Sezione III penale; sentenza 12 dicembre 1962; Pres. Polimeno P., Est. Cantarano, P. M. DeGennaro (concl. conf.); ric. Gallelli (Avv. Sassone)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 321/322-323/324Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153393 .
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321 GIURISPRUDENZA PENALE 322
ehe il prestigio e la particolare essenza e specificazione ehe
assume il decoro quando l'offeso e rivestito di pubbliche funzioni e ehe ogni diversa nozione dell'offesa porterebbe a confondere questa con la mera mancanza di riguardo.
Il ricorrente, cioe, abbandonando la tesi precedente mente syolta e ammettendo ehe la sentenza impugnata non sarebbe incorsa in un vizio denunziabile in sede di le
gittimitä allorcho ha ritenuto ehe le espressioni dell'arti
eolo ineriminato fossero rivolte alla persona del Pontefice,
assume, riprendendo una tesi svolta da antorevole dottrina, ehe nel delitto a lui imputato la nozione di offesa non dif
ferisce da quella posta a base degli altri delitti contro
l'onore e non b modificata dalla menzione del prestigio
perche questo altro non & ehe la particolare essenza e spe cificazione ehe assume il decoro quando l'offeso e rivestito
di pubbliche funzioni.
Anzitutto, deve rilevarsi ehe la sentenza impugnata non ha affatto inteso sostenere 1'opinione ehe le viene at
tribuita dal ricorrente, ehe cioe la nozione di offesa sia,
nel reato di cui all'art. 278 cod. pen., e nella estensione
operata dall'art. 8 del Trattato del Laterano, diversa da
quella degli altri delitti contro l'onore.
Ha invece osservato la sentenza che, essendo le offese
al Pontefice equiparate a quelle commesse contro il Capo dello Stato non soltanto quoad poenam, bensi anche quoad
delictum, debbono essere punite anche le offese al prestigio
cosi come prescrive l'art. 278 cod. penale. Altra e ben diversa questione & poi quella della nozione
di prestigio e della differenza fra questa e quella di decoro.
Ma al riguardo il ricorrente, dopo aver rilevato che il pre
stigio altro non 6 che quella particolare essenza e specifica zione che assume il decoro quando l'offeso e rivestito di
pubbliche funzioni (e su tale punto non puõ non convenirsi),
prosegue, sempre seguendo l'autorevole dottrina sopra ri
cordata, che l'offesa al prestigio non va confusa con la man
canza di riguardo. E anche su tale punto non puõ non con
venirsi. Resta, perõ, sempre il giudizio sulla qualificazione da attribuire alle espressioni che era.no contenute nell'arti
colo ineriminato. Giudizio che, nella specie, presentava
particolare delicatezza, dato che l'articolo non conteneva
espressioni volgari o parole comunemente ingiuriose.
Peraltro, non puõ certo ritenersi (e neppure il ricorrente
10 sostiene) che la Corte di assise di appello si sia sottratta
a questo compito : e il giudizio espresso in proposito at
tiene esclusivamente a una valutazione di merito e si sot
trae quindi a un riesame in questa sede, salvo che sotto il
profilo del difetto di motivazione.
Difetto che certamente non sussiste nella specie, nella
quale i Griudici del merito hanno minuziosamente esaminato
l'articolo scritto dal Benedetti, soffermandosi in partico
lare sulla parte di esso nella quale si afferma che il Papa
si sarebbe messo a capo di un partito sovversivo e sulla
qualificazione negativa, che a tale attributo si accompagna
nella comune opinione. II rigetto del primo motivo importa necessariamente
11 rigetto del secondo motivo, diretto a censurare, come
sopra ricordato, la parte della sentenza relativa alia sussi
stenza dell'elemento intenzionale. Al riguardo basterä, rile
vare che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa
Corte di cassazione, nel reato in questione non e richiesto
un dolo specifico, cio6 l'intenzione di offendere l'onore o il
prestigio del Pontefice, ma e sufficiente la consapevolezza della obiettiva idoneitä, delle parole, dell'atto o dello scritto
a menomare il rispetto da cui deve essere circondata la
persona del Pontefice. Perciõ dall'accertamento della na
tura offensiva delle espressioni usate nell'articolo del Bene
detti e dal convincimento che esse fossero rivolte diretta
mente alia persona del Pontefice, non poteva non derivare
un giudizio positivo sulla sussistenza dell'elemento inten
zionale.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III penale; sentenza 12 dicembre 1962; Pres.
Polimeno P., Est. Cantarano, P. M. De Gennaro
(ooncl. conf.); ric. Gal lelli (Avv. Sassone).
(Oassa serua rinvio Fret. Gastel di Sangro 10 maggio 1962)
Notificazione di atti penali — Notifioazione aH'im
putato — Equiparazione del custode al portiere — Eselusione (Cod. proc. pen., art. 169 ; r. d. 18 giu
gno 1931 n. 773, t. u. legge di p. s., art. 62 ; r. d. 6
maggio 1940 n. 635, regolamento per l'esecuzione della
legge di p. s., art. 111).
Ai fini delle notifieazioni alVimputato, il custode di uno
stabile non pud essere equiparato al portiere o a ehi ne
fa le veei. (1)
La Corte, ece. — G-allelli Ugo, opponente a decreto
penale di condanna per varie contravvenzioni eoncernenti
l'assistenza e previdenza sooiale e per il delitto di omesso
versamento dei contributi dovuti alia gestione I.n.a.-Casa, non si presentõ all'udienza del 10 maggio 1962, fissata
dal Pretore di Castel di Sangro per il giudizio, allegando, a mezzo di telegramma, 1'impossibility di viaggiare per un incidente di auto ; il Pretore ritenne non giustifieato
l'impedimento a eomparire e, a norma dell'art. 510 cod.
proe. pen., ordinõ la esecuzione del deereto.
II Gallelli ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre motivi, tra i quali e di assorbente rilevanza, ed e fon
dato, il terzo, col quale si denuncia la nullitä della noti
ficazione del decreto di citazione a giudizio perche eseguita mediante consegna di copia dell'atto, in assenza del de
stinatario, a persona diversa da quelle abilitate a riceverla ai sensi dell'art. 169 cod. proc. penale.
Invero, dalla relazione dell'aiutante dell'ufficiale giu diziario si rileva che, essendo stata trovata ehi us a l'abi
tazione del G-allelli, fu consegnata copia dell'atto al « cu
stode dello stabile, Sica Luigi». L'art. 169 cod. proc. pen. stabilisce che, se non e pos
sibile consegnare personalmente la copia all'imputato, la
notificazione h eseguita mediante consegna a una persona che con viva anche temporaneamente con lui o, in man
canza, al portiere o a chi ne fa le veci. La figura giuridica del portiere e caratterizzata, a norma del contratto na
zionale di lavoro 30 aprile 1938, da un complesso di man
sioni e attribuzioni e di doveri verso gli inquilini, che
implicano relazioni personali sulle quali si fonda la pre sunzione assoluta di conoscenza, da parte del destinatario, dell'atto notificato mediante consegna a persona che ri
veste la predetta qualitä. Diversa e la figura del custode, le cui mansioni atten
gono semplicemente alia salvaguardia dell'integrity del
l'immobile. Ne il custode puõ essere considerato persona «che fa le veci » del portiere : con tale espressione non si h inteso fare riferimento a categorie similari di prestatori
d'opera , ma si e inteso designare specificamente il sostituto del portiere, e cioe la persona che attende ai servizi di
portineria nelle ore di libertä, o nel periodo di ferie, o
in caso di impedimento del portiere. Pertanto non puõ ammettersi che taluno faccia le
veci del portiere in un fabbricato nel quale non sia stato
istituito il servizio di portineria. Nella situazione descritta nella relazione dell'aiutante
(1) Non risultano precedent! in termini. Sulla nozione di «portiere », cons. Cass. 10 novembre 1961,
Improta, Foro it., Rep. 1962, voce Notificazione di atti -penali, nn. 36-38 ; 23 giugno 1959, Chiaro, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 54, 55. Cass. 5 giugno 1962, Scala, id., Rep. 1962, voce cit., n. 39, ha ritenuto manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalitä della norma che autorizza !a notifica mediante
consegna al portiere, in riferimento all'art. 15 Costituzione. In dottrina, cons, in generale sull'argomento : CavALLARI,
Le notijicazioni nel processo penale, 1960,
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323 PARTE SEGONDA 324
ufficiale giudiziario, la notification© doveva essere ese
guita con le modality indicate nell'ultimo comma dell'art.
169 cod. proo. penale. Per questi motivi, annulla senza rinvio, ecc.
CBRTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III penale; sentenza 19 ottobre 1962 ; Pres.
Sigurani P., Est. Guadagno, P. M. Dettoki (concl.
conf.) ; Setti (Aw. De Feo).
(Oonferma Trib. Beggio Emilia 23 ottobre 1961) *•
Appropriazione indebita — Mezzadria -— Consegna dei prodotti ai concedente — Riliuto per sciopero — Esercizio del diritto — Esclusione (Costituzione della Eepubblica, art. 40; cod. pen., art. 52, 61,
n. 11, 646).
Il rifiuto opposto dal mezzadro a consegnare ai concedente
i prodotti spettantigli non puö giustificarsi quale eser
cizio del diritto di sciopero, bensi integra gli estremi
del delitto di appropriazione indebita aggravata. (1)
(1) Con questa sentenza la Cassazione pronuncia aneora una
volta, alquanto sbrigativamente e con una motivazione talora
poco comprensibile, sul diseusso problema della ammissibilitä,
o no dello sciopero dei mezzadri, o meglio, sulle forme parti colari con le quali, da parte delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori, ed in considerazione della peculiare struttura del rap
porto, si pretende di esercitare questo diritto. Nella realta, infatti, i mezzadri non hanno mai, a quanto consta, esercitato il
diritto di sciopero nell'accezione comunemente ritenuta di questa forma di lotta sindacale, e cioe con l'astensione integrale e com
pleta dal lavoro, per 1'ovvia ragione ehe 1'ipotetica astensione
colpirebbe anche gli interessi del mezzadro ehe non puõ certo per mettersi di mandare in malora i raccolti o di far morire d'inedia il
bestiame. Per questo si b sempre preteso di esercitare il diritto
di sciopero in forme del tutto peculiari, astenendosi dalle atti
vitä neile quali non 6 piü in giuoco 1'interesse comune delle due parti, ma solo 1'interesse del concedente, e si ü spesso pre teso di non consegnare ai concedente la parte dei prodotti, a
quest'ultimo spettanti o di accantonare la parte padronale del
ricavato della vendita del bestiame, onde costringere con simili
comportamenti la controparte all'accettazione della pretesa sindacale. Il problema, quindi, non 6 tanto quello generale ed
astratto dell'ammissibilita dello sciopero nel particolare rap
porto, bensi quello specifico di vedere se queste forme di agita zioni sono o no riconducibili alla nozione di sciopero ed in quanto tali legittime (per una impostazione in questo senso e per la
conclusione ehe le indicate forme di agitazione non possono qualificarsi sciopero, v. Pera, Problemi cost, del dir. sindacale it., 1960, pagg. 189-192).
Nella sostanza la giurisprudenza ha dovuto porsi il pro blema nei termini indicati. Cosl Trib. Firenze 14 luglio 1961, Foro it., 1962, II, 159, affermõ ehe non commettono il delitto
di istigazione a delinquere i dirigenti sindacali ehe esortano i mezzadri in sciopero a non consegnare grano ne denaro ai con
cedenti e ad accantonare la parte padronale del ricavato della vendita del bestiame fino alla conclusione della vertenza sinda cale in corso. Nella nota redazionale alla sentenza sono ampia mente richiamati i precedenti giurisprudenziali e dottrinali della
questione, ai quali adde App. Firenze 6 giugno 1960, id., Rep. 1961, voce Contratti agrari, n. 58 ; Pret. Monsummano Terme 29 febbraio 1956, id., Rep. 1956, voce Scio-pero, n. 20 : in am
bedue le sentenze si nega sic et simpliciter il diritto di sciopero ai mezzadri per la natura associativa del rapporto.
La sentenza eitata del Trib. Firenze sul particolare caso di istigazione a delinquere venne riformata da App. Firenze 8 settembre 1961, id., 1962, II, 205. Le due sentenze, di primo grado e di appello, sono state commentate, in senso favorevole
per lo sciopero dei mezzadri, da Justds, Il triste sciopero del
mezzadro, in Riv. giur. lav., 1962, II, 108. Sul problema, v. anche la rassegna di giurisprudenza di
F. Saffirio, in Dir. economia, 1960, 803 e da ultimo, in dottrina, la nota di M. Conti, in Giur. eost., 1961, 1508 ; Montuschi, Osservazioni in tema di legittimitä dello sciopero mezzadrile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, 1677.
Per chiarire i termini concreti della controversia š inte
La Corte, ecc. — Fatto e diritto. — I] mezzadro Setti
Arus, in adesione alia forma di soiopero indetto nella
zona dalle C.g.i.l., C.i.s.l. e U.i.l., diretta ad ottenere il
rinnovo dei patti tra concedenti e mezzadri, ed all'invito
rivolto dalle stesse organizzazioni a sospendere la di
visione e la consegna dei prodotti, rifiutava il 21 luglio 1960 di consegnare a Dedini Marino la parte dei prodotti
agrari a questi spettante ed altro rifiuto opponeva allorcbe
il 23 successivo era stato invitato dai carabinieri.
II Pretore di Reggio Emilia, avanti il quale il Setti
venne tratto per rispondere del delitto di cui agli art. 646
e 61, n. 11, cod. pen. rilevava che in base alle risultanze
predette, risultate pacifiebe, fosse da escludersi nel ri
fiuto della consegna del prodotto l'azione tipica dell'ap
propriazione indebita e che l'intenzione del Setti era solo
quella di uniformarsi alle decisioni sindacali in ordine
alia sospensione della consegna del prodotto stesso. Per
tanto assolveva l'imputato perche il fatto non costituisce
reato.
Avverso detta decisione proponeva appello il Procuratore
della Repubblica sostenendo che il profitto del reato di
appropriazione non poteva essere escluso, sotto il profilo subiettivo, per l'intervento di probability di modifica
zioni dello stato di diritto a favore dell'interessato, e
cbe non poteva valere la causa di giustificazione di cui
all'art. 52 cod. pen. in rapporto al diritto di sciopero, per cbe l'esercizio di tale diritto non potrebbe consistere in
una condotta positiva come nella specie. Il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza 23 ottobre
1961 riteneva il Setti colpevole del reato ascrittogli e con le attenuanti di cui agli art. 62, n. 4, e 62 bis, ritenute
prevalenti sull'aggravante, lo condannava alla pena di
giorni 20 di reclusione e lire 10.000 di multa, nonche alle
spese ed ai danni a favore della parte civile. E rilevava cbe il fatto di aver trattenuto la quota dei prodotti giä costituiva atto di disposizione da parte del mezzadro sotto il profilo oggettivo, mentre la finality della rivendicazione sindacale non poteva avere rilevanza nella specie. Non era da riscontrarsi, neppure dal punto di vista subiettivo, una forma di esercizio del diritto poicM l'adesione alio
sciopero, se poteva autorizzare il Setti dall'astenersi dal
trebbiare, dall'astenersi dal trasportare dai magazzini del concedente la quota a questo assegnato, non lo auto rizzava a trattenere la parte di propriety del concedente,
operando in tal guisa una ritenzione, disponendo una cosa non sua.
Ricorre per cassazione l'imputato cbe, nel denunziare la violazione dell'art. 51 cod. pen. in relazione all'art. 40 della Costituzione, rileva cbe la permanenza ulteriore del
grano sull'aia e sul fienile della casa colonica, costitutiva, secondo il Griudice di appello, dell'atto della indebita riten zione del prodotto, non era altro cbe l'effetto della sospen sionedi alcune delle attivitä cbe, in quanto contemplate tutte dallo stesso art. 2155 cod. civ., non possono ebe essere valutate sullo stesso piano e non attraverso una arbitraria distinzione di mero ordine cronologico.
Resiste la parte civile con memoria, rilevando cbe il rifiuto della consegna della parte padronale riguardava il prodotto giä pronto per la consegna, per cui nessuna rilevanza poteva avere lo sciopero in atto cbe rifletteva
ressante ricordare che in data 27 maggio 1961 Romagnoli, Foa ed altri della C.g.i.l. presentarono alia Camera dei deputati la proposta di legge, n. 3049, « per l'esercizio delle liberty sin dacali per i mezzadri, coloni, compartecipanti e affittuari col tivatori diretti». Secondo questa proposta, motivata appunto per il fatto che nei particolari rapporti agricoli lo sciopero non
puõ esercitarsi in forma di astensione integrale dal lavoro, ai mezzadri e ai lavoratori affini dovrebbe riconoscersi il di ritto, in caso di conflitto sindacale, di sospendere le presta zioni previste per legge o per contratto e di trattenere in custodia una quota dei prodotti ed utili di spettanza del concedente e
agli affittuari coltivatori diretti il diritto di trattenere in tutto o in parte il canone dovuto al locatore. La proposta e stata com mentata da Pera, in Dir. lav., 1961, I, 291.
G. P.
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