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sezione III civile; sentenza 30 maggio 2000, n. 7194; Pres. Fiduccia, Est. Talevi, P.M. Golia...

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sezione III civile; sentenza 30 maggio 2000, n. 7194; Pres. Fiduccia, Est. Talevi, P.M. Golia (concl. conf.); Comune di Parma (Avv. D'Amelio, Bertani) c. Soc. Immobiliare Bergonzi (Avv. Martuccelli, Covino). Cassa App. Bologna 19 luglio 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 2 (FEBBRAIO 2001), pp. 569/570-575/576 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197553 . Accessed: 28/06/2014 18:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 18:12:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 30 maggio 2000, n. 7194; Pres. Fiduccia, Est. Talevi, P.M. Golia (concl.conf.); Comune di Parma (Avv. D'Amelio, Bertani) c. Soc. Immobiliare Bergonzi (Avv.Martuccelli, Covino). Cassa App. Bologna 19 luglio 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 2 (FEBBRAIO 2001), pp. 569/570-575/576Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197553 .

Accessed: 28/06/2014 18:12

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di cura degli interessi del preponente, cui il mandato è preordi nato.

Nella mediazione contrattuale atipica che si considera, il di

ritto del mediatore alla provvigione, di cui è presupposto l'ese

cuzione dell'incarico da parte sua, non richiede che le parti inte

ressate all'affare, messe in relazione tra loro, lo concludano.

Ma anche in questa mediazione, sarà necessario, perché sorga il diritto alla provvigione, che il mediatore abbia messo in rela zione la parte che l'ha incaricata e da cui attende la provvigione sulla base del contratto, con l'altra parte interessata all'affare, da lui trovata.

Perché ciò avvenga non è necessario che il mediatore presenti l'altra parte a quella da cui ha ricevuto l'incarico, ma è necessa

rio che gliela indichi, ovverosia che le faccia conoscere d'averla

trovata.

L'attività svolta dal mediatore ed il risultato rappresentato dall'aver trovato una persona interessata all'affare ed anche l'a

ver ricevuto una dichiarazione di questa indirizzata alla parte che ha conferito l'incarico si muovono sul piano di un'attività

di intermediazione svolta verso la persona trovata, il che, se

l'affare sia poi concluso, gli consentirà di ottenere anche da co

stei la provvigione. Ma restano su questo piano, sino a quando di tale risultato

non sia informata la persona da cui il mediatore ha ricevuto

l'incarico.

Nucleo essenziale dell'attività di intermediazione, del mettere

le parti in relazione, è invero che la parte da cui il mediatore

pretenda la provvigione, nella mediazione non negoziale, come

in quella contrattuale, appunto come risultato dell'attività del

mediatore sia stata messa in grado di avvicinare un'altra parte, interessata alla conclusione dell'affare.

Dunque, mentre il contatto stabilito dal mandatario col terzo,

tradottosi in un negozio giuridico impegnativo per il mandata

rio, è sufficiente perché si debba ritenere che egli abbia conclu

so l'affare nel termine stabilito, il medesimo contatto stabilito

dal mediatore col terzo non è sufficiente nella mediazione con

trattuale atipica che si è venuta considerando perché possa rite

nersi che il mediatore abbia eseguito l'incarico, restando al me

diatore di indicare alla parte da cui ha ricevuto l'incarico il terzo

con cui può concludere l'affare.

2.6. - Acquisito che, per poter considerare assolto il suo inca

rico sulla base del contratto, il mediatore deve comunicare a chi

glielo ha conferito d'aver trovato la persona interessata a con

cludere l'affare, resta da stabilire se, oltre a dover essere fatta

dal mediatore nel termine, nello stesso termine la dichiarazione

debba anche essere ricevuta.

La risposta è affermativa.

Essa discende da un lato dalle conclusioni raggiunte circa il

dovere del mediatore di darla, dall'altro dalla natura dell'atto,

perché è insito nelle dichiarazioni aventi come contenuto una

notizia indirizzata ad una parte che l'effetto giuridico che vi si

ricollega postuli che la comunicazione sia ricevuta.

Dunque, la comunicazione del mediatore deve pervenire alla

parte che ha dato l'incarico prima che il termine di efficacia del

contratto di mediazione scada.

Pervenuta la comunicazione nel termine, l'incarico del me

diatore è compiuto e lo scioglimento del contratto è impedito. Se la comunicazione perviene oltre il termine, si produce in

vece l'effetto contrario, ovverosia il contratto è sciolto e l'atti

vità svolta dal mediatore cessa di poter ricevere qualificazione sulla base del contratto come un incarico espletato e perciò non

gli dà diritto alla provvigione. 2.7. - Una ulteriore osservazione.

La parte che assume l'iniziativa di rivolgersi al mediatore, se

giunge a pattuire che la provvigione gli spetterà anche nel caso

che sarà lei a vendere direttamente o deciderà di non farlo più, 10 fa per sollecitare l'impegno dell'organizzazione del mediato

re per la realizzazione dell'affare.

Il termine della mediazione assume una funzione caratteriz

zante in questa direzione, perché quanto più la durata della me

diazione risultasse dilatata nel tempo, tanto meno sarebbe giu stificato per chi dà l'incarico vincolare la propria libertà con

trattuale, giacché trovare un'altra parte interessata all'affare co

stituirebbe il normale risultato dell' attività di intermediazione

svolta dal mediatore professionalmente.

Appare allora giustificato addossare al mediatore l'onere di

un comportamento avveduto nell'espletamento dell'incarico e

11 Foro Italiano — 2001 — Parte /-11.

dei rischi conseguenti alle modalità scelte nel farlo, anziché

mettere a carico della parte che gli conferisce l'incarico il com

pito di tenersi informata sul suo svolgimento. Così, sarebbe ingiustificato imporre il pagamento della prov

vigione alla parte, che non avendo ricevuto nel termine la co

municazione del mediatore, abbia ritenuto di impegnarsi con un

terzo, senza essersi informata presso il mediatore circa il punto cui sono giunte le sue ricerche.

Ed è per contro ragionevole imporre al mediatore, che possa

paventare la scadenza dell'incarico, informare in precedenza la

parte sullo stato del suo svolgimento e sui suoi propositi per il

caso di superamento del termine.

3. - Il ricorso è rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 30

maggio 2000, n. 7194; Pres. Fiduccia, Est. Talevi, P.M. Go

lia (conci, conf.); Comune di Parma (Avv. D'Amelio, Ber

tani) c. Soc. Immobiliare Bergonzi (Avv. Martuccelli, Co

vino). Cassa App. Bologna 19 luglio 1996.

Arricchimento senza causa — Cosa determinata — Restitu

zione — Diminuzione patrimoniale — Indennizzo (Cod. civ., art. 1148, 2041).

Cassazione civile — Ricorso — Forma e contenuto — Que stione dedotta innanzi al giudice di merito — Indicazione

degli atti — Onere (Cod. proc. civ., art. 360).

Nell'ipotesi di arricchimento senza causa che abbia per oggetto una cosa determinata, qualora la restituzione della cosa stes

sa non esaurisca l'arricchimento e la correlativa diminuzione

patrimoniale, è dovuto l'indennizzo per la parte residua. (1) Per evitare una pronuncia di inammissibilità per novità della

censura, il ricorrente che lamenta l'omessa pronuncia su una

domanda ha l'onere d'indicare in quali atti e specifiche fra

si, nell'ambito di tali atti, l'abbia proposta innanzi al giudice di merito. (2)

(1) Nella specie, priva di precedenti specifici, la locupletatici deriva

dalla mancata restituzione di un'area fabbricabile, oggetto di una per muta tra le parti. I giudici di legittimità fissano il principio secondo cui

l'obbligo dell'arricchito senza causa di restituire in natura l'oggetto dell'arricchimento, costituito da cosa determinata, non lo esime dal

l'indennizzo se, malgrado tale restituzione, residua un arricchimento, con correlativa diminuzione patrimoniale del depauperato.

Da notare come, in primo grado, il tribunale avesse rigettato la do

manda dell'attrice, mentre i giudici d'appello l'avevano accolta, stabi

lendo che l'area de qua fosse restituita all'immobiliare. In giurisprudenza, è pacifica la natura dell'indennizzo previsto dal

l'art. 2041 c.c. quale debito di valore; in tal senso, v. Cass. 6 febbraio

1998, n. 1287, Foro it., 1998,1, 1116, con nota critica di Caputi, ove si

precisa che l'indennizzo, costituente debito di valore, va liquidato te

nendo conto della sopravvenuta perdita di valore della moneta, sicché

sulla somma così computata sono poi dovuti gli interessi secondo il tas

so legale per compensare l'ulteriore pregiudizio costituito dalla man

cata, tempestiva disponibilità della somma, atta a risarcire il danno. V.

altresì Cass. 26 agosto 1997, n. 7997, id., Rep. 1998, voce Arricchi

mento senza causa, n. 24; 17 luglio 1997, n. 6570, id., 1997, I, 2825, ove si rimarca che l'indennizzo dovuto a titolo d'ingiustificato arric

chimento, costituendo debito di valore, va determinato tenendo conto

della rivalutazione della somma dovuta, dal momento del fatto sino al

l'epoca della liquidazione, nonché calcolando gli interessi per il ritardo

sulla somma originariamente dovuta dal debitore e, successivamente, con riferimento ai singoli momenti in cui tale somma s'incrementa no

minalmente in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria, ov

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PARTE PRIMA 572

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 28 settembre 1989, la s.n.c. Immobiliare dott. Bruno Bergonzi conveniva in giudizio il comune di Parma, esponendo:

che con atto 4 luglio 1967 fra il comune e la immobiliare era

intervenuta una permuta di due porzioni di terreno in piazzale Marconi (con conguaglio di lire 10.450.000 a favore del comu

ne) allo scopo di costruire un complesso immobiliare, compren dente un cinema teatro, su terreno in parte demaniale che il co

mune si era impegnato ad acquistare; che, in relazione a tali accordi, l'immobiliare aveva pagato

lire 72.000.000 per spese relative al concorso bandito per la ri

costruzione del teatro Paganini, distrutto da eventi bellici;

che, con delibera 26 luglio 1973, il consiglio comunale aveva

autorizzato il sindaco a stipulare con l'immobiliare una conven zione — intercorsa il 25 ottobre 1973 — nella quale, premesso che non era stata rilasciata la licenza per costruire il cinema

teatro Paganini in piazzale della Pace, mentre la società cedeva un'area al comune che a sua volta si impegnava a rilasciare a favore della cedente licenza di costruzione del complesso edili zio in via Pastrengo, obbligandosi ad inserire nell'adottando

p.r.g. una norma transitoria di portata tale da consentire il rila scio della licenza;

che, con delibera 23 luglio 1978, n. 141/11, il comune aveva revocato la precedente disposizione n. 842 del 26 luglio 1973;

che l'immobiliare aveva impugnato quest'atto avanti al Tar

dell'Emilia-Romagna chiedendo che fosse dichiarata legittima la delibera annullata o, in caso contrario, che le fosse restituita l'area di piazzale della Pace;

che il comune di Parma aveva proposto istanza di regola mento preventivo di giurisdizione, respinto dalla Cassazione;

che il Tar dell'Emilia-Romagna aveva dichiarato il ricorso in

parte infondato ed in parte inammissibile ed aveva dichiarato il

proprio difetto di giurisdizione in ordine all'azione di restitu zione dell'area di piazzale della Pace;

che il comune era rimasto inadempiente ed aveva acquisito sine causa l'area di piazzale della Pace;

che tale comportamento configurava un inadempimento con trattuale e/o un arricchimento senza causa.

L'attrice domandava pertanto che fosse dichiarato l'inadem

pimento del comune per non aver rilasciato la licenza, con con

seguente condanna del medesimo al risarcimento del danno (lire 3.500.000.000, o maggiore o minore somma di giustizia, oltre interessi e rivalutazione) oltre alle restituzioni degli esborsi ef

fettuati; subordinatamente chiedeva che fosse riconosciuto l'ar ricchimento senza causa del comune, con condanna al paga mento di lire 3.500.000.000 (oltre interessi e rivalutazione).

vero mediante un indice medio. Ex plurimis, cfr. Cass. 10 febbraio 1996, n. 1025, id., 1996,1, 1244; 7 marzo 1995, n. 2656, id., Rep. 1995, voce Danni civili, n. 315.

In dottrina, sull'indennizzo previsto e sulla natura del rimedio, v. E. Contino, Presupposti e natura del rimedio disciplinato dall'art. 2041 c.c., in Giusi, civ., 1998, I, 3186, che rimarca la differenza tra arricchi mento e risarcimento, collocando l'attribuzione dell'indennizzo in una posizione intermedia tra corrispettivo in senso proprio e risarcimento. Sull'ingiusto arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, v. G. Riga, L'arricchimento senza causa nei rapporti con la pubblica amministrazione, in Enti pubblici, 1996, 1221; E. Tomasello, Arricchi mento ingiustificato della pubblica amministrazione, in Giust. amm. sic., 1997, 756; M. Annunziata, Pubblica amministrazione e arricchimento senza causa, in Foro amm., 1996, 2579, nonché L. De Gregorio, L'in dennizzo per l'arricchimento senza causa, nei confronti della pubblica amministrazione, si fa più consistente, in Giur. it., 1996,1, 1, 505.

(2) Nello stesso senso, da ultimo, v. Cass. 5 ottobre 1998, n. 9861, Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 207.

In argomento, da ultimo, Cass. 22 novembre 2000, n. 15112, in questo fascicolo, I, 471, e 18 gennaio 2000, n. 497, in questo fascicolo, I, 661.

Su analoghe problematiche attinenti al controricorso, cfr. Cass. 9 settembre 1997, n. 8746, id., Rep. 1997, voce cit., n. 202; 4 febbraio 1997, n. 1049, ibid., n. 201, ove il riferimento implicito ai fatti esposti nella sentenza impugnata o nel ricorso viene ritenuto sufficiente ai fini dell'ammissibilità del controricorso. Contra, v. Cass. 9 ottobre 1996, n. 8835, id., 1997,1, 858, con nota di richiami.

In dottrina, sui requisiti del ricorso, v. S. Satta, Commentario al co dice di procedura civile, Milano, 1966, II, 2, 234; A. Proto Pisani, Le zioni di diritto processuale civile, T ed., Napoli, 1996, 564.

Per ciò che concerne il controricorso, che dottrina e giurisprudenza più recenti differenziano dal ricorso sul piano della natura giuridica, v. V. Carbone, Il controricorso riformato, in Corriere giur., 1997, 303; G. Giacalone, Gli elementi del controricorso per cassazione, in Gius, 1997, 816.

Il Foro Italiano — 2001.

Resisteva in giudizio il comune di Parma.

Il Tribunale di Parma, con sentenza 4 febbraio - 15 aprile 1994 rigettava ogni domanda di parte attrice, condannandola

alla rifusione delle spese.

Proponeva appello l'attrice.

Resisteva in giudizio il comune.

La Corte d'appello di Bologna, con sentenza depositata il 19

luglio 1996, in parziale accoglimento dell'appello, ordinava al

comune di restituire all'appellante l'area in questione, dichia

rando integralmente compensate tra le parti le spese processuali dell'intero giudizio.

Nella motivazione detta corte esponeva tra l'altro le seguenti

argomentazioni. L'azione di restituzione dell'area, formulata

immediatamente con ricorso al giudice amministrativo «... an

dava inquadrata nell'ambito dell'obbligo di restituzione, previ sto dall'art. 2041, cpv., c.c.; con la conseguenza che dev'essere

esclusa la prescrizione dell'azione, eccepita dal comune ed ac

colta in prime cure, avendo l'appellante interrotto il decorso

del termine promuovendo, seppure avanti a giudice privo di giu risdizione, la medesima domanda giudiziale azionata in questa sede. Passando dunque a quantificare l'indennizzo (omissis). La

norma limita l'indennizzo alla sola restituzione del bene, con

esclusione di ogni altro tipo di indennità (omissis). Il giudice deve pertanto provvedere ad ordinare la semplice restituzione

del bene (omissis). Va ancora soggiunto, dovendosi limitare

ogni pretesa dell'appellante nell'ambito dell'ingiustificato ar

ricchimento, che non può farsi luogo alla restituzione delle

somme di lire 10.450.000 (versate a conguaglio fra le permute di aree, come da stipula 4 luglio 1967), né di lire 72.000.000 (asseritamente pagate ai professionisti che parteciparono al con

corso per la progettazione del teatro Paganini): nel primo caso il

versamento trova giustificazione nella necessità di operare un

saldo, secondo i prezzi vigenti, per la porzione di terreno rice

vuta in eccedenza rispetto a quella data in permuta; nel secondo, essendo pacifico che il prospettato teatro non è stato edificato, non si è verificato arricchimento a vantaggio del comune, onde

nessun indennizzo può essere attribuito al privato per tale tito lo. ..».

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il

comune di Parma con un motivo.

Ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso inci dentale con quattro motivi l'immobiliare.

A detto ricorso incidentale ha resistito con controricorso il comune.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — Anzitutto occorre disporre la ri unione dei due ricorsi.

Con l'unico motivo il ricorrente comune di Parma denuncia violazione e falsa applicazione di norme (art. 360, n. 3, c.p.c. e 112 c.p.c.) lamentando che la corte d'appello ha ritenuto di po ter individuare nella domanda di restituzione inoltrata davanti al Tar dell'Emilia-Romagna un'azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. dimenticando che, data la specificità del titolo di tale azione (che deve essere proposta in modo specifi co), è escluso che essa si possa ritenere proposta per implicito. Il ragionamento della corte (poiché l'unica azione che l'immo biliare poteva legittimamente intraprendere era quella di arric chimento senza causa, l'azione di fatto proposta non poteva che essere questa) si risolve in un sofisma; e per di più fondato su una qualificazione errata. Infatti, considerato il titolo negoziale da cui hanno tratto origine le pretese dell'Immobiliare Bergonzi la richiesta di restituzione non poteva che qualificarsi come azione di restituzione di indebito oggettivo. Quindi la corte di Bologna ha sostituito d'ufficio l'azione di indebito soggettivo proposta innanzi al Tar con quella di arricchimento senza causa. Ne deriva ancora che l'azione ex art. 2041 c.c., proposta il 28 settembre 1989, ad oltre undici anni dalla delibera n. 842 del 26

luglio 1973 revocata con delibera del 23 luglio 1978, innanzi al Tribunale di Parma era prescritta.

Il motivo (che non contiene una rituale doglianza subordinata volta a sostenere — anche nel caso si ritenga essere una azione di arricchimento quella proposta innanzi al Tar — la prescrizio ne del diritto della controparte ad un indennizzo oltre alla resti

tuzione) appare privo di pregio, in quanto la motivazione in

esame, se considerata nella sua totalità ed esattamente interpre tata, appare immune dai vizi lamentati. Infatti la corte, come si evince dal complesso della motivazione ed in particolare dal

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fatto che ha posto l'accento sul fatto che anche innanzi al Tar

era stata proposta una «azione di restituzione dell'area» e che

era stata promossa «... seppure avanti a giudice privo di giuris dizione, la medesima domanda giudiziale azionata in questa se

de ...», ha (sia pure in modo parzialmente implicito) posto a

base della sua decisione anche la circostanza che in sostanza

petitum e causa petendi innanzi al Tar ed innanzi all'a.g.o. era

no gli stessi. Trattasi di una autonoma ratio decidendi idonea a

sostenere la decisione sul punto ed immune dai vizi suddetti. In

fatti è vero che non ogni domanda ha effetto interruttivo della

prescrizione, ma soltanto quella con cui l'attore chiede il rico

noscimento e la tutela giuridica del diritto del quale si eccepisca

poi la prescrizione (v., tra altre, Cass. 14 giugno 1988, n. 4031, Foro it., Rep. 1988, voce Prescrizione e decadenza, n. 66; cfr., tra le altre, Cass. 4 febbraio 1997, n. 1049, id., Rep. 1997, voce

cit., n. 96); ma detta corte (lungi dal ritenere proposta per impli cito l'azione ex art. 2041 cit. in una domanda fondata su altro

titolo) nell'esercizio del suo potere di interpretazione e qualifi cazione giuridica della domanda ha evidentemente inteso affer

mare che nella specie è stato in entrambi i casi richiesto il rico

noscimento del medesimo diritto (alla «restituzione dell'area») sulla base della prospettazione di identiche circostanze di fatto; e che doveva pertanto concludersi che era stata proposta una

azione ex art. 2041 c.c. non solo innanzi all'a.g.o. ma anche in

nanzi al Tar. Dunque questa ratio è immune dai vizi lamentati

ed in particolare è rispettosa della giurisprudenza in questione. Devono a questo punto ritenersi irrilevanti le doglianze rivolte

contro le altre ragioni esposte dalla corte d'appello. Infatti, in

tema di ricorso per cassazione, nel caso in cui la decisione im

pugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro distinte

ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente

a sorreggerla, qualora una di queste si riveli immune dai vizi

lamentati, divengono irrilevanti le doglianze contro le altre dato

che la sentenza in questione è comunque destinata a rimanere

ferma in base a detta ratio decidendi oggetto di censure prive di

pregio. L'Immobiliare Bruno Bergonzi, con il primo motivo di ricor

so incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli art.

2041 c.c. e 1148 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.c., espo nendo le seguenti doglianze in ordine alla limitazione dell'in

dennizzo alla sola restituzione del bene.

1) Se con l'atto di citazione 26 maggio 1978 innanzi al Tar

aveva effettivamente chiesto solo la restituzione del bene ex art.

2041, 2° comma, c.c., con l'atto di citazione innanzi al Tribu

nale di Parma del 28 settembre 1989 aveva chiesto anche tutte le

altre voci di arricchimento ingiustificato maturatesi successiva

mente.

2) Anche ammettendo di qualificare l'azione come di restitu

zione del bene ex art. 2041, 2° comma, c.c., è comunque dovuto

anche un indennizzo per la mancata utilizzazione del bene (uti lizzato dal comune per più di venti anni).

3) Va applicato l'art. 1148 c.c.

4) Anche nell'ipotesi che fosse esistita alternativamente a

quella ex art. 2041 cit., un'azione ex art. 2033 c.c., comunque l'azione ex art. 2041 dovrebbe ritenersi valida. «... Rispetto a

quella parte di indennizzo che non consiste nella restituzione

dell'area ceduta al comune, l'assunto del tribunale dell'impro

ponibilità della relativa azione di arricchimento per esistenza di

un'azione alternativa (quella di restituzione) non ha nessun si

gnificato ...». Il motivo deve ritenersi fondato (nei seguenti limiti).

Quanto al punto 1) basta rilevare che la tesi in esso esposta non appare in conflitto con quanto si legge nell'impugnata sen

tenza (v. in particolare a pag. 20, in cui si legge: «... Passando

dunque a quantificare l'indennizzo, nel presente giudizio l'im

mobiliare domanda che, riconosciuto l'ingiustificato arricchi

mento del comune, questo venga condannato a pagare lire

3.500.000.000, ovvero a restituire l'area di piazzale della Pace

ed a risarcire il danno. Senonché ...»). Circa il punto 2) si osserva quanto segue. Nel 2° comma del

l'art. 2041 c.c, il legislatore si è limitato a precisare che qualora l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, e questa sussista al tempo della domanda, colui che l'ha ricevuta è tenuto

a restituirla in natura (essendo palese che in tale ipotesi non vi è

ragione per consentire che quest'ultimo continui a trattenere la

cosa); ma né la (chiara) lettera della legge né la sua ratio, chia

ramente volta ad affermare — in ogni caso in cui si verifichino i

Il Foro Italiano — 2001.

presupposti dell'arricchimento di un soggetto e della correlativa

diminuzione patrimoniale di un altro — il diritto all'indennizzo

in questione (sia pure nei limiti costituiti da detto arricchimento

e detta diminuzione), autorizzano ad affermare che si sia inteso

imporre una deroga al 1° comma nel senso che se viene disposta la restituzione ogni ulteriore indennizzo dovrebbe ritenersi

escluso, anche se giustificato dall'arricchimento e dalla correla

tiva diminuzione patrimoniale predetti. Va dunque affermato il seguente principio di diritto: in tema

di arricchimento senza causa, nell'ipotesi —

disciplinata dal 2°

comma dell'art. 2041 c.c. — che l'arricchimento abbia per og

getto una cosa determinata, qualora la restituzione della cosa

stessa non esaurisca l'arricchimento e la correlativa diminuzio

ne patrimoniale previsti dalla norma contenuta nel 1° comma, è

dovuto, per la parte residua, l'indennizzo previsto da quest'ul tima norma.

Le doglianze sopra riportate sub 3 e sub 4 (chiaramente pro

poste in via subordinata) debbono ritenersi assorbite.

La ricorrente incidentale, con il secondo motivo denuncia

violazione dell'art. 2041 c.c. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c., in relazione all'omessa liquidazione delle due somme di

lire 10.450.000 e di lire 72.000.000 esponendo in particolare le seguenti doglianze. La prima somma era stata versata non già in

relazione alla permuta ma in vista di una complessa operazione che poi non si è realizzata; e la seconda somma era stata versata

in vista della costruzione del teatro, poi non costruito; l'ingiusti ficato arricchimento sussiste anche sotto il profilo del risparmio di spese.

Il motivo non può essere accolto in quanto le doglianze espo ste debbono ritenersi inammissibili nella parte in cui affermano

la sussistenza di un arricchimento ingiustificato del comune

senza denunciare ritualmente (con adeguate precisazioni e com

piuto supporto argomentativo) specifici errori nella motivazione

sul punto della corte d'appello; e per la parte residua non rie

scono mai ad evidenziare nella motivazione dell'impugnata sentenza (che sui due punti in questione contiene argomentazio ni specifiche ed ulteriori rispetto al rilievo che «... la norma li

mita l'indennizzo alla sola restituzione del bene ...») i vizi la

mentati.

Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia viola

zione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. in relazione all'art.

360, nn. 3 e 5, c.p.c. lamentando, in relazione all'esito del giu

dizio, la compensazione delle spese di entrambi i gradi. Il motivo deve ritenersi assorbito dall'esito del presente giu

dizio di cassazione.

Con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia «vio

lazione dell'art. 2668 c.c. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5.

Omessa motivazione e omesso provvedimento» osservando che

il giudice del merito doveva dichiarare inesistente ed inefficace

il contratto di cessione per non essersi verificata la condizione e

conseguentemente la cancellazione della trascrizione del con

tratto di permuta, onde consentire all'immobiliare di esercitare i

suoi pieni poteri di proprietaria. Il motivo non può essere accolto. Infatti, nella parte in cui

(citando l'art. 2668 c.c.) sembra sostenere che il giudice avreb

be dovuto provvedere ad ordinare la cancellazione d'ufficio

(applicando detto articolo), deve ritenersi privo di pregio in

quanto tale normativa appare comunque estranea alla fattispecie

(né l'immobiliare ha ritualmente chiarito le ragioni della sua as

serita applicabilità o comunque del dovere del giudice di prov vedere d'ufficio sulla base di altre norme). Per la parte residua

deve poi ritenersi inammissibile in quanto l'impugnata decisio

ne («... ordina al comune di Parma di restituire...») contiene

una pronuncia di condanna e non una pronuncia di accertamento

o costitutiva idonea ad incidere direttamente sulla sussistenza e

titolarità del diritto reale in questione; il che implica che la ri

corrente incidentale avrebbe dovuto (specie di fronte all'assunto

della corte d'appello che l'Immobiliare Bergonzi «... non ha

invece, col presente giudizio, espressamente domandato la re

stituzione della porzione immobiliare data al comune ...») an

zitutto porre ad oggetto delle proprie doglianze in modo rituale

l'omessa emissione di detta sentenza di accertamento o costitu

tiva, precisando se e sulla base di quali atti (e di quali specifiche enunciazioni nell'ambito di tali atti) una sua domanda in tal

senso (in cui cioè l'emissione di tale sentenza di accertamento o

costitutiva faceva specificamente parte del petitum) doveva rite

nersi esser stata ritualmente oggetto del giudizio di primo e se

condo grado.

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Page 5: sezione III civile; sentenza 30 maggio 2000, n. 7194; Pres. Fiduccia, Est. Talevi, P.M. Golia (concl. conf.); Comune di Parma (Avv. D'Amelio, Bertani) c. Soc. Immobiliare Bergonzi

PARTE PRIMA 576

Va infatti affermato il seguente principio di diritto: è vero che

questa corte, qualora sia denunciato un error in procedendo, è

anche giudice del fatto ed ha il potere-dovere di esaminare di

rettamente gli atti di causa; ma per il sorgere di tale potere dovere è necessario anzitutto che il motivo sia ammissibile, e

quindi, che contenga tra l'altro tutte le precisazioni ed i riferi

menti necessari; in altri termini la Suprema corte deve utilizzare

detto potere-dovere per accertare la fondatezza dei motivi di ri

corso ammissibili e non per integrare motivi inammissibili in quanto privi di rituale compiutezza.

Con riferimento alla necessità che il motivo sia esauriente nel

senso predetto va poi affermato anche il seguente principio di

diritto: in applicazione del principio di autosufficienza del ricor so per cassazione, il ricorrente che lamenta l'omessa pronunzia, da parte del giudice di merito su una sua domanda, per evitare

una pronuncia di inammissibilità per novità della censura, ha

l'onere di indicare in quali atti t d in quali specifiche frasi, nel

l'ambito di tali atti, l'abbia proposta innanzi al medesimo (cfr., su una simile problematica, Cas.. 5 ottobre 1998, n. 9861, id.,

Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 207: «ove una determinata

questione giuridica — che implichi un accertamento di fatto —

non risulti trattata in alcun modi nella sentenza impugnata, il ri

corrente che riproponga la suddetta questione in sede di legitti mità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta

deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma an

che di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia

fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex

actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel me

rito la questione stessa»). Sulla base di quanto sopra esposto, i due ricorsi vanno riuniti

ed il ricorso principale va rigettato; quanto al ricorso incidenta

le, il primo motivo va accolto per quanto di ragione, il secondo

ed il quarto vanno rigettati ed il terzo va dichiarato assorbito.

L'impugnata decisione va cassata in relazione e la causa va rin

viata ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 maggio 2000, n. 5883; Pres. Fiduccia, Est. Purcaro, P.M. Golia (conci, conf.); Durli (Avv. Romanelli, Travan) c. Cattelan (Avv. Gigli, Scalettaris). Conferma Trib. Udine 30

giugno 1997.

Danni in materia civile — Evitabilità — Onere della prova — Fattispecie (Cod. civ., art. 1227, 2697).

Danni in materia civile — Evitabilità — Comportamento del creditore antecedente all'inadempimento — Irrilevanza — Fattispecie in tema di preliminare di locazione (Cod. civ., art. 1227).

In tema di esclusione, ex art. 1227, 2° comma, c.c., del risarci

mento dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usan

do l'ordinaria diligenza, incombe sul debitore, responsabile del danno, l'onere di provare la violazione da parte del dan

neggiato del dovere di correttezza impostogli dalla citata

norma e l'evitabilità delle conseguenze dannose (nella spe cie, si è, quindi, ritenuto che incombesse al promittente loca

tore, inadempiente alla promessa di stipulare un contratto di

locazione commerciale, l'onere di provare che il promissario conduttore avrebbe potuto prendere in locazione nella stessa

zona, a condizioni migliori, un immobile diverso da quello preso in locazione in sostituzione di quello promessogli). (1)

(1-2) Non constano precedenti negli esatti termini, ma è ampiamente consolidato il principio che esonera il creditore dall'obbligo di intra

II Foro Italiano — 2001.

Al fine di escludere la risarcibilità dei danni che il creditore

avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, ex art.

1227, 2° comma, c.c., va presa in considerazione esclusiva

mente la condotta del creditore successiva all'inadempimento della controparte e al verificarsi del danno, restando, invece, del tutto irrilevanti i comportamenti tenuti in precedenza

(nella specie, si è, quindi, ritenuto che, in caso di inadempi mento del promittente locatore di un immobile all'obbligo di

stipulare un contratto di locazione, il promissario conduttore

non fosse tenuto a limitare i danni prendendo in locazione un

immobile diverso da quello già condotto in locazione da epo ca anteriore all'inadempimento, verso un canone inferio

re). (2)

prendere attività eccezionali o rischiose per limitare le conseguenze dannose dell'inadempimento. Più controversa, invece, è l'individuazio ne dei comportamenti concretamente esigibili dal creditore. Fra le pro nunce più recenti, v. Cass. 29 settembre 1999, n. 10763, Foro it., Rep. 1999, voce Danni civili, n. 135, e, per esteso, Danno e resp., 1999, 1189, con nota di V. Carbone (il costruttore che ottenga la revoca del l'annullamento della concessione in primo grado non è tenuto a ripren dere i lavori prima della sentenza definitiva), e 14 maggio 1998, n.

4854, Foro it., 1998, I, 2850, con nota di Di Iasi (il creditore non è te nuto ad investire somme non utilizzate a causa di annullamento illegit timo della concessione edilizia).

Con specifico riferimento al contratto di locazione, l'art. 1227, 2°

comma, c.c. è richiamato per valutare la legittimità del comportamento del locatore che rifiuti la restituzione dell'immobile danneggiato (v. Cass. 13 luglio 1998, n. 6856, id., Rep. 1999, voce Locazione, n. 212, e, per esteso, Arch, locazioni, 1999, 269; 18 giugno 1993, n. 6798, Fo ro it., 1993, I, 2819). V., inoltre, Cass. 10 ottobre 1997, n. 9874, id.,

Rep. 1997, voce Danni civili, n. Ili, che esclude un obbligo di inter vento del locatore in caso di incendio imputabile al conduttore. Qualche affinità con il caso affrontato dalla sentenza in epigrafe presenta la ri salente App. Messina 18 agosto 1960, id., Rep. 1961, voce Danni per inadempimento di contratto, nn. 29, 30, e, per esteso. Arch. resp. civ., 1961, 573, che limita il risarcimento del conduttore al tempo ragione volmente necessario per procurarsi immobili analoghi a quelli che il lo catore avrebbe dovuto consegnare.

Sul piano processuale, la giurisprudenza distingue il concorso di col

pa previsto dal 1° comma dell'art. 1227, accertabile d'ufficio dal giudi ce in presenza di una generica contestazione di responsabilità da parte del convenuto (v., da ultimo, Cass. 1° febbraio 2000, n. 1073, Foro it., Mass., 107; occorre però un'impugnazione specifica in caso di omesso esame: v. Cass. 26 febbraio 1999, n. 1684, id., Rep. 1999, voce Danni

civili, n. 137; 16 novembre 1992, n. 12267, id., Rep. 1994, voce cit., n.

87, e, per esteso, Ascotributi, 1994, 864) dall'esclusione del risarci mento dei danni evitabili, prevista dal 2° comma, che deve essere ecce

pita e dimostrata dal convenuto (v. Cass. 12 luglio 1993, n. 7672, Foro

it., Rep. 1993, voce cit., n. 64; 28 aprile 1988, n. 3209, id., Rep. 1988, voce cit., n. 148, e Arch, civ., 1988, 1054; 11 febbraio 1988, n. 1473, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 149). La distinzione si è però attenuata nel processo del lavoro dopo che le sezioni unite hanno riconosciuto la

possibilità di detrarre d'ufficio dal risarcimento dovuto per licenzia mento illegittimo le somme che il lavoratore abbia percepito da altro datore di lavoro (Cass., sez. un., 3 febbraio 1998, n. 1099, id., 1998,1, 764).

In dottrina, l'interpretazione del 2° comma dell'art. 1227 ruota intor no al dibattito fra impostazioni causaliste, che considerano non risarci bili i danni imputabili ad attività del creditore, e sostenitori della regola di buona fede e correttezza, che propongono di delimitare sulla base di tale criterio i comportamenti esigibili dal creditore. Una dettagliata di scussione delle diverse posizioni è proposta da Rossello, Il danno evi tabile, Padova, 1990, 45 ss., e da Cafaggi, Profili di relazionalità della

colpa, Padova, 1996, 72 ss. Per una trattazione di carattere generale, v., nella letteratura più recente, Bianca, Diritto civile. La responsabilità, 5, Milano, 1994, 142 ss., e Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, 2a ed., Padova, 1999, 600 ss. V., inoltre, le rassegne di Pinori, Il danno contrattuale, Padova, 1998, 341 ss.; A. Gabrielli, La condotta del danneggiato, in La responsabilità civile. IX. Responsabilità extra contrattuale a cura di Cendon, Torino, 1998, 569 ss.; Segalerba, I danni evitabili dal creditore, in Visintini (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1999, 111 ss.

* * *

Inadempimento del locatore e danni evitabili dal conduttore.

1. - L'interpretazione dell'art. 1227, 2° comma, c.c. proposta dai

giudici di legittimità non introduce significative novità nel panorama giurisprudenziale, ma conferma ancora una volta la mancanza di criteri

guida che consentano di individuare il contenuto degli oneri di attiva

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