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sezione III civile; sentenza 6 dicembre 1994, n. 10457; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est....

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sezione III civile; sentenza 6 dicembre 1994, n. 10457; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Giuliano, P.M. Aloisi (concl. diff.); Cortese (Avv. Palmieri, Ciuti) c. Soc. Sip (Avv. Sgromo). Cassa App. Roma 3 settembre 1989 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 11 (NOVEMBRE 1995), pp. 3257/3258-3261/3262 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190406 . Accessed: 28/06/2014 10:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 10:27:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 6 dicembre 1994, n. 10457; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.Giuliano, P.M. Aloisi (concl. diff.); Cortese (Avv. Palmieri, Ciuti) c. Soc. Sip (Avv. Sgromo).Cassa App. Roma 3 settembre 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 11 (NOVEMBRE 1995), pp. 3257/3258-3261/3262Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190406 .

Accessed: 28/06/2014 10:27

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

rare solo nell'ambito dei turni predisposti mensilmente, risul

tando quindi inapplicabile per il «recupero» di lavoratori usciti

dal turno, in relazione ad eventi successivi alla programmazione

periodica; dall'altro, la collocazione a disposizione non si confi

gura — anche perché presuppone l'iniziativa del dipendente che

interpella l'ufficio del personale — come normale modalità di distribuzione dell'attività (in deroga al turno programmato) ma

è riferibile (salvo quanto si rileverà in seguito) solo al recupero di prestazioni per casi specifici in cui, pur essendo mancata l'at

tività del singolo addetto, permane comunque l'onere retributi

vo a carico della azienda per il periodo di forzata inutilizzazione.

Nel sistema considerato nella sentenza impugnata non trova alcuno spazio, come implicazione logicamente necessaria, la pro

spettazione (su cui si fondano essenzialmente le censure) dell'e

sigenza aziendale — assolutamente non dimostrata — di una

successiva e progressiva reintegrazione, nella fase di attuazione

del turno già programmato, dei contingenti dei «riservisti» e

dei «disponibili» ridotti per l'utilizzazione di addetti destinati al volo. L'esistenza e l'entità di tali contingenti deve ritenersi

infatti preventivamente valutata nella programmazione azienda

le in relazione alle presumibili esigenze dell'intero arco tempo rale del turno, tenendo indubbiamente conto anche della pro

gressiva diminuzione di dette riserve nell'ambito dello stesso pe riodo a causa della utilizzazione degli addetti necessari, e dunque senza necessità di successivi adattamenti mediante un meccani

smo di sostituzioni «a catena».

Resta da dire della particolare ipotesi, cui si è sopra accenna

to, della collocazione a disposizione del personale a seguito di

ritardi nella presentazione in servizio, in cui non sono evidente

mente prospettabili i presupposti per il recupero della prestazio ne che ricorrono negli altri casi considerati (v. supra, sub c). A questo dato non può essere peraltro assegnato valore decisivo

per la corretta soluzione della lite, mancando ogni elemento che

consenta di riferire tali casi a un normale modo di utilizzazione

della prestazione lavorativa, anziché a specifiche vicende indivi

duali — prive di intrinseca rilevanza ai fini dell'indagine sulle caratteristiche dell'organizzazione aziendale — in cui la società

datrice di lavoro ha ritenuto di non escludere, di fronte a com

portamenti punibili disciplinarmente, lo svolgimento dell'attivi

tà lavorativa.

Appare cosi irrilevante l'argomentazione relativa al trattamento

«più sfavorevole» riservato agli aderenti allo sciopero, nono

stante l'«autoregolamentazione» dell'agitazione (che non pote va comunque incidere sulle possibilità di impiego del personale, una volta programmati i turni di avvicendamento).

Le censure formulate dalla ricorrente non pongono dunque in evidenza un difetto della motivazione della decisione, sotto

il profilo della mancata valutazione di una circostanza obiettiva

acquisita alla causa, e si risolvono in una critica della ricostru

zione della fattispecie concreta, formulata in relazione al coor

dinamento dei vari elementi probatori; ma questa ricostruzione

rimane nell'ambito delle possibilità di apprezzamento dei fatti

e, non contrastando con criteri logici, appartiene al convinci

mento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legit timità.

Per la stessa ragione, non è ravvisabile il denunciato vizio

di violazione dell'art. 384 c.p.c. e dei principi posti dall'art.

1206 c.c.: il giudice del rinvio ha puntualmente svolto — secon

do i criteri indicati nella sentenza di annullamento — l'indagine relativa alla legittimità del rifiuto delle prestazioni offerte, sta

bilendone il nesso con la mancata prestazione del lavoro «quale

conseguenza della particolare turnazione del trasporto aereo», da cui deriva una stretta correlazione tra la quantità di presta zioni lavorative rese impossibili dallo sciopero e l'ammontare

della retribuzione non corrisposta. Risulta infine infondata, alla luce delle considerazioni finora

svolte, la doglianza secondo cui la sentenza impugnata avrebbe

posto a carico dell'attuale ricorrente l'onere di provare l'inuti

lizzabilità delle prestazioni lavorative in questione: questo crite

rio non è stato affermato nella decisione (che richiama invece

il principio secondo cui tale dimostrazione deve essere fornita,

al fine di escludere l'obbligo retributivo, dal datore di lavoro) ed il giudice del rinvio ha comunque basato il proprio convinci

mento non sull'applicazione della regola residuale di giudizio sull'onere della prova, ma su un compiuto esame delle risultan

ze acquisite, idonee all'accertamento in ordine alla fondatezza

o meno della pretesa. Il ricorso deve essere quindi respinto.

Il Foro Italiano — 1995.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 di

cembre 1994, n. 10457; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Giuliano, P.M. Alotsi (conci, diff.); Cortese (Avv. Pal

mieri, Ciun) c. Soc. Sip (Avv. Sgromo). Cassa App. Roma

3 settembre 1989.

Telefono — Regolamento di servizio — Elenco telefonico —

Erronea indicazione del nome dell'utente — Omessa indica

zione di elemento identificativo essenziale — Responsabilità della società concessionaria — Fattispecie (D.p.r. 29 marzo

1973 n. 156, approvazione del t.u. delle disposizioni legislati ve in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, art. 6, 283; d.m. 11 novembre 1930, regolamento del servizio

telefonico, art. 25).

Posto che l'erronea indicazione nell'elenco abbonati del preno me di un utente, unitamente al mutamento d'indirizzo, può

ingenerare nel pubblico il convincimento che si tratti di una

persona diversa e, quindi, dar luogo, se relativa ad un 'utenza

professionale, ad uno sviamento di clientela, sussiste la re

sponsabilità della concessionaria del servizio telefonico senza

che possa operare l'esonero contemplato dal regolamento di

servizio, vigente all'epoca dei fatti, con riferimento ad errori

od omissioni tali da non escludere l'individuazione dell'abbo

nato e, comunque, non gravi. (1)

(1) La sentenza, resa quasi contemporaneamente a Corte cost. 30 di cembre 1994, n. 456 {Foro it., 1995, I, 1, con osservazioni di R. Par

dolesi), nel collocarsi a pieno titolo in quella provincia dell'ordinamen to giuridico denominata correntemente 'diritto privato dei consumatori'

(sull'argomento, cfr., da ultimo, G. Alpa, Il diritto dei consumatori, Bari, 1995), interviene in materia di responsabilità della concessionaria del servizio telefonico (già Sip, ora Telecom) per l'omessa inclusione del nome dell'utente negli elenchi telefonici.

Nello specifico, oggetto del contendere è l'ambito d'applicazione del l'art. 25, 3° comma, d.m. 11 novembre 1930, contemplante l'esonero da responsabilità per omissioni od errori di numeri, diciture, qualifiche, titoli, indirizzi. In subiecta materia, successivamente all'instaurazione della controversia portata all'esame del giudice di legittimità, sono in tervenuti: a) il d.m. 8 settembre 1988 n. 484, del quale (prima da Tar

Lazio, sez. II, 8 novembre 1990, n. 1966, Foro it., 1991, III, 444, e

poi da Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 1992, n. 842, id., 1993, III, 147, entrambe annotate da N. Mazzia), sono state dichiarate illegittime le clausole contenenti uno speciale regime della responsabilità del con

cessionario, tale da non garantire all'utente un ristoro serio e non fitti zio del danno subito per colpa di quest'ultimo; b) il d.m. 13 febbraio 1995 n. 191 (approvazione del regolamento di servizio per l'abbona mento telefonico, in G.U. 26 maggio 1995, n. 121 ed in Le leggi, 1995, I, 1555), contenente le nuove clausole del regolamento di servizio resesi necessarie a seguito della pronuncia del giudice amministrativo (il testo

aggiornato del regolamento di servizio si legge in Guida al diritto, 1995, n. 24, con osservazioni di F. Sciarretta; sulla legittimità del ricorso allo strumento regolamentare, indipendentemente da qualsiasi 'paletto' legislativo e sulla potestà regolamentare del governo, a seguito della 1. 400/88, oltre ai richiami contenuti nelle citate osservazioni di Mazzia a Cons. Stato 842/92, si rinvia a M. A. Grippa Salvetti, «Regolamen ti delegati» e riserve di legge, in Rass. trib., 1994, 1905).

Soltanto qualche mese prima del varo del nuovo regolamento di ser

vizio, come si è detto, la Consulta, proseguendo la sua opera di demoli zione dell'art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 — reiteratamente portato al suo vaglio, al fine di ripristinare in tale settore il regime di diritto comune: cfr. Corte cost. 28 febbraio 1992, n. 74, id., 1992 I, 1353, con osservazioni di R. Pardolesi e nota di F. Cosentino; 20 dicembre 1988, n. 1104, id., 1989, I, 1; 17 marzo 1988, n. 303, ibid., 56, con osservazioni di G. Marziale — ha dichiarato l'illegittimità della norma nella parte in cui esclude la responsabilità della società concessionaria del servizio telefonico per le erronee indicazioni nell'elenco abbonati, come specificate dall'art. 25 d.m. 11 novembre 1930.

Di primo acchito verrebbe fatto di ritenere che l'odierno intervento della Cassazione possa considerarsi l'epilogo di un braccio di ferro fra utenza e concessionaria, ormai destinato a composizione mercé la rego lamentazione indicata; ma non è punto scontato che tale epidermica valutazione potrà reggere alla prova dei fatti.

Andiamo per ordine. La decisione in epigrafe, nel solco di una tradi

zione ormai consolidata (cfr. Cass. 5 gennaio 1981, n. 20, id., Rep. 1981, voce Telefono, n. 3; 15 luglio 1980, n. 4537, id., 1981, I, 122; 25 gennaio 1979, n. 564, id., Rep. 1979, voce cit., n. 6; 23 aprile 1975, n. 1582, id., 1976, I, 779. La prima decisione che ha riconosciuto la

natura contrattuale del diritto all'inclusione dei dati negli elenchi, si da escludere l'esperibilità di un'azione extracontrattuale, è stata Cass. 26 settembre 1970, n. 1717, id., Rep. 1971, voce Responsabilità civile, n. 42. Per la giurisprudenza di merito, si rinvia a Trib. Milano 5 feb braio 1987; Trib. Catania 30 gennaio 1986, entrambe inedite; Trib.

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3259 PARTE PRIMA 3260

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 21 aprile 1987 l'aw. Cortese Roberto conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Sip s.p.a. chiedendone la con

danna al risarcimento dei danni da lui subiti in conseguenza della errata intestazione della utenza telefonica di cui egli era

titolare e del mancato o errato inserimento del suo nominativo nell'elenco degli abbonati relativo all'annata 1986-1987.

In particolare, l'istante assumeva che, dopo avere stipulato il 15 maggio 1986 con la Sip un contratto di utenza telefonica

relativa al proprio studio professionale in Roma, via Civinini, n. 49, aveva constatato che la prima bolletta era erroneamente

intestata a «Cortese avv. Renato» anziché «Roberto»; che la

Sip, nonostante il suo invito a rettificare l'errore, non vi aveva

provveduto tempestivamente tanto che l'errata indicazione fu

riprodotta anche nell'elenco telefonico relativo all'annata

1986-1987; che tale errore nelle bollette e nell'elenco telefonico

Milano 13 giugno 1985, id., Rep. 1987, voce Telefono, n. 7, e Giur.

it., 1987, I, 2, 216, con nota di M. Bonati), ha escluso che l'esonero da responsabilità della concessionaria, previsto dal regolamento di ser vizio del 1930, possa operare in ipotesi d'inadempimento totale all'ob

bligo di inclusione dei nominativi degli utenti all'interno degli elenchi. Partendo dal rilievo secondo cui nell'elenco era stato erroneamente ri

portato il prenome dell'abbonato (errore ripetuto negli anni 1986 e 1987, nonostante le rettifiche inviate da quest'ultimo), svolgente la professio ne forense, la Cassazione ha concluso con il ritenere che la Sip di fatto, anche per il concomitante trasferimento dello studio, avesse totalmente

inadempiuto l'obbligo contrattualmente previsto, posto che la diversità del prenome (considerato al pari di un elemento essenziale d'identifica

zione), unitamente alla variazione d'indirizzo, avrebbe potuto «ingene rare nel pubblico il convincimento che trattasi di persona diversa». Di

qui, l'annullamento della sentenza del giudice d'appello, laddove non era stato correttamente esaminato il profilo risarcitorio per sviamento di clientela. Per contro è stato disatteso l'ulteriore motivo di doglianza relativo all'omessa deduzione, ai fini fiscali, delle spese telefoniche.

Dal tenore sostanzialmente analogo, ma di maggiore spessore teori

co, perché predicata sulla distinzione fra adempimento inesatto (omessa od erronea indicazione di numeri, diciture, qualifiche, titoli, indirizzi, ecc.) e totale inadempimento (omessa od erronea indicazione del no

me), Cass. 4537/80, cit., s'è ingegnata nel rintracciare una via pratica bile per coniugare il diritto dell'utente all'inserimento gratuito di tutte le indicazioni strettamente necessarie alla propria individuazione con il livello di diligenza esigibile nei confronti della controparte. In que st'ordine d'idee, ad avviso della pronuncia da ultima indicata, il regola mento di servizio prevedeva un esonero da responsabilità con riferimen to a parziali (e secondarie) inesattezze od omissioni, non operante nelle

ipotesi di colpa grave, quali quelle afferenti il nome dell'utente, secon do una ratio assimilabile a quella racchiusa nell'art. 1229 c.c. Norma, quest'ultima, ritenuta inapplicabile nella specie, trattandosi di un caso in cui la limitazione della responsabilità risulta prevista da un'espressa norma di legge (soluzione già avanzata da Cass. 23 maggio 1955, n.

1522, Foro it., 1955, I, 1649). Al riguardo, mette conto sottolineare che la derivazione legislativa della limitazione della responsabilità risul

tala) mediata dall'art. 6 d.p.r. 156/73, dall'art. 283 dello stesso decre to, secondo il quale «la richiesta di abbonamento implica accettazione di tutte le norme contenute nel regolamento di servizio» ed in ultimo dall'art. 1 d.m. 484/88. È tutt'altro che comprensibile quanto un siffat to meccanismo di determinazione del regime di limitazione della re

sponsabilità filtri attraverso il crivello legislativo, posto che la portata della limitazione legislativa della responsabilità può prendere sostanza soltanto mediante le previsioni regolamentari adottate dal ministero delle poste (cfr., in termini, Corte cost. 456/94, cit., sul punto si rinvia alle osservazioni contenute in N. Mazzia, Il nuovo regolamento del servizio telefonico: dove va la tutela dei diritti degli utenti?, id., 1989, I, 270).

Si è ricordato che a seguito della dichiarazione d'illegittimità delle clausole del regolamento di servizio contenute nel d.m. 484/88, perché inidonee ad assicurare un 'ristoro serio e non fittizio', il ministero delle

poste ha varato il d.m. 191/95 (preceduto da Cons. Stato, ad gen., 15 dicembre 1994, n. 273, id., 1995, III, 397), nel tentativo di tappare le falle aperte nell'impianto normativo del regolamento di servizio.

Parrebbe, ma il condizionale è d'obbligo per le ragioni tra breve indi

cate, che dopo sessantacinque anni dal primo regolamento di servizio la saga della responsabilità della concessionaria del servizio telefonico

possa, ormai, ritenersi giunta al capolinea! Infatti, ferma la forfetazio ne di un indennizzo avulso dalla prova del danno, in linea con quanto sancito dall'art. 28 della convenzione tra la Sip ed il ministero delle

poste, l'utente potrebbe, comunque, chiedere il maggior danno secondo le norme di diritto comune. In tal senso, vale la pena di riportare inte

gralmente il nuovo 3° comma dell'art. 1 d.m. 484/88 (introdotto dal d.m. 191/95): «La previsione nel presente regolamento d'indennizzi a carico del concessionario non esclude l'azionabilità degli ordinari rime di previsti dall'ordinamento in caso di danno da inadempimento». Pun

ii. Foro Italiano — 1995.

non gli avrebbe consentito di detrarre dai propri redditi, ai fini

fiscali, le spese telefoniche sostenute e nel contempo avrebbe

impedito a clienti e colleghi di rintracciare il suo nuovo studio

trasferito in via Civinini, n. 49; che la dovuta correzione era

stata effettuata, nonostante ripetuti solleciti, soltanto nel marzo

dell'anno 1987, per cui egli aveva subito pregiudizio di cui con la Sip doveva rispondere ai sensi degli art. 1175, 1176 e 1375 c.c.

Instauratosi il contraddittorio, la Sip contestava, in particola

re, che sussistesse ai sensi degli art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973

n. 156 e 25 del regolamento di servizio (d.m. 11 novembre 1930), un diritto soggettivo dell'utente del servizio telefonico al corret

to inserimento del proprio nominativo negli elenchi telefonici

quale forma di pubblicità dell'attività professionale. Il tribunale adito, con sentenza in data 15 febbraio/6 marzo

1989, in accoglimento della domanda, condannava la Sip a pa

gare a favore dell'attore la somma di lire 10.000.000 a titolo

tualizzazione, quest'ultima, men che secondaria, ove si consideri che la strategia giudiziale della concessionaria si è abitualmente risolta nel brandire minacciosamente le norme regolamentari progressivamente ca dute sul campo, proprio perché inidonee ad assicurare un serio e non fittizio ristoro (si che appariva contraddittoria l'affermazione difensiva

spesa dalla Sip, appellante nel giudizio sfociato in Cons. Stato 842/92, a cui dire le norme del d.m. 484/88, poi dichiarate illegittime, non avreb bero escluso la risarcibilità del maggior danno).

Si è già visto che il regolamento del 1988, pur prevedendo un com plesso di norme volte a propiziare una pronta liquidazione del danno, senza oneri di specifiche allegazioni, in linea con l'art. 28 della citata

convenzione, risultava sganciato da qualunque riferimento, anche gene rico, all'effettività ed all'obiettività del danno, poiché ragguagliato al

parametro del canone d'abbonamento. A mo' d'esempio, tanto per rimanere al tema scrutinato dalla senten

za in epigrafe, per l'ipotesi d'errata indicazione (o d'omissione totale) del nome dell'abbonato o del suo numero telefonico, l'art. 26, 2° com

ma, contemplava la corresponsione, da parte del concessionario, di un'in dennità pari al canone di abbonamento annuo previsto per la rete urba na. Proprio l'irragionevolezza di una tale deroga al regime della piena risarcibilità dei danni da inadempimento del concessionario, non giusti ficata da ragioni sottese al pubblico servizio, ha offerto il destro a Cons. Stato 842/92 per censurare il meccanismo di computo regolamentare.

Al riguardo, l'art. 5 del regolamento 191/95 affianca alla correspon sione di un indennizzo (affatto esiguo!) alcune forme di risarcimento in forma specifica, oltre una prestazione supplementare in caso d'indi cazione sull'elenco di un numero non ancora assegnato. Infatti, «Nei casi di errata indicazione nell'elenco alfabetico degli abbonati del nomi nativo ovvero del numero telefonico, come pure nei casi di omissione

totale, sempreché, non dovuti a forza maggiore o a fatto imputabile all'abbonato, il gestore del servizio pubblico provvede a comunicare, mediante messaggio in bolletta o altro mezzo idoneo, le relative rettifi che al domicilio di tutti gli abbonati della rete urbana interessata non oltre quattro mesi dalla distribuzione degli elenchi alfabetici. A tal fine l'abbonato comunica al gestore del servizio pubblico, a mezzo racco mandata con avviso di ricevimento, i dati necessari per la rettifica entro venti giorni dall'ultimo giorno di distribuzione degli elenchi. Quest'ulti mo termine è evidenziato con idonea modalità nella bolletta del bime stre che precede detta distribuzione. La società è comunque tenuta a

corrispondere, per il periodo intercorrente tra la consegna degli elenchi alfabetici e la comunicazione di rettifica, un indennizzo pari al doppio del canone di abbonamento previsto dal decreto tariffario vigente al momento della liquidazione. Oltre alle iniziative previste nei commi pre cedenti, il gestore del servizio pubblico provvede ad apportare le rettifi che sull'apposito servizio 12 'Informazioni elenco abbonati' non appe na pervenuta la comunicazione da parte dell'interessato. Tale rettifica ed il relativo servizio d'informazione sono gratuiti. Nel caso in cui al l'abbonato sia attribuito in elenco un numero non ancora assegnato la società provvede, inoltre, ad assicurare un servizio gratuito d'infor mazione a mezzo fonoripetitore singolo per un periodo di trenta giorni».

A fronte di una tale innovazione, resta il dubbio se il termine previ sto dall'art. 26, 3° comma, per l'invio da parte dell'abbonato della richiesta di rettifica abbia natura perentoria e, quindi, l'inutile decorso

precluda la possibilità di ripristinare la corretta informazione e con essa la stessa possibilità di erogazione dell'indennizzo previsto dal successivo 4° comma, lasciando il campo all'esperimento di un giudizio per ina

dempimento contrattuale secondo il diritto comune. Al riguardo, vien fatto di osservare come l'inosservanza da parte dell'abbonato del termi ne di venti giorni per comunicare alla concessionaria l'errore riscontra to non mancherà di essere invocato come concorrente fatto colposo del creditore, si da propiziare una riduzione del danno risarcibile.

Ma non basta. Resta immutato il contenuto dell'ultimo comma del l'art. 26, non intaccato dalla decisione del Consiglio di Stato del 1992, dalla cui lettura si evince che, «Salvi i casi di cui sopra, la società non assume alcuna responsabilità in caso di errori od omissioni di diciture

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di risarcimento dei danni derivati sia da mancata deduzione fi

scale di quattro bollette sia dal calo del volume degli affari del

lo studio professionale. La Corte di appello di Roma, con la sentenza ora impugnata,

in riforma della sentenza di primo grado, respingeva totalmente

la domanda.

La corte motivata la propria decisione osservando che ai sen

si dell'art. 25 del regolamento per il servizio telefonico va esclu

sa la responsabilità della società concessionaria del servizio tele

fonico nel caso di errori e di omissioni che non escludono la

individuazione dell'utente o comunque non gravi; che la presen te fattispecie rientrava in questa categoria; che, peraltro, la do

manda non avrebbe potuto essere accolta non essendo stato pro vato il danno; che il danno costituito dalla impossibilità di de durre ai fini fiscali le spese telefoniche avrebbe potuto essere

evitato allegando alla dichiarazione annuale dei redditi una re

lazione esplicativa eventualmente assistita da una attestazione

della Sip e che il danno derivato dalla diminuzione del numero

degli affari non era ipotizzabile perché il rapporto tra l'avvoca

to e il cliente si instaura per ragioni fiduciarie non attraveso

la consultazione dell'elenco telefonico.

Avverso detta sentenza l'avv. Cortese Roberto ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due complessi motivi illu

strati da memoria. La Sip ha resistito con controricorso. Motivi della decisione. — Con i due motivi del ricorso, che

per ragioni di connessione logico-giuridica vengono esaminati

congiuntamente, il ricorrente, denunciando la violazione e la

falsa applicazione degli art. 25 del regolamento per il servizio

telefonico (d.m. 11 novembre 1930), 6 d.p.r. 29 marzo 1973

n. 156, 1175, 1176, 1374 e 1375 c.c. nonché il difetto di motiva zione della sentenza impugnata, deduce che la corte di appello ha errato nel respingere la sua domanda di risarcimento dei danni

subiti per effetto della errata indicazione del suo nominativo

nell'elenco telefonico. In particolare, gli errori consistono nel

non avere considerato: che l'esatta individuazione della persona dell'utente costituisce un obbligo della Sip e che nel caso in

esplicative, indirizzi, o altre indicazioni riportate nella pubblicazione suddetta, né per quanto attiene la veridicità delle qualifiche e titoli di chiarati dall'utente». A parte quest'ultima puntualizzazione, volta a ri

marcare l'estraneità della concessionaria per i danni subiti da terzi in

relazione alle indicazioni fornite dall'utente (analoga disciplina è previ sta dall'art. 18 d.m. 13 luglio 1995 n. 385, regolamento recante norme

sulle modalità di espletamento dei servizi audiotex e videotex, in G.U.

18 settembre 1995, n. 218 e Le leggi, 1995, I, 3048), non si può prescin dere dall'osservare che l'esclusione di ogni responsabilità in caso di er rori od omissioni di diciture esplicative, indirizzi, o altre indicazioni

riportate nella pubblicazione (diverse dall'errata indicazione nell'elenco

del nominativo ovvero del numero telefonico, contemplate dal 3° com

ma) porrà un problema di legittimità costituzionale dell'art. 6 d.p.r. 156/73 non dissimile da quello risolto da Corte cost. 456/94. Infatti, in tale occasione il giudice delle leggi ha censurato l'art. 6, sostanziato dall'art. 25 d.m. 11 novembre 1930, perché «il totale esonero da re

sponsabilità del concessionario per omissioni o errori di numeri, dicitu

re, qualifiche, titoli, indirizzi e quant'altro risulti necessario all'indivi duazione dell'abbonato e della sua utenza telefonica, non trova una

ragionevole giustificazione in esigenze proprie del servizio telefonico, in vista delle quali soltanto va considerata in linea con i principi costi tuzionali la configurabilità di una disciplina speciale nella materia della

responsabilità stessa, a fronte di quella prevista in via generale dal codi ce civile. Disciplina speciale che, d'altronde, viene ad alterare — per la disposta esclusione di un qualunque risarcimento dei danni subiti

dall'utente per colpa del concessionario — l'equilibrato componimento

degli interessi delle parti del contratto d'utenza». Non resta allora che attendere la prossima puntata di questa saga.

Infatti, oltre alla considerazione da ultima sviluppata, il nuovo regola

mento, pur rappresentando un ulteriore passo in avanti, non sembra connotato da un netto sforzo innovativo, salva l'introduzione della ret

tifica, in grado di sottrarre la forfetizzazione del danno alle censure

già per tempo evidenziate dal giudice amministrativo. In quest'ordine d'idee, si potrebbe astrattamente tornare a dubitare della serietà dell'in

dennizzo normativamente previsto, per essere stato mantenuto il para metro del canone di abbonamento, prescindendo, quindi, da qualsiasi considerazione dell'effettività del danno. D'altro canto, la stessa possi bilità di avvalersi degli ordinari strumenti processuali per far valere il

maggior danno, pur costituendo un'apprezzabile inversione di tenden

za, può rivelarsi alla lunga un'arma già spuntata in partenza, non fos

s'altro perché in controtendenza con i meccanismi di pronta liquidazio ne prospettati nella convenzione fra la Sip ed il ministero delle poste.

[R.. Simone]

Il Foro Italiano — 1995.

esame la diversità del nome dell'aw. Cortese (indicato erronea

mente come Renato anziché Roberto) si risolveva in una vera

e propria omissione dell'utente in quanto le generalità vere non

risultavano nell'elenco; che tale omissione, tanto più se collega ta al trasferimento dello studio professionale, assumeva caratte

re di gravità onde non operava la clausola di esonero di respon sabilità di cui all'art. 25 d.m. 11 novembre 1930; che l'art. 6

d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 era stato dichiarato incostituziona

le con sentenza 1104/88 (Foro it., 1989, I, 1); che il rapporto,

pur considerato in sentenza come privatistico, doveva essere va

lutato in relazione agli art. 1175, 1176, 1374 e 1375 c.c.; che,

quanto alla valutazione del danno, esso ricorrente aveva forni

to, mediante deposito di copia della denuncia Iva, gli elementi

sufficienti per una valutazione equitativa; e che, se è vero che

il rapporto del cliente con l'avvocato si basa essenzialmente sul

la fiducia, è altrettanto vero che la ricerca dell'avvocato che

ha trasferito il proprio studio avviene attraverso l'esame dell'e

lenco degli abbonati.

Il ricorso è fondato nei limiti e con le precisazioni che qui di seguito vengono esposte.

Occorre premettere che l'art. 25 d.m. 11 novembre 1930 ope rante al tempo dei fatti per cui è causa e che costituiva parte

integrante del contratto di abbonamento telefonico dell'annata

1986-1987 in forza di previsione di legge (art. 283 d.p.r. 29 marzo

1973 n. 156), dopo avere affermato che l'abbonato ha diritto

di fare inserire nell'elenco telefonico gratuitamente tutte le indi

cazioni strettamente necessarie alla propria individuazione, sta

biliva che la società non assume alcuna responsabilità in caso

di omissioni o di errori di numeri, diciture qualifiche, indirizzi, ecc. nella pubblicazione suddetta.

Orbene, la sentenza impugnata, dopo avere richiamato la giu

risprudenza di questa corte (sent. 25 gennaio 1979, n. 564, id.,

Rep. 1979, voce Telefono, n. 6; 15 luglio 1980, n. 4537, id.,

1981, I, 122, e 5 gennaio 1981, n. 20, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 3), secondo cui la detta esclusione di responsabilità della

società concessionaria opera soltanto per omissioni ed errori par ziali ma non anche nell'ipotesi in cui, a fronte del diritto dell'u

tente di ottenere l'inserzione del proprio nome in detto elenco, la società medesima sia rimasta totalmente inadempiente (omet tendo ogni annotazione) e dopo avere altresì ritenuto operante tale responsabilità nell'ipotesi di inadempimento grave, non ha

tratto, nel caso in esame, da tali premesse le logiche conseguenze. Infatti, la stessa sentenza ha ritenuto che l'errore di cui trat

tasi — indicazione della persona con un diverso nome — rap

presenti una ipotesi meno grave rispetto a quelle elencate a tito

lo esemplificativo nel citato art. 25 d.m. 11 novembre 1930.

Tale motivazione non è immune da vizio logico perché la in

dicazione di un abbonato con un nome diverso da quello reale

può equipararsi, agli effetti che qui interessano, ad una vera

e propria omissione del nominativo dell'abbonato, specie quan

do, come nel caso in esame, all'errata indicazione del nome

si accompagna altresì il mutamento di indirizzo dello studio le

gale (v. l'accertamento compiuto dai giudici di merito). In altri

termini, il nome costituisce un elemento essenziale per la indivi

duazione del soggetto e, se è errato, può ingenerare nel pubbli co il convincimento che trattasi di persona diversa.

Ugualmente è censurabile la motivazione della sentenza im

pugnata sul punto della irrisarcibilità del danno derivante da

diminuzione del numero degli affari che è stata ritenuta sul ri

lievo che «il rapporto tra avvocato e cliente si instaura per ra

gioni fiduciarie e non certo attraverso la consultazione dell'e

lenco abbonati». Infatti, qui non è in discussione l'importanza decisiva del rapporto fiduciario tra avvocato e cliente ma la

circostanza che la trascrizione di un nome diverso da quello vero dell'avvocato — unita, per giunta, al cambiamento di indi

rizzo dello studio legale — abbia potuto determinare uno svia

mento della clientela.

Quanto, infine, agli altri punti di doglianza, si osserva che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto deduce il ricor

rente, non si è basata sull'art. 6 d.p.r. n. 156 del 1973 e che

sulla irrasarcibilità del danno da mancata deduzione, ai fini fi

scali, delle spese telefoniche la sentenza impugnata è corretta

mente motivata.

In aderenza alle su esposte considerazioni, il ricorso va accol

to per quanto di ragione, la sentenza impugnata va cassata e

la causa va rinviata per il nuovo esame al diverso giudice indi

cato in dispositivo.

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