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sezione III civile; sentenza 5 giugno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Preden,...

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sezione III civile; sentenza 5 giugno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Preden, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Angeli (Avv. Cerruti, Ingo) c. Banca popolare di Rieti; Banca popolare di Rieti (Avv. Vespaziani) c. Angeli. Cassa App. Roma 22 luglio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3241/3242-3249/3250 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191498 . Accessed: 28/06/2014 08:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.210 on Sat, 28 Jun 2014 08:39:16 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 5 giugno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Preden,P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Angeli (Avv. Cerruti, Ingo) c. Banca popolare di Rieti; Bancapopolare di Rieti (Avv. Vespaziani) c. Angeli. Cassa App. Roma 22 luglio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3241/3242-3249/3250Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191498 .

Accessed: 28/06/2014 08:39

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

soria, che è — per definizione — una tutela separata da quella della proprietà, per sua natura (facendo valere l'attore in pos sessorio una situazione di fatto a prescindere dalla sua confor

mità al diritto e, d'altro lato, sussistendo a carico del convenu

to il divieto di cumulo col petitorio di cui all'art. 705 c.p.c., a meno che non ricorra il caso in cui tale divieto comporti la

possibilità di «un pregiudizio irreparabile» al convenuto e la

cui mancata previsione ha determinato la pronuncia di incosti

tuzionalità in parte qua: sent. 25/92, id., 1992, I, 616, della

Corte costituzionale) è una tutela provvisoria, destinata ad esse

re travolta dal (successivo) giudizio petitorio (il giudice che ac

colga la domanda dell'attore in petitorio viene a togliere al con

venuto il possesso medesimo della cosa di cui gli ordina il rila

scio a favore del primo). 3.3. - Né vale ai fini dell'ammissibilità del proposto ricorso

dedurre che nel caso specifico il provvedimento del tribunale, che ha dichiarato inammissibile il reclamo, sarebbe da conside

rare «abnorme» poiché nella specie la dedotta abnormità altro

non è che violazione di legge (dell'art. 669 terdecies, avendo

la Corte costituzionale con sentenza n. 501 del 1995, id., Rep.

1996, voce cit., n. 56, ammesso la reclamabilità dei provvedi

menti, concessivi e negativi, della tutela possesoria), violazione

che per essere fatta valere postula, per l'appunto, un'impugna zione ammissibile.

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.

in fondo non interessa sapere se si accoglie la tesi della permanenza del merito possessorio o se, viceversa, il merito possessorio non ci sia

più; certamente, se vale la tesi del merito possessorio, essendo oggetto di ricorso un provvedimento di reclamo avverso un provvedimento in

terdittale, il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. Ili non è possibile per la semplice ragione che siamo ancora in una fase interdittale; verrà, quando verrà il merito possessorio che si concluderà con sentenza, che avrà nell'evolversi del processo anche il ricorso per cassazione; se inve ce ritenessimo che il merito possessorio non c'è più allora il ricorso ex art. Ill Cost, nemmeno sarà possibile, perché esso si applica contro i provvedimenti decisori e definitivi e qui invece saremmo di fronte ad un provvedimento sommario-semplificato-esecutivo cioè ad un prov vedimento senza attitudine al giudicato. Però detto questo, con una sentenza del tutto aperturista, Rovelli indica quelli che sarebbero gli indizi normativi che il merito possessorio ci sia ancora e gli indizi nor mativi (che poi la Corte costituzionale ha ripreso qualche mese dopo) che io devo dirvi per imparzialità in questa mia esposizione che pure è stata necessariamente un po' parziale; sono questi: l'art. 705 c.p.c. definisce il possessorio giudizio specularmente all'espressione giudizio petitorio, quindi entrambi sarebbero giudizi e quelle due espressioni usate così da vicino farebbero pensare alla identica natura, ma mi pare un elemento meramente letterale, cui potremmo allora accostarne un altro, che allora vi dico io, e cioè che la norma parla di esecuzione della decisione il provvedimento interdittale del pretore, e quindi sembrereb be dargli natura decisoria, ma mi sembra che non si vada molto in là rispetto agli argomenti strettamente letterali. Un altro argomento sa rebbe traibile dall'art. 704, che per l'ipotesi di un incidente possessorio in corso di petitorio e precisamente, prevede che «la richiesta possesso ria è fatta al giudice del petitorio» ma se c'è esigenza della reintegrazio ne immediata ci si rivolge al pretore il quale deve poi rimettere il tutto al giudice del petitorio. Ora questo rimandare il tutto al giudice del

petitorio sembrerebbe implicare l'esistenza che il possessorio da solo non basti: ma rimanda al giudice del petitorio e quindi non c'è un merito possessorio ma evidentemente un merito petitorio.

Mi pare che anche i c.d. «indizi» che individua Rovelli — e che la Corte costituzionale in persona di Ruperto (poi ci sono anche i rapporti interpersonali fra le persone che si conoscono e si stimano) ha fatto

propri — questi indizi che convaliderebbero l'ipotesi del merito posses sorio mi paiono piuttosto fragili.

Da ultimo, e questa è proprio una notizia fresca, perché si tratta

di una ordinanza del 15 novembre 1996, la prima sezione civile della

Corte di cassazione, sotto la presidenza di Rocchi e con il relatore Bal

dassare, ha investito le sezioni unite, invocandone l'intervento (speria

mo) chiarificatore, del problema seguente (dopo aver fatto un po' di

cronistoria, ricordato le sentenze, la prima delle sentenze quella che

vi ho detto del presidente-estensore e messo in rilievo come questa sen

tenza sia in contrasto con molte sentenze precedenti e che comunque è opportuno risolvere alcuni problemi): se il giudizio possessorio si esau

risce con l'ordinanza conclusiva della fase interdittale ovvero si articoli

sempre (sempre come prima) nelle due fasi a cognizione sommaria e

di merito possessorio per concludersi con la sentenza impugnabile. Io mi auguro che l'aver oggi espresso le mie di opinioni non mi renda

in posizione di doverosa o opportuna astensione rispetto a questa sedu

ta delle sezioni unite nella quale non solo vorrei esserci ma possibilmen te essere anche relatore.

Giuseppe Borrè

Il Foro Italiano — 1997.

Giuseppe Borre

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 giu

gno 1997, n. 5007; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.

Preden, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Angeli (Avv. Cer

ruti, Ingo) c. Banca popolare di Rieti; Banca popolare di

Rieti (Avv. Vespaziani) c. Angeli. Cassa App. Roma 22 lu

glio 1993.

Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Accoglimen to — Decreto — Revoca — Ipoteca — Cancellazione — Ac

coglimento della domanda di merito — Irrilevanza (Cod. civ., art. 2818; cod. proc. civ., art. 652, 653, 655).

Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Esigibilità del credito — Sopravvenienza — Effetti (Cod. proc. civ., art.

653).

Revocato il decreto ingiuntivo per temporanea inesigilità del cre

dito al momento della sua emissione (nella specie, per difetto di previa richiesta scritta), deve essere ordinata la cancellazio

ne dell'ipoteca iscritta in base al decreto stesso, ancorché a

conclusione del giudizio di opposizione la domanda di merito

sia interamente accolta per sopravvenuta cessazione della causa

di inesigibilità. (1) Il decreto ingiuntivo emesso per un credito divenuto esigibile

solo nel corso del giudizio di opposizione deve essere revoca

to, con i conseguenti riflessi in tema di interessi e di spese,

(1-3) Le sentenze sono in contrasto con il più recente orientamento della Suprema corte, quando insegna che il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo deve accogliere la domanda rigettando l'opposizione quante volte riscontri che le condizioni dell'azione proposta in sede mo

nitoria, pur se carenti al momento del ricorso, sussistano tuttavia in

quello della decisione (Cass. 28 gennaio 1995, n. 1052, Foro it., Rep. 1995, voce Ingiunzione, n. 69; 8 aprile 1989, dal n. 1690 al n. 1704, id., Rep. 1989, voce cit., dal n. 22 al n. 36).

Incisivamente Cass. 26 aprile 1993, n. 4857, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 47 (preceduta in termini dalle sent. 17 novembre 1987, nn.

8437-8440, 8529, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 43-47) precisa che il

giudice dell'opposizione può dichiarare la nullità del decreto solo nei casi in cui, per difetto di competenza dell'organo che ha emesso l'in

giunzione o per difetto di altri presupposti processuali, cioè per indero

gabili ed ostativi ragioni pregiudiziali, manchi la possibilità di emettere una pronuncia di merito nei confronti dell'opponente e dell'opposto.

Risolvendo un contrasto giurisprudenziale tra le sezioni semplici a

proposito degli effetti del pagamento intervenuto dopo l'emissione del decreto ingiuntivo, sez. un. 7 luglio 1993, n. 7448, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 45, nella motivazione (Giust. civ., 1993, I, 2041), ritengono te stualmente: «poiché le condizioni dell'azione vanno accertate con riferi mento alla situazione di fatto esistente al tempo della pronuncia e non a quello della domanda, il giudice dell'opposizione deve ritenere fonda ta la pretesa del creditore se i fatti costitutivi di essa, ancorché non esistenti al momento dell'emissione del decreto, sussistano invece al mo mento della decisione sull'opposizione, confinando il problema della

validità, regolarità e sufficienza del decreto ingiuntivo sul piano delle

spese processuali». A proposito della seconda delle sentenze riportate, va sottolineata

la differenza tra la massima formulata dall'Ufficio massimario (e ripro dotta in Foro it., Mass., 232) e quella qui proposta, contenendo la

prima un riferimento al passaggio in giudicato della sentenza che dispo ne la cancellazione dell'ipoteca come momento rilevante dell'ordine, che non trova alcuna corrispondenza nella motivazione, riprodotta in toto, ma, se mai, in una delle sentenze citate nella stessa come precedente: Cass. 15 maggio 1990, n. 4163, id., Rep. 1990, voce cit., n. 62.

Il problema della necessità o meno del passaggio in giudicato della sentenza che ordina la cancellazione dell'ipoteca giudiziale è stato af frontato funditus, ma non a proposito di iscrizione sulla base di un decreto ingiuntivo, bensì di una sentenza di condanna, da Balena, id., 1996, I, 2139, a commento di Cass. 26 gennaio 1996, n. 584.

Conforme alla seconda massima della 5007/97 (formulata dalla reda zione di questa rivista e non dall'Ufficio massimario), che puntualmen te la richiama, Cass. 2 maggio 1987, n. 4125, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 51. Sulla prima massima della sentenza 5007/97, nel senso che la previ

sione del 2° comma dell'art. 653 riguardi non solo gli atti esecutivi in senso stretto, ma anche l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, si vedano

i precedenti richiamati in motivazione: Cass. 17 ottobre 1991, n. 10945,

id., Rep. 1991, voce cit., n. 59; 17 ottobre 1989, nn. 4169, 4170, id.,

Rep. 1989, voce cit., nn. 53, 54. Sulla manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalità del

l'art. 655 c.p.c., Corte cost., ord. 19 gennaio 1988, n. 37, id., 1988,

I, 3668.

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3243 PARTE PRIMA 3244

ma il debitore ingiunto deve essere contestualmente condan

nato al pagamento. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 marzo

1997, n. 2552; Pres. Corda, Est. Olla, P.M. Ceniccola

(conci, conf.); Cimatti (Avv. Cavasola, Maggiori) c. Segni

(Avv. Fabbri, Paoli). Conferma App. Bologna 4 novembre

1993.

Ingiunzione (procedimento per) — Decreto — Inesigibilità del

credito — Revoca — Sopravvenuta esigibilità — Effetti sul

l'ipoteca giudiziale (Cod. proc. civ., art. 653, 655).

Il giudice dell'opposizione che revochi il decreto ingiuntivo per

difetto del requisito di esigibilità del credito con esso fatto valere (nella specie, per insussistenza dei presupposti per la

declaratoria di decadenza del debitore ingiunto dal beneficio del termine) ed accolga la domanda proposta dal creditore

nel corso del giudizio per effetto del sopravvenire del titolo

della relativa azione, deve ordinare anche d'ufficio la cancel

lazione dell'ipoteca giudiziale iscritta in forza del decreto re

vocato. (3)

I

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Rieti, con sen

tenza del 29 dicembre 1990, accogliendo l'opposizione proposta da Luciana Angeli avverso il decreto ingiuntivo avente ad og

getto il pagamento, in forza di fideiussione, della somma di

lire 40.000.000, oltre interessi convenzionali, a favore della Banca

popolare di Rieti, revocava il decreto, in quanto richiesto in

difetto della previa istanza scritta di pagamento prevista nel con

tratto; ordinava la cancellazione dell'ipoteca iscritta in base al

decreto ingiuntivo revocato; accoglieva, decidendo nel merito, la domanda della banca e condannava la Angeli al pagamento della suindicata somma, con gli interessi legali dalla data di no

tifica del decreto.

Pronunciando sull'appello della Angeli e su quello incidenta

le della banca, la Corte d'appello di Roma, con sentenza del

22 luglio 1993, rigettava il primo ed accoglieva parzialmente il secondo.

Ricorre per cassazione la Angeli, sulla base di quattro motivi, ai quali resiste, con controricorso, la banca, che propone a sua

volta ricorso incidentale affidato a tre motivi, condizionato quan to al primo.

Motivi della decisione. — 1. - I due ricorsi, proposti avverso

la medesima sentenza, vanno riuniti (art. 335 c.p.c.). Ricorso n. 11096/94. 2.1. - Con il primo motivo, denuncian

do violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2697, 1944 e 1939 c.c.) e difetto di motivazione, la ricorrente princi pale addebita alla corte d'appello di aver erroneamente posto a suo carico l'onere probatorio della persistenza del debito ga rantito con la fideiussione.

Afferma che incombeva alla banca dimostrare che il debito

principale non era stato ancora soddisfatto.

2.2. - Il motivo non è fondato. Correttamente, la corte d'ap pello ha ritenuto che, avendo il fideiussore, escusso per il paga mento, eccepito l'avvenuta estinzione del debito principale, in

combeva su di esso l'onere della prova del fatto estintivo, ai

sensi dell'art. 2697 c.c.

3.1. - Con il secondo motivo, denunciando volazione di nor

me di diritto (art. 1224, 1284 c.c.) e difetto di motivazione, la ricórrente principale si duole della condanna al pagamento

degli interessi convenzionali, svolgendo due censure:

a) con la prima, afferma che la corte ha omesso di pronun ciare sull'eccepita negazione della mora, in forza di offerta del la somma banco iudicis ingiustificatamente rifiutata dalla ban

ca, perché non comprensiva degli interessi convenzionali;

b) con la seconda, sostiene che, ai sensi del contratto di fi

deiussione, non erano dovuti interessi convenzionali, e che al

riguardo la corte d'appello ha del tutto omesso di motivare il

suo contrario avviso.

3.2. - Il secondo profilo di censura, il cui esame è in ordine

logico preliminare, è fondato.

Il Foro Italiano — 1997.

La corte d'appello ha riconosciuto l'obbligo per il fideiussore

di corrispondere alla banca interessi convenzionali, senza forni

re alcuna motivazione a sostegno dell'adottata statuizione.

L'impugnata sentenza va quindi cassata sul punto. Resta assorbito il primo profilo di censura, che postula il pre

vio accertamento della sussistenza o meno dell'obbligo di corri

spondere interessi in misura superiore a quella legale. 4.1. - Con il terzo motivo, deducendosi violazione e falsa

applicazione dell'art. 2818 i.e. e difetto di motivazione, l'impu

gnata sentenza viene censurata nella parte in cui ha riformato

la statuizione del tribunale relativa alla cancellazione dell'ipote ca iscritta in forza del decreto ingiuntivo poi revocato.

Si afferma che la corte d'appello, facendo riferimento ad una

sentenza della Suprema corte, secondo la quale, nel caso di ac

coglimento parziale dell'opposizione a decreto ingiuntivo, l'ipo teca iscritta conserva efficacia nei limiti della minor somma ri

conosciuta in sentenza (sent. 4170/89, Foro it., Rep. 1989, voce

Ingiunzione, n. 53), ha erroneamente esteso il principio della

conservazione dell'ipoteca alla diversa ipotesi in cui il giudice

dell'opposizione l'abbia totalmente accolta, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo, ma abbia poi accolto nel meri

to della domanda.

4.2. - Il motivo è fondato. Dispone l'art. 653, 2° comma,

c.p.c. che, se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo ese

cutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di

esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro

effetti nei limiti della somma ridotta. E questa Suprema corte

ha avuto modo di affermare che nel concetto di atti di esecuzio

ne rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell'esecutività del decreto, e, dunque, anche l'ipoteca iscritta sulla base dell'esecutività del decreto stes

so, attesa la ratio della disposizione citata, tesa a mantenere

integra, nei limiti del credito ridotto, la posizione e la protezio ne del creditore (sent. 10945/91, id., Rep. 1991, voce cit., n.

59; n. 4170/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 54). Alla stregua della suindicata disposizione, quindi, per effetto

dell'accoglimento parziale dell'opposizione il decreto ingiuntivo viene automaticamente caducato e ad esso si sostituisce, quale titolo esecutivo, la sentenza: vengono tuttavia espressamente pre servati dalla caducazione gli atti esecutivi (ai quali la giurispru denza, come già rilevato, ha ritenuto di equiparare anche l'i

scrizione di ipoteca compiuta in forza di decreto provvisoria mente esecutivo) già compiuti in base al decreto, nei limiti del

minore importo del credito riconosciuto con la sentenza.

Ed analoga conservazione ex lege di effetti è sancita dall'art. 652 c.p.c., con riferimento all'ipotesi in cui nel giudizio di op posizione sia intervenuta conciliazione, con quantificazione del

credito in misura inferiore a quella portata dal decreto. Da quanto esposto discende che la conservazione degli effetti

del decreto ingiuntivo è sancita con espresse previsioni normati

ve, in riferimento a due specifiche ipotesi, entrambe caratteriz zate dall'accertamento, nel giudizio di opposizione, ad opera del giudice o in forza di conciliazione, della minor consistenza della pretesa creditoria azionata in via monitoria. Nelle suindi cate ipotesi il legislatore, considerando che il previsto subentro al decreto ingiuntivo di un diverso titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di parziale accoglimento dell'opposizione (art. 653, 2° comma, c.p.c.) o dal verbale di conciliazione (art. 652 c.p.c.), avrebbe privato di titolo giustificativo gli atti esecutivi compiuti in base al decreto ingiuntivo, di tali atti ha espressamente fatti salvi gli effetti, nei limiti della minor consistenza del credito.

Nella diversa ipotesi, non espressamente disciplinata dall'art. 653 c.p.c., dell'accoglimento totale dell'opposizione, si ritiene,

per comune opinione, che il decreto debba essere revocato, ove

l'opposizione sia accolta per motivi di merito, o dichiarato nul

lo, nel caso in cui l'accoglimento sia dovuto alla carenza di

presupposti processuali. In entrambi i casi la caducazione del decreto è integrale e comporta la conseguenziale inefficacia di tutti gli atti esecutivi compiuti in base ad esso (ivi compresa l'iscrizione di ipoteca).

Ha peraltro ritenuto la corte d'appello che, nell'ipotesi, ricor rente nel caso in esame, in cui l'opposizione a decreto ingiunti vo venga totalmente accolta per l'inesigibilità del credito al mo mento della sua emissione, con conseguente declaratoria di nul lità e revoca del decreto, ma la domanda sia interamente accolta nel merito, per sopravvenuta cessazione della causa di inesigibi lità, con la sentenza che definisce il giudizio, dovrebbe farsi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a fortiori applicazione dell'art. 653, 2° comma, c.p.c., dichia

rando la persistente efficacia degli atti esecutivi (ivi comprese

le iscrizioni ipotecarie) compiuti in forza del decreto caducato,

poiché il credito azionato in sede monitoria non viene ricono

sciuto solo parzialmente, bensì per intero.

L'argomento è suggestivo, ma non merita adesione. La con

servazione degli effetti di un atto dichiarato nullo o revocato

può invero conseguire solo da espressa previsione normativa,

e l'art. 653, 2° comma, c.p.c. ha esclusivamente riguardo all'i

potesi di accoglimento parziale dell'opposizione.

Nell'ipotesi di revoca del decreto in ragione della temporanea

inesigibilità del credito azionato in sede monitoria, l'accoglimento

dell'opposizione in tal senso formulata è totale, e comporta la

radicale caducazione del decreto, e la conseguente inefficacia

di tutti gli atti esecutivi (ivi compresa l'iscrizione ipotecaria) in base ad esso compiuti, restando esclusa la possibilità di conser

varne gli effetti, avuto riguardo alla contestuale sentenza di ac

coglimento della domanda del creditore, in ragione della so

pravvenuta esigibilità del credito, poiché la conservazione degli

effetti degli atti esecutivi, nei limiti della somma ridotta, è pre

vista dall'art. 653, 2° comma, c.p.c. nel solo caso in cui l'oppo

sizione è accolta solo in parte. Né la diversità di disciplina può essere fondatamente sospet

tata di illegittimità costituzionale, per violazione degli art. 3 e

24 Cost., stante la non omogeneità delle situazioni poste a raf

fronto.

L'impugnata sentenza, che ha affermato la conservazione de

gli effetti, va pertanto cassata.

5.1. - Con il quarto motivo è censurato, per violazione del

l'art. 96 c.p.c. e difetto di motivazione, il rigetto della doman

da di risarcimento per responsabilità aggravata per l'avvenuta

iscrizione di ipoteca in forza del decreto successivamente revocato.

Afferma la ricorrente che erroneamente la corte d'appello ha

negato la responsabilità, sul rilievo che il perdurare dell'iscrizio

ne era dovuto al mancato pagamento della somma dovuta dal

fideiussore, mentre avrebbe dovuto affermarla, una volta accer

tata l'inesistenza del diritto rappresentato dal titolo giustificati

vo dell'iscrizione.

5.2. - Il motivo non è fondato. La statuizione di rigetto va

tenuta ferma, previa correzione della motivazione, nel senso che,

nel caso in esame, il diritto di credito azionato mediante la ri

chiesta di decreto ingiuntivo non è stato dichiarato inesistente,

come previsto dall'art. 96, 2° comma, c.p.c., ma soltanto tem

poraneamente inesigibile per difetto di previa richiesta scritta.

Ricorso n. 11975/94. 6. - Il primo motivo del ricorso inciden

tale (concernente l'improponibilità della domanda ex art. 96

c.p.c.) è condizionato all'accoglimento del quarto motivo del

ricorso principale, e pertanto il rigetto di tale censura (v. sub

n. 5.2) ne comporta l'assorbimento.

7.1. - Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa

applicazione degli art. 112, 277 e 653 c.p.c., la Banca popolare

di Rieti censura l'impugnata sentenza nella parte in cui, confer

mando la statuizione di primo grado, ha disposto la revoca del

decreto ingiuntivo. Afferma che i giudici del merito, accertata la sopravvenuta

esigibilità del credito, avrebbero dovuto rigettare l'opposizione

senza revocare il decreto.

7.2. - Il motivo non è fondato.

Questa Suprema corte ha avuto modo di statuire che il decre

to ingiuntivo emesso per un credito divenuto esigibile solo nel

corso del giudizio di opposizione deve essere revocato, con i

conseguenti riflessi in tema di interessi e di spese, salva la con

testuale condanna del debitore ingiunto al pagamento del credi

to (sent. 4125/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 51).

Ed al suindicato principio, dal quale non v'è ragione di di

scostarsi, si sono attenuti i giudici del merito.

8.1. - Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia

omessa pronuncia sul motivo di appello concernente la compen

sazione parziale delle spese del giudizio di opposizione davanti

al tribunale.

8.2. - Il motivo è infondato.

La corte d'appello ha invero in primo luogo esaminato la

censura formulata dall'appellante principale Angeli alla statui

zione sulle spese del giudizio di opposizione, ritenendo corretta

la compensazione della metà delle spese, e la condanna della

Il Foro Italiano — 1997.

Angeli al pagamento della residua metà, ed ha successivamente

richiamato tale valutazione per disattendere la contrapposta cen

sura dell'appellante incidentale Banca popolare di Rieti.

Non sussiste quindi omessa pronuncia. Né la valutazione in

merito all'avvenuta parziale compensazione è sottoposta a spe cifica censura.

9. - In conclusione, vanno accolti il secondo e terzo motivo

del ricorso principale, e rigettati il primo ed il quarto; il primo motivo del ricorso incidentale va dichiarato assorbito, mentre

vengono rigettati gli altri.

L'impugnata sentenza va cassata in relazione alle censure ac

colte e la causa rinviata per nuovo esame ad altro giudice, che

si designa in altra sezione della Corte d'appello di Roma, e che

provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Il giudice di rinvio, in relazione alla questione oggetto del

quarto motivo, si atterrà al seguente principo di diritto:

«Nell'ipotesi in cui l'opposizione a decreto ingiuntivo venga totalmente accolta per 1 'inesigibilità del credito al momento del

la sua emissione, con conseguente declaratoria di nullità e revo

ca del decreto, questo perde ogni efficacia, con conseguente in

validità di tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti, ivi com

presa l'iscrizione di ipoteca, della quale deve pertanto essere

ordinata la cancellazione, restando esclusa la possibilità di con

servarne gli effetti, anche se la domanda sia egualmente accolta

nel merito, per sopravvenuta cessazione della causa di inesigibi

lità, con la sentenza che definisce il giudizio, poiché la conser

vazione degli effetti degli atti esecutivi, nei limiti della somma

ridotta, è prevista dall'art. 653, 2° comma, c.p.c. nel solo caso

in cui l'opposizione è accolta solo in parte».

II

Svolgimento del processo. — Con ricorso ai sensi dell'art.

638 c.p.c., depositato il 3 marzo 1988 Elsa Cimatti rappresentò al presidente del Tribunale di Forlì: che alcuni mesi prima ave

va «scontato» a Luigi Segni 22 vaglia cambiari per un importo

complessivo di lire 350.000.000, dei quali 13 — per un importo

complessivo di lire 180.000.000 — emessi dallo scontatario a

suo favore, e 9 per un importo complessivo di lire 170.000.000 — emessi dalla s.r.l. La Romagnola a favore del Segni e da

questi giratile; che aveva regolarmente consegnato al Segni l'im

porto pattuito dello sconto; che i vaglia cambiari in questione

non erano ancora scaduti; ma che essa scontante aveva il timo

re di perdere le garanzie del proprio credito atteso che negli

ultimi tempi la società La Romagnola aveva subito numerosissi

mi protesti cambiari, il che denotava un suo stato di insolvenza

che si ripercuoteva negativamente sull'equilibrio patrimoniale

del Segni; che in tal modo si era verificata una situazione che — giusta il disposto dell'art. 1186 c.c. — la legittimava ad esi

gere immediatamente l'adempimento delle obbligazioni del Se

gni così come consacrate nei richiamati titoli di credito.

Ciò esposto, con lo stesso ricorso chiese al giudice adito di

ingiungere al Segni di pagare in suo favore la somma di lire

350.000.000, oltre agli interessi legali ed alle spese. Il presidente del Tribunale di Forlì accolse la domanda con

decreto 7 marzo 1988, dichiarato provvisoriamente esecutivo.

Con atto 10 marzo 1988 la Cimatti iscrisse ipoteca giudiziaria su immobili di proprietà del Segni sino alla concorrenza di lire

700.000.000. Il provvedimento monitorio fu poi notificato al debitore in

giunto il 9 aprile 1988.

Con atto di citazione notificato alla Cimatti il 28 aprile 1988,

il Segni: a) propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo, del qua

le eccepì sia l'invalidità stante la carenza del requisito dell'esigi

bilità del credito per cui era stato pronunciato atteso che le ob

bligazioni portate nei titoli non erano ancora scadute; e sia la

parziale infondatezza, data l'assenza di un qualsiasi rapporto

sottostante ai 13 vaglia cambiari a propria firma o, comunque,

di un proprio debito, anche perché mai la Cimatti gli aveva

consegnato l'importo dello sconto;

b) deducendo che, invece, era creditore nei confronti della

Cimatti della somma di lire 40.000.000, oppose in compensazio

ne detto credito all'eventuale credito nei propri confronti del

l'opposta nascente dall'inadempimento delle obbligazioni cam

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3247 PARTE PRIMA 3248

biarie de La Romagnola, ammontanti come s'è detto, a lire

170.000.000 oltre accessori;

c) chiese, in via riconvenzionale, la condanna della Cimatti

al pagamento della somma di lire 500.000.000 a titolo di risarci

mento dei danni ex art. 96, 2° comma, c.p.c., avendo procedu to all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, senza la normale prudenza.

La Cimatti, costituitasi in giudizio, contestò la fondatezza del

l'opposizione.

Successivamente, con comparsa depositata il 22 settembre 1989:

a) chiese che il Segni fosse condannato anche al risarcimento

del maggior danno di cui all'art. 1224 c.c.;

b) assunse che avendo essa posto a fondamento della propria

pretesa la promessa di pagamento e la ricognizione del debito

consacrate nei vaglia cambiari, tanto l'esentava dall'onere di

provare il rapporto sottostante, e faceva ricadere sul Segni l'o

nere di dimostrare l'insussistenza dello stesso rapporto;

c) contestò sia la sussistenza del credito di lire 40.000.000

eccepito in compensazione dall'opponente; e sia, comunque, l'am

missibilità di siffatta eccezione per non essere il credito di facile

e pronta liquidazione. La causa fu istruita mediante produzioni documentali ed in

terrogatorio non formale delle parti. Con sentenza non definitiva depositata il 5 dicembre 1991,

il Tribunale di Forlì: a) dichiarò che nella specie la Cimatti aveva rinunciato alla

situazione di vantaggio riconosciutale dall'art. 1988 c.c., dato

che aveva fatto riferimento al rapporto sottostante, il che com

portava appunto che essa aveva l'onere di dimostrare l'esistenza

di questo rapporto; affermò che l'opposta non aveva assolto

quest'onere stante anche l'equivocità delle circostanze acquisite in causa; pertanto, rigettò la domanda relativa al credito di lire

180.000.000 di cui ai 9 vaglia cambiari emessi dal Segni a favo

re di essa Cimatti;

b) revocò, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto;

c) condannò il Segni a pagare, in favore della Cimatti, la

somma di lire 170.000.000 di cui ai 13 effetti cambiari emessi

a suo favore dalla società La Romagnola e da lui girati all'op

posta, oltre agli interessi al tasso legale e, eventualmente, alla

svalutazione monetaria se superiore al detto tasso;

d) dichiarò, pronunciando ai sensi dell'art. 653 c.p.c., che

gli effetti della iscrizione ipotecaria rimanevano fermi fino alla

concorrenza di lire 200.000.000.

e) compensò per la metà le spese del procedimento monitorio

e del giudizio di opposizione, e condannò il Segni a rimborsare

alla Cimatti la residua metà;

d) dispose la prosecuzione della causa in ordine alla domanda

riconvenzionale di danni ed all'eccezione di compensazione for

mulate dal Segni. Avverso la sentenza proposero appello alla Corte d'appello

di Bologna, in via principale, la Cimatti e, in via incidentale, il Segni.

L'appellante principale censurò la pronuncia di primo grado nelle parti in cui aveva affermato che nella specie v'era stata

una sua rinuncia ad avvalersi della situazione di vantaggio attri

buitale dal'art. 1988 c.c., e comunque, aveva escluso la sussi stenza del credito di cui ai 9 titoli cambiari emessi dal Segni.

L'appellante incidentale instò per la declaratoria della «cadu

cazione ad ogni effetto del decreto ingiuntivo» e l'annullamento della statuizione sulle spese.

La corte di Bologna ha deciso con sentenza depositata il 4

novembre 1993 ed ha accolto sia l'appello principale che, per

quanto di ragione, quello incidentale.

I) Con riferimento all'appello principale, ha affermato, in via di principio, che la statuizione del tribunale era corretta nella

parte in cui aveva affermato che con riguardo alla promessa di pagamento (ivi compresa quella contenuta in un titolo cam

biario che venga utilizzato come prova documentale del credito) la posizione di vantaggio accordata al promissario dall'art. 1988

c.c. con la dispensa dall'onere di dimostrare il rapporto sotto stante (da presumersi iuris tantum) può essere oggetto di rinun cia anche implicita con conseguente applicazione dei normali

principi sulla prova; ma che era invece erronea nella parte in

cui aveva affermato che a realizzare una siffatta rinuncia fosse

sufficiente il semplice riferimento, da parte del promissario fa

cesse al rapporto sottostante, occorrendo invece, che il promis sario, oltre ad indicare il rapporto sottostante, abbia anche of

ferto di darne la prova.

li Foro Italiano — 1997.

Valutando, poi, alla luce di questo principio la posizione pro cessuale della Cimatti ha escluso che la stessa si fosse mai offer

ta di dare la prova del rapporto sottostante al rilascio dei vaglia cambiari da parte del Segni, dato che, anzi, aveva sempre invo

cato l'applicazione dell'art. 1988 c.c.

Ne ha tratto che, pertanto, il Segni aveva l'onere di dimostra

re l'insussistenza del rapporto e, quindi, la propria tesi di

fensiva.

Procedendo, infine, all'apprezzamento delle risultanze pro cessuali ha escluso che detto promittente avesse fornito la prova a suo carico.

Pertanto, ha affermato la sussistenza anche del credito di lire

180.000.000 vantato dalla Cimatti.

II) Con riferimento, invece, all'appello incidentale ha osser

vato che nel suo appello la Cimatti non aveva proposto alcuna

censura avverso i capi della sentenza di primo grado nei quali il tribunale aveva affermato che all'atto della pronuncia del de

creto ingiuntivo nessuno dei suoi crediti era ancora esigibile, dato che scadevano successivamente al 30 marzo 1988, e, conse

guentemente l'aveva condannata al risarcimento dei danni deri

vanti dalla iscrizione ipotecaria; che, pertanto, si era verificato

il giudicato interno sul punto secondo cui all'atto del provvedi mento monitorio non sussistevano i presupposti per la configu rabilità della decadenza del termine di cui all'art. 1186 c.c.; e

che, in definitiva, tanto comportava come «necessaria conse

guenza che alla data di emissione del decreto ingiuntivo (7 mar

zo 1988) il credito fatto valere dalla Cimatti . . . non era esigi bile neppure in parte e che detto provvedimento fu emesso ille

gittimamente. Ne ha tratto la- totale illegittimità del decreto ingiuntivo op

posto e, di conseguenza: innanzitutto, la revoca del provvedi mento monitorio nonostante la sopravvenienza dell'esigibilità del credito nel corso del giudizio di opposizione; inoltre, l'inte

grale cancellazione dell'ipoteca, non potendo trovare applica zione il disposto dell'art. 653 c.c.

Ili) Sempre con riferimento all'appello incidentale, infine, ha

affermato che del tutto erroneamente il tribunale aveva pronun ciato sulle spese, stante la natura non definitiva della sentenza

emessa.

In sintesi, dunque, la corte di Bologna, in parziale riforma

della sentenza di primo grado:

a) ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo opposto;

ti) ha ordinato la cancellazione dell'ipoteca iscritta il 10 mar

zo 1988;

c) ha condannato Luigi Segni a pagare alla Cimatti la somma

complessiva di lire 350.000.000, oltre all'importo per svaluta

zione monetaria secondo i criteri dettati dalla sentenza del tri

bunale;

d) ha revocato la statuizione concernente il regolamento delle

spese del giudizio di primo grado dettato dalla medesima

sentenza.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso sia la Cimatti, con atto notificato il 9 dicembre 1994, sulla base di due motivi di annullamento; e sia il Segni, con atto notificato lo stesso 9 dicembre 1994, sulla base di tre motivi di annullamento. Il

Segni ha altresì resistito con distinto controricorso al ricorso

della Cimatti. Nell'udienza odierna, il difensore della Cimatti che nel corso della discussione aveva eccepito l'inammissibilità

del ricorso del Segni, dopo le conclusioni del pubblico ministe

ro ha depositato osservazioni scritte.

Motivi della decisione. — 1. - A norma dell'art 335 c.p.c. si deve disporre la riunione dei ricorsi per la cassazione della

sentenza della Corte d'appello di Bologna del 4 novembre 1993

proposti, in via principale, da Elsa Cimatti e, in via formalmen

te incidentale, da Luigi Segni. 2. - Il primo motivo del ricorso principale, investe la sentenza

d'appello nel capo in cui ha affermato che il decreto ingiuntivo 7 marzo 1988 era nullo in quanto pronunciato in carenza del

requisito dell'esigibilità del credito e dell'insussistenza dei pre supposti per la declaratoria di decadenza del debitore ingiunto dal beneficio del termine.

Col mezzo, la Cimatti denuncia che detta statuizione è nulla

per omessa applicazione dell'art. 1186 c.c. e per violazione del

successivo art. 2697 stesso codice, in relazione all'art. 360, n.

3, del codice di rito, nonché per violazione dell'art. 360, n. 5,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

c.p.c. [stante la sua] insufficiente e contraddittoria motivazione.

Ciò, osserva la ricorrente, innanzitutto perché in una situa

zione giuridica quale quella di specie (lo sconto di effetti cam

biari) il sopravvenire dello stato di insolvenza dello scontatario

o del debitore ceduto, legittima lo scontante ad esigere imme

diatamente la restituzione delle somme anticipate con la connes

sa decadenza dello scontatario dal beneficio del termine, e fa

ricadere sullo scontatario che si opponga alla pretesa dello scon

tante l'onere di dimostrare l'insussistenza dello stato di insol

venza proprio e del debitore ceduto; con la conseguenza che

la corretta applicazione sui principi in tema di ripartizione com

portava che il Segni avrebbe dovuto dimostrare la persistenza dello stato di solvibilità proprio e dalla società La Romagnola, ed escludeva che — come aveva ritenuto, errando, il giudice del merito — essa ricorrente avesse l'onere di dimostrare lo sta

to di insolvenza della debitrice ceduta e dello scontatario. Inol

tre, perché, nell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo il Se

gni non aveva negato lo stato di insolvenza della debitrice cedu

ta. Infine, perché, comunque, la situazione di fatto legittimante la pronuncia di decadenza dal beneficio del termine risultava

da tutte le acquisizioni processuali. Sennonché la corte del merito non ha fondato la statuizione

in ordine all'insussistenza dei presupposti per la declaratoria della

decadenza del Segni dal beneficio del termine su un proprio autonomo apprezzamento delle risultanze processuali compuito sulla base del rilievo che la Cimatti non aveva assolto l'onere

di dimostrre il sopraggiunto stato di insolvenza del debitore in

giunto. L'ha fondata, invece, sull'affermazione che nel proprio

appello avverso la sentenza del tribunale, la Cimatti non aveva

censurato in alcun modo la statuizione con la quale il primo

giudice aveva dichiarato «l'illegittimità della decadenza del Se

gni dal beneficio del termine», il che comportava che questa

pronuncia doveva «ritenersi coperta dal giudicato interno», ed

era così divenuta intangibile, con la connessa preclusione al rie

same del punto e l'ulteriore corollario della nulità del decreto

ingiuntivo opposto.

Ora, come appare immediatamente palese, il motivo che ne

occupa non censura la ratio sulla quale effettivamente si fonda

la statuizione della sentenza d'appello con esso impugnata, e

censura, invece, le ragioni poste a base della decisione sulla que stione della sentenza di primo grado.

Ne consegue, per ciò solo, l'inammissibilità del motivo.

3. - Il secondo motivo dello stesso ricorso principale, denun

cia che l'ordine di cancellazione integrale dell'ipoteca iscritta

sugli immobili del Segni il 10 marzo 1988 pronunciato dalla

corte di Bologna è «nullo per omessa applicazione dell'art. 653,

1° comma, c.p.c. e/o erronea applicazione del successivo com

ma dello stesso art. 653».

Infatti, sostiene la ricorrente, il giudice d'appello: ha violato

il 1° comma dell'art. 653, perché il relativo precetto trova ap

plicazione tutte le volte che la pretesa posta a base dell'opposi zione sia stata rigettata per ragioni di merito, e ciò si è verifica

to nella specie, nel quale, appunto, l'opposizione del Segni è

stata respinta «in linea di merito», posto che nella sentenza è

stato affermato che costui è debitore dell'intera somma il cui

pagamento gli era stato ingiunto nel decreto monitorio del 7

marzo 1988; ha disapplicato, comunque, il 2° comma della me

desima disposizione, perché anche nell'ipotesi di accoglimento

dell'opposizione per motivi formali connessi alla sola nullità del

decreto con la contestuale condanna all'intero ammontare del

credito il cui pagamento era stato ingiunto col provvedimento

opposto, si configura quell'accoglimento «solo in parte» del

l'opposizione al quale essa disposizione riconnette la conserva

zione degli effetti degli atti esecutivi compiuti in base al decreto.

La questione proposta col motivo è stata altre volte affronta

ta da questa Suprema corte che l'ha risolta affermando il prin

cipio che nel caso di totale invalidità e revoca del decreto in

giuntivo per difetto del requisito dell'esigibilità del credito con

esso fatto valere, e di accoglimento della domanda proposta

dal creditore nel corso del giudizio di opposizione, per effetto

del sopravvenire del titolo della relativa azione, il giudice del

l'opposizione deve ordinare, anche d'ufficio, la cancellazione

dell'ipoteca giudiziale iscritta in forza del decreto a norma del

l'art. 655 c.p.c. (cfr. Cass. 15 maggio 1990, n. 4163, Foro it.,

Rep. 1990, voce Ingiunzione, n. 62; 17 ottobre 1989, n. 4169,

li Foro Italiano — 1997.

id., Rep. 1969, voce cit., n. 53; 22 giugno 1978, n. 3078, id., Rep. 1978, voce Ipoteca, n. 16).

Il principio deve essere ribadito non ravvisandosi ragioni per

discostarsene, anche perché la ricorrente non ha prospettato nuovi

argomenti in contrario rispetto a quelli già esaminati, e disatte

si, nei precedenti arresti.

Lo stesso, poi, trova puntuale applicazione nel caso di specie una volta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la corte di Bologna, lungi dal rigettare l'opposizione, l'ha ac

colta dichiarando la totale nullità del decreto ingiuntivo del 7

marzo 1988 e revocandolo per intero, ed ha condannato il Segni al pagamento della somma di lire 350.000.000, oltre gli accesso

ri, solo in forza della relativa domanda proposta dalla Cimatti

nel giudizio di opposizione. Pertanto, il giudice d'appello non è incorso nei vizi denuncia

ti nel motivo una volta che ha pronunciato uniformandosi al

predetto principio e ne ha fatto corretta applicazione. Anche questo motivo, perciò, deve essere respìnto. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso principale. 5. - Il ricorso del Segni è stato notificato all'intimata Elsa

Cimatti a mezzo del servizio postale, con plico raccomandato

inviato personalmente ad essa intimata il 7 dicembre 1994 (os

sia, prima della notifica del ricorso del Cimatti effettuata in

data 9 dicembre 1994) presso il suo domicilio in Trezzano sul

Naviglio. La notifica del ricorso in questione, dunque, è stata effettua

ta personalmente alla parte, ai sensi dell'art. 137 c.p.c.

Sennonché, dagli atti processuali ed in particolare dall'atto

di citazione in secondo grado (che questa corte può apprezzare direttamente dovendo pronunciare sull'inammissibilità del ricorso

Segni) risulta che nel giudizio d'appello la Cimatti era rappre sentata da due procuratori: dall'avv. Puglisi presso il cui studio

in Bologna aveva eletto domicilio, e dall'avv. Franco Maggiori del foro di Forlì.

Di conseguenza — nonostante l'avvenuto decesso dell'avv.

Puglisi — la notifica del ricorso per cassazione alla Cimatti (ri

chiesta, come s'è detto, prima della notifica del ricorso di que st'ultima e della sua elezione di domicilio per il giudizio di legit

timità) avrebbe dovuto essere effettuata, ai sensi dell'art. 330

c.p.c., presso il procuratore avv. Maggiore, e non personalmen te all'intimata.

Infatti, è principio che allorquando la parte sia costituita in

giudizio a mezzo di due procuratori con eguali poteri di rappre

sentanza, ciascuno di essi è legittimato a ricevere gli atti della

controparte. Ne discende che la notifica di un'impugnazione pres so uno qualsiasi di essi è valida ancorché questi non sia il domi

ciliatario (cfr., da ultimo, Cass. 18 febbraio 1991, n. 1686, id.,

Rep. 1991, voce Impugnazioni civili, n. 47); e che, nel caso

di decesso del domiciliatario, la notifica deve essere effettuata

presso l'altro procuratore, atteso che col decesso del primo è

venuta meno l'elezione del domicilio, ma non anche la rappre sentanza di quelo rimasto in vita.

La notifica del ricorso del Segni effettuata personalmente al

l'intimata, quindi, è radicalmente nulla, il che determina l'i

nammissibilità dell'impugnazione (v. Cass. 6 aprile 1966, n. 927,

id., Rep. 1966, voce cit., n. 70).

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