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sezione III civile; sentenza 6 febbraio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M. Lo...

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sezione III civile; sentenza 6 febbraio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M. Lo Cascio (concl. diff.); Gerosa e altri (Avv. Picotti) c. Soc. Bellavista (Avv. Paoletti). Cassa App. Brescia 9 luglio 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2133/2134-2137/2138 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190507 . Accessed: 28/06/2014 07:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.106 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:12 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione III civile; sentenza 6 febbraio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M. Lo Cascio (concl. diff.); Gerosa e altri (Avv. Picotti) c. Soc. Bellavista (Avv. Paoletti).

sezione III civile; sentenza 6 febbraio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M. LoCascio (concl. diff.); Gerosa e altri (Avv. Picotti) c. Soc. Bellavista (Avv. Paoletti). Cassa App.Brescia 9 luglio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2133/2134-2137/2138Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190507 .

Accessed: 28/06/2014 07:46

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La seconda ragione è che la trasmissione alla segreteria del

giudice a quo non è un'attività alla quale sia tenuta la segreteria del giudice ad quem. Questa, come ogni altro ufficio incompe

tente, non ha un obbligo giuridico in tal senso, sicché la spedi zione nel termine (od oltre il termine) è un evento accidentale, che non può assumere rilievo giuridico ai fini dell'osservanza

di un onere cui la parte è astretta a pena di decadenza.

Si tratta, quindi, di un'operazione del tutto estranea allo sche

ma processuale del gravame, alla quale non può attribuirsi effi

cacia sanante della presentazione dell'atto ad un ufficio giudi ziario diverso da quello previsto e dalla conseguenziale intempe stività dell'impugnazione.

Né vale invocare, in senso contrario, il principio della tran

slate iudicii, dettato dall'art. 50 c.p.p. (applicabile al processo

tributario) nelle ipotesi di incompetenza del giudice, giacché ta

le disciplina nulla ha da vedere con la vicenda qui considerata, in cui si riscontra un vizio inficiarne la stessa proposizione del

gravame e non attinente alla giurisdizionale. In definitiva, l'appello proposto dalla soc. Textile doveva es

sere dichiarato inammissibile.

Cassata, pertanto, la decisione impugnata, gli atti dovranno

essere rinviati alla Commissione tributaria centrale.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 feb

braio 1996, n. 958; Pres. Iannotta, Est. Occhionero, P.M.

Lo Cascio (conci, diff.); Gerosa e altri (Aw. Picotti) c. Soc.

Bellavista (Avv. Paoletti). Cassa App. Brescia 9 luglio 1992.

Contratti agrari — Contratto di mezzadria sorto nel 1939 —

Stipulazione di contratto di affitto anteriormente all'entrata

in vigore della 1. 203/82 — Scadenza del contratto (Cod. civ.,

art. 1230; 1. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari,

art. 2, 25).

Ove prima dell'entrata in vigore della l. 203/82 sia stato conve

nuto tra le parti di porre termine ad un contratto di mezza

dria, che aveva avuto inizio nel 1939, e di dare inizio ad un

rapporto di affittanza, non è applicabile, ai fini del rilascio

di cui all'art. 2, lett. a), I. cit., la normativa sulla conversione

in affitto prevista dagli art. 25 ss., ma è illogica la motivazio

ne della impugnata sentenza che aveva escluso la novazione

del rapporto con il rinvio alla disciplina della conversione in

affitto ex lege. (1)

(1) In data anteriore all'entrata in vigore della 1. 203/82, le parti avevano espresso, in due distinti documenti negoziali, la volontà di por re termine ad un contratto di mezzadria, che aveva avuto inizio nel

1939, e di dare inizio ad un rapporto di affittanza.

La corte del merito, in riforma della sentenza dei giudici di primo

grado, ritenuta ininfluente la circostanza che l'affitto fosse stato conve

nuto prima dell'entrata in vigore della 1. 203/82, che agli art. 25 ss.

prevedeva la conversione in affitto dei contratti associativi, aveva affer

mato che le parti avevano inteso realizzare anticipatamente gli effetti

della conversione in affitto — anche se si trattava di un istituto ancora

non normativamente previsto — e non quelli della novazione del rap

porto, con la conseguenza che il rapporto stesso andava a cessare alla

data dell'11 novembre 1992, ai sensi dell'art. 2, lett. a), della legge. Va aggiunto che secondo la corte del merito, la soluzione adottata evi

tava disparità di trattamento (art. 3 Cost.), tra chi chiedeva la cessazio

ne di un rapporto sorto originariamente come affitto e chi chiedeva

la cessazione dell'affitto, che aveva avuto origine dalla conversione di

un contratto associativo.

La sentenza riportata ha cassato per violazione di legge la impugnata

sentenza, ritenendo «arbitraria» l'applicazione ad una fattispecie già realizzata la normativa successivamente entrata in vigore degli art. 25

ss. e 2, lett. a), 1. 203/82. La impugnata sentenza è stata anche cassata

con rinvio, per illogicità della motivazione, avendo la corte del merito

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con ricorso, depositato l'8 ot

tobre 1991, alla sezione specializzata agraria del Tribunale di

Bergamo la s.a.s. Bellavista di Cordani Alfredo & C., proprie taria di alcuni appezzamenti di terreno agricolo in Sorisole, già

acquistati da altra società e parte di un più esteso podere, dete

nuto in affitto dai convenuti, ha tratto a giudizio Giulio Enrico

Gerosa, Francesca Adele Bielli, Silvio Gerosa, Carolina Anna

Baggi e Davide Gerosa, perché, dichiarata la cessazione del con

tratto alla data dell'11 novembre 1992, fossero condannati al

rilascio dei terreni anzidetti alla indicata scadenza.

Ha premesso, infatti, che l'intero podere fin dal 1939 era sta

to concesso in mezzadria congiuntamente a Lino Battista e Gio

vanni Angelo Gerosa; che successivamente nel 1982, ai sensi

degli art. 25 ss. 1. 3 maggio 1982 n. 203, la mezzadria era stata

convertita in affitto in favore di Giulio e Silvio Gerosa, figli

degli originari mezzadri; che il contratto, da considerarsi già

ritenuto di giustificare la modificazione del contratto con il rinvio alla

disciplina degli effetti della conversione ex lege. È stato quindi demandato al giudice del rinvio di tenere conto, «nella

valutazione dell'elemento oggettivo, della specialità della normativa di conversione legale dei contratti associativi in affitto, non estensibile ana

logicamente agli atti consensuali tra concedente-locatore e mezzadro

affittuario, della diversa natura giuridica dei contratti associativi e di

quelli commutativi e della diversità di contenuto delle obbligazioni e di oggetto delle prestazioni ad essi correlati. E, quanto all'elemento

soggettivo, del tenore letterale dell'accordo in particolare riferimento all'intenzione di estinzione del preesistente rapporto e di costituzione di un nuovo rapporto».

La cassazione con rinvio della sentenza riportata rimanda a Cass., sez. un., 28 novembre 1994, n. 10130, Foro it., 1995, I, 522, con nota

critica di D. Bellantuono ed ivi richiami, che, risolvendo un contrasto di giurisprudenza delle sezioni semplici, ha affermato che la conversio ne in affitto di un contratto di mezzadria, ai sensi degli art. 25 ss. 1. 203/82, non configura novazione ma semplice modificazione del rap porto in corso, come tale suscettibile del diritto di ripresa ex art. 42

della legge (e quindi, in quella fattispecie, con la scadenza all'11 no

vembre 1992, ai sensi dell'art. 2, lett. a, avendo il rapporto mezzadrile avuto inizio nel 1939).

La richiamata Cass. 10130/94, a seguito della conversione in affitto del contratto di mezzadria, aveva escluso la novazione (art. 1230 c.c.) per mancanza di ambedue gli elementi essenziali: Vanimus novandi, perché mancava almeno da parte del concedente; Yaliquid novi, perché non

v'era stato mutamento dell'oggetto trattandosi dello stesso fondo rustico. Le sezioni unite avevano rafforzato la esclusione della novazione con

il dubbio di legittimità riferito all'art. 3 Cost., prospettato anche dalla corte del merito di cui alla sentenza che si riporta.

La sentenza riportata ha escluso il dubbio di legittimità costituzionale riferito all'art. 3 Cost., perché il principio di parità di trattamento si

applica a fattispecie identiche, mentre tali non sono la conversione im

posta dalla volontà di una parte e la modificazione o la novazione di un rapporto pattuiti consensualmente; e perché la violazione del princi

pio costituzionale di uguaglianza ha senso in relazione a indubbie situa zioni di vantaggio o di svantaggio, la cui diversità non sia giustificata, ma non in relazione a situazioni di per sé, né vantaggiose, né svantag

giose, rimesse alla libera scelta delle parti, quali la novazione o la modi

ficazione del contenuto di un rapporto patrimoniale a prestazioni corri

spettive. L'esclusione da parte della sentenza riportata del dubbio di costitu

zionalità riferito all'art. 3 Cost., a ben vedere, nulla aggiunge alla rite

nuta violazione di legge degli art. 25 ss. e 2, lett. a), 1. 203/82. Al

fine della soluzione della controversia, appare decisiva la ritenuta viola

zione di legge, perché, una volta stabilito che alla fattispecie non era

applicabile la normativa della conversione in affitto di cui agli art. 25

ss. 1. 203/82, appare irrilevante stabilire se l'accordo tra le parti di fare

cessare la mezzadria e dare inizio ad un rapporto di affitto, costituisca

una semplice modificazione di rapporto ovvero una novazione dello stes

so. E cioè, per via della ritenuta violazione di legge, è estranea alla

fattispecie della sentenza riportata la nozione di novazione escogitata dalle sezioni unite, riferita alla conversione in affitto di cui agli art.

25 ss. 1. 203/82, e nella quale una delle parti (il concedente) non aveva

aderito all'affitto. Andando in contrario avviso, si ricadrebbe nella applicabilità della

normativa legale della conversione in affitto ad un accordo stipulato tra le parti, quando tale normativa non era ancora in vigore; applicabi lità che è stata ritenuta «arbitraria» dalla sentenza riportata.

È utile ricordare che, ai fini della cessazione dei rapporti di affitto

in corso alla data di entrata in vigore della 1. 203/82, con le scadenze

stabilite dall'art. 2, si è posta la questione se le modificazioni dell'origi nario rapporto, soggettive ed anche oggettive (fondo in parte diverso

e di maggiore estensione), costituiscano o meno novazione, con scaden

za rapportata all'ultima convenzione tra le parti. Vi sono diverse posizioni nella giurisprudenza di merito, e Cass. 8

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2135 PARTE PRIMA 2136

in corso all'entrata in vigore della legge per la unitarietà del

rapporto, iniziato con la concessione del podere in mezzadria

prima dell'annata agraria 1939/40 e non interrotto dalla con

versione, veniva a scadere, ex art. 2, lett. a), 1. cit., I'll novem

bre 1992; che era stata data regolare disdetta ed era stato inutil

mente esperito il tentativo di conciliazione.

E sulla base di queste ragioni di fatto e di diritto ha fondato

la domanda proposta in giudizio. I convenuti si sono costituiti e hanno sostenuto che il contrat

to di affitto era stato stipulato poco prima dell'entrata in vigore della 1. 203/82, aveva carattere novativo del preesistente rap

porto mezzadrile e durata quindicennale ai sensi dell'art 2, lett.

e), 1. cit., chiedendo perciò il rigetto della domanda attrice.

II tribunale, accertato documentalmente che l'affitto era sta

to stipulato il 5 aprile 1981, ha dato ragione ai convenuti e

rigettato la domanda della società ricorrente.

Con sentenza, depositata il 9 luglio 1992, la Corte d'appello di Brescia, sezione specializzata agraria, ha riformato la deci

sione di primo grado e, accertata la scadenza del contratto alla

data dell'11 novembre 1992, ha condannato gli affittuari al rila

scio del fondo, delle pertinenze e accessori alla predetta data.

La corte ha motivato: — ritenendo ininfluente la circostanza che l'affitto fosse sta

to convenuto prima dell'entrata in vigore delle norme sulla con

versione della mezzadria; — affermando che anche in questo caso le parti avrebbero

potuto realizzare spontaneamente un effetto conservativo del

rapporto; — interpretando i due documenti negoziali prodotti, con i

quali le parti avevano espresso la volontà di porre termine alla

mezzadria e di dare inizio ad una affittanza agraria, nel senso

che essi avevano voluto realizzare gli effetti della conversione — anche se si trattava di un istituto ancora non previsto nor

mativamente — e non quelli della novazione del rapporto; — concludendo, perciò, che la fattispecie concreta oggetto

del giudizio non corrispondeva a una fattispecie astratta diversa

dalla conversione, disciplinata ex lege successivamente, e osser

vando che questa decisione evitava una disparità di trattamento

tra casi identici, altrimenti sospettabile di illegittimità costitu

zionale, ex art. 3 Cost., cosicché per la determinazione della

data di scadenza del contratto doveva essere applicato l'art. 2, lett. a), 1. 203/82.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione

con un solo motivo i soccombenti. La società ha resistito con

controricorso.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso gli affittuari del fondo impugnano la sentenza per violazione e fal

sa applicazione dell'art. 1230 c.c., nonché degli art. 2, 25 ss.

1. 3 maggio 1982 n. 203, e per vizi della motivazione.

Sostengono che le parti realizzarono una novazione oggettiva del rapporto; che i giudici hanno erroneamente applicato le in

dicate norme alla fattispecie concreta accertata e, in particolare, hanno in modo illogico motivato sulla inesistenza di un intento

novativo, facendo ricorso a concetti applicabili a un istituto (con versione della mezzadria), introdotto e disciplinato legislativa

agosto 1995, n. 8685, Foro it., 1996, I, 1345, con osservazioni di D.

Bellantuono, ed ivi richiami della giurisprudenza di merito e della dottrina sulla novazione, ha ritenuto che la rinuncia dell'originario af fittuario a favore dei figli non costituisce novazione, per cui la scadenza del contratto di affitto va rapportata alla data del contratto originario.

Può dirsi che manca un approfondimento giurisprudenziale in mate ria di novazione, in presenza delle più disparate posizioni dottrinali sul la novazione in generale. La giurisprudenza richiamata della Suprema corte sulla novazione in materia di contratti agrari, sembra piuttosto preoccupata di accorciare i tempi di durata dei contratti agrari a benefi cio dei concedenti, a riprova che la cessazione del regime di proroga avviene tra forti contrasti, non essendo stata risolta la possibilità di continuazione dell'attività imprenditoriale da parte degli affittuari. A tale possibilità non contribuisce certo l'annoso problema del canone d'affitto, per cui non si è provveduto all'aggiornamento, nonostante che l'aggiornamento fosse previsto dall'art. 62 1. 203/82, quando fosse intervenuta la revisione degli estimi catastali (e questa revisione è avve nuta nel 1985!); e non contribuisce certo la possibilità di stipulare con tratti in deroga ex art. 45 1. 203/82, perchè con la deroga si fanno soltanto i contratti «ricchi», e nel nostro paese, per via della estrema

«polverizzazione» dei terreni agricoli, i contratti di affitto «non ricchi» sono di gran lunga prevalenti. [D. Bellantuono]

Il Foro Italiano — 1996.

mente solo in un momento successivo alla stipulazione della no

vazione di oltre un anno; che la decisione non sarebbe, contra

riamente all'affermazione della corte, neppure giustificabile in

relazione ad un infondato dubbio di illegittimità costituzionale, ex art. 3 Cost., di una interpretazione normativa che ritenesse

ammissibile la novazione.

Il ricorso deve essere accolto. È circostanza di fatto, afferma

ta in sentenza, che le parti legittimate danti causa degli odierni

ricorrenti e società venditrice stipularono, con due atti di identi

co contenuto del 5 aprile 1981, «di porre termine al rapporto di mezzadria», previa chiusura dei conti, «per dare inizio ad

una affittanza agraria». La corte d'appello ne ha dedotto che i contraenti intesero,

perciò, attuare convenzionalmente gli effetti tipici della conver

sione della mezzadria in affitto, anche se all'epoca l'istituto non

era ancora stato introdotto nel nostro ordinamento, e ha ritenuto:

1) che anche alla fattispecie concreta dovesse essere applicata una disciplina coerente con quella entrata successivamente in

vigore con la 1. 203/82, che è stata interpretata dalla giurispru denza (da ultimo sez. un. 28 novembre 1994, n. 10130, Foro

it., 1995, I, 522) nel senso che, ex art. 25 ss., 2 e 42 1. cit., la conversione della mezzadria non comporta la novazione del

l'originario rapporto, ma solamente la modificazione qualitati va di esso (con conseguenze in ordine alla scadenza legale dei

contratti di affitto e al diritto di ripresa, dovendosi considerare

contratti di affitto in corso all'entrata in vigore della legge an

che quelli convertiti successivamente da mezzadria in affitto);

2) che una diversa interpretazione sugli effetti della conver

sione convenzionale (fattispecie concreta), differenziati rispetto a quelli della conversione ex lege, sarebbe stata di dubbia legit timità costituzionale, in violazione dell'art. 3 Cost., non appa rendo giustificata la disparità di trattamento.

La decisione in oggetto è viziata sia per violazione di norme

che per vizi della motivazione.

L'istituto della conversione della mezzadria in affitto è stato

introdotto nell'ordinamento giuridico con la citata legge ed è

connotato dal potere del singolo contraente (quanto meno del

mezzadro nei limiti di cui alla sentenza della Corte costituziona

le 7 maggio 1984, n. 138, id., 1984, I, 1163) di determinare

con un atto unilaterale di volontà la conversione della mezza

dria (art. 25), salvo le limitazioni di cui agli art. 28 (che subor

dina la conversione a richiesta del concedente all'adesione del

mezzadro, altrimenti tenuto ad un rilascio anticipato del fondo

rispetto alla sua naturale scadenza), 29, 36 e 42.

Come è stato precisato con la sopra indicata sentenza delle

sezioni unite, diretta a risolvere anche un contrasto giurispru denziale sul contenuto novativo del rapporto o meramente mo

dificativo di esso della conversione, quanto meno per il conce

dente (nell'ipotesi di richiesta proveniente dall'altra parte) non

si può affermare l'esistenza di uno dei requisiti della novazione, l'animus novandi.

Ed è in relazione alla concreta volontà del legislatore di con

siderare, comunque, in modo unitario il rapporto che si deve

giungere ad escludere anche l'elemento oggettivo della novazio

ne, ì'aliquid novi, come è emerso da una lettura sistematica della normativa in questione.

Perciò l'estensione al caso di specie degli art. 25 ss. e 2 1. 203/82 è arbitraria, non solo per l'applicazione a una fattispe cie già realizzata di una legge successiva, senza che ne sia previ sta la retroattività, ma anche perché si e concretizzata nella sus

sunzione della fattispecie ad una norma che non la prevede e

disciplina. La conversione ex lege è infatti un istitùto dal complesso mec

canismo (richiesta che in alcuni casi determina di diritto la con

versione e in altri è soggetta ad una adesione della controparte),

disciplinato legalmente nei tempi e nelle forme e i cui effetti

(tra i quali quello conservativo per certi fini del preesistente

rapporto) sono anch'esso predeterminati e non rimessi alla di

sciplina concordata tra le parti. Mentre nel caso concreto gli interessati avevano, nell'eserci

zio dell'autonomia privata, dichiarato consensualmente di voler

«porre termine al rapporto di mezzadria, per dare inizio ad una affittanza agraria», così realizzando sul piano negoziale un ac cordo non assimilabile alle manifestazioni di volontà disciplina te nella citata legge.

Quindi, rimaste immutate le parti, era compito del giudice di merito verificare l'esistenza della novazione, ai sensi dell'art.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1230 c.c. e indipendentemente dalla disciplina legale della con

versione regolata nella legge sui contratti agrari 203/82, accer

tando se vi fosse stato un mutamento dell'oggetto della presta zione o della natura giuridica del rapporto (elemento oggettivo) e la volontà degli stipulanti di sostituire un rapporto obbligato rio con un altro (elemento soggettivo).

Ed è in ordine a questa valutazione che la corte d'appello è incorsa nel vizio della illogicità della motivazione, avendo ri

tenuto di giustificare l'accertamento non compiuto con il rinvio

alla disciplina degli effetti della conversione ex lege. Il giudice di rinvio dovrà perciò tener conto, nella valutazio

ne dell'elemento oggettivo, della specialità della normativa in

materia di conversione legale dei contratti associativi in affitto, non estensibile analogicamente agli accordi consensuali tra con

cedente - locatore e mezzadro - affittuario, della diversa natura

giuridica dei contratti associativi e di quelli commutativi e della diversità di contenuto delle obbligazioni e di oggetto delle pre stazioni ad essi correlati.

E, quanto all'elemento soggettivo, del tenore letterale dell'ac

cordo in particolare riferimento all'intenzione di estinzione del

preesistente rapporto e di costituzione di un nuovo rapporto. Per completezza di motivazione si osserva che i dubbi di co

stituzionalità espressi non hanno giustificazione per un duplice ordine di motivi: perché il principio di parità di trattamento si applica a fattispecie identiche, mentre tali non sono la con

versione imposta dalla volontà di una parte e la modificazione

o la novazione di un rapporto pattuiti consensualmente; e per ché la violazione del principio di cui all'art. 3 Cost, ha senso

in relazione a indubbie situazioni di vantaggio o di svantaggio, la cui diversità non sia giustificata, ma non in relazione a situa

zioni di per sé, né vantaggiose, né svantaggiose, rimesse alla

libera scelta delle parti, quali la novazione o la modificazione

del contenuto di un rapporto patrimoniale a prestazioni corri

spettive. Per le ragioni esposte deve essere accolto il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° feb

braio 1996, n. 866; Pres. Cantillo, Est. Graziadei, P.M.

Maccarone (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Endempark

Camping ed altri. Cassa Comm. trib. centrale 20 giugno 1991,

n. 4971.

Tributi in genere — Condono tributario — Dichiarazione inte

grativa — Mancanza della sottoscrizione — Inefficacia (D. 1. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della eva

sione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tribu

taria, art. 25, 32; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).

È priva di efficacia — e non può quindi portare alla definizione

per condono della pendenza tributaria — la dichiarazione in

tegrativa presentata ex d.l. 10 luglio 1982 n. 429 priva della

firma del contribuente. (1)

(1) Non si rinvengono nella giurisprudenza della Suprema corte pre cedenti in tali esatti termini.

Negli stessi termini della decisione in epigrafe, v. min. fin., circ. 15

ottobre 1982, n. 41/7/3735, Fisco, 1982, 4139 ss., per la quale «la man

cata sottoscrizione da parte del contribuente o del rappresentante com

porta la nullità della dichiarazione integrativa»; analogamente, circ. 30

novembre 1984, n. 67/426788, id., 1984, 5654 ss.

In senso contrario al principio di cui in massima è Comm. trib. II

grado Torino 11 dicembre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce Tributi in

genere, n. 1329, ad avviso della quale il difetto di sottoscrizione della

dichiarazione integrativa, presentata ex d.l. 10 luglio 1982 n. 429, non

comporta la nullità della medesima qualora questa sia stata redatta su

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con riferimento, rispettivamen

te, alla prima parte del 1977, alla seconda parte dello stesso

anno ed al 1978, l'ufficio Iva di Salerno notificava tre avvisi

di accertamento nei confronti della società di fatto Edenpark

Camping, in persona dei soci sopra indicati, nonché della me

desima nella veste di società in nome collettivo (assunta nel lu

glio del 1977). La commissione tributaria di primo grado respingeva le im

pugnazioni separatamente avanzate contro tali atti.

Proponeva appello Anna Voza «in proprio e per conto degli altri soci».

La commissione di secondo grado rendeva declaratorie di estin

zione dei procedimenti, per condono, essendovi stata presenta zione di dichiarazione integrativa ed adempimento dei relativi

obblighi. Le pronunce erano condivise dalla Commissione centrale, la

quale, riuniti i procedimenti, disattendeva i ricorsi con cui l'uf

ficio sosteneva l'inoperatività di detta dichiarazione per assenza

di sottoscrizione; osservava sul punto che l'omissione non pre cludeva l'identificazione dei dichiaranti, integrava mero errore

materiale e non interferiva sul perfezionamento del condono.

L'amministrazione delle finanze, con ricorso notificato alla

società ed ai soci il 9/10 settembre 1992, ha chiesto la cassazio

ne della decisione della Commissione centrale, formulando due

censure. Gli intimati non hanno presentato controdeduzioni. La

ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — L'amministrazione, con il primo

motivo, sostiene che la Commissione centrale avrebbe dovuto

rilevare d'ufficio il passaggio in giudicato nei riguardi della so cietà delle pronunce di primo grado, in quanto impugnate dai

soci, non dalla società stessa.

Il motivo è infondato. La commissione di secondo grado ha

dichiarato l'estinzione delle tre controversie promosse contro gli avvisi di accertamento, e, quindi, ha deciso pure nel rapporto con la società, muovendo dal presupposto della sua qualità di

parte, anche nei procedimenti di gravame, in dipendenza della

menzionata iniziativa della Voza.

Tale presupposto non è stato censurato dall'ufficio dinanzi

alla Commissione centrale.

Ne deriva che l'eventuale erroneità delle decisioni di secondo

grado, sotto il profilo della loro indebita estensione a rapporto ormai esaurito, non poteva e non doveva essere riscontrata dal

la Commissione centrale, proprio sulla scorta dei principi in

materia di giudicato interno cui fa riferimento la ricorrente, in

modello conforme a quello ministeriale con tutte le indicazioni relative alla parte ed al suo legale rappresentante e non sussistano, quindi, dub bi sulla provenienza dell'atto.

Ritiene superabile la mancanza della sottoscrizione — e pertanto ap plicabile l'amnistia conseguente alla intervenuta definizione per condo no — Trib. Vicenza 10 aprile 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 3166, in un contesto in cui era assolutamente certa la provenienza della di

chiarazione integrativa dell'imputato che aveva sempre riconosciuto l'atto

come proprio e che aveva debitamente versato le somme dovute (v. su tale fattispecie le considerazioni di E. Fortuna, in Rass. trib., 1990, II, 926, che pur ritenendo «incontestabile» la nullità della dichiarazione

integrativa per omessa sottoscrizione, manifesta la sua adesione alla de cisione del tribunale vicentino sul rilievo che «l'invalidazione dell'atto

(...) avrebbe danneggiato ad un tempo il contribuente e l'erario e si

sarebbe tradotta in un mero omaggio ad un assolto, ma ingiustificato formalismo»).

La tesi della efficacia della dichiarazione integrativa priva di sotto scrizione è affermata — quantomeno nel caso di sottoscrizione da parte del contribuente della delega di pagamento delle maggiori imposte do

vute in base alla dichiarazione stessa — da L. Fagetti, Reiezione di

domanda integrativa di condono per mancanza di sottoscrizione. Ri

flessioni critiche, in Dir. e pratica trib., 1987, I, 990 (per tale a., «il

momento giuridicamente rilevante (ed assorbente) nel procedimento di

riscossione della obbligazione tributaria nascente dal condono (non «di

chiarativo» ovvero per periodi d'imposta non accertati), è il pagamen to, sicché non può essere pronunziata una nullità laddove la dichiara

zione ha comunque raggiunto il suo scopo»). Sull'analoga questione dell'inefficacia della dichiarazione Iva priva

di sottoscrizione, v. — oltre a Cass. 5 marzo 1992, n. 2662, Foro it.,

Rep. 1992, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 264, cit. in sentenza — Cass. 21 luglio 1995, n. 7957, id., Mass., 912; 20 luglio 1994, n.

6764, id., Rep. 1994, voce cit., n. 249; Comm. trib. centrale 3 agosto 1994, n. 2873, ibid., n. 250; 12 marzo 1993, n. 1196, id., 1993, III,

598, con nota di richiami.

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