Sezione III penale; sentenza 14 maggio 1962; Pres. Sigurani P., Est. Grieco, P. M. Pioletti (concl.parz. diff.); ric. Puricelli e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 185/186-187/188Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150546 .
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185 GIURISPRUDENZA PEN ALE 186
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III penale ; sentenza 14 maggio 1962 ; Pres. Si
gurani P., Est. Grieco, P. M. Pioletti (conol. parz.
diff.) ; rio. Puricelli e altri.
(Gassa App. Milano 27 giugno 1961)
Itancarotta e reati in materia di iallimento llicct
tazione lallimeutare — Estremi — Ricettazione
comune — Hiiierenza (Cod. pen., art. 648; r. d.
16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 232). Hancarotta e reati in materia di iallimenlw — Ac
quisto di beni dall'imprenditore dissestato — Ij»o tesi dclittuosa conligurahile (R. d. 16 marzo 1942
n. 267, art. 232).
Ai fini della sussistenza della ricettazione fallimentare e swf
fieiente die I'agente sia consapevole dello stato di dissesto
delVimprenditore, mentre non si richiede la provenienza delittwosa dei beni ricevuti. (1)
Nel easo di acquisto di beni da un imprenditore di cui si
conosca lo stato di dissesto, non pud configurarsi I'ipotesi della ricettazione fallimentare o della distrazione, sibbene
Valtra dell'acquisto di beni a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, qualora sussista Vintento speculativo del compratore e si tratti di vendita rovinosa per
1'imprenditore dissestato. (2)
La Corte, eco. — (Omissis). Il Tribunale indubbiamente
errö allorche ritenne di poter inquadrare i fatti comme3si
dal Sesia, e cho alio stesso erano stati conteatati nei man
dati e negli interrogator^ nella fattispecie della ricetta
zione, fattispecie considerata nell'art. 232, 3° comma, n. 2, al pari della fattispecie della distrazione e dell'acquisto a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente. Ed erro
il Tribunale perche non si rese conto ehe il legislatore, inse
rendo la fattispecie della ricettazione, sia nel n. 1 del 3°
comma, sia nel n. 2, non ha inteso riprodurre sintetica
mente la fattispecie descritta nell'art. 648, nella quale e
ipotizzato il fatto di clii acquista, riceve od occulta danaro
o coäe proveaienti da un qualsiasi delitto, ma unicamente
restringere il significato di ricettare al terzo dei significati iniicati nell'art. 648, cioe al suo significato lessicalo di
dare ricetto, occultare, ricevere o tenere presso di se in
maniera clandestina od occulta, beni dell'imprenditore del
cui stato di dissesto I'agente sia a conoscenza.
Cho il Tribunale non abbia avuto idee molto chiare in
proposito, del che non gli si vuol fare colpa alcuna, data
la estrema delicatezza della questione, lo si rileva dalla
proposizione giä sopra trascritta « Sesia era a perfetta cono
scenza della provenienza illecita della merce e dello stato
(1-2) In senso conforme : Cass. 3 maggio 1961, Pegolotti, Foro itRep. 1961, voce Bancarotta, nn. 70-76; in dottrina :
Conti, Fallimento (reati in materia di), voce del Novissimo
digesto it., Torino, 1960, VI, pag. 1191, 1192 ; Celoria-Pajardi, Commentario della legge fallimentare, Messina, 1960, pag. 1154. Al contrario, secondo Carabba, I reati fallimentari, Firenze, 1957, I, pag. 150, il bene ricevuto od acquistato deve, comunque, provenire da delitto previsto o meno dalla legge fallimentare.
Cons. suH'argomento : Cass. 2 luglio 1959, Paganin, Foro
it., Rep. 1960, voce Favoreggiamento, n. 8 ; 11 novembre 1957, Bianchi, id., Rep. 1958, voce Bancarotta, nn. 120, 121 ; App. Potenza 29 maggio 1953, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 96-99 ; Trib. Torino 13 ottobre 1953, ibid., n. 100; in dottrina: Cer
nigiaro, Differenza tra ricettazione e favor eggiamento reale, in Temi nap., 1960, II, 114 ; Mazzanti, Spunti critici in tema di favor eggiamento reale e ricettazione fallimentare, in Giust.
pen., 1961, II, 28 ; Antolisei, Man. dir. pen. Leggi comple mentari. I reati fallimentari e societari, Milano, 1960, pag. 185 e segg. ; Rovelli, Reati fallimentari, Milano, 1952 ; Punzo,
Differenza fra la bancarotta preferenziale e il reato previsto dal Vart. 232, 2° capov., n. 2, legge fallimentare, in Temi, 1960, 530 ; La bancarotta impropria e gli altri reati previsti dalla legge fallimentare, Padova, 1957, pag. 356 ; Conti, I reati fallimentari, Torino, 1955 ; Nuvolone, II diritto penale del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 1955, pag. 478 e segg.
di dissesto », laddove, per ritenere la ipotesi delittuosa
della ricettazione fallimentare, non e affatto necessario ehe
l'imprenditore, dal quale si riceve la meree, abbia acqui stato la merce stessa illecitamente, cioe con mezzi costi
tuenti reato, bastando, invece, ehe 1'agente sia consape vole dello stato di dissesto nel quale l'imprenditore versa.
Che la ricettazione, costitutiva dei reati previsti nell'art.
232, 3° comma, nn. 1 e 2, legge sulla disciplina del falli
mento, non possa identificarsi con la nozione di ctii all'art.
648 cod. pen., e quindi intendersi nel senso di avere, al
fine di procurare a se o ad altri un profitto, acquistato, ricevuto od occultato danaro o cose provenienti da un
qualsiasi delitto, e, nella specie, da un delitto commesso
dal fallito, o l'essersi, comunque, intromesso nel farli ac
quistare, ricevere od occultare, discende da piu conside
razioni, e prima di tutto da quella che, diversamente, l'ap
plicazione del 3° comma, n. 2, dell'art. 232 sarebbe, in
pratica, generalmente impossibile, dato che tale comma
richiede che il fatto avvenga prima della dichiarazione di
fallimento, e, quindi, prima che esista un qualsiasi delitto
di bancarotta, ne essendo richiesto che la merce, che dal
l'imprenditore si riceve, sia da quest i stata acquistata attra
verso la consumazione di un reato. Si aggiunga che tra le
fattispecie contemplate dall'art. 232, 3° comma, n. 2, vi e
quella dell'acquisto a prezzo notevolmente inferiore, onde, se la nozione ricettare la si volesse far corrispondere a quella di cui all'art. 648 cod. pen., si dovrebbe, inevitabilmente,
giungere alia conclusione che il legislatore ha espresso lo
stesso concetto due volte, una prima, con la espressione sintetica ricettare, ed una seconda con quella di acquistare a prezzo notevolmente inferiore, salvo a ritenere, ma di
ciõ non si potrebbe dare alcuna spiegazione, che, adope rando il verbo ricettare, il legislatore avrebbe inteso dargli tutti i significati specificati nell'art. 648 cod. pen., ad ecce
zione di quello concernente l'acquisto, per il quale avrebbe
sentito la nece3sita di fare una descrizione a parte, con la
indicazione del prezzo notevolmente inferiore, il che porte rebbe poi alla conclusione che chi soltanto riceve merce
dall'imprenditore commette il reato di cui all'art. 232 ; che non lo commetta, invece, chi l'acquista a prezzo infe
riore al valore corrente, ma non notevolmente inferiore.
Come si e detto, la locuzione ricettare, che il legislatore
adopera per descrivere una delle condotte incriminate, si
legge anche nel n. 1 dello stesso 3° comma, il quale, tra
l'altro, prevede il fatto di chi, dopo la dichiarazione di
fallimento, e fuori dei casi di concorso in bancarotta o di
favoreggiamento, ricetta beni del fallito. Se la espressione ricettare avesse qui il significato che ha nell'art. 648 cod.
pen., la ricettazione fallimentare sussisterebbe soltanto se
la merce acquistata, ricevuta od accettata, fosse pervenuta al fallito attraverso una condotta delittuosa, il che rende
rebbe inoperante la norma nella quasi totality dei casi, mentre e sufficiente che l'agente riceva o tenga presso di
se in maniera clandestina od occulta beni dell'imprenditore che egli sa essere stato dichiarato fallito.
Che il testo dell'art. 232 non costituisca un modello
di chiarezza, e certo, come si desume anche dal fatto che
il n. 2, inspiegabilmente, non comprende, accanto all'ipo tesi della distrazione, quella della sottrazione, mentre la
formula del n. 1 comprende sia l'una sia l'altra ipotesi. A sua volta la Corte d'appello, esaminando la posizione
del Sesia, ritenuto che non era vero l'assunto del medesimo
di avere acquistato presso il Puricelli soltanto alcune par tite di tessuti per un ammontare complessivo non superiore a cinque o sei milioni; che, invece, ai creditori del falli
mento, in pagamento dei tessuti che il Puricelli aveva acqui stato presso di loro, erano stati dati dal Puricelli medesimo
assegni del Sesia per circa trenta milioni, e ciõ nei mesi
precedenti alia dichiarazione di fallimento ; che il Puricelli, tra il novembre 1958 ed il gennaio successivo, aveva pre sentato alia banca assegni a firma Sesia, e da quest.i pagati,
per circa 15 milioni, che il Sesia aveva anche pagato un
assegno con la sua firma falsa messo in circolazione dal
Puricelli; che il Sesia aveva venduto a basso prezzo la
merce acquistata dal Puricelli a prezzo naturalmente an
cora piu basso, come, del resto, il medesimo Sesia aveva
Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte II
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187 PARTE SECOND A 188
ammesso ; ehe il Sesia non solo era a conoscenza dello stato di insolvenza del Puricelli a causa dei continui quoti diani stretti rapporti, ma anclie ehe il Purieelli, pagando, la merce con tratte emesse su creditori inesistenti o con
assegni post-datati, poteva svendere a sottocosto, cosi con
clude : « Di conseguenza, il Sesia era a perfetta conoscenza
della provenienza illecita della merce e dello stato di dis
se?to di esso Puricelli e con la scomparsa di qualsiasi traccia di tali acquisti, egli ritenne di a vere raggiunto la sicurezza
per riporre negli scaffali quella merce, la cui provenienza non era desumibile da alcun riscontro.
« Da siffatti inequivoci elementi cli i ara 6 la pro va della
di lui responsabilita penale in ordine al reato contestatogli. Invero, il Sesia, vendendo precipitosamente, a sottocosto,
quella merce di cui gli era nota la illecita provenienza, e ben conoscendo lo stato di decozione del Puricelli, altro non fece ehe distrarla dalla sua destinazione, e cosciente inente sottrarla alia garanzia dei creditori. Nö, d'altra parte, puõ negarsi la distrazione per il fatto che egli, acquistan dola, ne era divenuto proprietario, giacche, come e ovvio, in simile caso la vendita e invalida, per essere stata dolo samente commessa in frode di creditori al solo fine di de
pauperare costoro e sottrarla alia massa fallimentare ». Dal che si vede che la Corte d'appello inquadrõ i fatti,
ritenuti come comme3si dal Sesia e che al medesimo erano stati contestati nei vari interrogatori, onde non puõ par larsi di immutazione del fatto perche il Sesia era a cono scenza delle accuse che, in fatto, a lui si muovevano, e nella fattispecie della ricettazione, secondo la nozione di cui all'art. 648 cod. pen., la Corte d'appello parla, infatti,
piu volte, di conoscenza del Sesia di provenienza illecita della merce, e nella fattispecie della distrazione, anclie qui dimostrando di non avere chiaro il significato che il verbo distrarre assume nella formula dell'art. 232, significato che certamente non coincide con quello che assume nella fatti
specie che descrive il modello della bancarotta fraudolenta. Nõ puõ tacersi, infine, che la Corte d'appello, allorche scrive : « Ne, d'altra parte, puõ negarsi la distrazione, per il fatto che egli acquistandola ne era divenuto proprietario, giacche, come e ovvio, in simile caso, la vendita e invalida,
per essere stata dolosamente commessa (dal Puricelli, si
intende) in frode dei creditori, al solo fine di depauperare costoro e sottrarla alia massa fallimentare », sembra acce dere all'ipotesi di un concorso del Sesia nel reato di banca rotta fraudolenta commesso dal Puricelli, senza, tuttavia, approfondire la indagine, e pervenire a ritenere, esplicita mente, il concorso stesso, pur senza aumentare la pena, per il divieto della reformatio in peius.
Nella specie, come i Giudioi di merito ritennero, il Seäia era proprietario, per averla acquistata dal Puricelli, della merce che poi rivendeva, e, pertanto, nei suoi con
fronti, non puõ ritenersi la distrazione ai fini del reato
previsto nell'art. 232. Nel sistema di tale articolo, la parola distrazione significa, si, come nell'art. 216, stornare i boni, volgerli in altro senso, divergerli dalla loro destinazione, ma il concetto in essa espresso presuppone che chi compie la distrazione abbia non la proprieta, bensi soltanto il
possesso, a qualsiasi titolo, delle cose, sulle quali poi compie un atto di disposizione contrastante con gli interessi dei
creditori, atto di disposizione che puõ consistere sia nello
appropriarsi dei beni altrui, sia, quanto meno, nell'usarne uti dominm. Nel n. 1 del 3° comma la condotta distrazione e considerata accanto a quella consistente nella sottra
zione, onde ö chiaro l'intento del legislatore di voler col
pire con la sanzione della pena non solamente l'attentato alia massa fallimentare compiuto con la sottrazione, da chi cioe non e detentore dei beni, ma anche quello com
piuto da chi si trova, per qualsiasi tirolo, in possesso di alcuno dei beni appartenenti alia massa, con la conseguenza che sono soggetti alle pene nella norma prevista non sola mente i fatti di appropriazione del bene appartenente alia massa fallimentare, ma anche i fatti di illecito uso del bene stesso. In tal modo il legislatore ha evitato che rima nessero impuniti i fatti di distrazione non costituenti ap propriazione, che, come tali, non potrebbero essere colpiti dalle sanzioni contemplate nell'art. 646 cod. penale. Di
talche la distrazione puõ avere, come conseguenza, 1'appro priazione, ma puõ anche non avere, taie conseguenza, come accade quando 1'agente sottragga il bene alla sua destina
zione, senza accordo, si intende, con il fallito, e con la in
tenzione non di farlo proprio, ma con quel la di riconse
gnarlo ai fallito a procedura esaurita.
Nel n. 2 e considerata, invece, soltanto la distrazione, e non anche, accanto a questa, la sottrazione ; ciõ non costituisce una lacuna, come pur si sostiene, lacuna da
colmarsi ritenendo la distrazione comprensiva della sot
trazione, e evidente, infatti, ehe i due termini lianno signi ficati divers i e non e possibile ritenere ehe il legislatore abbia voluto attribuire all'uno il significato dell'altro, tanto
piu che immediatamente prima aveva adoperato i due termini distintamente, ma indica la volonta precisa del
legislatore di voler colpire con le sanzioni comuni i fatti
di sottrazione commessi da chi non e in rapporti col com
merciante, fatti di sottrazione la punizione dei quali non
v'e ragione sia subordinata alia condizione del verificarsi
del fallimento.
Dalle osservazioni cbe precedono deriva, ancora, che
l'ipotesi della ricettazione e una ipotesi distinta dalla di
strazione, e che, pertanto, non puõ ritenersi che, in qualche caso, si identifichi con questa, ed il termine sia adoperato nel senso di trattenere presso di se i beni, sottraendoli alia imminente procedura fallimentare, ed in altri casi non si
identifichi, e significhi, invece, ricevere cose che il debi tore ha giä sottratto, nel senso cioe tecnico di cui all'art.
648 cod. pen. : e ciõ sia perche non vi sarebbe stata alcuna
ragione, perche il legislatore avesse dovuto dare al termine
ricettare un significato giä compreso nel termine distrarre, sia perche la ricettazione, in senso tecnico, presuppone un
reato da altri commesso, e quando l'imprenditore consegna ad altri delle cose, facenti parte del suo patrimonio, ancora
non esiste un reato, questo sorgendo soltanto con la dichia
razione di fallimento, laddove la norma contenuta nel n. 2
vuol punire il fatto di chi riceve presso di se, in maniera
clandestina od occulta, beni dell'imprenditore, del cui stato di dissesto sia consapevole, indipendentemente dall'esistenza di un reato da quest'ultimo compiuto, onde i due reati,
quello commesso dall'imprenditore e quello commesso dal
ricettatore, vengono ad esistenza nel medesimo tempo, che
e quello della dichiarazione di fallimento. I fatti contestati al Sesia, che lo stesso indiscutibilmente
ha commesso, integrano invece la terza ipotesi prevista nel n. 2 dell'art. 232, la ipotesi cioe di chi, consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore, acquista beni dallo
stesso a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente.
Sul punto, se il prezzo pagato dal Sesia sia notevolmente
inferiore al valore corrente, e mancata una esauriente inda
gine da parte dei Giudici di merito, onde si impone l'an
nullamento della sentenza impugnata. II giudice di rinvio terra presente che con la locuzione prezzo notevolmente inferiore al valore corrente il legislatore ha voluto riferirsi
ad un acquisto speculativo, compiuto da chi profitta della situazione nella quale il venditore si trova, onde il negozio si concreta, per il venditore, in una vendita rovinosa, per la sproporzione tra ciõ che l'acquirente riceve ed il prezzo che lo stesso corrisponde. Terra ancora presente che il valore corrente õ quello del mercato nel momento e nel
luogo dell'acquisto ; e non quello che presumibilmente sa
rebbe stato realizzato dal curatore, se a quella vendita
avesse lui proceduto. Questa affermazione trova il suo
fondamento sia nella considerazione che il reato in questione e un reato di pericolo, sia nella considerazione che 1'inter
vals tra il momento del negozio e quello del fallimento
puõ essere notevole, e nell'altra, infine, che il legislatore, parlando di prezzo notevolmente inferiore al valore cor
rente, non ha potuto riferirsi ehe al momento del negozio, perche e in questo momento che la condotta delittuosa
dell'agente si e manifestata, onde e questo momento che
bisogna tener presente al fine dell'indagine suU'elemento
psicologico del reato e quindi al fine di stabilire se esista o
meno un elemento costitutivo della fattispecie delittuosa.
(Omissis) Per questi motivi, ecc.
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