sezione III civile; sentenza 8 marzo 1995, n. 2722; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est. M.Finocchiaro, P.M. Carnevali (concl. conf.); Puglisi (Avv. Grasso) c. Sanzà (Avv. Magnano,Raudino) e Falcone. Conferma App. Catania 29 giugno 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 209/210-213/214Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190600 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 8 marzo
1995, n. 2722; Pres. Scioiaa Lagrange Pusterla, Est. M.
Finocchiaro, P.M. Carnevali (conci, conf.); Puglisi (Avv.
Grasso) c. Sanzà (Aw. Magnano, Raudino) e Falcone. Con
ferma App. Catania 29 giugno 1992.
Opposizione di terzo — Legittimazione — Fattispecie (Cod. proc.
civ., art. 105 , 334, 344, 404). Impugnazioni civili in genere — Interesse ad impugnare — Cri
terio della soccombenza — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.
100). Cassazione civile — Motivi del ricorso — Contestazione del me
rito della valutazione delle prove — Inammissibilità (Cod. proc.
civ., art. 360).
L'opposizione di terzo ordinaria avverso la sentenza resa inter
alios compete a colui che, essendo estraneo al giudizio con
cluso in via definitiva con la sentenza opposta, dall'accerta
mento in essa contenuto o dalla sua esecuzione possa risentire
pregiudizio ad un suo autonomo diritto o ad una sua autono
ma posizione giuridica o di mero fatto (nella specie, un colti
vatore diretto di fondo confinante con altro fondo che inten
de riscattare, è stato riconosciuto legittimato a proporre op
posizione di terzo ordinaria contro una precedente sentenza,
rispetto alla quale rimase terzo, e che aveva accolto la do manda di riscatto del medesimo fondo, proposta da altro col
tivatore). (1) L'interesse ad impugnare va desunto dall'utilità giuridica che,
dall'eventuale accoglimento del gravame, possa derivare alla
parte soccombente; esso si ricollega, pertanto, ad una soc
combenza totale o parziale nel precedente grado di giudizio (nella specie, è stato riconosciuto soccombente e, come tale,
legittimato ad impugnare, soltanto il soggetto che dalla pro nuncia giudiziale si è visto negare la proprietà del bene con
troverso a tutto favore di un terzo opponente, e non anche
i suoi danti causa). (2) È inammissibile la deduzione con cui si denunzia in Cassazione
la valutazione delle prove da parte del giudice a quo, anziché
la sussistenza di incongruenze logiche od errori di diritto. (3)
Svolgimento del processo. — Con atto 19 maggio 1980 Sanzà
Sebastiano conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Sira
cusa, Puglisi Raimondo e Noce Tommasa, coniugi. Premesso di essere proprietario, coltivatore diretto, di un fondo
confinante con quello acquistato dai convenuti il 18 maggio 1979, l'attore chiedeva di riscattare tale fondo, a norma degli art.
8 1. n. 590 del 1965 e 7 1. n. 817 del 1971. Costituitisi in giudizio, il Puglisi e la Noce resistevano alla
domanda attrice, eccependo che il Sanzà non aveva i requisiti
prescritti dalla legge, per l'esercizio del diritto di riscatto. Suc
cessivamente, nelle more dell'istruttoria, i convenuti facevano
presente che con sentenza 24 ottobre 1981, passata in cosa giu
dicata, lo stesso Tribunale di Siracusa aveva accolto — relativa
mente allo stesso fondo — la domanda di riscatto proposta con
tro essi concludenti da certo Falcone Giovanni.
(1) La decisione, richiedendo che il terzo che agisce in opposizione di terzo ordinaria faccia valere in giudizio un diritto autonomo ed in
compatibile con quello riconosciuto nella pronuncia che si oppone, si
colloca in linea con la giurisprudenza costante: in tal senso, cfr., da
ultimo, Cass. 22 gennaio 1990, n. 336, Foro it., Rep. 1990, voce Oppo sizione di terzo, n. 4; 7 aprile 1989, n. 2747, id., 1988, I, 3326. Confor me anche la dottrina (che tuttavia si divide tra coloro che ritengono necessaria una incompatibilità pratica tra il diritto riconosciuto dalla
sentenza e quello opposto; e coloro che reputano sufficiente una impos sibilità anche solo giuridica di soddisfare entrambi i diritti in conflitto): in senso conforme, e per un sintetico quadro del problema, cfr. F. P.
Luiso, Opposizione di terzo, voce Ae\VEnciclopedia giuridica Treccani,
Roma, 1990, XXI.
Pure conforme alla giurisprudenza (cfr. Cass. 11 gennaio 1988, n.
19, Foro it., 1988, I, 2534) ed alla dottrina prevalente, è il concetto
di «pregiudizio» che il terzo deve subire dalla sentenza che oppone: un «pregiudizio di esecuzione», da intendersi non come danno da ese
cuzione forzata in senso stretto, ma, più in generale, come «attuazione
inter partes della situazione sostanziale accertata nella sentenza» (Lui
so, op. cit., 2-4).
(2) La sentenza pare accogliere un criterio di soccombenza di tipo sostanziale (e non puramente processuale, cioè come non accoglimento totale o parziale della domanda), nella parte in cui condiziona l'interes
II Foro Italiano — 19%.
Preso atto di quanto sopra con atto 11 luglio 1983 Sanzà
Sebastiano proponeva opposizione di terzo, contro la sentenza
24 ottobre 1981, perché pregiudizievole per i propri diritti ed effetto di collusione in suo danno.
Falcone Giovanni, costituitosi in tale diverso giudizio, resiste
va ad ogni avversa pretesa, anche in base all'anteriorità della sua richiesta di riscatto.
Riuniti i due procedimenti, al termine dell'istruttoria del caso
il Tribunale di Siracusa, con sentenza 14-22 ottobre 1987 di chiarava nulla ed inefficace, nei confronti del Sanzà, la senten
za 24 ottobre 1981, perché pregiudizievole dei diritti dello stes
so, accertava che Sanzà Sebastiano, e non già Falcone Giovanni
aveva acquistato — per effetto dell'esercitato diritto di riscatto — il terreno agrumetato in Oliveto di Francofonte, già acqui stato da Puglisi Raimondo e Noce Tommasa, subordinatamente
al versamento del prezzo di lire 4.000.000, rigettando, altresì,
ogni altra domanda e ponendo a carico dei coniugi Puglisi -
Noce e del Falcone le spese di lite.
Con atto 12 gennaio 1988 tale sentenza era gravata (nei con
fronti del Sanzà), innanzi alla Corte di appello di Catania, da Puglisi Raimondo, che, peraltro, non curava l'iscrizione a ruolo
della causa.
Avverso la stessa sentenza (sempre nei confronti del solo Sanzà
Sebastiano), proponeva gravame, innanzi alla Corte di appello di Catania, altresì, Falcone Giovanni: costituitosi in giudizio, il Sanzà resisteva a tale impugnazione, nonché a quella del Pu
glisi, deducendo l'infondatezza di entrambe.
Riunite le due impugnazioni, si costituiva in giudizio Puglisi Raimondo, insistendo nell'impugnazione già proposta. Integra to il contraddittorio nei confronti del Falcone e della Noce (che, nell'udienza all'uopo fissata, si costituiva facendo proprie le ri
chieste e le difese del marito), con sentenza 2 marzo - 29 giugno 1992 la corte rigettava gli appelli proposti e condannava gli ap
pellanti, in solido, unitamente a Noce Tommasa, intervenuta
nel processo, al pagamento delle spese processuali del grado nei confronti di Sanzà Sebastiano.
Oservava la corte territoriale, quanto all'appello del Puglisi, che la sopravvenuta sentenza del 24 ottobre 1981 emessa in fa
vore di Falcone Giovanni non poteva importare la cessazione
della materia del contendere, quanto al distinto giudizio pro mosso dal Sanzà, avendo quest'ultimo proposto opposizione ex
art. 404 c.p.c. avverso detta sentenza, che doveva escludersi che
il Sanzà fosse privo di requisiti di legge per l'esercizio del diritto di riscatto, che era irrilevante la senilità avanzata di costui, do
vendosi tenere presente le condizioni soggettive dello stesso con
riferimento al momento in cui venne esercitato il diritto di ripresa. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione
Puglisi Raimondo e Noce Tommasa, affidato a tre motivi. Re
siste, con controricorso, Sanzà Sebastiano, che ha presentato memorie ed il cui difensore ha depositato note di udienza.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo i ricorren
ti denunciano la nullità della sentenza gravata per violazione
degli art. 404, 1 ° e 2° comma, 325 e 326 c.p.c. Omessa o insuf
ficiente motivazione su punto decisivo (art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c.).
se alla impugnazione all'utilità giuridica che può derivare al ricorrente
dall'eventuale accoglimento del gravame; in tal senso pare oggi orienta ta la giurisprudenza prevalente: cfr. Cass. 13 febbraio 1993, n. 1826, Foro it., Rep. 1993, voce Impugnazioni civili, n. 15; 22 maggio 1992, n. 6158, id., Rep. 1992, voce cit., n. 12; 5 marzo 1991, n. 2284, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 19; 29 novembre 1989, n. 5259, id., 1990, I, 1573.
A conferma di tale orientamento, è stato recentemente osservato che
la soccombenza formale sarebbe solo un elemento minimo, seppur indi
spensabile, pei1 qualificare l'interesse ad impugnare, un «elemento sin tomatico» della sussistenza di quest'ultimo; mentre il «nucleo essenzia
le» dell'interesse alla impugnazione «deve invece essere espresso in ter
mini utilitaristici e si concreta nel vantaggio marginale che l'impugnante
può acquisire dal mezzo di gravame»: precisamente, dal «risultato mi
gliorativo della propria posizione sostanziale» che spera di trarre dal
l'accoglimento del gravame (L. Salvaneschi, L'interesse ad impugna
re, Milano, 1990, 382 ss.). (3) Pacifico il principio della incensurabilità in Cassazione dell'ap
prezzamento che il giudice di merito abbia fatto delle risultanze di cau
sa e delle prove: in giurisprudenza, cfr., da ultimo, in un caso di conte
stazione del merito della valutazione giudiziale dei risultati di una con
sulenza tecnica, Cass. 14 febbraio 1994, n. 1467, Foro it., 1994,1, 1386.
In dottrina, cfr. G. Mazzarela, Cassazione (dir. civ.), voce dell'&i
ciciopedia giuridica Treccani, Roma, 1993, 12.
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PARTE PRIMA
La corte di appello — osservano i ricorrenti — ha accolto
l'opposizione di terzo proposta dal Sanzà contro la sentenza
24 ottobre 1981 del Tribunale di Siracusa, resa nei confronti
di Falcone Giovanni e dei coniugi Puglisi - Noce, affermando che la stessa «è il risultato di inequivoca collusione fra il mede
simo [Falcone] e i coniugi Puglisi - Noce», pertanto ai sensi dell'art. 404, 2° comma, c.p.c.
In realtà, proseguono i ricorrenti:
a) il Sanzà non era legittimato a proporre detta opposizione, non trattandosi di «creditore» o «avente causa» di una delle parti;
ti) il Sanzà era decaduto dall'impugnazione, non tempestiva mente prodotta (come risulta dalla dichiarazione del Sanzà nel la citazione introduttiva e nella stessa sentenza impugnata, l'op
ponente avrebbe scoperto la collusione il 7 marzo 1983, in occa
sione della produzione in giudizio della sentenza del Tribunale
di Siracusa: essendo stata l'opposizione proposta con citazione
notificata I'll luglio 1983 la stessa era chiaramente fuori termi
ne (art. 325 - 326 c.p.c.); c) il Sanzà non ha, comunque, dato alcuna prova, circa il
contenuto della pretesa collusione delle parti a suo danno (irri
levante, al riguardo, è sia la circostanza che i Puglisi Noce ab
biano ammesso, in giudizio, in sede di interrogatorio formale, che il Falcone era proprietario di un fondo limitrofo e «coltiva
tore diretto» [risultando entrambe tali circostanze da atti pub blici], sia il fatto che il Sanzà non era stato informato della
pendenza del giudizio di riscatto proposto dal Falcone, non aven
do né il primo né i secondi alcun obbligo giuridico o di altra natura di avvertire il Sanzà di quella pendenza).
2. - Oppone parte controricorrente, da un lato, che quanto alla pretesa «inammissibilità» dell'opposizione trattasi di que stione non proponibile in sede di legittimità, non essendo la
stessa stata sollevata in appello e sussistendo, pertanto, al ri
guardo, acquiescenza, da parte dei coniugi Puglisi - Noce, dal
l'altra, che, in realtà — in conformità alle proprie istanze —
sia i primi giudici sia la Corte di appello di Catania hanno ac colto l'opposizione proposta da esso concludente sotto il profi lo di cui all'art. 404, 1° comma (c.d. opposizione ordinaria) di terzo, si che sono del tutto inconferenti le deduzioni svolte
in ricorso, vuoi quanto alla pretesa carenza di legittimazione attiva di esso concludente, vuoi in ordine alla pretesa inammis
sibilità (per tardività), dell'opposizione stessa. Rileva la corte — in limine — che l'eventuale inammissibilità
dell'impugnazione deve essere rilevata, ex officio, dal giudice investito della stessa: ne segue, pertanto, che la stessa può [de
ve] essere eccepita, eventualmente per la prima volta in sede
di legittimità, ancorché non sia stata oggetto di specifico moti
vo di censura nei gradi precedenti, ad opera della parte interes
sata (cfr., ad esempio, Cass. 3 febbraio 1994, n. 1110, Foro
it., 1994, I, 2805; sez. un. 3 maggio 1991, n. 4876, id., 1992, I, 473; 11 febbraio 1985, n. 1115, id., Rep. 1985, voce Impu gnazioni civili, n. 11; 23 luglio 1982, n. 4305, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 94).
3. - Pur con la precisazione che precede, peraltro, il proposto motivo di gravame è infondato.
Dal combinato disposto degli art. 105, 334 e 344, 404, 1°
comma, c.p.c. si desume che è data opposizione ordinaria di
terzo avverso sentenza resa inter alios a chi, estraneo al giudizio concluso in via definitiva con la sentenza opposta, dall'accerta
mento in essa contenuto o dall'esecuzione della stessa risente
o può risentire pregiudizio ad un suo autonomo diritto o ad una sua autonoma posizione giuridica o di mero fatto (Cass. 22 ottobre 1986 n. 6191, id., Rep. 1986, voce Opposizione di terzo, n. 3; nonché, non diversamente, Cass. 1° marzo 1988, n. 2145, id., Rep. 1988, voce cit., n. 2).
Pacifico quanto precede e non controverso che la sentenza
24 ottobre 1981, con la quale era stata accolta (relativamente allo stesso apprezzamento di terreno oggetto della domanda di
riscatto proposta da Sanzà Sebastiano contro Puglisi Raimondo
e Noce Tommasa) la domanda di riscatto proposta — sempre nei confronti del Puglisi e della Noce — da Falcone Giovanni
ledeva i diritti del Sanzà, è palese che nella specie si era a fronte
ad una ipotesi di opposizione ordinaria di terzo (e non ad una
opposizione di terzo revocatoria). I giudici del merito, deve ancora evidenziarsi, hanno chiara
mente ed inequivocamente accolto la domanda del Sanzà sotto il descritto profilo (art. 404, 1° comma, c.p.c.) né è rilevante — per sostenere l'opposto — che ad abundantiam (e solo al
li Foro Italiano — 1996.
fine di una valutazione ex art. 116, 2° comma, c.p.c. della con
dotta delle parti) la corte territoriale abbia fatto riferimento al
la sentenza del 1981 come al risultato di «inequivoca collusione
tra il medesimo [Falcone] ed i coniugi Puglisi - Noce». Specie tenuto presente che espressamente i giudici di primo
grado hanno accolto la proposta opposizione ai sensi dell'art.
404, 1° comma, c.p.c. e la corte territoriale, lungi dal riformare
tale statuizione, l'ha integralmente confermata (rigettando gli
appelli). Escluso — come sopra si è escluso — che i giudici del merito
abbiano accolto la domanda del Sanzà sotto il profilo di cui
all'art. 404, 2° comma, c.p.c. è palese che il primo motivo deb
ba disattendersi in ogni sua parte (atteso, da un lato, che per la proposizione dell'opposizione non è necessaria la qualifica di «creditore» o di «avente causa» di una delle parti della sen
tenza, dall'altro, che tale opposizione non è soggetta ai termini
di cui agli art. 325 e 326 c.p.c., da ultimo, che in caso di oppo sizione di terzo ordinaria si prescinde, totalmente, dall'esistenza di una collusione, tra coloro nei cui confronti la sentenza impu
gnata è resa). 4. - Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ancora,
omessa motivazione, da parte della corte territoriale, su un punto decisivo della controversia (a norma dell'art. 360, n. 5, c.p.c.).
I giudici d'appello — evidenziano i ricorrenti — hanno affer
mato che gli appellanti, in secondo grado, non hanno in alcun
modo censurato la sentenza di primo grado, là ove questa ha
escluso che il Falcone fosse privo dei requisiti per esercitare il
diritto di riscatto: in realtà, anche in appello era stato richiesto
che fosse riesaminata la posizione del Falcone, anche per la com
parazione con quella del Sanzà.
5. - La censura da un lato è inammissibile, dall'altro, comun
que, totalmente infondata.
Quanto alla rilevata inammissibilità non può non confermar
si, ulteriormente, che il principio fondamentale enunciato nel
l'art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire ad essa è necessario avervi interesse, si estende an
che ai giudizi di impugnazione. Con riguardo a questi, in particolare, l'interesse ad impugna
re una data sentenza (o un capo di questa) va — in particolare — desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame, possa derivare alla parte che lo propone e viene,
pertanto, a ricollegarsi ad una soccombenza, anche parziale, nel
precedente giudizio, in difetto della quale l'impugnazione è inam
missibile (Cass. 31 gennaio 1986, n. 617, id., Rep. 1986, voce Impugnazioni civili, n. 21).
In altri termini presupposto necessario, per la proponibilità
dell'impugnazione, è la soccombenza, la quale sussiste sempre,
quando una domanda o un'eccezione non sia stata in tutto o in parte accolta (Cass. 11 novembre 1986, n. 6592, ibid., n.
22; 3 giugno 1985, n. 3309, id., Rep. 1985, voce cit., n. 19). Applicando i principi che precedono al caso di specie si osser
va che in questo giudizio Falcone Giovanni, preso atto (ancor ché in via subordinata) dell'inefficacia, nei confronti del Sanzà, della sentenza 24 ottobre 1981, aveva chiesto, comunque, che nei confronti degli attuali ricorrenti, Puglisi Raimondo e Noce
Tommasa, fosse accolta, con preferenza rispetto alla richiesta
di analogo contenuto formulata dal Sanzà, la domanda di ri
scatto del fondo rustico acquistato dal Puglisi e dalla Noce pro
posta da esso Falcone.
II tribunale ha rigettato tale domanda sul rilievo, assorbente, che il Falcone non aveva dimostrato sussistessero, in suo favo
re, le condizioni soggettive per l'esercizio del diritto.
È palese che rispetto a tale statuizione (non impugnata sul
punto specifico dal Puglisi in grado di appello), confermata dalla
corte territoriale, soccombente e, quindi, esclusivo legittimato a dolersi della sua pretesa ingiustizia, era il Falcone e non certa mente i coniugi Puglisi e Noce (i quali, non avendo mai fatto espressamente propria, in primo grado, tale domanda del Fal
cone, non possono certamente dolersi — peraltro, per la prima volta in sede di legittimità — del rigetto di una domanda contro
se stessi proposta da altro [cioè dal Falcone] che ha fatto ac
quiescenza alla sentenza, a sé sfavorevole, di secondo grado e che — giusta gli assunti dei ricorrenti — dovrebbe vedersi attri
buire, dai giudici del rinvio, un bene della vita [il fondo per cui è controversia] cui con il proprio comportamento proces suale ha chiaramente rinunciato).
6. - Anche a prescindere dai pur assorbenti rilievi che prece
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dono, comunque — come accennato — la censura è destituita
da qualsiasi fondamento, sia perché, senza ombra di dubbio,
il Puglisi non ha censurato, in grado di appello, la statuizione
dei giudici di prime cure ove questi hanno escluso in capo al
Falcone le condizioni per l'esercizio del diritto di riscatto, sia
perché nessuna censura contro tale affermazione era contenuta
neppure nell'appello Falcone.
In questo atto, infatti, non è censurata l'affermazione dei
primi giudici sotto il profilo che sopra si è indicato, ma si invo ca che il giudicato contenuto nella sentenza 24 ottobre 1981
(che aveva accolto la domanda di riscatto proposta da esso Fal
cone) era, da un lato, intangibile (essendosi formato il giudica to «come attesta la certificazione della cancelleria del tribunale
che si trova in calce a quella sentenza»), dall'altro, inidoneo
a ledere diritti di terzi («per i principi generali che reggono l'or
dinamento giuridico italiano, che esercita un proprio diritto, es
sendone pieno titolare, non commette lesione di diritto altrui,
sino al punto di vedere disconosciuto e umiliato il proprio»), il tutto — come esattamente rilevato dai giudici del merito —
sul presupposto (rilevatosi erroneo) dell'inesistenza, nell'ordina
mento vigente, della previsione di cui all'art. 404 c.p.c. 7. - Con il terzo, ed ultimo, motivo ritualmente introdotto
(né nella memoria, né nella discussione orale possono prospet
tarsi nuovi motivi di impugnazione, assenti nel ricorso introdut
tivo) i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione del
l'art. 7 1. n. 817 del 1971 e insufficiente motivazione su un pun
to decisivo (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Si assume, in particolare, che la sentenza di appello è viziata
nella motivazione «quanto al possesso dei requisiti soggettivi
da parte del Sanzà per l'esercizio di quel diritto [di riscatto]». «Su questo punto, contro quanto si rileva nella sentenza fu
rono proposte esplicite censure contro la pronuncia del tribuna
le, osservandosi che quest'ultimo non aveva proceduto al dovu
to accertamento di quei requisiti e, in particolare, non aveva
tenuto conto del fatto che trattavasi di un pensionato per inva
lidità che da solo, com'era, non poteva ritenersi in grado di
esprimere la capacità lavorativa necessaria per la coltivazione
del fondo in questione». 8. - Al pari dei precedenti il motivo non può trovare acco
glimento. In contrasto con quanto si afferma in ricorso deve, in primo
luogo, escludersi che i giudici di appello abbiano «omesso» qual siasi motivazione quanto al possesso dei requisiti soggettivi da
parte del Sanzà per l'esercizio del diritto di riscatto.
Risulta — all'opposto — che i giudici d'appello hanno esami
nato la questione sia a pag. 16 (ove si sottolinea che «la titolari
tà di pensione Inps «Vo» da parte del . . . Sanzà non è per
nulla indicativa di trattamento dipendente da riconosciuta inva
lidità. Trattasi infatti di mera pensione di anzianità legata agli
anni di contribuzione ed al superamento del previsto limite mi
nimo di età . . .») sia alle pag. 18 e 19 ove si esaminano tutte
le risultanze di causa (anche quella che in ricorso si afferma
essere stata completamente taciuta, benché «decisiva», circa l'i
nesistenza di un adeguato nucleo familiare) per giungere alla
conclusione che all'epoca in cui era stato esercitato il riscatto
(unico momento rilevante, ai fini che ora interessano), attesa
l'età del Sanzà (non ancora sessantacinquenne) e tenuta presen te «l'esigua estensione del fondo oggetto di riscatto e di quello
confinante di sua proprietà», il Sanzà era in possesso dei requi
siti soggettivi per esercitare il diritto di riscatto.
Pacifico quanto precede, è palese l'inammissibilità della de
duzione in esame.
Con la stessa, infatti, contra legem, pur invocando la viola
zione — da parte dei giudici del merito — dell'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c., in realtà i ricorrenti denunciano unicamente la
valutazione delle prove compiuta da parte del giudice a quo
perché diversa da quella espressa di essi concludenti e senza
in alcun modo lamentare incongruenze logiche o errori di dirit
to in cui quel giudice sarebbe incorso (cfr. Cass. 14 ottobre
1988, n. 5585, id., Rep. 1988, Prova civile in genere, n. 40; nonché Cass. 29 novembre 1986, n. 7054, id., Rep. 1986, Cas
sazione civile, n. 85). 9. - Risultando infondato in ogni sua parte il proposto ricor
so deve rigettarsi.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 22 feb
braio 1995, n. 2013; Pres. De Rosa, Est. Casciaro, P.M.
Di Salvo (conci, diff.); Inadel (Avv. La Loggia) c. Beretta
ed altra (Aw. Boer, Mascali). Cassa Trib. Bergamo 6 luglio 1992.
Impiegato degli enti locali — Indennità premio di servizio —
Retribuzione contributiva utile — Assegno «ad personam» —
Esclusione (L. 8 marzo 1968 n. 152, nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli enti locali, art. 11).
La indicazione della retribuzione contributiva utile per il com
puto dell'indennità premio di servizio contenuta nell'art. 11,
5° comma, l. 8 marzo 1968 n. 152, deve intendersi avente
carattere tassativo e preclude la possibilità di ricomprendervi emolumenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli testualmente
menzionati, come un assegno denominato ad personam, quan
tunque rientrante nel globale trattamento retributivo del lavo
ratore e da lui percepito regolarmente e costantemente duran
te lo svolgimento del rapporto. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). Con unico motivo il ri corrente Inadel censura la decisione impugnata per «violazione
e falsa applicazione degli art. 4 e 11 1. 8 marzo 1968 n. 152;
nonché dell'art. 41 d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348, in relazione
all'art. 360, n. 3, c.p.c.». Si duole l'Inadel che il Tribunale di Bergamo abbia fatto rien
trare nella nozione di retribuzione contributiva ai fini della de
terminazione dell'indennità premio di servizio l'assegno ad per
sonam, riassorbibile con i futuri miglioramenti retributivi, a suo
tempo erogato al Beretta.
Rileva l'istituto che, avendo la datrice di lavoro (Usi n. 30
di Seriate) «disinvoltamente» elargito al dirigente amministrati
vo Beretta Giuseppe un'indennità medica di spettanza del per sonale sanitario, indennità non più compatibile con il nuovo
inquadramento conseguente al d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348,
la summenzionata indennità era stata conservata al lavoratore
come assegno ad personem riassorbibile, in ossequio al divieto
di reformatio in peius del trattamento economico.
Soggiunge l'istituto che il riferito carattere dell'assegno ad
personam, fruito dal Beretta, avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a negarne l'inclusione nella retribuzione contributiva
utile per il calcolo dell'indennità premio di servizio, e ciò in
quanto, «se un datore di lavoro accorda benefici personali ai
suoi dipendenti, tali provvedimenti elargitivi non possono . . .
estendere la loro efficacia alla materia previdenziale». E infatti,
ad avviso dell'Inadel, sarebbe altrimenti prospettabile la lesione
dell'art. 38, 4° comma, Cost.
(1) Sull'interpretazione della indicazione contenuta nell'art. 11, 5°
comma, 1. 152/68, concernente la retribuzione contributiva utile per il computo dell'indennità premio di servizio, non c'è unanimità nella
giurisprudenza, come viene dato atto in motivazione, ma il contrasto
non è tanto sul carattere tassativo della disposizione quanto sulla nozio
ne di retribuzione contributiva che, secondo alcune pronunzie, com
prende tutti gli emolumenti fissi e continuativi, o anche solo ricorrenti,
corrisposti in costanza di rapporto di lavoro (oltre alle sentenze citate
in motivazione, v. Cass. 19 novembre 1993, n. 11420, Foro it.. Rep. 1993, voce Impiegato degli enti locali, n. 222; 30 luglio 1991, n. 8431,
id., Rep. 1991, voce cit., n. 246; 30 gennaio 1990, n. 615, id., 1990,
I, 1544; 26 ottobre 1990, n. 10368, id., Rep. 1990, voce cit., n. 254,
(tutte in riferimento alle indennità dei medici ospedalieri; 18 maggio
1989, n. 2394, id., 1990, I, 951, per l'indennità di coordinamento spet tante al coordinatore amministrativo Usi; Pret. Cagliari 27 ottobre 1989,
id., Rep. 1990, voce cit., n. 348, per la quattordicesima mensilità corri
sposta a dipendenti regionali; Tar Veneto, sez. I, 29 novembre 1993, n. 881, id., Rep. 1994, voce Sanitario, n. 415, sempre per le indennità
sanitarie; Tar Lazio, sez. Ili, 11 giugno 1990, n. 1066, id., Rep. 1990,
voce Impiegato dello Stato, n. 1407), mentre secondo altre pronunzie, in termini con quella in epigrafe, non può estendersi alle voci retributi
ve diverse da quella di base e non assoggettate a contribuzione (v. an
che Cass. 5 gennaio 1995, n. 155, id., Mass., 19; 28 dicembre 1994, n. 11206 e 18 novembre 1994, n. 9776, id., Rep. 1994, voce Impiegato
degli enti locali, nn. 195, 196, sul compenso per lavoro straordinario,
ancorché continuativo; 16 aprile 1994, n. 3626, ibid., n. 197, sulle men
silità aggiuntive e, in particolare, sulla quattordicesima mensilità; 24
novembre 1993, n. 11581, id., Rep. 1993, voce cit., n. 223, sulle inden
nità dei medici ospedalieri. Per ogni riferimento in materia, v. le note di richiami a Cass. 615/90
e 2394/89, cit., nonché a Corte cost. 15 marzo 1994, n. 85, id., 1995,
I, 1773.
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