sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli(concl. conf.); Longhitano (Avv. M. Bianco) c. Benvenuti (Avv. Gentiloni Silverj, Cocchi,Novelli). Conferma App. Firenze 26 gennaio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3199/3200-3217/3218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191493 .
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3199 PARTE PRIMA 3200
dizione civile, n. 128; 28 novembre 1996, n. 10616, id., Rep. 1996, voce Contratti della p.a., n. 254).
In particolare, con la più recente delle sentenze citate, si è
così statuito: «le controversie concernenti l'aggiudicazione di un
appalto stipulato da un ente pubblico economico (nella specie un consorzio per l'area di sviluppo industriale), che agisca in
proprio e in posizione di parità con gli aspiranti alla gara, non
già quale concessionario di un ente pubblico non economico,
appartengono alla cognizione del giudice ordinario, in quanto
gli atti attinenti alla procedura di scelta dell'aggiudicatario (ban
do, lettera d'invito, verbale di aggiudicazione ed approvazione dello stesso) non ineriscono all'organizzazione dell'ente e non
sono idonei a degradare la posizione soggettiva dei terzi, in essi
coinvolti, ad interesse legittimo». Tale pronuncia, emessa in relazione ad un appalto disciplina
to dalla 1. 2 giugno 1995 n. 216 di conversione del d.l. 3 aprile 1995 n. 101, ha sottolineato la differenza tra la fattispecie esa
minata, cui quella oggetto della presente controversia va assimi
lata, e quella in cui il soggetto appaltante privato agisca quale concessionario di un ente pubblico non economico in virtù di
provvedimento traslativo di pubblici poteri e, quindi, quale or
gano indiretto della pubblica amministrazione (v. sez. un. 29
dicembre 1990, n. 12221, id., 1991, I, 3405; 18 marzo 1992, n. 3359, id., 1993, I, 2328; 15 ottobre 1992, n. 11264, id., Rep. 1993, voce Opere pubbliche, n. 196).
Nell'ordine di idee della sentenza 10616/96, che il collegio condivide, la norma dell'art. 67, 2° comma, d.p.r. 902/86, pre vedente la facoltà dell'azienda di risolvere il contratto per so
pravvenuti motivi d'interesse pubblico, deve essere interpretata come configurante un'ipotesi di recesso, sostanzialmente non
diversa da quella prevista dall'art. 1671 c.c., per l'appalto pri vato. Essa si limita, rispetto a quest'ultima, a fissare l'indenniz zo per il mancato guadagno dell'appaltatore nel decimo dell'im
porto delle prestazioni non eseguite. La norma dell'art. 67 cit., nel prevedere l'apprezzamento dei sopravvenuti motivi d'inte resse pubblico, tiene conto, quindi, del fatto che l'azienda, pur
agendo su un piano paritetico e con strumenti privatistici, per segue pur sempre indirettamente interessi pubblici.
V) Quanto alla soggezione dell'appalto in questione alle nor me di recepimento nell'ordinamento statale di direttive comuni
tarie, occorre anzitutto fare alcune precisazioni. La controricorrente, come si è detto, ha richiamato il d.leg.
358/92 concernente i pubblici appalti di forniture e i d.leg. nn. 157 e 158 del 1995, aventi ad oggetto gli appalti di servizi.
Il richiamo non è pertinente. Tenuto conto dell'oggetto del
l'appalto, quale risulta dal bando e della circostanza che in esso si fa riferimento al d.leg. 19 dicembre 1991 n. 406, avente ad
oggetto l'attuazione della direttiva Cee 89/440 in materia di pro cedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, è l'ap plicazione di tale provvedimento legislativo che può venire in
questione.
Senonché, come questa corte ha già ritenuto, proprio con ri ferimento al decreto 406/91, a far ritenere gli atti di un procedi mento provvedimenti amministrativi autoritativi, oppure atti o
negozi privati, ciò che conta è la qualità del soggetto che li ha posti in essere e non la loro disciplina sostanziale, dovendosi escludere che soggetti privati, non titolari di concessione trasla tiva di pubblici poteri, possano essere autori di provvedimenti amministrativi autoritativi, cui correlare posizioni di interesse
legittimo (v., anche in motivazione, sez. un. 6 maggio 1995, n. 4989, id., 1996, I, 1363; 5 marzo 1996, n. 1726, id., Rep. 1996, voce Giurisdizione civile, n. 79).
Diviene allora superfluo stabilire se l'Asar abbia richiamato il d.leg. 406/91 per spontanea adesione ad un modulo legislati vo oppure perché vi fosse obbligata.
In conclusione, deve essere dichiarata la giurisdizione ordinaria.
Il Foro Italiano — 1997.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 luglio 1997, n. 6145; Pres. Nicastro, Est. Preden, P.M. Iannelli
(conci, conf.); Longhitano (Avv. M. Bianco) c. Benvenuti
(Avv. Gentiloni Silverj, Cocchi, Novelli). Conferma App. Firenze 26 gennaio 1995.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni (Cod.
civ., art. 1417, 1427; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 1, 26, 79).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione
— Clausola di transitorietà — Tacita rinnovazione del con
tratto — Compatibilità (Cod. civ., art. 1597; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 1, 26).
In caso di locazione stipulata per esigenze abitative transitorie, il conduttore che assuma la nullità della clausola di «transito
rietà», ai sensi dell'art. 79 l. 392/78, per inesistenza in con
creto della natura transitoria delle sue esigenze abitative, ha
l'onere di dimostrare (anche per testimoni o avvalendosi di
presunzioni, e disponendo d'altra parte il giudice di ampi po teri di iniziativa al riguardo, ex art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. riformato) la sussistenza dell'accordo simulatorio volto ad elu dere la normativa della l. 392/78, ovvero che il locatore ave va consapevolezza (desumibile anche da univoci elementi in
diziari) della effettiva natura primaria e stabile, anziché tran
sitoria, delle sue esigenze abitative. (1)
(1-4, 6) Con le sentenze che si riportano (la meno recente delle quali è annotata da N. Izzo, in Giust. civ., 1997, I, 1231; G. Gidoni, in Rass. locazioni, 1997, 167), cui si aggiungono altre di poco successive, pubblicate tra il luglio e l'agosto 1997, la Corte di cassazione sembra avere definitivamente risolto le principali questioni interpretative poste si in tema di locazioni stipulate per esigenze abitative transitorie del conduttore (di regola sottratte, ex art. 26, lett. a, 1. 392/78, alla norma tiva dettata dalla stessa legge per i rapporti ad uso abitativo ordinario, a meno che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile per motivi di studio o di lavoro; nel qual caso, in base al combinato disposto degli art. 1, cpv., e 26, lett. a, le disposizioni della 1. 392/78 trovano applicazione, eccetto quelle relative alla durata del rapporto).
In particolare, con la decisa conferma — da parte di tutte e tre le sentenze in epigrafe (ma, nello stesso senso, v. anche, da ultimo, Cass. 20 agosto 1997, n. 7750 e 23 agosto 1997, n. 7923, Foro it., Mass., 767 e 788) — della rilevanza dello stato psicologico del locatore ai fini della qualificazione come abitativa «primaria» (soggetta, come tale, al la disciplina degli art. 1 ss. 1. 392/78) di una locazione stipulata per esigenze abitative «transitorie» del conduttore, può dirsi ormai supera to il differente orientamento, in passato seguito dalla stessa corte di legittimità (esplicitamente in tal senso, da ultimo, Cass. 13 giugno 1994, n. 5722, id., 1995, I, 2483, con nota di richiami, riportata anche in Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo), secondo cui ai fini della applicabilità delle norme imperative della 1. 392/78 avrebbero ri lievo assorbente le effettive esigenze del conduttore, indipendentemente non solo dalle espressioni adoperate nel contratto, ma anche dalla even tuale buona fede del locatore (cioè anche qualora il locatore fosse all'o scuro delle reali esigenze del conduttore). Se si esclude il precedente testé citato, peraltro, a partire dalla sentenza 29 dicembre 1993 n. 12947 (Foro it., 1994, I, 1440, e Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo), la stessa corte si era già pressoché costantemente espressa, con formemente alle pronunzie in rassegna, nel senso che al conduttore che invochi la nullità della clausola di transitorietà incombe provare la co noscenza (o la ragionevole conoscibilità, con l'ordinaria diligenza) da parte del locatore del carattere «non transitorio» delle sue reali esigen ze; così sostanzialmente inquadrando il problema nell'ambito della si mulazione contrattuale: v. Cass. 5 aprile 1995, n. 4001, Foro it., 1995, I, 2482; 24 luglio 1995, n. 8063, id., Rep. 1995, voce Locazione, n. 105; 17 novembre 1995, n. 11917, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164.
Particolarmente importanti appaiono, per l'ampio respiro della moti vazione, le riportate Cass. 6145/97 (che conferma App. Firenze 26 gen naio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 106) e 1936/97, le quali, ripren dendo un'argomentazione già proposta dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Milano 12 gennaio 1995, id., 1995, I, 2482, e Giust. civ., 1995, I, 1603, con nota di N. Izzo; Trib. Milano 30 gennaio 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 376) osservano, tra l'altro, come il principio della «preminente rilevanza della situazione di fatto rispetto alla destinazione contrattuale . . .», cui in passato la Suprema corte si era ispirata alla luce della formulazione (originaria) dell'art. 80 1. 392/78, abbia subito un significativo ridimensionamento ad opera della senten za 185/88 della Corte costituzionale (id., 1988, I, 1739), per effetto della quale «la sottoposizione del rapporto al regime proprio di uno dei tipi legali delineati dalla 1. 392/78 non è più ricollegabile, ai sensi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La tacita rinnovazione del contratto ai sensi dell'art. 1597 c.c.
non è incompatibile con la qualificazione di una locazione
come «transitoria» ai sensi dell'art. 26, lett. a), l. 392/78,
qualora non risulti la volontà delle parti di novare il contrat
to, modificandone il tipo legale da locazione abitativa non
primaria (e cioè diretta a soddisfare esigenze meramente sus
sidiarie o voluttuarie, come tali non meritevoli di tutela) a
locazione abitativa primaria. (2)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 2 aprile
1997, n. 2868; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. Li
MONGEixi, P.M. Gambardella (conci, conf.); Vienna (Avv.
Patrizi, Bosso) c. Viziale (Avv. Ramadori, Lenti). Cassa
Trib. Torino 7 giugno 1994.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni (Cod.
civ., art. 1418; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 26, 79). Locazione — Legge 392/78 — Mutamento dell'uso pattuito —
Disciplina corrispondente all'uso effettivo dell'immobile —
Applicazione — Decorrenza — Fattispecie (L. 27 luglio 1978
n. 392, art. 80).
In tema di locazioni stipulate per esigenze abitative transitorie
del conduttore, la mancanza di formale e specifica indicazio
ne di tali esigenze non determina la nullità del contratto; né,
d'altra parte, la clausola di transitorietà può ritenersi nulla
ai sensi dell'art. 79 l. 392/78 per il solo fatto oggettivo che
il conduttore abbia destinato concretamente l'immobile loca
to a propria stabile abitazione, essendo al riguardo indispen
sabile, in applicazione dei principi dell'affidamento e della buona fede contrattuale, l'ulteriore prova che al momento della
conclusione del contratto il locatore fosse consapevole (o tale
potesse rendersi con l'uso dell'ordinaria diligenza) della natu
dell'art. 80 della citata legge, al mero dato oggettivo della destinazione
impressa all'immobile dal conduttore, ma postula che tale destinazione sia conosciuta dal locatore (e tacitamente accettata, evitando di agire entro tre mesi per la risoluzione)». Entrambe le pronunzie in rassegna rilevano, peraltro, come dal predetto art. 80, a ben vedere, non possa no trarsi «utili argomenti» per risolvere il problema della qualificazione del contratto (se cioè esso debba ritenersi ad uso abitativo ordinario,
oppure transitorio), giacché la richiamata norma «appare dettata per
regolare (solo) il momento funzionale del rapporto», e cioè l'ipotesi del mutamento unilaterale dell'uso pattuito sopravvenuto nel corso del
rapporto, laddove, invece, costituisce principio acquisito che la transi
torietà (o meno) dell'esigenza abitativa in vista della quale è stato stipu lato il contratto di locazione «vada riferita al momento genetico del
contratto». Cass. 2868/97, invece, recependo l'ampia portata dell'art. 80 1. 392/78,
si esprime nel senso dell'applicabilità delle relative disposizioni anche
quando fin dall'inizio il conduttore utilizzi (originariamente, all'insapu ta del locatore) come abitazione stabile l'immobile preso in locazione
per esigenze transitorie. È ovvio, peraltro, che in tal caso l'assoggetta mento del rapporto alla disciplina imperativa del capo I della 1. 392/78
presuppone che il locatore, venuto a conoscenza del mutamento dell'u
so pattuito, abbia lasciato trascorrere il termine trimestrale all'uopo sta
bilito senza agire in giudizio per la risoluzione del contratto; e — pun tualizza la corte — soltanto con decorrenza dalla scadenza di tale termi
ne può applicarsi alla locazione il regime giuridico corrispondente all'uso
effettivo dell'immobile. In termini v., da ultimo, Pret. Bologna 26 otto
bre 1996, Giust. civ., 1997, I, 1220, con nota di N. Izzo (che, in caso
di azione di ripetizione di indebito ex art. 79 1. 392/78 proposta dal
conduttore sul presupposto della simulazione dell'uso «foresteria», si
è espressa nel senso che la mancanza di prova dell'iniziale accordo si
mulatorio diretto ad eludere la normativa sull'equo canone non escluda
la possibilità di applicare, comunque, tale normativa ai sensi dell'art.
80 1. 392/78 — ritenuto applicabile anche d'ufficio — qualora risulti
che il locatore, venuto a conoscenza della destinazione abitativa stabile
conferita dal conduttore all'immobile, ovvero delle ragioni di lavoro
o di studio qualificanti la sua esigenza abitativa, abbia omesso di pro muovere nel termine utile l'azione di risoluzione contrattuale). Circa
l'operatività del citato art. 80 anche nell'ipotesi qui considerata, v., d'altra parte, conformemente alla pronunzia qui riprodotta, Cass. 4
novembre 1992, n. 11952, Foro it., 1993, I, 1134, con nota di richiami, e Trib. Milano 12 gennaio 1995, cit.
Nell'ammettere la prova per testimoni o in base a presunzioni della
simulazione della clausola di transitorietà (richiamando altresì sul pun
ii. Foro Italiano — 1997.
ra non transitoria delle effettive esigenze abitative del con
duttore. (3) La norma dell'art. 80 I. 392/78, prevedendo la difformità ri
spetto alle previsioni contrattuali dell'uso effettivo dell'im
mobile locato, senza ulteriori precisazioni, deve ritenersi ap
plicabile anche nel caso in cui il conduttore fin dall'inizio del rapporto locatizio utilizzi l'immobile diversamente da quan to pattuito (nella specie, come abitazione stabile anziché per
esigenze abitative transitorie); fermo restando, peraltro, che
il mutamento del regime giuridico del rapporto ai sensi della
suddetta norma può farsi decorrere soltanto dalla inutile sca
denza del termine trimestrale entro cui il locatore, venuto a
conoscenza del mutamento d'uso, avrebbe potuto agire per la risoluzione del contratto. (4)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 marzo
1997, n. 1936; Pres. Iannotta, Est. Varrone, P.M. Gam
bardella (conci, conf.); Nicolini e altra (Aw. Guzzi) c. Bran
da D'Apricena; Branda D'Apricena (Avv. Monaco, Capua
no) c. Nicolini e altra. Cassa Trib. Roma 14 maggio 1994.
Locazione — Legge 392/78 — Canone — Aumenti illegittimi — Azione di ripetizione — Termine semestrale di decadenza — Decorrenza (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 44, 45, 79).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Clausola di transitorietà — Nullità — Condizioni — Fatti
specie (Cod. civ., art. 1417, 1427; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 26, 79).
La proposizione, entro sei mesi dal rilascio dell'immobile loca
to, della domanda di conciliazione ex art. 44 l. 392/78 impe disce il verificarsi della decadenza prevista dall'art. 79 stessa
legge, anche se le domande di determinazione del canone e
to l'esistenza dei poteri di iniziativa ora attribuiti al giudice dall'art. 447 bis c.p.c., su cui v. già — con riferimento al regime processuale anteriore alla riforma del codice di rito entrata in vigore nella primave ra 1995 — Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, cit.), la Cassazione riba disce un principio consolidato: cfr. sent. 13 luglio 1992, n. 8501, id., 1993, I, 1134, con nota di richiami; Trib. Milano 12 e 30 gennaio 1995,
cit.; Pret. Perugia 22 febbraio 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 96;
e, da ultimo, Cass. 2 maggio 1997, n. 3782, id., Mass., 350; 24 luglio 1997, n. 6933, ibid., 667, e Pret. Busto Arsizio 29 gennaio 1997, Rass.
locazioni, 1997, 167, con nota di G. Gidoni. V., anche, in tema di simulazione del contratto di locazione per uso «foresteria» con interpo sizione fittizia di persona ex latere conductoris, Cass. 18 dicembre 1996, n. 11322, Foro it., Rep. 1996, voce Simulazione civile, n. 4 (e Rass.
locazioni, 1996, 421, con nota di G. Spagnuolo). La sentenza 6145/97 puntualizza, peraltro, che per poter ritenere si
mulata la clausola di «transitorietà» non è sufficiente che il conduttore deduca e dimostri «che il locatore era stato in grado di conoscere, sulla
base di elementi non equivoci, che la controparte, pur manifestando
la volontà di concludere una locazione transitoria, aveva l'effettiva esi
genza di destinare l'immobile a stabile abitazione»; ma occorre che dal
contesto degli elementi offerti possa desumersi, sia pure per via indizia
ria («da univoci elementi indiziari . . .»), che, al di là delle apparenze, il locatore fosse consapevole della effettiva destinazione dell'immobile «ad un uso diverso da quello indicato nel contratto, e cioè ad abitazio
ne stabile ed ordinaria e non già transitoria». Non è nuova neppure l'affermazione (accennata in Cass. 1936/97,
ma su cui si sofferma specificamente la sentenza 2868/97, anche ai fini
della validità del contratto di locazione nel suo complesso o limitata
mente alla clausola in questione) secondo cui la genericità della clausola
di transitorietà non fa venire meno l'onere del conduttore, che ne dedu
ca la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, di provarne la simulazione:
in proposito, v. già Cass. 12947/93, cit. (in base al rilievo che «nessuna
norma prescrive che i contraenti precisino nel contratto il tipo di esigen za abitativa transitoria»), nonché Cass. 11 luglio 1987, n. 6078, e 1°
luglio 1987, n. 5755, id., Rep. 1987, voce Locazione, nn. 114, 115 (e Arch, locazioni, 1987, 678). A differente soluzione la corte di legittimi tà è giunta con riferimento all'ipotesi della locazione «non abitativa»
transitoria, di cui al 5° comma dell'art. 27 1. 392/78, ritenendo necessa
ria la specifica enunciazione nel contratto delle ragioni obiettive che
escludano nel caso concreto le esigenze di stabilità della locazione (v. Cass. 18 aprile 1996, n. 3663, Foro it., 1996, I, 2028, ed ivi richiami
anche sulle posizioni espresse dalla giurisprudenza riguardo all'analogo
problema postosi in tema di locazioni abitative transitorie). Non sem
brerebbe tuttavia che ciò debba dare luogo a contraddittorietà, ove si
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3203 PARTE PRIMA 3204
di ripetizione delle somme versate in eccesso rispetto alla mi sura legale siano proposte oltre detto termine. (5)
A fronte di una locazione formalmente stipulata per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, incombe sempre al con
duttore l'onere di provare l'esistenza di un esplicito accordo simulatorio o comunque della piena consapevolezza, da parte del locatore, della non rispondenza del contratto alla fattispe cie legale, a nulla rilevando che siffatte esigenze abitative sia no state adeguatamente esplicitate nel contratto oppure no. (6)
I
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 marzo
1992, Mario Benvenuti esponeva di aver locato a Giancarlo Lon
ghitano, con contratto del 1° luglio 1989, un appartamento am
mobiliato, sito in Fiesole, da adibire esclusivamente alla soddi sfazione di esigenze abitative transitorie, con previsione espres
consideri che, mentre la locazione per «esigenze abitative genericamente transitorie» viene costruita come sottotipo del tipo legale «locazione ad uso di abitazione», sullo stesso piano della locazione per «esigenze abitative stabili e primarie» e di quella stipulata per «esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio e di lavoro» (in tal senso si esprimono chiaramente le pronunzie qui riprodotte sub I e III); con riferimento all'ipotesi dell'art. 27, 5° comma, cit., invece, si esclude che l'attività (economico-produttiva) transitoria costituisca una «auto noma categoria ontologica» (cfr., appunto, la citata Cass. 3663/96).
Con la sentenza 6145/97 la Cassazione si sofferma (per quanto con sta), risolvendolo in senso affermativo (in base al rilievo che «un'esi genza meramente sussidiaria o voluttuaria», quale è quella che caratte rizza il tipo locatizio di cui all'art. 26, lett. a, «ben può presentare un certo carattere di continuità nel tempo . . .»), sul problema della compatibilità fra transitorietà dell'uso abitativo (che legittima, quanto meno, la pattuizione di una durata del rapporto più breve di quella quadriennale stabilita dal 1° comma dell'art. 1 1. 392/78) e rinnovazio ne tacita (anche reiterata) del contratto, ai sensi dell'art. 1597 c.c. (nel caso considerato non trova applicazione, infatti, la disciplina dell'art. 3 1. 392/78, dettato per le locazioni abitative ordinarie). Nello stesso senso, da ultimo, Cass. 25 luglio 1997 n. 6990, id., Mass., 673. Sulla questione, cfr. anche, ma con riferimento all'ipotesi della locazione abi tativa transitoria stipulata con «patto in deroga» all'equo canone, ai sensi dell'art. 11,2° comma, d.l. 333/92 (come convertito nella 1. 359/92), Trib. Bologna 8 luglio 1995, id., 1996, I, 300, e Pret. Bologna 16 mar zo 1995, id., 1995, I, 1975, con nota di D. Piombo.
Sul problema della qualificazione come realmente «transitoria» ex art. 26, lett. a), 1. 392/78, o meno, nel caso concreto, della locazione, v. inoltre, tra le pronunzie di merito: App. Napoli 21 dicembre 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 95; Trib. Firenze 15 luglio 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 107 (per esteso in Arch, locazioni, 1995, 663, con nota di N. Scripelliti); Pret. Perugia 20 gennaio 1994, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 108 (e Rass. giur. umbra, 1994, 403, con nota di F. Bagianti).
(5) La massima ribadisce un principio ormai costantemente afferma to dalla Cassazione, almeno nel caso che la domanda di ripetizione ex art. 79 1. 392/78 venga proposta dal conduttore contestualmente a quella di determinazione del canone legale (v., da ultimo, le sentenze 26 settembre 1996 n. 8491, Foro it., Rep. 1996, voce Locazione, n. 112; 13 gennaio 1997, n. 253, id., Mass., 23; 20 febbraio 1997, n. 1565, ibid., 151), ma che non trova uguali consensi nell'ambito della giuris prudenza di merito e in dottrina (v., in senso difforme, Trib. Milano 13 gennaio 1994, id., 1994, I, 2538, con nota di richiami, annotata da N. Izzo, in Giust. civ., 1994, I, 1447, e da R. Frasca, in Arch, locazioni, 1995, 163; nonché Trib. Cagliari 23 marzo 1994, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 113, e Riv. giur. sarda, 1995, 638, con nota di G. Zuddas).
La questione è destinata a perdere di attualità, dal momento che, in seguito alla espressa abrogazione dell'art. 44 1. 392/78 da parte della 1. 353/90 (entrata in vigore il 30 aprile 1995), per i giudizi di determina zione del canone di locazione iniziati dopo tale data il preventivo tenta tivo di conciliazione non costituisce più condizione di procedibilità del la domanda. Non così, tuttavia, per i giudizi che alla data di entrata in vigore della riforma del codice di rito erano già pendenti (v., sul punto, Cass. 4 novembre 1996, n. 9544, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 374).
Anche per altri aspetti della problematica inerente alla individuazione del dies ad quem del termine semestrale di decadenza di cui all'art. 79, cpv., 1. 392/78, v., da ultimo, Cass. 7 maggio 1996, n. 4236, id., 1996, I, 2380, con nota di richiami (nel senso che per valutare la tempe stività della domanda di ripetizione dell'indebito deve aversi riguardo alla data di presentazione del ricorso — sempre che questa sia la forma in cui la domanda deve essere proposta — piuttosto che a quella della notificazione all'avversario). [D. Piombo]
Il Foro Italiano — 1997.
sa di risoluzione nel caso di mutamento di destinazione; dedu ceva che il conduttore, con raccomandata del 16 febbraio 1992, gli aveva comunicato di aver stabilito nell'immobile la residenza abituale propria e della convivente; conveniva il predetto da vanti al Tribunale di Firenze per sentir dichiarare risolto il con
tratto, per effetto della clausola risolutiva, con conseguente con danna al rilascio.
Il convenuto resisteva, e, in via riconvenzionale, chiedeva che il rapporto fosse dichiarato soggetto al regime previsto dalla 1. 392/78 per le locazioni ad uso di abitazione.
Il tribunale accoglieva la domanda. La Corte d'appello di Firenze confermava tale pronuncia. Considerava la corte che il Longhitano non aveva espressamente eccepito che la locazio
ne, formalmente stipulata per la soddisfazione di esigenze abi tative transitorie, dissimulava in realtà una locazione per la sod disfazione di esigenze abitative stabili e primarie, ma si era limi tato a dedurre che il contratto, come pattuito, non era riconducibile nell'area della locazione abitativa transitoria, pre vista dall'art. 26, 1° comma, lett. a), 1. 392/78; che siffatta
qualificazione del tipo contrattuale non era condivisibile atteso che dal tenore del contratto e dalla situazione di fatto emergen te dalle allegazioni delle parti e dalla produzione documentale risultava che, al momento della stipula, il conduttore aveva di chiarato di avere altrove la propria residenza e di voler soddi
sfare, con la locazione dell'appartamento ammobiliato, esigen ze abitative non primarie; che non valeva a contrastare la quali ficazione della locazione come transitoria la circostanza degli intervenuti taciti rinnovi, ben potendosi protrarre nel tempo esi
genze abitative non primarie; che all'intervenuto mutamento di
destinazione, da locazione abitativa transitoria a locazione abi tativa ordinaria, comunicato dal conduttore con raccomandata del 16 febbraio 1992, il locatore aveva tempestivamente replica to con la proposizione dell'azione di risoluzione, con conseguente inapplicabilità del consolidamento dell'uso difforme rispetto a
quello pattuito, ai sensi dell'art. 80 1. 392/78. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Longhitano sulla
base di tre motivi, ai quali resiste, con controricorso illustrato con memoria, il Benvenuti.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, denun ciando violazione e falsa applicazione degli art. 1, da 12 a 22, 26 e 79 1. 392/78, dell'art. 2597 c.c. e dell'art. 1419 c.c., il ricorrente addebita alla corte d'appello di avere erroneamente disatteso il criterio della effettiva destinazione dell'immobile, indicato dalla prevalente giurisprudenza della Suprema corte al fine di accertare la natura transitoria ovvero ordinaria delle lo cazioni ad uso di abitazione.
1.1. - Il motivo non è fondato. La 1. 392/78, recante la nuo va disciplina organica delle locazioni di immobili urbani, ha
separatamente considerato, delineando due diversi moduli con trattuali di carattere generale, le locazioni ad uso di abitazione e le locazioni ad uso diverso, e le ha assoggettate a disciplina differenziata, così configurando due diversi tipi legali.
Nell'ambito dei suddetti moduli generali, ha inoltre indivi duato ulteriori sottotipi, caratterizzati da specificità sotto il pro filo causale, in ragione dell'interesse, enucleato dal legislatore dalla realtà economica e sociale, che ciascun sottotipo è desti nato a soddisfare (ovvero sotto diversi profili, quali l'ubicazio ne del bene, la peculiarità dell'oggetto, la qualità delle parti, sui quali non è qui il caso di soffermarsi) ed assoggettati a di
sciplina diversificata. Per quanto qui interessa, il tipo legale «locazione ad uso di
abitazione», risulta articolato, con riferimento alla diversa fun zione economico-pratica in tre sottotipi: a) le locazioni per esi
genze abitative stabili e primarie, assoggettate alla disciplina det tata dal capo primo del titolo primo della 1. 392/78 (art. 1-25), e, in particolare, alla durata legale quadriennale ed all'equo ca none, in considerazione della rilevanza sociale primaria del bi
sogno che soddisfano' b) le locazioni per esigenze abitative tran storie determinate da motivi di studio e di lavoro, escluse sol tanto dal vincolo di durata, ma per il resto equiparate alle locazioni abitative ordinarie, avuto riguardo alla loro connes sione con l'esercizio di attività meritevoli di particolare tutela, in ragione della loro rilevanza a livello costituzionale; c) le loca zioni per esigenze abitative non stabili e primarie, ma generica mente transitorie, escluse del tutto dalla suindicata disciplina.
Ora, la totale esclusione delle locazioni transitorie del terzo
tipo dal regime coattivo, quanto a durata e corrispettivo, in
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dubbiamente si giustifica in ragione della non meritevolezza di
tutela di esigenze abitative occasionali, sussidiarie o voluttuarie.
Occorre tuttavia considerare che, con la previsione di tale ti
po locatizio, il regime di sostanziale vincolo delineato dalla 1.
392/78 per le locazioni abitative risulta suscettivo di completa valida deroga mediante la stipulazione di un contratto di loca
zione transitoria.
Ed infatti, poiché la 1. 392/78 riconosce la possibilità per le
parti di concludere, tra i diversi tipi di locazioni abitative, an
che una locazione transitoria a regime libero, e non configuran dosi quindi un obbligo del locatore di locare l'immobile soltan
to ad equo canone per uso abitativo primario o comunque tute
lato, deve ritenersi consentito e lecito offrire in locazione il bene
soltanto per esigenze abitative transitorie, accettando di con
trattare soltanto con aspiranti conduttori che dette esigenze ab
biano e prospettino, con i quali convenire liberamente durata
e corrispettivo. Si realizzerà, in tal caso, una locazione transito
ria conforme al modello legale, e quindi pienamente valida.
Va tuttavia rilevato che la previsione di siffatto tipo locatizio — del tutto rimesso all'utonomia privata — dal momento che
determina, nell'ambito delle potenziali destinazioni di un im
mobile ad uso di abitazione mediante locazione, il concorso di
un duplice regime, l'uno vincolato (totalmente o parzialmente) e l'altro libero (maggiormente remunerativo, e quindi più appe tibile per il locatore), può dare luogo a fraudolente elusioni del
regime c.d. dell'equo canone, mediante la fittizia stipulazione di locazioni transitorie.
Non può invero escludersi — ed anzi l'esperienza segnala la
frequenza del fenomeno — che la qualificazione del contratto,
mediante espressa formula, come locazione transitoria, costitui
sca solo l'espediente formale per aggirare il regime c.d. dell'e
quo canone.
Si è quindi posta l'esigenza di discriminare tra locazione tran
sitoria conforme al modello legale, in quanto destinata a soddi
sfare esigenze abitative di scarso rilievo sociale, e quindi piena mente valida, e locazione transitoria conclusa in frode alla leg
ge, sanzionabile con la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Suprema corte non
si è univocamente espressa, ma ha subito una progressiva evo
luzione, della quale è opportuno fare cenno.
1.2. - In alcune decisioni (alle quali il ricorrente espressamen te si riferisce, affidando ai principi in esse enunciati, e che ritie
ne ingiustificatamente disattesi dalla corte territoriale, la sua cen
sura) questa Suprema corte ha ritenuto di dover attribuire pre dominante rilevanza alla «effettiva destinazione dell'immobile».
Si è in particolare affermato che la natura transitoria delle esi
genze abitative del conduttore — che importa l'esclusione della
locazione dall'ambito di applicabilità della 1. 392/78 ai sensi
dell'art. 26, lett. a), della stessa legge — va accertata con riferi
mento agli specifici bisogni del conduttore che l'immobile è de
stinato a soddisfare al momento della conclusione del contrat
to; nel senso che la suddetta natura transitoria va riconosciuta
nell'ipotesi in cui l'abitazione del conduttore, in quanto ecce
zionale e temporanea, comporti una sua permanenza soltanto
precaria o sussidiaria nell'immobile locato, mentre va esclusa
nel caso in cui l'immobile rappresenti la normale e continuativa
dimora del conduttore. Ed hanno ancora precisato che l'indagi ne diretta ad accertare quale delle due ipotesi ricorra nel caso
concreto va compiuta avendo riguardo all'effettiva destinazione
dell'immobile e con riferimento alla natura dell'esigenza abita
tiva del conduttore, e non dalle espressioni letterali del contrat
to fatto sottoscrivere dal locatore allorquando la dichiarata tran
sitorietà — smentita dalla situazione di fatto — abbia costituito
il mezzo, vietato dall'art. 79 1. 392/78, per eludere l'applicazio
ne della normativa sull'equo canone (sent. 11984/90, Foro it.,
Rep. 1991, voce Locazione, n. 109; 10676/91, id., 1993,1, 1136;
6777/92, ibid., 1135; 5722/94, id., 1995, I, 2483). Al menzionato indirizzo è stato rivolto un duplice ordine di
considerazioni critiche.
1.2.1. - In primo luogo, si è rilevato che il principio della
preminente rilevanza della situazione di fatto rispetto alla desti
nazione contrattuale che ispira le menzionate decisioni, e che
discende dall'art. 80 1. 392/78 nella sua originaria formulazio
ne, ha subito un significativo ridimensionamento ad opera della
Corte costituzionale, con la sentenza 185/88 (id., 1988, I, 1739).
In virtù della suindicata disposizione, infatti, nel caso di desti
nazione dell'immobile, da parte del conduttore, ad un uso di
II Foro Italiano — 1997.
verso da quello pattuito, trovava applicazione il regime giuridi co corrispondente all'uso effettivo dell'immobile, qualora il lo
catore non avesse proposto azione di risoluzione entro tre mesi
dal momento in cui ne ha avuto conoscenza «e comunque entro
un anno dal mutamento di destinazione», e quindi, secondo
la comune interpretazione, anche nel caso in cui il locatore non
ne fosse venuto a conoscenza, così privilegiandosi l'uso impres so dal conduttore alla cosa, rispetto a quello contrattualmente
previsto. E tale affermata prevalenza veniva intesa come espres sione di un principio generale (in tal senso, v. sent. 1598/84,
id., 1984, I, 2546, nella cui motivazione si legge che «l'uso che
determina il regime giuridico delle locazioni è solo quello effet
tivo, come si evince dall'art. 80 1. 392/78»).
Ma, come è noto, la Corte costituzionale, con la sentenza
185/88, cit. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
80, nella parte in cui precludeva al locatore l'azione di risolu
zione anche nel caso in cui fosse comunque decorso un anno
dal mutamento di destinazione, poiché ha ritenuto che la garan zia di cui all'art. 24 Cost, deve estendersi alla conoscibilità del
momento iniziale di decorrenza del termine previsto per l'eserci
zio dell'azione, al fine di assicurarne all'interessato l'utilizzazio
ne nella sua interezza.
E non v'è dubbio che, per effetto dell'intervento caducatorio
operato dal giudice delle leggi, la sottoposizione del rapporto al regime proprio di uno dei tipi legali delineati dalla 1. 392/78
non è più ricollegabile, ai sensi dell'art. 80 della citata legge, al mero dato oggettivo della destinazione impressa all'immobile
dal conduttore, ma postula che tale destinazione sia conosciuta
dal locatore (e tacitamente accettata, evitando di agire entro
tre mesi per la risoluzione). 1.2.2. - Ulteriori ragioni ostative all'accoglimento del criterio
«oggettivo» erano già state peraltro rilevate in dottrina, ed han
no trovato seguito nella giurisprudenza di questa Suprema corte
(v., in particolare, sent. 1936/97, id., 1997, I, 3202). Ed infatti, nell'art. 80 1. 392/78 l'uso di fatto viene pur sem
pre considerato, in contrapposizione all'uso pattuito, come com
portamento illecito, tanto è vero che giustifica di per sé la riso
luzione (con valutazione legale della gravità dell'inadempimen
to, in deroga all'art. 1455 c.c., analogamente a quanto previsto dall'art. 5 della stessa legge in tema di morosità): la preminenza è quindi riconosciuta, in linea di principio, alla destinazione
contrattuale.
Va inoltre considerato che un uso difforme da quello pattuito
può realizzarsi soltanto in un momento successivo alla conclu
sione del contratto, sicché la norma in esame appare dettata
per regolare (solo) il momento funzionale del rapporto, con ri
ferimento al mutamento unilaterale di destinazione d'uso (im
plicante mutamento di regime giuridico) sopravvenuto nel corso
dello svolgimento del rapporto. Mutamento suscettivo di deter
minare la risoluzione del contratto, purché il locatore, avendo
ne avuto conoscenza (esigenza ritenuta indefettibile, come già
ricordato, dalla Corte costituzionale con la sent. 185/88) la ri
chieda nel termine di tre mesi, poiché diversamente, sostanzian
do la sua consapevole inerzia una adesione tacita alla nuova
destinazione d'uso posta in essere dal conduttore, si instaura
una nuova fattispecie contrattuale, assoggettata al regime legale
corrispondente all'uso effettivo (sul quale, in definitiva, si è for
mato un nuovo incontro dei consensi, espresso per facta con
cludendo). Non sembra quindi comunque corretto trarre dall'art. 80 1.
392/78 — ove si aderisca alla esegesi sopra proposta — utili
argomenti per risolvere il diverso problema della qualificazione del contratto — se integrante una locazione abitativa ordinaria
ovvero il sottotipo legale (in ragione della specificità della fun
zione economico-pratica legislativamente tipizzata) della loca
zione abitativa transitoria — con riferimento al momento gene
tico, e cioè con riferimento al momento della sua stipulazione.
Consegue che l'affermata esclusiva rilevanza, ai fini in esa
me, della situazione di fatto, con radicale svalutazione della de
stinazione d'uso enunciata nel contratto, non può essere condi
visa, dovendosi per converso ritenere che, qualora sia dedotta
la nullità, ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, della clausola che pre
vede la destinazione dell'immobile ad abitazione transitoria, de
ve aversi riguardo, nel valutare la sussistenza o meno di una
elusione del regime di vincolo, anche all'atteggiamento soggetti
vo dei contraenti.
Del resto, l'attribuzione di esclusiva rilevanza alla destinazio
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3207 PARTE PRIMA 3208
ne effettiva, attuata dal conduttore, suscita di per sé perplessi
tà, in quanto, a ben vedere, attribuisce al conduttore — che
abbia reso al locatore, disposto a locare l'immobile solo in via
transitoria, una dichiarazione infedele sulle sue esigenze abitati
ve, al fine di assicurarsi la disponibilità del bene — il potere di determinare, unilateralmente, mediante la concreta destina
zione dell'immobile ad abitazione primaria, il regime del con
tratto nel senso a lui più favorevole, così premiando il con
traente di mala fede rispetto a quello di buona fede.
1.3. - Le suindicate considerazioni hanno indotto la giuris
prudenza di questa Suprema corte a discostarsi progressivamen te dal criterio meramente «oggettivo» adottato nelle pronunce
sopra ricordate, ed a privilegiare l'esigenza di indagare l'atteg
giamento «soggettivo» dei contraenti, nel suo concreto atteg
giarsi nel momento della stipula. Al riguardo, nella giurisprudenza di questa Suprema corte ri
sultano considerate due distinte eventualità, il cui discrimine è
rappresentato dalla sussistenza o meno di una concorde volontà
di porre in essere una locazione transitoria, nella consapevolez za che di tale tipo negoziale non ricorrono i presupposti.
1.3.1. - Si è invero rilevato, con riferimento alla prima even
tualità, che, qualora le parti vogliano stipulare un contratto di
locazione, consapevoli che esso ha lo scopo di soddisfare l'esi
genza abitativa (primaria) del conduttore, privo di altra abita
zione e, al fine di eludere la sanzione della nullità di clausole
concernenti la durata e la misura del canone contrarie al regime
giuridico applicabile a quel particolare tipo di contratto, stipuli no una locazione che non soggiace a quei vincoli (e cioè una
locazione transitoria), si realizza una fattispecie simulatoria (si mulazione relativa), poiché le parti hanno voluto concludere un
contratto diverso da quello apparente (sent. 8501/92, id., 1993,
I, 1134; 1936/97, cit.). Le parti invero, in tal caso, pongono in essere una simulazione relativa finalizzata a frodare la legge,
celando, sotto lo schermo di una locazione transitoria (contrat to simulato), una locazione abitativa ordinaria (diverso contrat
to dissimulato, effettivamente voluto) regolata in difformità al
regime coattivo, c.d. dell'equo canone, che le è proprio. Il conduttore che pretenda l'applicazione, al rapporto locati
zio così instaurato, del regime c.d. dell'equo canone, avrà per tanto l'onere di dimostrare la sussistenza dell'accordo simulato
rio: dimostrata la simulazione, tra le parti avrà efficacia il con
tratto dissimulato di locazione ordinaria, ed in questo le clausole
contrarie alle norme imperative, affette da nullità ai sensi del l'art. 79 1. 392/78, saranno automaticamente sostituite dal regi me legale. Per fornire la prova dell'accordo simulatorio il con
duttore, ai sensi dell'art. 1417 c.c., potrà avvalersi, senza limiti, della prova per testimoni, in quanto diretta a dimostrare la illi
ceità, per contrasto con norme imperative, del contratto dissi mulato (sent. 8501/92, cit.). Del pari sarà consentito avvalersi di presunzioni (sent. 7410/92, id., 1993, I, 1135), ed è utile ri cordare, inoltre, che, vertendosi in tema di controversia in ma teria di locazione, il giudice dispone di ampi poteri di iniziativa
probatoria officiosa (art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. riformato). 1.3.2. - Può peraltro configurarsi una seconda eventualità,
e cioè che l'intenzione elusiva sia unilaterale, perché riferita al solo conduttore, il quale, pur intendendo adibire l'immobile ad abitazione primaria e stabile, accetti la proposta di locazione transitoria formulata dal locatore, dichiarando di avere esigen ze abitative transitorie. Un siffatto intendimento unilaterale, pe raltro, è necessariamente destinato a restare confinato nei limiti di una irrilevante riserva mentale, ovvero a concretizzare, ricor
rendone i requisiti, un'ipotesi di dolo (art. 1439 c.c.) del con
duttore, che potrebbe abilitare il locatore a richiedere l'annulla mento del contratto (eventualità alquanto improbabile, confi
gurando la locazione transitoria un tipo di contratto di regola maggiormente remunerativo per il locatore).
Al riguardo, varie decisioni hanno peraltro ritenuto, richia mandosi ai principi dell'affidamento e della buona fede, che sia consentito al conduttore di invocare la nullità della locazio
ne, pattuita come transitoria, per violazione delle norme impe rative poste dalla 1. 392/78, anche nel caso in cui deduca e di mostri che il locatore era stato in grado di conoscere, sulla base di elementi non equivoci, che la controparte, pur manifestando la volontà di concludere una locazione transitoria, aveva l'effet tiva esigenza di destinare l'immobile a sua stabile abitazione.
Si è in particolare affermato che, quando un contratto di lo cazione abitativa sia stipulato con la previsione di un uso tran
II Foro Italiano — 1997.
sitorio, il conduttore, che assuma la nullità ex art. 79 1. 392/78
di tale clausola per l'inesistenza, in concreto, della dedotta na
tura transitoria delle esigenze abitative, deve dimostrare che que sta inesistenza era ragionevolmente apprezzabile dal locatore in
base all'obiettiva situazione di fatto da quest'ultimo conosciuta
al momento del contratto, non potendo altrimenti rilevare con
tro il locatore né situazioni di fatto occultate dal conduttore, né la riserva mentale di costui di non accettare la clausola (sent.
12947/93, id., 1994, I, 1440; 4001/95, id., 1995, I, 2482; 11917/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 164; 1936/97, cit.).
Il proposto metodo di indagine suscita perplessità. A parte il rilievo che l'inosservanza degli obblighi, generici (art. 1337
c.c.) o specifici (art. 1338 c.c.), di comportarsi secondo buona
fede, è, in linea di principio, fonte di responsabilità risarcitoria, ma non determina di per sé l'invalidità del contratto, salvo che
il comportamento scorretto non integri una fattispecie in tal
modo sanzionata, come, ad esempio, il dolo (in tal senso, v.
sent. 5610/80, id., Rep. 1981, voce Contratto in genere, n. Ili), in ogni caso, non sembra riconducibile tra gli obblighi di cor
rettezza e di buona fede gravanti sul locatore, nel momento
che precede la conclusione del contratto, lo svolgimento di spe cifiche indagini sugli effettivi bisogni dell'aspirante conduttore, dirette a far emergere l'eventuale riserva mentale della contro
parte circa la destinazione d'uso dell'immobile.
A ben vedere, tuttavia, le menzionate decisioni non si pongo no in radicale conflitto con quelle che impostano la soluzione
della questione con riferimento alla figura della simulazione re
lativa, ma ne condividono in definitiva l'intima sostanza.
La simulazione relativa ricorre infatti qualora sussista (e sia
dimostrata, a cura del conduttore) la condivisa consapevolezza dei contraenti circa l'effettiva destinazione dell'immobile ad uso
diverso da quello indicato nel contratto, e cioè ad abitazione
stabile ed ordinaria e non già «transitoria». Ed una «condivisa
consapevolezza» siffatta ben può essere desunta dal giudice (so
prattutto nel c.c. rito delle locazioni), da univoci elementi indi ziari che concorrano a far ritenere sussistente, oltre le apparen ze, la conoscenza da parte del locatore della reale destinazione
d'uso dell'immobile.
In definitiva, ad avviso del collegio, la valutazione della «ra
gionevole apprezzabilità» da parte del locatore dell'inesistenza
delle esigenze transitorie dedotte dal conduttore, predicata dalle
suddette decisioni, viene a risolversi, sul piano probatorio, in
una indagine su base indiziaria volta a stabilire che il locatore
era comunque consapevole delle effettive esigenze del condutto
re, e che, quindi, il contratto effettivamente concluso integrava una locazione abitativa ordinaria, e non già transitoria. Si rien
tra, quindi, nell'ambito del fenomeno simulatorio, in riferimen to al quale va risolta la questione in esame.
1.4. - In conclusione, deve darsi atto che l'indirizzo giuris
prudenziale che incentra l'indagine sul dato oggettivo della ef fettiva destinazione, invocato dal ricorrente a sostegno della sua
doglianza, risulta comunque superato dalle più recenti pronun ce di questa Suprema corte, che, ancorché sotto i diversi profili sopra ricordati, sottolineano l'esigenza di tenere conto dell'at
teggiamento soggettivo dei contraenti, nei sensi e nei limiti so
pra menzionati.
Orbene, nel caso in esame, la corte territoriale, sostanzial mente uniformandosi al primo dei due indirizzi emersi nella più recente giurisprudenza di questa Suprema corte (sent,. 8501/92, cit.; 1936/97, cit.), ha impostato la sua decisione sul rilievo che il Longhitano non aveva eccepito che la locazione, formalmente
stipulata per la soddisfazione di esigenze abitative transitorie, dissimulava in realtà una locazione per la soddisfazione di esi
genze abitative stabili e primarie, e tanto basta per renderla in sensibile alla censura.
Ma va altresì osservato che la corte territoriale ha rilevato
che, comunque, dalla obiettiva situazione di fatto emergente dalle
allegazioni delle parti e dalla produzione documentale (dalle quali risultava che, al momento della stipula, il conduttore aveva di chiarato di avere altrove la propria residenza, e di voler soddi
sfare, con la locazione dell'appartamento, esigenze abitative non
primarie), si desumeva che il Longhitano all'atto della stipula aveva esigenze abitative transitorie, finalizzate ad incontri con
persona successivamente divenuta sua convivente. Ed in tale va lutazione è implicito il giudizio negativo sulla regionevole ap prezzabilità, da parte del locatore, della inesistenza delle dichia
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rate esigenze transitorie (come richiesto dalle sentenze 12947/93,
cit.; 4001/95, cit.; 11917/95, cit.; 1936/97, cit.). 2. - Con il secondo motivo, denunciando difetto di motiva
zione, il ricorrente addebita alla corte d'appello di non aver
considerato che ostava alla qualificazione della locazione come
«transitoria», in quanto con essa incompatibile, la rinnovazione
tacita del rapporto, intervenuta per tre volte.
2.1. - Il motivo non è fondato. Ha considerato la corte d'ap
pello che non valeva a contrastare la qualificazione della loca
zione come transitoria la circostanza degli intervenuti taciti rin
novi, ben potendosi protrarre nel tempo esigenze abitative non
primarie. Il rilievo è corretto. Le «esigenze abitative di natura transito
ria» (e non determinate da motivi di lavoro o di studio) previste dall'art. 26, 1° comma, lett. a), non sono invero contrassegnate dal mero dato obiettivo di essere destinate ad esaurirsi in un
breve periodo, bensì da una caratteristica negativa, consistente
nella loro intrinseca non meritevolezza di tutela, per essere di
verse dall'esigenza abitativa primaria (ovvero giustificata da ra
gioni di lavoro o di studio), in quanto meramente sussidiarie
o voluttuarie (come quelle che ispirano soggiorni per villeggia tura o turismo, ovvero utilizzazioni saltuarie).
Ed un'esigenza meramente sussidiaria o voluttuaria ben può
presentare un certo carattere di continuità nel tempo, ed essere
quindi soddisfatta mediante la protratta disponibilità di un al
loggio. Ne consegue che non è incompatibile con la qualificazione
di una locazione come «transitoria» la tacita rinnovazione del
contratto ai sensi dell'art. 1597 c.c., qualora non risulti la vo
lontà di novare il contratto, modificandone il tipo legale, da
locazione abitativa non primaria a locazione abitativa primaria. E di siffatta volontà la corte d'appello non ha ravvisato la sus
sistenza.
3. - Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 2697
c.c. e difetto di motivazione, il ricorrente si duole della manca
ta ammissione della prova testimoniale, in quanto erroneamen
te ritenuta non decisiva.
3.1. - Il motivo va disatteso.
La corte d'appello ha ritenuto inammissibile la prova per te
sti sul rilievo che le circostanze dedotte nei capitoli non erano
decisive, perché non univocamente valutabili nel senso di avva
lorare l'affermazione di uno specifico bisogno di abitazione sta
bile da parte del Longhitano all'atto della stipula del contratto
di locazione.
E tale motivato apprezzamento sulla ammissibilità della pro va si sottrae al sindacato di questa Suprema corte.
5. - In conclusione, il ricorso va rigettato.
II
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 6 maggio 1991
al Pretore di Torino Viziale Giuseppe, premesso di aver condot
to in locazione dal 15 novembre 1984 un appartamento arreda
to di proprietà di Vienna Luciana e di averlo riconsegnato alla
locatrice il 28 febbraio 1991, lamentò di aver pagato canoni
di importo superiore a quello massimo di legge e, quindi, chiese
che, previa determinazione del canone «equo», la locatrice fos
se condannata alla restituzione delle somme percepite in ecce
denza. Costituitasi, la Vienna oppose di aver locato l'apparta mento al Viziale (obbligato a risiedere in Orbassano in quanto medico di base in quella città ed ivi anagraficamente residente)
per sopperire ad esigenze abitative transitorie del conduttore.
Chiese, pertanto, il rigetto della domanda. Assunte una consu
lenza tecnica ed una prova testimoniale, il pretore, con sentenza
del 3 dicembre 1993, determinò il canone legale e, in accogli mento della domanda, condannò la Vienna al pagamento della
somma di lire 16.636.640 in favore del Viziale. Su appello della
Vienna il Tribunale di Torino, con sentenza del 7 giugno 1994, ha confermato la sentenza del pretore, osservando: 1) che la
clausola contrattuale concernente il carattere transitorio della
locazione era nulla perché genericamente formulata; 2) che la
stessa clausola era, comunque, nulla, si sensi dell'art. 79 1. 27
luglio 1978 n. 392, perché il conduttore aveva di fatto utilizzato
l'immobile come propria abitazione stabile; 3) che, in ogni ca
so, il rapporto non poteva ritenersi soggetto al regime giuridico delle locazioni transitorie, poiché la locatrice non ne aveva chie
II Foro Italiano — 1997.
sto la risoluzione, quantunque il conduttore lo avesse formal
mente resa edotta dell'uso stabilmente abitativo da lui fatto del
l'immobile. Ricorre la Vienna con cinque motivi, illustrati da memoria.
Resiste il Viziale con controricorso.
Motivi della decisione. — Col primo motivo la ricorrente, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., lamenta che, in violazione
degli art. 1418, 1419, 2° comma, 1362 c.c. e 112 c.p.c., la corte
di merito non soltanto abbia erroneamente ritenuto nulla, per ché genericamente formulata (e cioè priva di qualsiasi riferi
mento alle specifiche esigenze abitative del conduttore), la clau
sola contrattuale concernente il carattere transitorio della loca
zione, ma sia, inoltre, incorsa in extrapetizione, dal momento
che la nullità di detta clausola era stata denunziata dal condut
tore con esclusivo riguardo all'ipotesi prevista dall'art. 79 1. n.
392 e, quindi, non per la ragione assunta dal tribunale torinese
a sostegno della sua decisione. La doglianza, infondata sotto
quest'ultimo profilo, attesa la rilevabilità di ufficio, ai sensi del
l'art. 1421 c.c., delle nullità che, per qualsiasi causa, inficino
clausole contrattuali di cui venga chiesta l'applicazione, è, inve
ce, fondata sotto il primo profilo, giacché la formale e puntuale indicazione delle specifiche esigenze transitorie del conduttore
non è imposta, a pena di nullità, da alcuna norma della speciale
disciplina contenuta nella 1. n. 392, né la sua mancanza integra alcuna delle cause di nullità del contratto, previste in via gene rale dagli art. 1418 e 1419 c.c.
Col secondo motivo la Vienna, ai sensi dell'art. 360, n. 3,
c.p.c., lamenta che, in violazione degli art. 1418, 1419, 2697
c.c. e 26 1. n. 392 del 1978, la corte di merito abbia affermato
la nullità della stessa clausola anche ai sensi dell'art. 79 1. n.
392 per il solo fatto di aver ritenuto che il conduttore avesse
effettivamente utilizzato l'immobile come unica sua stabile abi
tazione, senza considerare che al momento della stipulazione del contratto la esigenza di abitare in Torino del conduttore
(medico di base in Orbassano e, in quanto tale, obbligato per
legge a risiedere permanentemente in quella città ed ivi anagra ficamente residente) si prospettava inequivocamente in termini
di saltuarietà. Anche questa doglianza è fondata, perché la nul
lità, sancita dall'art. 79 1. n. 392, della clausola contrattuale
che, in relazione a dichiarate ma insussistenti esigenze transito
rie del conduttore, preveda una durata della locazione abitativa
inferiore a quella minima stabilita dall'art. 1 della legge, non
può ritenersi ricorrente per il solo fatto oggettivo che il condut
tore abbia destinato concretamente l'immobile a propria stabile
abitazione, essendo al riguardo indispensabile, in applicazione dei principi dell'affidamento e della buona fede contrattuale, la ulteriore prova che della natura non transitoria delle esigenze abitative del conduttore il locatore fosse consapevole (o tale po tesse rendersi con l'uso dell'ordinaria diligenza) nel momento
della conclusione del contratto (Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, Foro it., 1994, I, 1440; 19 agosto 1995, n. 8942, id., Rep. 1996, voce Locazione, n. 120). Soltanto se l'indagine — che è del
tutto mancata — in ordine a tale aspetto soggettivo della con
troversia si fosse conclusa in senso positivo, la corte distrettuale
avrebbe potuto ritenere nulla, per il predetto titolo, la clausola
contrattuale dedotta in contestazione.
Col terzo e col quarto motivo, che in quanto connessi vanno
congiuntamente esaminati, la ricorrente, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., lamenta che la corte di merito sia incorsa
in violazione degli art. 112 c.p.c., 79 e 80 1. n. 392, nonché
in contraddittorietà della motivazione, avendo dapprima ritenu
to, ai sensi dell'art. 79, la nullità della clausola di durata, in
relazione al fatto che già al momento della instaurazione del
rapporto le esigenze abitative del conduttore non rivestivano ca
rattere transitorio, ed avendo poi affermato che al rapporto era
applicabile, ai sensi dell'art. 80, il regime delle locazioni ordina
rie, perché solo nel corso della locazione il conduttore aveva
adibito l'appartamento a propria abitazione stabile e la locatri
ce non aveva chiesto tempestivamente la risoluzione del contratto.
La doglianza è priva di fondamento sotto entrambi i profili,
giacché la corte torinese non ha affatto ritenuto che la forma
di utilizzazione dell'immobile fosse mutata durante lo svolgi mento del rapporto, ma ha soltanto considerato, in via alterna
tiva e subordinata, l'ipotesi che solo nel corso del rapporto la
locatrice fosse venuta a conoscenza della effettiva utilizzazione
dell'appartamento come residenza permanente e non transitoria
del conduttore e, con esclusivo riguardo a tale ulteriore ipotesi,
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PARTE PRIMA 3212
ha, quindi, fatto corretta applicazione dell'art. 80 della legge. La Vienna obietta che in questo caso la corte distrettuale avreb
be, invece, male applicato l'art. 80, che — ad avviso della ricor
rente — regolerebbe soltanto l'ipotesi di mutamento, in pen denza del rapporto, dell'uso cui inizialmente il conduttore avrebbe
adibito l'immobile, ma l'obiezione non può condividersi, per ché è contraddetta dal tenore letterale della norma in esame,
che, prevedendo la difformità dell'uso effettivo dalle previsioni
contrattuali, senza ulteriori precisazioni, deve ritenersi intesa a
regolare anche il caso in cui il conduttore, fin dal momento
della instaurazione del rapporto locatizio, utilizzi l'immobile di
versamente da quanto pattuito. La ricorrente replica, lamentan
do che la corte di merito abbia erroneamente fatto decorrere
il mutamento del regime giuridico del rapporto dalla stipulazio ne della locazione, anziché dal momento in cui la conduttrice, venuta a conoscenza del mutamento d'uso, era decaduta dalla
facoltà, attribuitale dall'art. 80, di chiedere la risoluzione del
contratto.
La doglianza è fondata. Poiché, infatti, la previsione dell'art.
80, 2° comma, si fonda sulla presunzione assoluta che, rinun
ciando a chiedere la risoluzione del contratto, il locatore espri ma implicitamente il suo consenso al mutamento dell'uso, l'og
getto di tale consenso non può ritenersi più ampio di quello della facoltà rinunziata, la quale, vertendosi in tema di locazio
ne (che è contratto ad esecuzione continuata), non è utilmente
esercitabile, ai sensi dell'art. 1458 c.c., con riguardo alle presta zioni già eseguite e, pertanto, il mutamento del regime giuridico del rapporto, previsto dall'art. 80, 2° comma, 1. n. 392, può farsi decorrere solo dalla inutile scadenza del termine trimestra
le, di cui il locatore, venuto a conoscenza del mutamento d'uso, avrebbe potuto fruire per chiedere la risoluzione del contratto.
La impugnata sentenza va, dunque, cassata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione del Tribunale di Torino, che si
uniformerà ai principi di diritto innanzi enunciati.
Ili
Svolgimento del processo. — Pronunciando su ricorso pro
posto ex art. 45 1. n. 392 del 1978 da Brancia D'Apricena Leti
zia, conduttrice di un immobile sito in Roma, via Archimede
n. 141, int. 8, nei confronti dei locatori Nicolini Riccardo e
Nicolini Renzi Edda, il Pretore di Roma, con sentenza 14 giu
gno 1993, previa determinazione dell'equo canone, aveva con
dannato i Nicolini al pagamento, rispettivamente, di lire
100.345.970 e 27.353.305 per differenze di canone corrisposte ma non dovute, oltre agli interessi legali ed alle spese giudiziali.
L'appello proposto dai locatori ed al quale aveva resistito
la Brancia era rigettato dal Tribunale di Roma, con sentenza
14 maggio 1994 ed ulteriore condanna degli appellanti alle spese del grado, affermando, per quanto possa ancora interessare:
— che la domanda di ripetizione dell'indebito doveva rite nersi tempestiva ex art. 79, 2° comma, 1. n. 392 del 1978 atteso
che il calcolo del semestre di decadenza, pacifica essendo la da ta del rilascio (4 giugno 1991), rilevava il giorno del deposito del ricorso ex art. 44 1. cit. (23 novembre 1991), non quello di notifica (10 dicembre 1991) ovvero della domanda di deter minazione del canone in sede contenziosa ex art. 45 (13 aprile 1992);
— che l'eccezione di tardività della domanda, sollevata dai
locatori solo in secondo grado, era ammissibile, afferendo ad un termine non di prescrizione ma di decadenza e, come tale, rilevabile anche d'ufficio;
— che le pretese esigenze abitative di natura transitoria, pe raltro non specificamente individuate nel contratto, non erano state neppure provate dai locatori (ai quali incombeva il relati
vo onere). Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i
Nicolini affidandolo a due motivi. Ha resistito la Brancia con
controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale con dizionato sulla base di un motivo. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — Va preliminarmente ordinata la riu
nione del ricorso principale e di quello incidentale condiziona
to, siccome proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Orbene, trattandosi di causa conseguente alla domanda di ri
Ir Foro Italiano — 1997.
petizione di canoni che si pretendono pagati in misura superiore a quella legale, assume valore prioritario sotto il profilo logico
giuridico l'esame del secondo motivo del ricorso principale, con
il quale i Nicolini, denunciando la violazione e la falsa applica zione dell'art. 79, 2° comma, 1. n. 392 del 1978 nonché l'insuf
ficienza della motivazione sul punto decisivo della controversia
attinente alla proponibilità della domanda (il tutto in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), lamentano che il tribunale roma
no abbia ritenuto a tal fine sufficiente che nel termine di sei
mesi dalla data di rilascio dell'immobile locato sia stata presen tata la mera domanda di conciliazione ex art. 44 della citata
legge sull'equo canone.
La censura non è fondata. Così statuendo il suddetto giudice si è uniformato al principio che, dopo un'iniziale pronuncia con
traria (Cass. 11 gennaio 1989, n. 71, Foro it., 1989, I, 2542),
può dirsi ormai pacifico nella giurisprudenza di questa corte, alla stregua del quale la domanda di conciliazione prevista dal
l'art. 44 1. n. 392 del 1978 e la domanda di determinazione
del canone e di ripetizione delle somme versate in eccesso ri
spetto alla misura legale, la cui procedibilità è subordinata alla
presentazione della prima domanda, costituiscono componenti di un'unica domanda giudiziaria, introduttiva di un unitario pro cesso di cognizione, di guisa che, dovendosi il processo unitario
considerare iniziato con la domanda di conciliazione, ove que sta sia stata proposta nel termine di sei mesi dal momento del
rilascio dell'immobile locato, non sussiste la decadenza di cui
all'art. 79 della citata legge, anche se le domande di determina
zione del canone legale e di ripetizione delle somme non dovute
siano state proposte oltre il detto termine (Cass. 20 ottobre 1989, n. 4226, id., 1990, I, 1308, e 30 settembre 1992, n. 11841, id.,
Rep. 1993, voce Locazione, n. 134, ex plurimis).
L'esposta doglianza va, pertanto, rigettata, con conseguente assorbimento dell'unico motivo del ricorso incidentale condi
zionato dalla Brancia relativo alla tardività dell'eccezione di de
cadenza ex art. 79 1. n. 392 del 1978 proposta soltanto in appello. Resta da esaminare il primo motivo del ricorso principale con
il quale i Nicolini, denunciando la violazione e la falsa applica zione degli art. 26 e 79 1. n. 392 del 1978 e 2697 c.c. nonché
l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione sull'altro
punto decisivo della controversia attinente alla prova della na
tura transitoria della locazione inter partes (art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c.), lamentano che il giudice dell'appello abbia ritenuto
la nullità per indeterminatezza dell'oggetto ex art. 1346 c.c. del
la clausola contrattuale relativa alla transitorietà dell'uso abita
tivo convenuto (con conseguente applicazione della disciplina
imperativa dell'equo canone) poiché «le esigenze abitative di na tura transitoria, oltre che non specificamente individuate nel con
tratto, non sono state nemmeno provate in causa dai locatori, su cui incombeva il relativo onere».
Questa censura ripropone il problema delle locazioni abitati
ve di natura transitoria (e del relativo onere probatorio), in or dine al quale esistono già diverse pronunce di questa stessa se
zione, non omogenee, al punto che un'autorevole dottrina e lo stesso ufficio del massimario (relazione n. 100 del 24 ottobre
1995) hanno denunciato l'esistenza di un contrasto e, quindi,
l'esigenza della sua composizione da parte delle sezioni unite.
Peraltro, ad un ulteriore esame sembra più corretto vedere uno
sviluppo evolutivo, nel quale tutti gli elementi rilevanti per la costruzione della fattispecie hanno ottenuto via via la dovuta
sottolineatura, sì da consentire, all'esito di una rivisitazione in
tegrale, la possibile formazione di una conclusione unitaria ed
esaustiva.
Per impostare correttamente la questione, giova ricordare che nel quadro organico contenuto nella 1. n. 392 del 1978, il tipo legale «locazione ad uso di abitazione», risulta articolato, con
riferimento alla diversa funzione economico-pratica, in tre sot
totipi: a) le locazioni per esigenze abitative stabili e primarie,
assoggettate alla disciplina dettata dal capo primo del titolo pri mo di tale legge (art. 1-25), e, in particolare, alla durata legale quadriennale ed all'equo canone, in considerazione della rile vanza sociale primaria del bisogno che soddisfano; b) le loca zioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio e di lavoro, escluse soltanto dal vincolo di durata, ma
per il resto equiparate alle locazioni abitative ordinarie, avuto
riguardo alla loro connessione con l'esercizio di attività merite voli di particolare tutela, in ragione della loro rilevanza a livello
costituzionale; c) le locazioni per esigenze abitative non stabili
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
e primarie, ma genericamente transitorie, escluse del tutto dalla
suindicata disciplina. Ora, la totale esclusione delle locazioni sub c) dal regime coat
tivo, quanto a durata e corrispettivo, indubbiamente si giustifi ca in ragione del fatto che esigenze abitative occasionali, sussi
diarie e voluttuarie non sono meritevoli di particolare tutela.
Occorre tuttavia considerare che, con la previsione di tale ti
po locatizio, il regime di sostanziale vincolo delineato dalla 1.
n. 392 del 1978 per le locazioni abitative risulta suscettibile di
completa valida deroga mediante la stipulazione di un contratto
di locazione transitoria.
Ed infatti, poiché la legge de qua riconosce la possibilità di
concludere, tra i diversi tipi di locazioni abitative, anche una
locazione transitoria a regime libero, e non configurandosi quindi un obbligo di locare l'immobile soltanto ad equo canone per uso abitativo primario o comunque tutelato, deve ritenersi con
sentito e lecito offrire in locazione il bene soltanto per esigenze abitative transitorie, accettando di contrattare con aspiranti con
duttori che dette esigenze abbiano e prospettino e con i quali
convenire, liberamente, durata e corrispettivo. Si realizza, in
tal caso, una locazione transitoria conforme al modello legale e quindi pienamente valida.
Va tuttavia rilevato che la previsione di siffatto tipo locatizio — del tutto rimesso all'autonomia privata — dal momento che
determina, nell'ambito delle potenziali destinazioni di un im
mobile ad uso di abitazione mediante locazione, il concorso di
un duplice regime, l'uno vincolato (totalmente o parzialmente) e l'altro libero (maggiormente remunerativo, e quindi più appe tibile per il locatore), può dare luogo a fraudolente elusioni del
regime c.d. dell'equo canone, mediante la fittizia stipulazione di locazioni transitorie.
Non può invero escludersi — ed anzi l'esperienza segnala la
frequenza del fenomeno — che la qualificazione del contratto, mediante espressa formula, come locazione transitoria, costitui
sca solo l'espediente formale per aggirare il regime c.d. dell'e
quo canone.
Si è quindi posta l'esigenza di discriminare tra locazione tran
sitoria conforme al modello legale, in quanto destinata a soddi
sfare esigenze abitative di scarso rilievo sociale, e quindi piena mente valida, e locazione transitoria conclusa in frode alla leg
ge, sanzionabile con la nullità ai sensi dell'art. 79 1. cit.
In questo quadro normativo la giurisprudenza della corte si
è dapprima orientata a privilegiare il momento della effettiva
destinazione dell'immobile affermando il principio che «la na
tura transitoria delle esigenze abitative del conduttore — che
importa l'esclusione della locazione dall'ambito di applicabilità della 1. n. 392 del 1978 ai sensi dell'art. 26, 1° comma, lett.
a) — va accertata con riferimento agli specifici bisogni del con
duttore che l'immobile locato è destinato a soddisfare al mo
mento della conclusione del contratto; nel senso che la suddetta
natura transitoria va riconosciuta nell'ipotesi in cui l'abitazione
del conduttore, in quanto eccezionale e temporanea, comporti una sua permanenza soltanto precaria o sussidiaria nell'immo
bile locato, mentre va esclusa nel caso in cui l'immobile rappre senti la normale e continuativa dimora del conduttore. L'inda
gine diretta ad accertare quale delle due ipotesi ricorra nel caso
concreto va compiuta avendo riguardo all'effettiva destinazione
dell'immobile e con riferimento alla natura dell'esigenza abita
tiva del conduttore, e non dalle espressioni letterali del contrat
to fatto sottoscrivere dal locatore allorquando la dichiarata tran
sitorietà — smentita dalla situazione di fatto — abbia costituito
il mezzo, vietato dall'art. 79 1. cit., per eludere l'applicazione della normativa sull'equo canone» (Cass. 18 dicembre 1990, n.
11984, id., Rep. 1991, voce cit., n. 109, e 3 giugno 1992, n.
6777, id., 1993, I, 1135). E si è precisato che la nullità della clausola sulla durata della locazione è rilevabile di ufficio pre
scindendo, oltre che dalle allegazioni delle parti, dalla prova della simulazione (relativa) della clausola stessa (Cass. 11 otto
bre 1991, n. 10676, ibid., 1136), nonché dalla circostanza che
il contratto sia stato stipulato per una durata inferiore al qua driennio o ad un canone superiore a quello «equo» (Cass. 16
giugno 1994, n. 5722, id., 1995, I, 2483), restando altresì senza
rilevanza i successivi mutamenti delle esigenze abitative del con
duttore medesimo (Cass. 20 giugno 1988, n. 4211, id., Rep.
1989, voce cit., n. 137).
Ora, non sembra seriamente contestabile che questo indirizzo
si ricolleghi al principio desumibile dall'art. 80 1. n. 392 del
Il Foro Italiano — 1997.
1978 nella sua formulazione originaria, secondo il quale, decor
so un anno dal mutamento unilaterale dell'uso pattuito e pur se il locatore non ne fosse venuto a conoscenza, trovava, co
munque, applicazione il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo. Tale disciplina è subito apparsa analoga alla legisla zione lavorista (mansioni lavorative) alla quale il legislatore ha mostrato di ispirarsi per una ritenuta assimilazione degli inte ressi generali da tutelare con norme inderogabili (lavoro ed abi
tazione primaria) e che trova un chiaro riscontro normativo nella
disciplina transitoria, allorquando viene attribuita rilevanza giu ridica ai motivi di lavoro e di studio per una tassativa differen
ziazione del regime giuridico e per l'attrazione di tali specifiche
esigenze nella disciplina ordinaria dettata per l'abitazione pri maria, da applicarsi pur in costanza di una durata infraqua driennale.
La disposizione dell'art. 80 costituiva l'espressione formale
del principio ispiratore della legge sull'equo canone che intende
va individuare il regime giuridico del rapporto, in analogia a
quello di lavoro, in relazione alla concreta situazione in fatto
e, quindi, in relazione all'utilizzazione effettiva dell'immobile
locato, indipendentemente dalla destinazione contrattuale con
venuta tra le parti, in ragione della loro ritenuta diseguaglianza. Tale principio trovava ulteriore espressione normativa nella
differenziazione del regime giuridico tra le due categorie gene rali regolate (uso abitativo ed uso diverso) sulla base non più della «destinazione contrattuale», che implica un corrisponden te consenso delle parti, bensì in relazione all'uso al quale gli immobili sono «adibiti», come sintomaticamente recita l'art. 27
della legge sull'equo canone.
Del resto, anche la giurisprudenza di questa corte aveva af
fermato che «l'uso che determina il regime giuridico delle loca
zioni è solo quello effettivo, come si evince dall'art. 80 1. n.
392 del 1978» (Cass. 7 marzo 1984, n. 1598, id., 1984, I, 2546). Ma l'attribuzione di esclusiva rilevanza alla destinazione ef
fettiva, attuata dal conduttore, suscita di per sé perplessità, in
quanto, a ben vedere, attribuisce al conduttore — che abbia
reso al locatore, disposto a locare l'immobile solo in via transi
toria, una dichiarazione infedele sulle sue esigenze abitative, al
fine di assicurarsi la disponibilità del bene — il potere di deter
minare, unilateralmente, mediante la concreta destinazione del
l'immobile ad abitazione primaria, il regime del contratto nel
senso a lui favorevole, così premiando il contraente di mala
fede rispetto a quello di buona fede.
Va inoltre considerato che un uso difforme ""Ilo pattuito
può realizzarsi soltanto in un momento successivo u. conclu
sione del contratto (laddove costituisce ormai un punto termo
giurisprudenziale che la transitorietà vada riferita al momento
genetico del contratto), sicché la norma in esame appare dettata
per regolare (solo) il momento funzionale del rapporto, con ri
ferimento al mutamento unilaterale di destinazione d'uso (im
plicante mutamento di regime giuridico) sopravvenuto nel corso
dello svolgimento del rapporto. Mutamento suscettivo di deter
minare la risoluzione del contratto, purché il locatore, avendo
ne avuto conoscenza (esigenza ritenuta indefettibile dalla Corte
costituzionale con la sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, id., 1988, I, 1739), la richieda nel termine di tre mesi, poiché diver
samente, sostanziando la sua consapevole inerzia una adesione
tacita alla nuova destinazione d'uso posta in essere dal condut
tore, si instaura una nuova fattispecie contrattuale, assoggettata al regime legale corrispondente all'uso effettivo (sul quale, in
definitiva, si è formato un nuovo incontro dei consensi, espres so per facta concludentia).
Più precisamente, la citata pronuncia correttiva del giudice costituzionale ha vanificato l'originario principio ispiratore del
la nuova disciplina della 1. n. 392 del 1978 circa l'applicabilità del regime giuridico corrispondente all'uso effettivo indipenden temente dal consenso del locatore, ripristinando la prevalenza della volontà negoziale; se, infatti, è stato ravvisato un vulnus
dei parametri costituzionali nell'applicazione di un regime giuri dico corrispondente ad una utilizzazione del bene locato non
voluta né conosciuta dal locatore, quando il mutamento avven
ga nella fase funzionale del rapporto e, quindi, escludendosi
la validità di una presunzione di diritto, altrettanto e a maggior
ragione ciò deve riconoscersi nel momento genetico del rappor to perché non è discutibile che l'art. 80 milita, in ogni caso, in favore della risoluzione per grave inadempimento per il caso
di un'utilizzazione non consentita dal locatore.
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3215 PARTE PRIMA 3216
Pertanto, non in contrapposizione ma ad integrazione del cri
terio c.d. oggettivistico se ne è affermato un altro che, sottoli
neando l'esigenza di tenere conto dell'atteggiamento volitivo dei
contraenti, ha statuito che quando un contratto di locazione
abitativa sia stipulato con la previsione di un uso transitorio, il conduttore, che assuma la nullità ex art. 79 1. 27 luglio 1978
n. 392 di tale clausola per inesistenza in concreto della dedotta
natura transitoria delle esigenze abitative, deve dimostrare che
questa inesistenza era ragionevolmente apprezzabile dal locato
re in base alla obiettiva situazione di fatto da quest'ultimo co
nosciuta al momento del contratto, non potendo altrimenti rile
vare contro il locatore né situazioni di fatto occultate dal con
duttore, né la riserva mentale di costui di non accettare la clausola
(Cass. 29 dicembre 1993, n. 12947, id., 1994, I, 1440; in senso conforme Cass. 5 aprile 1995, n. 4001, id., 1995, I, 2482). In
altre parole, la sussistenza di una valida locazione abitativa tran
sitoria viene ricollegata all'incolpevole affidamento da parte del
locatore, che abbia ragionevolmente ritenuto che effettivamente
il conduttore necessitasse, come dichiarato, dell'immobile per soddisfare esigenze abitative transitorie. In tal caso, ancorché
il conduttore intendesse destinare l'immobile ad abitazione sta
bile (ed a tale uso, conseguita la disponibilità del bene, lo abbia
poi in effetti adibito sin dall'inizio), la locazione resterà sottrat
ta al regime proprio delle locazioni abitative ordinarie.
Nella stessa scia viene, infine, a porsi la più recente pronun cia in materia la quale, esclusa l'esistenza di un vero e proprio contrasto giurisprudenziale, ha statuito che con riferimento alla
durata minima delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso
di abitazione e alla deroga prevista nel caso di locazioni stipula te per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria (art. I e 26, 1° comma, lett. a, 1. n. 392 del 1978), l'espressione
«ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contrat
to» (art. 79) deve intendersi riferibile, secondo il significato let
terale dei termini usati, all'ipotesi di un incontro di volontà di
rette a far risultare una situazione diversa da quella reale, e
non deroga ai principi dell'affidamento e della buona fede. Con
seguentemente, nell'ipotesi in cui il locatore, pur con l'uso del
l'ordinaria diligenza, abbia avuto buone ragioni — in particola re confidando nella sussistenza della situazione prospettatagli dal conduttore — per ritenere che il futuro contraente avesse
necessità soltanto transitorie di disporre dell'immobile, le con
seguenze dell'accertamento di un'esigenza abitativa stabile non
possono ricadere su di lui (Cass. 17 novembre 1995, n. 11917,
id., Rep. 1996, voce cit., n. 164).
Questa conclusione, nella sostanza, sembra assolutamente con
divisibile e tale da superare l'obiezione che la violazione degli
obblighi, generici (art. 1337 c.c.) o specifici (art. 1338 c.c.) di comportarsi secondo buona fede, rileva sul piano della respon
sabilità, determinando un obbligo risarcitorio, e non sul piano della validità del contratto. Da un lato, infatti, l'orientamento
che attribuisce valenza decisiva all'accertamento dell'effettivo
progetto negoziale voluto dalle parti, raccorda sistematicamente
la disciplina della fattispecie in questione ai principi generali dell'ordinamento in materia contrattuale, di tal che l'art. 79, 1° comma, 1. cit. non importa certo deroga ai principi che disci
plinano in via generale tale materia, quali l'affidamento e la
buona fede (Cass. 11917/95, cit., in motivazione); dall'altro, il comportamento contrario a buona fede impinge anche nel
profilo della validità del contratto, per elusione del regime coat
tivo, consentendo di indagare la presenza di fattispecie rilevanti
e sanzionate anche sotto quell'aspetto (errore, dolo: art. 1427
c.c.). A questo punto della ricerca sembrano sussistere tutti gli ele
menti per poter affrontare conclusivamente il problema della
locazione transitoria che sottenda, al contrario, esigenze abitati
ve primarie; esso si risolve normalmente in un'ipotesi di diver
genza tra volontà e dichiarazione che, sul piano dogmatico, si
inquadra nello schema negoziale della simulazione e trova il suo
corretto criterio di composizione nel principio del rischio per l'altrui affidamento incolpevole. In siffatto ordine di idee si è
posta la più attenta dottrina e spunti interessanti si rinvengono anche nella giurisprudenza (v. sentenze 12947/93 e 10676/95,
citate) e, segnatamente, nella sentenza 13 luglio 1992, n. 8501
(id., 1993, I, 1134), secondo la quale il contratto di locazione
abitativa stipulato per eludere la nullità delle clausole contrarie
alle disposizioni della 1. n. 392, con la previsione di durata e
II Foro Italiano — 1997.
misura del canone diverse da quelle legali, realizza una fattispe cie negoziale simulata, con le correlate possibilità di prova (art. 1417 c.c.) e la sostituzione ex lege delle clausole nulle.
Orbene, premesso che la stipulazione di una locazione transi
toria non può giustificare alcuna presunzione di frode alla leg
ge, la quale andrà invece ricercata caso per caso, le ipotesi con
figurabili sono soltanto due. La prima è che le parti siano ben
consapevoli delle reali esigenze del conduttore (stabili, primarie, di lavoro, di studio) ma il negozio sia dichiaratamente concluso
per soddisfare esigenze transitorie, incompatibili od addirittura
esplicitamente escludenti le situazioni suddette di stabilità. In
altre parole, le parti vogliono un negozio (quello per il quale è prevista la disciplina imperativa di cui al capo I della 1. n.
392 del 1978) diverso da quello simulato (cioè dichiaratamente
in deroga alla disciplina imperativa legale). Si tratta, con ogni
evidenza, di un caso di simulazione relativa, di cui è momento
indefettibile il c.d. accordo simulatorio, cioè la concorde volon
tà, comune ad ambedue i contraenti, a frodare la legge, stipu lando una locazione transitoria nella piena e condivisa consape volezza che l'immobile locato verrà adibito ad abitazione stabi
le del conduttore. Quest'ultimo è ovviamente interessato a far
accertare la nullità del contratto simulato (quello cioè che, pur in presenza di esigenze stabili e qualificate del conduttore, pre vede durata e canone contra legem) ed ha pertanto l'onere di
dimostrare la sussistenza dell'accordo simulatorio al fine di ot
tenere l'applicazione al rapporto de quo del regime legale; co
sicché, tra le parti avrà efficacia il contratto dissimulato di lo
cazione ordinaria ed in questo le clausole contrarie alle norme
imperative, sanzionate con la nullità ex art. 79 cit., saranno
automaticamente sostituite da quelle legali (art. 1419, 2° com
ma, c.c.). Per fornire la prova dell'accordo simulatorio, sicco
me diretta a dimostrare la illiceità del contratto dissimulato in
frode alla legge (art. 1344 c.c.), il conduttore può avvalersi sen
za limiti della prova testimoniale (nonché delle presunzioni) ai
sensi dell'art. 1417 c.c. Trattandosi, poi, di controversia disci
plinata dal rito del lavoro, il giudice ha ampi poteri di disporre, in qualsiasi momento, mezzi di prova d'ufficio, ex art. 447 bis, 3° comma, c.p.c. novellato.
Ma questa fattispecie non è verosimilmente la più frequente nella pratica, ove è assai diffuso il caso del conduttore il quale, messo alle strette dalla difficoltà di trovare casa, pur avendo
la necessità e l'intenzione di adibire l'immobile ad abitazione
primaria, accetta l'offerta di locazione in deroga formulatagli dal locatore, dichiarando e/o sottoscrivendo di avere invece esi
genze abitative meramente transitorie. In altri termini, il locato
re vuole (nella forma e nella sostanza) un contratto di locazione
transitoria, mentre il conduttore accetta di sottoscriverlo con
la riserva mentale di costituire la sua abitazione continuativa
e di rivendicare successivamente l'applicazione della disciplina stabilita per le locazioni ordinarie. A questo punto, delle due
l'una: o il locatore ignora la reale situazione ed il vero intendi
mento del conduttore, ed allora la riserva mentale di quest'ulti mo non ha rilievo, nel senso che l'ordinamento non può attri
buire alcun valore ad una volontà, non dichiarata e diversa dal
la volontà espressa; al più, secondo le modalità con cui tale
intenzione elusiva unilaterale si concretizza, può ravvisarsi un'i
potesi di dolo, che legittima il locatore ad una improbabile azione di annullamento del contratto, in quanto di regola la locazione
transitoria gli è più favorevole. Ovvero il locatore conosce o
è in grado di conoscere, sulla base di elementi non equivoci, che il conduttore ha l'esigenza e l'intento di destinare l'immobi
le ad abitazione stabile, ed allora risulta solo formale la volontà
di concludere una locazione transitoria, che lo stesso locatore
sa non essere rispondente al modello legale consentito, così co
me sa di non poter fare affidamento sulla volontà dichiarata
dalla controparte. Con la conseguenza che, una volta provata tale conoscenza o conoscibilità, la locazione transitoria non è
valida e le clausole contra legem sono nulle.
Nell'un caso e nell'altro, comunque, a fronte di una locazio
ne formalmente stipulata per soddisfare esigenze abitative di na
tura transitoria, incombe sempre al conduttore l'onere di pro vare l'esistenza di un esplicito accordo simulatorio o comunque della piena consapevolezza, da parte del locatore, della non ri
spondenza del contratto alla fattispecie legale, a nulla rilevando che siffatte esigenze abitative siano state adeguatamente esplici tate nel contratto oppure no.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Tirando i fili del discorso e concludendolo, deve riconoscersi
che il tribunale romano, attribuendo ai locatori l'onere di pro vare le pretese esigenze abitative di natura transitoria non speci ficatamente individuate nel contratto, non si è attenuto ai prin
cipi sopraesposti ed il motivo in esame va accolto, con cassazio
ne correlata dell'impugnata sentenza e rinvio della causa ad altra
sezione dello stesso tribunale a quo, il quale provvederà ad un
nuovo esame alla stregua dei criteri indicati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 1° lu glio 1997, n. 5900; Pres. V. Sgroi, Rei. Garofalo, Est. Vel
la, P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Multari (Aw.
Contaldi, Dal Piaz, Gallo) c. Vicentini e altri (Aw. Ghia).
Conferma App. Torino 10 marzo 1993.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Vendita — Ter
reno — Natura edificatoria — Errore sulla qualità — Annul
labilità (Cod. civ., art. 1427, 1429, 1431).
Nel caso in cui il terreno, originariamente compreso in zona
riservata a spazio pubblico sia destinato a trasformarsi in area
edifica bile nello strumento urbanistico, già adottato dal con
siglio comunale ma non ancora approvato dalla giunta regio
nale, configura errore, incidente su una qualità essenziale del
l'oggetto, la vendita o la promessa di vendita del terreno,
nella falsa convinzione che si tratti di suolo destinato a spazio
pubblico. (1)
(1) Sulla compravendita di terreno ritenuto erroneamente edifica
bile: ovvero alla ricerca della volontà dei contraenti e dell'errore real
mente commesso.
I. - Ciò che soprattutto colpisce, nell'odierna vicenda, è il riflesso
economico che ciascuna delle differenti soluzioni in gioco riverbera sul
l'assetto di interessi posto in essere dai contraenti.
Al vaglio delle sezioni unite viene sottoposto il contratto preliminare di vendita di un terreno destinato, nel piano regolatore in fase di salva
guardia urbanistica, a spazio pubblico ma ricompreso, nel nuovo p.r.g. in corso di approvazione, in zona residenziale; a complicare la vicenda
v'è la circostanza che, al momento della conclusione del contratto, il
nuovo piano regolatore risultava già adottato dal consiglio comunale, ma non ancora approvato dalla giunta regionale.
Il promittente venditore, dunque, conviene in giudizio la controparte invocando l'annullamento del preliminare per errore incidente sulla qualità del bene promesso in vendita, ed instaura così, innanzi al Tribunale
di Torino, una lite che si inserisce a pieno titolo in un preciso filone
giurisprudenziale, da cui sono scaturite due opposte soluzioni. Scorrendo i repertori, è facile rinvenire massime secondo le quali a)
l'errore su una qualità essenziale del bene deve sussistere al momento
dalla prestazione del consenso (1); b) la natura edificatoria del terreno
presuppone la ricorrenza di elementi obiettivi, capaci di attestare l'edi
ficabilità attuale e concreta del suolo e non la mera prospettiva di futu
ra edificazione (2). Si è in conseguenza esclusa l'annullabilità del con
tratto nell'ipotesi in cui, al momento della prestazione del consenso, sia in corso di approvazione un progetto di variante al piano regolatore che attribuisca all'area una destinazione edificatoria, atteso che detta
variante, prima dell'approvazione, è inidonea ad incidere sui diritti dei
privati (3). Ma, ponendosi in prospettiva diametralmente opposta, altre pronun
zie hanno considerato, quale elemento oggettivo sufficiente ai fini del
l'annullabilità del contratto, anche la semplice approvazione in sede lo
(1) V. Cass. 6 maggio 1991, n. 4984, Foro it., 1992, I, 466, relativa
ad una vicenda in cui la presa d'atto della sezione provinciale di con
trollo, vera e propria condizione di efficacia del provvedimento ammi
nistrativo che aveva modificato la destinazione del terreno, era interve
nuta solo due giorni dopo la stipula della compravendita. (2) V., in questo senso, Cass. 10 maggio 1985, n. 2915, Foro it.,
Rep. 1986, voce Contratto in genere, n. 325.
(3) Cass. 6 giugno 1988, n. 3809, Foro it., Rep. 1988, voce Vendita, n. 59.
Il Foro Italiano — 1997 — Parte 1-62.
Svolgimento del processo. — Nel mese di novembre dell'an
no 1989 Tino Vincentini e Teresa Rechichi convennero, davanti
al Tribunale di Torino, Francesco Multari esponendo quanto
segue. Con contratto preliminare del 10 febbraio 1989 avevano pro
messo di vendere al Multari, ricevendo dal medesimo un accon
to di sette milioni di lire sul prezzo di dodici milioni, la proprie tà di un terreno sito in Bruino che, come loro assicurato da
un tecnico di fiducia e precisato nell'atto, era compreso «in
zona S. P. (spazio pubblico) nel piano regolatore in fase di sal
vaguardia urbanistica».
Nel successivo mese di settembre, però, avevano appreso che
il consiglio comunale di Bruino, con deliberazione del 19 aprile
1988, aveva adottato un progetto preliminare di piano regolato
cale del piano regolatore, pur se ancora priva dell'imprimatur in sede
regionale (4); la principale argomentazione insiste, questa volta, sulla convinzione che il terreno, non appena investito di una precisa 'voca zione' edilizia, si trasforma in bene economicamente e giuridicamente differente (5).
II. - Non mancano, dunque, gli argomenti per giustificare l'interven to chiarificatore delle sezioni unite, ma la soluzione proposta dall'o dierna pronuncia, non può essere assorbita, semplicemente, come un atteso segnale di via verso l'ultima delle due soluzioni prospettate; nelle
pieghe della parte motiva, vanno infatti segnalati alcuni interessanti spunti di riflessione (6).
La corte sembra, innanzitutto, tagliar corto sui dubbi addensatisi in
passato intorno all'opinione di chi ritiene che, solo per l'acquirente, la destinazione del terreno può costituire una qualità determinante del
consenso, mentre per il venditore, essa influisce solo sul valore di scam bio e non può influenzare la volontà di procedere all'alienazione (7). Nel pensiero della Cassazione, il terreno destinato ad essere compreso nella zona di espansione edilizia costituisce, in entrambi i casi, un bene diverso dagli altri terreni non fabbricabili; perciò, ove pure sia rinveni bile un errore sul prezzo da parte del venditore, esso costituisce l'effetto
della falsa rappresentazione di una qualità essenziale della cosa com
pravenduta e risulta, quindi, assorbito dal più rilevante errore sull'og getto (8). Nelle conclusioni del collegio, peraltro, si sottolinea come l'a
dozione del piano importi conseguenze giuridiche — quali l'efficacia delle c.d. misure di salvaguardia e l'esclusione della prelazione agraria
per i terreni destinati ad essere inclusi nelle aree edificabili — di tale rilevanza da costituire il presupposto concreto del lamentato vizio di
volontà. All'esame è, insomma, la tradizionale distinzione fra errore
sugli elementi del contratto (normalmente influente ai fini dell'annulla
bilità) ed errore sulla convenienza dell'affare (ritenuto invece irrilevan
te), in un'ipotesi connotata da indubbi margini di incertezza.
III. - Un altro punto di forza nel tessuto argomentativo della senten za è legato all'antica querelle sulla qualificazione dell'errore. Se analo
ghe vicende sono state ricondotte, in passato, nell'alveo dell'errore di
diritto, con conseguente applicazione dell'art. 1429, n. 4, c.c. (9), il
prevalente orientamento giurisprudenziale precisa che, nelle fattispecie in esame, l'errore sulla legge si traduce in una errata rappresentazione di una circostanza obiettiva e quindi in un errore di fatto. Su tale scia
si pone sostanzialmente l'odierna sentenza che, in limine, puntualizza come l'inesatta conoscenza della norma importi conseguenze sull'indivi
(4) Cass. 28 marzo 1990, n. 2518, Foro it., Rep. 1990, voce Contrat to in genere, n. 342, anch'essa relativa ad un contratto preliminare.
(5) Cass. 12 ottobre 1985, n. 4955, Foro it., Rep. 1986, voce Vendi
ta, n. 68, e Giur. it., 1986, I, 1, 719; 29 giugno 1985, n. 3892, Foro
it., Rep. 1986, voce Contratto in genere, nn. 322-324.
(6) In generale, in tema di errore, v., altresì, Rossello, Errore net diritto civile, voce del Digesto civ., Torino, 1991, VII, 510; Pietrobon, Errore (dir. civ.), voce dell 'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1989, XIII.
(7) Contro una tale complessa ricostruzione degli interessi in gioco v. già l'opinione di Amato, Brevi osservazioni in tema di rilevanza del
l'errore, in Giur. it., 1986, I, 1, 395; cfr. altresì le conclusioni di Cass. 29 giugno 1985, n. 3892, cit.
(8) V. Cass. 5 dicembre 1974, n. 4020, Foro it., 1975, I, 1791, che
distingue dall'error in substantia la copiosa giurisprudenza in tema di irrilevanza dell'errore sul prezzo della cosa alienata.
(9) V. Cass. 21 giugno 1985, n. 3734, Foro it., 1985, I, 2910; mentre
per una rassegna dei diversi orientamenti espressi dalla dottrina in tema di errore di diritto, v. Lipari, Vendita di terreni e rilevanza dell'errore sulle qualità rustiche o edificatorie del suolo, in Giur. agr. it., 1986, 286; e cfr. le opinioni di Criscuoli, Riflessi civilistici della costituziona lizzazione del principio penate di colpevolezza in tema di «error iuris», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1994, 719; Pescara, Il problema dell'«er ror iuris» nei contratti, in Riv. dir. civ., 1983, I, 756.
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