art. 1453 ss. c.c., la quale, mentre
da un lato è svincolata dai ristretti limiti temporali fissati a
pena di decadenza dall'art. 80 cit., dall'altro postula la valuta
zione dell'importanza dell'inadempimento (nella specie, la Cas
sazione, correggendo la motivazione della pronunzia del giudice
dell'appello, ha ritenuto applicabile l'azione di risoluzione or
dinaria ex art. 1453 c.c. nel caso di mutamento d'uso dell'im
mobile locato da negozio di parrucchiere a boutique, in quanto
operante all'interno della tipologia prevista dall'art. 27 I. n.
392/78 e non comportante alcun mutamento di regime giuridi
co del rapporto di locazione). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 26 settembre 1981
Perrelli Teresa, premesso di essere proprietaria del locale sito a
via Ercole n. 6 in Tropea, concesso in locazione a Caia Marianna
ad uso parrucchiera per signora e vendita di articoli cosmetici,
chiedeva al pretore del luogo di dichiarare la risoluzione del con
tratto, con ogni pronuncia conseguenziale, in quanto la condut
trice aveva mutato la destinazione in boutique. Malgrado
l'opposizione della Caia che eccepiva l'insussistenza e/o l'irrile
vanza del mutamento, il pretore, con sentenza del 13 febbraio
1982, accoglieva la domanda, ritenendola fondata sia in base al
l'art. 80 1. n. 392/78 che all'art. 1587 c.c.
Proponeva appello la Caia deducendo che il contratto già pre
vedeva, oltre all'uso artigianale, quello commerciale e che, co
(1) In senso sostanzialmente conforme, sia sull'ambito di applicazione della normativa dell'art. 80 1. n. 392/78 (sotto il duplice profilo della
necessità che si tratti di un mutamento d'uso incidente sulla disciplina
giuridica della locazione e della rilevanza anche di mutamenti non consi
stenti nel passaggio dall'uso abitativo a quello non abitativo, e viceversa,
aspetto sul quale pure si sofferma in motivazione la riportata pronunzia), sia sul fatto che la speciale azione di risoluzione prevista dall'articolo
citato è «sganciata dai presupposti richiesti dal codice civile» per la co
mune azione di risoluzione contrattuale per inadempimento, v. Cass. 16
luglio 1986, n. 4600, riportata (insieme a Pret. Monza 7 gennaio 1986), in Foro it., 1987, 1, 111, con osservazioni di D. Piombo. Adde, per ulte
riori aggiornamenti anche con riguardo ai termini di decadenza previsti dall'art. 80 cit. per la proposizione dell'azione di risoluzione, Cass. 24
febbraio 1987, n. 1935, ibid., 2147, con nota di richiami (che riguarda
specificamente il problema della decorrenza di detti termini nell'ipotesi che il mutamento d'uso dell'immobile sia avvenuto anteriormente all'en
trata in vigore della 1. n. 392/78).
Sull'ampiezza del concetto di «mutamento di regime giuridico» (del
rapporto di locazione), peraltro, la sentenza in epigrafe sembra prendere — rispetto a Cass. n. 4600/86 — una posizione più chiara, orientata
in senso estensivo (e cioè per la rilevanza, ai fini dell'art. 80 1. n. 392/78,
di una qualsiasi modifica, sia pure parziale, di disciplina giuridica che
possa conseguire al mutamento d'uso attuato dal conduttore), in quanto
per escludere nella fattispecie l'applicabilità della norma in questione sot
tolinea non solo il carattere interno alla tipologia di cui all'art. 27 1.
cit. del mutamento d'uso verificatosi, ma altresì l'assenza di «alcun mu
tamento di regime giuridico (per quanto attiene a canone, durata, avvia
mento, cessione, prelazione, riscatto, ecc.)». Da ultimo, nel senso della inapplicabilità delle disposizioni dell'art. 80
cit. per l'ipotesi di «non uso» dell'immobile da parte del conduttore,
v. Cass. 22 luglio 1987, n. 6408, ibid., 3013, con nota di richiami. Sia
quest'ultima sentenza, sia le citate Cass., n. 4600/86 e Cass. n. 1935/87
(nonché Corte cost. 9 aprile 1987, n. 116, ibid., 1666, con nota di richia
mi di D. Piombo), sono annotate da N. Izzo, in Giust. civ., 1987, 1, 1032.
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3303 PARTE PRIMA 3304
munque, il preteso cambiamento di destinazione doveva conside
rarsi di scarsa importanza, anche perché di carattere precario. La Perrelli si costituiva e chiedeva il rigetto del gravame. Con
sentenza del 9 giugno 1982/13 settembre 1982, il Tribunale di
Vibo Valentia rigettava l'appello e condannava l'appellante alle
spese processuali. Riteneva il tribunale: che, nella specie, era pacifico il cambia
mento dell'attività esercitata nel locale (da artigianale con com
plementare e limitata attività commerciale ad attività prettamente commerciale di specie diversa); che il mutamento d'uso di cui
all'art. 80 cit. non concerne solo le ipotesi di diversità del regime
giuridico del rapporto previste dalla 1. n. 392/78; che la suddetta
norma configura la risoluzione come conseguenza automatica del
cambiamento di destinazione; che giustamente il pretore aveva
ravvisato la concorrenza della disciplina prevista in linea generale dall'art. 1587 c.c.; che erano irrilevanti sia il carattere prevalente mente stagionale della mutata attività, sia la mancanza di modifi
cazioni strutturali del locale.
Ricorre per cassazione la Caia deducendo un solo motivo di
censura, al quale resiste la Perrelli con controricorso.
Motivi della decisione. — Con un unico motivo, denunciando
violazione e falsa applicazione degli art. 80 1. n. 392/78 e 1587
c.c., la Caia censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto fon
data la domanda di risoluzione del rapporto locativo de quo in
base ad ambedue le norme citate. L'assunto della ricorrente è
che il mutamento d'uso di cui all'art. 80 cit. riguardi i contratti
disciplinati dalla 1. n. 392/78, operando solo nell'ambito delle
due categorie di immobili urbani ad uso di abitazione e ad uso
diverso dall'abitazione, inteso quest'ultimo come comprendente tutte e soltanto le attività contemplate negli art. 27 e 42 (con
passaggio quindi dalla disciplina del capo I del titolo I a quella del capo II, e viceversa); e che, inoltre, qualora sopravviva la
disciplina ordinaria del codice civile (art. 1587), essendo rilevante
stabilire l'entità dell'inadempimento del conduttore, tutta una se
rie di rilievi imporrebbe, nel caso di specie, una valutazione di
scarsa importanza. Il ricorso è infondato ancorché la motivazione addotta dal tri
bunale di Vibo vada parzialmente integrata e corretta; e valga il vero.
Già questa Suprema corte ha avuto occasione di affermare sul
la portata dell'art. 80 cit. che il regime giuridico da applicare
agli immobili locati è quello corrispondente al loro uso effettivo, essendo evidente l'intento legislativo di sottoporre a disciplina spe ciale, sottraendole a quella del codice civile pur contro la volontà
delle parti, tutte le locazioni aventi destinazione (effettiva) corri
spondente ad una di quelle previste dalla 1. n. 392/78. In altre
parole, la ratio è di impedire che le parti possano stipulare con
tratti simulati al solo scopo di eludere la disciplina legislativa mente prevista per ciascun tipo di locazione; ed il mezzo offerto al locatore dall'art. 80 è stato di prevedere, al fine di ottenere la risoluzione del contratto, una specifica ipotesi d'inadempimen to atta ad evitare che il locatore venga a subire, per il comporta mento successivo del solo conduttore, una disciplina giuridica del
rapporto diversa da quella accettata da ambo le parti con lo sti
pulare un determinato tipo di contratto (Cass. 1598/84, Foro it., 1984, I, 2546).
Se queste premesse sono esatte (come non sembra ragionevol mente contestabile), ne discende il principio che l'uso diverso da
quello contrattualmente stabilito (a cui si riferisce l'art. 80) non va individuato soltanto nella generale dicotomia di uso abitativo e non abitativo la quale, seppure costituisce la più macroscopica ipotesi di uso diverso da quello pattuito, non ne esaurisce l'intera
gamma; bensì nel mutamento d'uso che comporti corrisponden temente un mutamento di regime giuridico. Non quindi qualsiasi modifica della destinazione dell'immobile è rilevante ai sensi del l'art. 80, ma solo quella connessa ad una diversa disciplina nor mativa (e, quindi, anche il caso che l'immobile locato per uso non contemplato dalla 1. n. 392/78 venga successivamente adibi to dal conduttore ad uno degli usi previsti da tale legge: Cass.
1598/84, cit.). Ora, applicando il suesposto principio al caso di specie, sicco
me il cambiamento d'uso da esercizio di attività artigianale con
complementare attività commerciale (negozio di parrucchiera e vendita di cosmetici) in esclusiva attività commerciale di specie diversa (boutique) opera nell'ambito della tipologia prevista dal l'art. 27 1. n. 392/78 e non comporta alcun mutamento di regime giuridico (per quanto attiene a canone, durata, avviamento, ces
II Foro Italiano — 1987.
sione, prelazione, riscatto, ecc.), l'applicazione dell'art. 80 risulta
fuori luogo; ed in questo senso va corretta la motivazione esposta
nell'impugnata sentenza. Ma se non è ravvisabile quella specifica
ipotesi di inadempimento, sganciata dai presupposti richiesti dal
codice civile, prevista appunto dall'art. 80, mantiene intatto il
suo vigore la comune azione di risoluzione contrattuale per ina
dempimento, prevista dagli art. 1453 ss. c.c.; azione che se da
un lato è svincolata da ristretti limiti temporali fissati a pena di
decadenza, dall'altro postula la valutazione sull'importanza del
l'inadempimento (di cui nell'art. 80 non v'è cenno). Trattasi, co
m'è noto, di valutazione che, risolvendosi in giudizio di mero
fatto, è devoluta al giudice di merito ed è insindacabile in sede
di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. 4895/81, id., Rep. 1981, voce Contratto in ge
nere, n. 307). Ora il Tribunale di Vibo, richiamando ed amplian do le considerazioni pretorili, ha esplicitamente fondato il suo
giudizio di gravità sulla rilevanza del patto contrattuale violato, nonché sulla radicalità e definitività del mutamento di destinazio
ne, ammesso dall'attuale ricorrente in sede di interrogatorio for
male. Sotto questo profilo, la motivazione non è suscettibile di
censura, apparendo ragionevole e congrua. Il ricorso va, quindi, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 gennaio
1987, n. 395; Pres. Santosuosso, Est. R. Sgroi, P.M. Di Ren
zo (conci, diff.); Soc. Arcese trasporti (Avv. Piccarozzi, Pez
coller) c. Ditta Schenker A.G. (Aw. Knoll). Cassa App. Trento 31 maggio 1983.
Delibazione delle sentenze straniere ed esecuzione di atti di auto
rità straniere — Sentenza straniera — Riesame del merito —
Convenzione italo-austriaca (Cod. proc. civ., art. 798; 1. 12
febbraio 1974 n. 71, ratifica ed esecuzione della convenzione
tra la Repubblica italiana e la Repubblica d'Austria, per il rico
noscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia
civile e commerciale, di transazioni giudiziarie e di atti notarili, conclusa a Roma il 16 novembre 1971: convenzione, art. 1-8).
Richiesta la declaratoria di efficacia in Italia, ai sensi della con
venzione italo-austriaca del 16 novembre 1971, ratificata con I. 12 febbraio 1974 n. 71, di sentenza resa da giudice austriaco, in contumacia del convenuto italiano, la sentenza può essere
riesaminata nel merito. (1)
Svolgimento de! processo. — Con citazione dell'11 novembre 1981 la ditta Schenker & Co. A.G. con sede in Innsbruk (Au
(1) Conforme, citata in motivazione, Cass. 22 ottobre 1981, n. 5525, Foro it., 1982, I, 1648, con nota di richiami (e in Giur. it., 1982, I, 1, 911, con nota di Franchi, Convenzioni internazionali sulla delibazione e riesame nel merito), che ha argomentato dalla particolare efficacia della contumacia nel regime processuale civile austriaco (§ 254), rispetto al no stro sistema.
Oltre ai richiami di dottrina di cui alla nota redazionale a Cass. 22 ottobre 1981, n. 5525, cit., si richiamano Boschiero, Riesame del merito e convenzioni sul riconoscimento ed efficacia di sentenze straniere, in Riv. dir. internaz. privato e proc., 1984, 59; Pau, Recenti orientamenti in tema d'efficacia in Italia di sentenze straniere, in Riv. dir. internaz., 1979, 674.
Giacometti, Il riesame del merito nella delibazione di sentenze austria che, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 1336, pur criticando le argomen tazioni di due sentenze inedite, App. Trieste 18 febbraio 1981, in causa Unterrassinger c. Soc. Marie e App. Trieste 7 marzo 1981, in causa Klau sner c. Soc. Marie, che avevano escluso l'esame nel merito, perviene co munque alla soluzione opposta a quella di cui alla sentenza in epigrafe, ritenendo che ove sussistessero i casi di revocazione di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 6 dell'art. 395 c.p.c., il giudice potrebbe esaminarli sotto il profilo della contrarietà all'ordine pubblico ex art. 7, n. 1, della convenzione, e che la soluzione favorevole al riesame nel merito si presenterebbe in contrasto con la legislazione austriaca, che, fin dal secolo scorso, dava attuazione a pronunce di Stati esteri, i quali ammettessero esecutorietà delle sentenze austriache, senza riesame nel merito.
Sulla convenzione italo-austriaca, v., da ultimo, Cass. 3 maggio 1986, n. 3015, Foro it., 1987, I, 1544; 1° marzo 1984, n. 1442, id., Rep. 1984, voce Delibazione, n. 47 (e in Arch, circolaz., 1984, 761, e Riv. giur. circolaz. e trasp., 1984, 661).
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