+ All Categories
Home > Documents > sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli...

sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: duongnga
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
11
sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli (concl. conf.); Longhitano (Avv. M. Bianco) c. Benvenuti (Avv. Gentiloni Silverj, Cocchi, Novelli). Conferma App. Firenze 26 gennaio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3199/3200-3217/3218 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191493 . Accessed: 25/06/2014 02:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli(concl. conf.); Longhitano (Avv. M. Bianco) c. Benvenuti (Avv. Gentiloni Silverj, Cocchi,Novelli). Conferma App. Firenze 26 gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3199/3200-3217/3218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191493 .

Accessed: 25/06/2014 02:51

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3199 PARTE PRIMA 3200

dizione civile, n. 128; 28 novembre 1996, n. 10616, id., Rep. 1996, voce Contratti della p.a., n. 254).

In particolare, con la più recente delle sentenze citate, si è

così statuito: «le controversie concernenti l'aggiudicazione di un

appalto stipulato da un ente pubblico economico (nella specie un consorzio per l'area di sviluppo industriale), che agisca in

proprio e in posizione di parità con gli aspiranti alla gara, non

già quale concessionario di un ente pubblico non economico,

appartengono alla cognizione del giudice ordinario, in quanto

gli atti attinenti alla procedura di scelta dell'aggiudicatario (ban

do, lettera d'invito, verbale di aggiudicazione ed approvazione dello stesso) non ineriscono all'organizzazione dell'ente e non

sono idonei a degradare la posizione soggettiva dei terzi, in essi

coinvolti, ad interesse legittimo». Tale pronuncia, emessa in relazione ad un appalto disciplina

to dalla 1. 2 giugno 1995 n. 216 di conversione del d.l. 3 aprile 1995 n. 101, ha sottolineato la differenza tra la fattispecie esa

minata, cui quella oggetto della presente controversia va assimi

lata, e quella in cui il soggetto appaltante privato agisca quale concessionario di un ente pubblico non economico in virtù di

provvedimento traslativo di pubblici poteri e, quindi, quale or

gano indiretto della pubblica amministrazione (v. sez. un. 29

dicembre 1990, n. 12221, id., 1991, I, 3405; 18 marzo 1992, n. 3359, id., 1993, I, 2328; 15 ottobre 1992, n. 11264, id., Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 196).

Nell'ordine di idee della sentenza 10616/96, che il collegio condivide, la norma dell'art. 67, 2° comma, d.p.r. 902/86, pre vedente la facoltà dell'azienda di risolvere il contratto per so

pravvenuti motivi d'interesse pubblico, deve essere interpretata come configurante un'ipotesi di recesso, sostanzialmente non

diversa da quella prevista dall'art. 1671 c.c., per l'appalto pri vato. Essa si limita, rispetto a quest'ultima, a fissare l'indenniz zo per il mancato guadagno dell'appaltatore nel decimo dell'im

porto delle prestazioni non eseguite. La norma dell'art. 67 cit., nel prevedere l'apprezzamento dei sopravvenuti motivi d'inte resse pubblico, tiene conto, quindi, del fatto che l'azienda, pur

agendo su un piano paritetico e con strumenti privatistici, per segue pur sempre indirettamente interessi pubblici.

V) Quanto alla soggezione dell'appalto in questione alle nor me di recepimento nell'ordinamento statale di direttive comuni

tarie, occorre anzitutto fare alcune precisazioni. La controricorrente, come si è detto, ha richiamato il d.leg.

358/92 concernente i pubblici appalti di forniture e i d.leg. nn. 157 e 158 del 1995, aventi ad oggetto gli appalti di servizi.

Il richiamo non è pertinente. Tenuto conto dell'oggetto del

l'appalto, quale risulta dal bando e della circostanza che in esso si fa riferimento al d.leg. 19 dicembre 1991 n. 406, avente ad

oggetto l'attuazione della direttiva Cee 89/440 in materia di pro cedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, è l'ap plicazione di tale provvedimento legislativo che può venire in

questione.

Senonché, come questa corte ha già ritenuto, proprio con ri ferimento al decreto 406/91, a far ritenere gli atti di un procedi mento provvedimenti amministrativi autoritativi, oppure atti o

negozi privati, ciò che conta è la qualità del soggetto che li ha posti in essere e non la loro disciplina sostanziale, dovendosi escludere che soggetti privati, non titolari di concessione trasla tiva di pubblici poteri, possano essere autori di provvedimenti amministrativi autoritativi, cui correlare posizioni di interesse

legittimo (v., anche in motivazione, sez. un. 6 maggio 1995, n. 4989, id., 1996, I, 1363; 5 marzo 1996, n. 1726, id., Rep. 1996, voce Giurisdizione civile, n. 79).

Diviene allora superfluo stabilire se l'Asar abbia richiamato il d.leg. 406/91 per spontanea adesione ad un modulo legislati vo oppure perché vi fosse obbligata.

In conclusione, deve essere dichiarata la giurisdizione ordinaria.

Il Foro Italiano — 1997.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli

(conci, conf.); Longhitano (Avv. M. Bianco) c. Benvenuti

(Avv. Gentiloni Silverj, Cocchi, Novelli). Conferma App. Firenze 26 gennaio 1995.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni (Cod.

civ., art. 1417, 1427; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 1, 26, 79).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione

— Clausola di transitorietà — Tacita rinnovazione del con

tratto — Compatibilità (Cod. civ., art. 1597; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 1, 26).

In caso di locazione stipulata per esigenze abitative transitorie, il conduttore che assuma la nullità della clausola di «transito

rietà», ai sensi dell'art. 79 l. 392/78, per inesistenza in con

creto della natura transitoria delle sue esigenze abitative, ha

l'onere di dimostrare (anche per testimoni o avvalendosi di

presunzioni, e disponendo d'altra parte il giudice di ampi po teri di iniziativa al riguardo, ex art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. riformato) la sussistenza dell'accordo simulatorio volto ad elu dere la normativa della l. 392/78, ovvero che il locatore ave va consapevolezza (desumibile anche da univoci elementi in

diziari) della effettiva natura primaria e stabile, anziché tran

sitoria, delle sue esigenze abitative. (1)

(1-4, 6) Con le sentenze che si riportano (la meno recente delle quali è annotata da N. Izzo, in Giust. civ., 1997, I, 1231; G. Gidoni, in Rass. locazioni, 1997, 167), cui si aggiungono altre di poco successive, pubblicate tra il luglio e l'agosto 1997, la Corte di cassazione sembra avere definitivamente risolto le principali questioni interpretative poste si in tema di locazioni stipulate per esigenze abitative transitorie del conduttore (di regola sottratte, ex art. 26, lett. a, 1. 392/78, alla norma tiva dettata dalla stessa legge per i rapporti ad uso abitativo ordinario, a meno che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile per motivi di studio o di lavoro; nel qual caso, in base al combinato disposto degli art. 1, cpv., e 26, lett. a, le disposizioni della 1. 392/78 trovano applicazione, eccetto quelle relative alla durata del rapporto).

In particolare, con la decisa conferma — da parte di tutte e tre le sentenze in epigrafe (ma, nello stesso senso, v. anche, da ultimo, Cass. 20 agosto 1997, n. 7750 e 23 agosto 1997, n. 7923, Foro it., Mass., 767 e 788) — della rilevanza dello stato psicologico del locatore ai fini della qualificazione come abitativa «primaria» (soggetta, come tale, al la disciplina degli art. 1 ss. 1. 392/78) di una locazione stipulata per esigenze abitative «transitorie» del conduttore, può dirsi ormai supera to il differente orientamento, in passato seguito dalla stessa corte di legittimità (esplicitamente in tal senso, da ultimo, Cass. 13 giugno 1994, n. 5722, id., 1995, I, 2483, con nota di richiami, riportata anche in Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo), secondo cui ai fini della applicabilità delle norme imperative della 1. 392/78 avrebbero ri lievo assorbente le effettive esigenze del conduttore, indipendentemente non solo dalle espressioni adoperate nel contratto, ma anche dalla even tuale buona fede del locatore (cioè anche qualora il locatore fosse all'o scuro delle reali esigenze del conduttore). Se si esclude il precedente testé citato, peraltro, a partire dalla sentenza 29 dicembre 1993 n. 12947 (Foro it., 1994, I, 1440, e Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo), la stessa corte si era già pressoché costantemente espressa, con formemente alle pronunzie in rassegna, nel senso che al conduttore che invochi la nullità della clausola di transitorietà incombe provare la co noscenza (o la ragionevole conoscibilità, con l'ordinaria diligenza) da parte del locatore del carattere «non transitorio» delle sue reali esigen ze; così sostanzialmente inquadrando il problema nell'ambito della si mulazione contrattuale: v. Cass. 5 aprile 1995, n. 4001, Foro it., 1995, I, 2482; 24 luglio 1995, n. 8063, id., Rep. 1995, voce Locazione, n. 105; 17 novembre 1995, n. 11917, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164.

Particolarmente importanti appaiono, per l'ampio respiro della moti vazione, le riportate Cass. 6145/97 (che conferma App. Firenze 26 gen naio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 106) e 1936/97, le quali, ripren dendo un'argomentazione già proposta dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Milano 12 gennaio 1995, id., 1995, I, 2482, e Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo; Trib. Milano 30 gennaio 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 376) osservano, tra l'altro, come il principio della «preminente rilevanza della situazione di fatto rispetto alla destinazione contrattuale . . .», cui in passato la Suprema corte si era ispirata alla luce della formulazione (originaria) dell'art. 80 1. 392/78, abbia subito un significativo ridimensionamento ad opera della senten za 185/88 della Corte costituzionale (id., 1988, I, 1739), per effetto della quale «la sottoposizione del rapporto al regime proprio di uno dei tipi legali delineati dalla 1. 392/78 non è più ricollegabile, ai sensi

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La tacita rinnovazione del contratto ai sensi dell'art. 1597 c.c.

non è incompatibile con la qualificazione di una locazione

come «transitoria» ai sensi dell'art. 26, lett. a), l. 392/78,

qualora non risulti la volontà delle parti di novare il contrat

to, modificandone il tipo legale da locazione abitativa non

primaria (e cioè diretta a soddisfare esigenze meramente sus

sidiarie o voluttuarie, come tali non meritevoli di tutela) a

locazione abitativa primaria. (2)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 2 aprile

1997, n. 2868; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Li

MONGEixi, P.M. Gambardella (conci, conf.); Vienna (Avv.

Patrizi, Bosso) c. Viziale (Avv. Ramadori, Lenti). Cassa

Trib. Torino 7 giugno 1994.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni (Cod.

civ., art. 1418; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 26, 79). Locazione — Legge 392/78 — Mutamento dell'uso pattuito —

Disciplina corrispondente all'uso effettivo dell'immobile —

Applicazione — Decorrenza — Fattispecie (L. 27 luglio 1978

n. 392, art. 80).

In tema di locazioni stipulate per esigenze abitative transitorie

del conduttore, la mancanza di formale e specifica indicazio

ne di tali esigenze non determina la nullità del contratto; né,

d'altra parte, la clausola di transitorietà può ritenersi nulla

ai sensi dell'art. 79 l. 392/78 per il solo fatto oggettivo che

il conduttore abbia destinato concretamente l'immobile loca

to a propria stabile abitazione, essendo al riguardo indispen

sabile, in applicazione dei principi dell'affidamento e della buona fede contrattuale, l'ulteriore prova che al momento della

conclusione del contratto il locatore fosse consapevole (o tale

potesse rendersi con l'uso dell'ordinaria diligenza) della natu

dell'art. 80 della citata legge, al mero dato oggettivo della destinazione

impressa all'immobile dal conduttore, ma postula che tale destinazione sia conosciuta dal locatore (e tacitamente accettata, evitando di agire entro tre mesi per la risoluzione)». Entrambe le pronunzie in rassegna rilevano, peraltro, come dal predetto art. 80, a ben vedere, non possa no trarsi «utili argomenti» per risolvere il problema della qualificazione del contratto (se cioè esso debba ritenersi ad uso abitativo ordinario,

oppure transitorio), giacché la richiamata norma «appare dettata per

regolare (solo) il momento funzionale del rapporto», e cioè l'ipotesi del mutamento unilaterale dell'uso pattuito sopravvenuto nel corso del

rapporto, laddove, invece, costituisce principio acquisito che la transi

torietà (o meno) dell'esigenza abitativa in vista della quale è stato stipu lato il contratto di locazione «vada riferita al momento genetico del

contratto». Cass. 2868/97, invece, recependo l'ampia portata dell'art. 80 1. 392/78,

si esprime nel senso dell'applicabilità delle relative disposizioni anche

quando fin dall'inizio il conduttore utilizzi (originariamente, all'insapu ta del locatore) come abitazione stabile l'immobile preso in locazione

per esigenze transitorie. È ovvio, peraltro, che in tal caso l'assoggetta mento del rapporto alla disciplina imperativa del capo I della 1. 392/78

presuppone che il locatore, venuto a conoscenza del mutamento dell'u

so pattuito, abbia lasciato trascorrere il termine trimestrale all'uopo sta

bilito senza agire in giudizio per la risoluzione del contratto; e — pun tualizza la corte — soltanto con decorrenza dalla scadenza di tale termi

ne può applicarsi alla locazione il regime giuridico corrispondente all'uso

effettivo dell'immobile. In termini v., da ultimo, Pret. Bologna 26 otto

bre 1996, Giust. civ., 1997, I, 1220, con nota di N. Izzo (che, in caso

di azione di ripetizione di indebito ex art. 79 1. 392/78 proposta dal

conduttore sul presupposto della simulazione dell'uso «foresteria», si

è espressa nel senso che la mancanza di prova dell'iniziale accordo si

mulatorio diretto ad eludere la normativa sull'equo canone non escluda

la possibilità di applicare, comunque, tale normativa ai sensi dell'art.

80 1. 392/78 — ritenuto applicabile anche d'ufficio — qualora risulti

che il locatore, venuto a conoscenza della destinazione abitativa stabile

conferita dal conduttore all'immobile, ovvero delle ragioni di lavoro

o di studio qualificanti la sua esigenza abitativa, abbia omesso di pro muovere nel termine utile l'azione di risoluzione contrattuale). Circa

l'operatività del citato art. 80 anche nell'ipotesi qui considerata, v., d'altra parte, conformemente alla pronunzia qui riprodotta, Cass. 4

novembre 1992, n. 11952, Foro it., 1993, I, 1134, con nota di richiami, e Trib. Milano 12 gennaio 1995, cit.

Nell'ammettere la prova per testimoni o in base a presunzioni della

simulazione della clausola di transitorietà (richiamando altresì sul pun

ii. Foro Italiano — 1997.

ra non transitoria delle effettive esigenze abitative del con

duttore. (3) La norma dell'art. 80 I. 392/78, prevedendo la difformità ri

spetto alle previsioni contrattuali dell'uso effettivo dell'im

mobile locato, senza ulteriori precisazioni, deve ritenersi ap

plicabile anche nel caso in cui il conduttore fin dall'inizio del rapporto locatizio utilizzi l'immobile diversamente da quan to pattuito (nella specie, come abitazione stabile anziché per

esigenze abitative transitorie); fermo restando, peraltro, che

il mutamento del regime giuridico del rapporto ai sensi della

suddetta norma può farsi decorrere soltanto dalla inutile sca

denza del termine trimestrale entro cui il locatore, venuto a

conoscenza del mutamento d'uso, avrebbe potuto agire per la risoluzione del contratto. (4)

III

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 marzo

1997, n. 1936; Pres. Iannotta, Est. Varrone, P.M. Gam

bardella (conci, conf.); Nicolini e altra (Aw. Guzzi) c. Bran

da D'Apricena; Branda D'Apricena (Avv. Monaco, Capua

no) c. Nicolini e altra. Cassa Trib. Roma 14 maggio 1994.

Locazione — Legge 392/78 — Canone — Aumenti illegittimi — Azione di ripetizione — Termine semestrale di decadenza — Decorrenza (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 44, 45, 79).

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni — Fatti

specie (Cod. civ., art. 1417, 1427; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 26, 79).

La proposizione, entro sei mesi dal rilascio dell'immobile loca

to, della domanda di conciliazione ex art. 44 l. 392/78 impe disce il verificarsi della decadenza prevista dall'art. 79 stessa

legge, anche se le domande di determinazione del canone e

to l'esistenza dei poteri di iniziativa ora attribuiti al giudice dall'art. 447 bis c.p.c., su cui v. già — con riferimento al regime processuale anteriore alla riforma del codice di rito entrata in vigore nella primave ra 1995 — Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, cit.), la Cassazione riba disce un principio consolidato: cfr. sent. 13 luglio 1992, n. 8501, id., 1993, I, 1134, con nota di richiami; Trib. Milano 12 e 30 gennaio 1995,

cit.; Pret. Perugia 22 febbraio 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 96;

e, da ultimo, Cass. 2 maggio 1997, n. 3782, id., Mass., 350; 24 luglio 1997, n. 6933, ibid., 667, e Pret. Busto Arsizio 29 gennaio 1997, Rass.

locazioni, 1997, 167, con nota di G. Gidoni. V., anche, in tema di simulazione del contratto di locazione per uso «foresteria» con interpo sizione fittizia di persona ex latere conductoris, Cass. 18 dicembre 1996, n. 11322, Foro it., Rep. 1996, voce Simulazione civile, n. 4 (e Rass.

locazioni, 1996, 421, con nota di G. Spagnuolo). La sentenza 6145/97 puntualizza, peraltro, che per poter ritenere si

mulata la clausola di «transitorietà» non è sufficiente che il conduttore deduca e dimostri «che il locatore era stato in grado di conoscere, sulla

base di elementi non equivoci, che la controparte, pur manifestando

la volontà di concludere una locazione transitoria, aveva l'effettiva esi

genza di destinare l'immobile a stabile abitazione»; ma occorre che dal

contesto degli elementi offerti possa desumersi, sia pure per via indizia

ria («da univoci elementi indiziari . . .»), che, al di là delle apparenze, il locatore fosse consapevole della effettiva destinazione dell'immobile «ad un uso diverso da quello indicato nel contratto, e cioè ad abitazio

ne stabile ed ordinaria e non già transitoria». Non è nuova neppure l'affermazione (accennata in Cass. 1936/97,

ma su cui si sofferma specificamente la sentenza 2868/97, anche ai fini

della validità del contratto di locazione nel suo complesso o limitata

mente alla clausola in questione) secondo cui la genericità della clausola

di transitorietà non fa venire meno l'onere del conduttore, che ne dedu

ca la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, di provarne la simulazione:

in proposito, v. già Cass. 12947/93, cit. (in base al rilievo che «nessuna

norma prescrive che i contraenti precisino nel contratto il tipo di esigen za abitativa transitoria»), nonché Cass. 11 luglio 1987, n. 6078, e 1°

luglio 1987, n. 5755, id., Rep. 1987, voce Locazione, nn. 114, 115 (e Arch, locazioni, 1987, 678). A differente soluzione la corte di legittimi tà è giunta con riferimento all'ipotesi della locazione «non abitativa»

transitoria, di cui al 5° comma dell'art. 27 1. 392/78, ritenendo necessa

ria la specifica enunciazione nel contratto delle ragioni obiettive che

escludano nel caso concreto le esigenze di stabilità della locazione (v. Cass. 18 aprile 1996, n. 3663, Foro it., 1996, I, 2028, ed ivi richiami

anche sulle posizioni espresse dalla giurisprudenza riguardo all'analogo

problema postosi in tema di locazioni abitative transitorie). Non sem

brerebbe tuttavia che ciò debba dare luogo a contraddittorietà, ove si

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3203 PARTE PRIMA 3204

di ripetizione delle somme versate in eccesso rispetto alla mi sura legale siano proposte oltre detto termine. (5)

A fronte di una locazione formalmente stipulata per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, incombe sempre al con

duttore l'onere di provare l'esistenza di un esplicito accordo simulatorio o comunque della piena consapevolezza, da parte del locatore, della non rispondenza del contratto alla fattispe cie legale, a nulla rilevando che siffatte esigenze abitative sia no state adeguatamente esplicitate nel contratto oppure no. (6)

I

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 marzo

1992, Mario Benvenuti esponeva di aver locato a Giancarlo Lon

ghitano, con contratto del 1° luglio 1989, un appartamento am

mobiliato, sito in Fiesole, da adibire esclusivamente alla soddi sfazione di esigenze abitative transitorie, con previsione espres

consideri che, mentre la locazione per «esigenze abitative genericamente transitorie» viene costruita come sottotipo del tipo legale «locazione ad uso di abitazione», sullo stesso piano della locazione per «esigenze abitative stabili e primarie» e di quella stipulata per «esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio e di lavoro» (in tal senso si esprimono chiaramente le pronunzie qui riprodotte sub I e III); con riferimento all'ipotesi dell'art. 27, 5° comma, cit., invece, si esclude che l'attività (economico-produttiva) transitoria costituisca una «auto noma categoria ontologica» (cfr., appunto, la citata Cass. 3663/96).

Con la sentenza 6145/97 la Cassazione si sofferma (per quanto con sta), risolvendolo in senso affermativo (in base al rilievo che «un'esi genza meramente sussidiaria o voluttuaria», quale è quella che caratte rizza il tipo locatizio di cui all'art. 26, lett. a, «ben può presentare un certo carattere di continuità nel tempo . . .»), sul problema della compatibilità fra transitorietà dell'uso abitativo (che legittima, quanto meno, la pattuizione di una durata del rapporto più breve di quella quadriennale stabilita dal 1° comma dell'art. 1 1. 392/78) e rinnovazio ne tacita (anche reiterata) del contratto, ai sensi dell'art. 1597 c.c. (nel caso considerato non trova applicazione, infatti, la disciplina dell'art. 3 1. 392/78, dettato per le locazioni abitative ordinarie). Nello stesso senso, da ultimo, Cass. 25 luglio 1997 n. 6990, id., Mass., 673. Sulla questione, cfr. anche, ma con riferimento all'ipotesi della locazione abi tativa transitoria stipulata con «patto in deroga» all'equo canone, ai sensi dell'art. 11,2° comma, d.l. 333/92 (come convertito nella 1. 359/92), Trib. Bologna 8 luglio 1995, id., 1996, I, 300, e Pret. Bologna 16 mar zo 1995, id., 1995, I, 1975, con nota di D. Piombo.

Sul problema della qualificazione come realmente «transitoria» ex art. 26, lett. a), 1. 392/78, o meno, nel caso concreto, della locazione, v. inoltre, tra le pronunzie di merito: App. Napoli 21 dicembre 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 95; Trib. Firenze 15 luglio 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 107 (per esteso in Arch, locazioni, 1995, 663, con nota di N. Scripelliti); Pret. Perugia 20 gennaio 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 108 (e Rass. giur. umbra, 1994, 403, con nota di F. Bagianti).

(5) La massima ribadisce un principio ormai costantemente afferma to dalla Cassazione, almeno nel caso che la domanda di ripetizione ex art. 79 1. 392/78 venga proposta dal conduttore contestualmente a quella di determinazione del canone legale (v., da ultimo, le sentenze 26 settembre 1996 n. 8491, Foro it., Rep. 1996, voce Locazione, n. 112; 13 gennaio 1997, n. 253, id., Mass., 23; 20 febbraio 1997, n. 1565, ibid., 151), ma che non trova uguali consensi nell'ambito della giuris prudenza di merito e in dottrina (v., in senso difforme, Trib. Milano 13 gennaio 1994, id., 1994, I, 2538, con nota di richiami, annotata da N. Izzo, in Giust. civ., 1994, I, 1447, e da R. Frasca, in Arch, locazioni, 1995, 163; nonché Trib. Cagliari 23 marzo 1994, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 113, e Riv. giur. sarda, 1995, 638, con nota di G. Zuddas).

La questione è destinata a perdere di attualità, dal momento che, in seguito alla espressa abrogazione dell'art. 44 1. 392/78 da parte della 1. 353/90 (entrata in vigore il 30 aprile 1995), per i giudizi di determina zione del canone di locazione iniziati dopo tale data il preventivo tenta tivo di conciliazione non costituisce più condizione di procedibilità del la domanda. Non così, tuttavia, per i giudizi che alla data di entrata in vigore della riforma del codice di rito erano già pendenti (v., sul punto, Cass. 4 novembre 1996, n. 9544, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 374).

Anche per altri aspetti della problematica inerente alla individuazione del dies ad quem del termine semestrale di decadenza di cui all'art. 79, cpv., 1. 392/78, v., da ultimo, Cass. 7 maggio 1996, n. 4236, id., 1996, I, 2380, con nota di richiami (nel senso che per valutare la tempe stività della domanda di ripetizione dell'indebito deve aversi riguardo alla data di presentazione del ricorso — sempre che questa sia la forma in cui la domanda deve essere proposta — piuttosto che a quella della notificazione all'avversario). [D. Piombo]

Il Foro Italiano — 1997.

sa di risoluzione nel caso di mutamento di destinazione; dedu ceva che il conduttore, con raccomandata del 16 febbraio 1992, gli aveva comunicato di aver stabilito nell'immobile la residenza abituale propria e della convivente; conveniva il predetto da vanti al Tribunale di Firenze per sentir dichiarare risolto il con

tratto, per effetto della clausola risolutiva, con conseguente con danna al rilascio.

Il convenuto resisteva, e, in via riconvenzionale, chiedeva che il rapporto fosse dichiarato soggetto al regime previsto dalla 1. 392/78 per le locazioni ad uso di abitazione.

Il tribunale accoglieva la domanda. La Corte d'appello di Firenze confermava tale pronuncia. Considerava la corte che il Longhitano non aveva espressamente eccepito che la locazio

ne, formalmente stipulata per la soddisfazione di esigenze abi tative transitorie, dissimulava in realtà una locazione per la sod disfazione di esigenze abitative stabili e primarie, ma si era limi tato a dedurre che il contratto, come pattuito, non era riconducibile nell'area della locazione abitativa transitoria, pre vista dall'art. 26, 1° comma, lett. a), 1. 392/78; che siffatta

qualificazione del tipo contrattuale non era condivisibile atteso che dal tenore del contratto e dalla situazione di fatto emergen te dalle allegazioni delle parti e dalla produzione documentale risultava che, al momento della stipula, il conduttore aveva di chiarato di avere altrove la propria residenza e di voler soddi

sfare, con la locazione dell'appartamento ammobiliato, esigen ze abitative non primarie; che non valeva a contrastare la quali ficazione della locazione come transitoria la circostanza degli intervenuti taciti rinnovi, ben potendosi protrarre nel tempo esi

genze abitative non primarie; che all'intervenuto mutamento di

destinazione, da locazione abitativa transitoria a locazione abi tativa ordinaria, comunicato dal conduttore con raccomandata del 16 febbraio 1992, il locatore aveva tempestivamente replica to con la proposizione dell'azione di risoluzione, con conseguente inapplicabilità del consolidamento dell'uso difforme rispetto a

quello pattuito, ai sensi dell'art. 80 1. 392/78. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Longhitano sulla

base di tre motivi, ai quali resiste, con controricorso illustrato con memoria, il Benvenuti.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun ciando violazione e falsa applicazione degli art. 1, da 12 a 22, 26 e 79 1. 392/78, dell'art. 2597 c.c. e dell'art. 1419 c.c., il ricorrente addebita alla corte d'appello di avere erroneamente disatteso il criterio della effettiva destinazione dell'immobile, indicato dalla prevalente giurisprudenza della Suprema corte al fine di accertare la natura transitoria ovvero ordinaria delle lo cazioni ad uso di abitazione.

1.1. - Il motivo non è fondato. La 1. 392/78, recante la nuo va disciplina organica delle locazioni di immobili urbani, ha

separatamente considerato, delineando due diversi moduli con trattuali di carattere generale, le locazioni ad uso di abitazione e le locazioni ad uso diverso, e le ha assoggettate a disciplina differenziata, così configurando due diversi tipi legali.

Nell'ambito dei suddetti moduli generali, ha inoltre indivi duato ulteriori sottotipi, caratterizzati da specificità sotto il pro filo causale, in ragione dell'interesse, enucleato dal legislatore dalla realtà economica e sociale, che ciascun sottotipo è desti nato a soddisfare (ovvero sotto diversi profili, quali l'ubicazio ne del bene, la peculiarità dell'oggetto, la qualità delle parti, sui quali non è qui il caso di soffermarsi) ed assoggettati a di

sciplina diversificata. Per quanto qui interessa, il tipo legale «locazione ad uso di

abitazione», risulta articolato, con riferimento alla diversa fun zione economico-pratica in tre sottotipi: a) le locazioni per esi

genze abitative stabili e primarie, assoggettate alla disciplina det tata dal capo primo del titolo primo della 1. 392/78 (art. 1-25), e, in particolare, alla durata legale quadriennale ed all'equo ca none, in considerazione della rilevanza sociale primaria del bi

sogno che soddisfano' b) le locazioni per esigenze abitative tran storie determinate da motivi di studio e di lavoro, escluse sol tanto dal vincolo di durata, ma per il resto equiparate alle locazioni abitative ordinarie, avuto riguardo alla loro connes sione con l'esercizio di attività meritevoli di particolare tutela, in ragione della loro rilevanza a livello costituzionale; c) le loca zioni per esigenze abitative non stabili e primarie, ma generica mente transitorie, escluse del tutto dalla suindicata disciplina.

Ora, la totale esclusione delle locazioni transitorie del terzo

tipo dal regime coattivo, quanto a durata e corrispettivo, in

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dubbiamente si giustifica in ragione della non meritevolezza di

tutela di esigenze abitative occasionali, sussidiarie o voluttuarie.

Occorre tuttavia considerare che, con la previsione di tale ti

po locatizio, il regime di sostanziale vincolo delineato dalla 1.

392/78 per le locazioni abitative risulta suscettivo di completa valida deroga mediante la stipulazione di un contratto di loca

zione transitoria.

Ed infatti, poiché la 1. 392/78 riconosce la possibilità per le

parti di concludere, tra i diversi tipi di locazioni abitative, an

che una locazione transitoria a regime libero, e non configuran dosi quindi un obbligo del locatore di locare l'immobile soltan

to ad equo canone per uso abitativo primario o comunque tute

lato, deve ritenersi consentito e lecito offrire in locazione il bene

soltanto per esigenze abitative transitorie, accettando di con

trattare soltanto con aspiranti conduttori che dette esigenze ab

biano e prospettino, con i quali convenire liberamente durata

e corrispettivo. Si realizzerà, in tal caso, una locazione transito

ria conforme al modello legale, e quindi pienamente valida.

Va tuttavia rilevato che la previsione di siffatto tipo locatizio — del tutto rimesso all'utonomia privata — dal momento che

determina, nell'ambito delle potenziali destinazioni di un im

mobile ad uso di abitazione mediante locazione, il concorso di

un duplice regime, l'uno vincolato (totalmente o parzialmente) e l'altro libero (maggiormente remunerativo, e quindi più appe tibile per il locatore), può dare luogo a fraudolente elusioni del

regime c.d. dell'equo canone, mediante la fittizia stipulazione di locazioni transitorie.

Non può invero escludersi — ed anzi l'esperienza segnala la

frequenza del fenomeno — che la qualificazione del contratto,

mediante espressa formula, come locazione transitoria, costitui

sca solo l'espediente formale per aggirare il regime c.d. dell'e

quo canone.

Si è quindi posta l'esigenza di discriminare tra locazione tran

sitoria conforme al modello legale, in quanto destinata a soddi

sfare esigenze abitative di scarso rilievo sociale, e quindi piena mente valida, e locazione transitoria conclusa in frode alla leg

ge, sanzionabile con la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78.

Sul punto, la giurisprudenza di questa Suprema corte non

si è univocamente espressa, ma ha subito una progressiva evo

luzione, della quale è opportuno fare cenno.

1.2. - In alcune decisioni (alle quali il ricorrente espressamen te si riferisce, affidando ai principi in esse enunciati, e che ritie

ne ingiustificatamente disattesi dalla corte territoriale, la sua cen

sura) questa Suprema corte ha ritenuto di dover attribuire pre dominante rilevanza alla «effettiva destinazione dell'immobile».

Si è in particolare affermato che la natura transitoria delle esi

genze abitative del conduttore — che importa l'esclusione della

locazione dall'ambito di applicabilità della 1. 392/78 ai sensi

dell'art. 26, lett. a), della stessa legge — va accertata con riferi

mento agli specifici bisogni del conduttore che l'immobile è de

stinato a soddisfare al momento della conclusione del contrat

to; nel senso che la suddetta natura transitoria va riconosciuta

nell'ipotesi in cui l'abitazione del conduttore, in quanto ecce

zionale e temporanea, comporti una sua permanenza soltanto

precaria o sussidiaria nell'immobile locato, mentre va esclusa

nel caso in cui l'immobile rappresenti la normale e continuativa

dimora del conduttore. Ed hanno ancora precisato che l'indagi ne diretta ad accertare quale delle due ipotesi ricorra nel caso

concreto va compiuta avendo riguardo all'effettiva destinazione

dell'immobile e con riferimento alla natura dell'esigenza abita

tiva del conduttore, e non dalle espressioni letterali del contrat

to fatto sottoscrivere dal locatore allorquando la dichiarata tran

sitorietà — smentita dalla situazione di fatto — abbia costituito

il mezzo, vietato dall'art. 79 1. 392/78, per eludere l'applicazio

ne della normativa sull'equo canone (sent. 11984/90, Foro it.,

Rep. 1991, voce Locazione, n. 109; 10676/91, id., 1993,1, 1136;

6777/92, ibid., 1135; 5722/94, id., 1995, I, 2483). Al menzionato indirizzo è stato rivolto un duplice ordine di

considerazioni critiche.

1.2.1. - In primo luogo, si è rilevato che il principio della

preminente rilevanza della situazione di fatto rispetto alla desti

nazione contrattuale che ispira le menzionate decisioni, e che

discende dall'art. 80 1. 392/78 nella sua originaria formulazio

ne, ha subito un significativo ridimensionamento ad opera della

Corte costituzionale, con la sentenza 185/88 (id., 1988, I, 1739).

In virtù della suindicata disposizione, infatti, nel caso di desti

nazione dell'immobile, da parte del conduttore, ad un uso di

II Foro Italiano — 1997.

verso da quello pattuito, trovava applicazione il regime giuridi co corrispondente all'uso effettivo dell'immobile, qualora il lo

catore non avesse proposto azione di risoluzione entro tre mesi

dal momento in cui ne ha avuto conoscenza «e comunque entro

un anno dal mutamento di destinazione», e quindi, secondo

la comune interpretazione, anche nel caso in cui il locatore non

ne fosse venuto a conoscenza, così privilegiandosi l'uso impres so dal conduttore alla cosa, rispetto a quello contrattualmente

previsto. E tale affermata prevalenza veniva intesa come espres sione di un principio generale (in tal senso, v. sent. 1598/84,

id., 1984, I, 2546, nella cui motivazione si legge che «l'uso che

determina il regime giuridico delle locazioni è solo quello effet

tivo, come si evince dall'art. 80 1. 392/78»).

Ma, come è noto, la Corte costituzionale, con la sentenza

185/88, cit. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.

80, nella parte in cui precludeva al locatore l'azione di risolu

zione anche nel caso in cui fosse comunque decorso un anno

dal mutamento di destinazione, poiché ha ritenuto che la garan zia di cui all'art. 24 Cost, deve estendersi alla conoscibilità del

momento iniziale di decorrenza del termine previsto per l'eserci

zio dell'azione, al fine di assicurarne all'interessato l'utilizzazio

ne nella sua interezza.

E non v'è dubbio che, per effetto dell'intervento caducatorio

operato dal giudice delle leggi, la sottoposizione del rapporto al regime proprio di uno dei tipi legali delineati dalla 1. 392/78

non è più ricollegabile, ai sensi dell'art. 80 della citata legge, al mero dato oggettivo della destinazione impressa all'immobile

dal conduttore, ma postula che tale destinazione sia conosciuta

dal locatore (e tacitamente accettata, evitando di agire entro

tre mesi per la risoluzione). 1.2.2. - Ulteriori ragioni ostative all'accoglimento del criterio

«oggettivo» erano già state peraltro rilevate in dottrina, ed han

no trovato seguito nella giurisprudenza di questa Suprema corte

(v., in particolare, sent. 1936/97, id., 1997, I, 3202). Ed infatti, nell'art. 80 1. 392/78 l'uso di fatto viene pur sem

pre considerato, in contrapposizione all'uso pattuito, come com

portamento illecito, tanto è vero che giustifica di per sé la riso

luzione (con valutazione legale della gravità dell'inadempimen

to, in deroga all'art. 1455 c.c., analogamente a quanto previsto dall'art. 5 della stessa legge in tema di morosità): la preminenza è quindi riconosciuta, in linea di principio, alla destinazione

contrattuale.

Va inoltre considerato che un uso difforme da quello pattuito

può realizzarsi soltanto in un momento successivo alla conclu

sione del contratto, sicché la norma in esame appare dettata

per regolare (solo) il momento funzionale del rapporto, con ri

ferimento al mutamento unilaterale di destinazione d'uso (im

plicante mutamento di regime giuridico) sopravvenuto nel corso

dello svolgimento del rapporto. Mutamento suscettivo di deter

minare la risoluzione del contratto, purché il locatore, avendo

ne avuto conoscenza (esigenza ritenuta indefettibile, come già

ricordato, dalla Corte costituzionale con la sent. 185/88) la ri

chieda nel termine di tre mesi, poiché diversamente, sostanzian

do la sua consapevole inerzia una adesione tacita alla nuova

destinazione d'uso posta in essere dal conduttore, si instaura

una nuova fattispecie contrattuale, assoggettata al regime legale

corrispondente all'uso effettivo (sul quale, in definitiva, si è for

mato un nuovo incontro dei consensi, espresso per facta con

cludendo). Non sembra quindi comunque corretto trarre dall'art. 80 1.

392/78 — ove si aderisca alla esegesi sopra proposta — utili

argomenti per risolvere il diverso problema della qualificazione del contratto — se integrante una locazione abitativa ordinaria

ovvero il sottotipo legale (in ragione della specificità della fun

zione economico-pratica legislativamente tipizzata) della loca

zione abitativa transitoria — con riferimento al momento gene

tico, e cioè con riferimento al momento della sua stipulazione.

Consegue che l'affermata esclusiva rilevanza, ai fini in esa

me, della situazione di fatto, con radicale svalutazione della de

stinazione d'uso enunciata nel contratto, non può essere condi

visa, dovendosi per converso ritenere che, qualora sia dedotta

la nullità, ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, della clausola che pre

vede la destinazione dell'immobile ad abitazione transitoria, de

ve aversi riguardo, nel valutare la sussistenza o meno di una

elusione del regime di vincolo, anche all'atteggiamento soggetti

vo dei contraenti.

Del resto, l'attribuzione di esclusiva rilevanza alla destinazio

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3207 PARTE PRIMA 3208

ne effettiva, attuata dal conduttore, suscita di per sé perplessi

tà, in quanto, a ben vedere, attribuisce al conduttore — che

abbia reso al locatore, disposto a locare l'immobile solo in via

transitoria, una dichiarazione infedele sulle sue esigenze abitati

ve, al fine di assicurarsi la disponibilità del bene — il potere di determinare, unilateralmente, mediante la concreta destina

zione dell'immobile ad abitazione primaria, il regime del con

tratto nel senso a lui più favorevole, così premiando il con

traente di mala fede rispetto a quello di buona fede.

1.3. - Le suindicate considerazioni hanno indotto la giuris

prudenza di questa Suprema corte a discostarsi progressivamen te dal criterio meramente «oggettivo» adottato nelle pronunce

sopra ricordate, ed a privilegiare l'esigenza di indagare l'atteg

giamento «soggettivo» dei contraenti, nel suo concreto atteg

giarsi nel momento della stipula. Al riguardo, nella giurisprudenza di questa Suprema corte ri

sultano considerate due distinte eventualità, il cui discrimine è

rappresentato dalla sussistenza o meno di una concorde volontà

di porre in essere una locazione transitoria, nella consapevolez za che di tale tipo negoziale non ricorrono i presupposti.

1.3.1. - Si è invero rilevato, con riferimento alla prima even

tualità, che, qualora le parti vogliano stipulare un contratto di

locazione, consapevoli che esso ha lo scopo di soddisfare l'esi

genza abitativa (primaria) del conduttore, privo di altra abita

zione e, al fine di eludere la sanzione della nullità di clausole

concernenti la durata e la misura del canone contrarie al regime

giuridico applicabile a quel particolare tipo di contratto, stipuli no una locazione che non soggiace a quei vincoli (e cioè una

locazione transitoria), si realizza una fattispecie simulatoria (si mulazione relativa), poiché le parti hanno voluto concludere un

contratto diverso da quello apparente (sent. 8501/92, id., 1993,

I, 1134; 1936/97, cit.). Le parti invero, in tal caso, pongono in essere una simulazione relativa finalizzata a frodare la legge,

celando, sotto lo schermo di una locazione transitoria (contrat to simulato), una locazione abitativa ordinaria (diverso contrat

to dissimulato, effettivamente voluto) regolata in difformità al

regime coattivo, c.d. dell'equo canone, che le è proprio. Il conduttore che pretenda l'applicazione, al rapporto locati

zio così instaurato, del regime c.d. dell'equo canone, avrà per tanto l'onere di dimostrare la sussistenza dell'accordo simulato

rio: dimostrata la simulazione, tra le parti avrà efficacia il con

tratto dissimulato di locazione ordinaria, ed in questo le clausole

contrarie alle norme imperative, affette da nullità ai sensi del l'art. 79 1. 392/78, saranno automaticamente sostituite dal regi me legale. Per fornire la prova dell'accordo simulatorio il con

duttore, ai sensi dell'art. 1417 c.c., potrà avvalersi, senza limiti, della prova per testimoni, in quanto diretta a dimostrare la illi

ceità, per contrasto con norme imperative, del contratto dissi mulato (sent. 8501/92, cit.). Del pari sarà consentito avvalersi di presunzioni (sent. 7410/92, id., 1993, I, 1135), ed è utile ri cordare, inoltre, che, vertendosi in tema di controversia in ma teria di locazione, il giudice dispone di ampi poteri di iniziativa

probatoria officiosa (art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. riformato). 1.3.2. - Può peraltro configurarsi una seconda eventualità,

e cioè che l'intenzione elusiva sia unilaterale, perché riferita al solo conduttore, il quale, pur intendendo adibire l'immobile ad abitazione primaria e stabile, accetti la proposta di locazione transitoria formulata dal locatore, dichiarando di avere esigen ze abitative transitorie. Un siffatto intendimento unilaterale, pe raltro, è necessariamente destinato a restare confinato nei limiti di una irrilevante riserva mentale, ovvero a concretizzare, ricor

rendone i requisiti, un'ipotesi di dolo (art. 1439 c.c.) del con

duttore, che potrebbe abilitare il locatore a richiedere l'annulla mento del contratto (eventualità alquanto improbabile, confi

gurando la locazione transitoria un tipo di contratto di regola maggiormente remunerativo per il locatore).

Al riguardo, varie decisioni hanno peraltro ritenuto, richia mandosi ai principi dell'affidamento e della buona fede, che sia consentito al conduttore di invocare la nullità della locazio

ne, pattuita come transitoria, per violazione delle norme impe rative poste dalla 1. 392/78, anche nel caso in cui deduca e di mostri che il locatore era stato in grado di conoscere, sulla base di elementi non equivoci, che la controparte, pur manifestando la volontà di concludere una locazione transitoria, aveva l'effet tiva esigenza di destinare l'immobile a sua stabile abitazione.

Si è in particolare affermato che, quando un contratto di lo cazione abitativa sia stipulato con la previsione di un uso tran

II Foro Italiano — 1997.

sitorio, il conduttore, che assuma la nullità ex art. 79 1. 392/78

di tale clausola per l'inesistenza, in concreto, della dedotta na

tura transitoria delle esigenze abitative, deve dimostrare che que sta inesistenza era ragionevolmente apprezzabile dal locatore in

base all'obiettiva situazione di fatto da quest'ultimo conosciuta

al momento del contratto, non potendo altrimenti rilevare con

tro il locatore né situazioni di fatto occultate dal conduttore, né la riserva mentale di costui di non accettare la clausola (sent.

12947/93, id., 1994, I, 1440; 4001/95, id., 1995, I, 2482; 11917/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164; 1936/97, cit.).

Il proposto metodo di indagine suscita perplessità. A parte il rilievo che l'inosservanza degli obblighi, generici (art. 1337

c.c.) o specifici (art. 1338 c.c.), di comportarsi secondo buona

fede, è, in linea di principio, fonte di responsabilità risarcitoria, ma non determina di per sé l'invalidità del contratto, salvo che

il comportamento scorretto non integri una fattispecie in tal

modo sanzionata, come, ad esempio, il dolo (in tal senso, v.

sent. 5610/80, id., Rep. 1981, voce Contratto in genere, n. Ili), in ogni caso, non sembra riconducibile tra gli obblighi di cor

rettezza e di buona fede gravanti sul locatore, nel momento

che precede la conclusione del contratto, lo svolgimento di spe cifiche indagini sugli effettivi bisogni dell'aspirante conduttore, dirette a far emergere l'eventuale riserva mentale della contro

parte circa la destinazione d'uso dell'immobile.

A ben vedere, tuttavia, le menzionate decisioni non si pongo no in radicale conflitto con quelle che impostano la soluzione

della questione con riferimento alla figura della simulazione re

lativa, ma ne condividono in definitiva l'intima sostanza.

La simulazione relativa ricorre infatti qualora sussista (e sia

dimostrata, a cura del conduttore) la condivisa consapevolezza dei contraenti circa l'effettiva destinazione dell'immobile ad uso

diverso da quello indicato nel contratto, e cioè ad abitazione

stabile ed ordinaria e non già «transitoria». Ed una «condivisa

consapevolezza» siffatta ben può essere desunta dal giudice (so

prattutto nel c.c. rito delle locazioni), da univoci elementi indi ziari che concorrano a far ritenere sussistente, oltre le apparen ze, la conoscenza da parte del locatore della reale destinazione

d'uso dell'immobile.

In definitiva, ad avviso del collegio, la valutazione della «ra

gionevole apprezzabilità» da parte del locatore dell'inesistenza

delle esigenze transitorie dedotte dal conduttore, predicata dalle

suddette decisioni, viene a risolversi, sul piano probatorio, in

una indagine su base indiziaria volta a stabilire che il locatore

era comunque consapevole delle effettive esigenze del condutto

re, e che, quindi, il contratto effettivamente concluso integrava una locazione abitativa ordinaria, e non già transitoria. Si rien

tra, quindi, nell'ambito del fenomeno simulatorio, in riferimen to al quale va risolta la questione in esame.

1.4. - In conclusione, deve darsi atto che l'indirizzo giuris

prudenziale che incentra l'indagine sul dato oggettivo della ef fettiva destinazione, invocato dal ricorrente a sostegno della sua

doglianza, risulta comunque superato dalle più recenti pronun ce di questa Suprema corte, che, ancorché sotto i diversi profili sopra ricordati, sottolineano l'esigenza di tenere conto dell'at

teggiamento soggettivo dei contraenti, nei sensi e nei limiti so

pra menzionati.

Orbene, nel caso in esame, la corte territoriale, sostanzial mente uniformandosi al primo dei due indirizzi emersi nella più recente giurisprudenza di questa Suprema corte (sent,. 8501/92, cit.; 1936/97, cit.), ha impostato la sua decisione sul rilievo che il Longhitano non aveva eccepito che la locazione, formalmente

stipulata per la soddisfazione di esigenze abitative transitorie, dissimulava in realtà una locazione per la soddisfazione di esi

genze abitative stabili e primarie, e tanto basta per renderla in sensibile alla censura.

Ma va altresì osservato che la corte territoriale ha rilevato

che, comunque, dalla obiettiva situazione di fatto emergente dalle

allegazioni delle parti e dalla produzione documentale (dalle quali risultava che, al momento della stipula, il conduttore aveva di chiarato di avere altrove la propria residenza, e di voler soddi

sfare, con la locazione dell'appartamento, esigenze abitative non

primarie), si desumeva che il Longhitano all'atto della stipula aveva esigenze abitative transitorie, finalizzate ad incontri con

persona successivamente divenuta sua convivente. Ed in tale va lutazione è implicito il giudizio negativo sulla regionevole ap prezzabilità, da parte del locatore, della inesistenza delle dichia

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

rate esigenze transitorie (come richiesto dalle sentenze 12947/93,

cit.; 4001/95, cit.; 11917/95, cit.; 1936/97, cit.). 2. - Con il secondo motivo, denunciando difetto di motiva

zione, il ricorrente addebita alla corte d'appello di non aver

considerato che ostava alla qualificazione della locazione come

«transitoria», in quanto con essa incompatibile, la rinnovazione

tacita del rapporto, intervenuta per tre volte.

2.1. - Il motivo non è fondato. Ha considerato la corte d'ap

pello che non valeva a contrastare la qualificazione della loca

zione come transitoria la circostanza degli intervenuti taciti rin

novi, ben potendosi protrarre nel tempo esigenze abitative non

primarie. Il rilievo è corretto. Le «esigenze abitative di natura transito

ria» (e non determinate da motivi di lavoro o di studio) previste dall'art. 26, 1° comma, lett. a), non sono invero contrassegnate dal mero dato obiettivo di essere destinate ad esaurirsi in un

breve periodo, bensì da una caratteristica negativa, consistente

nella loro intrinseca non meritevolezza di tutela, per essere di

verse dall'esigenza abitativa primaria (ovvero giustificata da ra

gioni di lavoro o di studio), in quanto meramente sussidiarie

o voluttuarie (come quelle che ispirano soggiorni per villeggia tura o turismo, ovvero utilizzazioni saltuarie).

Ed un'esigenza meramente sussidiaria o voluttuaria ben può

presentare un certo carattere di continuità nel tempo, ed essere

quindi soddisfatta mediante la protratta disponibilità di un al

loggio. Ne consegue che non è incompatibile con la qualificazione

di una locazione come «transitoria» la tacita rinnovazione del

contratto ai sensi dell'art. 1597 c.c., qualora non risulti la vo

lontà di novare il contratto, modificandone il tipo legale, da

locazione abitativa non primaria a locazione abitativa primaria. E di siffatta volontà la corte d'appello non ha ravvisato la sus

sistenza.

3. - Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 2697

c.c. e difetto di motivazione, il ricorrente si duole della manca

ta ammissione della prova testimoniale, in quanto erroneamen

te ritenuta non decisiva.

3.1. - Il motivo va disatteso.

La corte d'appello ha ritenuto inammissibile la prova per te

sti sul rilievo che le circostanze dedotte nei capitoli non erano

decisive, perché non univocamente valutabili nel senso di avva

lorare l'affermazione di uno specifico bisogno di abitazione sta

bile da parte del Longhitano all'atto della stipula del contratto

di locazione.

E tale motivato apprezzamento sulla ammissibilità della pro va si sottrae al sindacato di questa Suprema corte.

5. - In conclusione, il ricorso va rigettato.

II

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 6 maggio 1991

al Pretore di Torino Viziale Giuseppe, premesso di aver condot

to in locazione dal 15 novembre 1984 un appartamento arreda

to di proprietà di Vienna Luciana e di averlo riconsegnato alla

locatrice il 28 febbraio 1991, lamentò di aver pagato canoni

di importo superiore a quello massimo di legge e, quindi, chiese

che, previa determinazione del canone «equo», la locatrice fos

se condannata alla restituzione delle somme percepite in ecce

denza. Costituitasi, la Vienna oppose di aver locato l'apparta mento al Viziale (obbligato a risiedere in Orbassano in quanto medico di base in quella città ed ivi anagraficamente residente)

per sopperire ad esigenze abitative transitorie del conduttore.

Chiese, pertanto, il rigetto della domanda. Assunte una consu

lenza tecnica ed una prova testimoniale, il pretore, con sentenza

del 3 dicembre 1993, determinò il canone legale e, in accogli mento della domanda, condannò la Vienna al pagamento della

somma di lire 16.636.640 in favore del Viziale. Su appello della

Vienna il Tribunale di Torino, con sentenza del 7 giugno 1994, ha confermato la sentenza del pretore, osservando: 1) che la

clausola contrattuale concernente il carattere transitorio della

locazione era nulla perché genericamente formulata; 2) che la

stessa clausola era, comunque, nulla, si sensi dell'art. 79 1. 27

luglio 1978 n. 392, perché il conduttore aveva di fatto utilizzato

l'immobile come propria abitazione stabile; 3) che, in ogni ca

so, il rapporto non poteva ritenersi soggetto al regime giuridico delle locazioni transitorie, poiché la locatrice non ne aveva chie

II Foro Italiano — 1997.

sto la risoluzione, quantunque il conduttore lo avesse formal

mente resa edotta dell'uso stabilmente abitativo da lui fatto del

l'immobile. Ricorre la Vienna con cinque motivi, illustrati da memoria.

Resiste il Viziale con controricorso.

Motivi della decisione. — Col primo motivo la ricorrente, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., lamenta che, in violazione

degli art. 1418, 1419, 2° comma, 1362 c.c. e 112 c.p.c., la corte

di merito non soltanto abbia erroneamente ritenuto nulla, per ché genericamente formulata (e cioè priva di qualsiasi riferi

mento alle specifiche esigenze abitative del conduttore), la clau

sola contrattuale concernente il carattere transitorio della loca

zione, ma sia, inoltre, incorsa in extrapetizione, dal momento

che la nullità di detta clausola era stata denunziata dal condut

tore con esclusivo riguardo all'ipotesi prevista dall'art. 79 1. n.

392 e, quindi, non per la ragione assunta dal tribunale torinese

a sostegno della sua decisione. La doglianza, infondata sotto

quest'ultimo profilo, attesa la rilevabilità di ufficio, ai sensi del

l'art. 1421 c.c., delle nullità che, per qualsiasi causa, inficino

clausole contrattuali di cui venga chiesta l'applicazione, è, inve

ce, fondata sotto il primo profilo, giacché la formale e puntuale indicazione delle specifiche esigenze transitorie del conduttore

non è imposta, a pena di nullità, da alcuna norma della speciale

disciplina contenuta nella 1. n. 392, né la sua mancanza integra alcuna delle cause di nullità del contratto, previste in via gene rale dagli art. 1418 e 1419 c.c.

Col secondo motivo la Vienna, ai sensi dell'art. 360, n. 3,

c.p.c., lamenta che, in violazione degli art. 1418, 1419, 2697

c.c. e 26 1. n. 392 del 1978, la corte di merito abbia affermato

la nullità della stessa clausola anche ai sensi dell'art. 79 1. n.

392 per il solo fatto di aver ritenuto che il conduttore avesse

effettivamente utilizzato l'immobile come unica sua stabile abi

tazione, senza considerare che al momento della stipulazione del contratto la esigenza di abitare in Torino del conduttore

(medico di base in Orbassano e, in quanto tale, obbligato per

legge a risiedere permanentemente in quella città ed ivi anagra ficamente residente) si prospettava inequivocamente in termini

di saltuarietà. Anche questa doglianza è fondata, perché la nul

lità, sancita dall'art. 79 1. n. 392, della clausola contrattuale

che, in relazione a dichiarate ma insussistenti esigenze transito

rie del conduttore, preveda una durata della locazione abitativa

inferiore a quella minima stabilita dall'art. 1 della legge, non

può ritenersi ricorrente per il solo fatto oggettivo che il condut

tore abbia destinato concretamente l'immobile a propria stabile

abitazione, essendo al riguardo indispensabile, in applicazione dei principi dell'affidamento e della buona fede contrattuale, la ulteriore prova che della natura non transitoria delle esigenze abitative del conduttore il locatore fosse consapevole (o tale po tesse rendersi con l'uso dell'ordinaria diligenza) nel momento

della conclusione del contratto (Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, Foro it., 1994, I, 1440; 19 agosto 1995, n. 8942, id., Rep. 1996, voce Locazione, n. 120). Soltanto se l'indagine — che è del

tutto mancata — in ordine a tale aspetto soggettivo della con

troversia si fosse conclusa in senso positivo, la corte distrettuale

avrebbe potuto ritenere nulla, per il predetto titolo, la clausola

contrattuale dedotta in contestazione.

Col terzo e col quarto motivo, che in quanto connessi vanno

congiuntamente esaminati, la ricorrente, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che la corte di merito sia incorsa

in violazione degli art. 112 c.p.c., 79 e 80 1. n. 392, nonché

in contraddittorietà della motivazione, avendo dapprima ritenu

to, ai sensi dell'art. 79, la nullità della clausola di durata, in

relazione al fatto che già al momento della instaurazione del

rapporto le esigenze abitative del conduttore non rivestivano ca

rattere transitorio, ed avendo poi affermato che al rapporto era

applicabile, ai sensi dell'art. 80, il regime delle locazioni ordina

rie, perché solo nel corso della locazione il conduttore aveva

adibito l'appartamento a propria abitazione stabile e la locatri

ce non aveva chiesto tempestivamente la risoluzione del contratto.

La doglianza è priva di fondamento sotto entrambi i profili,

giacché la corte torinese non ha affatto ritenuto che la forma

di utilizzazione dell'immobile fosse mutata durante lo svolgi mento del rapporto, ma ha soltanto considerato, in via alterna

tiva e subordinata, l'ipotesi che solo nel corso del rapporto la

locatrice fosse venuta a conoscenza della effettiva utilizzazione

dell'appartamento come residenza permanente e non transitoria

del conduttore e, con esclusivo riguardo a tale ulteriore ipotesi,

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA 3212

ha, quindi, fatto corretta applicazione dell'art. 80 della legge. La Vienna obietta che in questo caso la corte distrettuale avreb

be, invece, male applicato l'art. 80, che — ad avviso della ricor

rente — regolerebbe soltanto l'ipotesi di mutamento, in pen denza del rapporto, dell'uso cui inizialmente il conduttore avrebbe

adibito l'immobile, ma l'obiezione non può condividersi, per ché è contraddetta dal tenore letterale della norma in esame,

che, prevedendo la difformità dell'uso effettivo dalle previsioni

contrattuali, senza ulteriori precisazioni, deve ritenersi intesa a

regolare anche il caso in cui il conduttore, fin dal momento

della instaurazione del rapporto locatizio, utilizzi l'immobile di

versamente da quanto pattuito. La ricorrente replica, lamentan

do che la corte di merito abbia erroneamente fatto decorrere

il mutamento del regime giuridico del rapporto dalla stipulazio ne della locazione, anziché dal momento in cui la conduttrice, venuta a conoscenza del mutamento d'uso, era decaduta dalla

facoltà, attribuitale dall'art. 80, di chiedere la risoluzione del

contratto.

La doglianza è fondata. Poiché, infatti, la previsione dell'art.

80, 2° comma, si fonda sulla presunzione assoluta che, rinun

ciando a chiedere la risoluzione del contratto, il locatore espri ma implicitamente il suo consenso al mutamento dell'uso, l'og

getto di tale consenso non può ritenersi più ampio di quello della facoltà rinunziata, la quale, vertendosi in tema di locazio

ne (che è contratto ad esecuzione continuata), non è utilmente

esercitabile, ai sensi dell'art. 1458 c.c., con riguardo alle presta zioni già eseguite e, pertanto, il mutamento del regime giuridico del rapporto, previsto dall'art. 80, 2° comma, 1. n. 392, può farsi decorrere solo dalla inutile scadenza del termine trimestra

le, di cui il locatore, venuto a conoscenza del mutamento d'uso, avrebbe potuto fruire per chiedere la risoluzione del contratto.

La impugnata sentenza va, dunque, cassata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione del Tribunale di Torino, che si

uniformerà ai principi di diritto innanzi enunciati.

Ili

Svolgimento del processo. — Pronunciando su ricorso pro

posto ex art. 45 1. n. 392 del 1978 da Brancia D'Apricena Leti

zia, conduttrice di un immobile sito in Roma, via Archimede

n. 141, int. 8, nei confronti dei locatori Nicolini Riccardo e

Nicolini Renzi Edda, il Pretore di Roma, con sentenza 14 giu

gno 1993, previa determinazione dell'equo canone, aveva con

dannato i Nicolini al pagamento, rispettivamente, di lire

100.345.970 e 27.353.305 per differenze di canone corrisposte ma non dovute, oltre agli interessi legali ed alle spese giudiziali.

L'appello proposto dai locatori ed al quale aveva resistito

la Brancia era rigettato dal Tribunale di Roma, con sentenza

14 maggio 1994 ed ulteriore condanna degli appellanti alle spese del grado, affermando, per quanto possa ancora interessare:

— che la domanda di ripetizione dell'indebito doveva rite nersi tempestiva ex art. 79, 2° comma, 1. n. 392 del 1978 atteso

che il calcolo del semestre di decadenza, pacifica essendo la da ta del rilascio (4 giugno 1991), rilevava il giorno del deposito del ricorso ex art. 44 1. cit. (23 novembre 1991), non quello di notifica (10 dicembre 1991) ovvero della domanda di deter minazione del canone in sede contenziosa ex art. 45 (13 aprile 1992);

— che l'eccezione di tardività della domanda, sollevata dai

locatori solo in secondo grado, era ammissibile, afferendo ad un termine non di prescrizione ma di decadenza e, come tale, rilevabile anche d'ufficio;

— che le pretese esigenze abitative di natura transitoria, pe raltro non specificamente individuate nel contratto, non erano state neppure provate dai locatori (ai quali incombeva il relati

vo onere). Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i

Nicolini affidandolo a due motivi. Ha resistito la Brancia con

controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale con dizionato sulla base di un motivo. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — Va preliminarmente ordinata la riu

nione del ricorso principale e di quello incidentale condiziona

to, siccome proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.

Orbene, trattandosi di causa conseguente alla domanda di ri

Ir Foro Italiano — 1997.

petizione di canoni che si pretendono pagati in misura superiore a quella legale, assume valore prioritario sotto il profilo logico

giuridico l'esame del secondo motivo del ricorso principale, con

il quale i Nicolini, denunciando la violazione e la falsa applica zione dell'art. 79, 2° comma, 1. n. 392 del 1978 nonché l'insuf

ficienza della motivazione sul punto decisivo della controversia

attinente alla proponibilità della domanda (il tutto in relazione

all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), lamentano che il tribunale roma

no abbia ritenuto a tal fine sufficiente che nel termine di sei

mesi dalla data di rilascio dell'immobile locato sia stata presen tata la mera domanda di conciliazione ex art. 44 della citata

legge sull'equo canone.

La censura non è fondata. Così statuendo il suddetto giudice si è uniformato al principio che, dopo un'iniziale pronuncia con

traria (Cass. 11 gennaio 1989, n. 71, Foro it., 1989, I, 2542),

può dirsi ormai pacifico nella giurisprudenza di questa corte, alla stregua del quale la domanda di conciliazione prevista dal

l'art. 44 1. n. 392 del 1978 e la domanda di determinazione

del canone e di ripetizione delle somme versate in eccesso ri

spetto alla misura legale, la cui procedibilità è subordinata alla

presentazione della prima domanda, costituiscono componenti di un'unica domanda giudiziaria, introduttiva di un unitario pro cesso di cognizione, di guisa che, dovendosi il processo unitario

considerare iniziato con la domanda di conciliazione, ove que sta sia stata proposta nel termine di sei mesi dal momento del

rilascio dell'immobile locato, non sussiste la decadenza di cui

all'art. 79 della citata legge, anche se le domande di determina

zione del canone legale e di ripetizione delle somme non dovute

siano state proposte oltre il detto termine (Cass. 20 ottobre 1989, n. 4226, id., 1990, I, 1308, e 30 settembre 1992, n. 11841, id.,

Rep. 1993, voce Locazione, n. 134, ex plurimis).

L'esposta doglianza va, pertanto, rigettata, con conseguente assorbimento dell'unico motivo del ricorso incidentale condi

zionato dalla Brancia relativo alla tardività dell'eccezione di de

cadenza ex art. 79 1. n. 392 del 1978 proposta soltanto in appello. Resta da esaminare il primo motivo del ricorso principale con

il quale i Nicolini, denunciando la violazione e la falsa applica zione degli art. 26 e 79 1. n. 392 del 1978 e 2697 c.c. nonché

l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione sull'altro

punto decisivo della controversia attinente alla prova della na

tura transitoria della locazione inter partes (art. 360, nn. 3 e

5, c.p.c.), lamentano che il giudice dell'appello abbia ritenuto

la nullità per indeterminatezza dell'oggetto ex art. 1346 c.c. del

la clausola contrattuale relativa alla transitorietà dell'uso abita

tivo convenuto (con conseguente applicazione della disciplina

imperativa dell'equo canone) poiché «le esigenze abitative di na tura transitoria, oltre che non specificamente individuate nel con

tratto, non sono state nemmeno provate in causa dai locatori, su cui incombeva il relativo onere».

Questa censura ripropone il problema delle locazioni abitati

ve di natura transitoria (e del relativo onere probatorio), in or dine al quale esistono già diverse pronunce di questa stessa se

zione, non omogenee, al punto che un'autorevole dottrina e lo stesso ufficio del massimario (relazione n. 100 del 24 ottobre

1995) hanno denunciato l'esistenza di un contrasto e, quindi,

l'esigenza della sua composizione da parte delle sezioni unite.

Peraltro, ad un ulteriore esame sembra più corretto vedere uno

sviluppo evolutivo, nel quale tutti gli elementi rilevanti per la costruzione della fattispecie hanno ottenuto via via la dovuta

sottolineatura, sì da consentire, all'esito di una rivisitazione in

tegrale, la possibile formazione di una conclusione unitaria ed

esaustiva.

Per impostare correttamente la questione, giova ricordare che nel quadro organico contenuto nella 1. n. 392 del 1978, il tipo legale «locazione ad uso di abitazione», risulta articolato, con

riferimento alla diversa funzione economico-pratica, in tre sot

totipi: a) le locazioni per esigenze abitative stabili e primarie,

assoggettate alla disciplina dettata dal capo primo del titolo pri mo di tale legge (art. 1-25), e, in particolare, alla durata legale quadriennale ed all'equo canone, in considerazione della rile vanza sociale primaria del bisogno che soddisfano; b) le loca zioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio e di lavoro, escluse soltanto dal vincolo di durata, ma

per il resto equiparate alle locazioni abitative ordinarie, avuto

riguardo alla loro connessione con l'esercizio di attività merite voli di particolare tutela, in ragione della loro rilevanza a livello

costituzionale; c) le locazioni per esigenze abitative non stabili

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

e primarie, ma genericamente transitorie, escluse del tutto dalla

suindicata disciplina. Ora, la totale esclusione delle locazioni sub c) dal regime coat

tivo, quanto a durata e corrispettivo, indubbiamente si giustifi ca in ragione del fatto che esigenze abitative occasionali, sussi

diarie e voluttuarie non sono meritevoli di particolare tutela.

Occorre tuttavia considerare che, con la previsione di tale ti

po locatizio, il regime di sostanziale vincolo delineato dalla 1.

n. 392 del 1978 per le locazioni abitative risulta suscettibile di

completa valida deroga mediante la stipulazione di un contratto

di locazione transitoria.

Ed infatti, poiché la legge de qua riconosce la possibilità di

concludere, tra i diversi tipi di locazioni abitative, anche una

locazione transitoria a regime libero, e non configurandosi quindi un obbligo di locare l'immobile soltanto ad equo canone per uso abitativo primario o comunque tutelato, deve ritenersi con

sentito e lecito offrire in locazione il bene soltanto per esigenze abitative transitorie, accettando di contrattare con aspiranti con

duttori che dette esigenze abbiano e prospettino e con i quali

convenire, liberamente, durata e corrispettivo. Si realizza, in

tal caso, una locazione transitoria conforme al modello legale e quindi pienamente valida.

Va tuttavia rilevato che la previsione di siffatto tipo locatizio — del tutto rimesso all'autonomia privata — dal momento che

determina, nell'ambito delle potenziali destinazioni di un im

mobile ad uso di abitazione mediante locazione, il concorso di

un duplice regime, l'uno vincolato (totalmente o parzialmente) e l'altro libero (maggiormente remunerativo, e quindi più appe tibile per il locatore), può dare luogo a fraudolente elusioni del

regime c.d. dell'equo canone, mediante la fittizia stipulazione di locazioni transitorie.

Non può invero escludersi — ed anzi l'esperienza segnala la

frequenza del fenomeno — che la qualificazione del contratto, mediante espressa formula, come locazione transitoria, costitui

sca solo l'espediente formale per aggirare il regime c.d. dell'e

quo canone.

Si è quindi posta l'esigenza di discriminare tra locazione tran

sitoria conforme al modello legale, in quanto destinata a soddi

sfare esigenze abitative di scarso rilievo sociale, e quindi piena mente valida, e locazione transitoria conclusa in frode alla leg

ge, sanzionabile con la nullità ai sensi dell'art. 79 1. cit.

In questo quadro normativo la giurisprudenza della corte si

è dapprima orientata a privilegiare il momento della effettiva

destinazione dell'immobile affermando il principio che «la na

tura transitoria delle esigenze abitative del conduttore — che

importa l'esclusione della locazione dall'ambito di applicabilità della 1. n. 392 del 1978 ai sensi dell'art. 26, 1° comma, lett.

a) — va accertata con riferimento agli specifici bisogni del con

duttore che l'immobile locato è destinato a soddisfare al mo

mento della conclusione del contratto; nel senso che la suddetta

natura transitoria va riconosciuta nell'ipotesi in cui l'abitazione

del conduttore, in quanto eccezionale e temporanea, comporti una sua permanenza soltanto precaria o sussidiaria nell'immo

bile locato, mentre va esclusa nel caso in cui l'immobile rappre senti la normale e continuativa dimora del conduttore. L'inda

gine diretta ad accertare quale delle due ipotesi ricorra nel caso

concreto va compiuta avendo riguardo all'effettiva destinazione

dell'immobile e con riferimento alla natura dell'esigenza abita

tiva del conduttore, e non dalle espressioni letterali del contrat

to fatto sottoscrivere dal locatore allorquando la dichiarata tran

sitorietà — smentita dalla situazione di fatto — abbia costituito

il mezzo, vietato dall'art. 79 1. cit., per eludere l'applicazione della normativa sull'equo canone» (Cass. 18 dicembre 1990, n.

11984, id., Rep. 1991, voce cit., n. 109, e 3 giugno 1992, n.

6777, id., 1993, I, 1135). E si è precisato che la nullità della clausola sulla durata della locazione è rilevabile di ufficio pre

scindendo, oltre che dalle allegazioni delle parti, dalla prova della simulazione (relativa) della clausola stessa (Cass. 11 otto

bre 1991, n. 10676, ibid., 1136), nonché dalla circostanza che

il contratto sia stato stipulato per una durata inferiore al qua driennio o ad un canone superiore a quello «equo» (Cass. 16

giugno 1994, n. 5722, id., 1995, I, 2483), restando altresì senza

rilevanza i successivi mutamenti delle esigenze abitative del con

duttore medesimo (Cass. 20 giugno 1988, n. 4211, id., Rep.

1989, voce cit., n. 137).

Ora, non sembra seriamente contestabile che questo indirizzo

si ricolleghi al principio desumibile dall'art. 80 1. n. 392 del

Il Foro Italiano — 1997.

1978 nella sua formulazione originaria, secondo il quale, decor

so un anno dal mutamento unilaterale dell'uso pattuito e pur se il locatore non ne fosse venuto a conoscenza, trovava, co

munque, applicazione il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo. Tale disciplina è subito apparsa analoga alla legisla zione lavorista (mansioni lavorative) alla quale il legislatore ha mostrato di ispirarsi per una ritenuta assimilazione degli inte ressi generali da tutelare con norme inderogabili (lavoro ed abi

tazione primaria) e che trova un chiaro riscontro normativo nella

disciplina transitoria, allorquando viene attribuita rilevanza giu ridica ai motivi di lavoro e di studio per una tassativa differen

ziazione del regime giuridico e per l'attrazione di tali specifiche

esigenze nella disciplina ordinaria dettata per l'abitazione pri maria, da applicarsi pur in costanza di una durata infraqua driennale.

La disposizione dell'art. 80 costituiva l'espressione formale

del principio ispiratore della legge sull'equo canone che intende

va individuare il regime giuridico del rapporto, in analogia a

quello di lavoro, in relazione alla concreta situazione in fatto

e, quindi, in relazione all'utilizzazione effettiva dell'immobile

locato, indipendentemente dalla destinazione contrattuale con

venuta tra le parti, in ragione della loro ritenuta diseguaglianza. Tale principio trovava ulteriore espressione normativa nella

differenziazione del regime giuridico tra le due categorie gene rali regolate (uso abitativo ed uso diverso) sulla base non più della «destinazione contrattuale», che implica un corrisponden te consenso delle parti, bensì in relazione all'uso al quale gli immobili sono «adibiti», come sintomaticamente recita l'art. 27

della legge sull'equo canone.

Del resto, anche la giurisprudenza di questa corte aveva af

fermato che «l'uso che determina il regime giuridico delle loca

zioni è solo quello effettivo, come si evince dall'art. 80 1. n.

392 del 1978» (Cass. 7 marzo 1984, n. 1598, id., 1984, I, 2546). Ma l'attribuzione di esclusiva rilevanza alla destinazione ef

fettiva, attuata dal conduttore, suscita di per sé perplessità, in

quanto, a ben vedere, attribuisce al conduttore — che abbia

reso al locatore, disposto a locare l'immobile solo in via transi

toria, una dichiarazione infedele sulle sue esigenze abitative, al

fine di assicurarsi la disponibilità del bene — il potere di deter

minare, unilateralmente, mediante la concreta destinazione del

l'immobile ad abitazione primaria, il regime del contratto nel

senso a lui favorevole, così premiando il contraente di mala

fede rispetto a quello di buona fede.

Va inoltre considerato che un uso difforme ""Ilo pattuito

può realizzarsi soltanto in un momento successivo u. conclu

sione del contratto (laddove costituisce ormai un punto termo

giurisprudenziale che la transitorietà vada riferita al momento

genetico del contratto), sicché la norma in esame appare dettata

per regolare (solo) il momento funzionale del rapporto, con ri

ferimento al mutamento unilaterale di destinazione d'uso (im

plicante mutamento di regime giuridico) sopravvenuto nel corso

dello svolgimento del rapporto. Mutamento suscettivo di deter

minare la risoluzione del contratto, purché il locatore, avendo

ne avuto conoscenza (esigenza ritenuta indefettibile dalla Corte

costituzionale con la sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, id., 1988, I, 1739), la richieda nel termine di tre mesi, poiché diver

samente, sostanziando la sua consapevole inerzia una adesione

tacita alla nuova destinazione d'uso posta in essere dal condut

tore, si instaura una nuova fattispecie contrattuale, assoggettata al regime legale corrispondente all'uso effettivo (sul quale, in

definitiva, si è formato un nuovo incontro dei consensi, espres so per facta concludentia).

Più precisamente, la citata pronuncia correttiva del giudice costituzionale ha vanificato l'originario principio ispiratore del

la nuova disciplina della 1. n. 392 del 1978 circa l'applicabilità del regime giuridico corrispondente all'uso effettivo indipenden temente dal consenso del locatore, ripristinando la prevalenza della volontà negoziale; se, infatti, è stato ravvisato un vulnus

dei parametri costituzionali nell'applicazione di un regime giuri dico corrispondente ad una utilizzazione del bene locato non

voluta né conosciuta dal locatore, quando il mutamento avven

ga nella fase funzionale del rapporto e, quindi, escludendosi

la validità di una presunzione di diritto, altrettanto e a maggior

ragione ciò deve riconoscersi nel momento genetico del rappor to perché non è discutibile che l'art. 80 milita, in ogni caso, in favore della risoluzione per grave inadempimento per il caso

di un'utilizzazione non consentita dal locatore.

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3215 PARTE PRIMA 3216

Pertanto, non in contrapposizione ma ad integrazione del cri

terio c.d. oggettivistico se ne è affermato un altro che, sottoli

neando l'esigenza di tenere conto dell'atteggiamento volitivo dei

contraenti, ha statuito che quando un contratto di locazione

abitativa sia stipulato con la previsione di un uso transitorio, il conduttore, che assuma la nullità ex art. 79 1. 27 luglio 1978

n. 392 di tale clausola per inesistenza in concreto della dedotta

natura transitoria delle esigenze abitative, deve dimostrare che

questa inesistenza era ragionevolmente apprezzabile dal locato

re in base alla obiettiva situazione di fatto da quest'ultimo co

nosciuta al momento del contratto, non potendo altrimenti rile

vare contro il locatore né situazioni di fatto occultate dal con

duttore, né la riserva mentale di costui di non accettare la clausola

(Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, id., 1994, I, 1440; in senso conforme Cass. 5 aprile 1995, n. 4001, id., 1995, I, 2482). In

altre parole, la sussistenza di una valida locazione abitativa tran

sitoria viene ricollegata all'incolpevole affidamento da parte del

locatore, che abbia ragionevolmente ritenuto che effettivamente

il conduttore necessitasse, come dichiarato, dell'immobile per soddisfare esigenze abitative transitorie. In tal caso, ancorché

il conduttore intendesse destinare l'immobile ad abitazione sta

bile (ed a tale uso, conseguita la disponibilità del bene, lo abbia

poi in effetti adibito sin dall'inizio), la locazione resterà sottrat

ta al regime proprio delle locazioni abitative ordinarie.

Nella stessa scia viene, infine, a porsi la più recente pronun cia in materia la quale, esclusa l'esistenza di un vero e proprio contrasto giurisprudenziale, ha statuito che con riferimento alla

durata minima delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso

di abitazione e alla deroga prevista nel caso di locazioni stipula te per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria (art. I e 26, 1° comma, lett. a, 1. n. 392 del 1978), l'espressione

«ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contrat

to» (art. 79) deve intendersi riferibile, secondo il significato let

terale dei termini usati, all'ipotesi di un incontro di volontà di

rette a far risultare una situazione diversa da quella reale, e

non deroga ai principi dell'affidamento e della buona fede. Con

seguentemente, nell'ipotesi in cui il locatore, pur con l'uso del

l'ordinaria diligenza, abbia avuto buone ragioni — in particola re confidando nella sussistenza della situazione prospettatagli dal conduttore — per ritenere che il futuro contraente avesse

necessità soltanto transitorie di disporre dell'immobile, le con

seguenze dell'accertamento di un'esigenza abitativa stabile non

possono ricadere su di lui (Cass. 17 novembre 1995, n. 11917,

id., Rep. 1996, voce cit., n. 164).

Questa conclusione, nella sostanza, sembra assolutamente con

divisibile e tale da superare l'obiezione che la violazione degli

obblighi, generici (art. 1337 c.c.) o specifici (art. 1338 c.c.) di comportarsi secondo buona fede, rileva sul piano della respon

sabilità, determinando un obbligo risarcitorio, e non sul piano della validità del contratto. Da un lato, infatti, l'orientamento

che attribuisce valenza decisiva all'accertamento dell'effettivo

progetto negoziale voluto dalle parti, raccorda sistematicamente

la disciplina della fattispecie in questione ai principi generali dell'ordinamento in materia contrattuale, di tal che l'art. 79, 1° comma, 1. cit. non importa certo deroga ai principi che disci

plinano in via generale tale materia, quali l'affidamento e la

buona fede (Cass. 11917/95, cit., in motivazione); dall'altro, il comportamento contrario a buona fede impinge anche nel

profilo della validità del contratto, per elusione del regime coat

tivo, consentendo di indagare la presenza di fattispecie rilevanti

e sanzionate anche sotto quell'aspetto (errore, dolo: art. 1427

c.c.). A questo punto della ricerca sembrano sussistere tutti gli ele

menti per poter affrontare conclusivamente il problema della

locazione transitoria che sottenda, al contrario, esigenze abitati

ve primarie; esso si risolve normalmente in un'ipotesi di diver

genza tra volontà e dichiarazione che, sul piano dogmatico, si

inquadra nello schema negoziale della simulazione e trova il suo

corretto criterio di composizione nel principio del rischio per l'altrui affidamento incolpevole. In siffatto ordine di idee si è

posta la più attenta dottrina e spunti interessanti si rinvengono anche nella giurisprudenza (v. sentenze 12947/93 e 10676/95,

citate) e, segnatamente, nella sentenza 13 luglio 1992, n. 8501

(id., 1993, I, 1134), secondo la quale il contratto di locazione

abitativa stipulato per eludere la nullità delle clausole contrarie

alle disposizioni della 1. n. 392, con la previsione di durata e

II Foro Italiano — 1997.

misura del canone diverse da quelle legali, realizza una fattispe cie negoziale simulata, con le correlate possibilità di prova (art. 1417 c.c.) e la sostituzione ex lege delle clausole nulle.

Orbene, premesso che la stipulazione di una locazione transi

toria non può giustificare alcuna presunzione di frode alla leg

ge, la quale andrà invece ricercata caso per caso, le ipotesi con

figurabili sono soltanto due. La prima è che le parti siano ben

consapevoli delle reali esigenze del conduttore (stabili, primarie, di lavoro, di studio) ma il negozio sia dichiaratamente concluso

per soddisfare esigenze transitorie, incompatibili od addirittura

esplicitamente escludenti le situazioni suddette di stabilità. In

altre parole, le parti vogliono un negozio (quello per il quale è prevista la disciplina imperativa di cui al capo I della 1. n.

392 del 1978) diverso da quello simulato (cioè dichiaratamente

in deroga alla disciplina imperativa legale). Si tratta, con ogni

evidenza, di un caso di simulazione relativa, di cui è momento

indefettibile il c.d. accordo simulatorio, cioè la concorde volon

tà, comune ad ambedue i contraenti, a frodare la legge, stipu lando una locazione transitoria nella piena e condivisa consape volezza che l'immobile locato verrà adibito ad abitazione stabi

le del conduttore. Quest'ultimo è ovviamente interessato a far

accertare la nullità del contratto simulato (quello cioè che, pur in presenza di esigenze stabili e qualificate del conduttore, pre vede durata e canone contra legem) ed ha pertanto l'onere di

dimostrare la sussistenza dell'accordo simulatorio al fine di ot

tenere l'applicazione al rapporto de quo del regime legale; co

sicché, tra le parti avrà efficacia il contratto dissimulato di lo

cazione ordinaria ed in questo le clausole contrarie alle norme

imperative, sanzionate con la nullità ex art. 79 cit., saranno

automaticamente sostituite da quelle legali (art. 1419, 2° com

ma, c.c.). Per fornire la prova dell'accordo simulatorio, sicco

me diretta a dimostrare la illiceità del contratto dissimulato in

frode alla legge (art. 1344 c.c.), il conduttore può avvalersi sen

za limiti della prova testimoniale (nonché delle presunzioni) ai

sensi dell'art. 1417 c.c. Trattandosi, poi, di controversia disci

plinata dal rito del lavoro, il giudice ha ampi poteri di disporre, in qualsiasi momento, mezzi di prova d'ufficio, ex art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. novellato.

Ma questa fattispecie non è verosimilmente la più frequente nella pratica, ove è assai diffuso il caso del conduttore il quale, messo alle strette dalla difficoltà di trovare casa, pur avendo

la necessità e l'intenzione di adibire l'immobile ad abitazione

primaria, accetta l'offerta di locazione in deroga formulatagli dal locatore, dichiarando e/o sottoscrivendo di avere invece esi

genze abitative meramente transitorie. In altri termini, il locato

re vuole (nella forma e nella sostanza) un contratto di locazione

transitoria, mentre il conduttore accetta di sottoscriverlo con

la riserva mentale di costituire la sua abitazione continuativa

e di rivendicare successivamente l'applicazione della disciplina stabilita per le locazioni ordinarie. A questo punto, delle due

l'una: o il locatore ignora la reale situazione ed il vero intendi

mento del conduttore, ed allora la riserva mentale di quest'ulti mo non ha rilievo, nel senso che l'ordinamento non può attri

buire alcun valore ad una volontà, non dichiarata e diversa dal

la volontà espressa; al più, secondo le modalità con cui tale

intenzione elusiva unilaterale si concretizza, può ravvisarsi un'i

potesi di dolo, che legittima il locatore ad una improbabile azione di annullamento del contratto, in quanto di regola la locazione

transitoria gli è più favorevole. Ovvero il locatore conosce o

è in grado di conoscere, sulla base di elementi non equivoci, che il conduttore ha l'esigenza e l'intento di destinare l'immobi

le ad abitazione stabile, ed allora risulta solo formale la volontà

di concludere una locazione transitoria, che lo stesso locatore

sa non essere rispondente al modello legale consentito, così co

me sa di non poter fare affidamento sulla volontà dichiarata

dalla controparte. Con la conseguenza che, una volta provata tale conoscenza o conoscibilità, la locazione transitoria non è

valida e le clausole contra legem sono nulle.

Nell'un caso e nell'altro, comunque, a fronte di una locazio

ne formalmente stipulata per soddisfare esigenze abitative di na

tura transitoria, incombe sempre al conduttore l'onere di pro vare l'esistenza di un esplicito accordo simulatorio o comunque della piena consapevolezza, da parte del locatore, della non ri

spondenza del contratto alla fattispecie legale, a nulla rilevando che siffatte esigenze abitative siano state adeguatamente esplici tate nel contratto oppure no.

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Tirando i fili del discorso e concludendolo, deve riconoscersi

che il tribunale romano, attribuendo ai locatori l'onere di pro vare le pretese esigenze abitative di natura transitoria non speci ficatamente individuate nel contratto, non si è attenuto ai prin

cipi sopraesposti ed il motivo in esame va accolto, con cassazio

ne correlata dell'impugnata sentenza e rinvio della causa ad altra

sezione dello stesso tribunale a quo, il quale provvederà ad un

nuovo esame alla stregua dei criteri indicati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 1° lu glio 1997, n. 5900; Pres. V. Sgroi, Rei. Garofalo, Est. Vel

la, P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Multari (Aw.

Contaldi, Dal Piaz, Gallo) c. Vicentini e altri (Aw. Ghia).

Conferma App. Torino 10 marzo 1993.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Vendita — Ter

reno — Natura edificatoria — Errore sulla qualità — Annul

labilità (Cod. civ., art. 1427, 1429, 1431).

Nel caso in cui il terreno, originariamente compreso in zona

riservata a spazio pubblico sia destinato a trasformarsi in area

edifica bile nello strumento urbanistico, già adottato dal con

siglio comunale ma non ancora approvato dalla giunta regio

nale, configura errore, incidente su una qualità essenziale del

l'oggetto, la vendita o la promessa di vendita del terreno,

nella falsa convinzione che si tratti di suolo destinato a spazio

pubblico. (1)

(1) Sulla compravendita di terreno ritenuto erroneamente edifica

bile: ovvero alla ricerca della volontà dei contraenti e dell'errore real

mente commesso.

I. - Ciò che soprattutto colpisce, nell'odierna vicenda, è il riflesso

economico che ciascuna delle differenti soluzioni in gioco riverbera sul

l'assetto di interessi posto in essere dai contraenti.

Al vaglio delle sezioni unite viene sottoposto il contratto preliminare di vendita di un terreno destinato, nel piano regolatore in fase di salva

guardia urbanistica, a spazio pubblico ma ricompreso, nel nuovo p.r.g. in corso di approvazione, in zona residenziale; a complicare la vicenda

v'è la circostanza che, al momento della conclusione del contratto, il

nuovo piano regolatore risultava già adottato dal consiglio comunale, ma non ancora approvato dalla giunta regionale.

Il promittente venditore, dunque, conviene in giudizio la controparte invocando l'annullamento del preliminare per errore incidente sulla qualità del bene promesso in vendita, ed instaura così, innanzi al Tribunale

di Torino, una lite che si inserisce a pieno titolo in un preciso filone

giurisprudenziale, da cui sono scaturite due opposte soluzioni. Scorrendo i repertori, è facile rinvenire massime secondo le quali a)

l'errore su una qualità essenziale del bene deve sussistere al momento

dalla prestazione del consenso (1); b) la natura edificatoria del terreno

presuppone la ricorrenza di elementi obiettivi, capaci di attestare l'edi

ficabilità attuale e concreta del suolo e non la mera prospettiva di futu

ra edificazione (2). Si è in conseguenza esclusa l'annullabilità del con

tratto nell'ipotesi in cui, al momento della prestazione del consenso, sia in corso di approvazione un progetto di variante al piano regolatore che attribuisca all'area una destinazione edificatoria, atteso che detta

variante, prima dell'approvazione, è inidonea ad incidere sui diritti dei

privati (3). Ma, ponendosi in prospettiva diametralmente opposta, altre pronun

zie hanno considerato, quale elemento oggettivo sufficiente ai fini del

l'annullabilità del contratto, anche la semplice approvazione in sede lo

(1) V. Cass. 6 maggio 1991, n. 4984, Foro it., 1992, I, 466, relativa

ad una vicenda in cui la presa d'atto della sezione provinciale di con

trollo, vera e propria condizione di efficacia del provvedimento ammi

nistrativo che aveva modificato la destinazione del terreno, era interve

nuta solo due giorni dopo la stipula della compravendita. (2) V., in questo senso, Cass. 10 maggio 1985, n. 2915, Foro it.,

Rep. 1986, voce Contratto in genere, n. 325.

(3) Cass. 6 giugno 1988, n. 3809, Foro it., Rep. 1988, voce Vendita, n. 59.

Il Foro Italiano — 1997 — Parte 1-62.

Svolgimento del processo. — Nel mese di novembre dell'an

no 1989 Tino Vincentini e Teresa Rechichi convennero, davanti

al Tribunale di Torino, Francesco Multari esponendo quanto

segue. Con contratto preliminare del 10 febbraio 1989 avevano pro

messo di vendere al Multari, ricevendo dal medesimo un accon

to di sette milioni di lire sul prezzo di dodici milioni, la proprie tà di un terreno sito in Bruino che, come loro assicurato da

un tecnico di fiducia e precisato nell'atto, era compreso «in

zona S. P. (spazio pubblico) nel piano regolatore in fase di sal

vaguardia urbanistica».

Nel successivo mese di settembre, però, avevano appreso che

il consiglio comunale di Bruino, con deliberazione del 19 aprile

1988, aveva adottato un progetto preliminare di piano regolato

cale del piano regolatore, pur se ancora priva dell'imprimatur in sede

regionale (4); la principale argomentazione insiste, questa volta, sulla convinzione che il terreno, non appena investito di una precisa 'voca zione' edilizia, si trasforma in bene economicamente e giuridicamente differente (5).

II. - Non mancano, dunque, gli argomenti per giustificare l'interven to chiarificatore delle sezioni unite, ma la soluzione proposta dall'o dierna pronuncia, non può essere assorbita, semplicemente, come un atteso segnale di via verso l'ultima delle due soluzioni prospettate; nelle

pieghe della parte motiva, vanno infatti segnalati alcuni interessanti spunti di riflessione (6).

La corte sembra, innanzitutto, tagliar corto sui dubbi addensatisi in

passato intorno all'opinione di chi ritiene che, solo per l'acquirente, la destinazione del terreno può costituire una qualità determinante del

consenso, mentre per il venditore, essa influisce solo sul valore di scam bio e non può influenzare la volontà di procedere all'alienazione (7). Nel pensiero della Cassazione, il terreno destinato ad essere compreso nella zona di espansione edilizia costituisce, in entrambi i casi, un bene diverso dagli altri terreni non fabbricabili; perciò, ove pure sia rinveni bile un errore sul prezzo da parte del venditore, esso costituisce l'effetto

della falsa rappresentazione di una qualità essenziale della cosa com

pravenduta e risulta, quindi, assorbito dal più rilevante errore sull'og getto (8). Nelle conclusioni del collegio, peraltro, si sottolinea come l'a

dozione del piano importi conseguenze giuridiche — quali l'efficacia delle c.d. misure di salvaguardia e l'esclusione della prelazione agraria

per i terreni destinati ad essere inclusi nelle aree edificabili — di tale rilevanza da costituire il presupposto concreto del lamentato vizio di

volontà. All'esame è, insomma, la tradizionale distinzione fra errore

sugli elementi del contratto (normalmente influente ai fini dell'annulla

bilità) ed errore sulla convenienza dell'affare (ritenuto invece irrilevan

te), in un'ipotesi connotata da indubbi margini di incertezza.

III. - Un altro punto di forza nel tessuto argomentativo della senten za è legato all'antica querelle sulla qualificazione dell'errore. Se analo

ghe vicende sono state ricondotte, in passato, nell'alveo dell'errore di

diritto, con conseguente applicazione dell'art. 1429, n. 4, c.c. (9), il

prevalente orientamento giurisprudenziale precisa che, nelle fattispecie in esame, l'errore sulla legge si traduce in una errata rappresentazione di una circostanza obiettiva e quindi in un errore di fatto. Su tale scia

si pone sostanzialmente l'odierna sentenza che, in limine, puntualizza come l'inesatta conoscenza della norma importi conseguenze sull'indivi

(4) Cass. 28 marzo 1990, n. 2518, Foro it., Rep. 1990, voce Contrat to in genere, n. 342, anch'essa relativa ad un contratto preliminare.

(5) Cass. 12 ottobre 1985, n. 4955, Foro it., Rep. 1986, voce Vendi

ta, n. 68, e Giur. it., 1986, I, 1, 719; 29 giugno 1985, n. 3892, Foro

it., Rep. 1986, voce Contratto in genere, nn. 322-324.

(6) In generale, in tema di errore, v., altresì, Rossello, Errore net diritto civile, voce del Digesto civ., Torino, 1991, VII, 510; Pietrobon, Errore (dir. civ.), voce dell 'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XIII.

(7) Contro una tale complessa ricostruzione degli interessi in gioco v. già l'opinione di Amato, Brevi osservazioni in tema di rilevanza del

l'errore, in Giur. it., 1986, I, 1, 395; cfr. altresì le conclusioni di Cass. 29 giugno 1985, n. 3892, cit.

(8) V. Cass. 5 dicembre 1974, n. 4020, Foro it., 1975, I, 1791, che

distingue dall'error in substantia la copiosa giurisprudenza in tema di irrilevanza dell'errore sul prezzo della cosa alienata.

(9) V. Cass. 21 giugno 1985, n. 3734, Foro it., 1985, I, 2910; mentre

per una rassegna dei diversi orientamenti espressi dalla dottrina in tema di errore di diritto, v. Lipari, Vendita di terreni e rilevanza dell'errore sulle qualità rustiche o edificatorie del suolo, in Giur. agr. it., 1986, 286; e cfr. le opinioni di Criscuoli, Riflessi civilistici della costituziona lizzazione del principio penate di colpevolezza in tema di «error iuris», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1994, 719; Pescara, Il problema dell'«er ror iuris» nei contratti, in Riv. dir. civ., 1983, I, 756.

This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 02:51:10 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended