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sezione III civile; sentenza 4 agosto 1987, n. 6703; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Martinelli...

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sezione III civile; sentenza 4 agosto 1987, n. 6703; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Martinelli (concl. conf.); Borrello (Avv. Recchi) c. Criserà ed altri (Avv. Morace). Conferma App. Reggio Calabria 4 gennaio 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3007/3008-3013/3014 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179107 . Accessed: 24/06/2014 20:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.228 on Tue, 24 Jun 2014 20:57:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 4 agosto 1987, n. 6703; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Martinelli(concl. conf.); Borrello (Avv. Recchi) c. Criserà ed altri (Avv. Morace). Conferma App. ReggioCalabria 4 gennaio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3007/3008-3013/3014Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179107 .

Accessed: 24/06/2014 20:57

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3007 PARTE PRIMA 3008

vato i giudici di merito, soltanto ad impugnare la graduatoria

qualora ritengano che non siano stati adottati imparziali e ragio nevoli criteri di selezione oppure che essi non siano stati applicati secondo i criteri di correttezza e di buona fede di cui all'art. 1375

c.c.

Costringere il datore di lavoro a comunicare tali criteri quando non è stata impugnata la graduatoria del concorso in cui essi

sono stati adottati e applicati, sarebbe, infatti, un'attività inutile

anche per i ricorrenti; inutile in relazione al concorso espletato in quanto essi non hanno impugnato la graduatoria nei termini

previsti; inutile in relazione ai futuri concorsi in quanto, non trat

tandosi di criteri predeterminati e da valere in genere per ogni

concorso, potrebbero essere modificati dalle commissioni succes

sive.

Il ricorso va pertanto respinto.

I

CORTE DI CASSAZIONE: sezione III civile; sentenza 4 agosto

1987, n. 6703; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Martinelli

(conci, conf.); Borrello (Avv. Recchi) c. Criserà ed altri (Avv.

Morace). Conferma App. Reggio Calabria 4 gennaio 1983.

Contratti agrari — Miglioramenti eseguiti senza il consenso del

concedente — Conseguenze (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme

sui contratti agrari, art. 17).

Costituisce grave inadempimento contrattuale, che dà luogo a ri

soluzione del contratto di colonia parziaria, la mancata corre

sponsione da parte del colono al concedente della quota dei

prodotti dovuta, anche se il colono assuma di avere eseguito

miglioramenti a sue spese — trasformazione del frutteto in vi

gneto — da cui era derivato un periodo di improduttività, in

quanto è illegittima, e costituisce pertanto grave inadempimen to contrattuale, l'esecuzione dei miglioramenti che non sia sta

ta concordata con il concedente o, in mancanza, previo parere

favorevole dell'ispettorato dell'agricoltura. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 lu

glio 1987, n. 6518; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Cru

ciani, P.M. Sgroi V. (conci, conf.); Plescia (Avv. Lipari, Jan

narelli) c. Calabria (Avv. Agnusdei). Cassa App. Bari 5 apri le 1984.

Contratti agrari — Rapporti di mero fatto — Miglioramenti —

Diritto di ritenzione dell'affittuario — Ammissibilità — Fatti

specie (L. 3 maggio 1982 n. 203, art. 17, 20, 53).

Il diritto di ritenzione può essere invocato nel processo esecutivo, anche in relazione ai miglioramenti in un rapporto di fatto che, al di fuori delle previsioni contrattuali o dell'accordo delle par ti, siano stati comunque eseguiti in data anteriore all'entrata in vigore della I. 203/82, in conformità della disciplina allora

vigente. (2)

(1-2) La controversia di cui a Cass., sez. un., n. 6518/87 era stata rimessa alle sezioni unite in ordine alla applicabilità dell'art. 53 1. 203/82 ai rapporti di fatto, rientrando tra questi il rapporto in controversia (per il contratto di affitto tra le parti, era stata esclusa la proroga legale inten dendo il proprietario concedente coltivare direttamente il fondo, ed il

giudizio riguardava ormai soltanto l'indennizzo per i miglioramenti ap portati).

Le sezioni unite hanno ritenuto superflua l'indagine sull'art. 53, in quanto nella specie si trattava di opposizione alla esecuzione, insorta dopo l'en trata in vigore della 1. 203/82, che trova il suo fondamento nel 2° comma dell'art. 20 di detta legge; e, atteso lo stretto legame tra la norma citata e l'art. 17, la retroattività prevista dallo stesso art. 17 non può non riflet tersi sulla materia regolata.

Fondando l'accoglimento del ricorso sul «comunque», le sezioni unite hanno disatteso quanto ritenuto dalla corte del merito, secondo la quale il diritto di ritenzione può aversi solo nel caso di un pacifico rapporto di affittanza e non già in pendenza del giudizio e in contrasto con la volontà del concedente.

Hanno affermato le sezioni unite che il 7° comma dell'art. 17 trova

Il Foro Italiano — 1987.

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso alla sezione specia lizzata agraria del Tribunale di Reggio Calabria in data 26 no

vembre 1977 Giuseppina Criserà, Anna Maria Criserà e Rosa Co

rigliano, premesso che erano proprietarie ed usufruttuarie in par te di un fondo sito a Campo Calabro, contrada Leonte Inferiore,

condotto in colonia parziaria da Giovanna BorreHo e che costei

non aveva corrisposto la quota padronale, pari a 3/5 del prodot

to, dall'annata agraria 1972/73 in poi, per cui esse ricorrenti in

tendevano ottenere la risoluzione del rapporto colonico, chiede

vano che la Borrello fosse dichiarata decaduta dal diritto alla

proroga legale per grave inadempimento contrattuale e fosse con

dannata al rilascio del fondo ed al pagamento della quota padro

nale, dall'annata agraria 1972/73 in poi, rinviandosi la relativa

liquidazione a separato giudizio. Convocate le parti, la Borrello, costituitasi, negava che sussi

stesse la dedotta inadempienza deducendo: che essa coIona, con

il consenso delle concedenti, aveva provveduto a proprie spese

all'impianto di un vigneto in sostituzione delle poche piante di

frutta esistenti ed alla realizzazione di altre opere; che ciò aveva

comportato un periodo di improduttività del fondo; che essa Bor

rello era in attesa di effettuare con le concedenti i conteggi del

dare ed avere reciproco, accreditando le somme relative ai lavori

eseguiti. La sezione adita, con sentenza 8/31 gennaio 1980, dichiarava

applicazione anche per le opere «comunque eseguite in data anteriore alla entrata in vigore della legge», indipendentemente dalle previsioni con trattuali e dall'accordo delle parti, ipotesi quest'ultima prevista dalla pri ma parte del 7° comma e distinta dalla successiva con una «o» con chia ro significato disgiuntivo. L'avverbio «comunque», sempre secondo le sezioni unite, «riferito al tempo della esecuzione assume un evidente si

gnificato di 'in ogni caso' e non può certo riferirsi alle modalità di esecu zione delle opere stesse, che debbono essere quelle che furono eseguite in conformità della disciplina previgente».

Di diverso avviso sul «comunque» è Cass. 4 agosto 1987, n. 6703,

pure riportata, secondo cui l'avverbio «comunque» non può essere inteso nel senso di «in ogni caso», in quanto per «la continuità della disciplina legislativa in ordine alle opere di miglioramento», i miglioramenti eseguiti in data anteriore all'entrata in vigore della 1. 203/82 sono legittimi, e danno luogo alla relativa indennità o all'aumento del canone per il conce

dente, solo se la loro esecuzione ha avuto luogo con il consenso del con cedente o, in mancanza, previo parere favorevole dell'ispettorato dell'a

gricoltura. Va ricordato che già App. Napoli, ord. 15 maggio 1986, Foro it., 1987,

I, 2272, con osservazioni di Bellantuono, aveva sollevato dubbi di costi tuzionalità sul «comunque» di cui al 7° comma dell'art. 17, sotto l'aspet to della mancata possibilità di controllo da parte del concedente sulla esecuzione dei miglioramenti effettuata dal conduttore.

Questa ordinanza non ebbe dubbi sul significato letterale e logico del

«comunque», mentre Cass. n. 6703/87 opera un vero e proprio stravolgi mento linguistico e logico che finisce per costituire, nei fatti, abrogazione di una norma voluta dal parlamento.

Giova ricordare che il 7° comma dell'art. 17 è la riproposizione, quasi con le stesse parole, di quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 15 1. 11/71, e quest'ultima norma fu sottoposta all'esame della Corte costi

tuzionale, che con sentenza 22 dicembre 1977, n. 153, id., 1978, I, 11, la ritenne costituzionalmente legittima.

La Corte costituzionale disattese la dedotta incostituzionalità per via della dichiarata incostituzionalità del 1° comma dell'art. 15 1. 11/71 in relazione all'art. 4, 3° comma, stessa legge (con tale pronuncia, fu ritenu to incostituzionale che il locatore che aveva eseguito miglioramenti fosse

ricompensato con il canone risultante dalla nuova classificazione catasta le: e cioè, per via della esiguità della somma, si ritenne che veniva meno l'interesse del locatore a migliorare).

Sia o meno questa giustificazione soddisfacente, in attesa che sul «co

munque» si pronunci ancora la Corte costituzionale, ovvero che la Cassa

zione, a sezioni unite o non, chiarisca il suo pensiero sulla questione, ci sembra di potere affermare che il «comunque», nel senso di «in ogni caso», non pone dubbi di costituzionalità per quei miglioramenti eseguiti senza il consenso del concedente prima dell'entrata in vigore della 1. 11/71: mancava precedentemente a tale legge una adeguata disciplina dei miglio ramenti, per cui il legislatore con il «comunque» introdusse una sanato ria, per assai diffuse situazioni del genere nel paese, a tutela del condut tore che aveva speso lavoro e denaro per l'esecuzione dei miglioramenti, sia pure senza il consenso del concedente.

Un profilo di incostituzionalità, pertanto, potrebbe aversi solo per i

miglioramenti eseguiti successivamente all'entrata in vigore della 1. 11/71 senza il consenso del concedente, ove quest'ultimo non intenda utilizzare i residui miglioramenti a fine rapporto, allorquando potrà essere richiesta la eliminazione delle opere non volute. [D. Bellantuono]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la Borrello decaduta dal diritto alla proroga legale della colonia

parziaria sul fondo in questione e la condannava al rilascio del

fondo stesso ed al pagamento della quota di prodotti spettante alle concedenti a far tempo dall'annata agraria 1972/73 nonché

a rimborsare alle stesse le spese del giudizio.

Proposto appello dalla Borrello, la sezione specializzata agra ria della sezione di Corte d'appello di Reggio Calabria, con sen

tenza 2 dicembre 1982 - 4 gennaio 1983, confermava l'impugnata

pronuncia e condannava l'appellante a rimborsare alle appellate le spese del giudizio di secondo grado.

Premesso che, come era pacifico tra le parti, dall'annata agra ria 1972/73 in poi la Borrello non aveva corrisposto alle conce

denti la quota padronale del prodotto del fondo da lei tenuto

in colonia parziaria, la sezione specializzata, quanto all'assunto

della Borrello secondo cui il fondo era rimasto per un certo pe riodo in condizioni di improduttività a seguito dei lavori di im

pianto di un vigneto da lei eseguiti a sue spese e che essa Borrel

lo, quando si iniziò il giudizio, era in attesa di fare i conteggi con le Criserà, considerava che, importando l'impianto del vigne to la trasformazione del fondo da frutteto a vigneto, la Borrello

avrebbe potuto eseguire detto impianto solo con il consenso delle

concedenti — che queste negavano di aver dato e sul quale la

Borrello non aveva dato alcuna prova — e, in caso di mancata

autorizzazione, con il parere favorevole dell'ispettorato agrario. Ed osservava che alla grave inadempienza dell'omesso pagamen to del canone dall'annata agraria 1972/73 in poi la Borrello ave

va aggiunto l'inadempienza del mutamento della coltura del fon

do, fatto arbitrariamente. La sezione specializzata escludeva che

potesse essere concesso un termine, chiesto dalla Borrello all'u

dienza di discussione in appello, per il pagamento dei canoni sca

duti ai sensi dell'art. 46, 6° comma, 1. 3 maggio 1982 n. 203.

Considerava che per tale norma il termine va concesso dal giudi ce alla prima udienza e prima di ogni altro provvedimento, men

tre nella specie si era nella fase finale del giudizio d'appello. Avverso questa sentenza Giovanna Borrello ha proposto ricor

so per cassazione deducendo quattro motivi. Giuseppina Criserà, Anna Maria Criserà e Rosa Corigliano resistono con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo ed il secondo motivo

si denuncia violazione degli art. 38 e 17, 2° e 7° comma, 1. 3

maggio 1982 n. 203 nonché insufficiente motivazione su un pun to decisivo della controversia.

La ricorrente lamenta che la sezione specializzata agraria della

corte di Reggio Calabria non abbia considerato che l'avvenuta

esecuzione dei miglioramenti non poteva essere considerata come

inadempienza per la norma di cui all'art. 17, 7° comma, 1. n.

203 del 1982, applicabile anche alle colonie parziarie per l'espres sa statuizione dell'art. 38 della stessa legge; la quale norma di

spone che l'affittuario che abbia apportato al fondo migliora menti prima dell'entrata in vigore di detta legge ha diritto ad

essere indennizzato anche se tali opere siano state eseguite invito

domino e senza la «autorizzazione» dell'ispettorato agrario. Ne

deriva, secondo la ricorrente, che, alla luce dell'avvenuta esecu

zione delle migliorie, il giudizio sulla gravità della mancata corre

sponsione della quota pattizia dei prodotti sarebbe potuto essere

diverso e non portare alla risoluzione del contratto.

Il motivo è infondato. È da premettere che — come si è visto

nella precedente narrativa — la inadempienza della Borrello de

dotta in causa dalle Criserà, in base alla quale queste chiesero

la risoluzione del contratto di colonia parziaria e la dichiarazione

di decadenza della convenuta dal diritto alla proroga legale del

rapporto agrario, fu la mancata corresponsione della quota pa

dronale dei prodotti (pari a 3/5) dall'annata agraria 1972/73 in

poi. Alla quale deduzione la Borrello oppose di avere arrecato

un miglioramento al fondo con l'impianto di un vigneto in sosti

tuzione delle poche piante di frutta esistenti, derivandone un pe

riodo di improduttività del fondo e il suo diritto alla relativa in

dennità; il che avrebbe giustificato la mancata corresponsione della

quota padronale dei prodotti, escludendo il dedotto inadempi

mento.

Nell'ambito, e nei limiti, di queste deduzioni delle parti, la se

zione specializzata di appello avrebbe dovuto decidere, ed in ef

fetti ha, in definitiva, deciso. Infatti, anche se nella motivazione

della sentenza impugnata si legge che «alla grave inadempienza

dell'omesso pagamento del canone dalla annata agraria 1972/73

in poi — sono ormai passati dieci anni — la Borrello aggiunse

l'inadempienza del mutamento della coltura del fondo, fatto ar

bitrariamente e senza il consenso delle proprietarie dello stesso

Il Foro Italiano — 1987.

fondo», in realtà i giudici d'appello hanno inteso affermare che

l'impianto del vigneto, in sostituzione del preesistente frutteto, fu illegittimo e perciò non giustificava la mancata corresponsione della quota padronale dei prodotti del fondo protrattasi per tutti

quegli anni, la quale mancata corresponsione costituiva grave ina

dempimento comportante la risoluzione del contratto e la deca

denza della Borrello dal diritto alla proroga legale del rapporto di colonia parziaria.

È da premettere ancora che la sentenza di primo grado, emessa

nel 1980, non fu munita di clausola di provvisoria esecuzione

(non trattandosi di condanna a favore del coltivatore per un cre

dito derivante dal rapporto agrario, la sentenza non era esecutiva

di diritto a norma dell'art. 431, 1° comma, c.p.c.); per cui la

causa doveva essere decisa in appello facendosi applicazione della

sopravvenuta 1. 3 maggio 1982 n. 203, a norma dell'art. 53, 1°

comma, di tale legge. Ed appunto la ricorrente lamenta che i giudici d'appello non

abbiano applicato nella specie la norma di cui al 7° comma del

l'art. 17 di quella legge, interpretandola nel senso che l'affittua

rio (nonché il mezzadro o colono) ha diritto all'indennità per mi

glioramenti apportati al fondo vigendo la legislazione anteriore

anche se eseguiti, in mancanza di consenso del concedente, senza

una pronuncia autorizzativa dell'ispettorato agrario. (Non viene

proposta, con tale deduzione, una questione nuova in questa sede

di legittimità, come sostengono le controricorrenti, perché, ferma

la situazione di fatto accertata in sede di merito, si fa questione delle norme di legge che la corte di Reggio Calabria avrebbe do

vuto applicare). Interpretazione, questa, che il collegio non ritie

ne esatta.

La precedente 1. 11 febbraio 1971 n. 11 stabiliva la procedura da osservarsi dalla parte, nel rapporto di affitto, che intendeva

eseguire miglioramenti sul fondo; la quale procedura, indicata

in via generale nell'art. 11 e semplificata nell'art. 14 per l'affit

tuario coltivatore diretto (il 2° comma di quest'ultimo articolo, che attribuiva all'affittuario coltivatore diretto la facoltà di ese

guire miglioramenti, che fosse in grado di compiere con il lavoro

proprio e con quello dei componenti della propria famiglia, senza

alcun onere procedurale, è stato dichiarato costituzionalmente il

legittimo con la sentenza 19 dicembre 1977, n. 153, Foro it., 1978,

I, 11, della Corte costituzionale), si traduceva essenzialmente in

ciò, che i miglioramenti potevano essere eseguiti soltanto o con

il consenso dell'altra parte o, in mancanza, a seguito di provvedi mento autorizzativo dell'ispettorato agrario. Eseguiti legittima mente i miglioramenti, a norma dell'art. 15, 2° comma, l'affit

tuario aveva diritto ad una indennità corrispondente all'aumento

di valore conseguito dal fondo e sussistente alla fine dell'affitto, anche in ipotesi di risoluzione anticipata del rapporto; la quale

indennità, ovviamente, non era dovuta se i miglioramenti erano

stati eseguiti dall'affittuario senza il consenso del concedente e

senza il provvedimento autorizzativo dell'ispettorato agrario, tra

ducensosi tale comportamento in un inadempimento.

Uguale regime è stato mantenuto nella nuova 1. 3 maggio 1982

n. 203, all'art. 16, per le opere di miglioramento fondiario (quale sarebbe quello di specie, consistente nell'impianto, sul fondo, di

un vigneto, in sostituzione del preesistente frutteto), nonché per le addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei

fabbricati rurali (l'art. 19 facoltizza l'affittuario ad eseguire sul

fondo, in deroga alle procedure di cui all'art. 16, previa comuni

cazione al concedente, «piccoli miglioramenti», specificati in quelli

che, eseguiti dall'affittuario con il lavoro proprio e della propria

famiglia, non comportano trasformazioni dell'ordinamento pro

duttivo, ma sono diretti a rendere più agevoli e produttivi i siste

mi di coltivazione in atto; condizioni, queste, evidentemente non

ricorrenti nelle specie): anche per la nuova legge, le opere di mi

glioramento fondiario possono essere eseguite dall'affittuario (è

l'ipotesi che qui interessa) se vi è il consenso del concedente e, in mancanza, se vi è il provvedimento autorizzativo dell'ispetto

rato agrario. Il 2° comma dell'art. 17 attribuisce il diritto all'indennità al

l'affittuario che abbia eseguito le opere di cui al 1° comma del

l'art. 16, cioè quelle di miglioramento fondiario e trasformazione

degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali; e, natural

mente, se legittimamente eseguite, con l'osservanza della proce

dura di cui ai successivi commi dello stesso art. 16, che sfocia

nel consenso del concedente, o, in mancanza, nel provvedimento

positivo o negativo dell'ispettorato agrario. Il 7° comma dell'art. 7 statuisce: «Le disposizioni del presente

articolo si applicano anche per le opere di cui al 1° comma del

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3011 PARTE PRIMA 3012

l'art. 16 previste nel contratto e concordate dalle parti, o comun

que eseguite in data anteriore all'entrata in vigore della presente

legge». Questa norma consta di due parti, separate dalla particel la disgiuntiva «o» preceduta da una virgola, le quali contengono due disposizioni distinte. La prima parte integra la normativa con

tenuta nei precedenti commi dello stesso articolo disponendo che

l'aumento del canone, se le opere di cui al 1° comma dell'art.

16 sono state eseguite dal locatore, e l'indennità, se le opere sono

state eseguite dall'affittuario, sono dovuti anche se le opere sono

state eseguite senza l'osservanza della procedura indicata nell'art.

16, ma che siano state «previste nel contratto e concordate dalle

parti». La seconda parte contiene una disposizione transitoria, secondo la quale l'aumento del canone e l'indennità, nelle rispet tive ipotesi, sono dovuti in caso di opere, di cui all'art. 16, «co

munque eseguite in data anteriore all'entrata in vigore» della 1.

n. 203 del 1982.

Nella disposizione transitoria il «comunque» non può essere

inteso nel senso di «in ogni caso», anche se, nel vigore della pre cedente 1. 11 febbraio 1971 n. 11, le opere di miglioramento fos

sero state eseguite, in mancanza di accordo fra le parti, senza

provvedimento autorizzativo dell'ispettorato agrario. Nella conti

nuità di disciplina normativa, rimasta uguale nella precedente e

nella nuova legge, la disposizione transitoria, cosi interpretata, sarebbe irrazionale, in contrasto con la logica della legge: perché

spezzerebbe la continuità della disciplina legislativa in ordine alle

opere di miglioramento, rendendo ingiustificatamente legittimo, retroattivamente e per il futuro, il comportamento di un soggetto del rapporto agrario che, invece, era illegittimo per la precedente

legge e tale rimane anche per la legge nuova.

Alla disposizione transitoria deve essere data, allora, una di

versa interpretazione, rispondente a criterio di razionalità, secon

do la logica interna della legge: va intesa nel senso che le opere di cui al 1° comma dell'art. 16, tra cui quelle di miglioramento

fondiario, eseguite in data anteriore all'entrata in vigore della

1. n. 203 del 1982, sono legittime, e danno diritto alla relativa

indennità per l'affittuario o all'aumento del canone per il locato

re, se la loro esecuzione ha avuto luogo con il rispetto delle con

dizioni stabilite dalla precedente legge 11 febbraio 1971 n. 11, cioè con il consenso dell'altra parte o, in mancanza, previa dispo sizione autorizzati va dell'ispettorato agrario.

Cosi interpretata la disposizione transitoria, la decisione impu

gnata risulta esatta. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 7 luglio 1977 As

sunta Calabria, nella qualità di proprietaria di un fondo semina

tivo in agro di San Severo, esteso circa quindici ettari e condotto

in affitto da Achille Plescia, conveniva costui davanti alla sezione

specializzata agraria del Tribunale di Foggia per ottenere il rila scio del terreno, avendo intenzione di coltivarlo direttamente e

personalmente.

Costituitosi, il Plescia resisteva alla domanda, che veniva riget tata dalla sezione adita.

La sezione specializzata della Corte d'appello di Bari, invece, non solo riteneva fondata la pretesa della Calabria, ma dichiara va pure l'inammissibilità dell'impugnazione incidentale del Pie scia avente ad oggetto l'indennità per i miglioramenti arrecati al fondo.

Con atto del 1° agosto 1983, la Calabria intimava il precetto

per il rilascio, ma il Plescia e la di lui moglie Ersilia Prattichizzo

proponevano opposizione, facendo valere il loro diritto di riten zione fino a quando non fosse stata ad essi corrisposta l'indenni tà per i miglioramenti.

Con sentenza del 9 novembre 1983, la sezione specializzata agra ria del Tribunale di Foggia accoglieva l'opposizione soltanto par zialmente, dichiarando che il Plescia e la di lui moglie avevano il diritto di ritenere il fondo fino al momento del pagamento del

l'equo indennizzo previsto dall'art. 43 1. n. 203 del 1982, e non anche fino a quello della determinazione e del pagamento dei

pretesi miglioramenti, essendo stati questi ultimi eseguiti in epoca posteriore alla proposizione della domanda di cessazione della pro roga legale.

Su gravame del Plescia e della Prattichizzo, la sezione specia lizzata agraria della Corte d'appello di Bari, con sentenza del 5 aprile 1984, ha confermato la pronuncia di primo grado.

Il Foro Italiano — 1987.

La corte del merito ha considerato che i miglioramenti furono

eseguiti dopo circa tre anni dall'inizio della causa, nonostante

le contrarie decise diffide della concedente; che in virtù della re

troattività della decisione i miglioramenti devono ritenersi arbi

trari perché eseguiti da meri detentori di fatto del fondo, a cui

non compete lo ius retentionis sia in base al codice civile, sia

in forza delle leggi speciali sui contratti agrari. In particolare, la corte del merito ha osservato che, anche ai sensi degli art.

17 e 20 1. n. 203 del 1982, per far valere il diritto di ritenzione

è necessario che si tratti di miglioramenti eseguiti in costanza di

un pacifico rapporto di affittanza, mentre, nella specie, i miglio ramenti erano stati eseguiti conto la volontà della concedente e

durante la pendenza del giudizio. Ricorre per cassazione il Plescia, in nome proprio e nella quali

tà di erede della moglie, con un solo motivo. La Calabria resiste

con controricorso. Le parti hanno presentato memorie illustrative.

Motivi della decisione. — Il ricorrente denuncia la violazione

degli art. 17, 20 e 53 1. n. 203/82, anche sotto il profilo della

insufficiente motivazione, per avere la sentenza impugnata rite

nuto che la particolare tutela offerta dal sistema legislativo al

concessionario attraverso la ritenzione del fondo debba operare solo per i miglioramenti effettuati in costanza di rapporto agra rio. Pertanto, l'effetto retroattivo della pronuncia favorevole al

concedente — secondo i giudici di merito — ricondurrebbe i mi

glioramenti ad un tempo in cui il rapporto non poteva più consi

derarsi esistente de iure, ma solo di fatto. Al contrario, secondo

il ricorrente, doveva applicarsi la disposizione dell'art. 17 1. n.

203, nel senso che consente l'applicazione delle disposizioni sulla

ritenzione e sulle indennità ai miglioramenti anche se eseguiti in

data anteriore alla detta legge e pur nella sussistenza di un rap

porto di fatto, per la disposizione transitoria dell'art. 53.

Ciò posto, deve osservarsi che l'art. 17, 7° comma, contiene

una disposizione sicuramente retroattiva: esso ha infatti riguardo anche alle spese «comunque eseguite in data anteriore all'entrata

in vigore della (presente) legge». La specialità di tale disposizione rende superflua l'indagine sul

contrasto insorto nella giurisprudenza della corte in ordine alla

applicabilità dell'art. 53 ai rapporti di mero fatto; motivo per il quale la presente controversia è stata rimessa alle sezioni unite

civili. Nella specie si tratta infatti di opposizione alla esecuzione, in

sorta dopo l'entrata in vigore della 1. n. 203; tale opposizione trova formalmente il suo fondamento nel 2° comma dell'art. 20, che estende al processo esecutivo il diritto di ritenzione, che la

precedente normativa (art. 15 1. 11 del 1971) prevedeva nella sola

sede di cognizione. Atteso lo stretto nesso logico e sistematico fra l'art. 17 e l'art.

20 1. n. 203, la retroattività prevista dall'art. 17 non può non

riflettersi sulla materia regolata dall'art. 20.

Ma nella specie sembra non porsi neppure un problema di re troattività: infatti il diritto di ritenzione è stato qui fatto valere in sede di esecuzione, di opposizione a precetto di rilascio, dopo l'entrata in vigore della 1. n. 203.

Il rapporto dedotto in giudizio è quindi soltanto quello che

riguarda il credito per indennità per miglioramenti; questo rap porto si pone come autonomo rispetto al rapporto agrario, dalla cui esecuzione ha origine, tanto è vero che può essere dedotto anche per la prima volta nella sede dell'esecuzione, ai sensi del l'art. 20, quando ormai non è più in vita il rapporto di affitto.

Nel corso dei giudizi di merito la resistente ha proposto due

profili di eccezioni; uno nascente dal giudicato esterno sul rap porto di affitto e uno relativo alla qualità delle opere di migliora mento eseguite ed al tempo in cui esse furono poste in essere.

La corte di Bari esattamente ha considerato negativamente il

primo profilo, rilevando che il giudicato esterno non ostava alla

proponibilità della domanda, in quanto nel giudizio originario sul contratto di affitto la domanda del Lo Porfido relativa all'in dennizzo per i miglioramenti era stata dichiarata inammissibile

per mere ragioni di rito. Pertanto nel giudizio di cognizione non si era formato alcun giudicato sostanziale, di merito, che potesse impedire al Lo Perfido di invocare la ritenzione del fondo nel diverso processo esecutivo.

Dopo questa premessa la sentenza impugnata perviene all'af fermazione che, quali siano i limiti a la portata del nuovo ius

retentionis, deve trattarsi di miglioramenti eseguiti nel corso di un pacifico rapporto di affittanza e non già — come nella specie — di miglioramenti eseguiti in contrasto con la volontà del con cedente.

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Page 5: sezione III civile; sentenza 4 agosto 1987, n. 6703; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Martinelli (concl. conf.); Borrello (Avv. Recchi) c. Criserà ed altri (Avv. Morace). Conferma App.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Tale affermazione appare errata ed in violazione degli art. 17

e 20 1. n. 203.

Il 7° comma dell'art. 17, come già sopra si è visto, trova appli cazione anche per le opere «comunque eseguite in data anteriore

all'entrata in vigore della legge». Ciò indipendentemente dalle pre visioni contrattuali o dall'accordo delle parti, ipotesi prevista nel

la prima parte del comma e distinta dalla successiva da una «o»

con chiaro significato disgiuntivo. L'avverbio «comunque» riferito al tempo di esecuzione delle

opere assume un evidente significato di «in ogni caso» e non può certo riferirsi alle modalità di esecuzione delle opere stesse, che

debbono essere quelle che furono eseguite in conformità della

disciplina previgente. Una diversa generica interpretazione cozzerebbe contro lo spi

rito e la sostanza della nuova normativa molto precisa e rigorosa nella materia, che in parte ha mutuato proprio dalla disciplina

previgente e che si è ora specificata all'art. 16 in precise previsio ni di osservanza di determinate condizioni e modalità.

Di conseguenza deve ritenersi che lo ius retentionis possa essere

invocato nel processo esecutivo, anche in relazione alle opere che, al di fuori delle previsioni contrattuali o dell'accordo delle parti, siano state in ogni caso (comunque) eseguite in data enteriore

all'entrata in vigore della legge n. 203, ma in conformità della

disciplina previgente. (Omisiss)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22 luglio

1987, n. 6408; Pres. Colesanti, Est. Lazzaro, P.M. Di Renzo

(conci, diff.); Mancini (Avv. Minutolo) c. Falcucci (Avv. Cas

sola). Cassa Pret. A tessa 6 maggio 1982.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Disciplina transitoria — Cessazione dell'atti

vità — Decadenza dalla proroga legale — Inapplicabilità —

Recesso del locatore — Inammissibilità (Cod. civ., art. 1587;

1. 23 maggio 1950 n. 253, disposizioni per le locazioni e sublo

cazioni di immobili urbani, art. 3; 1. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 29, 59, 73,

80, 84).

Nel regime transitorio della l. n. 392/78, non è configurabile la

facoltà del locatore di recedere dal contratto di locazione aven

te ad oggetto un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo ove il conduttore abbia cessato di svolgere l'attività

alla quale esso serviva, non essendo stata considerata tale si

tuazione come motivo di recesso dal combinato disposto degli

art. 73 e 29 della suddetta legge ed essendo inapplicabile, per

ché priva di ultrattività, la norma dell'art. 3, n. 2, I. n. 253/50,

che tale situazione considerava come causa di decadenza dalla

proroga legale del contratto (nella motivazione della sentenza

si esclude altresì' sia l'applicabilità in via analogica del recesso

ai sensi dell'art. 59, n. 8, l. n. 392/78, previsto per le locazioni

abitative, sia che la situazione considerata possa dare luogo alla risoluzione del contratto per mutamento dell'uso pattuito dell'immobile ai sensi dell'art. 80 della stessa legge ovvero, al

l'infuori di ipotesi particolari, in base ai principi generali in

tema di inadempimento contrattuale). (1)

(1) Con l'argomentata sentenza qui riprodotta la Corte di cassazione

prende posizione sulla delicata questione della risolubilità — prima della

sua scadenza fisiologica — della locazione di immobile non abitativo nel

caso di cessazione dell'attività cui questo era adibito, ovvero di non uso

dell'immobile. La pronunzia segue, a breve distanza di tempo, Corte cost.

9 aprile 1987, n. 116, Foro it., 1987, I, 1666, con nota di richiami di

D. Piombo (alla quale si rinvia per una panoramica aggiornata dei vari

orientamenti della giurisprudenza di merito e della dottrina sul proble

ma), che ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità del

l'art. 73 1. n. 392/78 nella parte in cui — a differenza di quanto fa l'art.

59 per le locazioni abitative — non prevede il recesso del locatore in

caso di mancata occupazione dell'immobile non abitativo da parte del

conduttore. Adde, in senso conforme alla Cassazione, Trib. Genova 10

novembre 1986, Arch, locazioni, 1987, 132.

Per quanto riguarda la prospettata sopravvivenza dell'art. 3, n. 2, 1.

n. 253/50, è interessante notare che per la sentenza in epigrafe l'eventuale

giudizio di compatibilità, di cui all'art. 84 1. n. 392/78, può essere effet

tuato «esclusivamente tra la precedente disciplina ordinaria e quella, pari

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-195.

Motivi della decisione. — Il ricorrente deduce: a) «errata valu

tazione delle risultanze testimoniali», in quanto i giudici del meri

to avevano affermato l'avvenuta cessazione dell'attività sulla ba

se della testimonianza del comandante dei vigili urbani di Atessa

il quale, invece, aveva riferito che il negozio in questione era, «da qualche tempo, prevalentemente chiuso al pubblico»: dal che

emergeva, al contrario di quanto reputato da quei giudici, che

l'attività sia pure saltuariamente era svolta (primo motivo); b)

«illegittima applicazione dell'art. 3 1. n. 253/50» che doveva rite

nersi abrogato dal combinato disposto degli art. 73 e 29 1. n.

392 del 1978: in particolare, l'art. 29 — con riferimento alle loca

zioni non abitative — non aveva riproposto la disposizione di

cui all'art. 3, n. 2,1. n. 253 del 1950 che considerava, quale causa

di decadenza dalla proroga legale del contratto, la cessazione del

la attività da parte del conduttore. Il che comportava l'applicabi lità dell'art. 1587 c.c., il quale non pretende che il conduttore

usi dell'immobile (tranne che un tale obbligo sia da reputare ne

cessario per la conservazione della cosa locata ovvero sia stato

assunto con apposito patto), né prevede come inadempienza il

non uso dello stesso. In tale prospettiva era sintomatico che, per

gli immobili destinati ad abitazione, il legislatore del 1978 avesse

previsto con apposita norma (art. 59, n. 8) la possibilità di reces

so del locatore in caso di mancata occupazione dell'immobile da

parte del conduttore senza giustificato motivo (secondo mezzo). La censura di cui al secondo motivo del ricorso — l'esame

della quale ha precedenza logica e giuridica — è fondata.

La questione prospettata è stata affrontata dalla dottrina e dal

la giurisprudenza di merito, che hanno adottato diverse soluzioni

cosi sintetizzabili: a) la norma di cui all'art. 3, n. 2, 1. 23 maggio 1950 n. 253 non è incompatibile con il regime transitorio della

1. 27 luglio 1978 n. 392 e, pertanto, tenuto anche conto del dispo sto dell'art. 84 (che dichiara abrogate soltanto «le disposizioni

incompatibili» con essa legge) deve reputarsi tuttora in vigore;

b) la cessazione dell'attività del conduttore è deducibile come mo

tivo di recesso in forza dell'art. 59, n. 8, n. 12 1. n. 392 del 1978,

da applicarsi in via analogica in forza del principio dell'autointe

grazione della legge dell'equo canone; c) il «non uso» dell'immo

bile è equiparabile all'uso diverso da quello pattuito, con la con

seguente risolubilità del contratto, ai sensi e secondo le modalità

dell'art. 80 della richiamata 1. n. 392 del 1978; d) la norma in

questione è stata abrogata poiché la legge dell'equo canone ha

inteso porre fine al regime vincolistico, che ha rimosso in radice,

dando all'istituto locatizio una regolamentazione compiuta: sic

menti ordinaria, dettata dalla nuova legge», dovendo invece escludersi

di per sé l'attuale vigenza (o ultrattività) delle norme eccezionali e tempo ranee del regime vincolistico in materia di locazioni urbane. Per una ras

segna più generale delle disposizioni in relazione alle quali si è posto il

problema della abrogazione per incompatibilità con la 1. n. 392/78, v.

la nota redazionale di D. Piombo a Trib. Milano 6 ottobre 1986 e a Pret.

Milano 24 novembre 1986, Foro it., 1987, I, 1595.

Sull'ambito di applicazione dell'art. 80 1. n. 392/78, v. Cass. 16 luglio

1986, n. 4600 e Pret. Monza 7 gennaio 1986, ibid., Ill, con osservazioni

di D. Piombo; Cass. 24 febbraio 1987, n. 1935, ibid., 2147, e Cass. 3

marzo 1987, n. 2226, che sarà riportata in un prossimo fascicolo (le sen

tenze della Cassazione ora citate possono leggersi, unitamente a Corte

cost. n. 116/87, cit., anche in Giusi, civ., 1987, I, 1026, con nota di

N. Nizzo). Sul principio — pure ribadito nella motivazione da Cass. n. 6408/87

— secondo cui il non uso dell'immobile locato non integra (di regola)

inadempimento contrattuale, non avendo il conduttore alcun obbligo di

usare l'immobile, salvo il caso che oggetto di godimento siano beni pro duttivi o che richiedano l'utilizzazione per la loro conservazione, e a me

no che le parti non abbiano assunto specificamente un determinato uso

del bene locato nel sinallagma contrattuale, v., oltre a Cass. 7 agosto

1967, n. 2108, Foro it., Rep. 1967, voce Locazione, n. 21 (richiamata nella motivazione), Cass. 5 agosto 1954, n. 2879, id., Rep. 1954, voce

cit., n. 128. In senso difforme da tale opinione v., entrambe con riferi

mento alle locazioni di immobili adibiti ad un'attività economico-produttiva: Trib. Roma 24 marzo 1984, id., Rep. 1984, voce cit., n. 150 (e in Loca

zioni urbane, 1984, 378), e Pret. Agrigento 29 aprile 1983, ibid., n. 179

(e in Giust. civ., 1984, I, 322, con nota critica di P. Ferrone); nonché,

in relazione ad una fattispecie di locazione abitativa, Trib. Torino 14

marzo 1984, Corriere giur., 1985, 513, con nota critica di D. Piombo.

In dottrina v. inoltre, nel senso della insussistenza, ex art. 1587 c.c., di

un divieto di non uso della cosa locata: P. Ferrone, Ipotesi sul «non

uso» dell'immobile locato, in Quaderni giustizia, 1984, fase. n. 30, 40; M. Cappelli, L'equo canone, Majorca, 1981, 372 ss.

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