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sezione III civile; sentenza 9 ottobre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Marinelli(concl. diff.); Marcolini (Avv. Gigli, Galice) c. Santolillo (Avv. Baliva). Cassa App. Brescia 3luglio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 12 (DICEMBRE 1996), pp. 3681/3682-3689/3690Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191042 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
proprio perché non è comunque del tutto estraneo alla contro
parte di quei rapporti, risulta più di un qualsiasi terzo tenuto
a rispettare l'interesse di tale controparte, essendo al contempo a ciò vincolato dal rapporto sociale che lo lega agli altri soci, la cui attuazione secondo buona fede in nessun caso tollerereb
be un atteggiamento di totale indifferenza verso l'interesse so
ciale. Lungi dall'essere illegittima, non appare dunque affatto
illogica la previsione dell'atto costitutivo secondo cui anche la
violazione di obblighi assunti dal socio verso la società in forza
di rapporti extrasociali può giustificare l'esclusione del socio me
desimo dalla società (ferma restando, ovviamente, la necessità
di verificare, sul piano attuativo, il modo in cui tale potere di
esclusione venga poi esercitato dai competenti organi sociali, con il pieno rispetto delle procedure e delle garanzie previste dalla legge e dallo stesso atto costitutivo per ogni ipotesi di esclu
sione): proprio in quanto un simile comportamento è comun
que potenzialmente idoneo a recar danno alla società e ad incri
nare quel legame di fiducia con il socio che, in società caratte
rizzate da un forte rilievo dell'elemento personale, è condizione
perché possa esser tenuto in vita il rapporto sociale.
IV. - Discende dall'insieme delle considerazioni svolte che il
ricorso dev'essere rigettato.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 otto
bre 1996, n. 8819; Pres. Iannotta, Est. Di Nanni, P.M. Ma
rinelli (conci, diff.); Marcolini (Avv. Gigli, Galice) c. San
tolillo (Avv. Baliva). Cassa App. Brescia 3 luglio 1993.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione — Manutenzione dell'immobile — Pattuizione a carico del
conduttore — Nullità (Cod. civ., art. 1576, 1590, 1609; 1.
27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 79).
In tema di locazioni abitative soggette al c.d. equo canone, la
clausola contrattuale che obbliga il conduttore a restituire l'im
mobile, al termine del rapporto, nello stesso stato in cui lo
ha ricevuto deve considerarsi nulla, ai sensi dell'art. 79 l.
392/78, giacché tende ad assicurare al locatore il vantaggio — estraneo alle previsioni degli art. 1576 e 1609 c.c. — di
sottrarsi all'onere economico conseguente al normale deterio
ramento della cosa locata, parzialmente compensato anche at
traverso la percezione de! canone di locazione. (1)
(1) Analogamente, per la nullità della clausola contrattuale che pon
ga a carico del conduttore le spese di manutenzione dell'immobile in
deroga agli art. 1576 e 1609 c.c., qualora si tratti di locazione abitativa
soggetta alla normativa del c.d. equo canone, v. Cass. 17 ottobre 1992, n. 11401, Foro it., 1993, I, 1911, con nota di richiami (riportata anche
in Giust. civ., 1993, I, 1229, con nota di M. De Tilla). Per la validità
di siffatta clausola qualora si tratti, invece, di locazione non abitativa,
v., inoltre, Trib. Milano 20 febbraio 1992, Foro it., Rep. 1993, voce
Locazione, n. 129. In riferimento all'obbligo del conduttore di riconsegnare la cosa loca
ta, al termine del rapporto, nello stato in cui l'ha ricevuta, salvo il
deterioramento da essa subito per l'uso fattone nel corso della locazio
ne in conformità alla destinazione contrattuale, ex art. 1590 c.c., v.,
successivamente, Cass. 18 giugno 1993, n. 6798, id., 1993, I, 2819, con
nota di richiami (e Giust. civ., 1994, I, 1359, con nota di M. De Tilla), e 30 agosto 1995, n. 9207, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 169, en
trambe sulla legittimità del rifiuto del locatore di accettare la riconse
gna del bene prima della sua rimessione in pristino, quando il condutto
re vi abbia apportato trasformazioni o innovazioni (o, in caso di loca
zione ad uso diverso dall'abitazione, anche quando il conduttore sia
rimasto inadempiente ad eventuali obblighi di manutenzione dell'immo
bile contrattualmente assunti).
Il Foro Italiano — 1996.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 9 otto
bre 1996, n. 8815; Pres. Meriggiola, Est. Preden, P.M. Cin
que (conci, conf.); Vittoria e altra (Avv. Palombi) c. Sciom
mer (Avv. C. e M. Manfredonia). Cassa App. Roma 3 giu
gno 1993.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diverso
dall'abitazione — Pattuizione di c.d. «buona entrata» a cari
co del conduttore — Nullità (L. 23 maggio 1950 n. 253, di
sposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani, art. 28; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 11, 32, 79, 84).
Locazione — Legge 392/78 — Somme illegittimamente versate — Azione di ripetizione — Legittimazione attiva — Soggetto diverso dal conduttore — Fattispecie (Cod. civ., art. 1421,
2033; 1. 27 luglio 1978 n. 392, art. 79).
In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abi
tazione, ancorché debba escludersi la perdurante vigenza del
l'art. 20 I. 253/50 (che nel previgente regime vincolistico espres samente vietava l'imposizione al conduttore di prestazioni a
titolo di «buon ingresso»), e ancorché valga il principio della
libera determinazione del canone da parte dei contraenti, è
affetto da nullità, ai sensi dell'art. 79 I. 392/78, il patto che
preveda il pagamento da parte del conduttore di somme di
verse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di «buona entrata». (2)
(2) Circa la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, anche con riferi
mento alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione, del patto che preve da il pagamento di somme a «fondo perduto» o a titolo di «buona
entrata» da parte del conduttore, v., in senso conforme, Cass. 1° aprile 1993, n. 3896, Foro it., Rep. 1994, voce Locazione, n. 432 (riportata in Rass. locazioni e condominio, 1994, 228, che ha conseguentemente escluso possa tenersi conto di tali prestazioni, ancorché rispondenti a
una prassi diffusa, ai fini della determinazione dell'indennità di avvia mento ex art. 69 1. 392/78 sulla base del «canone corrente di mercato»
dell'immobile; nello stesso senso, in precedenza, Cass. 9 maggio 1986, n. 3098, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 644); 24 febbraio 1987, n.
1936, id., Rep. 1987, voce cit., n. 354 (e Arch, locazioni, 1987, 277); nonché, tra le pronunzie di merito, Trib. Monza 20 maggio 1993, Foro
it., Rep. 1993, voce cit., n. 128 (nella cui motivazione, che si legge in Arch, locazioni, 1993, 545, si sottolinea che nella specie la somma in questione non aveva lo scopo di integrare il canone simultaneamente
indicato nella scrittura contrattuale, bensì in una «attribuzione patri moniale a fondo perduto del tutto avulsa dalla misura del corrispettivo»).
Di particolare rilievo, nell'ampia motivazione di Cass. 8815/96, è la
considerazione che il contrasto della clausola del (o del patto accessorio
al) contratto di locazione con le norme imperative della 1. 392/78, che
ne determina la nullità ai sensi del citato art. 79, «non deve necessaria
mente instaurarsi con una specifica disposizione della suindicata legge, ma ben può essere ravvisato ponendo a confronto la pattuizione della
cui validità si controverta con la complessiva disciplina dettata per un
determinato tipo di locazione». Nella specie, appunto, si osserva che
il patto di pagamento di somme a titolo di «buona entrata» si pone in evidente contrasto con la disciplina della 1. 392/78 in tema di loca
zioni ad uso diverso dall'abitazione, dal momento che questa, «se ha lasciato alla libera determinazione delle parti la quantificazione del cor
rispettivo, non ha mancato di disciplinare puntualmente, ed in senso
limitativo dell'autonomia contrattuale, ulteriori aspetti inerenti al rego lamento economico del rapporto, come quelli relativi all'aggiornamento del canone (art. 32), ed all'entità del deposito cauzionale (art. 11 e 41, 1° comma)», che non può superare le tre mensilità di canone.
A ciò può aggiungersi che, secondo l'orientamento da ultimo espres so da Cass. 10 luglio 1996, n. 6274, Foro it., 1996, I, 3023, anche
con riferimento alle locazioni non abitative disciplinate dalla 1. 392/78
trova tuttora applicazione il divieto — previsto dall'art. 2 ter d.l. 236/74
(convertito nella 1. 351/74) — di clausole che impongano al conduttore
il pagamento anticipato del canone per periodi superori al trimestre.
Sulla possibile rilevanza penale della pretesa di somme a titolo di
«buona entrata», o comunque ulteriori rispetto al canone legale, da
parte del locatore, in relazione alla previsione dell'art. 629 c.p. (reato di estorsione), cfr. Cass. 16 ottobre 1990, Scardigno, id., Rep. 1992, voce Estorsione, n. 12; 16 marzo 1989, Caposoni, id., Rep. 1990, voce
cit., n. 12; 6 marzo 1989, Savini, ibid., n. 11; 8 marzo 1986, Silvestrini,
id., Rep. 1986, voce Locazione, n. 334; 28 marzo 1984, Bernardo, id.,
Rep. 1985, voce Estorsione, n. 13; 6 dicembre 1983, Vielmetti, ibid., n. 14; 26 settembre 1983, Bellini, ibid., n. 15; App. Genova 17 luglio 1995 e Trib. Sanremo 3 febbraio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., *?n.
7, 11; App. Genova 7 luglio 1987 e Trib. Genova 12 giugno 1986, id.,
Rep. 1988, voce cit., n. 12, e Rep. 1987, voce cit., n. 14; App. Bologna 6 maggio 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 16; App. Milano 9 febbraio
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3683 PARTE PRIMA 3684
Nell'ipotesi in cui l'accordo avente ad oggetto un pagamento
indebito, per violazione delle norme imperative della l. 392/78,
intervenga non direttamente tra il locatore e il conduttore,
ma tra il locatore ed un terzo, quest'ultimo è legittimato ad
invocare la nullità del patto e a ripetere le somme indebita
mente corrisposte, sempre che risulti accertato il collegamen to funzionale tra il menzionato accordo e il contratto di loca
zione e, quindi, l'inerenza del pagamento al regolamento eco
nomico del rapporto di locazione (nella specie, si trattava del
pagamento di somme a titolo di «buona entrata», in relazio
ne a locazione non abitativa). (3)
I
Motivi della decisione. — 1.1. - Il ricorso svolge due motivi.
Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applica zione delle norme del codice civile sull'interpretazione dei con
tratti, dell'art. 79 1. 27 luglio 1978 n. 392 e dell'art. 1590 c.c.
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente si riferisce al capo della sentenza impugnata con
il quale è stata confermata la condanna del Marcolini al paga mento delle spese di attintatura delle pareti interne dell'appar tamento.
Egli sostiene: che l'interpretazione della clausola, dalla quale è stato ricavato il suo impegno a riportare le condizioni dell'ap
partamento nelle stesse condizioni nelle quali lo aveva ricevuto, è irragionevole; che la clausola doveva essere considerata nulla
ai sensi dell'art. 79 1. n. 392 del 1978.
Il motivo involge i problemi della corretta interpretazione di
una clausola contrattuale e della sua validità in relazione alla
disposizione dell'art. 79 cit.
Esso è fondato nei limiti di quanto si dirà.
1.2. - L'art. 79 della legge c.d. dell'equo canone esclude che
il locatore possa trarre dal contratto vantaggi economici in con
trasto con le disposizioni della legge stessa.
La maggior parte di questi vantaggi si riferisce alla durata
della locazione o alla determinazione del canone.
La durata della locazione è quella fissata dalla legge e non
può essere determinata attraverso clausole che ne alterino la
consistenza in danno del conduttore.
La determinazione del canone della locazione, nei contratti
1983, id., Rep. 1984, voce Locazione, n. 448, e 24 settembre 1980, id., Rep. 1982, voce Estorsione, n. 28; G.i.p. Trib. Milano 9 dicembre
1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 10; Trib. Monza 24 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1 (e Arch, locazioni, 1994, 593); Trib. Roma 24 aprile 1992, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 13; Trib. Bolo
gna 8 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 18 (e Arch, locazioni, 1984, 622, con nota di Ferraguti); Trib. Brescia 3-15 giugno 1983, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 19, e Rep. 1984, voce Locazione, n. 449; Trib. Bari 24 febbraio 1981, id., 1981, II, 481, con nota di richiami.
V. inoltre, in dottrina: G. Sellaroli, Equo canone ed estorsione (la I. 27 luglio 1978 n. 392, nei suoi riflessi di rilevanza penalistica), in
Legislazione pen., 1982, 186; A. M. Maestri, Profili penalistici dell'e
quo canone, in Cass, pen., 1982, 172, e Locazioni urbane, 1982, 167; F. Lazzaro, Equo canone (profili penalistici), voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, 1989, XII; G. Pica, Violazioni dell'equo canone e reato di estorsione, in Riv. pen. economia, 1989, fase. 2, 133.
(3) Non constano precendenti in termini. Nel senso che la nullità ex art. 79 1. 392/78 non è relativa, ma assolu
ta, e quindi, secondo il principio generale di cui all'art. 1421 c.c., può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice, v., con riguardo a fattispecie diverse: Cass. 24
maggio 1993, n. 5827, Foro it., Rep. 1994, voce Locazione, n. 156, e Giur. it., 1994, I, 1, 589; 13 aprile 1989, n. 1776, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 208; Trib. Milano 27 ottobre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 228.
Nel senso che gli eredi del conduttore sono legittimati ad agire ai sensi dell'art. 79 1. cit., per la determinazione del canone e la ripetizio ne di somme che il locatore abbia percepito dal loro dante causa in eccedenza rispetto al dovuto, v. Pret. Milano 20 aprile 1995, id., 1996, I, 595.
Circa la legittimazione ad agire per la restituzione del deposito cau zionale ex art. 11 1. 392/78, nel caso che alla sua costituzione (a garan zia delle obbligazioni inerenti alla locazione) abbia provveduto un sog getto diverso dal conduttore, cfr. Trib. Milano 14 novembre 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 416, e Arch, locazioni, 1995, 884.
Il Foro Italiano — 1996.
adibiti ad uso abitativo, è anch'essa fissata dalla legge con rife
rimento ad elementi certi, tra i quali: il pagamento delle spese di registrazione del contratto che grava in eguale misura sul
locatore e sul conduttore (art. 8), il pagamento degl oneri acces
sori che sono ritenuti corrispettivo delle prestazioni accessorie
alla locazione (art. 9), il pagamento del deposito cauzionale,
il cui ammontare è pure predeterminato (art. 11), la determina
zione stessa del canone, che dipende dai criteri indicati dagli art. da 13 a 23 della legge, l'aggiornamento (art. 24) o l'adegua mento del canone, i quali possono essere richiesti solo in casi
tassativi (art. 25). Gli altri vantaggi non derogabili dall'autonomia contrattuale
indicati dall'art. 79 sono quelli che comunque incidono sul si
nallagma contrattuale alterandone l'equilibrio in favore del lo
catore.
Nella giurisprudenza di questa corte essi sono stati identifica
ti in somme o prestazioni che il conduttore è altrimenti impe
gnato ad effettuare in favore del locatore, quali, le somme non
denunziate nel contratto e versate a titolo di buona entrata (sent. 1° aprile 1993, n. 3896, Foro it., Rep. 1993, voce Locazione, n. 437) o di buona uscita, nella corresponsione degli aumenti
del canone non secondo i limiti indicati dall'art. 32 della legge
(sent. 22 novembre 1994, n. 9878, id., Rep. 1995, voce cit., n. 324), nella rinuncia preventiva e senza corrispettivo del con
duttore all'indennità per l'avviamento commerciale (sent. 19 mar
zo 1991, n. 2945, id., Rep. 1991, voce cit., n. 496), alla deter
minazione separata del canone dell'immobile e di quello del
l'autorimessa locati allo stesso soggetto (sent. 16 marzo 1990, n. 2203, id., 1990, I, 3477).
Con riferimento agli obblighi del conduttore l'art. 1587, n.
1, c.c. obbliga, in primo luogo, il conduttore ad osservare la
diligenza del buon padre di famiglia nell'uso e nel godimento della cosa.
Connessa a questa obbligazione del conduttore è l'altra di
provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione e queste so
no quelle collegate al normale godimento della cosa e caratte
rizzate, in genere, dalla tenuità della spesa: art. 1576 e 1609
dello stesso codice.
Il conduttore, inoltre, deve restituire la cosa al locatore nello
stesso stato in cui l'ha ricevuta fatto salvo il deterioramento
risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto: art.
1590, 1° comma, c.c.
Le obbligazioni indicate sono strumentali all'interesse del lo
catore di conservare la cosa immune da danni materiali che ne
alterino il valore e sono indirettamente contemplate dall'art. 23
1. n. 392 del 1978, che configura il diritto del locatore di chiede
re un aumento del canone, anch'esso predeterminato nell'am
montare e nelle modalità di corresponsione, quando si tratta
di opere, importanti ed improrogabili, necessarie per la conser
vazione dell'immobile. Fuori di queste ipotesi, le spese derivanti dall'uso normale
della cosa possono essere affrontate dal conduttore che ne trovi
la convenienza, ma debbono essere sopportate dal locatore al
momento della cessione del rapporto. Il che vale a dire che l'onere che il conduttore di immobile
adibito ad uso abitativo si accolli si configura in una modifica
zione del canone del contratto fuori delle ipotesi perviste dalla
legge.
Infatti, l'obbligo di ripristinare lo stesso stato abitativo esi
stente al momento della locazione, altera il sinallagma contrat
tuale, perché fa conseguire al locatore il vantaggio ulteriore di
non farsi carico del normale deterioramento che l'uso della co
sa comporta e che è compensato anche con la corresponsione del canone: in questo senso già Cass. 17 ottobre 1992, n. 11401
(id., 1993, I, 1911), 8 febbraio 1990, n. 880 {id., Rep. 1990, voce cit., n. 148) ed altre precedenti.
Nella fattispecie ricostruita dalla Corte di appello di Brescia la clausola contrattuale n. 5, con la quale il Marcolini si impe
gnava a riconsegnare l'appartamento nello stesso stato in cui lo aveva ricevuto eseguento quelle opere di manutenzione che
consentissero alla Santolillo di riavere l'immobile nelle condi
zioni di un appartamento nuovo e mai abitato, contrasta con la disposizione dell'art. 79 più volte richiamato, in quanto con sente alla locatrice di conseguire vantaggi economici estranei al le previsioni degli art. 1576 e 1609 c.c. con aggravio economico del conduttore non previsto dalle disposizioni della legge sull'e
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
quo canone a proposito della determinazione del canone della
locazione ed alle maggiorazioni di questo. Essa quindi doveva essere dichiarata nulla, come eccepito dal
Marcolini, e dalla stessa non poteva essere ricavato l'obbligo
posto a carico dello stesso Marcolini.
In relazione a queste premesse, quindi, la censura è fondata
con le conseguenze di cui si dirà.
1.3. - Con riferimento all'altra parte della censura il collegio ritiene che da un punto di vista strutturale le operazioni collega te all'interpretazione della clausola contenuta nel contratto di
locazione tra le parti in causa si debbono scomporre in diverse
fasi: la prima, consistente nella ricerca della comune volontà
dei contraenti; la seconda, nella descrizione del modello della
fattispecie giuridica; l'ultima nel giudizio sulla rilevanza giuridi ca qualificante degli elementi di fatto concretamente accertati
(sent. n. 6744 del 1988, id., Rep. 1988, voce Contratto in gene
re, n. 298, e n. 2006 del 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n.
319, tra le ultime). Soltanto le ultime due fasi, risolvendosi nell'applicazione di
norme di diritto, possono essere liberamente censurate in sede
di legittimità. La prima, invece, configura un tipo di accerta
mento di fatto che è riservato al giudice di merito ed è sindaca
bile in Cassazione soltanto per difetto di motivazione.
La Corte di appello di Brescia ha ricavato l'esistenza dell'ob
bligo del conduttore dalla clausola contrattuale secondo la qua
le il conduttore si impegnava a restituire l'appartamento nello
stesso stato di buona manutenzione in cui lo aveva ricevuto;
ad eseguire opere di piccola manutenzione dettagliatamente in
dicate.
Questa clausola è stata interpretata nel senso che il condutto
re avrebbe dovuto eseguire le opere necessarie a riportare l'ap
partamento nello stesso stato di un immobile mai prima locato,
poiché in esso non erano stati compiuti interventi di alcun genere.
Questa interpretazione si colloca nell'ambito del difetto di mo
tivazione classico e la ricostruzione della comune intenzione delle
parti non è, quindi, censurabile in questa sede, in quanto non
è possibile sovrapporre al giudizio della corte di Brescia altra
valutazione della comune intenzione delle parti che sarebbe cor
retta soltanto perché conforme agli interessi del ricorrente.
Pertanto, la censura deve essere respinta. 2.1. - Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa
applicazione delle norme del codice civile e del codice di proce
dura civile sull'interpretazione degli atti e degli art. 1590 e 1591
c.c. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente si riferisce al capo della sentenza impugnata con
la quale è stata confermata la sua condanna al pagamento dei
canoni di locazione dei mesi di novembre e dicembre 1982.
Egli sostiene che l'indicazione contenuta nella comparsa di
risposta del giudizio di primo grado, secondo la quale la loca
zione era cessata il 16 dicembre 1982, era frutto di errore (del
difensore) e che la corte di appello non ha rilevato l'errore con
siderando che l'ammissione era in contrasto con la sua doman
da di restituzione della cauzione relativa ad una mensilità.
Il motivo non è fondato.
2.2. - Il ricorrente, malgrado il formale riferimento all'art.
360, n. 5, c.p.c., intende in realtà ottenere inammissibilmente
in sede di legittimità una nuova valutazione, in senso a lui favo
revole, delle risultanze processuali che invece il giudice del me
rito ha sottoposto ad un esame critico, dando ragione della de
cisione cui è pervenuto con una motivazione congrua ed immu
ne da vizi logici ed errori giuridici, come tale non suscettibile
di sindacato da parte della Corte di cassazione.
3. - Conclusivamente, deve essere accolto il primo motivo
del ricorso nei limiti di cui alla motivazione e deve essere riget
tato il secondo motivo.
La sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata in relazio
ne al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte
di appello di Brescia, la quale si atterrà al seguente principio
di diritto: «la clausola con la quale il conduttore si impegna
a ripristinare lo stato locativo dell'immobile nello stesso stato
in cui lo ha ricevuto tende ad assicurare al locatore il vantaggio,
non consentito dall'art. 79 1. 28 luglio 1978 n. 392, di escludere
l'onere economico di dovere sopportare le spese del deteriora
mento della cosa derivante da un normale uso della cosa stessa
e che è compensato in parte anche con il canone della locazione».
Il Foro Italiano — 1996.
II
Svolgimento del processo. — Con atto del 7 aprile 1987 M.
Teresa Vittoria e Stefania Grosz convenivano davanti al Tribu
nale di Roma Giorgio Sciommer esponendo che, con contratto
del 12 dicembre 1977, il convenuto aveva locato alla s.r.l. Mitu
la, rappresentata dalla Vittoria, l'immobile sito in via Borgo
gnona n. 42/B, ad uso negozio, per il periodo 1° gennaio 1978-31
gennaio 1982, per l'effettivo canone complessivo di lire
54.000.000; a seguito di disdetta intimata dal locatore, in data
18 luglio 1984, era stato stipulato tra le stesse parti un nuovo
contratto, per la durata di anni sei, con canone mensile effetti
vo di lire 4.500.000, ed in tale occasione le attrici avevano ver
sato al convenuto la somma di lire 150.000.000 in contanti e
avevano rilasciato effetti per lire 230.000.000.
Ciò premesso, deducevano che il pagamento della suindicata
somma integrava indebito oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c., e chiedevano la condanna del convenuto a restituire quanto per
cepito e la declaratoria di insussistenza di valida pretesa credi
toria in relazione ai titoli in suo possesso. Il convenuto resisteva, eccependo che le somme gli erano sta
te versate in restituzione di mutui.
Il tribunale accoglieva la domanda, ritenendo privo di causa
giustificativa il pagamento delle somme, avvenuto a titolo di
«buona entrata» in relazione a locazione non abitativa, perché vietato dall'art. 79 1. 392/78, come affermato dalla Suprema corte con la sent. 1936/87 (Foro it., Rep. 1987, voce Locazio
ne, n. 354). La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 3 giugno 1993,
in riforma dell'impugnata sentenza, rigettava la domanda. Con
siderava la corte:
a) che le attrici, non essendo parti del contratto di locazione, intercorso tra lo Sciommer e la s.r.l. Mitula, non erano legitti mate a chiedere la restituzione delle somme versate al primo, deducendo che il pagamento era avvenuto in violazione dell'art.
79 1. 392/78, poiché tale disposizione è invocabile soltanto dal
conduttore;
b) che il pagamento era avvenuto nell'ambito di un contratto
atipico a favore di terzo, a causa lecita, con il quale le attrici
avevano ottenuto dal locatore la rinuncia all'intimata disdetta
e la stipula di un nuovo contratto a favore della s.r.l. Mitula.
Ricorrono per cassazione la Vittoria e la Grosz, sulla base
di tre motivi, illustrati con memoria, ai quali resiste, con con
troricorso, lo Sciommer.
Motivi della decisione. — 1.1. - Con il primo motivo, denun
ciando violazione e falsa applicazione degli art. 1343, 1344, 1418, 2033 c.c. in relazione all'art. 79 1. 392/78, le ricorrenti deduco
no che erroneamente la corte d'appello le ha ritenute non legit
timate, in quanto estranee al contratto di locazione intercorso
tra lo Sciommer e la s.r.l. Mitula e quindi non abilitate ad invo
care i divieti posti a pena di nullità dall'art. 79 1. 392/78, a
ripetere le somme versate al primo a titolo di «buona entrata».
Sostengono che la menzionata pattuizione integrava un nego zio nel quale l'attribuzione patrimoniale a favore del locatore
difettava di valida causa giustificativa, per essere vietata, ai sensi
dell'art. 79 1. 392/78, la corresponsione di somme a titolo di
«buona entrata» in relazione a locazione ad uso non abitativo
con conseguente esperibilità, da parte dei soggetti che avevano
effettuato il pagamento, dell'azione di ripetizione di indebito
ai sensi dell'art. 2033 c.c.
1.2. - Il motivo è fondato. L'azione di ripetizione di indebito,
prevista dall'art. 2033 c.c., ha per suo fondamento la mancan
za, originaria o sopravvenuta, di una valida causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale.
Nella specie, la carenza originaria di una legittima causa sol
vendi era stata ricollegata dalle attrici alla nullità del patto in
forza del quale esse avevano pagato somme a fondo perduto, a favore del convenuto, in relazione alla conclusione di locazio
ne non abitativa tra il predetto, quale locatore, e la s.r.l. Mitu
la, quale conduttrice, in quanto vietato dall'art. 79 1. 392/78.
Tale prospettazione è stata disattesa dalla corte d'appello, sul
rilievo che la non coincidenza tra i soggetti che avevano effet
tuato il pagamento ed il conduttore dell'immobile non legitti mava i primi a dedurre la nullità del patto ai sensi dell'art.
79 1. cit., e quindi ad agire per la ripetizione ai sensi dell'art.
2033 c.c., poiché la violazione dell'art. 79 1. cit. è invocabile
soltanto dal conduttore.
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3687 PARTE PRIMA 3688
L'affermazione della corte territoriale non è condivisibile.
1.3. - La questione della validità della «buona entrata» non
è nuova.
Il patto con il quale venga imposto al conduttore, all'atto
della conclusione del contratto di locazione, il pagamento di
una somma a titolo di «buona entrata» era espressamente san
zionato con la nullità nel previgente regime vincolistico. L'art.
28 1. 253/50 stabiliva infatti che «È nullo l'obbligo imposto al conduttore ... di adempiere, oltre al pagamento della pigio
ne, ad altre prestazioni a titolo di buon ingresso . . . qualunque sia la persona a favore della quale la prestazione è promessa e comunque questa sia dissimulata».
Occorre quindi accertare se, a seguito dell'adozione, con la
1. 392/78, della nuova disciplina delle locazioni, la suindicata
disposizione sia o meno ancora in vigore. A tal fine, va rilevato che l'art. 28 1. 253/50 si inseriva nel
complessivo sistema sanzionatorio proprio del previgente regi me vincolistico, incentrato sulla previsione della nullità delle pat tuizioni contrarie alle norme imperative che il detto regime co
stituivano, e formato da norme sparse, inserite in diverse fonti.
È sufficiente ricordare — senza pretese di completezza — l'art.
I 1. 253/50 («la proroga ha luogo di diritto nonostante qualun
que patto in contrario»), determinante la nullità, per violazione
di norme imperative (art. 1418 c.c.), di pattuizioni contra legem sia sulla durata del rapporto sia sulla misura del canone, sog
getto a blocco come effetto ulteriore della proroga dei contratti
in corso alla data del 1° marzo 1947; il menzionato art. 28
1. cit., che sanciva, oltre a quella già richiamata, la nullità delle
clausole che imponevano al conduttore il pagamento di somme
a titolo di buona uscita, o l'acquisto di mobili; l'art. 3 1. 1444/63,
che, introducendo il nuovo regime di «blocco del canone» per i contratti in corso non prorogati ai sensi delle precedenti leggi,
disponeva la nullità di ogni pattuizione in contrasto con il divie
to di aumento o che superi i limiti fissati dalla legge; l'art. 8
1. 833/69, recante nuove norme in tema di proroga e blocco
del canone, in base al quale ogni pattuizione contraria ai divieti
di aumento del canone o che superi i limiti previsti dalla legge è nulla, qualunque ne sia il contenuto apparente; l'art 2 sexies
1. 351/74, che reca disposizione analoga; l'art. 2 ter 1. 351/74, in forza del quale sono nulle le clausole contrattuali che con
templano l'obbligo di corresponsione anticipata del canone del
la locazione per periodi superiori a tre mesi, anche mediante
rilascio di titoli di credito.
Costituendo, quindi, l'art. 28 1. 253/50 parte integrante del
sistema sanzionatorio pertinente al previgente regime vincolisti
co, la valutazione circa la sua persistente vigenza, o sull'interve
nuta abrogazione tacita, deve pertanto essere condotta avendo
riguardo alla nuova disciplina organica delle locazioni dettate
dalla 1. 392/78, con specifico riferimento al sistema sanzionato
rio predisposto a garanzia dell'osservanza delle nuove norme.
Ora, l'art. 79 1. 392/78, inserito nelle disposizioni finali, reca una completa ed esaustiva disciplina in tema di «patti contrari
alla legge». Dispone infatti la nullità di ogni pattuizione diretta
a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al loca
tore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli
precedenti, ed estende la sanzione della nullità, con espressione di portata generalissima, ad ogni patto diretto ad attribuire al
locatore «altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della
presente legge».
Consegue che va esclusa la perdurante vigenza dell'art. 28
1. 253/50. Essa scaturisce invero non soltanto dalla oggettiva
incompatibilità, ai sensi dell'art. 84 1. 392/78, della perdurante vitalità di norme strettamente inerenti al previgente regime vin
colistico, qual è quella in esame, nel nuovo e diverso regime introdotto dalla 1. 392/78, ma, ancor più specificamente, dal
l'applicazione della regola generale dettata dall'art. 15 preleggi, nella parte in cui ricollega l'abrogazione tacita alla circostanza
che la nuova legge regoli la «intera materia» già regolata dalla
legge anteriore. Alla stregua del richiamato principio, infatti, la norma racchiusa nell'art. 28 1. 253/50, non quale singola di
sposizione, ma in quanto compresa, come parte integrante di
un complesso normativo, nel sistema sanzionatorio proprio del
previgente regime vincolistico, deve ritenersi abrogata (al pari di ogni altra a detto sistema sanzionatorio pertinente) a seguito dell'entrata in vigore della sopravvenuta 1. 392/78, che, nel det
tare la nuova disciplina organica delle locazioni di immobili ur
bani, ha previsto, a sua garanzia, un apposito ed esaustivo sì
II Foro Italiano — 1996.
stema sanzionatone), delineato dall'art. 79, di per sé integrante autonoma «materia», oggetto di specifica disciplina (v., per ri
ferimenti, sent. 5757/88, Foro it., Rep. 1989, voce Locazione,
n. 538, che ravvisa abrogazione tacita, ex art. 84 1. 392/78,
delle norme del regime vincolistico in tema di sublocazione per effetto della compiuta diversa disciplina della medesima mate
ria ad opera della legge c.d. dell'equo canone; v. anche sent.
2984/87, id., 1987, I, 3299, e 5664/94, id., Rep. 1994, voce Albergo, n. 2, che, in applicazione dell'art. 15 preleggi, hanno
ritenuto tacitamente abrogata la previgente disciplina della ces
sazione delle locazioni alberghiere per necessità del locatore, per effetto della nuova compiuta regolamentazione della materia in
trodotta dalla 1. 392/78 con le nuove disposizioni sul recesso
e sul diniego di rinnovazione). 1.4. - La legittimità di una pattuizione avente ad oggetto la
prestazione di una «buona entrata» deve pertanto essere vaglia ta con riferimento all'art. 79 1. 392/78.
Al riguardo, questa Suprema corte ha già avuto modo di sta
tuire che, in tema di locazione di immobili adibiti ad uso diver
so dall'abitazione, anche se, ai sensi della 1. 392/78, il canone
può essere liberamente determinato dai contraenti, il patto che
preveda il pagamento di somme diverse dal canone a titolo di
«buona entrata» è affetto da nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78,
poiché la corresponsione delle dette somme non trova giustifi cazione nel sinallagma contrattuale (sent. 1936/87, cit.; 3896/93,
id., Rep. 1993, voce cit., n. 437). Il richiamato indirizzo merita adesione.
Come già ricordato, l'art. 79 1. 392/78 colpisce con la sanzio
ne della nullità ogni pattuizione diretta ad attribuire al locatore
ogni «altro vantaggio» (diverso da quelli correlati ad una dura
ta del rapporto inferiore a quella legale ed alla maggiore entità
del canone rispetto a quello imposto) in contrasto con le dispo sizioni della legge c.d. sull'equo canone.
Ora, è di tutta evidenza che costituisce vantaggio per il loca
tore l'acquisizione immediata di una somma di denaro, per le
potenzialità di investimento che siffatta disponibilità gli offre
sul piano economico.
Ma sussiste altresì il contrasto con le disposizioni della 1.
392/78. Questo non è escluso, infatti, dai rilievo che, in tema
di locazioni ad uso diverso dall'abitazione, la quantificazione del corrispettivo — a differenza di quanto avviene per le loca
zioni ad uso di abitazione, soggette all'equo canone — è lascia
ta alla libera disponibilità delle parti. Nella specie, non viene
invero in considerazione la quantificazione del corrispettivo, e
cioè del «prezzo» per la locazione dell'immobile (ipotesi che
potrebbe configurarsi nel caso in cui il pagamento dissimuli una
anticipata parziale corresponsione del canone), bensì la previ sione di una attribuzione patrimoniale estranea al contratto, ma
condizionante la sua conclusione. E una attribuzione patrimo niale siffatta non trova giustificazione nel sinallagma del con
tratto di locazione come definito, con effetti limitativi rispetto al potere di autonomia contrattuale (art. 1322, 1° comma, c.c.), dalla 1. 392/78, e si pone pertanto in contrasto con le disposi zioni della detta legge.
Occorre infatti considerare che il contrasto non deve necessa
riamente instaurarsi con una specifica disposizione della suindi cata legge, ma ben può essere ravvisato ponendo a confronto la pattuizione della cui validità si controverta con la complessi va disciplina dettata per un determinato tipo di locazione.
Per quanto concerne il contratto di locazione ad uso diverso
dall'abitazione, dall'esame della 1. 392/78 emerge che il legisla tore, se ha lasciato alla libera determinazione delle parti la quan tificazione del corrispettivo, non ha mancato di disciplinare pun tualmente, ed in senso limitativo dell'autonomia contrattuale, ulteriori aspetti inerenti al regolamento economico del rappor to, come quelli relativi all'aggiornamento del canone (art. 32) ed all'entità del deposito cauzionale (art. 11 e 41, 1° comma).
In particolare, per quanto riguarda l'aggiornamento del ca
none, l'art. 32, nella sua originaria formulazione, vietava, per i primi tre anni dall'inizio della locazione, l'aggiornamento del
canone, e ne consentiva la previsione dall'inizio del quarto an
no, con cadenza biennale, sono nei limiti del 75% della varia zione accertata dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Nel testo risultante dalla modi fica apportata con l'art. 1, comma 9 sexies, 1. 118/85, il rigore della disciplina è stato attenuato, prevedendosi che le parti pos sono convenire che il canone sia aggiornato annualmente sin
dall'inizio, ma sempre nei limiti del 75% dell'indice Istat.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Quanto al deposito cauzionale, l'art. 11, applicabile anche
alle locazioni non abitative per effetto del richiamo operato dal
l'art. 41 dispone che il suo importo non può superare il limite
massimo di tre mensilità del canone.
Ora, in un quadro significativamente limitativo dell'autono
mia delle parti, qual è quello risultante dalle menzionate dispo
sizioni, non può che ritenersi confliggente con la disciplina le
gale inderogabile del tipo di locazione in esame, e quindi colpi ta da nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, una pattuizione avente
ad oggetto la corresponsione di somme a titolo di «buona
entrata».
Se, infatti, in presenza di un interesse sicuramente apprezza
bile, qual è quello del locatore di garantirsi per l'eventuale ina
dempimento delle obbligazioni del conduttore, il legislatore ha
limitato a tre mensilità del canone l'entità del deposito cauzio
nale, a maggior ragione deve ritenersi non consentita l'imposi
zione, senza limite alcuno, del versamento di somme a fondo
perduto a vantaggio del locatore, in difetto di ogni apprezzabile
interesse, ed anzi in situazione caratterizzata da violazione dei
principi di lealtà, correttezza e solidarietà (art. 1175 e 1337 c.c.) da parte del contraente più forte.
Ed inoltre, se, ai sensi dell'art. 32, non è consentito al locato
re sottrarsi all'incidenza del fenomeno inflattivo sul corrispetti
vo, se non pattuendo l'aggiornamento periodico del canone, a
maggior ragione deve ritenersi vietata l'acquisizione di somme
a titolo di «buona entrata», che pone al riparo dall'inflazione
la somma immediatamente riscossa.
1.5. - La peculiarità della fattispecie, nella quale il pagamen to della «buona entrata» è stato compiuto da soggetti formal
mente diversi dal conduttore, impone una ulteriore conside
razione.
Ha ritenuto la corte territoriale che la nullità di una pattui
zione siffatta, ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, non possa essere
invocata che dal conduttore.
L'affermazione non può essere condivisa. L'art. 79 1. 392/78
sanziona con la nullità i patti contrari al regime imperativo da
essa stabilito, e pertanto, secondo i principi generali (art. 1421
c.c.), deve ritenersi consentito a chiunque vi abbia interesse far
la valere (sent. 5827/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 156).
Non vale opporre che l'art. 79, 2° comma, 1. 392/78 indica
il conduttore quale soggetto legittimato ad agire per la ripetizio
ne di somme pagate in violazione dei divieti e dei limiti previsti
dalla legge medesima. Con tale indicazione si è invero inteso
far riferimento al conduttore quale soggetto normalmente inte
ressato ad agire per la ripetizione, previa declaratoria di nullità
del patto lesivo delle norme imperative, dal momento che, se
condo Vici quod plerumque accidit, il pagamento di somme in
violazione delle disposizioni della 1. 392/78 avviene nell'ambito
dello svolgimento di un contratto di locazione. Deve pertanto
escludersi che una norma siffatta, della quale è agevole cogliere
la suindicata giustificazione, sia idonea ad apportare implicita
deroga ad un principio generale, qual è quello posto dall'art.
1421 c.c.
La legittimazione del terzo a dedurre la nullità di una pattui
zione, della quale sia stato parte, per contrasto con le disposi zioni della 1. 392/78, deve quindi essere accertata sotto il profi
lo della sussistenza dell'interesse.
Orbene, non può negarsi l'interesse del terzo a dedurre la
violazione delle norme imperative poste dalla 1. 392/78 qualora
la pattuizione della cui validità si controverta si ponga in rap
porto di stretta connessione con un contratto di locazione inter
corso tra la controparte ed altro soggetto. La sanzione della
nullità è posta dall'art. 79 1. 392/78 a presidio della legge mede
sima, e quindi è destinata ad operare onde evitare facili elusio
ni, anche nei confronti di patti accessori del tipo suindicato,
che interferiscano illegittimamente sul regolamento del rappor
to di locazione, oggetto primario della disciplina.
Pertanto, nell'ipotesi in cui l'accordo avente ad oggetto un
pagamento indebito, per violazione delle norme imperative del
la 1. 392/78, non intervenga direttamente tra il locatore ed il
conduttore, ma tra il locatore ed un terzo, quest'ultimo deve
ritenersi legittimato ad invocare la nullità, ai sensi dell'art. 1421
c.c. ed a ripetere le somme indebitamente corrisposte, ai sensi
dell'art. 2033 c.c., sempreché sia accertato, avuto riguardo ad
ogni utile elemento (rapporti tra solvens e conduttore, contem
poraneità tra accordo per il pagamento e conclusione del con
tratto, ecc.) il collegamento funzionale tra il menzionato accor
II Foro Italiano — 1996.
do ed il contratto di locazione, e, quindi, il pagamento risulti
inerente al regolamento economico del rapporto di locazione.
2.1. - Con il secondo motivo, denunciando violazione degli art. 1411 e 2697 c.c., le ricorrenti addebitano alla corte territo
riale di aver ritenuto, in difetto di ogni prova al riguardo, che
tra di esse e lo Sciommer fosse intervenuto un accordo inte
grante un contratto atipico, con causa lecita, a favore di un
terzo (la s.r.l. Mitula), in base al quale il locatore, quale corri
spettivo della rinuncia alla richiesta di riconsegna dell'immobile
per effetto della cessazione del precedente rapporto e della ade
sione alla conclusione di un nuovo contratto con la s.r.l. Mitu
la, poteva legittimamente pretendere dalle attrici il pagamento di una somma di denaro.
2.2. - Il motivo è fondato.
Quale ulteriore argomento a sostegno del rigetto della do
manda la nullità ai sensi dell'art. 79 1. 392/78, e quindi non
deducibile l'indebito pagamento ai sensi dell'art. 2033 c.c., sul
rilievo che il pagamento sarebbe avvenuto in attuazione di un
contratto a favore di terzo, connotato da causa lecita, in quan
to giustificato dalla rinuncia del locatore ad agire per il rilascio
dell'immobile, a seguito della scadenza del precedente contrat
to. Ha cioè ritenuto che l'accordo, implicante reciproche con
cessioni, integrasse una transazione (art. 1965 c.c.) a favore di
un terzo, idonea a costituire una valida causa solvendi.
Nessuna indicazione peraltro la sentenza fornisce circa gli ele
menti probatori dai quali ha ritenuto di desumere l'avvenuta
conclusione di un accordo avente il suindicato contenuto, e la
configurabilità di un tipo contrattuale avente la menzionata
natura.
Non può valere, a tal fine, il mero richiamo alla circostanza
che il locatore, essendo libero di non rinnovare il precedente
contratto, venuto a scadenza alla data di cessazione del regime transitorio della 1. 392/78, con la conclusione del nuovo con
tratto avrebbe rinunciato al suo diritto a richiedere il rilascio
dell'immobile. Una situazione siffatta avrebbe invero, in via
astratta, potuto dar luogo ad un accordo che, a fronte della
rinuncia a pretendere il rilascio da parte del locatore, prevedes se il pagamento di una somma di denaro da parte del condutto
re, o di terzi interessati. Ma nessuna indicazione il giudice del
merito ha fornito circa gli elementi comprovanti che, in concre
to, la volontà dei contraenti si era atteggiata e manifestata in
tal senso, in modo da legare con vincolo di reciprocità rinuncia
e pagamento. Indicazione tanto più necessaria ove si consideri la natura
transattiva di un simile accordo e, conseguentemente, il peculia re regime probatorio (art. 1967 c.c.) che caratterizza la tran
sazione.
Anche la censura in esame va pertanto accolta.
3.1. - Con il terzo motivo, denunciando violazione degli art.
112 e 189 c.p.c., le ricorrenti deducono che, avendo il convenu
to, in primo grado, prospettato la tesi della transazione a favo
re di terzo solo con la comparsa conclusionale, la relativa que
stione non poteva essere esaminata dalla corte d'appello. 3.2. - Il motivo non è fondato. Risulta dagli atti, che questa
corte è abilitata ad esaminare direttamente, in quanto viene de
nunciato un error in procedendo, che la tesi della transazione
è stata prospettata dal convenuto sin dalla comparsa di costi
tuzione.
4. - In conclusione, l'impugnata sentenza va cassata in rela
zione ai motivi accolti, e la causa rimessa ad altro giudice, che
si atterrà, nel riesame conseguente all'accoglimento del primo
motivo, al seguente principio di diritto.
«In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso dal
l'abitazione, anche se, ai sensi della 1. 392/78, il canone può
essere liberamente determinato dai contraenti, non è consentito
al locatore di pretendere il versamento di ulteriori somme, di
verse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto
o a titolo di "buona entrata", poiché un accordo che abbia
ad oggetto un pagamento a tale titolo, privo di giustificazione
nel sinallagma contrattuale, incorre nella sanzione di nullità pre
vista dall'art. 79 1. cit. Tale sanzione opera anche nell'ipotesi
in cui l'accordo avente ad oggetto il pagamento non intervenga
direttamente tra il locatore ed il conduttore, ma tra il locatore
ed un terzo, sempreché sia accertato il collegamento funzionale
tra l'accordo ed il contratto di locazione, e, quindi, l'inerenza
del pagamento al regolamento economico del rapporto di lo
cazione».
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