Sezione III civile; sentenza 5 maggio 1969, n. 1516; Pres. Vinci Orlando P., Est. S. De Marco, P.M. Raja (concl. diff.); Badella (Avv. Menghini, Castellini) c. Ghioni; Ghioni (Avv. Tabellini) c.BadellaSource: Il Foro Italiano, Vol. 92, No. 10 (OTTOBRE 1969), pp. 2583/2584-2587/2588Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23158354 .
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2583 PARTE PRIMA 2584
e dal processo con essa definito, il convenuto abbia offerto
convincenti prove contrarie (Cass. 9 aprile 1949, n. 943, Foro it.,
Rep. 1949, voce Filiazione, n. 45). In conclusione, il ricorso deve essere accolto con la cassa
zione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa ad
altro giudice di pari grado, che si designa in altra sezione
della Corte d'appello di Napoli, il quale si uniformerà al prin
cipio di diritto innanzi enunciato (art. 383, 384 cod. proc.
civ.). (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione III civile; sentenza 5 maggio 1969, n. 1516; Pres.
Vinci Orlando P., Est. S. De Marco, P.M. Raja (conci,
diff.); Badella (Avv. Menghini, Castellini) c. Ghioni; Ghioni (Avv. Tabellini) c. Badella.
(Cassa App. Torino 23 dicembre 1967)
Vendita — Patto relativo alla libertà del bene venduto da vin
coli — Apprezzamento del giudice di merito — Incensura
bilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 1489).
Vendita — Immobile gravato da oneri — Diritto del compratore alla sospensione del pagamento del prezzo — Condizioni —
Fattispecie (Cod. civ., art. 1481, 1489). Vendita — Immobile gravato da oneri — Diritto del compratore
alla riduzione del prezzo e alla sospensione del pagamento — Scarsa entità della limitazione — Irrilevanza — Fatti
specie (Cod. civ., art. 1481, 1489).
È incensurabile in sede di legittimità l'apprezzamento del giu dice di merito il quale, in una compravendita in cui il
venditore da un lato dichiarava genericamente che gli im
mobili venduti erano liberi da pesi e da oneri e dall'altro
che gli stessi venivano trasferiti nello stato di fatto e di
diritto in cui si trovavano e con le servitù inerenti, abbia
ritenuto, conciliando il contenuto delle due clausole, che
il patto di garanzia non si riferisse ai vincoli conosciuti dal
compratore ma agli altri eventualmente esistenti, ignorati e non apparenti. (1)
Qualora vi sia ragione di temere che su uno degli immobili
venduti, dal quale il fondo di un terzo riesce intercluso, sia chiesta ed ottenuta dal terzo la costituzione di una ser
vitù di passaggio, il compratore, purché gli estremi della
costituzione siano anteriori alla stipula del contratto ed il venditore non presti idonea garanzia, può sospendere il pa
gamento del prezzo. (2) Qualora i terreni venduti risultino gravati da diritti di terzi
(nella specie, una concimaia appartenente ad un terzo), ben può il compratore sospendere il pagamento del prezzo, e, convenuto in giudizio per la risoluzione del contratto, chiedere in riconvenzionale la riduzione del prezzo, a nul
la rilevando né che il venditore gli abbia promesso di ri
muovere la limitazione o di abbonargli una parte del prez zo, né, ai fini della riduzione, che la limitazione abbia
scarsa entità (la concimaia occupava pochi metri di terre
no). (3)
(1-3) Non constano precedenti nei termini esatti delle tre massime. Per qualche riferimento all'ipotesi in cui l'immobile
venga venduto « nello stato di fatto e di diritto in cui lo stesso si trova (senza aggravio di diritti reali ed oneri non apparenti) » ed alla conseguente estensione del patto di garanzia, v. Cass. 5 gen naio 1968, n. 23, Foro it., Rep. 1968, voce Vendita, n. 42.
Sul diverso ambito di applicabilità degli art. 1489 (cosa gra vata da oneri o diritti reali non dichiarati) e 1481 cod. civ. (pe ricolo di evizione o anche previsione che il terzo possa esercitare i propri diritti sulla cosa venduta: per una particolare ipotesi v. Cass. 5 febbraio 1959, n. 355, id.. Rep. 1959, voce cit., n. 76), cfr.,
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con ricorso
del 3 maggio 1963 diretto al presidente del Tribunale di Asti,
i coniugi Attilio Ghione e Giuseppina Balocco chiedevano di
essere autorizzati ad eseguire un sequestro giudiziario su al
cuni beni immobili siti nel comune di Villafranca dAsti, di
loro proprietà, illegittimamente detenuti da Armando Badella.
Ottenuta ed eseguita la misura cautelare, i coniugi Ghione, con atto notificato il 22 luglio dello stesso anno, citavano il
Badella davanti al Tribunale di Asti per la convalida del se
questro e perché gli immobili fossero dichiarati di proprietà di essi istanti.
11 convenuto opponeva che gli attori gli avevano venduto
i beni in questione con scrittura privata del 20 dicembre 1962; che egli, dopo la conclusione del contratto, aveva appreso che i beni erano inclusi in una riserva di caccia; che sui
terreni vi era una concimaia appartenente a certo Caprioglio; che i beni circondavano da ogni lato un fondo altrui, che in
tal modo risultava intercluso; che, non avendo raggiunto un
accordo con gli attori per una equa riduzione del prezzo, aveva sospeso il pagamento della residua somma dovuta di
lire tre milioni, e si era rifiutato di stipulare l'atto pubblico di trasferimento nel termine stabilito del 30 marzo 1963. Chie
deva pertanto che fosse determinata la riduzione del prezzo convenuto con la condanna degli' attori al risarcimento dei
danni.
1 coniugi Ghione replicavano che il contratto di com
pravendita si era risolto di diritto.
Ammessa e raccolta una prova dedotta dagli attori sulla
circostanza che il convenuto era a conoscenza della esistenza
della riserva di caccia, il tribunale adito, con sentenza 20
aprile 1966, riteneva ingiustificato il rifiuto del Badella di pa
gare il residuo prezzo nel termine fissato e dichiarava risol
to il contratto, convalidando il sequestro e disponendo che gli attori rientrassero nel possesso dei beni.
La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 23 dicem
bre 1967, rigettava il gravame del Badella, il quale proponeva ricorso per cassazione deducendo un mezzo di annullamento,
poi illustrato con memoria. (Omissis) Motivi della decisione. — Con l'unico, complesso mezzo di
annullamento dedotto, il ricorrente principale denuncia la vio
lazione degli art. 1480, 1481, 1489 cod. civ., in relazione
all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e si duole che la corte di merito abbia negato il diritto a una congrua riduzione del
prezzo e di sospenderne nel frattempo il pagamento, benché
gli immobili da lui acquistati fossero risultati gravati da oneri, sia perché compresi in una riserva di caccia, sia perché Cir
condavano da ogni lato un fondo altrui, sicché il proprietario di detto fondo intercluso aveva diritto di chiedere la costi
da ultimo, Cass. 18 novembre 1967, n. 2779, id., Rep. 1968, voce
cit., nn. 56, 57. In ordine al presupposto soggettivo (ignoranza, al momento
del contratto, del pericolo di revindica) della normativa di cui all'art. 1481, v. Trib. Roma 28 maggio 1960, id., Rep. 1960, voce
cit., n. 72 (che esclude ricorra siffatta ignoranza nel caso in cui
l'acquirente di un edificio, risultato privo della licenza di abitabilità, aveva assunto nell'atto a proprio carico « ogni eventuale penalità per la costruzione del fabbricato »).
Contrariamente a quanto si afferma nella seconda massima, Cass. 7 febbraio 1956, n. 357, id., Rep. 1956, voce cit., n. 97, ritiene che ai fini dell'attribuzione (al compratore) della facoltà ex art. 1481 (facoltà che comunque non preclude l'altra di chie dere la risoluzione del contratto ove ne ricorrano gli estremi: Cass. 21 dicembre 1960, n. 3175, id., Rep. 1960, voce cit., n. 71) non rilevi la distinzione fra pericolo (e conseguente timore) derivante da un fatto anteriore alla vendita e pericolo determinato da un evento successivo.
Nel senso che il pericolo di revindica (cui non potrebbero es sere assimilate le riserve o diffide fatte da un terzo prima del ter mine fissato per l'esecuzione del contratto) autorizzi solo la sospen sione del pagamento del prezzo e non anche il rifiuto alla con segna del bene compravenduto, vedi Cass. 8 gennaio 1953, n. 12, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 153, 154; che invece legittimi la so spensione della esecuzione di opere di trasformazione e migliora mento del fondo acquistato ove nella determinazione del prezzo abbia influito l'assunzione del relativo obbligo, v. Cass. 19 no vembre 1967, n. 2935, id., 1968, I, 397.
In dottrina cons. Rubino, La compravendita, 1962, 370 segg.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tuzione di una servitù coattiva di passaggio, sia perché su di
essi v'era una concimaia appartenente a un terzo. In ordine
poi alle specifiche censure in cui il ricorso si articola, il ri
corrente rimprovera alla corte torinese, anzitutto, di avere ri
tenuto rilevante, al fine di escludere qualsiasi responsabilità dei venditori, la circostanza, rimasta accertata attraverso l'as
sunzione di una prova testimoniale, che esso acquirente era
a conoscenza, all'atto della conclusione del contratto, che i
beni erano inclusi in una riserva di caccia e di avere ritenuto
inapplicabile l'art. 1489 cod. civ., secondo cui il compratore
può domandare la risoluzione del contratto, oppure la ridu
zione del prezzo, qualora la cosa acquistata sia gravata da
oneri, o da diritti reali o personali non apparenti che ne di
minuiscano il libero godimento, non dichiarati nel contratto
e sempre che non siano da lui conosciuti aliunde, nonostante
che il requisito della conoscenza o della riconoscibilità del
l'onere da parte del compratore al momento della vendita sa
rebbe rimasto nella specie superato, avendo il venditore garan tito la libertà degli immobili.
La censura sotto codesto aspetto è infondata. È ben vero
che il venditore, di regola, risponde in ogni caso, a norma del
l'art. 1489, qualora nel contratto non si sia soltanto limitato
a tacere l'esistenza di pesi e vincoli, ma ne abbia addirittura
garantito la mancanza con dichiarazione specifica, ossia rela
tiva a determinati pesi, ovvero anche soltanto generica, con
cernente cioè pesi di qualsiasi sorta, non espressamente indi
cati; e ciò perché nell'una e nell'altra ipotesi tale dichiara
zione può determinare un affidamento nel compratore, indu
cendolo ad omettere ogni indagine sulla esatta situazione giu ridica della cosa oggetto del contratto.
Senonché secondo quanto si desume dalla sentenza, i co
niugi Ghione da un lato dichiararono genericamente che le
cose vendute erano libere da pesi e oneri, e dall'altro che le
cose stesse venivano trasferite nello stato di fatto e di diritto
in cui si trovavano e con le servitù inerenti, e in tale situa
zione la corte ritenne, incensurabilmente, conciliando il con
tenuto delle due clausole, che il patto, genericamente formula
to, relativo alla libertà del fondo, non si riferisse ai vincoli
conosciuti dal compratore, tra i quali rientrava quello in pa
rola, ma agli altri eventualmente esistenti, ignorati e non
apparenti. Fondata, è invece, la censura sotto gli altri aspetti pro
spettati. La corte di merito ritenne che l'esistenza di un fondo in
tercluso nell'ambito dei beni compravenduti non avrebbe po
tuto giustificare di per sé la domanda di riduzione del prezzo, dato che il terzo proprietario di detto fondo non aveva pro
posto l'azione per la costituzione di una servitù coattiva di
passaggio e dato che tale costituzione avrebbe comportato il
pagamento di una congrua indennità, e non fece alcun accenno
alla riconoscibilità della ubicazione dei beni, costituiti da vari
appezzamenti e venduti con scrittura privata, senza una pre
cisa indicazione dei confini.
Ora, è esatto che la garanzia sorge e l'azione di risoluzione
o di riduzione del prezzo può essere esercitata nel caso in cui
il diritto del terzo resti accertato con sentenza passata in giu dicato o per il riconoscimento del compratore, come si desu
me dall'art. 1485 cod. civ. richiamato dall'art. 1489 stesso co
dice, ossia quando il diritto acquistato non può essere più
esercitato in tutto il suo normale contenuto. Ma, quando la
cosa venduta sia stata gravata da una servitù prediale, la
corresponsione di un indennizzo, contrariamente a quanto ha
mostrato di ritenere il giudice di appello, non preclude al
l'acquirente l'esercizio delle cennate azioni, posto che detta
corresponsione non toglie che il valore del fondo abbia subito
una menomazione. Resta fermo, ovviamente, l'obbligo dell'ac
quirente di consegnare al venditore la somma ricevuta per tale
titolo, in caso di risoluzione o di conteggiarla in caso di ridu
zione del prezzo.
Prima, invece, che venga accertata la pretesa del terzo,
ove sussista il pericolo effettivo di una azione volta alla co
stituzione di un diritto di godimento o di un onere reale
sulla cosa, il compratore, in base al disposto dell'art. 1481,
richiamato dall'art. 1489, e purché gli estremi della imposi
zione siano anteriori alla stipulazione del contratto, può so
Il Foro Italiano — Volume XCII — Parte I-164.
spendere il pagamento del prezzo, salvo che il venditore
presti idonea cauzione, e nel caso in esame, secondo quanto si desume dalla sentenza impugnata, da un lato era prevedi bile che una eventuale domanda del proprietario del fondo intercluso diretta alla costituzione di una servitù coattiva po tesse essere accolta e dall'altro il venditore non aveva pre stato e nemmeno offerto alcuna garanzia.
Il giudice di appello ritenne anche che l'appellante, pur avendo diritto a una riduzione del prezzo per l'esistenza sui
terreni venduti di una concimaia appartenente a un terzo, si era illegittimamente rifiutato di corrispondere l'intera somma
ancora dovuta, dato che i venditori in un primo tempo ave
vano proposto di rimuovere detta concimaia e poi si erano dichiarati disposti a ridurre il prezzo convenuto di lire cento
mila, e data la scarsa incidenza nella economia del contratto della occupazione di pochi metri di terreno.
Ma il Badella non era tenuto ad appagarsi della promessa, che per altro non consta che sia stata mantenuta, di rimozione
della concimaia e della somma offerta dai venditori. E, una
volta accertata l'esistenza dell'onere e ammesso il diritto del
compratore a ottenere una congrua riduzione del prezzo, il
giudice di merito avrebbe dovuto determinare detta riduzione, decidendo la relativa domanda, ritualmente proposta in via
riconvenzionale, a nulla rilevando in contrario la modesta
entità di tale riduzione, poiché questa circostanza avrebbe po tuto essere presa in considerazione, a norma dell'art. 1455 al
lo scopo di stabilire la gravità dell'inadempimento qualora il
Badella avesse domandato la risoluzione del contratto.
Anche sotto tale riflesso, pertanto, appariva legittima la
sospensione del pagamento del prezzo in base al disposto degli art. 1481 e 1489, dovendosi ritenere che tale diritto, che costi
tuisce un'applicazione dell'eccezione di inadempimento, e che
è ammesso per il caso in cui vi sia fondato pericolo che il
godimento della cosa da parte del compratore venga meno
mato, competa a più forte ragione in attesa della definizione
del giudizio promosso dall'acquirente, allorquando la diminu
zione del godimento della cosa sia già avvenuta, e può essere
reso inefficace dal venditore con la prestazione di una idonea
garanzia. Passando all'esame del ricorso incidentale, i coniugi Ghio
ne denunciano, con il primo motivo, la violazione dell'art.
1454, cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., in quanto la corte torinese avrebbe omesso di prendere in
esame la circostanza decisiva che il Badella aveva lasciato
trascorrere il termine di quindici giorni fissatogli nella dif
fida ad adempiere. La censura è inammissibile, perché i ricorrenti in via in
cidentale non hanno interesse, che è determinato dalla soc
combenza, a denunciare l'omesso esame di una questione che il giudice di merito ha ritenuto assorbita e che, in ipotesi di
cassazione della sentenza impugnata per accoglimento del ri
corso principale, sempre che sia stata ritualmente dedotta nel
gudizio di secondo grado, può essere riproposta davanti al
giudice di rinvio.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione
degli art. 1363 e 1367 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere la corte di merito qualificato « di stile » la clausola con la quale nella scrittura privata si
era detto che gli immobili venivano venduti « nello stato di
fatto e di diritto » in cui si trovavano e per avere addebitato
conseguentemente a essi venditori di aver taciuto l'esistenza
dei pesi. Ma, stabilire se tale clausola generica, invalsa nella pratica,
sia soltanto di stile o sia invece l'espressione di una concreta
volontà negoziale e abbia, quindi, efficacia normativa del rap
porto, costituisce un giudizio di merito, insindacabile in sede
di legittimità, se congruamente motivato, e nel caso in esame
la corte dette ragione del proprio convincimento rilevando,
tra l'altro, che la clausola era in contrasto con l'altra, conte
nuta nella medesima scrittura, concernente la libertà dei beni
venduti.
Con il terzo e ultimo motivo i ricorrenti incidentali denun
ciano la violazione degli art. 1480 e 1489 cod. civ. e sostengono
che il giudice di appello non avrebbe indicato le ragioni per
le quali il Badella aveva diritto alla riduzione del prezzo e
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2587 PARTE PRIMA 2588
avrebbe dovuto ritenere che la concimaia non costituiva un
vero e proprio onere, dato che il proprietario vicino aveva
riconosciuto di non avere diritto a mantenerla e si era di
chiarato disposto a rimuoverla. In ordine a tale censura va rilevato che la corte di merito
ritenne che il Badella, pur non potendo rifiutare il pagamento della somma ancora dovuta, aveva tuttavia diritto a ottenere
la riduzione del prezzo convenuto, avendo accertato incensu
rabilmente l'esistenza sui beni oggetto della compravendita di
una concimaia appartenente a un terzo; esistenza, che, peral
tro, era ammessa dagli stessi venditori, i quali sostenevano di
essersi impegnati a rimuoverla e di aver offerto una riduzione
del prezzo. La censura, quindi, urta contro l'apprezzamento di fatto del giudice di merito ed è in contrasto con la tesi
prospettata dai ricorrenti nel giudizio di appello.
Accolto, per quanto di ragione, il ricorso incidentale, va
ordinata la restituzione del deposito, e la causa va rimessa
ad altro giudice per nuovo esame. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione I civile; sentenza 30 aprile 1969, n. 1398; Pres. Ros
sano P., Est. Gerì, P. M. Trotta (conci, conf.); Finanze
(Avv. dello Stato Soprano) c. Azienda municipalizzata ac
quedotto di Ancona (Avv. Di Mattia, Ferretti).
(Cassa App. Ancona 22 aprile 1966)
Registro — Somministrazione di acqua, gas ed energia elet
trica — Contratti di fornitura alle pubbliche amministra
zioni — Aliquota ridotta — Applicabilità (R. d. 30 dicem
bre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 94; ali. A, art.
52; all. D, art. 46).
Ai contratti di somministrazione di acqua, gas ed energia elet
trica stipulati dalle pubbliche amministrazioni con atto pub
blico, da registrare in termine fisso, deve essere applicata
l'aliquota ridotta prevista dall'art. 46 della tariffa all. D
della legge del registro per gli stessi contratti, redatti per scrittura privata e da registrare solo in caso d'uso. (1)
(1) In senso conforme si è pronunciata la Commiss. imp. Lucca 30 settembre 1964, Foro it., Rep. 1966, voce Registro, n. 515, con
nota di G. Greco, in Dir. e pratica trib., 1966, II, 36; nei precisi termini, Cass. 26 giugno 1935, n. 2475 (Foro it., 1935, I, 1669, con nota di richiami a precedenti conformi), per la quale l'aliquota ridotta non è applicabile ad un vero e proprio contratto di ap palto.
Secondo una non recente decisione della C. centrale 31 gen naio 1951, n. 19970, id., Rep. 1952, voce cit-, n. 200, i contratti di somministrazione di acqua, gas ed energia elettrica sono esenti dalia registrazione in termine fisso anche se siano stipulati dalla pubblica amministrazione (al contrario di quanto ritenuto nella sentenza annotata), ma se vengano registrati in caso d'uso, deve applicarsi l'aliquota ridotta (ed in questo la decisione concorda con la sentenza predetta); anche per C. centrale 29 marzo 1950, n. 11802, ibid., nn. 202, 203, la somministrazione di acqua al comune da parte del concessionario del servizio dà luogo all'ap plicazione dell'aliquota ridotta solo se trattisi di scrittura privata e questa venga registrata in caso d'uso, fermo restando che in caso di contratto di appalto deve, invece, applicarsi la tariffa di cui all'art. 52 della tariffa ali. A.
In dottrina: G. Greco, Atto di somministrazione di acqua, sti pulazione in forma pubblica e applicabilità dell'aliquota ridotta ex art. 46 tariffa D della legge di registro, in Dir. e pratica trib., 1966, II, 36; Brundi, Le somministrazioni periodiche nella legge del registro, in Riv. fise., 1961, 390; Chiarello, La tassa di registro per lavori, forniture e somministrazioni, in Nuova rass., 1959, 1698; Jammarino, Commento alla legge sulle imposte di registro, 1959, III, 231; Rastello, Tassazione del contratto col quale una ditta produttrice si obbliga di somministrare acqua ad amministrazioni statali o parificate, in Riv. trib., 1953, 95.
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — L'azienda
comunale acquedotto di Ancona, con atto in forma pubblica amministrativa 22 luglio 1946, stipulò con l'amministrazione
delle ferrovie dello Stato un contratto per fornitura di acqua
potabile alla stazione ferroviaria di Ancona e ad altri edifici del
la stessa amministrazione. L'ufficio del registro, presso il quale l'atto era stato registrato gratuitamente, richiese all'azienda il
pagamento dell'aliquota del 2 % (lire 38.472) poiché il con
tratto non poteva beneficiare del trattamento di cui all'art. 46
all. D legge di registro, ma sottostare a quello previsto nel
l'art. 3 legge 23 marzo 1940 n. 283. (Omissis) Motivi della decisione. — Nel primo motivo del ricorso
l'amministrazione finanziaria dello Stato, denunziando la viola
zione dell'art. 11 disposizioni della legge in generale in relazione
all'art. 3 legge 23 marzo 1940 n. 283 e degli art. 34 e 46 tab. D
della legge organica di registro, censura la denunziata sentenza
per non aver ritenuto che l'art. 46 tab. D allegata alla legge di
registro doveva ormai considerarsi abrogato dall'art. 3 legge 23 marzo 1940 n. 283, il quale, oltre ad essere posteriore, con
terrebbe una disposizione di carattere generale in contrasto
con quella del citato art. 46 tab. D.
La censura è destituita di fondamento. Occorre anzitutto
precisare come lo speciale trattamento tributario previsto nel
predetto art. 46 tab. D relativamente alle somministrazioni di
acqua, gas ed energia elettrica, sia stato sempre ritenuto com
patibile con l'art. 94 legge organica, diretto a disciplinare sog
gettivamente il carico tributario negli atti stipulati fra lo Stato
ed i privati. La sopravvenuta disposizione di cui all'art. 3 legge n. 283
del 1940 è stata dettata in deroga all'art. 94 legge di registro, limitatamente ai contratti di compravendita e di appalto, nel
senso che l'imposta relativa a detti atti avrebbe dovuto in
ogni caso gravare sul privato contraente, in ragione del 2 %.
Questa deroga non tocca dunque la perdurante efficacia
dell'art. 46 tab. D, sia perché non riguarda i contratti di som
ministrazione, sia perché sono disposizioni che concernono
fattispecie differenti fra loro perfettamente compatibili. Per
tanto la successione cronologica della legge n. 283 del 1940 si
rivela del tutto irrilevante ed è perciò priva dell'efficacia abro
gatrice, attribuitagli dalla ricorrente amministrazione.
Con il secondo mezzo si denunzia la violazione dell'art. 46
tab. D allegata alla legge di registro nonché degli art. 52 tariffa
A e 94 della legge stessa, poiché la prima delle indicate norme
riguarda soltanto i contratti di fornitura risultanti da scrittura
privata e non già da pubblico atto amministrativo registrabile in termine fisso anziché in caso d'uso, come gli atti contemplati nella tabella D. La denunciata sentenza, applicando la norma
in contrasto con la sua vera portata, l'avrebbe arbitrariamente
scissa in due distinte disposizioni, delle quali la prima riferita
alle scritture private e la seconda, con la stessa aliquota ridotta,
applicabile a tutti i contratti di fornitura d'acqua, gas ed ener
gia elettrica, indipendentemente dalla forma assunta. Anche questa seconda censura è destituita di fondamento.
La giurisprudenza di questa Suprema corte è sempre stata
orientata, nella soggetta materia, nel senso di dare prevalenza alla sostanziale ratio della norma, portatrice di una agevolazione tributaria, rispetto alla forma presa in considerazione negli atti
soggetti al tributo (cosi anche la sent. n. 2475 del 26 giugno 1935, Foro it., 1935, I, 1669).
Nel solco di questo indirizzo non si può non rilevare che
l'aliquota di favore relativa alle forniture di acqua, gas ed
energia elettrica, in deroga alla generale disposizione del
l'art. 52 tariffa A allegata alla legge di registro, è volta a favo
rire la produzione ed il godimento di beni essenziali per la
vita, quali sono appunto quelli predetti, dalla maggior diffusione
dei quali dipendeva e dipende un più alto tenore di vita
degli utenti. Questa fondamentale finalità della norma, che
non viene certamente meno se l'utente, anziché nel privato, si
identifica nella pubblica amministrazione, postula però un
uguale trattamento delle corrispondenti forniture, indipendente mente dalla forma giuridica conferita all'atto con il quale ven
gano realizzate.
Le considerazioni della ricorrente, secondo cui il maggior onere previsto per gli atti pubblici di fornitura, in base alla
tesi sostenuta nel ricorso, sarebbe compensato dalla particolare
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