sezione III civile; sentenza 6 ottobre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M.Cafiero (concl. conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzoli) c. Soc. Teodora (Avv. F. Zucconi GalliFonseca). Conferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1961/1962-1963/1964Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192664 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del merito. In altre parole, pur se l'art. 2 richiede il concorso
di due elementi, nel momento che la stessa legge consente di
ottenere la retrodatazione dell'iscrizione e fa sorgere il diritto
alla pensione per il solo fatto che sia stata raggiunta l'età previ sta (e senza che sia nemmeno richiesta la domanda dell'interes
sato, così come emerge dalla lettera dell'art. 1), non si vede
come si possa ritenere che il diritto in questione possa venire
ad esistenza da un evento (domanda di retrodatazione), che dal
sistema descritto il legislatore non ha preso in considerazione, avendo al contrario chiaramente previsto gli effetti della retro
datazione dell'iscrizione.
Questa soluzione, lungi dal costituire un'anomalia, è l'espres sione di una linea di tendenza del vigente sistema previdenziale, nel quale comincia a delinearsi un generale principio di retroda
tazione degli effetti degli atti di recupero di periodi suscettibili
di tardiva copertura assicurativa, ovvero di coincidenza tra col
locazione temporale dei contributi e decorrenza dei relativi effetti.
Significativo è al riguardo l'art. 13 1. 12 agosto 1962 n. 1338
che al 3° comma dispone che, costituita la rendita nel caso di
omissione contributiva, la stessa «integra con effetto immediato
la pensione già in essere». Allo stesso risultato si perviene, ai
sensi degli art. 50 e 51 1. 30 aprile 1969 n. 153, quanto agli effetti del riscatto dei periodi di lavoro all'estero (Cass., sez.
un., 28 maggio 1995, n. 3667, id., Rep. 1995, voce Previdenza
sociale, n. 880); nel caso di ricongiunzione dei periodi assicura
tivi ai sensi degli art. 1 1. 7 febbraio 1979 n. 29 e 16 1. 23 aprile 1981 n. 155; nella riliquidazione della pensione Inps, ai
sensi dell'art. 5 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 (ove sia richiesto
il riconoscimento di contributi figurativi per periodi anteriori
alla data di decorrenza della pensione): in tutte queste ipotesi
gli effetti si verificano non dalla data della domanda di ricon
giunzione o di riliquidazione, bensì dai periodi ai quali le posi zioni assicurative si riferiscono.
In definitiva, ritiene la corte di poter affermare il seguente
principio di diritto: «nel caso di domanda di iscrizione retroat
tiva o di retrodatazione degli effetti dell'iscrizione alla Cassa
nazionale di previdenza forense, quando in conseguenza di tale
domanda l'iscritto raggiunga i trent'anni di iscrizione e contri
buzione, il diritto alla pensione di vecchiaia si matura al compi mento del sessantacinquesimo anno di età e non già dalla do
manda, che sia posteriore a tale evento, proposta ai sensi del
l'art. 29 d.p.r. 20 settembre 1980 n. 576 e dell'art. 12 1. 11
febbraio 1992 n. 141».
3. - Il ricorso deve essere quindi rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 6 otto
bre 1997, n. 9701; Pres. Iannotta, Est. Perconte Licatese, P.M. Cafiero (conci, conf.); Capelli (Avv. Ciaffi, Capozzo
ii) c. Soc. Teodora (Aw. F. Zucconi Galli Fonseca). Con
ferma Trib. Bologna 23 febbraio 1995.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso abitati
vo — Disdetta — Termine a ritroso — Computo (Cod. civ., art. 2963; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni
di immobili urbani," art. 3).
Nelle locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, la comuni
cazione della disdetta prevista dall'art. 3 l. 392/78 è tempesti va ove pervenga al conduttore nel giorno del mese di scaden
za corrispondente a quello del mese iniziale. (1)
(1) Con la odierna sentenza la Suprema corte applica all'ipotesi della
disdetta del contratto di locazione il principio generale in tema di com
puto del tempo dettato dall'art. 2963, 4° comma, c.c., secondo il quale i termini mensili o annuali scadono, indipendentemente dall'effettivo
numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del gior no del mese di scadenza corrispondente a quello del mese iniziale; in
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — La s.a.s. Teodora intimava a
Capelli Mirco, conduttore di un suo appartamento, lo sfratto
per finita locazione alla data del 1° gennaio 1992, a norma del
l'art. 58, lett. e), 1. 27 luglio 1978 n. 392, giusta disdetta del
28 giugno 1991, convenendolo innanzi al Pretore di Bologna
per la convalida.
L'intimato eccepiva che la disdetta, pervenutagli il 1° luglio
1991, era tardiva, onde la tacita rinnovazione del contratto, che, in subordine, sarebbe scaduto il 24 settembre 1993 ai sensi del
l'art. 65 1. cit.
Il pretore dichiarava il contratto scaduto il 1° gennaio 1992
e fissava per l'esecuzione del rilascio la data del 31 maggio 1994.
Appellava il Capelli, assumendo che il primo giudice aveva
erroneamente prorogato di diritto, in quanto festivo, il termine
finale della disdetta di cui all'art. 59 della legge, perché tratta
vasi nella specie di un «termine processuale libero c.d. a ritro
so». L'appellata resisteva al gravame che il tribunale, con la
sentenza ora impugnata, emessa il 21-23 febbraio 1995, rigettava. Ricorre il Capelli con due motivi, cui resiste con controricor
so l'intimata.
Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunciando
la falsa applicazione dell'art. 59, 1° comma, 1. 27 luglio 1978
n. 392, in relazione agli art. 155 c.p.c. e 2963 c.c., il ricorrente
sostiene che, escludendo dal computo a ritroso, secondo i prin
cipi generali, il dies a quo (1° gennaio 1992) e includendo nel
semestre, in quanto dies ad quem, il 1° luglio 1991, il termine
per la comunicazione della disdetta sarebbe scaduto il 30 giu
gno 1991, che però era domenica, di guisa che la scadenza, a
norma dell'art. 155, ultimo comma, c.p.c., dovrebbe anticiparsi al giorno che precede il dì festivo, ossia, in definitiva, al 29
giugno 1991.
Col secondo motivo, denunciando il vizio di omessa o insuf
ficiente motivazione, il ricorrente deduce che la corte di appello ha negato la natura «a ritroso» del termine de quo, affermata
costantemente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità,
tal senso, sebbene riguardo ad ipotesi diverse da quella decisa nella
pronunzia di cui sopra, v. Cass. 9 agosto 1996, n. 7386, Foro it.. Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 512; 25 giugno 1987, n. 5607, id., Rep. 1987, voce Termini processuali civili, n. 4; 27 gennaio 1987, n.
757, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2916; 8 febbraio 1985, n. 1029, id., Rep. 1985, voce cit., n. 890; 1° giugno 1983, n. 3758, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 56; 27 novembre 1979, n. 6215, id., Rep. 1979, voce Termini processuali civili, n. 2; 5 luglio 1979, n. 3832, id., 1980, I, 2228, in motivazione. Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ferrara 20 giugno 1991, id., Rep. 1992, voce Impugnazioni civili, n. 26; Pret. Palermo 5 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce Termini pro cessuali civili, n. 4; Pret. Milano 24 novembre 1988, id., Rep. 1989, voce Locazione, n. 210.
Sullo specifico tema di cui alla pronunzia qui applicata, v. invece, nella giurisprudenza di merito, implicitamente in senso conforme, Pret. Milano 16 luglio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 208, e Arch, loca
zioni, 1988, 188, nonché Pret. Monza 23 ottobre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 249, e Arch, locazioni, 1986, 693. Contra, App. Bari 28 novembre 1988, Foro it., 1990, I, 1588, con nota di A. Cappa
bianca, che ritiene applicabile al termine de quo la regola dies a quo non computatur, dies ad quem computatur in termine, con la conse
guenza che il giorno — corrispondente al giorno del mese iniziale —
del sesto mese precedente, a norma dell'art. 2963, 4° comma, c.c., è considerato non più utile ai fini dell'osservanza del termine in questione.
Nonostante la ritenuta inapplicabilità alla fattispecie del detto princi pio, comunque, la motivazione della sentenza in epigrafe provvede a
puntualizzare come, nell'ipotesi che ci occupa, si sia in presenza di un termine c.d. «a ritroso», ossia di un termine nel quale quello che si suole indicare come il dies ad quem diviene il dies a quo, a cominciare dal quale il termine si fa decorrere all'indietro. In relazione a ciò, si afferma anche che se, in tal caso, il termine scade in giorno festivo, esso è anticipato di diritto al primo giorno precedente non festivo, in
ossequio al principio di cui agli art. 2963 , 3° comma, c.c. e 155, 4°
comma, c.p.c., applicabile anche ai termini quali quelli dei quali si di scute. In tal senso, v. Cass. 29 novembre 1977, n. 5187, id., 1978, I, 2011; in senso contrario, v., invece, Pret. Milano 16 luglio 1987, cit., secondo la quale, in forza della prima di dette disposizioni, il ter
mine dovrebbe essere prorogato al primo giorno seguente non festivo. Sul tema della mancanza, nel mese di scadenza, del giorno corrispon
dente a quello del mese iniziale, v. Pret. Monza 23 ottobre 1986, cit., dove si precisa che, nell'ipotesi in cui il giorno corrispondente a quello del mese iniziale esista in quello di scadenza, la regola di cui all'art.
2963, ultimo comma, non è in nessun caso destinata a trovare appli cazione.
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1963 PARTE PRIMA 1964
con la semplice obiezione, di per sé nient'affatto significativa, che trattasi di termine «sostanziale» e non «processuale».
Premessa l'inammissibilità del controricorso, in quanto la s.a.s.
Teodora ha irritualmente conferito la procura speciale di cui
agli art. 370, 2° comma, e 365 c.p.c. in calce alla copia notifi
cata del ricorso (anziché, come prescritto, in calce o a margine del controricorso stesso), facendo così venir meno la certezza
del rilascio del mandato in data anteriore o coeva alla notifica
dell'atto (cfr. Cass. 21 agosto 1991, n. 9011, Foro it., Rep.
1991, voce Cassazione civile, n. 47), rilevasi che il ricorso, nella
sua duplice articolazione, è infondato.
Il tribunale, dopo aver esattamente precisato (e ciò vale a
individuare la vera norma di legge asseritamente violata) che
il termine in discussione non è quello dell'art. 56, ma quello dell'art. 3 1. 27 luglio 1978 n. 392 (ciò, è il caso di aggiungere, in quanto il contratto de quo, come è incontroverso, dapprima
regolato dall'art. 58 1. cit., si è rinnovato due volte, così pas sando dalla disciplina transitoria a quella ordinaria), ha osser
vato che, coincidendo la scadenza dell'ultimo quadriennio, a
far data dal 1° gennaio 1988, secondo il calendario comune, col 1° gennaio 1992, la disdetta, pervenuta al conduttore (dato di fatto pacifico) il 1° luglio 1991, fu tempestiva, a norma degli art. 2963 e 1187 c.c.
Tale soluzione va pienamente condivisa, ma esige qualche chia
rimento.
Il termine in questione («almeno sei mesi prima della scaden
za») rientra (né il tribunale, di fatto, l'ha disconosciuto o pote va disconoscerlo) tra quelli c.d. «a ritroso», nei quali cioè la
legge assume come giorno di partenza non quello che si suole
indicare come il dies a quo, ma il dies ad quem, a cominciare
dal quale il termine si fa decorrere all'indietro; ma purtuttavia, in quanto termine sostanziale «a mesi», non si sottrae alle rego le dell'art. 2963, 4° comma, c.c. (la quale, sebbene dettata in
tema di prescrizione estintiva, costituisce un criterio generale
per il computo del tempo, anche in tema di termini, come il
presente, di decadenza) e dunque si consuma «nel mese di sca
denza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese
iniziale», secondo il sistema della computazione civile, non ex
numeratione ma ex nominatione dierum (cfr. Cass. 6 febbraio
1976, n. 409, id., Rep. 1977, voce Termini processuali civili, n. 6). Tale regola, valida nell'ordinario caso del termine «in avan
ti» si applica cioè, come è naturale, anche nell'ipotesi di un
termine a mesi «a ritroso», con l'unica differenza, già accenna
ta, che quello che normalmente è il giorno di partenza diventa
il punto di arrivo.
Per conseguenza, essendo indubitabile che, secondo il calen
dario comune, in un ordinario termine a mesi, sei mesi dal 1°
luglio 1991 scadono il 1° gennaio 1992 (ultimo giorno, suppo sto non festivo, interamente utile), altrettanto certo è che, in
vertendo il computo, sei mesi a ritroso dal 1° gennaio 1992
scadono il 1° luglio 1991, che perciò sarà interamente a disposi zione per il compimento dell'atto.
Insomma, posto come termine iniziale il 1° gennaio 1992, la scadenza del termine di sei mesi a ritroso non può che avve
nire nel sesto mese precedente (luglio) e nel giorno di questo
corrispondente al giorno del mese iniziale (il 1°). A conferma dell'indicato computo, si può ricordare che, nel
fissare il termine per la disdetta, la legge si preoccupa che, dal
momento in cui la disdetta è comunicata, decorrano almeno
sei mesi di preavviso: e non c'è dubbio che, secondo il calenda
rio comune, esattamente sei mesi decorrono dal 1° luglio 1991
al 1° gennaio 1992.
Il ragionamento del ricorrente estende erroneamente ai termi
ni a mesi le regole proprie dei termini a giorni. Invero il princi
pio generale per cui dies a quo non computatur, dies ad quem
computatur in termine, posto congiuntamente dall'art. 2963, 2°
comma, c.c. e dall'art. 155, 1° comma, c.p.c. (derogato solo
nei casi tassativi dei termini, a giorni, c.d. liberi, in cui non si computa né il dies a quo né il dies ad quem), è stato sì appli cato dalla giurisprudenza anche ai termini «a ritroso», ma solo
a quelli a giorni, alla stregua peraltro della testuale disposizione del 1° comma dell'art. 155 c.p.c., secondo cui «nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora
iniziali» (cfr., sul termine di cui all'art. 436, 3° comma, c.p.c., Cass. 8 febbraio 1985, n. 1042, id., Rep. 1985, voce Lavoro
e previdenza (controversie), n. 401, e 26 febbraio 1980, n. 1338,
id., Rep. 1980, voce cit., n. 373; sul termine di cui all'art. 436,
Il Foro Italiano — 1998.
1° comma, c.p.c., Cass. 4 giugno 1985, n. 3345, id., Rep. 1995, voce cit., n. 395; sul termine infine di cui all'art. 416, 1° com
ma, c.p.c., Cass. 26 febbraio 1985 n. 1655, id., 1985, I, 2672, e 12 aprile 1979, n. 2189, id., Rep. 1979, voce cit., n. 437).
Di qui la totale ininfluenza della festività domenicale del 30
giugno 1991, la quale avrebbe avuto rilievo solo se il contratto
fosse scaduto il 31 dicembre 1991 e non il 1° gennaio 1992, secondo la tesi già sostenuta dal Capelli, ma respinta, senza
che il ricorrente se ne dolga, dalla corte di appello. In tal caso,
infatti, i sei mesi a ritroso sarebbero scaduti il 30 giugno 1991
(art. 2963, ultimo comma, c.p.c.), ciò che avrebbe comportato lo spostamento, sempre andando a ritroso, del termine ultimo
per la disdetta al precedente 29 giugno, in omaggio alla disposi zione di cui agli art. 155, ultimo comma, c.p.c. e 2963, 3° com
ma, c.c., applicabile anche ai termini che si computano a ritro
so, la cui scadenza è anticipata al giorno precedente (e no,n pro
rogata al seguente) non festivo (Cass. 29 novembre 1977, n.
5187, id., 1978, I, 2011) e, in generale, anche in termini ad
anni o a mesi.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 set
tembre 1997, n. 9507; Pres. Senofonte, Est. Spirito, P.M.
Maccarone (conci, conf.); Sbuelz (Aw. Panatiti, Bruno,
Querini) c. Comune di Basiliano (Aw. Pujatti). Cassa App. Trieste 23 maggio 1995 e decide nel merito.
Procedimento civile — Atti processuali — Ricostituzione — Ap
plicazione analogica delle norme per il processo penale (Cod.
proc. pen., art. 113). Procedimento civile — Atti processuali — Ricostituzione — Na
tura ordinatoria del provvedimento — Conseguenze (Cod.
proc. pen., art. 113).
In materia civile, data la mancanza di norme specifiche in tema
di ricostituzione di atti processuali distrutti, smarriti o sot
tratti (nella specie, una sentenza), sono applicabili analogica mente le disposizioni per il processo penale. (1)
Il provvedimento di ricostituzione dell'atto processuale distrut
to, smarrito o sottratto (nella specie, una sentenza) ha natura
ordinatoria e non decisoria, e quindi non è richiesto che vi
provvedano gli stessi magistrati autori dell'atto originario. (2)
(1-2) In senso conforme alla prima massima, cfr. Cass. 29 marzo
1996, n. 2895, Foro it., Rep. 1996, voce Procedimento civile, n. 160, in tema di ricostituzione del verbale di udienza.
La presente pronuncia trova spunto da una situazione verificatasi non di rado nella prassi degli ultimi anni, e cioè lo smarrimento, distruzione e sottrazione di atti processuali civili; ben nòte sono le tormentate vi cende della cartella contenente i fascicoli di causa nel lungo corso del
procedimento, mentre per ciò che concerne la sentenza, consegnata al cancelliere dall'estensore ed inserita in apposita raccolta, l'anello debole della catena è rappresentato dalla trasmigrazione della stessa all'ufficio del registro e dalla successiva riconsegna (saggezza imporrebbe al can
celliere, prima dell'invio all'ufficio finanziario, di conservarne una co
pia, all'occorrenza da autenticare e surrogarsi con l'originale come pre visto dall'art. 112 c.p.p., ma, si obietterebbe, nessuna norma prevede l'estrazione di copia per esigenze, oltretutto eventuali, di ufficio).
In merito, il legislatore, di recente investito della questione nella re dazione del codice di procedura penale, ha dettato l'art. 113, le cui
disposizioni sono generalmente ritenute applicabili anche al rito civile:
più analiticamente, i primi due commi disciplinano la ricostituzione in senso stretto, demandando al giudice il compito di accertare il contenu to dell'atto mancante e stabilire il tenore dell'atto ricostituendo, con la precisazione che valore privilegiato a tale scopo ha la minuta ricono sciuta da uno dei giudici; l'ultimo comma, invece, disciplina la rinnova zione dell'atto, se necessaria e possibile, ove non ne sia ricavabile aliun de il tenore.
Tale attività ha natura e forma di ordinanza e soggiace al regime
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