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sezione III civile; sentenza 5 febbraio 1996, n. 954; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M. Di Salvo...

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sezione III civile; sentenza 5 febbraio 1996, n. 954; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M. Di Salvo (concl. diff.); Soc. Fama Jersey (Avv. G. Pezzano, Valori) c. Soc. Penelope (Avv. Cusimano, Mati). Cassa App. Firenze 24 febbraio 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2833/2834-2835/2836 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191597 . Accessed: 28/06/2014 09:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:39:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 5 febbraio 1996, n. 954; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M. Di Salvo(concl. diff.); Soc. Fama Jersey (Avv. G. Pezzano, Valori) c. Soc. Penelope (Avv. Cusimano,Mati). Cassa App. Firenze 24 febbraio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2833/2834-2835/2836Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191597 .

Accessed: 28/06/2014 09:39

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ma, c.p.c. (disposizione applicabile anche nel rito del lavoro), che fa decorrere il termine per impugnare dalla data di deposito della sentenza (cfr. in tali sensi, in motivazione, Cass., sez. un., 9 marzo 1981 n. 1297, cit.). Una contraria opinione finirebbe

con il portare a negare al giudice del lavoro, dopo la lettura

del dispositivo in pubblica udienza, ogni potere sulla controver

sia in corso, e con il sottrargli ogni investitura della causa, ren

dendo sostanzialmente irrilevante ogni suo successivo provvedi mento e ponendolo, in tal modo, nell'identica posizione in cui, nelle controversie ordinarie, viene a trovarsi il giudice dopo la

pubblicazione della sentenza.

Consegue da quanto sinora detto che tutti i motivi di ricorso

devono considerarsi assorbiti dalla declaratoria di nullità della

impugnata sentenza del Tribunale-di Rovereto.

Per concludere, la causa va rimessa allo stesso giudice che

ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione (art. 354, 1°

comma, 360, n. 4, art. 383, ultimo comma, c.p.c.). Come è stato chiarito, nel caso in cui la Corte di cassazione,

rilevata la nullità assoluta ed insanabile della sentenza d'appello non sottoscritta da uno dei giudici e priva della menzione del

l'impedimento del medesimo, abbia cassato detta sentenza, ri

mettendo la causa allo stesso giudice di secondo grado a norma

degli art. 354, 1° comma, 360, n. 4, e 383, ultimo comma,

c.p.c., il giudice di rinvio è investito del potere-dovere di riesa

minare il merito della causa e non deve invece limitarsi ad una

formale rinnovazione della sentenza sulla base di quanto stabili

to nel dispositivo della sentenza cassata, e ciò anche nel rito

del lavoro, perché la nullità della sentenza si comunica necessa

riamente anche al dispositivo letto in udienza (cfr. in tali esatti

sensi Cass. 14 dicembre 1994, n. 10681, cit.; 1° agosto 1986, n. 4948, id., Rep. 1986, voce cit., n. 53). Al riguardo va osser

vato che, nelle controversie del lavoro, al dispositivo letto in

udienza, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., si può — alla stregua del

combinato disposto dell'art. 431, 1° comma, e dell'art. 433, 2° comma, c.p.c. — riconoscere una efficacia autonoma per

quanto riguarda l'inizio e la prosecuzione della procedura ese

cutiva (cfr. in tali sensi: Cass., sez. un., 9 marzo 1979, n. 1464,

id., 1979; I, 2657), mentre devesi ritenere che, al di fuori di

tale procedura, allorquando la sentenza venga depositata, il sud

detto dispositivo finisce per perdere la sua autonomia per dive

nire parte integrante di detta sentenza, di cui è destinato a se

guire le sorti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 feb braio 1996, n. 954; Pres. Giuliano, Est. Di Nanni, P.M.

Dì Salvo (conci, diff.); Soc. Fama Jersey (Aw. G. Pezzano,

Valori) c. Soc. Penelope (Aw. Cusimano, Maxi). Cassa App.

Firenze 24 febbraio 1994.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Recesso del conduttore — Gravi motivi —

Valutazione (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazio

ni di immobili urbani, art. 27).

Nella valutazione della validità del recesso per gravi motivi, eser

citato dal conduttore di immobile ad uso diverso dall'abita

zione ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, l. 392/78, il giudice deve tenere conto della corrispondenza delle ragioni del reces

so a quelle enunciate dal conduttore nell'atto di preavviso,

quando tale corrispondenza sia contestata dal locatore. (1)

(1) Non constano precedenti negli esatti termini.

La pronunzia della Cassazione si fonda sul rilievo che l'atto di reces

so del conduttore, di cui all'art. 27, ultimo comma, 1. 392/78, essendo

diretto a produrre lo scioglimento del rapporto di locazione «attraverso

il meccanismo proprio degli atti unilaterali descritto dall'art. 1344 (ree

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — 1. - La s.p.a. Fama Jersey, con

atto del 6 febbraio 1984, ha convenuto in giudizio davanti al

Tribunale di Prato la s.p.a. Tessitura Mirage ed ha chiesto che

la convenuta fosse condannata al pagamento dei canoni di loca

zione dovuti e non pagati, oltre al risarcimento del danno.

L'attrice ha dichiarato: che, con due contratti di locazione, aveva concesso in locazione alla Tessitura Mirage due locali ad

uso industriale con decorrenza dal 10 ottobre e dall'11 novem

bre 1979; che la Tessitura Mirage aveva disdetto anticipatamen te i contratti ed aveva consegnato i locali nel mese di agosto

1983; che in tale data la Tessitura Mirage era debitrice del cano

ne maturato I'll agosto 1983 ammontante ad oltre 12 milioni; che essa attrice aveva diritto anche al pagamento di lire

64.624.999 per canoni maturati dal 1° ottobre 1983 al 10 gen naio 1984, di lire 73.413.984 a titolo risarcitorio per canoni ma

turati dal 1° ottobre 1983 al 1° novembre 1985 e di lire 7.441.956

per danni arrecati agli immobili.

Istauratosi il contraddittorio, la società Tessitura Mirage ha

resistito alla domanda ed ha eccepito, tra l'altro, che ricorreva

no gravi motivi per la risoluzione anticipata della locazione.

2. - La domanda attrice è stata accolta limitatamente al paga mento dei canoni scaduti ed il tribunale ha condannato la s.p.a. Tessitura Mirage al pagamento della complessiva somma di ol

tre 138 milioni. Questa decisione è stata impugnata dalla società Tessitura Mi

rage, la quale ha ribadito l'esistenza dei gravi motivi previsti dalla legge per il recesso anticipato.

A sua volta, l'appellata ha rilevato che i gravi motivi non

te, 1334) c.c.», e quindi con effetto dal momento in cui perviene a conoscenza del destinatario (ovvero del locatore), da tale momento è

vincolante e non può essere revocato (cfr. nello stesso senso, in dottri

na, F. Lazzaro-R. Preden, Le locazioni per uso non abitativo, Mila

no, 1988, 122 ss.); con la conseguenza che, «una volta espressa la vo lontà di recesso, il conduttore non può affidarne l'effetto ad elementi causali non contenuti nell'atto di prevviso» richiesto dalla norma e, correlativamente, «il giudice, chiamato a verificare la legittimità del re cesso del conduttore, deve verificare anche che questo corrisponda ai

motivi (che debbono essere gravi) espressi nell'atto di preavviso». Nel principio enunciato dalla corte sembra implicita l'affermazione

che il preavviso in questione deve necessariamente recare indicazione dei «gravi motivi» addotti dal conduttore a giustificazione del proprio recesso. Sul punto v., in questo senso, Trib. Vicenza 26 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1990, voce Locazione, n. 415 (e Arch, locazioni, 1990,

300), secondo cui nell'atto di preavviso devono essere indicati, in modo

«espresso e chiaro», sia la data alla quale si intende far cessare la loca

zione, sia i motivi del recesso, giacché altrimenti il locatore, non poten do verificarne la sussistenza e la gravità, sarebbe costretto «ad una me

ra resistenza a fini esplorativi, volta cioè a costringere alla lite il con

duttore al solo scopo di poter saggiare in giudizio la effettiva gravità dei motivi non addotti e rimasti sottesi al negozio di recesso».

Secondo Cass. 24 maggio 1993, n. 5827, Foro it., Rep. 1993, voce

cit., n. 356, peraltro, qualora il conduttore receda dal contratto per

gravi motivi, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 27 1. 392/78, senza

comunicare il dovuto preavviso, egli è tenuto al risarcimento dei danni

che il locatore provi di avere subito per l'anticipata restituzione dell'im

mobile, a meno che dimostri che l'immobile è stato ugualmente utiliz zato dal locatore direttamente o indirettamente.

Sulla nozione di «gravi motivi» ex art. 27, ultimo comma, 1. 392/78

(nonché ex art. 4, 2° comma, in tema di recesso del conduttore dal

contratto di locazione di immobile ad uso di abitazione) — la cui sussi

stenza in concreto, come sottolinea in motivazione Cass. 954/96, è ri

messa alla valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede

di legittimità purché correttamente motivata sulla base di circostanze

oggettive — v., nel senso che essi devono collegarsi a fatti estranei alla

volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla stipulazione del contratto, tali da rendere oltremodo gravosa per lui la prosecuzione del rapporto, Cass. 20 ottobre 1992, n. 11466, id., 1993, I, 3118, con

nota di richiami (riportata anche in Giust. civ., 1993, I, 1551, con nota

di M. De Tula); e, successivamente: Cass. 3 febbraio 1994, n. 1098, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 349; Trib. Milano 9 settembre 1993,

ibid., n. 350 (e Arch, locazioni, 1994, 121); nonché, con specifico riferi

mento all'ipotesi del recesso motivato dalla sopravvenuta insufficienza

dell'immobile, in conseguenza della espansione dell'attività commercia

le del conduttore, Trib. Milano 25 febbraio 1993 e 8 giugno 1992, Foro

it., Rep. 1994, voce cit., nn. 351, 352 (per esteso in Arch, locazioni,

1994, 365 e 136), e Pret. Bologna 4 novembre 1994, id., 1996, 101,

pervenute a differenti conclusioni circa la sussistenza, nel caso concre

to, dei gravi motivi richiesti dal citato art. 27, ultimo comma. In dottri

na, cfr. anche A. Pelò, Recesso de! conduttore e «gravi motivi», id.,

1993, 441.

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2835 PARTE PRIMA 2836

sussistevano, perché l'atto di recesso era fondato sull'atto vo

lontario di messa in liquidazione della società del conduttore.

La Corte d'appello di Firenze, con sentenza 24 febbraio 1994, ha rigettato la domanda attrice.

3. - Per la cassazione di questa sentenza la s.p.a. Fama Jersey ha proposto ricorso, illustrato con memoria. Resiste con con

troricorso la s.p.a. Penelope succeduta alla s.p.a. Tessitura

Mirage. Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso svolge due motivi.

2.1. - Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa

applicazione dell'art. 27 1. 27 luglio 1978 n. 392.

La ricorrente sostiene che la corte d'appello ha identificato

erroneamente i motivi del recesso, perché non ha tenuto conto

dei motivi espressi nell'atto di preavviso dell'11 maggio 1983, con il quale la Tessitura Mirage aveva dichiarato di volere rece

dere dal contratto.

Con il secondo motivo è denunciata omessa motivazione su

punti decisivi della controversia in relazione a quanto indicato

nel primo motivo.

Con riferimento alle due censure la corte d'appello ha ritenu

to che nella fattispecie esistevano gravi motivi per il recesso e

li ha individuati nelle sopravvenute difficoltà economiche della

società Mirage, le quali avevano provocato un indebitamento

di oltre 1.500.000.000 ed una perdita di esercizio nel 1993 di oltre 129 milioni. La corte di Firenze ha accertato che la società

conduttrice era stata messa in liquidazione con la cessione a

terzi del macchinario ed il licenziamento dei ventitré dipendenti ed ha ritenuto che questa situazione non fosse frutto di una

messa in scena per favorire l'assorbimento della società in altra.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante

l'evidente connessione. Essi sono fondati.

2.2. - Il ricorso pone il problema dei limiti del recesso dal

contratto di locazione esercitato dal conduttore in mancanza

di specifica convenzione.

L'ultimo comma dell'art. 27.1. 27 luglio 1978 n. 392 dispone che «indipendentemente dalle previsioni contrattuali il condut

tore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da

comunicarsi con lettera raccomandata».

Fatta eccezione del recesso convenzionalmente stipulato con

il contratto di locazione, la norma è di derivazione diretta dal

recesso unilaterale disciplinato dall'art. 1373 c.c. ed inquadra il recesso unilaterale non convenzionalmente convenuto come

deroga eccezionale al principio secondo il quale tale rapporto

può essere sciolto solo per concorde volontà delle parti. Condizioni di questa deroga sono: la presenza di gravi motivi

che investano la posizione del conduttore; il preavviso anteriore

di sei mesi. Nella valutazione dei gravi motivi il potere del giudice del

merito non è sindacabile in sede di legittimità, purché corretta

mente motivato e purché i motivi siano riscontrati in base a

circostanze obiettive.

La ricorrente non contesta l'esistenza di questo presupposto e sostiene he la valutazione dei gravi motivi non è avvenuta

correttamente. Secondo la società Fama questa verifica doveva

avvenire con riferimento alle ragioni espresse dal conduttore nel

preavviso di recesso.

2.3. - Per rispondere a questo interrogativo occorre conside

rare che l'atto di recesso del conduttore, anche se condizionato

da una giustificazione obiettiva, produce l'effetto di sciogliere il rapporto di locazione attraverso il meccanismo proprio degli atti unilaterali descritto dall'art. 1344 c.c.

Quest'ultima norma dispone che gli atti unilaterali produco no effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della

persona cui sono indirizzati.

Nella norma, cioè, è contenuto un principio di vincolatività

della dichiarazione, la quale non può essere più revocata dopo la conoscenza da parte del destinatario.

In questo modo la legge ha voluto stabilire uno specifico re

quisito di certezza dell'atto unilaterale, il contenuto del quale non può essere affidato alle mutevoli determinazioni del di

chiarante.

Trasportato nel campo del recesso unilaterale nel rapporto di locazione, questo significa che, una volta espressa la volontà

di recesso, il conduttore non può affidarne l'effetto ad elementi

causali non contenuti nell'atto di preavviso richiesto dal ricor

dato art. 27 1. 392/78.

Il Foro Italiano — 1996.

Pertanto, il giudice chiamato a verificare la legittimità del

recesso del conduttore, deve verificare anche che questo corri

sponda ai motivi (che debbono essere gravi) espressi nell'atto

di preavviso. 2.4. - La Corte d'appello di Firenze, alla quale era stato po

sto il problema della non serietà dei motivi indicati nell'atto

di recesso, non si è preoccupata di verificare la corrispondenza dei motivi indicati nel preavviso di recesso dell'11 novembre

1979 con quelli proposti come gravi dal conduttore convenuto

nel giudizio per il pagamento dei canoni non corrisposti. In questo modo è incorsa nel vizio di falsa applicazione del

l'art. 27 1. 392/78, riconoscendo la legittimità del recesso fon

dato sulle ragioni descritte in premessa di questa motivazione.

Pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio ed il giu dice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:

«Nella valutazione della serietà del recesso esercitato dal con

duttore ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, ultima parte, del

l'art. 27 1. 27 luglio 1978 n. 392 il giudice deve tenere conto

della corrispondenza delle ragioni del recesso a quelle enunciate

dal conduttore nell'atto di preavviso, quando questa corrispon denza sia contestata dal locatore: in caso negativo deve rigetta re l'eccezione fondata sul fatto che il mancato pagamento dei

canoni della locazione è sorretta da valido esercizio del potere di recesso».

3. - Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sen

tenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, identificato in diversa sezione della Corte d'appello di Firenze.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 gen naio 1996, n. 461; Pres. Cantillo, Est. Rovelli, P.M. Mac

carone (conci, conf.); Soc. Matura (Avv. Bucci, Spadaro) c. Soc. Popolar Leasing (Avv. Pottino, Galgano, Brusciot

ti), Fall. soc. Edilmare (Avv. Stolfa Potito). Dichiara inam

missibile ricorso avverso Trib. Pesaro, decr. 13 giugno 1992.

Fallimento — Concordato fallimentare — Convenienza della pro

posta — Decreto del tribunale — Ricorso per cassazione —

Inammissibilità (Cost., art. Ili; r.d. 16 marzo 1942 n. 267,

disciplina del fallimento, art. 26, 125).

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto del

tribunale che abbia ritenuto inammissibile il ricorso avverso

il provvedimento con cui il giudice delegato ha escluso la con

venienza della proposta di concordato fallimentare. (1)

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nella fattispecie sottosposta al suo esame (il giudice delegato aveva

escluso la convenienza della proposta di concordato fallimentare e av verso il suo decreto reiettivo era stato proposto ricorso ex art. 26 1. fall, al tribunale, che aveva confermato il provvedimento impugnato), la Corte di cassazione sembra smentire l'orientamento già manifestato in tema di ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, in relazione ai provvedimenti adottati dagli organi fallimentari in mate ria di liquidazione dell'attivo e, recentemente, anche con riferimento al rigetto ex art. 129 1. fall, della proposta di concordato fallimentare

(v. Cass. 15 febbraio 1995, n. 1631, Fallimento' 1995, 943. Per una

rassegna giurisprudenziale sul punto, G. Lo Cascio, Il fallimento. Casi e questioni, Milano, 1996, sez. 11, caso 9, nonché nota a Cass. 1°

aprile 1992, n. 3916, Foro it., 1992, I, 2709; in dottrina, su questo problema, Ferri, Sull'identificazione del provvedimento decisorio nel

fallimento, in Riv. dir. proc., 1994, 944). La considerazione che né il provvedimento reiettivo della proposta

di concordato emesso dal giudice delegato, né il decreto (confermativo del provvedimento impugnato) emesso dal tribunale fallimentare adito ex art. 26 1. fall., precludono al fallito la possibilità di ripresentare

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