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sezione III civile; sentenza 6 ottobre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M....

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sezione III civile; sentenza 6 ottobre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M. Cafiero (concl. conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzoli) c. Soc. Teodora (Avv. F. Zucconi Galli Fonseca). Conferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1961/1962-1963/1964 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192664 . Accessed: 28/06/2014 17:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.146.7 on Sat, 28 Jun 2014 17:12:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 6 ottobre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M.Cafiero (concl. conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzoli) c. Soc. Teodora (Avv. F. Zucconi GalliFonseca). Conferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1961/1962-1963/1964Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192664 .

Accessed: 28/06/2014 17:12

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

del merito. In altre parole, pur se l'art. 2 richiede il concorso

di due elementi, nel momento che la stessa legge consente di

ottenere la retrodatazione dell'iscrizione e fa sorgere il diritto

alla pensione per il solo fatto che sia stata raggiunta l'età previ sta (e senza che sia nemmeno richiesta la domanda dell'interes

sato, così come emerge dalla lettera dell'art. 1), non si vede

come si possa ritenere che il diritto in questione possa venire

ad esistenza da un evento (domanda di retrodatazione), che dal

sistema descritto il legislatore non ha preso in considerazione, avendo al contrario chiaramente previsto gli effetti della retro

datazione dell'iscrizione.

Questa soluzione, lungi dal costituire un'anomalia, è l'espres sione di una linea di tendenza del vigente sistema previdenziale, nel quale comincia a delinearsi un generale principio di retroda

tazione degli effetti degli atti di recupero di periodi suscettibili

di tardiva copertura assicurativa, ovvero di coincidenza tra col

locazione temporale dei contributi e decorrenza dei relativi effetti.

Significativo è al riguardo l'art. 13 1. 12 agosto 1962 n. 1338

che al 3° comma dispone che, costituita la rendita nel caso di

omissione contributiva, la stessa «integra con effetto immediato

la pensione già in essere». Allo stesso risultato si perviene, ai

sensi degli art. 50 e 51 1. 30 aprile 1969 n. 153, quanto agli effetti del riscatto dei periodi di lavoro all'estero (Cass., sez.

un., 28 maggio 1995, n. 3667, id., Rep. 1995, voce Previdenza

sociale, n. 880); nel caso di ricongiunzione dei periodi assicura

tivi ai sensi degli art. 1 1. 7 febbraio 1979 n. 29 e 16 1. 23 aprile 1981 n. 155; nella riliquidazione della pensione Inps, ai

sensi dell'art. 5 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 (ove sia richiesto

il riconoscimento di contributi figurativi per periodi anteriori

alla data di decorrenza della pensione): in tutte queste ipotesi

gli effetti si verificano non dalla data della domanda di ricon

giunzione o di riliquidazione, bensì dai periodi ai quali le posi zioni assicurative si riferiscono.

In definitiva, ritiene la corte di poter affermare il seguente

principio di diritto: «nel caso di domanda di iscrizione retroat

tiva o di retrodatazione degli effetti dell'iscrizione alla Cassa

nazionale di previdenza forense, quando in conseguenza di tale

domanda l'iscritto raggiunga i trent'anni di iscrizione e contri

buzione, il diritto alla pensione di vecchiaia si matura al compi mento del sessantacinquesimo anno di età e non già dalla do

manda, che sia posteriore a tale evento, proposta ai sensi del

l'art. 29 d.p.r. 20 settembre 1980 n. 576 e dell'art. 12 1. 11

febbraio 1992 n. 141».

3. - Il ricorso deve essere quindi rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 otto

bre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M. Cafiero (conci, conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzo

ii) c. Soc. Teodora (Aw. F. Zucconi Galli Fonseca). Con

ferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso abitati

vo — Disdetta — Termine a ritroso — Computo (Cod. civ., art. 2963; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni

di immobili urbani," art. 3).

Nelle locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, la comuni

cazione della disdetta prevista dall'art. 3 l. 392/78 è tempesti va ove pervenga al conduttore nel giorno del mese di scaden

za corrispondente a quello del mese iniziale. (1)

(1) Con la odierna sentenza la Suprema corte applica all'ipotesi della

disdetta del contratto di locazione il principio generale in tema di com

puto del tempo dettato dall'art. 2963, 4° comma, c.c., secondo il quale i termini mensili o annuali scadono, indipendentemente dall'effettivo

numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del gior no del mese di scadenza corrispondente a quello del mese iniziale; in

Il Foro Italiano — 1998.

Svolgimento del processo. — La s.a.s. Teodora intimava a

Capelli Mirco, conduttore di un suo appartamento, lo sfratto

per finita locazione alla data del 1° gennaio 1992, a norma del

l'art. 58, lett. e), 1. 27 luglio 1978 n. 392, giusta disdetta del

28 giugno 1991, convenendolo innanzi al Pretore di Bologna

per la convalida.

L'intimato eccepiva che la disdetta, pervenutagli il 1° luglio

1991, era tardiva, onde la tacita rinnovazione del contratto, che, in subordine, sarebbe scaduto il 24 settembre 1993 ai sensi del

l'art. 65 1. cit.

Il pretore dichiarava il contratto scaduto il 1° gennaio 1992

e fissava per l'esecuzione del rilascio la data del 31 maggio 1994.

Appellava il Capelli, assumendo che il primo giudice aveva

erroneamente prorogato di diritto, in quanto festivo, il termine

finale della disdetta di cui all'art. 59 della legge, perché tratta

vasi nella specie di un «termine processuale libero c.d. a ritro

so». L'appellata resisteva al gravame che il tribunale, con la

sentenza ora impugnata, emessa il 21-23 febbraio 1995, rigettava. Ricorre il Capelli con due motivi, cui resiste con controricor

so l'intimata.

Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunciando

la falsa applicazione dell'art. 59, 1° comma, 1. 27 luglio 1978

n. 392, in relazione agli art. 155 c.p.c. e 2963 c.c., il ricorrente

sostiene che, escludendo dal computo a ritroso, secondo i prin

cipi generali, il dies a quo (1° gennaio 1992) e includendo nel

semestre, in quanto dies ad quem, il 1° luglio 1991, il termine

per la comunicazione della disdetta sarebbe scaduto il 30 giu

gno 1991, che però era domenica, di guisa che la scadenza, a

norma dell'art. 155, ultimo comma, c.p.c., dovrebbe anticiparsi al giorno che precede il dì festivo, ossia, in definitiva, al 29

giugno 1991.

Col secondo motivo, denunciando il vizio di omessa o insuf

ficiente motivazione, il ricorrente deduce che la corte di appello ha negato la natura «a ritroso» del termine de quo, affermata

costantemente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità,

tal senso, sebbene riguardo ad ipotesi diverse da quella decisa nella

pronunzia di cui sopra, v. Cass. 9 agosto 1996, n. 7386, Foro it.. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 512; 25 giugno 1987, n. 5607, id., Rep. 1987, voce Termini processuali civili, n. 4; 27 gennaio 1987, n.

757, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2916; 8 febbraio 1985, n. 1029, id., Rep. 1985, voce cit., n. 890; 1° giugno 1983, n. 3758, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 56; 27 novembre 1979, n. 6215, id., Rep. 1979, voce Termini processuali civili, n. 2; 5 luglio 1979, n. 3832, id., 1980, I, 2228, in motivazione. Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ferrara 20 giugno 1991, id., Rep. 1992, voce Impugnazioni civili, n. 26; Pret. Palermo 5 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce Termini pro cessuali civili, n. 4; Pret. Milano 24 novembre 1988, id., Rep. 1989, voce Locazione, n. 210.

Sullo specifico tema di cui alla pronunzia qui applicata, v. invece, nella giurisprudenza di merito, implicitamente in senso conforme, Pret. Milano 16 luglio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 208, e Arch, loca

zioni, 1988, 188, nonché Pret. Monza 23 ottobre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 249, e Arch, locazioni, 1986, 693. Contra, App. Bari 28 novembre 1988, Foro it., 1990, I, 1588, con nota di A. Cappa

bianca, che ritiene applicabile al termine de quo la regola dies a quo non computatur, dies ad quem computatur in termine, con la conse

guenza che il giorno — corrispondente al giorno del mese iniziale —

del sesto mese precedente, a norma dell'art. 2963, 4° comma, c.c., è considerato non più utile ai fini dell'osservanza del termine in questione.

Nonostante la ritenuta inapplicabilità alla fattispecie del detto princi pio, comunque, la motivazione della sentenza in epigrafe provvede a

puntualizzare come, nell'ipotesi che ci occupa, si sia in presenza di un termine c.d. «a ritroso», ossia di un termine nel quale quello che si suole indicare come il dies ad quem diviene il dies a quo, a cominciare dal quale il termine si fa decorrere all'indietro. In relazione a ciò, si afferma anche che se, in tal caso, il termine scade in giorno festivo, esso è anticipato di diritto al primo giorno precedente non festivo, in

ossequio al principio di cui agli art. 2963 , 3° comma, c.c. e 155, 4°

comma, c.p.c., applicabile anche ai termini quali quelli dei quali si di scute. In tal senso, v. Cass. 29 novembre 1977, n. 5187, id., 1978, I, 2011; in senso contrario, v., invece, Pret. Milano 16 luglio 1987, cit., secondo la quale, in forza della prima di dette disposizioni, il ter

mine dovrebbe essere prorogato al primo giorno seguente non festivo. Sul tema della mancanza, nel mese di scadenza, del giorno corrispon

dente a quello del mese iniziale, v. Pret. Monza 23 ottobre 1986, cit., dove si precisa che, nell'ipotesi in cui il giorno corrispondente a quello del mese iniziale esista in quello di scadenza, la regola di cui all'art.

2963, ultimo comma, non è in nessun caso destinata a trovare appli cazione.

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1963 PARTE PRIMA 1964

con la semplice obiezione, di per sé nient'affatto significativa, che trattasi di termine «sostanziale» e non «processuale».

Premessa l'inammissibilità del controricorso, in quanto la s.a.s.

Teodora ha irritualmente conferito la procura speciale di cui

agli art. 370, 2° comma, e 365 c.p.c. in calce alla copia notifi

cata del ricorso (anziché, come prescritto, in calce o a margine del controricorso stesso), facendo così venir meno la certezza

del rilascio del mandato in data anteriore o coeva alla notifica

dell'atto (cfr. Cass. 21 agosto 1991, n. 9011, Foro it., Rep.

1991, voce Cassazione civile, n. 47), rilevasi che il ricorso, nella

sua duplice articolazione, è infondato.

Il tribunale, dopo aver esattamente precisato (e ciò vale a

individuare la vera norma di legge asseritamente violata) che

il termine in discussione non è quello dell'art. 56, ma quello dell'art. 3 1. 27 luglio 1978 n. 392 (ciò, è il caso di aggiungere, in quanto il contratto de quo, come è incontroverso, dapprima

regolato dall'art. 58 1. cit., si è rinnovato due volte, così pas sando dalla disciplina transitoria a quella ordinaria), ha osser

vato che, coincidendo la scadenza dell'ultimo quadriennio, a

far data dal 1° gennaio 1988, secondo il calendario comune, col 1° gennaio 1992, la disdetta, pervenuta al conduttore (dato di fatto pacifico) il 1° luglio 1991, fu tempestiva, a norma degli art. 2963 e 1187 c.c.

Tale soluzione va pienamente condivisa, ma esige qualche chia

rimento.

Il termine in questione («almeno sei mesi prima della scaden

za») rientra (né il tribunale, di fatto, l'ha disconosciuto o pote va disconoscerlo) tra quelli c.d. «a ritroso», nei quali cioè la

legge assume come giorno di partenza non quello che si suole

indicare come il dies a quo, ma il dies ad quem, a cominciare

dal quale il termine si fa decorrere all'indietro; ma purtuttavia, in quanto termine sostanziale «a mesi», non si sottrae alle rego le dell'art. 2963, 4° comma, c.c. (la quale, sebbene dettata in

tema di prescrizione estintiva, costituisce un criterio generale

per il computo del tempo, anche in tema di termini, come il

presente, di decadenza) e dunque si consuma «nel mese di sca

denza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese

iniziale», secondo il sistema della computazione civile, non ex

numeratione ma ex nominatione dierum (cfr. Cass. 6 febbraio

1976, n. 409, id., Rep. 1977, voce Termini processuali civili, n. 6). Tale regola, valida nell'ordinario caso del termine «in avan

ti» si applica cioè, come è naturale, anche nell'ipotesi di un

termine a mesi «a ritroso», con l'unica differenza, già accenna

ta, che quello che normalmente è il giorno di partenza diventa

il punto di arrivo.

Per conseguenza, essendo indubitabile che, secondo il calen

dario comune, in un ordinario termine a mesi, sei mesi dal 1°

luglio 1991 scadono il 1° gennaio 1992 (ultimo giorno, suppo sto non festivo, interamente utile), altrettanto certo è che, in

vertendo il computo, sei mesi a ritroso dal 1° gennaio 1992

scadono il 1° luglio 1991, che perciò sarà interamente a disposi zione per il compimento dell'atto.

Insomma, posto come termine iniziale il 1° gennaio 1992, la scadenza del termine di sei mesi a ritroso non può che avve

nire nel sesto mese precedente (luglio) e nel giorno di questo

corrispondente al giorno del mese iniziale (il 1°). A conferma dell'indicato computo, si può ricordare che, nel

fissare il termine per la disdetta, la legge si preoccupa che, dal

momento in cui la disdetta è comunicata, decorrano almeno

sei mesi di preavviso: e non c'è dubbio che, secondo il calenda

rio comune, esattamente sei mesi decorrono dal 1° luglio 1991

al 1° gennaio 1992.

Il ragionamento del ricorrente estende erroneamente ai termi

ni a mesi le regole proprie dei termini a giorni. Invero il princi

pio generale per cui dies a quo non computatur, dies ad quem

computatur in termine, posto congiuntamente dall'art. 2963, 2°

comma, c.c. e dall'art. 155, 1° comma, c.p.c. (derogato solo

nei casi tassativi dei termini, a giorni, c.d. liberi, in cui non si computa né il dies a quo né il dies ad quem), è stato sì appli cato dalla giurisprudenza anche ai termini «a ritroso», ma solo

a quelli a giorni, alla stregua peraltro della testuale disposizione del 1° comma dell'art. 155 c.p.c., secondo cui «nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora

iniziali» (cfr., sul termine di cui all'art. 436, 3° comma, c.p.c., Cass. 8 febbraio 1985, n. 1042, id., Rep. 1985, voce Lavoro

e previdenza (controversie), n. 401, e 26 febbraio 1980, n. 1338,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 373; sul termine di cui all'art. 436,

Il Foro Italiano — 1998.

1° comma, c.p.c., Cass. 4 giugno 1985, n. 3345, id., Rep. 1995, voce cit., n. 395; sul termine infine di cui all'art. 416, 1° com

ma, c.p.c., Cass. 26 febbraio 1985 n. 1655, id., 1985, I, 2672, e 12 aprile 1979, n. 2189, id., Rep. 1979, voce cit., n. 437).

Di qui la totale ininfluenza della festività domenicale del 30

giugno 1991, la quale avrebbe avuto rilievo solo se il contratto

fosse scaduto il 31 dicembre 1991 e non il 1° gennaio 1992, secondo la tesi già sostenuta dal Capelli, ma respinta, senza

che il ricorrente se ne dolga, dalla corte di appello. In tal caso,

infatti, i sei mesi a ritroso sarebbero scaduti il 30 giugno 1991

(art. 2963, ultimo comma, c.p.c.), ciò che avrebbe comportato lo spostamento, sempre andando a ritroso, del termine ultimo

per la disdetta al precedente 29 giugno, in omaggio alla disposi zione di cui agli art. 155, ultimo comma, c.p.c. e 2963, 3° com

ma, c.c., applicabile anche ai termini che si computano a ritro

so, la cui scadenza è anticipata al giorno precedente (e no,n pro

rogata al seguente) non festivo (Cass. 29 novembre 1977, n.

5187, id., 1978, I, 2011) e, in generale, anche in termini ad

anni o a mesi.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 set

tembre 1997, n. 9507; Pres. Senofonte, Est. Spirito, P.M.

Maccarone (conci, conf.); Sbuelz (Aw. Panatiti, Bruno,

Querini) c. Comune di Basiliano (Aw. Pujatti). Cassa App. Trieste 23 maggio 1995 e decide nel merito.

Procedimento civile — Atti processuali — Ricostituzione — Ap

plicazione analogica delle norme per il processo penale (Cod.

proc. pen., art. 113). Procedimento civile — Atti processuali — Ricostituzione — Na

tura ordinatoria del provvedimento — Conseguenze (Cod.

proc. pen., art. 113).

In materia civile, data la mancanza di norme specifiche in tema

di ricostituzione di atti processuali distrutti, smarriti o sot

tratti (nella specie, una sentenza), sono applicabili analogica mente le disposizioni per il processo penale. (1)

Il provvedimento di ricostituzione dell'atto processuale distrut

to, smarrito o sottratto (nella specie, una sentenza) ha natura

ordinatoria e non decisoria, e quindi non è richiesto che vi

provvedano gli stessi magistrati autori dell'atto originario. (2)

(1-2) In senso conforme alla prima massima, cfr. Cass. 29 marzo

1996, n. 2895, Foro it., Rep. 1996, voce Procedimento civile, n. 160, in tema di ricostituzione del verbale di udienza.

La presente pronuncia trova spunto da una situazione verificatasi non di rado nella prassi degli ultimi anni, e cioè lo smarrimento, distruzione e sottrazione di atti processuali civili; ben nòte sono le tormentate vi cende della cartella contenente i fascicoli di causa nel lungo corso del

procedimento, mentre per ciò che concerne la sentenza, consegnata al cancelliere dall'estensore ed inserita in apposita raccolta, l'anello debole della catena è rappresentato dalla trasmigrazione della stessa all'ufficio del registro e dalla successiva riconsegna (saggezza imporrebbe al can

celliere, prima dell'invio all'ufficio finanziario, di conservarne una co

pia, all'occorrenza da autenticare e surrogarsi con l'originale come pre visto dall'art. 112 c.p.p., ma, si obietterebbe, nessuna norma prevede l'estrazione di copia per esigenze, oltretutto eventuali, di ufficio).

In merito, il legislatore, di recente investito della questione nella re dazione del codice di procedura penale, ha dettato l'art. 113, le cui

disposizioni sono generalmente ritenute applicabili anche al rito civile:

più analiticamente, i primi due commi disciplinano la ricostituzione in senso stretto, demandando al giudice il compito di accertare il contenu to dell'atto mancante e stabilire il tenore dell'atto ricostituendo, con la precisazione che valore privilegiato a tale scopo ha la minuta ricono sciuta da uno dei giudici; l'ultimo comma, invece, disciplina la rinnova zione dell'atto, se necessaria e possibile, ove non ne sia ricavabile aliun de il tenore.

Tale attività ha natura e forma di ordinanza e soggiace al regime

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