sezione III civile; sentenza 30 maggio 2002, n. 7923; Pres. Giuliano, Est. Segreto, P.M. Russo(concl. diff.); Pinto (Avv. Zagarese) c. Leone e altri (Avv. Trento). Conferma Trib. Rossano 23gennaio 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 2319/2320-2321/2322Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197777 .
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PARTE PRIMA 2320
tesa, alla luce dei criteri direttivi ricavabili dalla legge di delega e dal relativo raccordo con l'art. 14, 2° comma, d.leg. cit., nel
senso che l'inammissibilità da essa prevista scatta, non automa
ticamente ma, soltanto a seguito dell'inesecuzione dell'ordine
di munirsi di difensore tecnico che il giudice anzidetto può im
partire al contribuente ex art. 12, 5° comma, ripetuto d.leg. n.
546 del 1992. B) La qui impugnata sentenza della Commissione tributaria
regionale della Toscana, avendo sanzionato l'inammissibilità
dell'atto istitutivo del processo nella ritenuta relativa automatica
correlabilità alla mancanza in esso della sottoscrizione del di
fensore del contribuente reclamante, si rivela manifestamente
confliggente con i principi enunciati nel ridetto arresto del giu dice delle leggi, dai quali questa Suprema corte —
pur con
qualche perplessità in ordine alla relativa compatibilità con la
lettera dell'art. 12 d.leg. n. 546 del 1992 — non intende disco
starsi in ossequio all'esigenza della certezza del diritto, e va
ravvisata, perciò, inficiata dalla denunciata violazione di legge e
passibile, consequenzialmente, di cassazione.
C) In accoglimento dei delibati mezzi di gravame, conclusi
vamente, la sentenza di merito impugnata deve essere senz'altro
cassata, con rimessione della causa — ex art. 59, 2° comma,
d.leg. n. 546 del 1992 — dinanzi ad una sezione della Commis
sione tributaria regionale della Toscana diversa da quella che ha
reso la pronuncia annullata: il così designato giudice di rinvio, all'esito del riesame del merito della vertenza a lui demandato,
provvederà sul regolamento delle spese, anche della presente fa
se processuale di legittimità (da correlarsi a quello che sarà il ri
sultato finale complessivo della lite). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 30 maggio 2002, n. 7923; Pres. Giuliano, Est. Segreto, P.M.
Russo (conci, diff.); Pinto (Avv. Zagarese) c. Leone e altri
(Avv. Trento). Conferma Trib. Rossano 23 gennaio 1998.
Cassazione civile — Ricorso — Forma e contenuto — Auto
sufficienza — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 360, 366).
In ossequio al principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente il quale lamenti la mancata ammis
sione, da parte del giudice di merito, di istanze probatorie, ha l'onere di indicare analiticamente in ricorso le circostanze che formavano oggetto della prova richiesta e non ammessa
(nella specie, è stato dichiarato inammissibile il motivo di ri
corso perché il ricorrente non aveva riportalo la formula in
cui era stato articolato il giuramento decisorio di cui aveva richiesto l'ammissione). ( 1 )
(1) Il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione costi tuisce la regola che contraddistingue i gravami a critica vincolata ed
esprime l'idoneità dell'atto a permettere alla corte il controllo di legit timità della sentenza gravata sulla base delle sole deduzioni ivi formu late dal ricorrente; tali deduzioni devono essere precise e complete in modo da rappresentare quale sia la doglianza rispetto al motivo denun ciato, ma non generiche atteso che alle lacune non è consentita alcuna
integrazione neanche d'ufficio. Per l'applicazione del principio dell'autosufficienza, nello stesso
senso di cui in massima, in ragione della mancata ammissione di istan ze istruttorie, v., per tutte, Cass. 18 gennaio 2000, n. 497, Foro it., 2001, I, 661; più recentemente, per l'affermazione dello stesso princi pio, Cass. 22 febbraio 2001, n. 2602, id., Rep. 2001, voce Cassazione civile, n. 225; 26 marzo 2001, n. 4349, ibid., n. 215; 19 aprile 2001, n. 5816, ibid., n. 226; 11 giugno 2001, n. 7852, ibid., n. 221; 12 giugno 2001, n. 7909, ibid., n. 220; 3 luglio 2001, n. 8998, ibid., n. 219; 1° a
gosto 2001, n. 10493, ibid., n. 223; 21 luglio 2000, n. 9624, id, Rep. 2000, voce cit., n. 108; 12 settembre 2000, n. 12025, ibid., n. 205; 10 ottobre 2000, n. 13483, id., Rep. 2001, voce cit., n. 218; 9 maggio 2000, n. 5876, id., Rep. 2000, voce cit., n. 206.
li. Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Leone Adolfìna, come procura
trice generale di Perri Francesco, locatore di un appartamento a
Pinto Francesco, intimava a questi lo sfratto per morosità, con
atto notificato il 28 novembre 1991, assumendo il mancato pa
gamento del canone dal 1989 e chiedeva la convalida al Pretore
di Rossano.
Si costituiva il Pinto e contestava la morosità, eccependo la
compensazione dei canoni con gli onorari dovutigli per l'attività
di avvocato, prestata. Il Pretore di Rossano, con sentenza del 5 novembre 1996, di
chiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempi mento del conduttore, condannando quest'ultimo al rilascio del
l'immobile. Proponeva appello il conduttore.
Il Tribunale di Rossano, con sentenza depositata il 23 gennaio 1998, rigettava l'appello.
Riteneva il tribunale che fosse inammissibile il giuramento decisorio deferito dal Perri solo davanti al collegio, quando era
terminata la fase istruttoria.
Riteneva il tribunale che, in mancanza di accertamento della
domanda riconvenzionale di pagamento delle competenze pro fessionali per l'attività legale prestata dal Pinto, andava affer
mato l'inadempimento di questi nel pagamento dei canoni.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Pinto.
Resistono con controricorso Leone Adolfìna, Perri Vincenza
e Perri Annamaria.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo di ricorso
il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli art.
233, 237, 350 e 352 c.p.c. ed il vizio di motivazione per non
aver il giudice d'appello, con la sentenza impugnata, ammesso
il giuramento decisorio da lui deferito, ritenendo che la richiesta
fosse tardiva, poiché non era stata proposta nella fase istruttoria, ma quando la causa si trovava davanti al collegio.
Secondo il ricorrente poiché la causa era stata trattata, secon
do il nuovo rito di cui all'art. 350 c.p.c., l'intera trattazione
della causa avveniva davanti al collegio, per cui non operava
più la preclusione di cui all'art. 233 c.p.c., secondo cui il defe
rimento del giuramento decisorio deve avvenire davanti all'i
struttore, mentre nella fattispecie il deferimento del giuramento era avvenuto prima ancora che fossero precisate le conclusioni.
Per l'attuazione della stessa regola rispetto alla mancata valutazione di risultanze probatorie, v. Cass. 22 novembre 2000, n. 15112, id., 2001, I, 471; mentre, più recentemente, cfr. Cass. 5 gennaio 2001, n.
88, id., Rep. 2001, voce cit., n. 235; 11 gennaio 2001, n. 331, ibid., n.
236; 14 marzo 2001, n. 3737, ibid., n. 214; 11 aprile 2001, n. 5404, ibid., n. 227; 1° giugno 2001, n. 7434, ibid., n. 216; 12 giugno 2001, n.
7938, ibid., n. 222; 13 luglio 2001, n. 9554, ibid., n. 232; 10 novembre
2001, n. 13963, ibid., n. 231; 28 novembre 2001, n. 15124, ibid., n. 230; 4 maggio 2000, n. 5608, id., Rep. 2000, voce cit., n. 110; 10 mar zo 2000, n. 2802, ibid., n. Ili; 13 settembre 2000, n. 12080, ibid., n. 211.
Relativamente alle doglianze inerenti alla mancata valutazione di un
documento, v. Cass. 22 febbraio 2001, n. 2613, id., Rep. 2001, voce
cit., n. 233; 14 marzo 2001, n. 3692, ibid., n. 234; 1° agosto 2001, n. 10484, ibid., n. 229.
Nel caso di censure sull'interpretazione di norme o clausole nego ziali, v. Cass. 19 marzo 2001, n. 3912, ibid., n. 257; 24 luglio 2001, n. 10041, ibid., n. 255; 17 ottobre 2001, n. 12655, ibid., n. 254; 21 no vembre 2001, n. 14728, ibid., n. 256; 12 aprile 2000, n. 4717, id., Rep. 2000, voce cit., n. 214. Rispetto alle norme di natura secondaria, cfr., per il coordinamento del principio dell'autosufficienza con il principio iura novit curia, Cass. 18 febbraio 2000, n. 1865, ibid., n. 221; tale co ordinamento è importante in quanto ad esso è, infatti, correlata la pro blematica — che vede appunto divisa la giurisprudenza di legittimità — inerente alla produzione, per la prima volta in Cassazione, di norme di natura secondaria: per ogni riferimento sulla questione v. Cass. 17
maggio 2002, n. 7257, in questo fascicolo, 1, 2339, con nota di richiami. Per lo stesso principio, in merito alle censure di omessa pronuncia su
di una domanda o su di una eccezione, v. Cass. 30 maggio 2000, n. 7194, id., 2001, I, 570; più recentemente, Cass. 10 maggio 2001, n.
6502, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 239; 16 ottobre 2001, n. 12617, ibid., n. 238; 5 settembre 2000, n. 11684, id., Rep. 2000, voce cit., n. 201.
In tema di spese processuali, v. Cass. 29 ottobre 2001, n. 13417, id., Rep. 2001, voce cit., n. 252.
Per l'applicazione dello stesso principio rispetto all'ordinanza di ri messione nei giudizi di legittimità costituzionale, v. Corte cost., ord. 13
luglio 2000, n. 279, id., 2001, 1, 372.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La ritenuta tardività del deferimento del giuramento decisorio
avrebbe impedito al giudice di merito di valutarne la decisorietà.
2.1. - Ritiene questa corte che il motivo sia inammissibile.
Premesso che nessuna censura è stata mossa sul punto che il
procedimento d'appello si è svolto secondo il rito ordinario,
quale risulta a seguito delle modifiche introdotte dalla 1. 353/90, va osservato che, a norma dell'art. 345, 3° comma, c.p.c. quale sostituito dall'art. 52 1. 353/90, in appello «può sempre deferirsi
il giuramento decisorio».
La formula è simile a quella adottata dall'art. 437, 2° comma,
c.p.c., nel rito del lavoro (applicabile, a norma dell'art. 447 bis
c.p.c., anche alle controversie in materia di locazione), secondo
cui il giuramento decisorio può essere deferito, in grado d'ap
pello, in qualsiasi momento della causa, e quindi anche nel cor
so della discussione orale e fino al compimento di questa, re
stando quindi escluso che l'appellante, il quale intenda deferire
il giuramento, abbia l'onere di individuare la relativa formula
sin dall'atto introduttivo del gravame (Cass. 8 giugno 1995, n.
6441, Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro e previdenza (controver
sie), n. 270; 21 dicembre 1993, n. 12619, id., Rep. 1994, voce Giuramento civile, n. 7; 3 aprile 1992, n. 4129, id., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 215).
2.2. - Poiché l'avverbio «sempre» è un avverbio temporale che indica una continuità ininterrotta nel tempo, è riduttivo rite
nere, come fanno i resistenti, che esso denoti solo che per il giu ramento decisorio non sussiste la restrizione dell'impossibilità del suo deferimento in primo grado (come per le altre eventuali
prove). Se il legislatore avesse voluto intendere solo ciò, altre erano
le formule da adottare, in luogo del predetto avverbio di tempo. Data la diversa articolazione del procedimento d'appello nel
rito ordinario, rispetto a quello del rito del lavoro, deve solo ri
tenersi che la richiesta di ammissione di giuramento decisorio
possa essere proposta in appello fino al momento della precisa zione delle conclusioni, attesa la funzione che la precisazione delle conclusioni ha nel solo rito ordinario, mentre non potrebbe essere avanzata nella discussione orale (come nell'appello se
condo il rito del lavoro), perché la discussione orale è solo
eventuale e, in ogni caso, ha solo la funzione di illustrare oral
mente le difese.
3. - Sennonché il solo fatto che il giudice abbia, in violazione
di una norma processuale, non ammesso una prova, non com
porta di per sé che il fatto sia denunziabile in Cassazione, in
quanto l'impugnazione non tutela l'interesse all'astratta regola rità dell'attività giudiziaria, ma occorre che vi sia un interesse
concreto, consistente nel fatto che la prova non ammessa sareb
be stata decisiva per una diversa e più favorevole soluzione
della causa.
E, infatti, ius receptum che la mancata ammissione di un
mezzo istruttorio si traduce in un vizio di motivazione della
sentenza denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 5,
quando il vizio stesso emerga dal ragionamento posto a base
della decisione (che si riveli incompleto, incoerente e illogico) e il ricorrente indichi specificamente le circostanze di fatto og
getto della prova ed il nesso di causalità tra l'asserita omissione
e la decisione, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo sulla decisività della prova non ammessa, controllo
che deve peraltro essere compiuto esclusivamente sulla base
delle deduzioni contenute nel ricorso, senza possibilità di col
mare le eventuali lacune con indagini integrative (Cass. 4 marzo
2000, n. 2446, id., Rep. 2000, voce Cassazione civile, n. 112; 21
aprile 2000, n. 5269, ibid., n. 133). Da ciò consegue che, in ossequio al principio dell'autosuffi
cienza del ricorso per cassazione, il ricorrente il quale lamenti la
mancata ammissione, da parte del giudice del merito, di istanze
probatorie, ha l'onere di indicare analiticamente in ricorso le
circostanze che formavano oggetto della prova richiesta e non
ammessa (Cass. 15 giugno 1999, n. 5945, id.. Rep. 1999, voce
cit., n. 214; 12 maggio 1999, n. 4684, ibid., n. 211; 7 gennaio 1998, n. 72, id., Rep. 1998, voce cit., n. 219).
Non avendo nella specie il ricorrente riportato nel ricorso la
formula in cui era stato articolato il giuramento decisorio, di cui
aveva richiesto l'ammissione, il motivo di ricorso è inammissi
bile. (Omissis)
li. Foro Italiano — 2002.
I
CORTE DI CASSAZIONE ; sezione III civile; sentenza 24
maggio 2002, n. 7628; Pres. Carbone, Est. Di Nanni, P.M.
Cesqui (conci, conf.); Frustagli (Avv. Visconti, Solazzi,
Trombetti) c. Soc. Poligrafici editoriale (Avv. Ruffolo).
Conferma App. Bologna 26 gennaio 2000.
Responsabilità civile — Diffamazione a mezzo stampa —
Diritto di cronaca — Divulgazione del contenuto di un
provvedimento giurisdizionale —
Requisito della verità
(Cod. civ., art. 2043).
Sussiste l'efficacia scriminante del diritto di cronaca allorché
la notizia data, anche se non vera, sia fedele al contenuto di
un provvedimento giurisdizionale (nella specie, è stata perciò
confermata la sentenza di reiezione della domanda di risar
cimento danni da diffamazione a mezzo stampa). ( 1 )
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 13
febbraio 2002, n. 2066; Pres. Lupo, Est. Durante, P.M. Ma
rinelli (conci, conf.); Minoli (Avv. Barenghi) c. Feltri e Soc.
R.C.S. editori; Feltri e Soc. R.C.S. editori (Avv. Irti, Vitale) c. Minoli. Conferma App. Milano 30 aprile 1999.
Responsabilità civile — Diffamazione a mezzo stampa —
Diritto di cronaca — Requisito della continenza — Estre
mi •— Fattispecie (Cod. civ., art. 2043).
Ai fini dell'efficacia scriminante del diritto di cronaca, nel va
lutare la sussistenza del requisito della continenza non può
prescindersi dai seguenti elementi: 1) accostamento di noti
zie, quando esso sia dotato di autonoma attitudine diffamato ria; 2) accorpamento di notizie che produca un 'espansione dì
significati; 3) uso di determinate espressioni nella consape volezza che il pubblico le intenderà in maniera diversa o ad
dirittura contraria al loro significato letterale; 4) tono com
plessivo della notizia e titolazione (nella specie, il giudice del
merito ha ritenuto con motivazione appagante che la forma usata nell'articolo, nonostante il suo vigore polemico ed il
suo spirito giornalistico, non superasse i limiti della civiltà e
della continenza, ed è stata perciò confermata la sentenza di
reiezione della domanda di risarcimento danni da diffama zione a mezzo stampa). (2)
(1-2) 1. - Giurisprudenza consolidata. Per quanto attiene al caso di cui alla pronuncia sub II, il ricorrente lamenta il carattere diffamatorio di un articolo giornalistico relativo ad un servizio e alle interviste da lui stesso realizzati nel corso di una trasmissione televisiva. Le censure si concentrano in particolare sul profilo della correttezza formale del
l'esposizione, sul presupposto che «si può commettere diffamazione anche pubblicando una notizia oggettivamente vera». La corte rigetta il
ricorso, aderendo, sul punto della continenza, alla motivazione del giu dice di merito (la censura relativa alla verità dei fatti narrati, d'altra
parte, viene dichiarata inammissibile). I! comportamento astrattamente illecito di colui che divulghi notizie
lesive dell'altrui onore o reputazione è considerato «scriminato» dal l'esercizio del diritto di informazione allorché i fatti narrati posseggano i requisiti dell'utilità sociale, della verità e della c.d. continenza espo sitiva. È questo il c.d. «decalogo» del giornalista, fissato per la prima volta da Cass. 18 ottobre 1984, n. 5259 (Foro it., 1984, I, 2711, con nota di R. Pardolesi) e divenuto — se pur con qualche oscillazione
terminologica — ius receptum anche nella giurisprudenza delle corti di merito.
In presenza di tali condizioni, dunque, il diritto di cronaca (ricondu cibile al diritto alla libera manifestazione del pensiero di cui all'art. 21
Cost.) prevale sui diritti della personalità (onore, reputazione, immagi ne) ascrivibili al «catalogo aperto» dell'art. 2 Cost., impedendo il con
figurarsi della fattispecie ex art. 595 c.p., nonché — sul versante civili stico — della fattispecie risarcitoria di cui all'art. 2043 c.c. (in tal sen
so, v. Cass. 21 novembre 2000, n. 15022, id., Rep. 2000, voce Respon sabilità civile, n. 221; 25 maggio 2000, n. 6877, ibid., n. 222; 24 gen naio 2000, n. 747, ibid., n. 208; 20 agosto 1997, n. 7747, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 128; 4 luglio 1997, n. 6041, id., Rep. 1997, voce cit., n. 102; 16 settembre 1996, n. 8284, ibid., n. 98; 7 febbraio 1996, n.
982, id., 1996, I, 1252; App. Napoli 10 febbraio 1998, id., Rep. 1998, voce cit., n. 134; Trib. Roma 12 luglio 1999, id., 2000, I, 2702; Trib.
Torino 21 aprile 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 209; Trib. Roma 18
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