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sezione III civile; sentenza 9 ottobre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Marinelli...

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sezione III civile; sentenza 9 ottobre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Marinelli (concl. diff.); Marcolini (Avv. Gigli, Galice) c. Santolillo (Avv. Baliva). Cassa App. Brescia 3 luglio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 12 (DICEMBRE 1996), pp. 3681/3682-3689/3690 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191042 . Accessed: 28/06/2014 13:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 13:39:56 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III civile; sentenza 9 ottobre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Marinelli(concl. diff.); Marcolini (Avv. Gigli, Galice) c. Santolillo (Avv. Baliva). Cassa App. Brescia 3luglio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 12 (DICEMBRE 1996), pp. 3681/3682-3689/3690Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191042 .

Accessed: 28/06/2014 13:39

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

proprio perché non è comunque del tutto estraneo alla contro

parte di quei rapporti, risulta più di un qualsiasi terzo tenuto

a rispettare l'interesse di tale controparte, essendo al contempo a ciò vincolato dal rapporto sociale che lo lega agli altri soci, la cui attuazione secondo buona fede in nessun caso tollerereb

be un atteggiamento di totale indifferenza verso l'interesse so

ciale. Lungi dall'essere illegittima, non appare dunque affatto

illogica la previsione dell'atto costitutivo secondo cui anche la

violazione di obblighi assunti dal socio verso la società in forza

di rapporti extrasociali può giustificare l'esclusione del socio me

desimo dalla società (ferma restando, ovviamente, la necessità

di verificare, sul piano attuativo, il modo in cui tale potere di

esclusione venga poi esercitato dai competenti organi sociali, con il pieno rispetto delle procedure e delle garanzie previste dalla legge e dallo stesso atto costitutivo per ogni ipotesi di esclu

sione): proprio in quanto un simile comportamento è comun

que potenzialmente idoneo a recar danno alla società e ad incri

nare quel legame di fiducia con il socio che, in società caratte

rizzate da un forte rilievo dell'elemento personale, è condizione

perché possa esser tenuto in vita il rapporto sociale.

IV. - Discende dall'insieme delle considerazioni svolte che il

ricorso dev'essere rigettato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 otto

bre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Ma

rinelli (conci, diff.); Marcolini (Avv. Gigli, Galice) c. San

tolillo (Avv. Baliva). Cassa App. Brescia 3 luglio 1993.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Manutenzione dell'immobile — Pattuizione a carico del

conduttore — Nullità (Cod. civ., art. 1576, 1590, 1609; 1.

27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 79).

In tema di locazioni abitative soggette al c.d. equo canone, la

clausola contrattuale che obbliga il conduttore a restituire l'im

mobile, al termine del rapporto, nello stesso stato in cui lo

ha ricevuto deve considerarsi nulla, ai sensi dell'art. 79 l.

392/78, giacché tende ad assicurare al locatore il vantaggio — estraneo alle previsioni degli art. 1576 e 1609 c.c. — di

sottrarsi all'onere economico conseguente al normale deterio

ramento della cosa locata, parzialmente compensato anche at

traverso la percezione de! canone di locazione. (1)

(1) Analogamente, per la nullità della clausola contrattuale che pon

ga a carico del conduttore le spese di manutenzione dell'immobile in

deroga agli art. 1576 e 1609 c.c., qualora si tratti di locazione abitativa

soggetta alla normativa del c.d. equo canone, v. Cass. 17 ottobre 1992, n. 11401, Foro it., 1993, I, 1911, con nota di richiami (riportata anche

in Giust. civ., 1993, I, 1229, con nota di M. De Tilla). Per la validità

di siffatta clausola qualora si tratti, invece, di locazione non abitativa,

v., inoltre, Trib. Milano 20 febbraio 1992, Foro it., Rep. 1993, voce

Locazione, n. 129. In riferimento all'obbligo del conduttore di riconsegnare la cosa loca

ta, al termine del rapporto, nello stato in cui l'ha ricevuta, salvo il

deterioramento da essa subito per l'uso fattone nel corso della locazio

ne in conformità alla destinazione contrattuale, ex art. 1590 c.c., v.,

successivamente, Cass. 18 giugno 1993, n. 6798, id., 1993, I, 2819, con

nota di richiami (e Giust. civ., 1994, I, 1359, con nota di M. De Tilla), e 30 agosto 1995, n. 9207, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 169, en

trambe sulla legittimità del rifiuto del locatore di accettare la riconse

gna del bene prima della sua rimessione in pristino, quando il condutto

re vi abbia apportato trasformazioni o innovazioni (o, in caso di loca

zione ad uso diverso dall'abitazione, anche quando il conduttore sia

rimasto inadempiente ad eventuali obblighi di manutenzione dell'immo

bile contrattualmente assunti).

Il Foro Italiano — 1996.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 otto

bre 1996, n. 8815; Pres. Meriggiola, Est. Preden, P.M. Cin

que (conci, conf.); Vittoria e altra (Avv. Palombi) c. Sciom

mer (Avv. C. e M. Manfredonia). Cassa App. Roma 3 giu

gno 1993.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso

dall'abitazione — Pattuizione di c.d. «buona entrata» a cari

co del conduttore — Nullità (L. 23 maggio 1950 n. 253, di

sposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani, art. 28; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 11, 32, 79, 84).

Locazione — Legge 392/78 — Somme illegittimamente versate — Azione di ripetizione — Legittimazione attiva — Soggetto diverso dal conduttore — Fattispecie (Cod. civ., art. 1421,

2033; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 79).

In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abi

tazione, ancorché debba escludersi la perdurante vigenza del

l'art. 20 I. 253/50 (che nel previgente regime vincolistico espres samente vietava l'imposizione al conduttore di prestazioni a

titolo di «buon ingresso»), e ancorché valga il principio della

libera determinazione del canone da parte dei contraenti, è

affetto da nullità, ai sensi dell'art. 79 I. 392/78, il patto che

preveda il pagamento da parte del conduttore di somme di

verse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di «buona entrata». (2)

(2) Circa la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, anche con riferi

mento alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione, del patto che preve da il pagamento di somme a «fondo perduto» o a titolo di «buona

entrata» da parte del conduttore, v., in senso conforme, Cass. 1° aprile 1993, n. 3896, Foro it., Rep. 1994, voce Locazione, n. 432 (riportata in Rass. locazioni e condominio, 1994, 228, che ha conseguentemente escluso possa tenersi conto di tali prestazioni, ancorché rispondenti a

una prassi diffusa, ai fini della determinazione dell'indennità di avvia mento ex art. 69 1. 392/78 sulla base del «canone corrente di mercato»

dell'immobile; nello stesso senso, in precedenza, Cass. 9 maggio 1986, n. 3098, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 644); 24 febbraio 1987, n.

1936, id., Rep. 1987, voce cit., n. 354 (e Arch, locazioni, 1987, 277); nonché, tra le pronunzie di merito, Trib. Monza 20 maggio 1993, Foro

it., Rep. 1993, voce cit., n. 128 (nella cui motivazione, che si legge in Arch, locazioni, 1993, 545, si sottolinea che nella specie la somma in questione non aveva lo scopo di integrare il canone simultaneamente

indicato nella scrittura contrattuale, bensì in una «attribuzione patri moniale a fondo perduto del tutto avulsa dalla misura del corrispettivo»).

Di particolare rilievo, nell'ampia motivazione di Cass. 8815/96, è la

considerazione che il contrasto della clausola del (o del patto accessorio

al) contratto di locazione con le norme imperative della 1. 392/78, che

ne determina la nullità ai sensi del citato art. 79, «non deve necessaria

mente instaurarsi con una specifica disposizione della suindicata legge, ma ben può essere ravvisato ponendo a confronto la pattuizione della

cui validità si controverta con la complessiva disciplina dettata per un

determinato tipo di locazione». Nella specie, appunto, si osserva che

il patto di pagamento di somme a titolo di «buona entrata» si pone in evidente contrasto con la disciplina della 1. 392/78 in tema di loca

zioni ad uso diverso dall'abitazione, dal momento che questa, «se ha lasciato alla libera determinazione delle parti la quantificazione del cor

rispettivo, non ha mancato di disciplinare puntualmente, ed in senso

limitativo dell'autonomia contrattuale, ulteriori aspetti inerenti al rego lamento economico del rapporto, come quelli relativi all'aggiornamento del canone (art. 32), ed all'entità del deposito cauzionale (art. 11 e 41, 1° comma)», che non può superare le tre mensilità di canone.

A ciò può aggiungersi che, secondo l'orientamento da ultimo espres so da Cass. 10 luglio 1996, n. 6274, Foro it., 1996, I, 3023, anche

con riferimento alle locazioni non abitative disciplinate dalla 1. 392/78

trova tuttora applicazione il divieto — previsto dall'art. 2 ter d.l. 236/74

(convertito nella 1. 351/74) — di clausole che impongano al conduttore

il pagamento anticipato del canone per periodi superori al trimestre.

Sulla possibile rilevanza penale della pretesa di somme a titolo di

«buona entrata», o comunque ulteriori rispetto al canone legale, da

parte del locatore, in relazione alla previsione dell'art. 629 c.p. (reato di estorsione), cfr. Cass. 16 ottobre 1990, Scardigno, id., Rep. 1992, voce Estorsione, n. 12; 16 marzo 1989, Caposoni, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 12; 6 marzo 1989, Savini, ibid., n. 11; 8 marzo 1986, Silvestrini,

id., Rep. 1986, voce Locazione, n. 334; 28 marzo 1984, Bernardo, id.,

Rep. 1985, voce Estorsione, n. 13; 6 dicembre 1983, Vielmetti, ibid., n. 14; 26 settembre 1983, Bellini, ibid., n. 15; App. Genova 17 luglio 1995 e Trib. Sanremo 3 febbraio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., *?n.

7, 11; App. Genova 7 luglio 1987 e Trib. Genova 12 giugno 1986, id.,

Rep. 1988, voce cit., n. 12, e Rep. 1987, voce cit., n. 14; App. Bologna 6 maggio 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 16; App. Milano 9 febbraio

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3683 PARTE PRIMA 3684

Nell'ipotesi in cui l'accordo avente ad oggetto un pagamento

indebito, per violazione delle norme imperative della l. 392/78,

intervenga non direttamente tra il locatore e il conduttore,

ma tra il locatore ed un terzo, quest'ultimo è legittimato ad

invocare la nullità del patto e a ripetere le somme indebita

mente corrisposte, sempre che risulti accertato il collegamen to funzionale tra il menzionato accordo e il contratto di loca

zione e, quindi, l'inerenza del pagamento al regolamento eco

nomico del rapporto di locazione (nella specie, si trattava del

pagamento di somme a titolo di «buona entrata», in relazio

ne a locazione non abitativa). (3)

I

Motivi della decisione. — 1.1. - Il ricorso svolge due motivi.

Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applica zione delle norme del codice civile sull'interpretazione dei con

tratti, dell'art. 79 1. 27 luglio 1978 n. 392 e dell'art. 1590 c.c.

in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente si riferisce al capo della sentenza impugnata con

il quale è stata confermata la condanna del Marcolini al paga mento delle spese di attintatura delle pareti interne dell'appar tamento.

Egli sostiene: che l'interpretazione della clausola, dalla quale è stato ricavato il suo impegno a riportare le condizioni dell'ap

partamento nelle stesse condizioni nelle quali lo aveva ricevuto, è irragionevole; che la clausola doveva essere considerata nulla

ai sensi dell'art. 79 1. n. 392 del 1978.

Il motivo involge i problemi della corretta interpretazione di

una clausola contrattuale e della sua validità in relazione alla

disposizione dell'art. 79 cit.

Esso è fondato nei limiti di quanto si dirà.

1.2. - L'art. 79 della legge c.d. dell'equo canone esclude che

il locatore possa trarre dal contratto vantaggi economici in con

trasto con le disposizioni della legge stessa.

La maggior parte di questi vantaggi si riferisce alla durata

della locazione o alla determinazione del canone.

La durata della locazione è quella fissata dalla legge e non

può essere determinata attraverso clausole che ne alterino la

consistenza in danno del conduttore.

La determinazione del canone della locazione, nei contratti

1983, id., Rep. 1984, voce Locazione, n. 448, e 24 settembre 1980, id., Rep. 1982, voce Estorsione, n. 28; G.i.p. Trib. Milano 9 dicembre

1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 10; Trib. Monza 24 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1 (e Arch, locazioni, 1994, 593); Trib. Roma 24 aprile 1992, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 13; Trib. Bolo

gna 8 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 18 (e Arch, locazioni, 1984, 622, con nota di Ferraguti); Trib. Brescia 3-15 giugno 1983, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 19, e Rep. 1984, voce Locazione, n. 449; Trib. Bari 24 febbraio 1981, id., 1981, II, 481, con nota di richiami.

V. inoltre, in dottrina: G. Sellaroli, Equo canone ed estorsione (la I. 27 luglio 1978 n. 392, nei suoi riflessi di rilevanza penalistica), in

Legislazione pen., 1982, 186; A. M. Maestri, Profili penalistici dell'e

quo canone, in Cass, pen., 1982, 172, e Locazioni urbane, 1982, 167; F. Lazzaro, Equo canone (profili penalistici), voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, 1989, XII; G. Pica, Violazioni dell'equo canone e reato di estorsione, in Riv. pen. economia, 1989, fase. 2, 133.

(3) Non constano precendenti in termini. Nel senso che la nullità ex art. 79 1. 392/78 non è relativa, ma assolu

ta, e quindi, secondo il principio generale di cui all'art. 1421 c.c., può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice, v., con riguardo a fattispecie diverse: Cass. 24

maggio 1993, n. 5827, Foro it., Rep. 1994, voce Locazione, n. 156, e Giur. it., 1994, I, 1, 589; 13 aprile 1989, n. 1776, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 208; Trib. Milano 27 ottobre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 228.

Nel senso che gli eredi del conduttore sono legittimati ad agire ai sensi dell'art. 79 1. cit., per la determinazione del canone e la ripetizio ne di somme che il locatore abbia percepito dal loro dante causa in eccedenza rispetto al dovuto, v. Pret. Milano 20 aprile 1995, id., 1996, I, 595.

Circa la legittimazione ad agire per la restituzione del deposito cau zionale ex art. 11 1. 392/78, nel caso che alla sua costituzione (a garan zia delle obbligazioni inerenti alla locazione) abbia provveduto un sog getto diverso dal conduttore, cfr. Trib. Milano 14 novembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 416, e Arch, locazioni, 1995, 884.

Il Foro Italiano — 1996.

adibiti ad uso abitativo, è anch'essa fissata dalla legge con rife

rimento ad elementi certi, tra i quali: il pagamento delle spese di registrazione del contratto che grava in eguale misura sul

locatore e sul conduttore (art. 8), il pagamento degl oneri acces

sori che sono ritenuti corrispettivo delle prestazioni accessorie

alla locazione (art. 9), il pagamento del deposito cauzionale,

il cui ammontare è pure predeterminato (art. 11), la determina

zione stessa del canone, che dipende dai criteri indicati dagli art. da 13 a 23 della legge, l'aggiornamento (art. 24) o l'adegua mento del canone, i quali possono essere richiesti solo in casi

tassativi (art. 25). Gli altri vantaggi non derogabili dall'autonomia contrattuale

indicati dall'art. 79 sono quelli che comunque incidono sul si

nallagma contrattuale alterandone l'equilibrio in favore del lo

catore.

Nella giurisprudenza di questa corte essi sono stati identifica

ti in somme o prestazioni che il conduttore è altrimenti impe

gnato ad effettuare in favore del locatore, quali, le somme non

denunziate nel contratto e versate a titolo di buona entrata (sent. 1° aprile 1993, n. 3896, Foro it., Rep. 1993, voce Locazione, n. 437) o di buona uscita, nella corresponsione degli aumenti

del canone non secondo i limiti indicati dall'art. 32 della legge

(sent. 22 novembre 1994, n. 9878, id., Rep. 1995, voce cit., n. 324), nella rinuncia preventiva e senza corrispettivo del con

duttore all'indennità per l'avviamento commerciale (sent. 19 mar

zo 1991, n. 2945, id., Rep. 1991, voce cit., n. 496), alla deter

minazione separata del canone dell'immobile e di quello del

l'autorimessa locati allo stesso soggetto (sent. 16 marzo 1990, n. 2203, id., 1990, I, 3477).

Con riferimento agli obblighi del conduttore l'art. 1587, n.

1, c.c. obbliga, in primo luogo, il conduttore ad osservare la

diligenza del buon padre di famiglia nell'uso e nel godimento della cosa.

Connessa a questa obbligazione del conduttore è l'altra di

provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione e queste so

no quelle collegate al normale godimento della cosa e caratte

rizzate, in genere, dalla tenuità della spesa: art. 1576 e 1609

dello stesso codice.

Il conduttore, inoltre, deve restituire la cosa al locatore nello

stesso stato in cui l'ha ricevuta fatto salvo il deterioramento

risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto: art.

1590, 1° comma, c.c.

Le obbligazioni indicate sono strumentali all'interesse del lo

catore di conservare la cosa immune da danni materiali che ne

alterino il valore e sono indirettamente contemplate dall'art. 23

1. n. 392 del 1978, che configura il diritto del locatore di chiede

re un aumento del canone, anch'esso predeterminato nell'am

montare e nelle modalità di corresponsione, quando si tratta

di opere, importanti ed improrogabili, necessarie per la conser

vazione dell'immobile. Fuori di queste ipotesi, le spese derivanti dall'uso normale

della cosa possono essere affrontate dal conduttore che ne trovi

la convenienza, ma debbono essere sopportate dal locatore al

momento della cessione del rapporto. Il che vale a dire che l'onere che il conduttore di immobile

adibito ad uso abitativo si accolli si configura in una modifica

zione del canone del contratto fuori delle ipotesi perviste dalla

legge.

Infatti, l'obbligo di ripristinare lo stesso stato abitativo esi

stente al momento della locazione, altera il sinallagma contrat

tuale, perché fa conseguire al locatore il vantaggio ulteriore di

non farsi carico del normale deterioramento che l'uso della co

sa comporta e che è compensato anche con la corresponsione del canone: in questo senso già Cass. 17 ottobre 1992, n. 11401

(id., 1993, I, 1911), 8 febbraio 1990, n. 880 {id., Rep. 1990, voce cit., n. 148) ed altre precedenti.

Nella fattispecie ricostruita dalla Corte di appello di Brescia la clausola contrattuale n. 5, con la quale il Marcolini si impe

gnava a riconsegnare l'appartamento nello stesso stato in cui lo aveva ricevuto eseguento quelle opere di manutenzione che

consentissero alla Santolillo di riavere l'immobile nelle condi

zioni di un appartamento nuovo e mai abitato, contrasta con la disposizione dell'art. 79 più volte richiamato, in quanto con sente alla locatrice di conseguire vantaggi economici estranei al le previsioni degli art. 1576 e 1609 c.c. con aggravio economico del conduttore non previsto dalle disposizioni della legge sull'e

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quo canone a proposito della determinazione del canone della

locazione ed alle maggiorazioni di questo. Essa quindi doveva essere dichiarata nulla, come eccepito dal

Marcolini, e dalla stessa non poteva essere ricavato l'obbligo

posto a carico dello stesso Marcolini.

In relazione a queste premesse, quindi, la censura è fondata

con le conseguenze di cui si dirà.

1.3. - Con riferimento all'altra parte della censura il collegio ritiene che da un punto di vista strutturale le operazioni collega te all'interpretazione della clausola contenuta nel contratto di

locazione tra le parti in causa si debbono scomporre in diverse

fasi: la prima, consistente nella ricerca della comune volontà

dei contraenti; la seconda, nella descrizione del modello della

fattispecie giuridica; l'ultima nel giudizio sulla rilevanza giuridi ca qualificante degli elementi di fatto concretamente accertati

(sent. n. 6744 del 1988, id., Rep. 1988, voce Contratto in gene

re, n. 298, e n. 2006 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n.

319, tra le ultime). Soltanto le ultime due fasi, risolvendosi nell'applicazione di

norme di diritto, possono essere liberamente censurate in sede

di legittimità. La prima, invece, configura un tipo di accerta

mento di fatto che è riservato al giudice di merito ed è sindaca

bile in Cassazione soltanto per difetto di motivazione.

La Corte di appello di Brescia ha ricavato l'esistenza dell'ob

bligo del conduttore dalla clausola contrattuale secondo la qua

le il conduttore si impegnava a restituire l'appartamento nello

stesso stato di buona manutenzione in cui lo aveva ricevuto;

ad eseguire opere di piccola manutenzione dettagliatamente in

dicate.

Questa clausola è stata interpretata nel senso che il condutto

re avrebbe dovuto eseguire le opere necessarie a riportare l'ap

partamento nello stesso stato di un immobile mai prima locato,

poiché in esso non erano stati compiuti interventi di alcun genere.

Questa interpretazione si colloca nell'ambito del difetto di mo

tivazione classico e la ricostruzione della comune intenzione delle

parti non è, quindi, censurabile in questa sede, in quanto non

è possibile sovrapporre al giudizio della corte di Brescia altra

valutazione della comune intenzione delle parti che sarebbe cor

retta soltanto perché conforme agli interessi del ricorrente.

Pertanto, la censura deve essere respinta. 2.1. - Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa

applicazione delle norme del codice civile e del codice di proce

dura civile sull'interpretazione degli atti e degli art. 1590 e 1591

c.c. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente si riferisce al capo della sentenza impugnata con

la quale è stata confermata la sua condanna al pagamento dei

canoni di locazione dei mesi di novembre e dicembre 1982.

Egli sostiene che l'indicazione contenuta nella comparsa di

risposta del giudizio di primo grado, secondo la quale la loca

zione era cessata il 16 dicembre 1982, era frutto di errore (del

difensore) e che la corte di appello non ha rilevato l'errore con

siderando che l'ammissione era in contrasto con la sua doman

da di restituzione della cauzione relativa ad una mensilità.

Il motivo non è fondato.

2.2. - Il ricorrente, malgrado il formale riferimento all'art.

360, n. 5, c.p.c., intende in realtà ottenere inammissibilmente

in sede di legittimità una nuova valutazione, in senso a lui favo

revole, delle risultanze processuali che invece il giudice del me

rito ha sottoposto ad un esame critico, dando ragione della de

cisione cui è pervenuto con una motivazione congrua ed immu

ne da vizi logici ed errori giuridici, come tale non suscettibile

di sindacato da parte della Corte di cassazione.

3. - Conclusivamente, deve essere accolto il primo motivo

del ricorso nei limiti di cui alla motivazione e deve essere riget

tato il secondo motivo.

La sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata in relazio

ne al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte

di appello di Brescia, la quale si atterrà al seguente principio

di diritto: «la clausola con la quale il conduttore si impegna

a ripristinare lo stato locativo dell'immobile nello stesso stato

in cui lo ha ricevuto tende ad assicurare al locatore il vantaggio,

non consentito dall'art. 79 1. 28 luglio 1978 n. 392, di escludere

l'onere economico di dovere sopportare le spese del deteriora

mento della cosa derivante da un normale uso della cosa stessa

e che è compensato in parte anche con il canone della locazione».

Il Foro Italiano — 1996.

II

Svolgimento del processo. — Con atto del 7 aprile 1987 M.

Teresa Vittoria e Stefania Grosz convenivano davanti al Tribu

nale di Roma Giorgio Sciommer esponendo che, con contratto

del 12 dicembre 1977, il convenuto aveva locato alla s.r.l. Mitu

la, rappresentata dalla Vittoria, l'immobile sito in via Borgo

gnona n. 42/B, ad uso negozio, per il periodo 1° gennaio 1978-31

gennaio 1982, per l'effettivo canone complessivo di lire

54.000.000; a seguito di disdetta intimata dal locatore, in data

18 luglio 1984, era stato stipulato tra le stesse parti un nuovo

contratto, per la durata di anni sei, con canone mensile effetti

vo di lire 4.500.000, ed in tale occasione le attrici avevano ver

sato al convenuto la somma di lire 150.000.000 in contanti e

avevano rilasciato effetti per lire 230.000.000.

Ciò premesso, deducevano che il pagamento della suindicata

somma integrava indebito oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c., e chiedevano la condanna del convenuto a restituire quanto per

cepito e la declaratoria di insussistenza di valida pretesa credi

toria in relazione ai titoli in suo possesso. Il convenuto resisteva, eccependo che le somme gli erano sta

te versate in restituzione di mutui.

Il tribunale accoglieva la domanda, ritenendo privo di causa

giustificativa il pagamento delle somme, avvenuto a titolo di

«buona entrata» in relazione a locazione non abitativa, perché vietato dall'art. 79 1. 392/78, come affermato dalla Suprema corte con la sent. 1936/87 (Foro it., Rep. 1987, voce Locazio

ne, n. 354). La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 3 giugno 1993,

in riforma dell'impugnata sentenza, rigettava la domanda. Con

siderava la corte:

a) che le attrici, non essendo parti del contratto di locazione, intercorso tra lo Sciommer e la s.r.l. Mitula, non erano legitti mate a chiedere la restituzione delle somme versate al primo, deducendo che il pagamento era avvenuto in violazione dell'art.

79 1. 392/78, poiché tale disposizione è invocabile soltanto dal

conduttore;

b) che il pagamento era avvenuto nell'ambito di un contratto

atipico a favore di terzo, a causa lecita, con il quale le attrici

avevano ottenuto dal locatore la rinuncia all'intimata disdetta

e la stipula di un nuovo contratto a favore della s.r.l. Mitula.

Ricorrono per cassazione la Vittoria e la Grosz, sulla base

di tre motivi, illustrati con memoria, ai quali resiste, con con

troricorso, lo Sciommer.

Motivi della decisione. — 1.1. - Con il primo motivo, denun

ciando violazione e falsa applicazione degli art. 1343, 1344, 1418, 2033 c.c. in relazione all'art. 79 1. 392/78, le ricorrenti deduco

no che erroneamente la corte d'appello le ha ritenute non legit

timate, in quanto estranee al contratto di locazione intercorso

tra lo Sciommer e la s.r.l. Mitula e quindi non abilitate ad invo

care i divieti posti a pena di nullità dall'art. 79 1. 392/78, a

ripetere le somme versate al primo a titolo di «buona entrata».

Sostengono che la menzionata pattuizione integrava un nego zio nel quale l'attribuzione patrimoniale a favore del locatore

difettava di valida causa giustificativa, per essere vietata, ai sensi

dell'art. 79 1. 392/78, la corresponsione di somme a titolo di

«buona entrata» in relazione a locazione ad uso non abitativo

con conseguente esperibilità, da parte dei soggetti che avevano

effettuato il pagamento, dell'azione di ripetizione di indebito

ai sensi dell'art. 2033 c.c.

1.2. - Il motivo è fondato. L'azione di ripetizione di indebito,

prevista dall'art. 2033 c.c., ha per suo fondamento la mancan

za, originaria o sopravvenuta, di una valida causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale.

Nella specie, la carenza originaria di una legittima causa sol

vendi era stata ricollegata dalle attrici alla nullità del patto in

forza del quale esse avevano pagato somme a fondo perduto, a favore del convenuto, in relazione alla conclusione di locazio

ne non abitativa tra il predetto, quale locatore, e la s.r.l. Mitu

la, quale conduttrice, in quanto vietato dall'art. 79 1. 392/78.

Tale prospettazione è stata disattesa dalla corte d'appello, sul

rilievo che la non coincidenza tra i soggetti che avevano effet

tuato il pagamento ed il conduttore dell'immobile non legitti mava i primi a dedurre la nullità del patto ai sensi dell'art.

79 1. cit., e quindi ad agire per la ripetizione ai sensi dell'art.

2033 c.c., poiché la violazione dell'art. 79 1. cit. è invocabile

soltanto dal conduttore.

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3687 PARTE PRIMA 3688

L'affermazione della corte territoriale non è condivisibile.

1.3. - La questione della validità della «buona entrata» non

è nuova.

Il patto con il quale venga imposto al conduttore, all'atto

della conclusione del contratto di locazione, il pagamento di

una somma a titolo di «buona entrata» era espressamente san

zionato con la nullità nel previgente regime vincolistico. L'art.

28 1. 253/50 stabiliva infatti che «È nullo l'obbligo imposto al conduttore ... di adempiere, oltre al pagamento della pigio

ne, ad altre prestazioni a titolo di buon ingresso . . . qualunque sia la persona a favore della quale la prestazione è promessa e comunque questa sia dissimulata».

Occorre quindi accertare se, a seguito dell'adozione, con la

1. 392/78, della nuova disciplina delle locazioni, la suindicata

disposizione sia o meno ancora in vigore. A tal fine, va rilevato che l'art. 28 1. 253/50 si inseriva nel

complessivo sistema sanzionatorio proprio del previgente regi me vincolistico, incentrato sulla previsione della nullità delle pat tuizioni contrarie alle norme imperative che il detto regime co

stituivano, e formato da norme sparse, inserite in diverse fonti.

È sufficiente ricordare — senza pretese di completezza — l'art.

I 1. 253/50 («la proroga ha luogo di diritto nonostante qualun

que patto in contrario»), determinante la nullità, per violazione

di norme imperative (art. 1418 c.c.), di pattuizioni contra legem sia sulla durata del rapporto sia sulla misura del canone, sog

getto a blocco come effetto ulteriore della proroga dei contratti

in corso alla data del 1° marzo 1947; il menzionato art. 28

1. cit., che sanciva, oltre a quella già richiamata, la nullità delle

clausole che imponevano al conduttore il pagamento di somme

a titolo di buona uscita, o l'acquisto di mobili; l'art. 3 1. 1444/63,

che, introducendo il nuovo regime di «blocco del canone» per i contratti in corso non prorogati ai sensi delle precedenti leggi,

disponeva la nullità di ogni pattuizione in contrasto con il divie

to di aumento o che superi i limiti fissati dalla legge; l'art. 8

1. 833/69, recante nuove norme in tema di proroga e blocco

del canone, in base al quale ogni pattuizione contraria ai divieti

di aumento del canone o che superi i limiti previsti dalla legge è nulla, qualunque ne sia il contenuto apparente; l'art 2 sexies

1. 351/74, che reca disposizione analoga; l'art. 2 ter 1. 351/74, in forza del quale sono nulle le clausole contrattuali che con

templano l'obbligo di corresponsione anticipata del canone del

la locazione per periodi superiori a tre mesi, anche mediante

rilascio di titoli di credito.

Costituendo, quindi, l'art. 28 1. 253/50 parte integrante del

sistema sanzionatorio pertinente al previgente regime vincolisti

co, la valutazione circa la sua persistente vigenza, o sull'interve

nuta abrogazione tacita, deve pertanto essere condotta avendo

riguardo alla nuova disciplina organica delle locazioni dettate

dalla 1. 392/78, con specifico riferimento al sistema sanzionato

rio predisposto a garanzia dell'osservanza delle nuove norme.

Ora, l'art. 79 1. 392/78, inserito nelle disposizioni finali, reca una completa ed esaustiva disciplina in tema di «patti contrari

alla legge». Dispone infatti la nullità di ogni pattuizione diretta

a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al loca

tore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli

precedenti, ed estende la sanzione della nullità, con espressione di portata generalissima, ad ogni patto diretto ad attribuire al

locatore «altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della

presente legge».

Consegue che va esclusa la perdurante vigenza dell'art. 28

1. 253/50. Essa scaturisce invero non soltanto dalla oggettiva

incompatibilità, ai sensi dell'art. 84 1. 392/78, della perdurante vitalità di norme strettamente inerenti al previgente regime vin

colistico, qual è quella in esame, nel nuovo e diverso regime introdotto dalla 1. 392/78, ma, ancor più specificamente, dal

l'applicazione della regola generale dettata dall'art. 15 preleggi, nella parte in cui ricollega l'abrogazione tacita alla circostanza

che la nuova legge regoli la «intera materia» già regolata dalla

legge anteriore. Alla stregua del richiamato principio, infatti, la norma racchiusa nell'art. 28 1. 253/50, non quale singola di

sposizione, ma in quanto compresa, come parte integrante di

un complesso normativo, nel sistema sanzionatorio proprio del

previgente regime vincolistico, deve ritenersi abrogata (al pari di ogni altra a detto sistema sanzionatorio pertinente) a seguito dell'entrata in vigore della sopravvenuta 1. 392/78, che, nel det

tare la nuova disciplina organica delle locazioni di immobili ur

bani, ha previsto, a sua garanzia, un apposito ed esaustivo sì

II Foro Italiano — 1996.

stema sanzionatone), delineato dall'art. 79, di per sé integrante autonoma «materia», oggetto di specifica disciplina (v., per ri

ferimenti, sent. 5757/88, Foro it., Rep. 1989, voce Locazione,

n. 538, che ravvisa abrogazione tacita, ex art. 84 1. 392/78,

delle norme del regime vincolistico in tema di sublocazione per effetto della compiuta diversa disciplina della medesima mate

ria ad opera della legge c.d. dell'equo canone; v. anche sent.

2984/87, id., 1987, I, 3299, e 5664/94, id., Rep. 1994, voce Albergo, n. 2, che, in applicazione dell'art. 15 preleggi, hanno

ritenuto tacitamente abrogata la previgente disciplina della ces

sazione delle locazioni alberghiere per necessità del locatore, per effetto della nuova compiuta regolamentazione della materia in

trodotta dalla 1. 392/78 con le nuove disposizioni sul recesso

e sul diniego di rinnovazione). 1.4. - La legittimità di una pattuizione avente ad oggetto la

prestazione di una «buona entrata» deve pertanto essere vaglia ta con riferimento all'art. 79 1. 392/78.

Al riguardo, questa Suprema corte ha già avuto modo di sta

tuire che, in tema di locazione di immobili adibiti ad uso diver

so dall'abitazione, anche se, ai sensi della 1. 392/78, il canone

può essere liberamente determinato dai contraenti, il patto che

preveda il pagamento di somme diverse dal canone a titolo di

«buona entrata» è affetto da nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78,

poiché la corresponsione delle dette somme non trova giustifi cazione nel sinallagma contrattuale (sent. 1936/87, cit.; 3896/93,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 437). Il richiamato indirizzo merita adesione.

Come già ricordato, l'art. 79 1. 392/78 colpisce con la sanzio

ne della nullità ogni pattuizione diretta ad attribuire al locatore

ogni «altro vantaggio» (diverso da quelli correlati ad una dura

ta del rapporto inferiore a quella legale ed alla maggiore entità

del canone rispetto a quello imposto) in contrasto con le dispo sizioni della legge c.d. sull'equo canone.

Ora, è di tutta evidenza che costituisce vantaggio per il loca

tore l'acquisizione immediata di una somma di denaro, per le

potenzialità di investimento che siffatta disponibilità gli offre

sul piano economico.

Ma sussiste altresì il contrasto con le disposizioni della 1.

392/78. Questo non è escluso, infatti, dai rilievo che, in tema

di locazioni ad uso diverso dall'abitazione, la quantificazione del corrispettivo — a differenza di quanto avviene per le loca

zioni ad uso di abitazione, soggette all'equo canone — è lascia

ta alla libera disponibilità delle parti. Nella specie, non viene

invero in considerazione la quantificazione del corrispettivo, e

cioè del «prezzo» per la locazione dell'immobile (ipotesi che

potrebbe configurarsi nel caso in cui il pagamento dissimuli una

anticipata parziale corresponsione del canone), bensì la previ sione di una attribuzione patrimoniale estranea al contratto, ma

condizionante la sua conclusione. E una attribuzione patrimo niale siffatta non trova giustificazione nel sinallagma del con

tratto di locazione come definito, con effetti limitativi rispetto al potere di autonomia contrattuale (art. 1322, 1° comma, c.c.), dalla 1. 392/78, e si pone pertanto in contrasto con le disposi zioni della detta legge.

Occorre infatti considerare che il contrasto non deve necessa

riamente instaurarsi con una specifica disposizione della suindi cata legge, ma ben può essere ravvisato ponendo a confronto la pattuizione della cui validità si controverta con la complessi va disciplina dettata per un determinato tipo di locazione.

Per quanto concerne il contratto di locazione ad uso diverso

dall'abitazione, dall'esame della 1. 392/78 emerge che il legisla tore, se ha lasciato alla libera determinazione delle parti la quan tificazione del corrispettivo, non ha mancato di disciplinare pun tualmente, ed in senso limitativo dell'autonomia contrattuale, ulteriori aspetti inerenti al regolamento economico del rappor to, come quelli relativi all'aggiornamento del canone (art. 32) ed all'entità del deposito cauzionale (art. 11 e 41, 1° comma).

In particolare, per quanto riguarda l'aggiornamento del ca

none, l'art. 32, nella sua originaria formulazione, vietava, per i primi tre anni dall'inizio della locazione, l'aggiornamento del

canone, e ne consentiva la previsione dall'inizio del quarto an

no, con cadenza biennale, sono nei limiti del 75% della varia zione accertata dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Nel testo risultante dalla modi fica apportata con l'art. 1, comma 9 sexies, 1. 118/85, il rigore della disciplina è stato attenuato, prevedendosi che le parti pos sono convenire che il canone sia aggiornato annualmente sin

dall'inizio, ma sempre nei limiti del 75% dell'indice Istat.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Quanto al deposito cauzionale, l'art. 11, applicabile anche

alle locazioni non abitative per effetto del richiamo operato dal

l'art. 41 dispone che il suo importo non può superare il limite

massimo di tre mensilità del canone.

Ora, in un quadro significativamente limitativo dell'autono

mia delle parti, qual è quello risultante dalle menzionate dispo

sizioni, non può che ritenersi confliggente con la disciplina le

gale inderogabile del tipo di locazione in esame, e quindi colpi ta da nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, una pattuizione avente

ad oggetto la corresponsione di somme a titolo di «buona

entrata».

Se, infatti, in presenza di un interesse sicuramente apprezza

bile, qual è quello del locatore di garantirsi per l'eventuale ina

dempimento delle obbligazioni del conduttore, il legislatore ha

limitato a tre mensilità del canone l'entità del deposito cauzio

nale, a maggior ragione deve ritenersi non consentita l'imposi

zione, senza limite alcuno, del versamento di somme a fondo

perduto a vantaggio del locatore, in difetto di ogni apprezzabile

interesse, ed anzi in situazione caratterizzata da violazione dei

principi di lealtà, correttezza e solidarietà (art. 1175 e 1337 c.c.) da parte del contraente più forte.

Ed inoltre, se, ai sensi dell'art. 32, non è consentito al locato

re sottrarsi all'incidenza del fenomeno inflattivo sul corrispetti

vo, se non pattuendo l'aggiornamento periodico del canone, a

maggior ragione deve ritenersi vietata l'acquisizione di somme

a titolo di «buona entrata», che pone al riparo dall'inflazione

la somma immediatamente riscossa.

1.5. - La peculiarità della fattispecie, nella quale il pagamen to della «buona entrata» è stato compiuto da soggetti formal

mente diversi dal conduttore, impone una ulteriore conside

razione.

Ha ritenuto la corte territoriale che la nullità di una pattui

zione siffatta, ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, non possa essere

invocata che dal conduttore.

L'affermazione non può essere condivisa. L'art. 79 1. 392/78

sanziona con la nullità i patti contrari al regime imperativo da

essa stabilito, e pertanto, secondo i principi generali (art. 1421

c.c.), deve ritenersi consentito a chiunque vi abbia interesse far

la valere (sent. 5827/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 156).

Non vale opporre che l'art. 79, 2° comma, 1. 392/78 indica

il conduttore quale soggetto legittimato ad agire per la ripetizio

ne di somme pagate in violazione dei divieti e dei limiti previsti

dalla legge medesima. Con tale indicazione si è invero inteso

far riferimento al conduttore quale soggetto normalmente inte

ressato ad agire per la ripetizione, previa declaratoria di nullità

del patto lesivo delle norme imperative, dal momento che, se

condo Vici quod plerumque accidit, il pagamento di somme in

violazione delle disposizioni della 1. 392/78 avviene nell'ambito

dello svolgimento di un contratto di locazione. Deve pertanto

escludersi che una norma siffatta, della quale è agevole cogliere

la suindicata giustificazione, sia idonea ad apportare implicita

deroga ad un principio generale, qual è quello posto dall'art.

1421 c.c.

La legittimazione del terzo a dedurre la nullità di una pattui

zione, della quale sia stato parte, per contrasto con le disposi zioni della 1. 392/78, deve quindi essere accertata sotto il profi

lo della sussistenza dell'interesse.

Orbene, non può negarsi l'interesse del terzo a dedurre la

violazione delle norme imperative poste dalla 1. 392/78 qualora

la pattuizione della cui validità si controverta si ponga in rap

porto di stretta connessione con un contratto di locazione inter

corso tra la controparte ed altro soggetto. La sanzione della

nullità è posta dall'art. 79 1. 392/78 a presidio della legge mede

sima, e quindi è destinata ad operare onde evitare facili elusio

ni, anche nei confronti di patti accessori del tipo suindicato,

che interferiscano illegittimamente sul regolamento del rappor

to di locazione, oggetto primario della disciplina.

Pertanto, nell'ipotesi in cui l'accordo avente ad oggetto un

pagamento indebito, per violazione delle norme imperative del

la 1. 392/78, non intervenga direttamente tra il locatore ed il

conduttore, ma tra il locatore ed un terzo, quest'ultimo deve

ritenersi legittimato ad invocare la nullità, ai sensi dell'art. 1421

c.c. ed a ripetere le somme indebitamente corrisposte, ai sensi

dell'art. 2033 c.c., sempreché sia accertato, avuto riguardo ad

ogni utile elemento (rapporti tra solvens e conduttore, contem

poraneità tra accordo per il pagamento e conclusione del con

tratto, ecc.) il collegamento funzionale tra il menzionato accor

II Foro Italiano — 1996.

do ed il contratto di locazione, e, quindi, il pagamento risulti

inerente al regolamento economico del rapporto di locazione.

2.1. - Con il secondo motivo, denunciando violazione degli art. 1411 e 2697 c.c., le ricorrenti addebitano alla corte territo

riale di aver ritenuto, in difetto di ogni prova al riguardo, che

tra di esse e lo Sciommer fosse intervenuto un accordo inte

grante un contratto atipico, con causa lecita, a favore di un

terzo (la s.r.l. Mitula), in base al quale il locatore, quale corri

spettivo della rinuncia alla richiesta di riconsegna dell'immobile

per effetto della cessazione del precedente rapporto e della ade

sione alla conclusione di un nuovo contratto con la s.r.l. Mitu

la, poteva legittimamente pretendere dalle attrici il pagamento di una somma di denaro.

2.2. - Il motivo è fondato.

Quale ulteriore argomento a sostegno del rigetto della do

manda la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, e quindi non

deducibile l'indebito pagamento ai sensi dell'art. 2033 c.c., sul

rilievo che il pagamento sarebbe avvenuto in attuazione di un

contratto a favore di terzo, connotato da causa lecita, in quan

to giustificato dalla rinuncia del locatore ad agire per il rilascio

dell'immobile, a seguito della scadenza del precedente contrat

to. Ha cioè ritenuto che l'accordo, implicante reciproche con

cessioni, integrasse una transazione (art. 1965 c.c.) a favore di

un terzo, idonea a costituire una valida causa solvendi.

Nessuna indicazione peraltro la sentenza fornisce circa gli ele

menti probatori dai quali ha ritenuto di desumere l'avvenuta

conclusione di un accordo avente il suindicato contenuto, e la

configurabilità di un tipo contrattuale avente la menzionata

natura.

Non può valere, a tal fine, il mero richiamo alla circostanza

che il locatore, essendo libero di non rinnovare il precedente

contratto, venuto a scadenza alla data di cessazione del regime transitorio della 1. 392/78, con la conclusione del nuovo con

tratto avrebbe rinunciato al suo diritto a richiedere il rilascio

dell'immobile. Una situazione siffatta avrebbe invero, in via

astratta, potuto dar luogo ad un accordo che, a fronte della

rinuncia a pretendere il rilascio da parte del locatore, prevedes se il pagamento di una somma di denaro da parte del condutto

re, o di terzi interessati. Ma nessuna indicazione il giudice del

merito ha fornito circa gli elementi comprovanti che, in concre

to, la volontà dei contraenti si era atteggiata e manifestata in

tal senso, in modo da legare con vincolo di reciprocità rinuncia

e pagamento. Indicazione tanto più necessaria ove si consideri la natura

transattiva di un simile accordo e, conseguentemente, il peculia re regime probatorio (art. 1967 c.c.) che caratterizza la tran

sazione.

Anche la censura in esame va pertanto accolta.

3.1. - Con il terzo motivo, denunciando violazione degli art.

112 e 189 c.p.c., le ricorrenti deducono che, avendo il convenu

to, in primo grado, prospettato la tesi della transazione a favo

re di terzo solo con la comparsa conclusionale, la relativa que

stione non poteva essere esaminata dalla corte d'appello. 3.2. - Il motivo non è fondato. Risulta dagli atti, che questa

corte è abilitata ad esaminare direttamente, in quanto viene de

nunciato un error in procedendo, che la tesi della transazione

è stata prospettata dal convenuto sin dalla comparsa di costi

tuzione.

4. - In conclusione, l'impugnata sentenza va cassata in rela

zione ai motivi accolti, e la causa rimessa ad altro giudice, che

si atterrà, nel riesame conseguente all'accoglimento del primo

motivo, al seguente principio di diritto.

«In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso dal

l'abitazione, anche se, ai sensi della 1. 392/78, il canone può

essere liberamente determinato dai contraenti, non è consentito

al locatore di pretendere il versamento di ulteriori somme, di

verse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto

o a titolo di "buona entrata", poiché un accordo che abbia

ad oggetto un pagamento a tale titolo, privo di giustificazione

nel sinallagma contrattuale, incorre nella sanzione di nullità pre

vista dall'art. 79 1. cit. Tale sanzione opera anche nell'ipotesi

in cui l'accordo avente ad oggetto il pagamento non intervenga

direttamente tra il locatore ed il conduttore, ma tra il locatore

ed un terzo, sempreché sia accertato il collegamento funzionale

tra l'accordo ed il contratto di locazione, e, quindi, l'inerenza

del pagamento al regolamento economico del rapporto di lo

cazione».

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