sezione III civile; sentenza 6 febbraio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M. LoCascio (concl. diff.); Gerosa e altri (Avv. Picotti) c. Soc. Bellavista (Avv. Paoletti). Cassa App.Brescia 9 luglio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2133/2134-2137/2138Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190507 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La seconda ragione è che la trasmissione alla segreteria del
giudice a quo non è un'attività alla quale sia tenuta la segreteria del giudice ad quem. Questa, come ogni altro ufficio incompe
tente, non ha un obbligo giuridico in tal senso, sicché la spedi zione nel termine (od oltre il termine) è un evento accidentale, che non può assumere rilievo giuridico ai fini dell'osservanza
di un onere cui la parte è astretta a pena di decadenza.
Si tratta, quindi, di un'operazione del tutto estranea allo sche
ma processuale del gravame, alla quale non può attribuirsi effi
cacia sanante della presentazione dell'atto ad un ufficio giudi ziario diverso da quello previsto e dalla conseguenziale intempe stività dell'impugnazione.
Né vale invocare, in senso contrario, il principio della tran
slate iudicii, dettato dall'art. 50 c.p.p. (applicabile al processo
tributario) nelle ipotesi di incompetenza del giudice, giacché ta
le disciplina nulla ha da vedere con la vicenda qui considerata, in cui si riscontra un vizio inficiarne la stessa proposizione del
gravame e non attinente alla giurisdizionale. In definitiva, l'appello proposto dalla soc. Textile doveva es
sere dichiarato inammissibile.
Cassata, pertanto, la decisione impugnata, gli atti dovranno
essere rinviati alla Commissione tributaria centrale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 feb
braio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M.
Lo Cascio (conci, diff.); Gerosa e altri (Aw. Picotti) c. Soc.
Bellavista (Avv. Paoletti). Cassa App. Brescia 9 luglio 1992.
Contratti agrari — Contratto di mezzadria sorto nel 1939 —
Stipulazione di contratto di affitto anteriormente all'entrata
in vigore della 1. 203/82 — Scadenza del contratto (Cod. civ.,
art. 1230; 1. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari,
art. 2, 25).
Ove prima dell'entrata in vigore della l. 203/82 sia stato conve
nuto tra le parti di porre termine ad un contratto di mezza
dria, che aveva avuto inizio nel 1939, e di dare inizio ad un
rapporto di affittanza, non è applicabile, ai fini del rilascio
di cui all'art. 2, lett. a), I. cit., la normativa sulla conversione
in affitto prevista dagli art. 25 ss., ma è illogica la motivazio
ne della impugnata sentenza che aveva escluso la novazione
del rapporto con il rinvio alla disciplina della conversione in
affitto ex lege. (1)
(1) In data anteriore all'entrata in vigore della 1. 203/82, le parti avevano espresso, in due distinti documenti negoziali, la volontà di por re termine ad un contratto di mezzadria, che aveva avuto inizio nel
1939, e di dare inizio ad un rapporto di affittanza.
La corte del merito, in riforma della sentenza dei giudici di primo
grado, ritenuta ininfluente la circostanza che l'affitto fosse stato conve
nuto prima dell'entrata in vigore della 1. 203/82, che agli art. 25 ss.
prevedeva la conversione in affitto dei contratti associativi, aveva affer
mato che le parti avevano inteso realizzare anticipatamente gli effetti
della conversione in affitto — anche se si trattava di un istituto ancora
non normativamente previsto — e non quelli della novazione del rap
porto, con la conseguenza che il rapporto stesso andava a cessare alla
data dell'11 novembre 1992, ai sensi dell'art. 2, lett. a), della legge. Va aggiunto che secondo la corte del merito, la soluzione adottata evi
tava disparità di trattamento (art. 3 Cost.), tra chi chiedeva la cessazio
ne di un rapporto sorto originariamente come affitto e chi chiedeva
la cessazione dell'affitto, che aveva avuto origine dalla conversione di
un contratto associativo.
La sentenza riportata ha cassato per violazione di legge la impugnata
sentenza, ritenendo «arbitraria» l'applicazione ad una fattispecie già realizzata la normativa successivamente entrata in vigore degli art. 25
ss. e 2, lett. a), 1. 203/82. La impugnata sentenza è stata anche cassata
con rinvio, per illogicità della motivazione, avendo la corte del merito
Il Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con ricorso, depositato l'8 ot
tobre 1991, alla sezione specializzata agraria del Tribunale di
Bergamo la s.a.s. Bellavista di Cordani Alfredo & C., proprie taria di alcuni appezzamenti di terreno agricolo in Sorisole, già
acquistati da altra società e parte di un più esteso podere, dete
nuto in affitto dai convenuti, ha tratto a giudizio Giulio Enrico
Gerosa, Francesca Adele Bielli, Silvio Gerosa, Carolina Anna
Baggi e Davide Gerosa, perché, dichiarata la cessazione del con
tratto alla data dell'11 novembre 1992, fossero condannati al
rilascio dei terreni anzidetti alla indicata scadenza.
Ha premesso, infatti, che l'intero podere fin dal 1939 era sta
to concesso in mezzadria congiuntamente a Lino Battista e Gio
vanni Angelo Gerosa; che successivamente nel 1982, ai sensi
degli art. 25 ss. 1. 3 maggio 1982 n. 203, la mezzadria era stata
convertita in affitto in favore di Giulio e Silvio Gerosa, figli
degli originari mezzadri; che il contratto, da considerarsi già
ritenuto di giustificare la modificazione del contratto con il rinvio alla
disciplina degli effetti della conversione ex lege. È stato quindi demandato al giudice del rinvio di tenere conto, «nella
valutazione dell'elemento oggettivo, della specialità della normativa di conversione legale dei contratti associativi in affitto, non estensibile ana
logicamente agli atti consensuali tra concedente-locatore e mezzadro
affittuario, della diversa natura giuridica dei contratti associativi e di
quelli commutativi e della diversità di contenuto delle obbligazioni e di oggetto delle prestazioni ad essi correlati. E, quanto all'elemento
soggettivo, del tenore letterale dell'accordo in particolare riferimento all'intenzione di estinzione del preesistente rapporto e di costituzione di un nuovo rapporto».
La cassazione con rinvio della sentenza riportata rimanda a Cass., sez. un., 28 novembre 1994, n. 10130, Foro it., 1995, I, 522, con nota
critica di D. Bellantuono ed ivi richiami, che, risolvendo un contrasto di giurisprudenza delle sezioni semplici, ha affermato che la conversio ne in affitto di un contratto di mezzadria, ai sensi degli art. 25 ss. 1. 203/82, non configura novazione ma semplice modificazione del rap porto in corso, come tale suscettibile del diritto di ripresa ex art. 42
della legge (e quindi, in quella fattispecie, con la scadenza all'11 no
vembre 1992, ai sensi dell'art. 2, lett. a, avendo il rapporto mezzadrile avuto inizio nel 1939).
La richiamata Cass. 10130/94, a seguito della conversione in affitto del contratto di mezzadria, aveva escluso la novazione (art. 1230 c.c.) per mancanza di ambedue gli elementi essenziali: Vanimus novandi, perché mancava almeno da parte del concedente; Yaliquid novi, perché non
v'era stato mutamento dell'oggetto trattandosi dello stesso fondo rustico. Le sezioni unite avevano rafforzato la esclusione della novazione con
il dubbio di legittimità riferito all'art. 3 Cost., prospettato anche dalla corte del merito di cui alla sentenza che si riporta.
La sentenza riportata ha escluso il dubbio di legittimità costituzionale riferito all'art. 3 Cost., perché il principio di parità di trattamento si
applica a fattispecie identiche, mentre tali non sono la conversione im
posta dalla volontà di una parte e la modificazione o la novazione di un rapporto pattuiti consensualmente; e perché la violazione del princi
pio costituzionale di uguaglianza ha senso in relazione a indubbie situa zioni di vantaggio o di svantaggio, la cui diversità non sia giustificata, ma non in relazione a situazioni di per sé, né vantaggiose, né svantag
giose, rimesse alla libera scelta delle parti, quali la novazione o la modi
ficazione del contenuto di un rapporto patrimoniale a prestazioni corri
spettive. L'esclusione da parte della sentenza riportata del dubbio di costitu
zionalità riferito all'art. 3 Cost., a ben vedere, nulla aggiunge alla rite
nuta violazione di legge degli art. 25 ss. e 2, lett. a), 1. 203/82. Al
fine della soluzione della controversia, appare decisiva la ritenuta viola
zione di legge, perché, una volta stabilito che alla fattispecie non era
applicabile la normativa della conversione in affitto di cui agli art. 25
ss. 1. 203/82, appare irrilevante stabilire se l'accordo tra le parti di fare
cessare la mezzadria e dare inizio ad un rapporto di affitto, costituisca
una semplice modificazione di rapporto ovvero una novazione dello stes
so. E cioè, per via della ritenuta violazione di legge, è estranea alla
fattispecie della sentenza riportata la nozione di novazione escogitata dalle sezioni unite, riferita alla conversione in affitto di cui agli art.
25 ss. 1. 203/82, e nella quale una delle parti (il concedente) non aveva
aderito all'affitto. Andando in contrario avviso, si ricadrebbe nella applicabilità della
normativa legale della conversione in affitto ad un accordo stipulato tra le parti, quando tale normativa non era ancora in vigore; applicabi lità che è stata ritenuta «arbitraria» dalla sentenza riportata.
È utile ricordare che, ai fini della cessazione dei rapporti di affitto
in corso alla data di entrata in vigore della 1. 203/82, con le scadenze
stabilite dall'art. 2, si è posta la questione se le modificazioni dell'origi nario rapporto, soggettive ed anche oggettive (fondo in parte diverso
e di maggiore estensione), costituiscano o meno novazione, con scaden
za rapportata all'ultima convenzione tra le parti. Vi sono diverse posizioni nella giurisprudenza di merito, e Cass. 8
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2135 PARTE PRIMA 2136
in corso all'entrata in vigore della legge per la unitarietà del
rapporto, iniziato con la concessione del podere in mezzadria
prima dell'annata agraria 1939/40 e non interrotto dalla con
versione, veniva a scadere, ex art. 2, lett. a), 1. cit., I'll novem
bre 1992; che era stata data regolare disdetta ed era stato inutil
mente esperito il tentativo di conciliazione.
E sulla base di queste ragioni di fatto e di diritto ha fondato
la domanda proposta in giudizio. I convenuti si sono costituiti e hanno sostenuto che il contrat
to di affitto era stato stipulato poco prima dell'entrata in vigore della 1. 203/82, aveva carattere novativo del preesistente rap
porto mezzadrile e durata quindicennale ai sensi dell'art 2, lett.
e), 1. cit., chiedendo perciò il rigetto della domanda attrice.
II tribunale, accertato documentalmente che l'affitto era sta
to stipulato il 5 aprile 1981, ha dato ragione ai convenuti e
rigettato la domanda della società ricorrente.
Con sentenza, depositata il 9 luglio 1992, la Corte d'appello di Brescia, sezione specializzata agraria, ha riformato la deci
sione di primo grado e, accertata la scadenza del contratto alla
data dell'11 novembre 1992, ha condannato gli affittuari al rila
scio del fondo, delle pertinenze e accessori alla predetta data.
La corte ha motivato: — ritenendo ininfluente la circostanza che l'affitto fosse sta
to convenuto prima dell'entrata in vigore delle norme sulla con
versione della mezzadria; — affermando che anche in questo caso le parti avrebbero
potuto realizzare spontaneamente un effetto conservativo del
rapporto; — interpretando i due documenti negoziali prodotti, con i
quali le parti avevano espresso la volontà di porre termine alla
mezzadria e di dare inizio ad una affittanza agraria, nel senso
che essi avevano voluto realizzare gli effetti della conversione — anche se si trattava di un istituto ancora non previsto nor
mativamente — e non quelli della novazione del rapporto; — concludendo, perciò, che la fattispecie concreta oggetto
del giudizio non corrispondeva a una fattispecie astratta diversa
dalla conversione, disciplinata ex lege successivamente, e osser
vando che questa decisione evitava una disparità di trattamento
tra casi identici, altrimenti sospettabile di illegittimità costitu
zionale, ex art. 3 Cost., cosicché per la determinazione della
data di scadenza del contratto doveva essere applicato l'art. 2, lett. a), 1. 203/82.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione
con un solo motivo i soccombenti. La società ha resistito con
controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso gli affittuari del fondo impugnano la sentenza per violazione e fal
sa applicazione dell'art. 1230 c.c., nonché degli art. 2, 25 ss.
1. 3 maggio 1982 n. 203, e per vizi della motivazione.
Sostengono che le parti realizzarono una novazione oggettiva del rapporto; che i giudici hanno erroneamente applicato le in
dicate norme alla fattispecie concreta accertata e, in particolare, hanno in modo illogico motivato sulla inesistenza di un intento
novativo, facendo ricorso a concetti applicabili a un istituto (con versione della mezzadria), introdotto e disciplinato legislativa
agosto 1995, n. 8685, Foro it., 1996, I, 1345, con osservazioni di D.
Bellantuono, ed ivi richiami della giurisprudenza di merito e della dottrina sulla novazione, ha ritenuto che la rinuncia dell'originario af fittuario a favore dei figli non costituisce novazione, per cui la scadenza del contratto di affitto va rapportata alla data del contratto originario.
Può dirsi che manca un approfondimento giurisprudenziale in mate ria di novazione, in presenza delle più disparate posizioni dottrinali sul la novazione in generale. La giurisprudenza richiamata della Suprema corte sulla novazione in materia di contratti agrari, sembra piuttosto preoccupata di accorciare i tempi di durata dei contratti agrari a benefi cio dei concedenti, a riprova che la cessazione del regime di proroga avviene tra forti contrasti, non essendo stata risolta la possibilità di continuazione dell'attività imprenditoriale da parte degli affittuari. A tale possibilità non contribuisce certo l'annoso problema del canone d'affitto, per cui non si è provveduto all'aggiornamento, nonostante che l'aggiornamento fosse previsto dall'art. 62 1. 203/82, quando fosse intervenuta la revisione degli estimi catastali (e questa revisione è avve nuta nel 1985!); e non contribuisce certo la possibilità di stipulare con tratti in deroga ex art. 45 1. 203/82, perchè con la deroga si fanno soltanto i contratti «ricchi», e nel nostro paese, per via della estrema
«polverizzazione» dei terreni agricoli, i contratti di affitto «non ricchi» sono di gran lunga prevalenti. [D. Bellantuono]
Il Foro Italiano — 1996.
mente solo in un momento successivo alla stipulazione della no
vazione di oltre un anno; che la decisione non sarebbe, contra
riamente all'affermazione della corte, neppure giustificabile in
relazione ad un infondato dubbio di illegittimità costituzionale, ex art. 3 Cost., di una interpretazione normativa che ritenesse
ammissibile la novazione.
Il ricorso deve essere accolto. È circostanza di fatto, afferma
ta in sentenza, che le parti legittimate danti causa degli odierni
ricorrenti e società venditrice stipularono, con due atti di identi
co contenuto del 5 aprile 1981, «di porre termine al rapporto di mezzadria», previa chiusura dei conti, «per dare inizio ad
una affittanza agraria». La corte d'appello ne ha dedotto che i contraenti intesero,
perciò, attuare convenzionalmente gli effetti tipici della conver
sione della mezzadria in affitto, anche se all'epoca l'istituto non
era ancora stato introdotto nel nostro ordinamento, e ha ritenuto:
1) che anche alla fattispecie concreta dovesse essere applicata una disciplina coerente con quella entrata successivamente in
vigore con la 1. 203/82, che è stata interpretata dalla giurispru denza (da ultimo sez. un. 28 novembre 1994, n. 10130, Foro
it., 1995, I, 522) nel senso che, ex art. 25 ss., 2 e 42 1. cit., la conversione della mezzadria non comporta la novazione del
l'originario rapporto, ma solamente la modificazione qualitati va di esso (con conseguenze in ordine alla scadenza legale dei
contratti di affitto e al diritto di ripresa, dovendosi considerare
contratti di affitto in corso all'entrata in vigore della legge an
che quelli convertiti successivamente da mezzadria in affitto);
2) che una diversa interpretazione sugli effetti della conver
sione convenzionale (fattispecie concreta), differenziati rispetto a quelli della conversione ex lege, sarebbe stata di dubbia legit timità costituzionale, in violazione dell'art. 3 Cost., non appa rendo giustificata la disparità di trattamento.
La decisione in oggetto è viziata sia per violazione di norme
che per vizi della motivazione.
L'istituto della conversione della mezzadria in affitto è stato
introdotto nell'ordinamento giuridico con la citata legge ed è
connotato dal potere del singolo contraente (quanto meno del
mezzadro nei limiti di cui alla sentenza della Corte costituziona
le 7 maggio 1984, n. 138, id., 1984, I, 1163) di determinare
con un atto unilaterale di volontà la conversione della mezza
dria (art. 25), salvo le limitazioni di cui agli art. 28 (che subor
dina la conversione a richiesta del concedente all'adesione del
mezzadro, altrimenti tenuto ad un rilascio anticipato del fondo
rispetto alla sua naturale scadenza), 29, 36 e 42.
Come è stato precisato con la sopra indicata sentenza delle
sezioni unite, diretta a risolvere anche un contrasto giurispru denziale sul contenuto novativo del rapporto o meramente mo
dificativo di esso della conversione, quanto meno per il conce
dente (nell'ipotesi di richiesta proveniente dall'altra parte) non
si può affermare l'esistenza di uno dei requisiti della novazione, l'animus novandi.
Ed è in relazione alla concreta volontà del legislatore di con
siderare, comunque, in modo unitario il rapporto che si deve
giungere ad escludere anche l'elemento oggettivo della novazio
ne, ì'aliquid novi, come è emerso da una lettura sistematica della normativa in questione.
Perciò l'estensione al caso di specie degli art. 25 ss. e 2 1. 203/82 è arbitraria, non solo per l'applicazione a una fattispe cie già realizzata di una legge successiva, senza che ne sia previ sta la retroattività, ma anche perché si e concretizzata nella sus
sunzione della fattispecie ad una norma che non la prevede e
disciplina. La conversione ex lege è infatti un istitùto dal complesso mec
canismo (richiesta che in alcuni casi determina di diritto la con
versione e in altri è soggetta ad una adesione della controparte),
disciplinato legalmente nei tempi e nelle forme e i cui effetti
(tra i quali quello conservativo per certi fini del preesistente
rapporto) sono anch'esso predeterminati e non rimessi alla di
sciplina concordata tra le parti. Mentre nel caso concreto gli interessati avevano, nell'eserci
zio dell'autonomia privata, dichiarato consensualmente di voler
«porre termine al rapporto di mezzadria, per dare inizio ad una affittanza agraria», così realizzando sul piano negoziale un ac cordo non assimilabile alle manifestazioni di volontà disciplina te nella citata legge.
Quindi, rimaste immutate le parti, era compito del giudice di merito verificare l'esistenza della novazione, ai sensi dell'art.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
1230 c.c. e indipendentemente dalla disciplina legale della con
versione regolata nella legge sui contratti agrari 203/82, accer
tando se vi fosse stato un mutamento dell'oggetto della presta zione o della natura giuridica del rapporto (elemento oggettivo) e la volontà degli stipulanti di sostituire un rapporto obbligato rio con un altro (elemento soggettivo).
Ed è in ordine a questa valutazione che la corte d'appello è incorsa nel vizio della illogicità della motivazione, avendo ri
tenuto di giustificare l'accertamento non compiuto con il rinvio
alla disciplina degli effetti della conversione ex lege. Il giudice di rinvio dovrà perciò tener conto, nella valutazio
ne dell'elemento oggettivo, della specialità della normativa in
materia di conversione legale dei contratti associativi in affitto, non estensibile analogicamente agli accordi consensuali tra con
cedente - locatore e mezzadro - affittuario, della diversa natura
giuridica dei contratti associativi e di quelli commutativi e della diversità di contenuto delle obbligazioni e di oggetto delle pre stazioni ad essi correlati.
E, quanto all'elemento soggettivo, del tenore letterale dell'ac
cordo in particolare riferimento all'intenzione di estinzione del
preesistente rapporto e di costituzione di un nuovo rapporto. Per completezza di motivazione si osserva che i dubbi di co
stituzionalità espressi non hanno giustificazione per un duplice ordine di motivi: perché il principio di parità di trattamento si applica a fattispecie identiche, mentre tali non sono la con
versione imposta dalla volontà di una parte e la modificazione
o la novazione di un rapporto pattuiti consensualmente; e per ché la violazione del principio di cui all'art. 3 Cost, ha senso
in relazione a indubbie situazioni di vantaggio o di svantaggio, la cui diversità non sia giustificata, ma non in relazione a situa
zioni di per sé, né vantaggiose, né svantaggiose, rimesse alla
libera scelta delle parti, quali la novazione o la modificazione
del contenuto di un rapporto patrimoniale a prestazioni corri
spettive. Per le ragioni esposte deve essere accolto il ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° feb
braio 1996, n. 866; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M.
Maccarone (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Endempark
Camping ed altri. Cassa Comm. trib. centrale 20 giugno 1991,
n. 4971.
Tributi in genere — Condono tributario — Dichiarazione inte
grativa — Mancanza della sottoscrizione — Inefficacia (D. 1. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della eva
sione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tribu
taria, art. 25, 32; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in
legge, con modificazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).
È priva di efficacia — e non può quindi portare alla definizione
per condono della pendenza tributaria — la dichiarazione in
tegrativa presentata ex d.l. 10 luglio 1982 n. 429 priva della
firma del contribuente. (1)
(1) Non si rinvengono nella giurisprudenza della Suprema corte pre cedenti in tali esatti termini.
Negli stessi termini della decisione in epigrafe, v. min. fin., circ. 15
ottobre 1982, n. 41/7/3735, Fisco, 1982, 4139 ss., per la quale «la man
cata sottoscrizione da parte del contribuente o del rappresentante com
porta la nullità della dichiarazione integrativa»; analogamente, circ. 30
novembre 1984, n. 67/426788, id., 1984, 5654 ss.
In senso contrario al principio di cui in massima è Comm. trib. II
grado Torino 11 dicembre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce Tributi in
genere, n. 1329, ad avviso della quale il difetto di sottoscrizione della
dichiarazione integrativa, presentata ex d.l. 10 luglio 1982 n. 429, non
comporta la nullità della medesima qualora questa sia stata redatta su
Il Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con riferimento, rispettivamen
te, alla prima parte del 1977, alla seconda parte dello stesso
anno ed al 1978, l'ufficio Iva di Salerno notificava tre avvisi
di accertamento nei confronti della società di fatto Edenpark
Camping, in persona dei soci sopra indicati, nonché della me
desima nella veste di società in nome collettivo (assunta nel lu
glio del 1977). La commissione tributaria di primo grado respingeva le im
pugnazioni separatamente avanzate contro tali atti.
Proponeva appello Anna Voza «in proprio e per conto degli altri soci».
La commissione di secondo grado rendeva declaratorie di estin
zione dei procedimenti, per condono, essendovi stata presenta zione di dichiarazione integrativa ed adempimento dei relativi
obblighi. Le pronunce erano condivise dalla Commissione centrale, la
quale, riuniti i procedimenti, disattendeva i ricorsi con cui l'uf
ficio sosteneva l'inoperatività di detta dichiarazione per assenza
di sottoscrizione; osservava sul punto che l'omissione non pre cludeva l'identificazione dei dichiaranti, integrava mero errore
materiale e non interferiva sul perfezionamento del condono.
L'amministrazione delle finanze, con ricorso notificato alla
società ed ai soci il 9/10 settembre 1992, ha chiesto la cassazio
ne della decisione della Commissione centrale, formulando due
censure. Gli intimati non hanno presentato controdeduzioni. La
ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — L'amministrazione, con il primo
motivo, sostiene che la Commissione centrale avrebbe dovuto
rilevare d'ufficio il passaggio in giudicato nei riguardi della so cietà delle pronunce di primo grado, in quanto impugnate dai
soci, non dalla società stessa.
Il motivo è infondato. La commissione di secondo grado ha
dichiarato l'estinzione delle tre controversie promosse contro gli avvisi di accertamento, e, quindi, ha deciso pure nel rapporto con la società, muovendo dal presupposto della sua qualità di
parte, anche nei procedimenti di gravame, in dipendenza della
menzionata iniziativa della Voza.
Tale presupposto non è stato censurato dall'ufficio dinanzi
alla Commissione centrale.
Ne deriva che l'eventuale erroneità delle decisioni di secondo
grado, sotto il profilo della loro indebita estensione a rapporto ormai esaurito, non poteva e non doveva essere riscontrata dal
la Commissione centrale, proprio sulla scorta dei principi in
materia di giudicato interno cui fa riferimento la ricorrente, in
modello conforme a quello ministeriale con tutte le indicazioni relative alla parte ed al suo legale rappresentante e non sussistano, quindi, dub bi sulla provenienza dell'atto.
Ritiene superabile la mancanza della sottoscrizione — e pertanto ap plicabile l'amnistia conseguente alla intervenuta definizione per condo no — Trib. Vicenza 10 aprile 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 3166, in un contesto in cui era assolutamente certa la provenienza della di
chiarazione integrativa dell'imputato che aveva sempre riconosciuto l'atto
come proprio e che aveva debitamente versato le somme dovute (v. su tale fattispecie le considerazioni di E. Fortuna, in Rass. trib., 1990, II, 926, che pur ritenendo «incontestabile» la nullità della dichiarazione
integrativa per omessa sottoscrizione, manifesta la sua adesione alla de cisione del tribunale vicentino sul rilievo che «l'invalidazione dell'atto
(...) avrebbe danneggiato ad un tempo il contribuente e l'erario e si
sarebbe tradotta in un mero omaggio ad un assolto, ma ingiustificato formalismo»).
La tesi della efficacia della dichiarazione integrativa priva di sotto scrizione è affermata — quantomeno nel caso di sottoscrizione da parte del contribuente della delega di pagamento delle maggiori imposte do
vute in base alla dichiarazione stessa — da L. Fagetti, Reiezione di
domanda integrativa di condono per mancanza di sottoscrizione. Ri
flessioni critiche, in Dir. e pratica trib., 1987, I, 990 (per tale a., «il
momento giuridicamente rilevante (ed assorbente) nel procedimento di
riscossione della obbligazione tributaria nascente dal condono (non «di
chiarativo» ovvero per periodi d'imposta non accertati), è il pagamen to, sicché non può essere pronunziata una nullità laddove la dichiara
zione ha comunque raggiunto il suo scopo»). Sull'analoga questione dell'inefficacia della dichiarazione Iva priva
di sottoscrizione, v. — oltre a Cass. 5 marzo 1992, n. 2662, Foro it.,
Rep. 1992, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 264, cit. in sentenza — Cass. 21 luglio 1995, n. 7957, id., Mass., 912; 20 luglio 1994, n.
6764, id., Rep. 1994, voce cit., n. 249; Comm. trib. centrale 3 agosto 1994, n. 2873, ibid., n. 250; 12 marzo 1993, n. 1196, id., 1993, III,
598, con nota di richiami.
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