sezione III civile; sentenza 4 ottobre 1994, n. 8077; Pres. Romagnoli, Est. Camuto, P.M. DeNunzio (concl. diff.); Ducceschi (Avv. Ansaldi, Armillotta, Decimo) c. Soc. Marengo (Avv.Vacca). Cassa Trib. Torino 7 novembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 1917/1918-1919/1920Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188936 .
Accessed: 28/06/2014 18:36
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.220.202.93 on Sat, 28 Jun 2014 18:36:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
letta versa nella impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi ade
guati, tali non essendo — secondo l'insindacabile apprezzamen to della Corte del merito — i modesti e sporadici compensi de
rivanti dallo svolgimento di «qualche lavoretto da sarta». Non
è, di conseguenza, censurabile l'affermazione dell'obbligo del
Di Filippo di corrispondere alla ex coniuge un assegno, per la
cui determinazione («di gran lunga al di sotto del minimo indi
spensabile per la sopravvivenza») la stessa corte ha tenuto con
to di tutte le circostanze rilevanti, ed in particolare della mode
sta condizione economica dell'obbligato (titolare di una rendita
Inail ed esercente in forma autonoma l'attività di autista) non
ché degli occasionali compensi che la Paoletta è tuttora in gra do di conseguire mediante l'impiego della sua residua capacità
lavorativa.
In definitiva, non sono ravvisabili nella sentenza in esame
né gli errori giuridici infondatamente denunciati né alcun vizio
di motivazione, avendo i giudici di appello adeguatamente e
correttamente spiegato le ragioni e le fonti del loro convin
cimento.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
B) Ricorso incidentale. La sig. Paoletta deduce violazione degli
art. 4 e 5 1. 898/70, come modificati dalla 1. 74/87, nonché
dell'art. 445 c.c., dolendosi che la corte romana abbia fissato
la decorrenza dell'assegno divorzile dalla data di passaggio in
giudicato della sentenza di divorzio, anziché dalla data della
domanda, coerentemente alla natura assistenziale dell'assegno
stesso. In ogni caso — osserva la ricorrente incidentale — «il
richiamo al sorgere dello status di divorziati per la decorrenza
dell'assegno . . . poteva al limite indurre i giudici del merito
a far coincidere i due eventi ma non già a differire il secondo
a un tempo indeterminato . . .».
Il motivo di censura merita accoglimento. La corte d'appello
ha fondato la propria pronuncia sul punto in esame sul duplice
rilievo: a) che l'assegno divorzile «trova la sua causa nel nuovo
status di coniugi divorziati che i soggetti acquisiscono» a segui
to della sentenza di divorzio di «natura costitutiva»; b) che non
è applicabile nella specie l'art. 4, 10° comma, 1. 1° dicembre
1970 n. 898, come sostituito dall'art. 8 1. 6 marzo 1987 n. 74,
«avendo il legislatore subordinato la decorrenza degli effetti della
somministrazione dell'assegno fin dal momento della domanda
alla condizione che vi sia stata sentenza non definitiva di scio
glimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio».
Orbene, la seconda delle affermazioni sopra riferite, nella sua
assolutezza, contrasta con l'interpretazione delle norme sopra
menzionate ripetutamente accolta da questa corte, secondo la
quale il principio enunciato nell'art. 4, 10° comma, 1. 898/70,
come sostituito dall'art. 8 1. 74/87, ha una portata generale,
sicché il giudice del merito può far decorrere l'assegno di divor
zio, ove ne ricorrano le condizioni, dal momento della doman
da non solo nell'ipotesi, espressamente prevista, in cui il divor
zio sia stato pronunciato con sentenza non definitiva, ma anche
nel caso in cui con la medesima decisione sia stato dichiarato
10 scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimo
nio e sia stato condannato uno dei coniugi a corrispondere al
l'altro l'assegno di divorzio (cfr. Cass. 7458/90, Foro it., 1991,
I, 144; 11978/92, id., 1993, I, H23; 6049/93, id., Rep. 1993, voce Matrimonio, n. 178).
Si è puntualizzato al riguardo che, per ottenere la decorrenza
dell'assegno dalla data della domanda, non occorre una specifi
ca richiesta della parte in tal senso, essendo affidato al giudice
del merito il potere discrezionale di stabilire detta decorrenza
in esito all'esame ed alla valutazione delle circostanze del caso
concreto. E si è ulteriormente precisato che — fermo restando
11 principio generale secondo cui l'assegno di divorzio, trovando
la sua causa nel nuovo status di divorziati acquisito dalle parti,
decorre dalla data del passaggio in giudicato della relativa pro
nuncia — l'attribuzione al giudice del merito del suddetto pote
re discrezionale di anticipare alla data della domanda giudiziale
la decorrenza dell'assegno di divorzio costituisce un tempera
mento al principio sopra richiamato, che consente al giudice
di adeguare la propria statuizione a tal riguardo alla particolare
situazione di volta in volta accertata, senza essere vincolato,
per l'esercizio dell'anzidetto potere, all'esistenza di una senten
za non definitiva di divorzio.
Vero è che il giudice, ove ritenga di non avvalersi del potere
discrezionale in questione, non è obbligato a motivare tale scel
ta, dovendosi in tal caso ritenere che egli abbia ravvisato (impli
II Foro Italiano — 1995.
citamente) l'opportunità di conservare il regime economico del
la separazione per l'intera durata del processo di divorzio (cfr. Cass. 6049/93, cit.); ma tale rilievo non impedisce l'annulla
mento della sentenza in esame — sul punto che forma oggetto
dell'impugnazione incidentale — poiché la corte romana è in
corsa in errore di diritto per aver considerato la sentenza non
definitiva di divorzio condizione necessaria ed imprescindibile
per disporre la richiesta anticipazione dell'assegno, cosi ammet
tendo di non aver compiuto alcuna valutazione — neppure im
plicita — delle circostanze che avrebbero eventualmente consi
gliato l'adozione del più favorevole provvedimento invocato dalla
Paoletta.
Non è superfluo aggiungere che la statuizione censurata non
è, comunque, conforme a diritto, poiché la corte del merito
non sembra aver considerato che nella specie la pronuncia di
chiarativa della Cassazione degli effetti civili del matrimonio
tra le parti era già passata in giudicato alla data della proposi
zione dell'appello principale, che aveva unicamente ad oggetto la contestazione dell'obbligo del Di Filippo di corrispondere al
l'ex coniuge l'assegno di divorzio (mentre l'appello incidentale
della Paoletta verteva sulla decorrenza dell'assegno stesso). Di
questa circostanza, pertanto, i giudici di appello avrebbero do
vuto tener conto anche se avessero ritenuto (pur senza fornire
alcuna giustificazione al riguardo) di non derogare nel caso con
creto al criterio generale di decorrenza dell'assegno e di far coin
cidere la data di decorrenza con quella del passaggio in giudica
to della pronuncia di divorzio.
Per le esposte considerazioni l'impugnata sentenza va cassa
ta, limitatamente alla statuizione investita dall'appello inciden
tale, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appel lo di Roma, la quale riesaminerà la questione concernente la
decorrenza dell'assegno di divorzio, uniformandosi ai principi
di diritto innanzi enunciati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 otto
bre 1994, n. 8077; Pres. Romagnoli, Est. Camuto, P.M. De
Nunzio (conci, diff.); Ducceschi (Aw. Ansaldi, Armillot
ta, Decimo) c. Soc. Marengo (Aw. Vacca). Cassa Trib. To
rino 7 novembre 1988.
Locazione — Legge 392/78 — Canone — Aumenti illegittimi — Azione di ripetizione — Termine semestrale di decadenza
— Sospensione feriale — Applicabilità (L. 7 ottobre 1969 n.
742, sospensione dei termini processuali nel periodo feriale,
art. 1; 1. 26 novembre 1969 n. 833, norme relative alle loca
zioni degli immobili urbani, art. 8; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 79).
Il termine di sei mesi entro il quale, a norma dell'art. 8 l. 833/69
frectius, art. 79, 2° comma, l. 392/78), il conduttore deve
proporre l'azione di ripetizione delle somme indebitamente
corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti pre
visti dalla legge, decorre dalla riconsegna dell'immobile loca
to, consistente nel mettere a disposizione del locatore il bene
libero da persone e cose, e, avendo natura processuale, va
computato tenendo conto della sospensione dei termini in pe
riodo feriale, a norma della I. 742/69. (1)
(1) Circa il dies a quo del termine semestrale utile per la proposizione dell'azione di ripetizione di indebito da parte del conduttore, la pro nunzia (che deve correttamente leggersi come riferita non al previgente
art. 8 1. 833/69, ma al 2° comma dell'art. 79 1. 392/78, di identico
contenuto, sulla cui base era stata eccepita dal locatore convenuto la
improponibilità della domanda) conferma, sostanzialmente, un princi
pio già affermato da Cass. 20 febbraio 1993 n. 2071, Foro it., 1993,
1, 3305, con nota di D. Piombo.
La peculiarità della fattispecie qui esaminata sta nel fatto che il con
duttore, pur avendo consegnato al locatore un esemplare delle chiavi
dell'immobile, aveva continuato ad occuparlo con i propri mobili per
This content downloaded from 91.220.202.93 on Sat, 28 Jun 2014 18:36:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1919 PARTE PRIMA 1920
Svolgimento del processo. — Con ricorso ex art. 79 1. 392/78,
depositato il 31 gennaio 1986, Ducceschi Giorgio esponeva di
aver condotto in locazione, sulla base di un rapporto iniziato
anteriormente al 1978, un appartamento in Torino via Cibrario
n. 39 di proprietà della s.r.l. Marengo; che all'entrata in vigore della predetta 1. n. 392 egli aveva regolarmente corrisposto i
canoni, la cui misura era superiore a quella legale; che aveva
lasciato definitivamente l'alloggio il 30 luglio 1985, senza che
la proprietaria gli riconsegnasse la somma versatale a titolo di
cauzione con gli interessi maturati.
Premesso che egli, con il proprio nucleo familiare, nel 1977
aveva avuto un reddito inferiore a lire 8.000.000, il ricorrente
chiedeva che, determinato il canone legale dovuto dal 1° no
vembre 1978 al 30 luglio 1985, la convenuta fosse condannata
a restituirgli le somme versate in più, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, nonché la cauzione versata con
gli interessi di legge. La società convenuta si costituiva in giudizio eccependo l'im
proponibilità dell'azione e chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni provocati all'immobile locato, nonché
il pagamento della somma di lire 521.671 per canone e spese fino al rilascio dell'immobile.
Con sentenza 27 ottobre - 25 novembre 1987, il Pretore di
Torino, sulla base dell'esperita consulenza tecnica d'ufficio, con
dannava la società convenuta al pagamento di complessive lire
1.601.932 in favore del conduttore, oltre le spese di c.t.u. e
di lite, e dichiarava improponibile ex art. 418 c.p.c. la domanda
riconvenzionale.
Presentava ricorso in appello la s.r.l. Marengo. Resisteva il
Ducceschi e, in via incidentale, chiedeva la condanna della loca
trice alla restituzione della somma, maggiorata della rivaluta
zione e degli interessi, nonché alla restituzione della cauzione, indicata in lire 190.000, con gli interessi legali.
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 13 ottobre - 7 no
vembre 1988 accoglieva l'appello dichiarando inammissibile la
domanda proposta dal Ducceschi dopo la scadenza del termine
di sei mesi dalla riconsegna dell'appartamento; dichiarava altre
sì inammissibile l'appello incidentale proposto dall'attore, per ché tardivo; condannava il Ducceschi al rimborso delle spese relative ai due gradi di giudizio, ponendo a carico dello stesso
le spese di c.t.u.
Avverso tale sentenza l'attore proponeva ricorso per cassa
zione, fondato su un unico motivo. La società convenuta si co
stituiva con controricorso chiedendo il rigetto dell'impugnazio ne. La difesa del Ducceschi illustrava ulteriormente la propria tesi con memoria datata 15 febbraio 1994. Il difensore della
qualche tempo. La Cassazione ha ritenuto che, in tal caso, il dies a
quo del termine semestrale in questione va identificato con la data dello sgombero dell'immobile, giacché solo allora cessa effettivamente il rap porto di fatto «tra il conduttore e la cosa locata», che, facendo venire meno eventuali timori di ritorsioni da parte del locatore, rende il con duttore libero di condizionamenti nell'agire per la tutela dei propri diritti.
Nel senso che anche la cessazione del rapporto tra conduttore e loca tore originario, per effetto del trasferimento a terzi della proprietà del
l'immobile, fa scattare il decorso del termine ex art. 79, cpv., 1. 392/78, v. tuttavia, Pret. Venezia 19 luglio 1993, Arch, locazioni, 1994, 148.
La sentenza che si riporta si segnala, peraltro, perché è la prima ad affermare l'applicabilità al termine di decadenza in questione del regi me di sospensione in periodo feriale ex art. 1 1. 742/69 (soluzione, que sta, già prospettata da D. Piombo, in nota a Cass. 9 marzo 1993, n.
2813, Foro it., 1993, I, 3304, sulla scorta della interpretazione della locuzione «termini processuali» accolta da Corte cost. 4 giugno 1993, n. 268, ibid., 2408).
Quanto al dies ad quem, del termine semestrale previsto dall'art. 79 1. 392/78, in contrasto con l'orientamento della Cassazione, che lo iden tifica con la data di presentazione del ricorso per il tentativo di conci liazione ex art. 44 1. 392/78, qualora la domanda di ripetizione delle somme versate in eccesso venga poi proposta in uno a quella di deter minazione del canone legale (v., da ultimo, Cass. 9 dicembre 1994, n. 10541, id., Mass., 1021), una parte consistente della giurisprudenza di merito continua ad essere dell'avviso che, invece, la decadenza prevista dalla norma suddetta possa essere impedita soltanto dalla proposizione — entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato — della doman da di ripetizione dell'indebito «in sede contenziosa»: v. Pret. Salerno Eboli 6 maggio 1993, Rass. locazioni e condominio, 1994, 67; Trib. Milano 13 gennaio 1994, Foro it., 1994, I, 2538, con nota di richiami (riportata anche in Giust. civ., 1994, I, 1447, con nota di N. Izzo; Arch, locazioni, 1995, 163, con nota di R. Frasca).
Il Foro Italiano — 1995.
società convenuta partecipava all'odierna udienza di discussione.
Motivi della decisione. — Con il ricorso introduttivo, presen tato il 31 gennaio 1986, il Ducceschi precisò che la riconsegna
dell'appartamento de quo era stata eseguita in data 30 luglio 1985.
La società convenuta eccepì l'improponibilità della domanda
ex art. 79 1. 392/78, per esser stato il ricorso depositato dopo la scadenza del termine di sei mesi dal rilascio dell'immobile.
Il pretore rigettò tale eccezione preliminare e condannò la
locatrice alla restituzione della complessiva somma di lire
1.601.932, percepita indebitamente.
Su appello della s.r.l. Marengo, la sentenza impugnata ha
accolto l'eccezione di improponibilità, rilevando che in data 15
giugno 1985 il Ducceschi aveva consegnato alla locatrice un esem
plare delle chiavi dell'appartamento e che la riconsegna dell'im
mobile doveva ritenersi a tutti gli effetti eseguita, non avendo
alcun rilievo il fatto che le operazioni di sgombero dei locali
erano state differite fino al 30 luglio 1985, né la circostanza — asserita dall'inquilino e non contestata da controparte —
che il canone di locazione era stato corrisposto fino al 31 luglio 1985.
Il ricorrente deduce, con l'unico motivo di ricorso, erronea
applicazione dell'art. 8 1. 833/69 e conseguente carenza e con
traddittorietà della motivazione, essendo certo che la riconse
gna dell'alloggio «libero da persone e cose» fu effettuata sol
tanto alla fine del mese di luglio 1985. Afferma inoltre — nella
memoria illustrativa del 15 febbraio 1994 — che al termine se
mestrale deve aggiungersi il periodo feriale riferito al 1985.
La controricorrente eccepisce che, quand'anche il rilascio de
finitivo si ritenesse eseguito il 30 luglio 1985, l'ultimo giorno utile per il deposito del ricorso introduttivo deve ritenersi il 30
gennaio 1986, per cui la domanda è comunque improponibile. Nel corso della discussione orale, il difensore della s.r.l. Maren
go ha inoltre contestato che il suddetto termine semestrale ab
bia natura processuale e che sia applicabile nella specie la 1.
742/69 sulla sospensione dei termini.
Il ricorso è fondato. Questo Supremo collegio ribadisce il prin
cipio secondo cui il termine perentorio di sei mesi, di cui alla
cit. 1. 833/69, va calcolato dal momento in cui è cessato il rap
porto di fatto tra il conduttore e la cosa locata, non coinciden
do necessariamente la riconsegna dell'immobile con la cessazio
ne del rapporto locatizio (cfr. Cass. n. 3588 del 28 maggio 1986, Foro it., Rep. 1986, voce Locazione, n. 320).
Va sottolineato, tuttavia, che la ratio della norma è quella di consentire al conduttore di far valere il proprio diritto alla
restituzione delle somme indebitamente corrisposte senza la re
mora di ritorsioni da parte del locatore.
Ne consegue che la riconsegna dell'immobile deve consistere nel mettere a disposizione del locatore il bene libero da persone e cose.
Nella fattispecie, dalla sentenza impugnata risulta che alla data del 15 giugno 1985 i locali erano ancora occupati dai beni mo
bili appartenenti al conduttore e che quest'ultimo era tenuto
ad eseguirne lo sgombero entro il 30 luglio 1985.
Orbene, la motivazione della suddetta sentenza appare illogi ca e contraddittoria laddove afferma che lo sgombero dell'ap
partamento da parte del conduttore costituiva soltanto l'esecu
zione di operazioni già concordate il 15 giugno 1985, poiché in realtà il rapporto di fatto tra l'inquilino ed il bene locato — la cui cessazione giustifica la decorrenza del termine per la
proposizione della domanda — è venuto meno soltanto dopo lo sgombero dei locali, poiché solo da quel momento il condut
tore poteva agire libero da ogni condizionamento nei confronti
della società locatrice.
Il dies a quo, va, perciò, identificato nel giorno in cui fu
eseguito lo sgombero dei locali. D'altra parte, rileva questo Supremo collegio non sussistere
dubbi in ordine alla natura processuale del sudetto termine se
mestrale, posto che l'osservanza di esso condiziona la proponi bilità dell'azione giudiziaria da parte dell'inquilino. Di conse guenza, i giudici di merito erano tenuti, nella specie, a sottrarre al computo del termine il periodo non utile per il compimento di tale atto.
La decisione impugnata dev'essere, pertanto, cassata con rin
vio affinché altra sezione dello stesso tribunale determini la da ta in cui è avvenuto lo sgombero dell'immobile de quo, e decida in ordine all'eccepita improponibilità della domanda tenendo conto della sospensione dei termini processuali operata per ef fetto della cit. 1. 742/69.
This content downloaded from 91.220.202.93 on Sat, 28 Jun 2014 18:36:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions