Sezione III; decisione 10 ottobre 1963, n. 18823; Pres. Amici P., Est. Izzi, Proc. gen. Spadaro(concl. conf.); Riccardino (Avv. G. Guerra) c. Istituti di previdenza (Avv. dello Stato Cerocchi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 89/90-91/92Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156088 .
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89 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
cessiva al 30 giugno 1948 (in cui ormai erasi consumato il
potere di sfollamento di autorità dei sottufficiali). Mutando
tale titolo si dovrebbe conseguentemente negare che l'inte
ressato potesse fruire dei benefici (aggiunta ai fini di
pensione di un periodo di cinque anni) previsti dalla nor mativa richiamata.
Le conseguenze cui si giunge accogliendo in tesi la
possibilità di un sindacato della Corte sul provvedimento di cessazione dal servizio, inducono senza dubbio a far
ritenere l'inammissibilità di siffatto sindacato, il quale verrebbe ad investire necessariamente tale provvedi mento in via principale, in quanto lo priverebbe degli ef
fetti suoi propri ed invaderebbe la sfera di giurisdizione elle sui provvedimenti relativi allo stato giuridico degli
impiegati dello Stato è riservata al Consiglio di Stato, il
quale soltanto, se adito dall'interessato, avrebbe potuto
operare la rimozione di quel provvedimento mediante
l'annullamento che avrebbe travolto tutti gli effetti di
esso ; anche di quelli consistenti in benefici a favore del
l'interessato, quale, fra gli altri, la menzionata aggiunta dei cinque anni agli effetti pensionistici.
Il provvedimento di cessazione dal servizio emesso
sulla base di poteri conferiti dal decreto legisl. n. 500
citato, era quindi produttivo di effetti strettamente
connessi fra loro, talché per potersi concedere i benefici
indicati (e dei quali il ricorrente ebbe a fruire) era neces
sario che l'efficacia di esso decorresse dal 30 giugno 1948,
perchè solo con termine finale a tale data era consentito
esercitare il potere di sfollamento. Ne deriva che la po stuma qualificazione attribuita dalla amministrazione
al servizio relativo al periodo controverso, quale servizio
prestato « da trattenuto » era la logica conseguenza della
fictio operata con l'aver fatto retroagire la cessazione del
servizio a quel termine del 30 giugno 1948, retroattività
che aveva del resto lucrato a-1 ricorrente il beneficio (di
cui, come ormai si sa, altrimenti non avrebbe potuto
fruire) dell'aggiunta ai fini pensionistici di un periodo di cinque anni.
Permanendo perciò integri tutti gli effetti del prov vedimento di cessazione dal servizio e fra essi quello che
fa considerare come prestato « da trattenuto » il servizio
relativo al periodo controverso, ed atteso il prospettato difetto di giurisdizione della Corte a rimuovere quegli effetti, ne scaturisce la impossibilità di valutazione di
quel periodo agli effetti pensionistici, ai sensi dell'art. 1
del r. decreto 21 novembre 1923 n. 2480 che esclude che
possa essere computato ai fini della pensione il tempo nel quale il militare « venga di fatto trattenuto in servi
zio » dopo il collocamento a riposo. La qualificazione come tale del servizio prestato nel
periodo controverso trae origine dalla fictio operata dalla
amministrazione militare, derivandone una situazione
della quale non può sottacersi l'anomalia (perchè in realtà
il servizio non era stato prestato dopo il collocamento a
riposo) che evidentemente il ricorrente non ritenne di
dover far rimuovere mediante i rimedi giuridici offertigli dall'ordinamento (ricorso al Consiglio di Stato) per gli
innegabili vantaggi che a lui sarebbero derivati, come
avvenne (beneficio dell'aggiunta dei cinque anni ai fini
della pensione) dal mancato annullamento del provvedi mento di cessazione dal servizio, del quale lamenta attual
mente l'illegittimità in sede peraltro incompetente, pur
dopo aver fruito dei benefici ad esso connessi.
Il ricorso devesi perciò respingere riconoscendosi tut
tavia che concorrono giusti motivi per compensare le
spese del giudizio. Per questi motivi, ecc.
CORTE DEI CONTI.
Sezione III ; decisione 10 ottobre 1963, n. 18823 ; Pres. Amici P., Est. Izzi. Proc. gen. Spadaro (conci, conf.) ; Riccardino (Avv. G. Guerra) c. Istituti di previdenza (Avv. dello Stato Cerocchi).
Corte del conti — l'unto pregiudiziale — Precedente decisione del Consiglio di Stato — Riesame agli eiietti della pensione — Inammissibilità (E. d. 12
luglio 1934 n. 1364, t. u. delle leggi sulla Corte dei
conti). Medico — Medico condotto — Dimissioni di nitido
Trattamento «li quiescenza per i sanitari iscritti alla cassa di previdenza — Esclusione (Legge 6
luglio 1939 n. 1035, approvazione del regolamento della cassa di previdenza per le pensioni ai sanitari, art. 25 e seg.).
La controversia circa la legittimità del provvedimento di cessazione dal servizio di un medico condotto, già decisa dal Consiglio di Stato, non può formare oggetto di nuovo
esame, sia pure ai soli effetti della pensione, da parte della Gorte dei conti che, su tale punto pregiudiziale, è vincolata alle statuizioni contenute nel giudicato del
Consiglio di Stato. (1) La risoluzione del rapporto d'impiego di un medico condotto
per effetto della declaratoria eli dimissioni di ufficio non può dar luogo al trattamento di quiescenza, previsto per i sanitari iscritti all'apposita cassa di previdenza. (2)
La Corte, ecc. — Il diritto a trattamento di quiescenza dei sanitari iscritti all'apposita cassa di previdenza è
regolato dagli art. 25 e segg. del relativo ordinamento
approvato con legge 6 luglio 1939 n. 1035 e successive modificazioni : norme che esplicitamente prevedono le varie ipotesi ricorrendo le quali spetta agli interessati la
pensione vitalizia o l'indennità per una sola volta. Tra le ipotesi predette, mentre è menzionato il caso
in cui l'iscritto sia stato dispensato dall'ufficio in seguito a provvedimento disciplinare, non è invece incluso quello in cui la risoluzione del rapporto d'impiego sia avvenuta
per effetto di dimissioni di ufficio ; onde l'amministra zione della cassa, in difetto delle condizioni di legge, con l'impugnato decreto ha ritenuto di non accogliere la domanda di pensione avanzata dal ricorrente.
L'esame di merito della causa sottoposta alla cogni zione del collegio tende pertanto ad accertare preliminar mente, giusta le argomentazioni svolte dalle parti e dal
(1) Non constano precedenti editi. Per qualche riferimento, cfr. Corte conti 17 febbraio 1961, Foro it., Rep. 1901, voce
Pensione, n. 458, in cui si afferma che la Corte dei conti in sede di giudizio in materia di ripristino del diritto a pensione e solo ai fini di tale giudizio, può dare all'adottato provvedi mento di dimissioni d'ufficio la diversa configurazione di desti tuzione con perdita del diritto a pensione.
In senso sostanzialmente difforme dalla prima massima
appaiono le decisioni della Corte conti 9 marzo 1951, id., Rep. 1951, voce cit., n. 144 e 6 luglio 1942, id., Rep. 1943-45, voce cit., nn. 272, 273. Nella prima di esse si afferma che la Corte dei
conti, nella sfera di giurisdizione in materia di pensioni, può giudicare di ogni diritto influente sulla misura e sulla decor renza della pensione, anche quando il provvedimento impugnato sia stato dichiarato legittimo con decreto del Capo dello Stato
emesso su ricorso straordinario. Nella seconda, che il provvedi mento amministrativo di cessazione dal servizio può, ai sensi dell'art. 174 del t. u. 21 febbraio 1895, essere sostituito dalla
pronunzia della Corte dei conti e che agli effetti della pronunzia anzidetta e fuori di ogni vincolo, per quanto di competenza del
l'autorità amministrativa o di altri organi giurisdizionali in
materia di rapporto di impiego pubblico, la Corte è competente a conoscere con giurisdizione esclusiva se esistono le condizioni
normative per il diritto a pensione. Nello stesso ordine d'idee delle ultime decisioni citate, cfr.
Corte conti 13 novembre 1937, id., Rep. 1938, voce cit., nn. 13,
14, su una fattispecie molto simile a quella oggetto della pre sente.
(2) Non constano precedenti editi.
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91 PARTE TERZA 92
pubblico ministero, se sia legittima la deliberazione eon
la quale il dottor Riccardino fu dichiarato dimissionario
di ufficio o se essa debba piuttosto intendersi come sem
plice sanzione disciplinare, diverse essendo le conseguenze scaturenti'dalla esatta qualificazione giuridica del prov vedimento^di cessazione dal servizio, in rapporto alla
legittimità del decreto negativo di pensione di cui parti colarmente si discute nell'attuale controversia.
Si è avuto modo di esporre in narrativa clic la legitti mità della declaratoria di dimissioni*,di'~ufficio è stata
riconosciuta dal Consiglio di Stato in sede di autonoma
impugnativa, da parte del consorzio medico Chiaverano
Cascinette di Ivrea, della decisione 3-22 dicembre 1952
con la quale la Giunta provinciale amministrativa di
Torino aveva annnullato, tra l'altro, la richiamata delibe
razione consortile ; sicché occorre anzitutto precisare quale efficacia spieghi la pronuncia del Consiglio predetto, dive
nuta inoppugnabile, in rapporto al giudizio pensionistico instaurato innanzi a questa Corte. Si è sostenuto da parte del procuratore generale, in contrasto col patrocinio del
l'amministrazione resistente, che la competenza della
Corte dei conti a conoscere anche della legittimità del
provvedimento di cessazione dal servizio discende dalla
natura di giurisdizione piena ed esclusiva in materia di
pensioni, esplicitamente attribuita alla Corto~m ed esima
dalla legge istitutiva 14 agosto 1865 n. 800 e confermata
dal r. decreto 12 luglio 1934 n. 1214 ; natura che con
sente di estendere il campo delle indagini, sia pure in
via incidentale, alla legittimità di tutti gli atti ammini
strativi che comunque si ripercuotano sui provvedimenti di quiescenza.
Ma tale tesi, se da un lato appare fondata, anche in
base all'art. 34 cod. proc. civ. e alla costante giurispru denza di questa Corte, con riferimento agli atti la cui
conformità alla legge non sia stata contestata anterior
mente alla impugnativa di un provvedimento di pen
sione, non può essere condivisa con riguardo alla pre sente fattispecie, la quale, essendo stata oggetto di un
precedente e apposito giudizio, va inquadrata e risolta
alla luce del problema dei limiti obiettivi del giudicato amministrativo.
Premesso, in proposito, come sia ormai pacificamente riconosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, in
ossequio al principio della unità della giurisdizione, l'effi
cacia di cosa giudicata anche alle decisioni del giudice amministrativo allorché l'accertamento concerna la legit timità del medesimo atto, si tratta qui di stabilire quale valore sia da attribuire alla legittimità dell'atto deciso con
precedente giudizio, quando da essa dipenda la questione di legittimità di altro atto costituente l'oggetto di un suc
cessivo giudizio instaurato innanzi ad organi giurisdizio nali diversi.
In sostanza, poiché la legittimità della declaratoria di
dimissioni di ufficio costituisce una contestazione nei
confronti dell'oggetto dell'attuale giudizio, la questione si pone con nesso di pregiudizialità alla decisione della
lite, rappresentata, come innanzi si è precisato, dalla legit timità del decreto negativo di pensione : provvedimento che trova il suo necessario presupposto, logico e giuridico,
proprio nella qualificazione dell'atto di cessazione dal ser
vizio dell'interessato.
Ora, non va trascurato che, in quanto la connata que stione era stata già proposta, nei confronti dello stesso
ricorrente, come domanda principale dinanzi al Consiglio di Stato, e cioè innanzi al giudice speciale investito di
cognizione generale di tutti gli atti amministrativi atti
nenti al rapporto d'impiego dei pubblici dipendenti, la
soluzione di essa non può non essere ancorata alla defi
nizione del precedente giudizio, conclusosi con l'accogli mento del ricorso del consorzio medico e col correlativo
riconoscimento della piena legittimità del provvedimento di cessazione dal'servizio del dottor Riccardino. Ciò per il rilievo che l'accertamento della legittimità, allorché
identici siano, come nella presente fattispecie, i vizi del
l'atto dedotti e presi in esame dal giudice, è universal
mente ritenuto vincolante non solo per la successiva atti
vità dell'amministrazione che ha emesso l'atto medesimo, ma anche in successivi giudizi, pure se questi siano cele
brati innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria ovvero a
giudici speciali diversi.
Discende dalle precedenti considerazioni che nei con
fronti dell'attuale giudizio pensionistico, il cui oggetto è
rappresentato dalla impugnazione del decreto negativo di
trattamento di quiescenza, la contestata legittimità del
provvedimento di cessazione dal servizio si configura, più che come questione pregiudiziale, la quale sarebbe suscet
tiva di cognizione incidentale da parte del giudice compe tente a decidere la questione principale, come un vero e
proprio punto pregiudiziale su cui la controversia è stata
già risolta con autonomo giudizio ; sicché, indipendente mente dalla contestazione delle parti, diventa giuridica mente impossibile un nuovo accertamento al quale osta
la formazione della res indicata.
Deve pertanto pervenirsi alla conclusione che l'avve
nuta risoluzione del rapporto d'impiego per effetto della
declaratoria di dimissioni di ufficio, di cui è incontesta
bile la legittimità a seguito dell'accertamento effettuato
dal Consiglio di Stato, non realizza le condizioni di legge
per riconoscere fondata la domanda del ricorrente ; onde, essendo il provvedimento impugnato immune da censura, il gravame va respinto pur concorrendo apprezzabili motivi per far luogo alla compensazione delle spese giu diziali.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
Rivista di Giurisprudenza Amministrativa
Commercio di vendita al pubblico — Magazzini a
prezzo unico — Licenza prefettizia — Presupposti
(R. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1468, disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico, art. 1 ; r. d. 1. 16 dicembre
1926 n. 2174, disciplina del commercio di vendita al
pubblico, art. 3).
La concessione della licenza prefettizia per l'esercizio di magazzini a prezzo unico deve essere subordinata alle stesse valutazioni che, in virtù dell'art. 3 del r. decreto
legge 16 dicembre 1926 n. 2174, sono compiute dal sindaco
per il rilascio delle ordinarie licenze di commercio. (1)
Consiglio di Stato ; Sezione V ; decisione 25 ottobre
1963, n. 886 ; Pres. Gallo P., Est. Di Pace ; Soc. Magazzini Standa (Avv. Salis) c. Min. ind. (Avv. dello Stato Mataloni).
(1) Non constano precedenti editi. Per qualche riferimento, cfr. Min. ind. 26 giugno 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Com mercio di vendita al pubblico, n. 45, favorevolmente commentata dal Cansacchi, in Giur. it., 1962, III, 25 ed in Dir. economia, 1961, 1222 ; e, sempre per riferimenti, Sez. Y 3 luglio 1963, n. 395, retro, 77, con ampia nota di richiami.
Vedi, altresì, Min. ind. 30 aprile 1962, n. 1519/C, proti 163121, Corriere amm., 1962, 1519.
* * *
La Sezione ha così motivato : « Il ricorso è infondato. Nel
primo motivo la ricorrente sostiene innanzi tutto che nella specie non era applicabile l'art. 3 del decreto legge 16 dicembre 1926 n. 2174 perchè tale norma si applicherebbe ai normali negozi di vendita, mentre nella specie si tratta di spacci di vendita di merci a prezzo unico, regolati dalle norme del decreto 21 luglio 1938 n. 1468. Ma tale assunto non può essere condiviso giacché il decreto 21 luglio 1938 n. 1468 ha stabilito solo un procedi mento diverso per la concessione delle licenze di commercio ai negozi di vendita a prezzo unico, senza però modificare le norme sostanziali disposte dal decreto n. 2174 del 1926. Perciò il pre fetto, nell'esaminare la domanda di concessione della licenza per
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