sezione III civile; sentenza 5 giugno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Preden,P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Angeli (Avv. Cerruti, Ingo) c. Banca popolare di Rieti; Bancapopolare di Rieti (Avv. Vespaziani) c. Angeli. Cassa App. Roma 22 luglio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3241/3242-3249/3250Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191498 .
Accessed: 28/06/2014 08:39
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
soria, che è — per definizione — una tutela separata da quella della proprietà, per sua natura (facendo valere l'attore in pos sessorio una situazione di fatto a prescindere dalla sua confor
mità al diritto e, d'altro lato, sussistendo a carico del convenu
to il divieto di cumulo col petitorio di cui all'art. 705 c.p.c., a meno che non ricorra il caso in cui tale divieto comporti la
possibilità di «un pregiudizio irreparabile» al convenuto e la
cui mancata previsione ha determinato la pronuncia di incosti
tuzionalità in parte qua: sent. 25/92, id., 1992, I, 616, della
Corte costituzionale) è una tutela provvisoria, destinata ad esse
re travolta dal (successivo) giudizio petitorio (il giudice che ac
colga la domanda dell'attore in petitorio viene a togliere al con
venuto il possesso medesimo della cosa di cui gli ordina il rila
scio a favore del primo). 3.3. - Né vale ai fini dell'ammissibilità del proposto ricorso
dedurre che nel caso specifico il provvedimento del tribunale, che ha dichiarato inammissibile il reclamo, sarebbe da conside
rare «abnorme» poiché nella specie la dedotta abnormità altro
non è che violazione di legge (dell'art. 669 terdecies, avendo
la Corte costituzionale con sentenza n. 501 del 1995, id., Rep.
1996, voce cit., n. 56, ammesso la reclamabilità dei provvedi
menti, concessivi e negativi, della tutela possesoria), violazione
che per essere fatta valere postula, per l'appunto, un'impugna zione ammissibile.
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
in fondo non interessa sapere se si accoglie la tesi della permanenza del merito possessorio o se, viceversa, il merito possessorio non ci sia
più; certamente, se vale la tesi del merito possessorio, essendo oggetto di ricorso un provvedimento di reclamo avverso un provvedimento in
terdittale, il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. Ili non è possibile per la semplice ragione che siamo ancora in una fase interdittale; verrà, quando verrà il merito possessorio che si concluderà con sentenza, che avrà nell'evolversi del processo anche il ricorso per cassazione; se inve ce ritenessimo che il merito possessorio non c'è più allora il ricorso ex art. Ill Cost, nemmeno sarà possibile, perché esso si applica contro i provvedimenti decisori e definitivi e qui invece saremmo di fronte ad un provvedimento sommario-semplificato-esecutivo cioè ad un prov vedimento senza attitudine al giudicato. Però detto questo, con una sentenza del tutto aperturista, Rovelli indica quelli che sarebbero gli indizi normativi che il merito possessorio ci sia ancora e gli indizi nor mativi (che poi la Corte costituzionale ha ripreso qualche mese dopo) che io devo dirvi per imparzialità in questa mia esposizione che pure è stata necessariamente un po' parziale; sono questi: l'art. 705 c.p.c. definisce il possessorio giudizio specularmente all'espressione giudizio petitorio, quindi entrambi sarebbero giudizi e quelle due espressioni usate così da vicino farebbero pensare alla identica natura, ma mi pare un elemento meramente letterale, cui potremmo allora accostarne un altro, che allora vi dico io, e cioè che la norma parla di esecuzione della decisione il provvedimento interdittale del pretore, e quindi sembrereb be dargli natura decisoria, ma mi sembra che non si vada molto in là rispetto agli argomenti strettamente letterali. Un altro argomento sa rebbe traibile dall'art. 704, che per l'ipotesi di un incidente possessorio in corso di petitorio e precisamente, prevede che «la richiesta possesso ria è fatta al giudice del petitorio» ma se c'è esigenza della reintegrazio ne immediata ci si rivolge al pretore il quale deve poi rimettere il tutto al giudice del petitorio. Ora questo rimandare il tutto al giudice del
petitorio sembrerebbe implicare l'esistenza che il possessorio da solo non basti: ma rimanda al giudice del petitorio e quindi non c'è un merito possessorio ma evidentemente un merito petitorio.
Mi pare che anche i c.d. «indizi» che individua Rovelli — e che la Corte costituzionale in persona di Ruperto (poi ci sono anche i rapporti interpersonali fra le persone che si conoscono e si stimano) ha fatto
propri — questi indizi che convaliderebbero l'ipotesi del merito posses sorio mi paiono piuttosto fragili.
Da ultimo, e questa è proprio una notizia fresca, perché si tratta
di una ordinanza del 15 novembre 1996, la prima sezione civile della
Corte di cassazione, sotto la presidenza di Rocchi e con il relatore Bal
dassare, ha investito le sezioni unite, invocandone l'intervento (speria
mo) chiarificatore, del problema seguente (dopo aver fatto un po' di
cronistoria, ricordato le sentenze, la prima delle sentenze quella che
vi ho detto del presidente-estensore e messo in rilievo come questa sen
tenza sia in contrasto con molte sentenze precedenti e che comunque è opportuno risolvere alcuni problemi): se il giudizio possessorio si esau
risce con l'ordinanza conclusiva della fase interdittale ovvero si articoli
sempre (sempre come prima) nelle due fasi a cognizione sommaria e
di merito possessorio per concludersi con la sentenza impugnabile. Io mi auguro che l'aver oggi espresso le mie di opinioni non mi renda
in posizione di doverosa o opportuna astensione rispetto a questa sedu
ta delle sezioni unite nella quale non solo vorrei esserci ma possibilmen te essere anche relatore.
Giuseppe Borrè
Il Foro Italiano — 1997.
Giuseppe Borre
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 giu
gno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.
Preden, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Angeli (Avv. Cer
ruti, Ingo) c. Banca popolare di Rieti; Banca popolare di
Rieti (Avv. Vespaziani) c. Angeli. Cassa App. Roma 22 lu
glio 1993.
Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Accoglimen to — Decreto — Revoca — Ipoteca — Cancellazione — Ac
coglimento della domanda di merito — Irrilevanza (Cod. civ., art. 2818; cod. proc. civ., art. 652, 653, 655).
Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Esigibilità del credito — Sopravvenienza — Effetti (Cod. proc. civ., art.
653).
Revocato il decreto ingiuntivo per temporanea inesigilità del cre
dito al momento della sua emissione (nella specie, per difetto di previa richiesta scritta), deve essere ordinata la cancellazio
ne dell'ipoteca iscritta in base al decreto stesso, ancorché a
conclusione del giudizio di opposizione la domanda di merito
sia interamente accolta per sopravvenuta cessazione della causa
di inesigibilità. (1) Il decreto ingiuntivo emesso per un credito divenuto esigibile
solo nel corso del giudizio di opposizione deve essere revoca
to, con i conseguenti riflessi in tema di interessi e di spese,
(1-3) Le sentenze sono in contrasto con il più recente orientamento della Suprema corte, quando insegna che il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo deve accogliere la domanda rigettando l'opposizione quante volte riscontri che le condizioni dell'azione proposta in sede mo
nitoria, pur se carenti al momento del ricorso, sussistano tuttavia in
quello della decisione (Cass. 28 gennaio 1995, n. 1052, Foro it., Rep. 1995, voce Ingiunzione, n. 69; 8 aprile 1989, dal n. 1690 al n. 1704, id., Rep. 1989, voce cit., dal n. 22 al n. 36).
Incisivamente Cass. 26 aprile 1993, n. 4857, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 47 (preceduta in termini dalle sent. 17 novembre 1987, nn.
8437-8440, 8529, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 43-47) precisa che il
giudice dell'opposizione può dichiarare la nullità del decreto solo nei casi in cui, per difetto di competenza dell'organo che ha emesso l'in
giunzione o per difetto di altri presupposti processuali, cioè per indero
gabili ed ostativi ragioni pregiudiziali, manchi la possibilità di emettere una pronuncia di merito nei confronti dell'opponente e dell'opposto.
Risolvendo un contrasto giurisprudenziale tra le sezioni semplici a
proposito degli effetti del pagamento intervenuto dopo l'emissione del decreto ingiuntivo, sez. un. 7 luglio 1993, n. 7448, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 45, nella motivazione (Giust. civ., 1993, I, 2041), ritengono te stualmente: «poiché le condizioni dell'azione vanno accertate con riferi mento alla situazione di fatto esistente al tempo della pronuncia e non a quello della domanda, il giudice dell'opposizione deve ritenere fonda ta la pretesa del creditore se i fatti costitutivi di essa, ancorché non esistenti al momento dell'emissione del decreto, sussistano invece al mo mento della decisione sull'opposizione, confinando il problema della
validità, regolarità e sufficienza del decreto ingiuntivo sul piano delle
spese processuali». A proposito della seconda delle sentenze riportate, va sottolineata
la differenza tra la massima formulata dall'Ufficio massimario (e ripro dotta in Foro it., Mass., 232) e quella qui proposta, contenendo la
prima un riferimento al passaggio in giudicato della sentenza che dispo ne la cancellazione dell'ipoteca come momento rilevante dell'ordine, che non trova alcuna corrispondenza nella motivazione, riprodotta in toto, ma, se mai, in una delle sentenze citate nella stessa come precedente: Cass. 15 maggio 1990, n. 4163, id., Rep. 1990, voce cit., n. 62.
Il problema della necessità o meno del passaggio in giudicato della sentenza che ordina la cancellazione dell'ipoteca giudiziale è stato af frontato funditus, ma non a proposito di iscrizione sulla base di un decreto ingiuntivo, bensì di una sentenza di condanna, da Balena, id., 1996, I, 2139, a commento di Cass. 26 gennaio 1996, n. 584.
Conforme alla seconda massima della 5007/97 (formulata dalla reda zione di questa rivista e non dall'Ufficio massimario), che puntualmen te la richiama, Cass. 2 maggio 1987, n. 4125, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 51. Sulla prima massima della sentenza 5007/97, nel senso che la previ
sione del 2° comma dell'art. 653 riguardi non solo gli atti esecutivi in senso stretto, ma anche l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, si vedano
i precedenti richiamati in motivazione: Cass. 17 ottobre 1991, n. 10945,
id., Rep. 1991, voce cit., n. 59; 17 ottobre 1989, nn. 4169, 4170, id.,
Rep. 1989, voce cit., nn. 53, 54. Sulla manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalità del
l'art. 655 c.p.c., Corte cost., ord. 19 gennaio 1988, n. 37, id., 1988,
I, 3668.
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3243 PARTE PRIMA 3244
ma il debitore ingiunto deve essere contestualmente condan
nato al pagamento. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 marzo
1997, n. 2552; Pres. Corda, Est. Olla, P.M. Ceniccola
(conci, conf.); Cimatti (Avv. Cavasola, Maggiori) c. Segni
(Avv. Fabbri, Paoli). Conferma App. Bologna 4 novembre
1993.
Ingiunzione (procedimento per) — Decreto — Inesigibilità del
credito — Revoca — Sopravvenuta esigibilità — Effetti sul
l'ipoteca giudiziale (Cod. proc. civ., art. 653, 655).
Il giudice dell'opposizione che revochi il decreto ingiuntivo per
difetto del requisito di esigibilità del credito con esso fatto valere (nella specie, per insussistenza dei presupposti per la
declaratoria di decadenza del debitore ingiunto dal beneficio del termine) ed accolga la domanda proposta dal creditore
nel corso del giudizio per effetto del sopravvenire del titolo
della relativa azione, deve ordinare anche d'ufficio la cancel
lazione dell'ipoteca giudiziale iscritta in forza del decreto re
vocato. (3)
I
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Rieti, con sen
tenza del 29 dicembre 1990, accogliendo l'opposizione proposta da Luciana Angeli avverso il decreto ingiuntivo avente ad og
getto il pagamento, in forza di fideiussione, della somma di
lire 40.000.000, oltre interessi convenzionali, a favore della Banca
popolare di Rieti, revocava il decreto, in quanto richiesto in
difetto della previa istanza scritta di pagamento prevista nel con
tratto; ordinava la cancellazione dell'ipoteca iscritta in base al
decreto ingiuntivo revocato; accoglieva, decidendo nel merito, la domanda della banca e condannava la Angeli al pagamento della suindicata somma, con gli interessi legali dalla data di no
tifica del decreto.
Pronunciando sull'appello della Angeli e su quello incidenta
le della banca, la Corte d'appello di Roma, con sentenza del
22 luglio 1993, rigettava il primo ed accoglieva parzialmente il secondo.
Ricorre per cassazione la Angeli, sulla base di quattro motivi, ai quali resiste, con controricorso, la banca, che propone a sua
volta ricorso incidentale affidato a tre motivi, condizionato quan to al primo.
Motivi della decisione. — 1. - I due ricorsi, proposti avverso
la medesima sentenza, vanno riuniti (art. 335 c.p.c.). Ricorso n. 11096/94. 2.1. - Con il primo motivo, denuncian
do violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2697, 1944 e 1939 c.c.) e difetto di motivazione, la ricorrente princi pale addebita alla corte d'appello di aver erroneamente posto a suo carico l'onere probatorio della persistenza del debito ga rantito con la fideiussione.
Afferma che incombeva alla banca dimostrare che il debito
principale non era stato ancora soddisfatto.
2.2. - Il motivo non è fondato. Correttamente, la corte d'ap pello ha ritenuto che, avendo il fideiussore, escusso per il paga mento, eccepito l'avvenuta estinzione del debito principale, in
combeva su di esso l'onere della prova del fatto estintivo, ai
sensi dell'art. 2697 c.c.
3.1. - Con il secondo motivo, denunciando volazione di nor
me di diritto (art. 1224, 1284 c.c.) e difetto di motivazione, la ricórrente principale si duole della condanna al pagamento
degli interessi convenzionali, svolgendo due censure:
a) con la prima, afferma che la corte ha omesso di pronun ciare sull'eccepita negazione della mora, in forza di offerta del la somma banco iudicis ingiustificatamente rifiutata dalla ban
ca, perché non comprensiva degli interessi convenzionali;
b) con la seconda, sostiene che, ai sensi del contratto di fi
deiussione, non erano dovuti interessi convenzionali, e che al
riguardo la corte d'appello ha del tutto omesso di motivare il
suo contrario avviso.
3.2. - Il secondo profilo di censura, il cui esame è in ordine
logico preliminare, è fondato.
Il Foro Italiano — 1997.
La corte d'appello ha riconosciuto l'obbligo per il fideiussore
di corrispondere alla banca interessi convenzionali, senza forni
re alcuna motivazione a sostegno dell'adottata statuizione.
L'impugnata sentenza va quindi cassata sul punto. Resta assorbito il primo profilo di censura, che postula il pre
vio accertamento della sussistenza o meno dell'obbligo di corri
spondere interessi in misura superiore a quella legale. 4.1. - Con il terzo motivo, deducendosi violazione e falsa
applicazione dell'art. 2818 i.e. e difetto di motivazione, l'impu
gnata sentenza viene censurata nella parte in cui ha riformato
la statuizione del tribunale relativa alla cancellazione dell'ipote ca iscritta in forza del decreto ingiuntivo poi revocato.
Si afferma che la corte d'appello, facendo riferimento ad una
sentenza della Suprema corte, secondo la quale, nel caso di ac
coglimento parziale dell'opposizione a decreto ingiuntivo, l'ipo teca iscritta conserva efficacia nei limiti della minor somma ri
conosciuta in sentenza (sent. 4170/89, Foro it., Rep. 1989, voce
Ingiunzione, n. 53), ha erroneamente esteso il principio della
conservazione dell'ipoteca alla diversa ipotesi in cui il giudice
dell'opposizione l'abbia totalmente accolta, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo, ma abbia poi accolto nel meri
to della domanda.
4.2. - Il motivo è fondato. Dispone l'art. 653, 2° comma,
c.p.c. che, se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo ese
cutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di
esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro
effetti nei limiti della somma ridotta. E questa Suprema corte
ha avuto modo di affermare che nel concetto di atti di esecuzio
ne rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell'esecutività del decreto, e, dunque, anche l'ipoteca iscritta sulla base dell'esecutività del decreto stes
so, attesa la ratio della disposizione citata, tesa a mantenere
integra, nei limiti del credito ridotto, la posizione e la protezio ne del creditore (sent. 10945/91, id., Rep. 1991, voce cit., n.
59; n. 4170/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 54). Alla stregua della suindicata disposizione, quindi, per effetto
dell'accoglimento parziale dell'opposizione il decreto ingiuntivo viene automaticamente caducato e ad esso si sostituisce, quale titolo esecutivo, la sentenza: vengono tuttavia espressamente pre servati dalla caducazione gli atti esecutivi (ai quali la giurispru denza, come già rilevato, ha ritenuto di equiparare anche l'i
scrizione di ipoteca compiuta in forza di decreto provvisoria mente esecutivo) già compiuti in base al decreto, nei limiti del
minore importo del credito riconosciuto con la sentenza.
Ed analoga conservazione ex lege di effetti è sancita dall'art. 652 c.p.c., con riferimento all'ipotesi in cui nel giudizio di op posizione sia intervenuta conciliazione, con quantificazione del
credito in misura inferiore a quella portata dal decreto. Da quanto esposto discende che la conservazione degli effetti
del decreto ingiuntivo è sancita con espresse previsioni normati
ve, in riferimento a due specifiche ipotesi, entrambe caratteriz zate dall'accertamento, nel giudizio di opposizione, ad opera del giudice o in forza di conciliazione, della minor consistenza della pretesa creditoria azionata in via monitoria. Nelle suindi cate ipotesi il legislatore, considerando che il previsto subentro al decreto ingiuntivo di un diverso titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di parziale accoglimento dell'opposizione (art. 653, 2° comma, c.p.c.) o dal verbale di conciliazione (art. 652 c.p.c.), avrebbe privato di titolo giustificativo gli atti esecutivi compiuti in base al decreto ingiuntivo, di tali atti ha espressamente fatti salvi gli effetti, nei limiti della minor consistenza del credito.
Nella diversa ipotesi, non espressamente disciplinata dall'art. 653 c.p.c., dell'accoglimento totale dell'opposizione, si ritiene,
per comune opinione, che il decreto debba essere revocato, ove
l'opposizione sia accolta per motivi di merito, o dichiarato nul
lo, nel caso in cui l'accoglimento sia dovuto alla carenza di
presupposti processuali. In entrambi i casi la caducazione del decreto è integrale e comporta la conseguenziale inefficacia di tutti gli atti esecutivi compiuti in base ad esso (ivi compresa l'iscrizione di ipoteca).
Ha peraltro ritenuto la corte d'appello che, nell'ipotesi, ricor rente nel caso in esame, in cui l'opposizione a decreto ingiunti vo venga totalmente accolta per l'inesigibilità del credito al mo mento della sua emissione, con conseguente declaratoria di nul lità e revoca del decreto, ma la domanda sia interamente accolta nel merito, per sopravvenuta cessazione della causa di inesigibi lità, con la sentenza che definisce il giudizio, dovrebbe farsi
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
a fortiori applicazione dell'art. 653, 2° comma, c.p.c., dichia
rando la persistente efficacia degli atti esecutivi (ivi comprese
le iscrizioni ipotecarie) compiuti in forza del decreto caducato,
poiché il credito azionato in sede monitoria non viene ricono
sciuto solo parzialmente, bensì per intero.
L'argomento è suggestivo, ma non merita adesione. La con
servazione degli effetti di un atto dichiarato nullo o revocato
può invero conseguire solo da espressa previsione normativa,
e l'art. 653, 2° comma, c.p.c. ha esclusivamente riguardo all'i
potesi di accoglimento parziale dell'opposizione.
Nell'ipotesi di revoca del decreto in ragione della temporanea
inesigibilità del credito azionato in sede monitoria, l'accoglimento
dell'opposizione in tal senso formulata è totale, e comporta la
radicale caducazione del decreto, e la conseguente inefficacia
di tutti gli atti esecutivi (ivi compresa l'iscrizione ipotecaria) in base ad esso compiuti, restando esclusa la possibilità di conser
varne gli effetti, avuto riguardo alla contestuale sentenza di ac
coglimento della domanda del creditore, in ragione della so
pravvenuta esigibilità del credito, poiché la conservazione degli
effetti degli atti esecutivi, nei limiti della somma ridotta, è pre
vista dall'art. 653, 2° comma, c.p.c. nel solo caso in cui l'oppo
sizione è accolta solo in parte. Né la diversità di disciplina può essere fondatamente sospet
tata di illegittimità costituzionale, per violazione degli art. 3 e
24 Cost., stante la non omogeneità delle situazioni poste a raf
fronto.
L'impugnata sentenza, che ha affermato la conservazione de
gli effetti, va pertanto cassata.
5.1. - Con il quarto motivo è censurato, per violazione del
l'art. 96 c.p.c. e difetto di motivazione, il rigetto della doman
da di risarcimento per responsabilità aggravata per l'avvenuta
iscrizione di ipoteca in forza del decreto successivamente revocato.
Afferma la ricorrente che erroneamente la corte d'appello ha
negato la responsabilità, sul rilievo che il perdurare dell'iscrizio
ne era dovuto al mancato pagamento della somma dovuta dal
fideiussore, mentre avrebbe dovuto affermarla, una volta accer
tata l'inesistenza del diritto rappresentato dal titolo giustificati
vo dell'iscrizione.
5.2. - Il motivo non è fondato. La statuizione di rigetto va
tenuta ferma, previa correzione della motivazione, nel senso che,
nel caso in esame, il diritto di credito azionato mediante la ri
chiesta di decreto ingiuntivo non è stato dichiarato inesistente,
come previsto dall'art. 96, 2° comma, c.p.c., ma soltanto tem
poraneamente inesigibile per difetto di previa richiesta scritta.
Ricorso n. 11975/94. 6. - Il primo motivo del ricorso inciden
tale (concernente l'improponibilità della domanda ex art. 96
c.p.c.) è condizionato all'accoglimento del quarto motivo del
ricorso principale, e pertanto il rigetto di tale censura (v. sub
n. 5.2) ne comporta l'assorbimento.
7.1. - Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione degli art. 112, 277 e 653 c.p.c., la Banca popolare
di Rieti censura l'impugnata sentenza nella parte in cui, confer
mando la statuizione di primo grado, ha disposto la revoca del
decreto ingiuntivo. Afferma che i giudici del merito, accertata la sopravvenuta
esigibilità del credito, avrebbero dovuto rigettare l'opposizione
senza revocare il decreto.
7.2. - Il motivo non è fondato.
Questa Suprema corte ha avuto modo di statuire che il decre
to ingiuntivo emesso per un credito divenuto esigibile solo nel
corso del giudizio di opposizione deve essere revocato, con i
conseguenti riflessi in tema di interessi e di spese, salva la con
testuale condanna del debitore ingiunto al pagamento del credi
to (sent. 4125/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 51).
Ed al suindicato principio, dal quale non v'è ragione di di
scostarsi, si sono attenuti i giudici del merito.
8.1. - Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia
omessa pronuncia sul motivo di appello concernente la compen
sazione parziale delle spese del giudizio di opposizione davanti
al tribunale.
8.2. - Il motivo è infondato.
La corte d'appello ha invero in primo luogo esaminato la
censura formulata dall'appellante principale Angeli alla statui
zione sulle spese del giudizio di opposizione, ritenendo corretta
la compensazione della metà delle spese, e la condanna della
Il Foro Italiano — 1997.
Angeli al pagamento della residua metà, ed ha successivamente
richiamato tale valutazione per disattendere la contrapposta cen
sura dell'appellante incidentale Banca popolare di Rieti.
Non sussiste quindi omessa pronuncia. Né la valutazione in
merito all'avvenuta parziale compensazione è sottoposta a spe cifica censura.
9. - In conclusione, vanno accolti il secondo e terzo motivo
del ricorso principale, e rigettati il primo ed il quarto; il primo motivo del ricorso incidentale va dichiarato assorbito, mentre
vengono rigettati gli altri.
L'impugnata sentenza va cassata in relazione alle censure ac
colte e la causa rinviata per nuovo esame ad altro giudice, che
si designa in altra sezione della Corte d'appello di Roma, e che
provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Il giudice di rinvio, in relazione alla questione oggetto del
quarto motivo, si atterrà al seguente principo di diritto:
«Nell'ipotesi in cui l'opposizione a decreto ingiuntivo venga totalmente accolta per 1 'inesigibilità del credito al momento del
la sua emissione, con conseguente declaratoria di nullità e revo
ca del decreto, questo perde ogni efficacia, con conseguente in
validità di tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti, ivi com
presa l'iscrizione di ipoteca, della quale deve pertanto essere
ordinata la cancellazione, restando esclusa la possibilità di con
servarne gli effetti, anche se la domanda sia egualmente accolta
nel merito, per sopravvenuta cessazione della causa di inesigibi
lità, con la sentenza che definisce il giudizio, poiché la conser
vazione degli effetti degli atti esecutivi, nei limiti della somma
ridotta, è prevista dall'art. 653, 2° comma, c.p.c. nel solo caso
in cui l'opposizione è accolta solo in parte».
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso ai sensi dell'art.
638 c.p.c., depositato il 3 marzo 1988 Elsa Cimatti rappresentò al presidente del Tribunale di Forlì: che alcuni mesi prima ave
va «scontato» a Luigi Segni 22 vaglia cambiari per un importo
complessivo di lire 350.000.000, dei quali 13 — per un importo
complessivo di lire 180.000.000 — emessi dallo scontatario a
suo favore, e 9 per un importo complessivo di lire 170.000.000 — emessi dalla s.r.l. La Romagnola a favore del Segni e da
questi giratile; che aveva regolarmente consegnato al Segni l'im
porto pattuito dello sconto; che i vaglia cambiari in questione
non erano ancora scaduti; ma che essa scontante aveva il timo
re di perdere le garanzie del proprio credito atteso che negli
ultimi tempi la società La Romagnola aveva subito numerosissi
mi protesti cambiari, il che denotava un suo stato di insolvenza
che si ripercuoteva negativamente sull'equilibrio patrimoniale
del Segni; che in tal modo si era verificata una situazione che — giusta il disposto dell'art. 1186 c.c. — la legittimava ad esi
gere immediatamente l'adempimento delle obbligazioni del Se
gni così come consacrate nei richiamati titoli di credito.
Ciò esposto, con lo stesso ricorso chiese al giudice adito di
ingiungere al Segni di pagare in suo favore la somma di lire
350.000.000, oltre agli interessi legali ed alle spese. Il presidente del Tribunale di Forlì accolse la domanda con
decreto 7 marzo 1988, dichiarato provvisoriamente esecutivo.
Con atto 10 marzo 1988 la Cimatti iscrisse ipoteca giudiziaria su immobili di proprietà del Segni sino alla concorrenza di lire
700.000.000. Il provvedimento monitorio fu poi notificato al debitore in
giunto il 9 aprile 1988.
Con atto di citazione notificato alla Cimatti il 28 aprile 1988,
il Segni: a) propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo, del qua
le eccepì sia l'invalidità stante la carenza del requisito dell'esigi
bilità del credito per cui era stato pronunciato atteso che le ob
bligazioni portate nei titoli non erano ancora scadute; e sia la
parziale infondatezza, data l'assenza di un qualsiasi rapporto
sottostante ai 13 vaglia cambiari a propria firma o, comunque,
di un proprio debito, anche perché mai la Cimatti gli aveva
consegnato l'importo dello sconto;
b) deducendo che, invece, era creditore nei confronti della
Cimatti della somma di lire 40.000.000, oppose in compensazio
ne detto credito all'eventuale credito nei propri confronti del
l'opposta nascente dall'inadempimento delle obbligazioni cam
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3247 PARTE PRIMA 3248
biarie de La Romagnola, ammontanti come s'è detto, a lire
170.000.000 oltre accessori;
c) chiese, in via riconvenzionale, la condanna della Cimatti
al pagamento della somma di lire 500.000.000 a titolo di risarci
mento dei danni ex art. 96, 2° comma, c.p.c., avendo procedu to all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, senza la normale prudenza.
La Cimatti, costituitasi in giudizio, contestò la fondatezza del
l'opposizione.
Successivamente, con comparsa depositata il 22 settembre 1989:
a) chiese che il Segni fosse condannato anche al risarcimento
del maggior danno di cui all'art. 1224 c.c.;
b) assunse che avendo essa posto a fondamento della propria
pretesa la promessa di pagamento e la ricognizione del debito
consacrate nei vaglia cambiari, tanto l'esentava dall'onere di
provare il rapporto sottostante, e faceva ricadere sul Segni l'o
nere di dimostrare l'insussistenza dello stesso rapporto;
c) contestò sia la sussistenza del credito di lire 40.000.000
eccepito in compensazione dall'opponente; e sia, comunque, l'am
missibilità di siffatta eccezione per non essere il credito di facile
e pronta liquidazione. La causa fu istruita mediante produzioni documentali ed in
terrogatorio non formale delle parti. Con sentenza non definitiva depositata il 5 dicembre 1991,
il Tribunale di Forlì: a) dichiarò che nella specie la Cimatti aveva rinunciato alla
situazione di vantaggio riconosciutale dall'art. 1988 c.c., dato
che aveva fatto riferimento al rapporto sottostante, il che com
portava appunto che essa aveva l'onere di dimostrare l'esistenza
di questo rapporto; affermò che l'opposta non aveva assolto
quest'onere stante anche l'equivocità delle circostanze acquisite in causa; pertanto, rigettò la domanda relativa al credito di lire
180.000.000 di cui ai 9 vaglia cambiari emessi dal Segni a favo
re di essa Cimatti;
b) revocò, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto;
c) condannò il Segni a pagare, in favore della Cimatti, la
somma di lire 170.000.000 di cui ai 13 effetti cambiari emessi
a suo favore dalla società La Romagnola e da lui girati all'op
posta, oltre agli interessi al tasso legale e, eventualmente, alla
svalutazione monetaria se superiore al detto tasso;
d) dichiarò, pronunciando ai sensi dell'art. 653 c.p.c., che
gli effetti della iscrizione ipotecaria rimanevano fermi fino alla
concorrenza di lire 200.000.000.
e) compensò per la metà le spese del procedimento monitorio
e del giudizio di opposizione, e condannò il Segni a rimborsare
alla Cimatti la residua metà;
d) dispose la prosecuzione della causa in ordine alla domanda
riconvenzionale di danni ed all'eccezione di compensazione for
mulate dal Segni. Avverso la sentenza proposero appello alla Corte d'appello
di Bologna, in via principale, la Cimatti e, in via incidentale, il Segni.
L'appellante principale censurò la pronuncia di primo grado nelle parti in cui aveva affermato che nella specie v'era stata
una sua rinuncia ad avvalersi della situazione di vantaggio attri
buitale dal'art. 1988 c.c., e comunque, aveva escluso la sussi stenza del credito di cui ai 9 titoli cambiari emessi dal Segni.
L'appellante incidentale instò per la declaratoria della «cadu
cazione ad ogni effetto del decreto ingiuntivo» e l'annullamento della statuizione sulle spese.
La corte di Bologna ha deciso con sentenza depositata il 4
novembre 1993 ed ha accolto sia l'appello principale che, per
quanto di ragione, quello incidentale.
I) Con riferimento all'appello principale, ha affermato, in via di principio, che la statuizione del tribunale era corretta nella
parte in cui aveva affermato che con riguardo alla promessa di pagamento (ivi compresa quella contenuta in un titolo cam
biario che venga utilizzato come prova documentale del credito) la posizione di vantaggio accordata al promissario dall'art. 1988
c.c. con la dispensa dall'onere di dimostrare il rapporto sotto stante (da presumersi iuris tantum) può essere oggetto di rinun cia anche implicita con conseguente applicazione dei normali
principi sulla prova; ma che era invece erronea nella parte in
cui aveva affermato che a realizzare una siffatta rinuncia fosse
sufficiente il semplice riferimento, da parte del promissario fa
cesse al rapporto sottostante, occorrendo invece, che il promis sario, oltre ad indicare il rapporto sottostante, abbia anche of
ferto di darne la prova.
li Foro Italiano — 1997.
Valutando, poi, alla luce di questo principio la posizione pro cessuale della Cimatti ha escluso che la stessa si fosse mai offer
ta di dare la prova del rapporto sottostante al rilascio dei vaglia cambiari da parte del Segni, dato che, anzi, aveva sempre invo
cato l'applicazione dell'art. 1988 c.c.
Ne ha tratto che, pertanto, il Segni aveva l'onere di dimostra
re l'insussistenza del rapporto e, quindi, la propria tesi di
fensiva.
Procedendo, infine, all'apprezzamento delle risultanze pro cessuali ha escluso che detto promittente avesse fornito la prova a suo carico.
Pertanto, ha affermato la sussistenza anche del credito di lire
180.000.000 vantato dalla Cimatti.
II) Con riferimento, invece, all'appello incidentale ha osser
vato che nel suo appello la Cimatti non aveva proposto alcuna
censura avverso i capi della sentenza di primo grado nei quali il tribunale aveva affermato che all'atto della pronuncia del de
creto ingiuntivo nessuno dei suoi crediti era ancora esigibile, dato che scadevano successivamente al 30 marzo 1988, e, conse
guentemente l'aveva condannata al risarcimento dei danni deri
vanti dalla iscrizione ipotecaria; che, pertanto, si era verificato
il giudicato interno sul punto secondo cui all'atto del provvedi mento monitorio non sussistevano i presupposti per la configu rabilità della decadenza del termine di cui all'art. 1186 c.c.; e
che, in definitiva, tanto comportava come «necessaria conse
guenza che alla data di emissione del decreto ingiuntivo (7 mar
zo 1988) il credito fatto valere dalla Cimatti . . . non era esigi bile neppure in parte e che detto provvedimento fu emesso ille
gittimamente. Ne ha tratto la- totale illegittimità del decreto ingiuntivo op
posto e, di conseguenza: innanzitutto, la revoca del provvedi mento monitorio nonostante la sopravvenienza dell'esigibilità del credito nel corso del giudizio di opposizione; inoltre, l'inte
grale cancellazione dell'ipoteca, non potendo trovare applica zione il disposto dell'art. 653 c.c.
Ili) Sempre con riferimento all'appello incidentale, infine, ha
affermato che del tutto erroneamente il tribunale aveva pronun ciato sulle spese, stante la natura non definitiva della sentenza
emessa.
In sintesi, dunque, la corte di Bologna, in parziale riforma
della sentenza di primo grado:
a) ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo opposto;
ti) ha ordinato la cancellazione dell'ipoteca iscritta il 10 mar
zo 1988;
c) ha condannato Luigi Segni a pagare alla Cimatti la somma
complessiva di lire 350.000.000, oltre all'importo per svaluta
zione monetaria secondo i criteri dettati dalla sentenza del tri
bunale;
d) ha revocato la statuizione concernente il regolamento delle
spese del giudizio di primo grado dettato dalla medesima
sentenza.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso sia la Cimatti, con atto notificato il 9 dicembre 1994, sulla base di due motivi di annullamento; e sia il Segni, con atto notificato lo stesso 9 dicembre 1994, sulla base di tre motivi di annullamento. Il
Segni ha altresì resistito con distinto controricorso al ricorso
della Cimatti. Nell'udienza odierna, il difensore della Cimatti che nel corso della discussione aveva eccepito l'inammissibilità
del ricorso del Segni, dopo le conclusioni del pubblico ministe
ro ha depositato osservazioni scritte.
Motivi della decisione. — 1. - A norma dell'art 335 c.p.c. si deve disporre la riunione dei ricorsi per la cassazione della
sentenza della Corte d'appello di Bologna del 4 novembre 1993
proposti, in via principale, da Elsa Cimatti e, in via formalmen
te incidentale, da Luigi Segni. 2. - Il primo motivo del ricorso principale, investe la sentenza
d'appello nel capo in cui ha affermato che il decreto ingiuntivo 7 marzo 1988 era nullo in quanto pronunciato in carenza del
requisito dell'esigibilità del credito e dell'insussistenza dei pre supposti per la declaratoria di decadenza del debitore ingiunto dal beneficio del termine.
Col mezzo, la Cimatti denuncia che detta statuizione è nulla
per omessa applicazione dell'art. 1186 c.c. e per violazione del
successivo art. 2697 stesso codice, in relazione all'art. 360, n.
3, del codice di rito, nonché per violazione dell'art. 360, n. 5,
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
c.p.c. [stante la sua] insufficiente e contraddittoria motivazione.
Ciò, osserva la ricorrente, innanzitutto perché in una situa
zione giuridica quale quella di specie (lo sconto di effetti cam
biari) il sopravvenire dello stato di insolvenza dello scontatario
o del debitore ceduto, legittima lo scontante ad esigere imme
diatamente la restituzione delle somme anticipate con la connes
sa decadenza dello scontatario dal beneficio del termine, e fa
ricadere sullo scontatario che si opponga alla pretesa dello scon
tante l'onere di dimostrare l'insussistenza dello stato di insol
venza proprio e del debitore ceduto; con la conseguenza che
la corretta applicazione sui principi in tema di ripartizione com
portava che il Segni avrebbe dovuto dimostrare la persistenza dello stato di solvibilità proprio e dalla società La Romagnola, ed escludeva che — come aveva ritenuto, errando, il giudice del merito — essa ricorrente avesse l'onere di dimostrare lo sta
to di insolvenza della debitrice ceduta e dello scontatario. Inol
tre, perché, nell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo il Se
gni non aveva negato lo stato di insolvenza della debitrice cedu
ta. Infine, perché, comunque, la situazione di fatto legittimante la pronuncia di decadenza dal beneficio del termine risultava
da tutte le acquisizioni processuali. Sennonché la corte del merito non ha fondato la statuizione
in ordine all'insussistenza dei presupposti per la declaratoria della
decadenza del Segni dal beneficio del termine su un proprio autonomo apprezzamento delle risultanze processuali compuito sulla base del rilievo che la Cimatti non aveva assolto l'onere
di dimostrre il sopraggiunto stato di insolvenza del debitore in
giunto. L'ha fondata, invece, sull'affermazione che nel proprio
appello avverso la sentenza del tribunale, la Cimatti non aveva
censurato in alcun modo la statuizione con la quale il primo
giudice aveva dichiarato «l'illegittimità della decadenza del Se
gni dal beneficio del termine», il che comportava che questa
pronuncia doveva «ritenersi coperta dal giudicato interno», ed
era così divenuta intangibile, con la connessa preclusione al rie
same del punto e l'ulteriore corollario della nulità del decreto
ingiuntivo opposto.
Ora, come appare immediatamente palese, il motivo che ne
occupa non censura la ratio sulla quale effettivamente si fonda
la statuizione della sentenza d'appello con esso impugnata, e
censura, invece, le ragioni poste a base della decisione sulla que stione della sentenza di primo grado.
Ne consegue, per ciò solo, l'inammissibilità del motivo.
3. - Il secondo motivo dello stesso ricorso principale, denun
cia che l'ordine di cancellazione integrale dell'ipoteca iscritta
sugli immobili del Segni il 10 marzo 1988 pronunciato dalla
corte di Bologna è «nullo per omessa applicazione dell'art. 653,
1° comma, c.p.c. e/o erronea applicazione del successivo com
ma dello stesso art. 653».
Infatti, sostiene la ricorrente, il giudice d'appello: ha violato
il 1° comma dell'art. 653, perché il relativo precetto trova ap
plicazione tutte le volte che la pretesa posta a base dell'opposi zione sia stata rigettata per ragioni di merito, e ciò si è verifica
to nella specie, nel quale, appunto, l'opposizione del Segni è
stata respinta «in linea di merito», posto che nella sentenza è
stato affermato che costui è debitore dell'intera somma il cui
pagamento gli era stato ingiunto nel decreto monitorio del 7
marzo 1988; ha disapplicato, comunque, il 2° comma della me
desima disposizione, perché anche nell'ipotesi di accoglimento
dell'opposizione per motivi formali connessi alla sola nullità del
decreto con la contestuale condanna all'intero ammontare del
credito il cui pagamento era stato ingiunto col provvedimento
opposto, si configura quell'accoglimento «solo in parte» del
l'opposizione al quale essa disposizione riconnette la conserva
zione degli effetti degli atti esecutivi compiuti in base al decreto.
La questione proposta col motivo è stata altre volte affronta
ta da questa Suprema corte che l'ha risolta affermando il prin
cipio che nel caso di totale invalidità e revoca del decreto in
giuntivo per difetto del requisito dell'esigibilità del credito con
esso fatto valere, e di accoglimento della domanda proposta
dal creditore nel corso del giudizio di opposizione, per effetto
del sopravvenire del titolo della relativa azione, il giudice del
l'opposizione deve ordinare, anche d'ufficio, la cancellazione
dell'ipoteca giudiziale iscritta in forza del decreto a norma del
l'art. 655 c.p.c. (cfr. Cass. 15 maggio 1990, n. 4163, Foro it.,
Rep. 1990, voce Ingiunzione, n. 62; 17 ottobre 1989, n. 4169,
li Foro Italiano — 1997.
id., Rep. 1969, voce cit., n. 53; 22 giugno 1978, n. 3078, id., Rep. 1978, voce Ipoteca, n. 16).
Il principio deve essere ribadito non ravvisandosi ragioni per
discostarsene, anche perché la ricorrente non ha prospettato nuovi
argomenti in contrario rispetto a quelli già esaminati, e disatte
si, nei precedenti arresti.
Lo stesso, poi, trova puntuale applicazione nel caso di specie una volta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la corte di Bologna, lungi dal rigettare l'opposizione, l'ha ac
colta dichiarando la totale nullità del decreto ingiuntivo del 7
marzo 1988 e revocandolo per intero, ed ha condannato il Segni al pagamento della somma di lire 350.000.000, oltre gli accesso
ri, solo in forza della relativa domanda proposta dalla Cimatti
nel giudizio di opposizione. Pertanto, il giudice d'appello non è incorso nei vizi denuncia
ti nel motivo una volta che ha pronunciato uniformandosi al
predetto principio e ne ha fatto corretta applicazione. Anche questo motivo, perciò, deve essere respìnto. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso principale. 5. - Il ricorso del Segni è stato notificato all'intimata Elsa
Cimatti a mezzo del servizio postale, con plico raccomandato
inviato personalmente ad essa intimata il 7 dicembre 1994 (os
sia, prima della notifica del ricorso del Cimatti effettuata in
data 9 dicembre 1994) presso il suo domicilio in Trezzano sul
Naviglio. La notifica del ricorso in questione, dunque, è stata effettua
ta personalmente alla parte, ai sensi dell'art. 137 c.p.c.
Sennonché, dagli atti processuali ed in particolare dall'atto
di citazione in secondo grado (che questa corte può apprezzare direttamente dovendo pronunciare sull'inammissibilità del ricorso
Segni) risulta che nel giudizio d'appello la Cimatti era rappre sentata da due procuratori: dall'avv. Puglisi presso il cui studio
in Bologna aveva eletto domicilio, e dall'avv. Franco Maggiori del foro di Forlì.
Di conseguenza — nonostante l'avvenuto decesso dell'avv.
Puglisi — la notifica del ricorso per cassazione alla Cimatti (ri
chiesta, come s'è detto, prima della notifica del ricorso di que st'ultima e della sua elezione di domicilio per il giudizio di legit
timità) avrebbe dovuto essere effettuata, ai sensi dell'art. 330
c.p.c., presso il procuratore avv. Maggiore, e non personalmen te all'intimata.
Infatti, è principio che allorquando la parte sia costituita in
giudizio a mezzo di due procuratori con eguali poteri di rappre
sentanza, ciascuno di essi è legittimato a ricevere gli atti della
controparte. Ne discende che la notifica di un'impugnazione pres so uno qualsiasi di essi è valida ancorché questi non sia il domi
ciliatario (cfr., da ultimo, Cass. 18 febbraio 1991, n. 1686, id.,
Rep. 1991, voce Impugnazioni civili, n. 47); e che, nel caso
di decesso del domiciliatario, la notifica deve essere effettuata
presso l'altro procuratore, atteso che col decesso del primo è
venuta meno l'elezione del domicilio, ma non anche la rappre sentanza di quelo rimasto in vita.
La notifica del ricorso del Segni effettuata personalmente al
l'intimata, quindi, è radicalmente nulla, il che determina l'i
nammissibilità dell'impugnazione (v. Cass. 6 aprile 1966, n. 927,
id., Rep. 1966, voce cit., n. 70).
This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions