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sezione III penale; sentenza 15 gennaio 2002; Pres. Avitabile, Est. Onorato, P.M. Passacantando...

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sezione III penale; sentenza 15 gennaio 2002; Pres. Avitabile, Est. Onorato, P.M. Passacantando (concl. parz. diff.); ric. Dessena. Annulla senza rinvio App. Cagliari-Sassari 14 novembre 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 437/438-441/442 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196572 . Accessed: 28/06/2014 19:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.34 on Sat, 28 Jun 2014 19:21:25 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; sentenza 15 gennaio 2002; Pres. Avitabile, Est. Onorato, P.M. Passacantando(concl. parz. diff.); ric. Dessena. Annulla senza rinvio App. Cagliari-Sassari 14 novembre 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 437/438-441/442Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196572 .

Accessed: 28/06/2014 19:21

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GIURISPRUDENZA PENALE

alle disposizioni generali in materia di gestione dei rifiuti deve

essere però riscontrata sul piano operativo concreto — alla stre

gua del principio generale fissato dal già ricordato art. 1, 1°

comma — al fine di verificare la possibilità effettiva di interfe

renza tra discipline distinte, ed una verifica siffatta porta a con

cludere, nella materia in esame, che la disciplina speciale per i

rifiuti animali dettata dal d.leg. 508/92 (adottato in attuazione

della direttiva 90/667/Cee), pur contenendo alcune norme tecni

che circa il trasporto e lo smaltimento, regola in modo completo soltanto gli specifici profili sanitari e di polizia veterinaria (fi nalità di distruggere ed impedire la propalazione di agenti pato

geni) della fase di trasformazione, mentre gli altri profili di ge stione non sono coperti dalla disciplina speciale.

Si ricordi, in proposito, che la stessa direttiva 90/667/Cee po ne «the veterinary rules for the disposal and processing of ani

mal waste, for its placing on the market and for the prevention of pathogens in feedstuffs of animal or fish origin» e che, nella

disciplina nazionale di attuazione, secondo la testuale formula

zione dell'art. 1,1° comma, d.leg. 508/92, detto testo normativo

stabilisce:

a) le norme sanitarie e di polizia veterinaria che si applicano ai procedimenti di eliminazione e/o trasformazione dei rifiuti di

origine animale, allo scopo di distruggere gli agenti patogeni eventualmente in essi presenti, nonché alla produzione per gli animali di alimenti di origine animale con metodi atti ad evitare

che essi possano contenere agenti patogeni; b) le norme relative all'immissione sul mercato dei rifiuti di

origine animale destinati a fini diversi dal consumo umano.

2.4. - Gli scarti animali non trattati sono espressamente com

presi tra i rifiuti speciali del catalogo europeo dei rifiuti (codice 020202 Cer), la cui elencazione — che si conforma alla defini

zione generale di «rifiuto» accolta dal legislatore italiano ed è

riportato nell'ali. A d.leg. 22/97 — si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero

(si ricordino, quanto all'inclusione nell'elenco, i principi affer

mati dalla Corte europea di giustizia con la sentenza 25 giugno 1997, cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95, Tombesi, in Foro it., 1997, IV, 378, e da questa Suprema corte con

la sentenza 4 maggio 2000, n. 8419, Zavagli, secondo cui tratta

si di un elenco di riferimento, redatto con finalità di armonizza

zione amministrativa, avente carattere non esaustivo e tecnica

mente aggiornabile). 11 d.m. 5 febbraio 1998, sul recupero di rifiuti non pericolosi,

prevede inoltre espressamente — al punto 18.1 — tra i rifiuti

recuperabili con la procedura semplificata dell'iscrizione (so stitutiva di quella dell'autorizzazione) proprio i «residui carnei,

sangue, residui di pesce» destinati alla «produzione di fertiliz

zanti conformi alla 1. 19 ottobre 1984 n. 748», specificando che

«per gli impianti di recupero si applicano le disposizioni di cui al d.leg. 508/92».

Deve ritenersi, conseguentemente, che: — nel recupero di rifiuti animali devono applicarsi congiun

tamente il d.leg. 22/97 ed il d.leg. 508/92, che hanno distinte fi nalità;

— gli scarti animali costituiscono rifiuti speciali ai sensi del

d.leg. 22/97 e, pertanto, la gestione di materiali siffatti è sotto posta alla disciplina prevista da detto decreto;

— gli impianti di recupero di tali rifiuti devono essere auto

rizzati secondo le prescrizioni di entrambi i testi normativi; — il recupero di tali rifiuti può avvenire con «procedura

semplificata» solo se rivolto alla produzione di fertilizzanti; nel

caso, invece, di trattamento finalizzato alla produzione di man

gimi, si impone la necessità dell'autorizzazione ordinaria di cui

all'art. 29 d.leg. 22/97.

Il d.leg. 22/97 — appare opportuno ribadirlo —

pone i princi

pi generali in tutto il settore dei rifiuti: esso non è applicabile

qualora normative particolari di deroga disciplinino, a livello di

eccezione, alcuni settori specifici di rifiuti ma soltanto nei limiti

in cui opera la stessa disciplina derogatoria. L'art. 8, 2° comma, d.leg. 508/92, del resto, rinvia espressa

mente alla normativa generale in materia di rifiuti allorché di

spone che «la raccolta ed il trasporto di materiali ad alto rischio

e basso rischio sono effettuati nell'osservanza degli obblighi di

documentazione del trasporto e di tenuta dei registri di carico e

scarico vigenti» e tali obblighi documentali (rispettivamente

previsti, attualmente, dagli art. 15 e 12 d.leg. 22/97) presuppon

gono appunto l'iscrizione all'albo nazionale delle imprese che

effettuano la gestione dei rifiuti (di cui all'art. 30 d.leg. 22/97).

li. Foro Italiano — 2002.

Né la necessità di iscrizione all'albo può ritenersi esclusa dal

decreto 26 marzo 1994 del ministro della sanità (previsto dallo

stesso art. 8, 2° comma, d.leg. 508/92) — che stabilisce le mo

dalità di osservanza degli obblighi inerenti le attività di raccolta

e di trasporto di rifiuti di origine animale, conformemente al

l'ali. I d.leg. 508/92 — poiché le norme ivi fissate prescrivono

ulteriori peculiari requisiti di idoneità di contenitori, automezzi

ed eventuali depositi temporanei, nonché controlli ed autorizza

zioni del servizio veterinario delle Asl territorialmente compe tenti, che integrano ma non escludono la disciplina generale.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 15

gennaio 2002; Pres. Avitabile, Est. Onorato, P.M. Passa

cantando (conci, parz. diff.); ric. Dessena. Annulla senza

rinvio App. Cagliari-Sassari 14 novembre 2000.

Sanità pubblica — Rifiuti speciali derivanti da attività di demolizione e costruzione — Terre e rocce da scavo —

Differente disciplina — Questione manifestamente infon

data di costituzionalità (D.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, attua

zione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui ri fiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti dì im ballaggio, art. 7, 8).

Sanità pubblica — Discarica — Confisca dell'area — Fatti

specie (D.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, art. 51).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale che prospetta un 'irragionevole disparità di tratta

mento tra il regime giuridico delle terre e delle rocce da sca

vo contaminate da inquinanti, escluse dalla categoria dei ri

fiuti, nonostante la loro pericolosità ambientale, e quello dei

materiali derivanti da demolizione e costruzione, che conti

nuano ad essere considerati rifiuti speciali, pur non essendo

pericolosi, perché si tratta di attività e di materiali ontologi camente diversi (infatti, l'attività di scavo incide su terreni,

l'attività di demolizione e costruzione incide sa edifici), la cui

diversità giustifica la differente disciplina adottata dal legis latore nell 'ambito de! suo potere discrezionale. ( 1 )

Il proprietario di un 'area occupata da una discarica abusiva

può subirne la confisca solo se sia responsabile o correspon sabile del reato di cui all'art. 51, 3° comma, d.leg. 22/97,

mentre in caso di comproprietà dell'area, la confisca è appli cabile soltanto se (tutti) i comproprietari sono responsabili,

quanto meno a titolo di concorso, nel suddetto reato doven

dosi al tempo stesso escludere l'applicazione obbligatoria della misura patrimoniale perché l'area non ha un 'intrinseca

criminalità in senso assoluto potendo essere ripristinata e

bonificata dai residui inquinanti. (2)

(1) Questione nuova. Sulla tematica delle terre e rocce da scavo, v.

Cass. 13 giugno 2000, Sassi, Ambiente, 2001, 187, e, in dottrina, Pao

ne, Terre e rocce da scavo: siamo al capolinea?, ibid., 617; Prati, Una tormentata vicenda: terre da scavo e rifiuti, problema irrisolto, id., 2002, 331; Ficco, Terre di scavo: un errore sistematico della nuova

legge le lascia tra i rifiuti, in Ambiente e sicurezza, 2001, fase. 12, 18;

Fimiani, Mancata contaminazione ed effettivo riutilizzo: in questi casi

le terre da scavo non sono rifiuti, id., 2002, fase. 4, 74; Amendola, Ri

fiuti da scavo e tombamento delle cave: un sonoro schiaffo ali 'Unione

europea, in Dir. pen. e proc., 2002, 36.

(2) In argomento, Cass. 26 aprile 2001, Cannavo, Ambiente, 2002,

785, ha chiarito che anche in caso di applicazione della pena ex art. 444

c.p.p. per il reato di realizzazione e/o gestione di una discarica abusiva

va disposta la confisca dell'area sulla quale insisteva la discarica, se di

proprietà dell'autore del reato o di altro compartecipe, e va disposta la

bonifica e la remissione in pristino dell'area prima dell'acquisizione definitiva al patrimonio pubblico, non assumendo rilievo che il provve dimento di confisca non abbia formato oggetto dell'accordo fra le parti, atteso che questa costituisce atto dovuto per il giudice non suscettibile

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PARTE SECONDA

Svolgimento de! processo. — 1. - Con sentenza del 14 no

vembre 2000 la Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata

di Sassari, ha integralmente confermato quella resa il 15 dicem

bre 1999 dal Tribunale di Olbia, che aveva dichiarato Gesuino

Dessena colpevole del reato di cui all'art. 51,3° comma, d.leg.

22/97, per aver realizzato sul proprio terreno una discarica di ri

fiuti non pericolosi (inerti e scarti di lavori edili) senza la do vuta autorizzazione (in Olbia il 20 febbraio 1998). Per l'effetto, il Dessena veniva condannato alla pena di quattro mesi di arre

sto e lire cinque milioni di ammenda, con i doppi benefici di legge e con la confisca dell'area interessata dalla discarica.

2. - Il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassa

zione, deducendo tre motivi per mancanza di motivazione e per erronea applicazione della legge, appresso specificati e valutati.

11 pubblico ministero di udienza ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Nella discussione orale i difensori dell'imputato hanno inoltre

sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 1,17°

comma, della recentissima 1. 21 dicembre 2001 n. 443.

Motivi della decisione. — 3. - Va pregiudizialmente affron

tata la questione di illegittimità costituzionale del 17° comma

dell'art. 1 (unico), 1. 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al gover no in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strate

gici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive)

(c.d. legge obiettivo). Più esattamente, l'eccezione dei difensori

deve essere formulata in questo senso: dopo l'entrata in vigore del citato 17° comma diventa costituzionalmente illegittima (e rilevante nel presente processo) la disciplina del d.leg. 22/97, laddove definisce i rifiuti e sottopone la loro gestione a un re

gime rigoroso amministrativo penalmente sanzionato (in ispe cie, art. 7 e 51), atteso che essa continua a considerare rifiuti al

cuni materiali ecologicamente meno pericolosi di quelli che la

nuova norma sottrae alla qualifica di rifiuti e alla relativa disci

plina. La nuova norma, entrata immediatamente in vigore dall'11

gennaio 2002, stabilisce testualmente:

«Il 3° comma, lett. b), dell'art. 7 e il 1° comma, lett. f bis), dell'art. 8 d.leg. n. 22 del 1997, si interpretano nel senso che le

terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono ri

fiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del me

desimo decreto legislativo, anche quando contaminate, durante

il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività

di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la com

posizione media dell'intera massa non presenti una concentra

zione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti».

Come noto, secondo la lett. b) del 3° comma del citato art. 7, sono rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione

e costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle atti

vità di scavo; mentre secondo la lett. / bis) del 1° comma del

l'art. 8 sono esclusi dal campo di applicazione dello stesso

d.leg. 22/97, «in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge, le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo

per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di

materiali provenienti da siti inquinanti e da bonifiche con con

centrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità sta

biliti dalle norme vigenti». A un'attenta lettura, perciò, secondo la norma interpretativa

introdotta con il 17° comma dell'articolo unico della nuova leg

ge, non si devono ritenere rifiuti, e sono quindi esclusi dall'am

bito di applicazione del d.leg. 22/97, le terre e le rocce da scavo,

di valutazioni discrezionali e pertanto sottratto alla disponibilità delle

parti. Secondo G.i.p. Pret. Udine 17 dicembre 1998, Foro it.. Rep. 1999,

voce Sequestro penale, n. 62, in caso di gestione di una discarica di ri fiuti in carenza delle prescritte autorizzazioni può essere disposto il se

questro preventivo dell'area soggetta a confisca su cui insiste la disca

rica, se di proprietà di uno degli indagati, ex art. 321, 2° comma, c.p.p., a prescindere dai presupposti di cui all'art. 321, 1° comma, c.p.p.

Per un altro caso di sequestro preventivo e confisca, v. Cass. 23

maggio 2001, Maio, id., 2002, 11, 180, con nota di richiami di Paone ed osservazioni di Amendola, Trasporto illecito di rifiuti, sequestro e

confisca dei mezzo. In tema di discarica e deposito di rifiuti, v., da ultimo, Cass. 10 no

vembre 2000, Duclos, ibid., 354, con nota di richiami. In materia di bonifica di siti contaminati, v. Cass. 28 aprile 2000,

Pizzuti, ibid., 127, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2002.

anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da so

stanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perfora zione e costruzione, purché la concentrazione media di inqui nanti non superi i limiti massimi di legge. Sembra chiaro quindi che continuano a costituire rifiuti speciali quelli derivanti dalle

attività di demolizione e costruzione; mentre perdono la qualità di rifiuti solo le terre e le rocce da scavo, posto che l'attività di

demolizione e costruzione (che incide su edifici) è struttural

mente diversa dall'attività di scavo (che incide su terreni). Si può anche aggiungere, peraltro, che la norma in questione

ha portata modificativa piuttosto che interpretativa, atteso che la

norma precedente escludeva le terre e le rocce dall'ambito di

applicazione del d.leg. 22/97, solo in quanto disciplinate da altre

disposizioni di legge, ma non le escludeva tout court dalla cate

goria dei rifiuti; mentre la nuova norma le esclude in radice da

questa categoria e non solo dal campo di applicazione del men

zionato decreto.

Comunque, per quanto direttamente interessa nella presente

fattispecie, è indubbio che continuano a costituire rifiuti e ad es

sere assoggettati alla disciplina del d.leg. 22/97 i materiali deri vanti da demolizioni e da costruzioni.

Per conseguenza, la sollevata questione di illegittimità costi

tuzionale è manifestamente infondata laddove prospetta una ir

ragionevole disparità di trattamento tra le terre e le rocce da

scavo contaminate da inquinanti, escluse dalla categoria di ri

fiuti nonostante la loro pericolosità ambientale, e i materiali de

rivanti da demolizioni e costruzioni, che continuano a essere

considerati rifiuti speciali, pur non essendo pericolosi: e ciò

perché si tratta di attività e di materiali ontologicamente diversi, la cui diversità giustifica la differente disciplina adottata dal le

gislatore nell'ambito del suo potere discrezionale. Mentre la

questione è vieppiù manifestamente infondata laddove intende

prospettare una irragionevole disparità di trattamento tra i rifiuti

pericolosi che derivano dalle attività di scavo e le terre e le roc

ce da scavo contaminate da inquinanti, giacché sotto questo pro filo il trattamento resta uguale, posto che entrambi i materiali

(pur connotati da analoghi caratteri di pericolosità) vengono esclusi dalla categoria dei rifiuti.

Si tratta semmai di verificare se la suddetta esclusione dalla

categoria dei rifiuti di materiali inquinanti o pericolosi sia ri

spettosa delle direttive comunitarie vigenti in materia. Ma la

questione non è rilevante per i materiali da demolizione e da co

struzione, oggetto del presente processo. Né può ridondare in

una questione di illegittimità costituzionale.

4. - Passando ora ai motivi del ricorso scritto, con la prima censura il difensore lamenta vizio di motivazione in ordine alla

imputabilità del fatto al Dessena, ritenuto responsabile solo per ché — secondo il ricorrente — avendo la disponibilità della

chiave del cancello che chiudeva il terreno nel quale venne rea

lizzata la discarica, consentì l'accesso dei carabinieri nel terreno

stesso.

La censura è infondata e va respinta. Invero, è pacifico che

l'imputato era proprietario del terreno de quo assieme ad altri

fratelli; che il terreno era recintato da un muro e da una rete

metallica e chiuso da un cancello, di cui l'imputato aveva la

chiave; che il terreno era ingombro di numerosi rifiuti (inerti e

scarto di lavori edili) provenienti dalla demolizione di una

struttura alberghiera appartenente allo stesso imputato. Da questo compendio probatorio è logico e legittimo dedurre

che sia stato il Dessena ad attivare la discarica nel terreno di cui

era comproprietario. Si potrebbe semmai ipotizzare il concorso

nel reato degli altri comproprietari; ma ciò non escluderebbe

evidentemente la responsabilità del primo. In ogni caso, nessuna

azione penale risulta iniziata o sollecitata contro gli altri com

proprietari. 5. - Col secondo motivo il ricorrente deduce erronea applica

zione della legge penale in ordine alla quantificazione e alla

qualificazione penale del fatto. Sostiene che il terreno seque strato non era di 1.100 mq, bensì di soli 637 mq, e che i rifiuti accumulati erano inferiori a quelli indicati dalla polizia giudi ziaria (circa 100 me). Ma soprattutto aggiunge che il materiale

depositato era quasi totalmente formato da conci di granito

squadrati e pronti per la riutilizzazione edilizia, sicché non po teva qualificarsi come rifiuto, dal momento che il Dessena non

aveva intenzione di disfarsene; mentre per la residua e minimale

porzione di calcinacci derivanti da lavorazioni edili doveva più correttamente applicarsi l'art. 50 d.leg. 22/97, che prevede come

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GIURISPRUDENZA PENALE

semplice illecito amministrativo l'abbandono o il deposito di ri fiuti.

Anche questo motivo è infondato.

Anzitutto il ricorrente asserisce circostanze di fatto (sulla

quantità di rifiuti e sulla superficie sequestrata) che sfuggono al

controllo del giudice di legittimità. Comunque, anche a voler

ritenere che quantità di rifiuti e superfice occupata dai medesimi

fossero quelle asserite dal ricorrente, non verrebbero meno gli elementi indicatori della sussistenza della discarica, tradizio

nalmente definita come ripetuto accumulo di rifiuti in una de

terminata area, con tendenziale carattere di definitività, desunto

soprattutto dalla quantità dei rifiuti e dallo spazio occupato. In

fatti, anche le misure asserite dal ricorrente, circa la cubatura

dei rifiuti e la superficie occupata, resterebbero indicative del

l'esistenza di una discarica.

Anche la tesi che il materiale di scarto edilizio fosse preva lentemente costituito da grossi conci di granito di cui il Dessena

non aveva intenzione di disfarsi, configura una deduzione in

fatto nuova (non formulata né in primo né in secondo grado), che è preclusa in questa sede. In linea di diritto, poi, il motivo, non solo è inammissibile ex art. 606, 3° comma, c.p.p., ma è an

che infondato, giacché non considera che, se la nota decretazio

ne d'urgenza ormai decaduta prevedeva la distinzione tra rifiuti, da una parte, e materie prime secondarie (m.p.s.) o residui, dal

l'altra, sottoposti a regime attenuato ove ne fosse provato l'ef

fettivo riutilizzo, questa distinzione è stata ormai abbandonata

dal d.leg. 22/97, che comprende nella categoria di rifiuti tutte le

cose di cui il detentore si disfi, indipendentemente dalla sua in

tenzione di riutilizzarle.

6. - Con l'ultimo motivo il difensore sostiene che la misura

della confisca del terreno non era applicabile, in quanto nel caso

specifico veniva a ledere i diritti di comproprietà di terzi asso

lutamente incolpevoli e in buona fede.

La censura è fondata e va accolta. Il 3° comma dell'art. 51

d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22 stabilisce espressamente che alla

sentenza di condanna per il reato di discarica abusiva consegue la confisca dell'area sulla quale è stata realizzata la discarica, se

di proprietà dell'autore o del compartecipe del reato, fatti salvi

gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. Ciò significa che il proprietario di un'area occupata da disca

rica abusiva può subirne la confisca solo se sia responsabile o

corresponsabile del reato previsto e punito dall'art. 51. Se non

10 è, egli ha solo gli obblighi e gli oneri reali previsti dall'art. 17 delio stesso decreto al fine di realizzare la bonifica e il ripristino ambientale del sito. Ma questi obblighi e oneri reali (in definiti

va tutte obbligazioni legali connesse alla res) sono diversi dalla

misura patrimoniale della confisca, la quale ha carattere ed ef

fetto ablatorio, che i primi non hanno.

Conseguenza evidente di questa disciplina è che, in caso di

comproprietà dell'area, i comproprietari sono soggetti alla con

fisca dell'area solo se sono responsabili, quanto meno a titolo di

concorso, nel reato di discarica abusiva.

Una siffatta disciplina appare più garantista per i titolari della

proprietà di quella vigente in materia di contrabbando doganale, che prevede la confisca obbligatoria delle cose utilizzate o de

stinate a commettere il reato (in particolare dei mezzi di tra

sporto) anche se appartenenti a terzi estranei al reato, se questi non provano di aver ignorato senza colpa l'uso criminale della

cosa (art. 301 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, come novellato dal

l'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n. 413, e da ultimo modificato

dalla sentenza 1/97 della Corte costituzionale, Foro it., 1998, I,

2043). Com'è noto, in tema di contrabbando doganale, con una serie

di pronunce culminate nella sentenza 10 gennaio 1997, n. 1, la

Corte costituzionale ha affermato un principio generale, secon

do cui il proprietario che sia estraneo al reato e indenne da colpa non può subire la confisca obbligatoria della cosa di sua pro

prietà, perché in tal modo finirebbe per essere colpito a titolo di

responsabilità oggettiva, con conseguente violazione dell'art.

27, 1° comma, Cost. Non è irragionevole — secondo la Con

sulta — che il proprietario sia gravato dell'onere di provare la

sua buona fede; ma se assolve quest'onere, il terzo proprietario estraneo al reato non può essere colpito da una misura di sicu

rezza patrimoniale di tipo ablatorio, conseguente al reato stesso, in forza del principio costituzionale della personalità della re

sponsabilità penale (così come ora prevede espressamente il

nuovo testo legislativo dell'art. 301 con riferimento ai mezzi di

11 Foro Italiano — 2002.

trasporto utilizzati o destinati al contrabbando, introdotto dal l'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n. 413 proprio per adeguarsi alla

precedente giurisprudenza costituzionale). Un'eccezione al suddetto principio è ammessa per le cose ca

ratterizzate da intrinseca pericolosità sociale, in relazione alle

quali è consentita la confisca obbligatoria anche nei confronti di terzi incolpevoli. Ma solo — come precisa ancora la Consulta — se si tratta di una «illiceità oggettiva in senso assoluto», la

quale non può essere legittimata neppure con un'autorizzazione

amministrativa (come risulta dall'art. 240 c.p.).

Applicando questi principi alla confisca obbligatoria imposta dall'art. 51,3° comma, d.leg. 22/97, ne deriva la perfetta legit timità costituzionale della norma. Il legislatore del 1997, infatti, ha escluso la confisca dell'area quando colpisca proprietari o

comproprietari che non siano almeno corresponsabili della di

scarica abusiva, atteso che l'area non ha un'intrinseca crimina

lità in senso assoluto, potendo essere ripristinata e bonificata dai

residui inquinanti. A tal fine il legislatore ha solo correttamente

previsto una serie di obblighi e di oneri reali anche a carico dei

proprietari o comproprietari estranei al reato.

In conclusione, nella presente fattispecie, la confisca non po teva essere disposta, perché veniva a colpire anche comproprie tari che non risultano essere responsabili o corresponsabili per l'attivazione della discarica abusiva.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 19

dicembre 2001; Pres. Vessia, Est. Gemelli, P.M. (conci,

conf.); ric. Baffico. Conferma Trìb. sorv. Genova, ord. 20 di

cembre 2000.

Ordinamento penitenziario — Affidamento in prova al ser

vizio sociale — Sanzione sostitutiva della libertà controlla

ta — Applicabilità dell'affidamento — Esclusione (L. 26

luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e

sulla esecuzione delle misure privative e limitative della li

bertà, art. 47; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al siste

ma penale, art. 56).

Deve escludersi l'applicabilità dell'affidamento in prova al ser

vizio sociale alla sanzione sostitutiva della libertà controllata, dato che l'affidamento in prova è previsto soltanto in relazione

alla pena detentiva, che tra i due istituti alternativi alla pena detentiva esiste una evidente omogeneità, e che la condizione

dell'affidato al servizio sociale è nel complesso meno favore vole di quella dell 'ammesso alla libertà controllata. ( 1 )

(1) La questione esaminata dalle sezioni unite penali della Corte di cassazione è una delle molte determinatesi per effetto di una legislazio ne che ha introdotto nel sistema penale importanti modifiche, ed anche istituti estranei alle tradizioni giuridiche italiane, mediante provvedi menti succedutisi nel tempo, nella perdurante assenza di una nuova co dificazione e comunque di interventi di coordinamento che dessero

unitarietà, razionalità e coerenza alle norme vigenti. In particolare, corrisponde ad un rilievo ricorrente che tra sanzioni

sostitutive, benefici penitenziari e tradizionali istituti sospensivi ed estintivi della pena si sia creata una sommatoria demenziale che rischia di portare fuori controllo l'effettività del trattamento sanzionatorio.

Dell'esistenza del contrasto di giurisprudenza sulla questione della ammissibilità all'affidamento in prova del condannato sottoposto a li bertà controllata si era già data notizia, riportando due sentenze di cui una menzionata in motivazione: Cass., sez. I, 27 ottobre 1999, Prosperi, e 24 settembre 1999, Tognetti, Foro it., 2000, 11, 537. Con la prima di

queste decisioni la corte, chiamata a definire le modalità di computo della durata dell'affidamento disposto in alternativa alla libertà con

trollata, aveva affermato doversi aver riguardo alla durata della pena detentiva; in forma di mero obiter dictum, aveva tuttavia qualificato «fortemente opinabile» la concessione della misura alternativa al libero

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