sezione III civile; sentenza 7 ottobre 1998, n. 9919; Pres. Duva, Est. Manzo, P.M. Cafiero (concl.conf.); Fontana e altra (Avv. Tessarolo, Fioravanti) c. Tobanelli e altro (Avv. Bertucci,Ivancich), Soc. Ras (Avv. Spadafora). Conferma App. Venezia 4 novembre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3511/3512-3519/3520Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192735 .
Accessed: 24/06/2014 23:37
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3511 PARTE PRIMA 3512
mento alle «imposte liquidate in base alle dichiarazioni presen tate dai contribuenti» (dunque, non alle maggiori imposte emerse
dall'attività di accertamento, il cui termine decadenziale trova
previsione nell'art. 43 d.p.r. n. 600 del 1973), statuisce, questa volta sì a pena di decadenza, che l'iscrizione a ruolo deve essere
effettuata nello stesso termine quinquennale di cui all'art. 43 cit.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione regio nale nessun pregiudizio vi sarebbe per le possibilità di difesa
del contribuente, il quale non ha alcun interesse da far valere
in giudizio in ordine all'inosservanza di un termine (quello del
l'art. 36 bis) che non genera decadenza dell'amministrazione fi
nanziaria dall'iscrizione a ruolo del tributo e degli accessori.
Il ricorso è fondato nei termini appresso precisati. In epoca successiva alla pubblicazione della sentenza impu
gnata e dopo che questa corte aveva affermato che il termine
previsto dal 1° comma del citato art. 36 bis è stabilito a pena di decadenza (Cass. 29 luglio 1997, n. 7088, Foro it., 1997,
I, 2812) è intervenuto il legislatore con l'art. 28 1. 27 dicembre
1997 n. 449, il cui tenore è il seguente: «Norma interpretativa. 1. Il 1° comma dell'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, nel testo da applicare sino alla data stabilita nell'art. 16 d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, deve essere interpretato nel senso che il
termine in esso indicato, avendo carattere ordinatorio, non è
stabilito a pena di decadenza».
Non sembra al collegio che possa essere messa in dubbio la
natura interpretativa della norma.
Questa corte ha avuto occasione di osservare che sussistono
i connotati essenziali della legge di interpretazione autentica, con la conseguente efficacia retroattiva della stessa, quando la
legge contenga una disposizione con la quale dichiari espressa mente il suo carattere interpretativo ed a questa espressa dichia
razione corrisponda la struttura tipica della disposizione inter
pretativa, integrandosi la fattispecie di quest'ultima con elementi
desunti dalla disposizione interpretata (Cass. 9 dicembre 1983, n. 7297, id., Rep. 1983, voce Legge, n. 38).
Nella specie, la natura interpretativa della norma, oltre ad
essere espressamente enunciata dalla rubrica dell'articolo, è de
sumibile dal contenuto della disposizione, privo di carattere au
tonomo e consistente esclusivamente nel richiamo dell'art. 36
bis e nella precisazione di come tale ultimo articolo deve essere
interpretato nella parte relativa al termine ivi previsto. Un'ulte
riore conferma del carattere interpretativo della norma deriva
dal collegamento temporale della medesima con la sentenza di
questa corte sopra citata, la quale aveva fornito una chiave di
lettura dell'art. 36 bis diversa da quella indicata dal legislatore. Né può ritenersi che la decadenza possa derivare, se non dal
la natura perentoria del termine, dalla circostanza che il termi
ne, pur ordinatorio, non sia stato prorogato prima della sca
denza, atteso che, a prescindere dal problema dell'individuazio
ne del soggetto che avrebbe potuto provvedere alla proroga del
termine con riferimento al singolo caso, con la suddetta norma
interpretativa il legislatore ha voluto chiarire che la mancata
osservanza del termine non produce comunque l'effetto della
decadenza.
Dalla natura interpretativa della norma discende la sua natu
rale retroattività e, quindi, l'applicabilità di essa alla controver
sia in esame.
Le ragioni di illegittimità costituzionale prospettate dalla con
tribuente nella memoria appaiono manifestamente infondate sia
in relazione all'art. 3 che all'art. 136 Cost.
Non si pone nella specie un problema di ragionevolezza di
una regolamentazione retroattiva né di prevedibilità di tale re
golamentazione per il contribuente poiché la retroattività non
è stata disposta dal legislatore, ma è diretta conseguenza della
natura interpretativa della norma, volta a chiarire l'esatto con
tenuto di una regola già esistente.
Né è profilabile, in capo al contribuente, un'intangibile aspet tativa al riconoscimento della decadenza dell'amministrazione
dal potere di iscrizione al ruolo dell'imposta, dovendosi invece
verificare dal giudice se la decadenza sia o meno intervenuta
in base alla normativa vigente. Nemmeno si può parlare di rap
porto esaurito in base ad una decadenza, prima di accertare
se vi sia stata decadenza.
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata deve
essere cassata con rinvio ad altra sezione della medesima com
missione tributaria regionale, che la riesaminerà tenendo conto
che il termine di cui al 1° comma dell'art. 36 d.p.r. n. 600
del 1973 non è stabilito a pena di decadenza.
li Foro Italiano — 1998.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 otto
bre 1998, n. 9919; Pres. Duva, Est. Manzo, P.M. Cafiero
(conci, conf.); Fontana e altra (Aw. Tessanolo, Fioravanti) c. Tobanelli e altro (Aw. Bertucci, Ivancich), Soc. Ras (Aw.
Spadafora). Conferma App. Venezia 4 novembre 1996.
Impugnazioni civili in genere — Litisconsorzio necessario — As
sicurazione obbligatoria r.c.a. — Impugnazione proposta da
una sola delle parti soccombenti — Passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti degli altri litis
consorti — Esclusione — Condizioni — Fattispecie (Cod. proc.
civ., art. 324; 1. 24 dicembre 1969 n. 990, assicurazione obbli
gatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione
dei veicoli a motore e dei natanti, art. 23).
Pronunciata condanna del responsabile civile e dell'assicuratore
nei cui confronti sia stata esperita l'azione diretta ex art. 18
l. 990/69, l'appello proposto, anche da una sola delle parti che abbia partecipato a quel giudizio, nei confronti di un ca
po della sentenza con gli altri collegato, impedisce il passag
gio in giudicato della sentenza impugnata nei confronti di tutti
i litisconsorti (nella specie, proposto appello dai responsabili civili che contestavano la sussistenza della loro responsabilità e ritenuto fondato tale motivo di censura, i giudici d'appello avevano conseguentemente escluso la sussistenza dell'obbligo
posto a carico della compagnia assicuratrice, che non aveva
proposto alcuna autonoma impugnazione sul punto limitan
dosi a dedurre la non operatività della polizza assicurativa). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 feb
braio 1998, n. 1976; Pres. Duva, Est. Calabrese, P.M. Ce
niccola (conci, conf.); Bongiorni (Aw. Spadafora, Grana
ta) c. Soc. Reale mutua assicurazioni (Avv. Galluzzo, Bot
tinelli). Cassa App. Torino 9 febbraio 1996.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria r.c.a. — Azione diretta nei confronti dell'assicuratore — Litiscon
sorzio necessario — Responsabile civile — Conducente del
veicolo assicurato — Esclusione (Cod. civ., art. 2054; 1. 24
dicembre 1969 n. 990, art. 23).
Nel giudizio promosso dal danneggiato, nei confronti dell'assi
curatore della r.c.a., con l'azione diretta ai sensi dell'art. 18
l. 990/69, il responsabile civile che deve essere chiamato nel
medesimo giudizio si identifica solo con il proprietario del veicolo assicurato e non anche con il conducente dello
stesso. (2)
III
TRIBUNALE DI BARI; ordinanza 20 aprile 1998; Pres. Lofo
co, Est. Cafaro; Angelini (Avv. Nono Dachille) c. Carlucci
e Soc. La Fondiaria (Avv. Giancaspero, Carriero).
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria r.c.a. — Azione diretta nei confronti dell'assicuratore — Litiscon
sorzio necessario — Responsabile civile — Proprietario del
veicolo assicurato — Conducente del veicolo assicurato (Cod.
civ., art. 2054; 1. 24 dicembre 1969 n. 990, art. 23).
Nel giudizio promosso dal danneggiato, nei confronti dell'assi
curatore della r.c.a., con l'azione diretta ai sensi dell'art. 18
I. 990/69, il responsabile civile che deve essere chiamato nel
medesimo giudizio si identifica non solo con il proprietario del veicolo assicurato, ma anche con il conducente dello
stesso. (3)
(1-3) I. - Le decisioni riportate in epigrafe offrono la più eloquente dimostrazione del netto contrasto esistente, tra la giurisprudenza della corte di legittimità e quella dei giudici di merito, in ordine all'interpre tazione dell'espressione contenuta nell'art. 23 1. 990/69, che impone la chiamata in giudizio del «responsabile civile» ove venga proposta l'azione diretta ex art. 18 1. 990/69.
La sentenza 1976/98 riconferma il contenuto delle motivazioni poste
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — Con atti di citazione notificati
il 13 giugno 1980, Francesco Fontana ed Elisabetta Lorenzi espo nevano che nell'ottobre del 1979, il figlio Mauro Fontana e un
suo amico, Claudio Tobanelli, mentre procedevano a bordo di
un'autovettura, fuoriuscivano dalla sede stradale e cozzavano
contro un albero fiancheggiante il piano viabile. Il figlio Mauro
decedeva sul colpo. Il procedimento penale si concludeva con
una declaratoria del giudice istruttore di non doversi procedere,
a base del consolidato orientamento della Cassazione che individua, nel
responsabile civile ex art. 23, esclusivamente il proprietario del veicolo che abbia cagionato i danni alla vittima della strada. In particolare, la decisione ha ribadito come il litisconsorzio imposto dalla norma della
legge sull'assicurazione obbligatoria tragga la sua ragion d'essere dalla
particolare natura dell'azione diretta consentita al danneggiato da fatti della circolazione stradale nei confronti dell'assicuratore; e quasi a con trobilanciare la facoltà (eccezionale) attribuita al terzo di evocare in
giudizio direttamente il soggetto assicuratore del danneggiarne, la legge ha inteso evidentemente tutelare (non già ancora il danneggiato, ma) l'assicuratore, utilizzando lo strumento del litisconsorzio necessario per estendere l'accertamento della responsabilità del fatto illecito nei con fronti del responsabile assicurato (sicché si è affermato che tale litiscon sorzio viene meno nell'ambito del differente processo avente ad oggetto l'opposizione a precetto proposta da uno solo dei debitori tenuti in solido al risarcimento del danno, in quanto il litisconsorzio voluto dalla norma è imposto solo per il giudizio di accertamento della responsabili tà: v. Cass. 25 ottobre 1993, n. 10591, Foro it., Rep. 1993, voce Inter vento in causa e litisconsorzio, n. 8), in modo da agevolare le eventuali azioni di rivalsa spettanti all'assicuratore — azioni che, invece, non
spetterebbero nei confronti del conducente (ma così sembra dimenticar si il disposto dell'art. 1, ultimo comma, 1. 990/69 — per un'ipotesi di riconoscimento di siffatta azione, v. Trib. Palermo 10 giugno 1993, id., 1994, I, 1970, con nota di Di Paola — su cui si ritornerà nel
paragrafo sub III). Del resto, conclude la corte, «un'eventuale estensio ne del contraddittorio a fini di rivalsa, nonché allo scopo di evitare la proliferazione di giudizi e la difformità di giudicati» non è impedita dalle facoltà concesse alle parti convenute nel processo per il risarci mento da sinistri stradali per la chiamata in causa di altri soggetti tenuti al risarcimento in via solidale.
Il ricordato orientamento della Suprema corte è stato recentemente ribadito da Cass. 6 novembre 1996, n. 9647, id., Rep. 1997, voce Assi curazione (contratto), n. 195 (per esteso, Danno e resp., 1997, 327, con nota di Verri); in precedenza, si erano espresse nel medesimo sen
so, Cass. 17 aprile 1996, n. 3629, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n.
143; 20 marzo 1995, n. 3215, id., Rep. 1995, voce cit., n. 222; 5 dicem bre 1994, n. 10436, id., Rep. 1994, voce cit., n. 160; 2 febbraio 1994, n. 1044, ibid., n. 161 (azione nei confronti dell'impresa designata ex art. 19, lett. c, 1. 990/69); 25 febbraio 1992, n. 2332, id., Rep. 1992, voce cit., n. 211 (azione relativa a sinistro causato da veicolo con targa prova e litisconsorzio nei confronti del titolare della targa prova); 11 marzo 1991, n. 2553, id., Rep. 1991, voce cit., n. 202; 10 marzo 1990, n. 1980, id., Rep. 1990, voce cit., n. 183; 9 novembre 1989, n. 4722, id., Rep. 1989, voce cit., n. 171; 6 giugno 1987, n. 4956, id., Rep. 1988, voce cit., n. 255; 7 aprile 1987, n. 3367, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 233; 14 gennaio 1987, n. 198, ibid., n. 234; 29 maggio 1986, n. 3648, id., Rep. 1986, voce cit., n. 149; 28 maggio 1985, n. 3222, id., Rep. 1985, voce cit., n. 229; 28 maggio 1985, n. 3221, ibid., n. 230 (necessità dell'integrazione nei confronti di tutti i comproprietari del veicolo assicurato); 30 agosto 1984, n. 4734, ibid., n. 232; sez. un. 11 luglio 1984, n. 4055 (citata dalla decisione in rassegna), id., 1984, I, 2466, con nota di richiami, cui si rinvia per la ricostruzione degli orientamenti composti con la decisione delle sezioni unite; per la giuris prudenza di merito, v. Trib. Lucca 18 aprile 1991, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 213; Pret. Bari 30 novembre 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 185. L'unico precedente contrario della giurisprudenza di legittimità (ri
cordato dalla decisione in epigrafe), rimasto del tutto isolato, è costitui to da Cass. 10 giugno 1992, n. 7130, id., Rep. 1992, voce cit., n. 210
(la decisione è annotata favorevolmente da Caprio, Art. 23 I. 24 dicem bre 1969 n. 990: un'inversione di tendenza, in Giur. it., 1993, I, 1, 1991; v. anche il breve commento di Grisenti Bruna, Ancora sull'indi
viduazione del «responsabile del danno» quale litisconsorte necessario dell'assicuratore obbligatorio r.c. auto, in Resp. civ., 1993, 98).
La decisione del collegio pugliese, invece, ripropone una lettura più aderente sia al tenore letterale della norma di cui all'art. 23 cit., sia al complessivo impianto del sistema della responsabilità civile ex art. 2054 c.c., sottolineando altresì i limiti cui va incontro la giustificazione — propria appunto della giurisprudenza di legittimità — del litisconsor zio del solo proprietario del veicolo in ragione del successivo esercizio da parte dell'assicuratore dell'azione di rivalsa.
Nel senso che litisconsorte necessario sia altresì il conducente del vei colo danneggiarne, v. Trib. Vasto 8 febbraio 1996, Foro it., Rep. 1996,
li Foro Italiano — 1998.
sull'erroneo presupposto che, al momento del fatto, alla guida del veicolo fosse il Fontana, mentre era da ritenere che il con
ducente fosse il Tobanelli.
Ciò premesso gli attori convenivano in giudizio dinanzi al
Tribunale di Verona Claudio Tobanelli e il di lui padre Pier giorgio Tobanelli, quale proprietario del veicolo, per sentirli con
dannare al risarcimento dei danni, indicati in via approssimati va in lire 80.000.000. «
I Tobanelli si costituivano in giudizio e, preliminarmente, chie devano l'autorizzazione alla chiamata in causa in garanzia della
voce cit., n. 145; App. Torino 15 giugno 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 223; Pret. Catania 7 ottobre 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 162; 2 maggio 1994, id., Rep. 1994, voce Confessione civile, n. 1; 28 ottobre 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 4; Trib. Genova 6 giugno 1988, id., Rep. 1989, voce Assicurazione (contratto), n. 119; 19 gennaio 1989, ibid., n. 174 (fattispecie di trasporto di cortesia); Trib. Roma 14 dicembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 154 (nell'ipotesi di terzi non trasportati, o trasportati contro la loro volontà, ove la circolazione sia avvenuta invito domino e spetti all'assicuratore il diritto di rivalsa contro il conducente); 12 novembre 1984, id., 1985, I, 272 (ancora tra
sporto di cortesia). Non sono mancate, peraltro, pronunce che si sono poste in una posi
zione, per così dire, intermedia, ritenendo che il responsabile civile indi cato dall'art. 23 cit. può identificarsi (a scelta del danneggiato!) sia nel proprietario che nel conducente, purché uno di essi partecipi al giu dizio: cfr. Trib. Casale Monferrato 9 febbraio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 224; Trib. Ancona 21 maggio 1990, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 214. II. - Le conseguenze processuali dell'impostazione seguita dalle deci
sioni dei giudici di legittimità sono testimoniate (in relazione alla speci fica questione della formazione del giudicato nell'ambito di cause in
scindibili, su cui v. Cass. 28 settembre 1989, n. 3939, id., 1990, I, 541, con nota critica di Orsenigo) da Cass. 9919/98, che conferma l'esisten za anche in tale ambito di un orientamento del tutto consolidato: v. Cass. 28 aprile 1997, n. 3624, id., Rep. 1997, voce cit., n. 191, a cui dire il litisconsorzio necessario instaurato nel giudizio di primo grado impone, ex art. 331 c.p.c., che nel giudizio di appello promosso nei confronti di una sola delle parti originariamente convenute in giudizio si debba provvedere all'integrazione del contraddittorio rispetto alla parte non appellata (nello stesso senso, v., altresì, Cass. 4 dicembre 1996, n. 10833, ibid., n. 193; 19 luglio 1996, n. 6514, ibid., n. 192; 11 agosto 1988, n. 4925, id., Rep. 1989, voce cit., n. 131, relativa all'appello proposto dall'impresa cessionaria nei confronti del solo danneggiato vit
torioso, per il quale va disposta l'integrazione del contraddittorio, nei
riguardi del responsabile e del commissario liquidatore); ma evidente mente tale necessità non sorge nei confronti del conducente del veicolo assicurato che non abbia ritenuto di proporre l'impugnazione (così Cass. 6 novembre 1996, n. 9647, id., Rep. 1997, voce cit., n. 195); giunge sino alle estreme conseguenze Cass. 26 aprile 1995, n. 4622, id., Rep. 1996, voce cit., n. 142, secondo la quale «il giudice di appello, chiama to a pronunciarsi sulla nullità della sentenza impugnata conseguente alla nullità (insanabile) della citazione nel giudizio di primo grado del
proprietario del veicolo, proposta dopo il suo decesso, nel dichiarare detta nullità deve, in conseguenza della non integrità del contradditto rio — non rientrando la nullità, di per sé stessa, tra le ipotesi tassativa mente elencate nell'art. 354 c.p.c. — rimettere al primo giudice la causa
promossa nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo e trattenere, invece, e decidere nel merito quella promossa nei confronti del conducente, atteso che, ai sensi dell'art. 23 1. 24 dicembre 1969 n. 990, soltanto il proprietario del veicolo è parte necessaria nel proces so promosso dal danneggiato contro l'assicuratore con azione diretta e che non è ipotizzabile, con riferimento al giudizio di appello, un liti sconsorzio processuale dipendente dall'effettiva partecipazione anche del conducente del veicolo al giudizio di primo grado»; in argomento, v. anche Cass. 10 agosto 1990, n. 8123, id., Rep. 1991, voce cit., n. 200, e 2 marzo 1985, n. 1792, id., Rep. 1985, voce cit., n. 231, entrambe concordi nell'affermare che le cause proposte in unico giudizio nei con fronti del conducente e dell'assicuratore sono scindibili, «con la conse
guente reciproca irrilevanza dei rispettivi rapporti processuali sia con
riguardo ai vizi che li affettino, sia con riguardo alle relative sanatorie»
(in questi termini Cass. 8123/90) e «con l'ulteriore conseguenza che la notificazione della sentenza, effettuata dal danneggiato nei confronti del proprietario e dell'assicuratore, vale a far decorrere il termine breve
d'impugnazione nell'ambito del rapporto fra tali parti, ma non anche nel diverso rapporto fra il danneggiato stesso ed il conducente» (così Cass. 1792/85).
Da tali effetti, processualmente inevitabili in considerazione dell'im
peccabile applicazione delle regole che presidiano la disciplina delle ob
bligazioni solidali nell'ambito del processo, emergono ancor più le di sarmonie evidenziate dalla giurisprudenza di merito, non foss'altro che
per la frammentazione dei giudizi inerenti il medesimo fatto e la possi bilità di contrasti tra i singoli giudicati (su cui ci si soffermerà nel para grafo III).
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3515 PARTE PRIMA 3516
società assicuratrice; nel merito contestavano il fondamento della
domanda e ne chiedevano il rigetto; in via riconvenzionale chie
devano la condanna per danni da essi subiti in conseguenza del
sinistro.
La Ras s.p.a. si costituiva in giudizio e deduceva l'infonda
tezza della domanda di risarcimento. In via subordinata, per
l'ipotesi che venisse accertata la presenza alla guida di Claudio
Tobanelli, chiedeva di essere dichiarata tenuta nei limiti del mas
simale di polizza di lire 25.000.000. faelle conclusioni, la Ras s.p.a. eccepiva, altresì, la non operatività della garanzia presta ta ai Tobanelli a norma dell'art. 2 delle condizioni generali di
assicurazione, mentre gli attori svolgevano nei suoi confronti
azione diretta di risarcimento dei danni.
In corso di causa venivano espletati mezzi istruttori ed una
consulenza tecnica d'ufficio. All'esito il tribunale, con sentenza
13 ottobre 1990, ritenuto che alla guida della vettura al momen
Per quanto riguarda i riflessi di tale situazione processuale sulla disci
plina della competenza, v. Cass. 7 aprile 1995, n. 4058, id., Rep. 1996, voce Competenza civile, n. 139, ad avviso della quale l'eccezione di
incompetenza territoriale è rilevante solo quando la stessa venga solle vata dall'assicuratore e dal danneggiante, in ragione dell'inscindibilità delle relative cause (nello stesso senso, v. Cass. 29 marzo 1995, n. 3732, id., Rep. 1995, voce Assicurazione (contratto), n. 221; 17 gennaio 1992, n. 525, id., Rep. 1992, voce Competenza civile, n. 104; 25 novembre
1989, n. 5116, id., Rep. 1990, voce Assicurazione (contratto), n. 182; 9 febbraio 1988, n. 1416, id., Rep. 1988, voce Competenza civile, n.
97; 19 gennaio 1987, n. 430, id., Rep. 1987, voce cit., n. 118; 14 giugno 1986, n. 3959, id., Rep. 1986, voce cit., n. 97; 19 ottobre 1981, n.
5461, id., Rep. 1982, voce cit., n. 138). III. - Va ricordato che la prevalente dottrina ha da sempre criticato
l'orientamento della Suprema corte, sottolineando le incongruità delle
ragioni poste a base dell'individuazione del responsabile civile operata limitatamente alla persona del proprietario del veicolo che ha cagionato i danni e rimarcando le esigenze probatorie connesse alla partecipazione del conducente al giudizio promosso nei confronti dell'assicuratore (v., tra le voci più autorevoli, Castellano, Assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti, voce del Digesto comm., Torino, 1987, I, 366, spec. 376 s.).
Analizzando subito quest'ultimo profilo, si è sostenuto che è solo il conducente il soggetto in grado di fornire la prova contraria idonea a superare le presunzioni di responsabilità fissate dall'art. 2054 c.c., sicché al fine di evitare i contrasti (facilmente ipotizzabili) tra i giudicati emessi nel processo in cui sia parte il solo proprietario ed in quello in cui risulti convenuto il conducente, unico strumento risulta quello della partecipazione necessaria di tutti i soggetti responsabili ex art. 2054 c.c. nell'ipotesi di azione diretta (in questo senso, già prima della
pronuncia a sezioni unite della Cassazione, Ippolito, Azione diretta e litisconsorzio necessario nell'assicurazione obbligatoria (art. 18 e 23 l.
990/69) - Assicurazione di responsabilità o di danno?, in Assicurazioni, 1983, II, 2, 166). Tale rilievo appare più ancorato ad un approccio teorico (circa la proposizione della domanda ed i poteri istruttori delle
parti) che ad una valutazione pragmatica dello svolgimento delle con troversie: va da sé che il proprietario del veicolo, diverso dal conducen te, può fornire la prova — attraverso l'interrogatorio formale deferito
all'attore, la produzione di documenti quali il modulo di constatazione amichevole del sinistro, il rapporto di p.g. eventualmente redatto in occasione del fatto o, ancora, a mezzo di prove testimoniali — della sussistenza delle cause esimenti da responsabilità ai sensi dell'art. 2054, 1° e 2° comma, come quando deduca e dimostri la sussistenza di una condotta colposa altrui che sia risultata causa esclusiva del verificarsi del fatto illecito o che il conducente del proprio veicolo abbia «fatto tutto il possibile per evitare il danno». Ne discende che il rilievo su cennato risulta men che decisivo nel considerare come necessaria la par tecipazione del conducente al giudizio instaurato ai sensi dell'art. 18 1. 990/69, mentre le conseguenze pratiche cui si giunge, in ipotesi di autonomia dei giudizi, mettono in evidenza l'illogicità della soluzione
propugnata dalla giurisprudenza di legittimità. In primo luogo, va considerato che l'ipotesi in cui è prevista, a favo
re dell'assicuratore, la facoltà di rivalsa nei confronti del conducente
(ipotesi normativamente considerata dall'art. 1, ultimo comma, 1. 990/69, che le decisioni della Suprema corte sembrano puntualmente dimentica
re) impone evidentemente la necessaria partecipazione del conducente a tali giudizi, al fine di evitare sia il possibile contrasto tra giudicati, sia il dispendio processuale connesso all'instaurazione di un autonomo
giudizio per l'esercizio dell'azione di rivalsa da parte dell'assicuratore
(che potrebbe ravvisare la necessità di tale giudizio anche in un momen to successivo all'instaurazione della lite, essendo emersa solo a seguito dell'istruttoria la sussistenza delle condizioni per l'esercizio dell'azione di rivalsa: sulla necessità di coinvolgere nel giudizio anche il conducente in relazione al possibile esercizio dell'azione di rivalsa nei suoi confron
ti, v. Gerì, Un litisconsorzio necessario controverso e tormentato (art. 23 l. 24 dicembre 1969 n. 990), id., 1985, II, 2, 31; Sassani, Il respon
II Foro Italiano — 1998.
to dell'incidente fosse Claudio Tobanelli, lo condannava, in so
lido con Piergiorgio Tobanelli e la Ras s.p.a. (quest'ultima en
tro il massimale di polizza di lire 25.000.000), al pagamento in favore degli attori della somma di lire 140.000.000.
Rigettava la domanda riconvenzionale, nonché la chiamata
in garanzia proposta dai Tobanelli nei confronti della Ras s.p.a. Avverso tale sentenza, Claudio e Piergiorgio Tobanelli pro
ponevano appello, lamentando che i primi giudici si erano ba
sati unicamente sulla consulenza, senza considerare altri elementi
dai quali emergeva che alla guida della vettura si trovava il Fon
tana. Chiedevano dunque la riforma della sentenza del tribuna
le, l'accoglimento della domanda riconvenzionale e, in via su
bordinata, di essere garantiti dalla società assicuratrice.
Si costituivano gli appellati Fontana e Lorenzi, chiedendo il
rigetto dell'appello. Si costituiva anche la Ras s.p.a., la quale, deducendo di condividere le censure degli appellanti su chi fos
sabile del danno nel procedimento contro l'assicuratore della responsa bilità civile nella circolazione di veicoli, in Giust. civ., 1985, I, 828; Mazza, Alcune brevi considerazioni in merito alla sentenza delle sezio ni unite sull'art. 23 l. n. 990, in Dir. e pratica assic., 1984, 731). Inol
tre, possono ipotizzarsi condizioni in cui la mancata presenza del con ducente nel giudizio promosso con l'azione diretta diviene un ostacolo non solo al perseguimento dei principi di economia processuale, ma anche alla completa realizzazione degli obiettivi di tutela delle vittime
degli incidenti stradali; si pensi alla fattispecie (non certo lontana dalla
realtà) in cui, evocati in giudizio — in ossequio alla giurisprudenza del la Cassazione — l'assicuratore ed il proprietario del veicolo e consegui ta la condanna per somme superiori all'ammontare del massimale (per ché inadeguato all'epoca del fatto rispetto ai criteri di liquidazione or dinariamente seguiti dalle corti, come si è verificato spesse volte nei
primi anni del decennio 1980-1990, o a causa dell'eccessiva durata del
processo che abbia fatto lievitare, con il meccanismo della rivalutazione e degli interessi, l'originaria somma capitale) e sia tenuto al pagamento delle somme eccedenti il detto massimale il solo proprietario (perché nessun profilo di inadempimento risulti ascrivibile all'assicuratore), al
danneggiato che non possa soddisfarsi sul patrimonio incapiente del
proprietario non resta che agire con separato giudizio (in cui non potrà far valere l'accertamento conseguito nel primo giudizio, secondo il di
sposto degli art. 1306 e 2909 c.c.) nei confronti del conducente, con buona pace sia del principio di economia dei giudizi sia, soprattutto, del principio di effettività della tutela del danneggiato (l'osservazione si deve a Mazza, cit.). Va aggiunto che l'obiezione cui si andrebbe incontro nel sostenere tali tesi (ove l'assicuratore o il danneggiato ab biano interesse alla partecipazione al giudizio del conducente potranno provvedervi chiamandolo in causa ai sensi degli art. 106 e 269 c.p.c.) prova troppo, poiché la stessa obiezione potrebbe evidentemente essere sollevata se si dovesse ritenere che il soggetto responsabile ai sensi del l'art. 23 è solo il conducente e che in talune ipotesi è necessaria la
partecipazione del proprietario. Se ciò non bastasse, è stato rammentato (da Sassani, cit.) che vi
sono almeno altre due ipotesi, l'una prevista dalla legge e l'altra deri vante dalla stessa natura del contratto di assicurazione, in cui di certo non è il proprietario il soggetto che processualmente deve partecipare al giudizio (o, quantomeno, non è il solo soggetto litisconsorte necessa
rio): la prima è costituita dalla domanda fondata sul disposto dell'art.
19, lett. b), 1. 990/69, per essere stato il danno provocato da un veicolo non coperto dall'assicurazione obbligatoria; in tale fattispecie l'impresa designata ex art. 20 1. 990/69 che abbia risarcito il danno ha «azione di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro [che devono parte cipare al giudizio ex art. 23, seconda parte] per il recupero dell'inden nizzo pagato nonché_ dei relativi interessi e spese», evidentemente indi viduati sia nel proprietario che nel conducente del veicolo; la seconda si realizza quante volte l'assicurazione obbligatoria non venga contratta dal proprietario ma da altro soggetto che può frequentemente indivi duarsi proprio nel conducente del veicolo (sui criteri per individuare il «responsabile civile» alla luce dell'obbligo di provvedere alla copertu ra assicurativa, cfr. B. e F. Pagliara, L'art. 23 l. 990/69, dopo ven
t'anni, in Dir. e pratica assic., 1990, 219; per l'interpretazione secondo cui il responsabile civile è il soggetto in concreto assicurato, v. Viale, Azione diretta contro l'assicuratore e «responsabile del danno», in Giur. it., 1985, I, 1, 139; Id., Responsabilità civile autoveicoli, in Nuova giur. civ., 1985, I, 17).
Il corretto approccio alla questione discende dall'applicazione dei prin cipi processuali che regolano il litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., inteso come strumento diretto ad evitare la pronuncia di decisioni che si rivelino inutiliter datae, dovendosi ritenere che il legislatore ha voluto consentire la proposizione della domanda nei confronti dell'assicurato re (che risulterà utilmente esperita potendo essere accolta la richiesta di condanna) con il contestuale accertamento della responsabilità in con traddittorio con gli effettivi responsabili (così ancora Sassani, cit.). [S. Di Paola]
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
se alla guida della vettura al momento dell'impatto, concludeva
chiedendo di confermare la declaratoria di non operatività della
polizza. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 4 novembre
1996, accoglieva per quanto di ragione l'appello e rigettava sia
la domanda principale svolta da Francesco Fontana e da Elisa
betta Lorenzi, che quella incidentale proposta dai Tobanelli. La
corte territoriale riteneva di non poter accogliere né la domanda
svolta dai consorti Fontana né quella riconvenzionale svolta dai
Tobanelli, in quanto entrambe sfornite di sicure e tranquillanti
prove. Per quanto concerneva la Ras s.p.a., riteneva inutile af
frontare la questione relativa all'operatività della copertura as
sicurativa, essendo venuta meno l'obbligazione principale. Avverso tale sentenza, Francesco Fontana ed Elisabetta Lo
renzi propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Piergiorgio Tobanelli e Claudio Tobanelli nonché la Riunione adriatica di sicurtà s.p.a. resistono con controricorso. La Riu
nione adriatica di sicurtà s.p.a. ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo i ricorrenti
prospettano la violazione degli art. 112, 324, 336 c.p.c. e 2909
c.c., nonché l'omessa motivazione su di un punto decisivo della
controversia, lamentando la mancata declaratoria da parte della
corte d'appello del passaggio in giudicato della sentenza di pri mo grado nella parte in cui condannava la Ras s.p.a. al risarci
mento dei danni nei loro confronti. Più precisamente, deduco
no che il capo della sentenza di primo grado contenente la con
danna della Ras s.p.a. a risarcire, nei limiti del massimale di
polizza, il danno da essi ricorrenti subito era passato in giudica to per non avere costituito oggetto di impugnazione in appello. La Ras s.p.a., infatti, aveva concluso nel giudizio d'appello chie
dendo unicamente «la conferma della non operatività della ga ranzia» assicurativa nei confronti dell'assicurato, limitandosi a
dedurre nella sola parte espositiva della comparsa di «condivi
dere le doglianze mosse dagli appellanti in ordine all'individua
zione di chi fosse alla guida dell'autovettura in questione effet
tuata dal giudice di primo grado». La corte territoriale, dun
que, non dichiarando l'esistenza del giudicato nei rapporti tra
i coniugi Fontana e la Ras s.p.a. e, anzi, riformando sul punto la sentenza di primo grado per un verso aveva violato il princi
pio dell'incontrovertibilità della cosa giudicata, per altro verso
era incorsa nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. Sussiste
va altresì il vizio di motivazione, atteso che nella sentenza erano
state del tutto obliterate le considerazioni svolte in proposito
dagli appellati nella comparsa conclusionale.
Il motivo è infondato.
I ricorrenti pervengono alle conclusioni indicate muovendo
dal rilievo che i rapporti tra assicurato ed ente assicuratore so
no inquadrabili nello schema dell'obbligazione solidale e che
la mancata impugnazione da parte di un coobbligato solidale
della sentenza pronunziata nei confronti di tutti comporta il
passaggio in giudicato della sentenza stessa nei suoi confronti.
Tale ricostruzione omette peraltro di considerare che, per co
stante giurisprudenza, l'art. 23 1. 24 dicembre 1969 n. 990 sul
l'assicurazione obbligatoria della r.c.a., disponendo che nel giu dizio instaurato con l'azione diretta contro l'assicuratore de v'essere chiamato il responsabile del danno, configura, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di
obbligazioni solidali, un litisconsorzio necessario con inscindi
bilità di cause (fra le più recenti: Cass. 4 dicembre 1996, n.
10833, Foro it., Rep. 1997, voce Assicurazione (contratto), n.
193; 6 novembre 1996, n. 9647, id., Rep. 1996, voce cit., n.
139; 19 luglio 1996, n. 6514, id., Rep. 1997, voce cit., n. 192; 20 marzo 1995, n. 3215, id., Rep. 1995, voce cit., n. 222). Nel
caso di specie si è determinata una situazione di litisconsorzio
necessario, in quanto, proposta originariamente domanda nei
confronti del responsabile, questi chiamava in garanzia l'assicu
razione e il danneggiato esperiva nei confronti di questa l'azio
ne diretta a norma dell'art. 18 1. n. 990 del 1969.
Conseguenza della situazione di litisconsorzio è che le do
mande sono «connesse in rapporto di reciproca dipendenza» e che l'accertamento dell'obbligo di risarcimento dell'assicurato
determina la sussistenza dell'obbligo di prestazione dell'assicu
ratore. Con riferimento al giudizio d'appello il litisconsorzio
e l'inscindibilità delle cause comportano che l'impugnazione della
sentenza per un capo con gli altri collegato «da qualunque par te in confronto di qualunque parte proposta, impedisce il pas
saggio in giudicato dell'intera sentenza nei confronti di tutte
Il Foro Italiano — 1998.
le parti» (Cass., sez. un., 20 luglio 1983, n. 5220, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 156; v., inoltre, Cass. 21 gen naio 1992, n. 686, id., Rep. 1992, voce cit., n. 11; 28 settembre 1989, n. 3939, id., 1990, I, 541; 14 gennaio 1987, n. 198, id., Rep. 1987, voce Assicurazione (contratto), n. 234; 20 agosto 1984, n. 4661, id., Rep. 1984, voce Danni civili, n. 101).
Quanto al dedotto vizio di motivazione sul punto, sembra
sufficiente osservare che la violazione o falsa applicazione di
norme di diritto (qual è quella prospettata) non può essere de
nunziata in Cassazione come vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, perché tale vizio è riferito dall'art.
360, n. 5, c.p.c. alla ricostruzione concreta della fattispecie (Cass. 10 gennaio 1995, n. 228, id., Rep. 1995, voce Cassazione civile, n. 83). (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 2 dicembre 1983 Bongiorni Angelo, premesso: che il giorno 3 agosto 1981, mentre percorreva alla guida di un motorino la S.S. n. 33 in Stresa, era stato investito dall'autotreno Fiat
tg. VA/291319, di proprietà di Pelfini Aleandro, condotto dal dipendente Arena Domenico ed assicurato con polizza r.c.a. emessa dalla s.p.a. Reale mutua assicurazioni; che, in particola re, l'autotrenista, nell'effettuare il sorpasso del motorino e non
rispettando la distanza di sicurezza, aveva colpito il motorino
stesso con lo spigolo del rimorchio, arrotando con le ruote po steriori esso esponente; che nelPoccorso egli aveva riportato le
sioni; ciò premesso, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Verbania la s.p.a. Reale mutua assicurazioni ex art. 18 1.
990/69 e Pelfini Aleandro per ivi sentirli condannare, in via solidale tra loro, al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio la sola società assicuratrice, la quale contrastava la domanda unicamente in relazione alla misura del danno prospettato.
Espletata l'istruttoria del caso, il tribunale con sentenza 16
giugno 1993 accoglieva la domanda e condannava i convenuti, detratto l'acconto versato, al pagamento della somma di lire
70.789.024, oltre agli interessi legali dal 3 agosto 1983 al saldo, nonché alla rifusione delle spese giudiziali.
La pronuncia veniva gravata dalla Reale mutua assicurazioni
e dal Pelfini, che muovevano censure ai criteri di liquidazione del danno.
Resisteva al gravame il Bongiorni. La Corte d'appello di Torino con sentenza 9 febbraio 1996
dichiarava la nullità della sentenza impugnata per omessa inte
grazione del contraddittorio nei confronti di Arena Domenico
e, per l'effetto, rimetteva le parti dinanzi allo stesso Tribunale
di Verbania con termine, per la riassunzione, di mesi sei dal
giorno della pubblicazione della pronuncia, e disponeva l'inte
grale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Rilevava la corte territoriale, d'ufficio, che nel giudizio non
doveva essere convenuto il solo proprietario dell'autocarro, Pel
fini Aleandro, ma anche il conducente dell'autocarro stesso, cioè
Arena Domenico, dovendo questi ritenersi litisconsorte necessa
rio, all'uopo richiamando Cass. 7130/92, Foro it., Rep. 1992, voce Assicurazione (contratto), n. 210.
Avverso tale sentenza Bongiorni Angelo ha proposto ricorso
per cassazione, affidato ad un unico mezzo di censura.
La società Reale mutua assicurazioni ha resistito con contro
ricorso.
L'altro intimato Pelfini Aleandro non ha svolto attività di
fensiva.
Il ricorrente ha presentato anche memoria.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di censura il
ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la
violazione e falsa applicazione degli art. 102 e 354 c.p.c. e degli art. 18 e 23 1. 990/69 nonché vizi di motivazione, relativamente
alla ritenuta necessaria partecipazione al giudizio (anche) del
conducente del veicolo.
Il motivo va accolto.
La corte territoriale ha invero ritenuto che in tema di assicu
razione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (e dei natanti) il responsabile del danno che — a norma dell'art. 23 1. n. 990 del 1969 —
deve essere chiamato nel giudizio promosso con azione diretta
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3519 PARTE PRIMA 3520
dal danneggiato non è solo il proprietario del veicolo (o del
natante) assicurato ma anche il conducente, attribuendo così
anche al conducente, alla stregua di un'interpretazione estensi
va della norma, la qualità di litisconsorte necessario.
Tale estensione del litisconsorzio necessario non è però condi
visibile. In ordine al problema giuridico afferente l'interpretazione del
l'espressione «responsabile del danno» di cui all'art. 23 (al fine
di stabilire se nell'ipotesi di esercizio dell'azione diretta verso
l'assicuratore ai sensi dell'art. 18 stessa legge debba essere con
venuto il solo proprietario assicurato o anche il conducente), che si ripropone con il ricorso in esame, a partire dalla sentenza
delle sezioni unite 4055/84, id., 1984, I, 2466, è stato infatti costantemente ritenuto (con la breve inversione di tendenza rap
presentata da Cass. 7130/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 210, cui la corte di merito torinese si è rifatta nella sua decisione) che l'indicata espressione va riferita al solo proprietario del vei
colo, unico litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal
danneggiato direttamente contro l'assicuratore (da ultimo, v.
Cass. 3629/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 143). In altri termini, allorquando si agisce ai sensi del combinato
disposto degli art. 18 e 23 cit. viene a configurarsi l'ipotesi di
litisconsorzio necessario tra il responsabile civile (proprietario del veicolo assicurato) e l'assicuratore che copre ex lege la re
sponsabilità civile del proprietario del veicolo danneggiarne; ogni altro soggetto, anche se materialmente responsabile del danno
(quale può essere il conducente), risulta estraneo alla relazione
necessaria imposta dall'azione diretta e si pone soltanto come
soggetto passivo della responsabilità per danni, intesa come si
tuazione passiva di solidarietà con gli altri obbligati (v. Cass.
4055/84, cit.). Nel ravvisarsi il «responsabile del danno» esclusivamente nel
proprietario, si è d'altro canto chiarito che nella singolarità del
l'espressione non può essere ricompreso altro soggetto, come
il conducente, che non è parte del contratto di assicurazione,
ancjie se può essere responsabile del danno, in quanto autore
del fatto e per gli effetti conseguenti alla sua condotta ed al
principio di solidarietà. Tale soluzione viene del resto ritenuta conforme alla ratio
del sistema, che va individuata nell'esigenza di rafforzare la po sizione processuale dell'assicuratore (al fine dell'opponibilità al
l'assicurato dell'accertamento della responsabilità), mentre, in
vece, analoga esigenza non sussiste per il conducente, non aven
do l'assicuratore azioni di rivalsa da far valere nei suoi confronti.
D'altronde, stante la relazione necessaria assicuratore-assicurato
imposta dall'azione diretta dalla quale non si è tenuti perciò a discostarsi, sembra potersi rilevare che un'eventuale estensio
ne del contraddittorio a fini di rivalsa, nonché allo scopo di
evitare la proliferazione di giudizi e la difformità di giudicati, non sia nello stesso processo risarcitorio preclusa ai medesimi
convenuti.
In assenza dunque di nuovi decisivi argomenti contrari all'in
dirizzo prevalente, esso va qui confermato, sicché, non essendo
si la Corte d'appello di Torino attenuta all'indirizzo stesso, per il quale litisconsorte necessario non è anche il conducente del
veicolo, in accoglimento del ricorso proposto da Bongiorni An
gelo l'impugnata sentenza va annullata e la causa rinviata per l'ulteriore giudizio ad altra sezione della suddetta corte d'appello.
Ili
Ritenuto necessario integrare il contraddittorio ai sensi del
l'art. 23 1. 24 dicembre 1969 n. 990, nei confronti degli eredi di Carlucci Luigi, conducente dell'autovettura tipo Ford Fiesta,
targata BA/931408, di proprietà del convenuto Carlucci Pietro; considerato che il legislatore, con la suddetta norma, dispo
nendo che nel giudizio promosso nei confronti dell'assicuratore
debba essere chiamato anche «il responsabile del danno», col
privilegiare tale locuzione rispetto all'espressione «assicurato», ha inteso riferirsi specificamente a colui che, preposto alla gui da di un autoveicolo ed avendo l'effettiva disponibilità dei con
gegni meccanici atti a determinarne il movimento, possa essere
qualificato giuridicamente, in caso di sinistro, come responsabi le diretto della sua verificazione;
rilevato che tale interpretazione non soltanto appare compati bile, ma, anzi, risulta avvalorata dal sistema normativo delinca
li. Foro Italiano — 1998.
to dalle disposizioni contenute nel titolo IX del libro IV del
codice civile, ed in particolare dagli art. 2043 e 2054 laddove
la responsabilità per i fatti illeciti viene rispettivamente ed espres samente riferita a «colui che ha commesso il fatto» ed al «con
ducente» del veicolo; ritenuto di non poter aderire alla differente e pur prevalente
ricostruzione ermeneutica, sorretta dalla previsione, contenuta
nel 2° comma dell'art. 18 1. 990/69, del diritto di rivalsa rico
nosciuto all'assicuratore verso l'assicurato, in considerazione del
l'uso consapevole, da parte del legislatore, del vocabolo «assi
curato» in luogo della locuzione «responsabile del danno» (que st'ultima presente, invece, nel testo dell'art. 23, e di per sé stessa
indicativa non già di una posizione contrattuale assunta per ef
fetto del negozio assicurativo, bensì, piuttosto, della valutazio
ne di una condotta illecita estranea al fenomeno contrattuale
e lesiva dell'altrui sfera giuridica); considerato che il litisconsorzio necessario, imposto dal citato
art. 23 1. 990/69, non possa intendersi riferito in modo esclusi
vo ai non frequenti casi nei quali l'assicuratore potrebbe eserci
tare il diritto di rivalsa verso l'assicurato, e rilevato, altresì (a conferma dell'interpretazione qui sostenuta), che anche nei con
fronti del conducente del veicolo l'assicuratore può esercitare
tale rivalsa, secondo il disposto dell'art. 1, 3° comma, 1. 990/69.
Per questi motivi, letto ed applicato l'art. 102 c.p.c., ordina
l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Car
lucci Luigi, nel termine perentorio del 30 luglio 1998, fissando
l'udienza del 10 novembre 1998, per il prosieguo, dinanzi al g.i.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 7 otto
bre 1998, n. 9911; Pres. Iannotta, Est. Segreto, P.M. Fe
deli (conci, diff.); Di Campii (Avv. De Camelis, Adinolfi) c. Flauto e Usi 64 Lombardia; Ausi 29 Lombardia (Aw. Boi
tani, Bassani) c. Di Campii. Cassa App. Milano 10 maggio 1996.
Professioni intellettuali — Ente ospedaliero e medico dipenden te — Responsabilità — Natura (Cod. civ., art. 1218, 2236).
Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile — Corrispon denza tra il chiesto e il pronunciato — Violazione — Fatti
specie (Cod. civ., art. 1218, 2043, 2947; cod. proc. civ., art.
112).
La responsabilità dell'ente ospedaliero e del medico dipendente
per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione sanitaria ha natura contrattuale di tipo professionale. (1)
Viola il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronuncia to la sentenza che, qualificata la domanda, non sulla base dei fatti addotti e delle richieste effettuate, ma della sola indi
cazione delle norme relative alla prescrizione del diritto azio
nato, abbia giudicato su una domanda con causa petendi di
versa da quella proposta (nella specie, era stata chiesta la con
danna dell'ente ospedaliero e del medico dipendente al
risarcimento dei danni conseguenti all'erronea esecuzione del
la prestazione sanitaria, ma la pronuncia di merito, ritenuto che l'attore avesse esercitato esclusivamente l'azione di respon sabilità extracontrattuale, aveva dichiarato il diritto prescritto per il decorso della prescrizione quinquennale). (2)
(1-6) Qualora l'erronea esecuzione di un intervento medico determini
l'insorgenza, ovvero l'aggravamento, di uno stato patologico in pazien te ricoverato presso una struttura sanitaria pubblica, è fuor di dubbio che il danneggiato possa agire per il ristoro del pregiudizio riportato, tanto nei confronti dell'ente gestore del servizio, quanto nei confronti del personale che ha effettuato l'intervento (l'ente ospedaliero è obbli
gato a risarcire il danno anche quando non siano individuate le persone
This content downloaded from 195.78.109.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:37:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions