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sezione III penale; sentenza 12 marzo 2003; Pres. Savignano, Est. Teresi, P.M. Geraci (concl.conf.); ric. Cattaruzza. Conferma Trib. Trieste 24 settembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 243/244-245/246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199185 .
Accessed: 25/06/2014 03:44
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PARTE SECONDA
La decisione sul punto appare sorretta da una motivazione
congrua, logica ed immune da interne contraddizioni, oltreché
fondata su una corretta applicazione di principi di diritto conso
lidati, e, quindi, non censurabile in sede di legittimità. Non è vero che nei fatti sia ravvisabile, così come ha soste
nuto il ricorrente, tutto al più un'ipotesi di bancarotta semplice,
perché i giudici di merito hanno chiarito che i documenti e le
scritture contabili erano state tenute in modo da rendere impos sibile la ricostruzione del movimento degli affari e che tale era
l'obiettivo del Gori, sussistendo, quindi, anche il dolo specifico richiesto per la bancarotta documentale.
Il fatto che sia stata possibile soltanto una ricostruzione ap
prossimativa del movimento degli affari, contrariamente a
quanto ha sostenuto il ricorrente, è la riprova dell'indicata im
possibilità, tanto è vero che alcuni aspetti importanti della vita
societaria, quale il rilascio di cambiali, sono rimasti, come già detto, del tutto oscuri al curatore fallimentare.
Il motivo di ricorso è, quindi, infondato perché la motivazio
ne dei giudici di merito sul punto lungi dall'essere manifesta
mente illogica è perfettamente congrua e logica. Infondato è anche il settimo motivo d'impugnazione perché
non è vero il presupposto dal quale è partito il ricorrente e cioè
l'avvenuta assoluzione del Gori dal delitto di bancarotta per di
strazione.
Come si è già detto il ricorrente è stato assolto da alcune con
dotte distrattive, ma è stato condannato per avere distratto il ca
none di locazione, o meglio per non avere riscosso il predetto canone da una società facente capo a tale Celsa Picciotto suo ex
socio in un momento di grave difficoltà finanziaria per la Sirio e
per finalità diverse da quelle sociali.
Ne consegue che non essendo stati indicati altri motivi che
imponevano di riconoscere l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4,
c.p. il motivo deve essere rigettato perché infondato.
Per tutte le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 12 marzo 2003; Pres. Savignano, Est. Teresi, P.M. Geraci
(conci, conf.); ric. Cattaruzza. Conferma Trib. Trieste 24 set
tembre 2002.
Sanità pubblica — Rifiuti prodotti da navi — Smaltimento delle acque di sentina —
Fattispecie (D.leg. 5 febbraio
1997 n. 22, attuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, art. 51).
Si configura il reato di cui all'art. 51, 1° comma, d.leg. 22/97
quando le acque di sentina, dopo essere state prelevate dalle
navi presenti nelle rade dei porti, vengono successivamente
trattate mediante un processo di decantazione al fine di otte
nere la separazione dei residui oleosi dall'acqua. (1)
(1)1. - Questione nuova. Giova segnalare che la Cassazione si è pro nunciata su analoga fattispecie con la sentenza 28 febbraio 2003, Bor ret. Ambiente, 2004, 177, con osservazioni di Paone, Rifiuti prodotti da navi e sequestro dei natanti.
In entrambe ie vicende portate all'esame dei giudici di legittimità, era stato ravvisato il reato di cui all'art. 51,1° comma, d.leg. 22/97 e si era proceduto al sequestro dei natanti utilizzati: nel caso oggetto della sentenza che si riporta, era stato disposto il sequestro probatorio, men tre nell'altro caso era stato disposto il sequestro preventivo per impedi re la reiterazione del reato (per inciso, va detto che tra i due provvedi menti adottati dagli inquirenti, più corretto appare il sequestro in fun zione cautelare perché, a ben vedere, la prova del reato non richiedeva
Il Foro Italiano — 2004.
Con ordinanza 24 settembre 2002 il Tribunale di Trieste ri
gettava la richiesta di riesame del decreto del p.m. 28 agosto 2002 che aveva convalidato il sequestro probatorio della betto
lina P30TS152 di proprietà della società r.l. Ocean. Proponeva ricorso per cassazione Cattaruzza Luigi, in proprio
e quale legale rappresentante della società, indagato per il reato
di cui all'art. 51, 1° comma, lett. b), d.leg. 22/97 per avere
smaltito le acque di sentina delle navi (rifiuti pericolosi) senza
l'acquisizione al procedimento del mezzo utilizzato per commetterlo bastando all'uopo il verbale di constatazione dell'attività svolta illeci
tamente; in materia, v. anche Cass. 27 giugno 2003, De Fronzo, id.,
2003, 1179, in un caso riguardante il sequestro preventivo di alcuni automezzi adibiti al trasporto di rifiuti costituiti da acque di sentina che venivano raccolte e ritirate all'esito delle operazioni di pulizia delle na
vi). Tre profili trattati dalla sentenza vanno debitamente messi in eviden
za: in primo luogo, la qualificazione delle «acque di sentina» che, a detta degli indagati, dovevano essere equiparate, ai sensi dell'art. 57, 6° comma bis, d.leg. 22/97, alle merci pericolose fino alla emanazione delle specifiche norme regolamentari e tecniche cui rinvia quella dispo sizione (al momento non ancora emanate). La Cassazione però non se
gue questa opinione perché mette in risalto che dal testo della norma
emerge che l'assimilazione dei rifiuti alle merci, pericolose o non peri colose a seconda della natura degli stessi, opera esclusivamente con ri ferimento alla fase del loro trasporto per via mare ed operazioni ad esso connesse e non opera, quindi, con riferimento alle operazioni di smal timento.
In secondo luogo, la natura dell'attività svolta dagli indagati. I cara binieri del nucleo operativo ecologico avevano, infatti, accertato che le bettoline erano utilizzate per prelevare le acque di sentina dalle navi
presenti nella rada dei porti e che tali liquidi, una volta caricati sui na
tanti, subivano un trattamento consistente nella separazione delle acque dalle sostanze oleose onde consentire la cessione separata delle seconde
rispetto alle prime, avviate ad ulteriore processo di depurazione e mi scelazione. La Corte suprema ritiene che il processo fisico di separa zione delle acque dalle sostanze oleose costituisca trattamento di rifiuti senza che rilevi che ciò avvenga per decantazione naturale.
Infine, nella sentenza in epigrafe si è sostenuto che le prescrizioni di cui all'allegato V della convenzione internazionale Marpol 73/78, rati ficata dall'Italia con 1. n. 662 del 1980 e n. 438 del 1982 (sull'argo mento, v. Cass., sez. un., 24 giugno 1998, Mistretta, Foro it.. 1999, II, 223, secondo cui l'osservanza delle prescrizioni dettate dalla conven zione Marpol in tema di sversamento di sostanze nocive in acque inter nazionali dalle navi battenti bandiera italiana non realizza il reato pre visto dagli art. 16, 17 e 20 1. 31 dicembre 1982 n. 979) non operano nel caso di esecuzione di operazioni di smaltimento di rifiuti pericolosi ef fettuate in aree portuali nazionali, che. invece, sono regolate dalla nor mativa nazionale, conforme a quella comunitaria in materia di rifiuti.
II. - La materia dei rifiuti da navi è stata disciplinata dal d.leg. 24
giugno 2003 n. 182 (in argomento, v. Paone. Le ultime novità legislati ve nel settore dei rifiuti, id., 2003, II, 658). Tuttavia, a distanza di pochi mesi dall'entrata in vigore del citato decreto, l'art. 10 bis I. 27 febbraio 2004 n. 47, proroga di termini previsti da disposizioni legislative, ha messo in discussione la normativa relativa ai rifiuti prodotti dalle navi e residui del carico statuendo che: «1. L'entrata in vigore del 2° comma dell'art. 2 d.leg. 24 giugno 2003 n. 182, è differita fino all'entrata in
vigore della specifica normativa semplificata ai sensi degli art. 31 e 33
d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, e comunque non oltre il 31 dicembre 2005. Allo scopo di mantenere sul territorio nazionale un'adeguata capacità di recupero delle acque di lavaggio e di sentina delle navi cisterna, le
predette navi possono continuare a conferire dette acque agli impianti destinatari di carichi; gli operatori sono tenuti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ad effettuare una comunicazione di attività all'autorità com
petente di cui al d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22».
Segnaliamo che, da ultimo, su questo tema, il ministero dell'am biente ha emanato la circolare 9 marzo 2004, n. 1825 (G.U. 15 marzo
2004, n. 62) contenente chiarimenti ed applicazione delle modifiche introdotte con la 1. 27 febbraio 2004 n. 47. Nella parte che qui mag giormente ci interessa, si legge che «L'art. 10 bis 1. 27 febbraio 2004 n. 47 (che ha convertito, con modifiche, il d.l. 24 dicembre 2003 n. 355) ha differito l'entrata in vigore dell'art. 2, 2° comma, d.leg. 182/03. Ne consegue che fino all'entrata in vigore della normativa
semplificata di cui agli art. 31 e 33 d.leg. n. 22 del 5 febbraio 1997 (c.d. 'decreto Ronchi'), e comunque non oltre il 31 dicembre 2005, le acque di lavaggio e quelle di sentina prodotte dalle navi sono sottratte al re
gime del 'decreto Ronchi' e conferite agli impianti secondo quanto di
sposto dallo stesso art. 10 bis. È il caso di sottolineare che, al di là di
interpretazioni forzatamente letterali, la norma di proroga è da inten dersi riferita esclusivamente alle suddette acque di lavaggio ed alle ac
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GIURISPRUDENZA PENALE
essere in possesso della prescritta autorizzazione, denunciando
violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in
ordine alla disapplicazione della disposizione transitoria del de
creto 22/97 (art. 57, comma 6 bis) e della normativa internazio
nale che escludono dalla categoria dei rifiuti le acque inquinate delle navi.
Assumeva che, la gestione e lo stoccaggio dei residui oleosi
delle navi, in mancanza delle norme regolamentari previste dalla
citata disposizione transitoria, non sono penalmente rilevanti
poiché i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose e quindi non richiedono alcuna autorizzazione ambientale, come
risulta dalla nota ministeriale in atti.
Inoltre, non era stata applicata la normativa della convenzione
internazionale Marpol 73/78 che nell'appendice dell'allegato V
stabilisce che per rifiuti si intendono tutti i tipi di cibo e di scarti domestici escluso il pesce fresco ... prodotti nelle normali ope razioni sulla nave che vanno eliminati in modo continuo e pe
riodico, eccetto quelle sostanze che sono indicate o definite in
altri allegati di Marpol 73/78 (quali ad esempio petrolio, acque di sentina o sostanze liquide nocive).
Era stata negletta la direttiva 2000/59/Ce del parlamento e
del consiglio del 27 novembre 2000 relativa agli impianti por tuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del ca
rico che richiama e dà attuazione ai principi della convenzione
Marpol 73/78, definendo rifiuto le sostanze prodotte durante il
servizio di una nave e che rientrano nell'ambito di applicazione
degli allegati I, IV e V della Marpol, i quali escludono che le
acque di sentina rientrino nella definizione di rifiuto e siano così
assoggettabili alla disciplina comunitaria dei rifiuti raccolti in
ambito portuale dalle navi.
Era stato pure ignorato il regolamento Cee 259/93 del consi
glio 1° febbraio 1993 relativo alla sorveglianza e al controllo
delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio.
Quindi, le acque inquinate stoccate, in forza della richiamata
normativa sovranazionale, dell'autorizzazione dell'autorità
portuale di Trieste e della licenza della capitaneria di porto non
sottostanno al regime normativo speciale dei rifiuti perché
equiparati, quanto alla loro gestione, alle merci pericolose. Denunciava, infine, violazione di legge e vizio di motivazio
ne in ordine alla sussistenza dell'ipotesi di reato contestata, per il contrasto rinvenibile nelle informative dei carabinieri di Ge
nova e di Udine e nei provvedimenti del p.m. e del g.i.p. in or
dine alla individuazione della condotta antigiuridica. Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Non è puntuale il motivo relativo all'asserita mancanza as
soluta di motivazione del decreto di convalida per l'omessa
menzione delle fattispecie criminose contestate e dei fatti speci fici imputati.
«Poiché il sequestro probatorio non è una misura cautelare,
ma un mezzo di ricerca della prova, esso presuppone non l'ac
certamento dell'esistenza di un reato, ma la semplice indicazio
ne degli estremi di un reato astrattamente configurabile. La mo
tivazione del relativo decreto, pertanto, più che all'esistenza ed
alla configurabilità del reato (il cui accertamento è riservato alla
que di sentina, cui sono da associare le acque provenienti da zavorra
non segregata, ferme ed immutate le previsioni (e le relative definizio
ni) riservate a tutti gli altri rifiuti ed a tutti gli altri residui del carico
prodotti dalle navi».
Orbene, in prima battuta, si può contestare l'esattezza di quest'ulti ma tesi perché il 2° comma dell'art. 2 menziona, accanto ai rifiuti pro dotti dalla nave (in cui giustamente si annoverano le acque di lavaggio e quelle di sentina), anche i residui del carico e cioè i resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo della nave nella
stiva o in cisterne e che permane al termine delle operazioni di scarico
o di pulizia, ivi comprese le acque di lavaggio (c.d. slop: in argomento, v. Cass. 31 luglio 2003, Agogliati, RivistAmbiente, 2003, 1095) e le ac
que di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui; tali resti comprendono eccedenze di carico-scarico e fuoriuscite (cfr. art. 2. 1° comma, lett. d, d.leg. 182/03).
In secondo luogo, si deve riconoscere che ha ragione chi (Amendola, Gestione dei rifiuti e normativa penale, Milano, 2003) critica il «nostro
schizofrenico legislatore che interviene in questo settore addirittura
quasi mensilmente!». Non c'era infatti alcun bisogno reale di modifica
re dopo pochi mesi la disciplina dei rifiuti navali. [V. Paone]
Il Foro Italiano — 2004.
fase di merito), deve avere principalmente riferimento alla natu
ra ed alla destinazione delle cose da sequestrare, le quali devono
essere qualificabili come 'corpo del reato' o cose pertinenti al
reato» (Cass. 8 febbraio 1999, Circi, Foro it., Rep. 1999, voce
Sequestro penale, n. 39). Nella fattispecie, correttamente è stato ritenuto che la bettoli
na, nella quale venivano trattate e trasportate acque di sentina
raccolte da altre navi, sottoposta a sequestro probatorio costitui
sce corpo di reato, essendo stata ritenuta l'astratta configurabi Iità del reato di cui all'art. 51 d.leg. 22/97, espressamente citato
nel decreto di sequestro nell'ambito dei dati fattuali indicati
dallo stesso p.m. con riferimento al verbale di sequestro dei ca
rabinieri di Udine, noto all'indagato, e l'immediata riconduci
bilità delle cose sequestrate agli illeciti.
Peraltro, dato che nella fase delle indagini preliminari il p.m. non è tenuto a formulare l'imputazione, è sufficiente che il fatto
per il quale si procede possa essere individuato anche attraverso
gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, cui il provvedimento faccia riferimento.
In tal caso non si realizza lesione del diritto di difesa, che è
garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del p.m. e dal successivo depo sito ex art. 324, 6° comma, c.p.p.
Correttamente, infine, è stata ritenuta l'astratta configurabilità del summenzionato reato alla stregua dei dati offerti dall'accusa
agganciati a specifici accertamenti di polizia giudiziaria. Infatti, le disposizioni dell'art. 57, comma 6 bis, del decreto
22/97, secondo cui, «in attesa delle specifiche norme regola mentari e tecniche, da adottarsi ..., i rifiuti sono assimilati alle
merci per quanto concerne il regime normativo in materia di tra
sporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico,
trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i
rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose», non
escludono l'applicabilità alle acque di sentina della normativa
sulla gestione dei rifiuti prevista dallo stesso decreto, dato che la
norma transitoria attiene esclusivamente alla fase del trasporto via mare delle acque di sentina ed operazioni ad esso connesse.
Peraltro, la nota del ministero dell'ambiente 14 giugno 2002,
in atti, specifica che «per quanto attiene alle attività di recupero e smaltimento di detti residui oleosi, questi sono soggetti al re
gime giuridico dei rifiuti». Le prescrizioni di cui all'allegato V della convenzione inter
nazionale Marpol 73/78, conclusa a Londra il 2 novembre 1973
e ratificata in Italia con 1. 29 settembre 1980 n. 662, entrata in
vigore il 2 ottobre 1983, nonché del protocollo adottato a Lon
dra il 17 febbraio 1978 (c.d. Marpol 78) e della relativa legge di
adesione 4 giugno 1982 n. 438, che escluderebbero dalla catego ria dei rifiuti tutte le sostanze indicate o definite in altri allegati, tra cui le acque di sentina e le sostanze liquide nocive previste
nell'allegato IV, non operano, infatti, nel caso di esecuzione di
operazioni di smaltimento di rifiuti pericolosi effettuate in aree
portuali nazionali, che, invece, sono regolate dalla normativa
nazionale, conforme a quella comunitaria in materia di rifiuti.
Conseguentemente sono inapplicabili, nella specie, la diretti
va 2000/59/Ce e il regolamento Cee 259/93 perché richiamanti
la convenzione Marpol.
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