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sezione III penale; sentenza 20 ottobre 1995; Pres. Montoro, Est. Accattatis, P.M. (concl. diff.);ric. Pardi. Annulla senza rinvio Trib. Milano, ord. 21 agosto 1995, e G.i.p. Trib. Milano, ord. 31luglio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 419/420-423/424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190111 .
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PARTE SECONDA
Foro it., Rep. 1993, voce cit., nn. 4, 5). Principi questi che
ben si attagliano anche all'ipotesi in esame. Aggiungasi che i
giudici di merito, nel valutare l'idoneità della condotta addebi
tata al Varvarito, hanno posto in rilievo, fornendo sul punto esauriente e logica motivazione, che l'offerta di un blocchetto
di buoni di benzina, contrariamente all'assunto difensivo, non
aveva affatto contenuto irrisorio e che la stessa si collegava chia
ramente al compimento di un ben preciso atto contrario ai do
veri di ufficio: consentire all'imputato, «chiudendo un occhio», di lavorare in quel giorno festivo.
Inconferente è poi il richiamo al disposto di cui all'art. 56, 3° comma, c.p., non essendo configurabile la desistenza volon
taria nei confronti di un reato di mera condotta, quale quello in esame, che si consuma con la semplice offerta o promessa dell'utilità da parte del privato istigatore, purché seria e concre
ta, finalizzata al compimento ad opera del pubblico ufficiale
di un atto contrario ai doveri di ufficio.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 20 ot
tobre 1995; Pres. Montoro, Est. Accattato, P.M. (conci,
diff.); ric. Pardi. Annulla senza rinvio Trib. Milano, ord. 21
agosto 1995, e G.i.p. Trib. Milano, ord. 31 luglio 1995.
Misure cautelari personali — Impugnazioni — Poteri del giudi ce (Cod. proc. pen., art. 309, 310).
In sede di riesame — e, a fortiori, in sede di appello de libertate — il tribunale non può sostituire nuove e diverse esigenze cautelari a quelle fatte valere nella richiesta del pubblico mi
nistero e poste a base dell'ordinanza applicativa della misura,
pronunciata dal giudice per le indagini preliminari. (1)
1. - L'antefatto rilevante ai fini della decisione. Il Pardi ha
proposto istanza di riesame avverso la misura di custodia caute
lare in carcere disposta dal g.i.p. presso il Tribunale di Milano
(1) Sulla netta (e incontroversa) distinzione intercorrente tra riesame
(che «appartiene, tipicamente, alla famiglia dei gravami»: così Corde
rò, Codice di procedura penale commentato, 2a ed., Torino, 1992, sub art. 309, 367) e appello de libertate (ancorato al principio del tantum devolutum quantum appellatum), cfr., tra le altre, Cass. 28 aprile 1993, Petrella, Foro it., Rep. 1994, voce Misure cautelari personali, n. 651, e 27 luglio 1993, Roselli, ibid., n. 597; sottolineano, peraltro, quanto all'appello cautelare, i rigorosi limiti del devolutum — anche con ri
guardo alla precipua natura dell'atto oggetto di impugnazione — e i loro riflessi sulla cognitio del giudice, Cass. 31 marzo 1992, Fiorini, ibid., n. 654, e 5 aprile 1993, Centonze, ibid., n. 656, mentre Cass. 14 dicembre 1992, Masellis, id., Rep. 1993, voce cit., n. 558, rimarca che il c.d. tribunale della libertà, in sede di riesame, ha la stessa piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo. Per una efficace sintesi della problematica oggetto della pronuncia, con par ticolare riguardo all'appello de libertate, cfr., da ultimo, Giuliani, La valutazione delle esigenze cautelari da parte del tribunale della libertà
quale giudice di appello, in Dir. pen. e proc., 1995, 600 ss. Il principio per il quale la doverosità della fissazione del termine di
durata vige in ordine alle misure esclusivamente disposte a tutela della
genuinità della prova, e non opera, di contro, ove all'esigenza di cui all'art. 274, lett. a), c.p.p. si affianchino nel contempo ulteriori pericu la libertatis, può ormai dirsi una costante nella giurisprudenza di legitti mità: cfr., tra le altre, Cass. 14 gennaio 1991, Conciatori, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 280; 9 ottobre 1992, Casanova, id., Rep. 1993, voce cit., n. 321; 2 dicembre 1992, Sabatini, ibid., n. 319.
Il Foro Italiano — 1996.
con ordinanza in data 24 luglio 1995, in ipotesi di reato di uti
lizzazione di fatture fittizie.
Il Pardi ha proposto l'istanza di riesame per eccepire, con
un primo motivo, la nullità dell'ordinanza per violazione del
l'art. 292, 2° comma, c.p.p.; con un secondo motivo, la man
cata fissazione, da parte del g.i.p., del termine ex art. 274, lett.
a), e 292, lett. d), c.p.p.; con un terzo motivo, la nullità dell'or
dinanza per assoluta mancanza di motivazione in ordine alla
doglianza di insussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale di Milano ha rigettato le eccezioni di nullità per
ché, di ufficio, ha ritenuto l'esistehza dell'esigenza cautelare di
cui all'art. 274, lett. e), c.p.p.: esigenza cautelare non ritenuta
dal g.i.p. e non richiesta dal p.m.
Questo l'antefatto. Occorre ora esaminare gli antecedenti pro cessuali specifici del ricorso in esame.
2. - Gli antecedenti processuali del ricorso in esame. Con or
dinanza 31 luglio 1995 il g.i.p. ha respinto l'istanza di rimessio
ne in libertà dell'indagato Pardi e, sul presupposto dell'esisten
za delle esigenze cautelari di cui alla lett. a) dell'art. 274 c.p.p., ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con
quella degli arresti domiciliari, ha omesso però di indicare il
termine di durata della misura prescritto dalla lett. d) dell'art.
292 c.p.p. Il Pardi ha proposto appello per chiedere la dichiara
zione di inefficacia della misura cautelare in ragione della omessa
fissazione del termine e, comunque, per chiedere la revoca della
misura per insussistenza delle esigenze cautelari. Con la richia
mata ordinanza in data 21 agosto 1995 il tribunale ha ritenuto
sanata la nullità derivante dalla mancata fissazione del termine
visto che, nel frattempo, era intervenuta l'ordinanza del tribu
nale — in data 8 agosto 1995 — in sede di riesame. Il tribunale,
evidentemente, si riferisce all'orientamento giurisprudenziale se
condo il quale, se sussistono più esigenze cautelari, l'omessa
fissazione del termine da parte del g.i.p. con riferimento all'esi
genza cautelare di cui all'art. 274, lett. a), c.p.p., diventa irri
levante.
Secondo il tribunale, che fonde due procedure incidentali in
una, «in punto di esigenze cautelari» deve condividersi «quanto affermato dal tribunale del riesame nell'ordinanza dell'8 agosto
1995», mentre, «in punto di adeguatezza e proporzionalità della
misura» deve condividersi «quanto sostenuto dal g.i.p. nell'or
dinanza appellata». 3.-7/ ricorso del Pardi. Il Pardi ha proposto ricorso per
dedurre:
1. nullità dell'ordinanza in ragione di motivazione abnorme
e, in particolare, per violazione dell'art. 310 c.p.p.; 2. nullità dell'ordinanza per carenza di motivazione in ordine
alle ragioni capaci di giustificare il mantenimento della misura
cautelare. .
«Con una soluzione assai singolare», si legge nel primo moti
vo di ricorso (motivo assorbente), «si è ritenuto che l'intervento
del tribunale ex art. 309 c.p.p. abbia spiegato i suoi effetti an
che sull'ordinanza del g.i.p. del 31 luglio, la cui nullità — pe raltro palesemente riconosciuta — pure sarebbe stata sanata me
diante l'affermazione della sussistenza del pericolo di reiterazio
ne degli stessi fatti criminosi, oltre che di quello dell'inquinamento
probatorio». Questa soluzione è «basata su di un presupposto assolutamente erroneo, che postula una commistione tra l'isti
tuto del riesame e quello dell'appello». «Nella fattispecie si era
chiesto al tribunale di valutare ex art. 310 c.p.p. la correttezza
dell'ordinanza del g.i.p.» sotto due profili (mancanza di previ sione del termine ed insussistenza del prospettato pericolo del
l'inquinamento probatorio). «Per tutta risposta il tribunale ha
affermato che siccome oggetto dell'impugnazione... non era l'or
dinanza del 31 luglio, ma era un'altra, diversa, così come risul
tava integrata dalla successiva pronuncia dell'8 agosto, le do
glianze della difesa non potevano essere accolte perché nel frat
tempo il vizio era stato sanato».
Se questa impostazione fosse corretta, secondo il ricorrente
ne deriverebbero conseguenze giuridiche aberranti. «Infatti, se
condo tale teoria, la difesa, nei suoi motivi di appello del 1°
agosto avrebbe impugnato un'ordinanza che nelle more della
fissazione dell'udienza camerale di discussione era stata modi
ficata».
Il ricorso è fondato. L'impugnata ordinanza va annullata per ché affetta da nullità assoluta.
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GIURISPRUDENZA PENALE
4. - La diversa disciplina del riesame e dell'appello. Nella
disciplina delle impugnazioni avverso i provvedimenti restrittivi
della libertà personale — assume correttamente il ricorrente —
il riesame e l'appello hanno una stessa ratio (l'esame di merito
e di legalità del provvedimento impugnato) ma limiti diversi.
Le differenze tra i due rimedi processuali, oltre che dal caratte
re residuale dell'appello (limitato alle ordinanze relative a misu
re cautelari diverse da quelle assoggettabili al riesame ad impul so dell'imputato), sono date dalla diversità di potere (di compe
tenza) del tribunale in sede di riesame e di appello. In sede di riesame, il tribunale ha la stessa piena cognizione
del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal
caso, il tribunale può annullare, riformare o confermare il prov vedimento del primo giudice e può anche decidere per ragioni
differenti da quelle proposte a sostegno della richiesta; può de
cidere anche in base ad elementi emersi successivamente all'e
missione del provvedimento restrittivo della libertà personale. In sede di appello il tribunale ha, invece, poteri più limitati.
In particolare, è vincolato dal principio devolutivo, non può conoscere oltre i motivi dell'impugnazione.
5. - Le ragioni fondamentali della nullità. Nel caso di specie, come giustamente lamentato dal ricorrente, il tribunale ha tra
valicato i limiti del devoluto; ha, addirittura, preteso conoscere
attingendo l'elemento decisivo della decisione da altra autono
ma procedura incidentale ex art. 309 c.p.p.; ha travalicato i
limiti della sua funzione di garante della libertà personale —
definita dall'art. 13 Cost. — per divenire garante improprio ed
anomalo delle esigenze di difesa sociale.
6. - Un orientamento giurisprudenziale che non può essere
condiviso. In ogni caso va qui motivatamente affermato che
non può essere condiviso l'orientamento giurisprudenziale se
condo il quale in caso di appello dell'indagato avverso un'ordi
nanza applicativa di una misura cautelare il tribunale possa au
tonomamente individuare un'esigenza cautelare diversa da quel
la ritenuta dal g.i.p. (Cass. 30 giugno 1992, Scimone, Foro it.,
Rep. 1993, voce Misure cautelari personali, n. 641), Questo orien
tamento giurisprudenziale non può essere condiviso prima di
tutto perché pretermette l'esigenza che ogni domanda restrittiva
della libertà personale venga dalla pubblica accusa. Il giudice
è chiamato solo a vagliare la fondatezza e la legalità della ri
chiesta.
7. - Il limite del devoluto. Secondo l'orientamento criticato,
al giudizio di appello sarebbe connaturale il potere di decidere
nel merito. Occorre osservare che, certamente, ad esso è conna
turale, ma nei limiti del devoluto. Il potere dalla Corte di cassa
zione, con la sentenza in esame, riconosciuto al giudice in gra
do di appello nel procedimento incidentale (art. 310 c.p.p.) non
appartiene neanche al giudice di riesame (art. 309 c.p.p.) che — come già evidenziato — nel procedimento incidentale ha po
teri più ampi del giudice dell'appello. Anche al giudice di riesa me — ma è bene approfondire questo rilevante e decisivo aspet
to — è inibito individuare un'esigenza cautelare diversa rispetto
a quella prospettata dal p.m. e presa in considerazione dal g.i.p. 8. - I limiti di potere del tribunale nel giudizio di riesame,
tenuti presenti gli art. 405, 291, 274 c.p.p. In applicazione del
9° comma dell'art. 309 c.p.p. il tribunale del riesame può por
tare la sua analisi ad ampio raggio, ma può portarla ad ampio
raggio sempre restando nei limiti, nel perimetro, della specifica
esigenza cautelare sottoposta al suo esame. L'impulso perché
sia riconosciuta un'ulteriore esigenza cautelare deve venire —
e non può non venire — dalla pubblica accusa.
L'azione penale è esercitata e coltivata dal p.m. e solo dal
p.m. (art. 405, 1° comma, c.p.p.). È questo un principio cardi
ne del c.p.p. — Il giudice non può sostituirsi al p.m. senza
perdere la sua funzione di garanzia. Il 1° comma dell'art. 405
c.p.p. ha il suo corrispondente nel 1° comma dell'art. 291 c.p.p.
(le misure cautelari sono disposte su richiesta del pubblico mini
stero») e negli articoli che seguono.
Ai sensi dell'art. 274 c.p.p. (non novellato) le misure cautela
ri sono disposte: 1) quando sussistono inderogabili esigenze at
tinenti alle indagini in relazione a situazioni di concreto perico
lo per l'acquisizione o la genuinità della prova; 2) quando l'im
putato si è dato o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla
fuga; 3) quando, per le specifiche modalità e circostanze del
Il Foro Italiano — 1996.
fatto e per la personalità dell'imputato, vi è il concreto periclo che questi commetta gravi delitti ovvero delitti della stessa spe cie di quello per cui si procede. Le tre categorie non sono assi
milabili perché sono finalizzate ad autonomi scopi processuali che il p.m. in primo luogo deve valutare, prendere in considera
zione, tenuto conto dell'art. 291, 1° comma, c.p.p. 9. - La giurisprudenza della Corte di cassazione. Conforme
all'orientamneto sopra espresso è quello della Corte di cassazio
ne, sez. I, sent. n. 1453 del 10 aprile 1995: «In sede di riesame
del provvedimento restrittivo, è fatto divieto al tribunale del
riesame di sostituire nuove e diverse esigenze cautelari a quelle fatte valere nella richiesta del p.m. e poste a base dell'ordinan
za applicativa del g.i.p.». «Ciò è conforme alla natura accusatoria del nuovo processo
penale e discende dal principio fissato dell'art. 291 c.p.p. che
stabilisce la dipendenza della decisione del giudice dalla richie
sta del pubblico ministero...». Principio che trova applicazione anche in sede di revoca e di sostituzione delle misure.
10. - La modifica apportata dalla l. 332/95. La richiamata
legge esalta e sottolinea la funzione di garanzia del giudice, de
finendo vieppiù in funzione di garanzia anche la pubblica accusa.
Il p.m. è ben distinto dalla polizia giudiziaria e deve restare
ben distinto. Il p.m. rappresenta, pur sempre, un controllo del
l'autorità giudiziaria sulla polizia giudiziaria in funzione di le
galità e del massimo rispetto possibile del valore della libertà
personale. Lo strumento massimo di garanzia è il giudice (art. 13 Cost.).
Il 1° comma dell'art. 291 c.p.c., dispone la 1. 332/95, è segui to dal seguente: «Le misure sono disposte su richiesta del pub blico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi
su cui la richiesta si fonda, nonché (seconda parte innovativa
integrativa del 1° comma in esame; n.d.r.) tutti gli elementi
a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e le memorie
difensive già depositate». 11.- Altri principi affermati dalla Corte di cassazione. Altri
principi, affermati dalla Corte di cassazione (senza la pretesa di portare su questa questione un'analisi esaustiva), sono con
grui con i concetti sopra espressi. Il giudice al quale il p.m. abbia chiesto l'adozione di una
misura coercitiva non può disporne una più grave (Cass. 14
settembre 1991, Ahmetocvic, id., 1992, II, 134). La modifica della contestazione formulata dal p.m. esula dai
poteri al tribunale accordati dall'art. 309 c.p.p. (Cass. 2 aprile
1992, Moretti, id., Rep. 1993, voce cit., n. 647). 12. - In sintesi ed in conclusione. Alla luce di un principio
fondamentale dell'ordinamento processuale penale (art. 405, 1°
comma, 291, 1° comma) nel procedimento incidentale di revi
sione ex art. 309 c.p.p. non è, quindi, legalmente ammesso il
riconoscimento autonomo, da parte del tribunale, di una esi
genza cautelare non richiesta dal p.m. e non riconosciuta dal
g.i.p. e, quindi, a maggior ragione, non è legalmente ammesso
nel procedimento incidentale di appello governato dal principio devolutivo.
«In sede di appello ex art. 310 c.p.p.», ha affermato giusta mente il Pardi in ricorso, il tribunale «avrebbe dovuto pronun
ciarsi sulla legittimità dell'ordinanza del 31 luglio» così come
emessa dal g.i.p. «perché quello era l'oggetto dell'impugnazione». «Anche ammesso che il tribunale del riesame abbia corretta
mente individuato la sussistenza di altra esigenza cautelare nel
pericolo di reiterazione delle medesime condotte criminose, ciò
si deve ritenere limitato a modificare la sola ordinanza origina
ria, non potendo in alcun modo quella modifica trasmettersi
all'ordinanza successiva di applicazione degli arresti domiciliari».
«Anche ammesso che...». In effetti il tribunale, travalicando
macroscopicamente il devoluto ed i limiti della sua competenza,
ha chiamato il ricorrente a discutere, in sede impropria, della
correttezza della decisione del Tribunale di Milano in sede di
revisione.
In conclusione: la decisione della procedura incidentale di rie
same non poteva essere dal tribunale «trasmessa» nella proce
dura incidentale di appello: 1) nel rispetto del principio devolu
tivo che regola il procedimento incidentale di appello: 2) tenuto
conto dei diversi presupposti delle due procedure incidentali di
appello e di riesame; 3) data la possibilità della erroneità della
decisione del tribunale del riesame circa la decisione di aggiun
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PARTE SECONDA
gere, in modo autonomo e senza impulso del p.m., una esigen za cautelare.
13. - La decisione corretta che il tribunale avrebbe dovuto
adottare e non ha invece adottato. Il tribunale avrebbe potuto
e dovuto sanare la nullità fissando di propria iniziativa il termi
ne omesso dal g.i.p. (Cass. 5 febbraio 1992, Scarfò, ibid., n.
567); mentre ha imboccato una strada che lo ha portato a pro nunciare un provvedimento affetto da nullità assoluta ai sensi
dell'art. 179, 1° comma, c.p.p.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 20 ot
tobre 1995; Pres. Montoro, Est. Accattatis, P.M. (conci,
conf.); ric. Pardi. Annulla senza rinvio Trib. Milano, ord.
8 agosto 1995, e G.i.p. Trib. Milano, ord. 24 luglio 1995.
Misure cautelari personali — Ordinanza applicativa — Conte
nuto — Estremi — Nullità (Cod. proc. pen., art. 292).
È nullo il provvedimento cautelare ove abbia omesso la descri
zione del fatto e l'indicazione delle norme di legge che si as
sumono violate, e, ove la richiesta del pubblico ministero —
che, invece, contenga tali elementi — pur essendo stata resa
nota all'interessato, sia stata oggetto di notifica non conte
stuale rispetto all'ordinanza, ricorre la fattispecie di nullità
del provvedimento cautelare prevista dall'art. 292, 2° com
ma, lett. b), c.p.p. (1)
(1) Anche in epoca precedente alla riforma del 1995 si era più volte
rimarcato, in giurisprudenza, come dovesse ritenersi nulla l'ordinanza cautelare laddove dal testo della stessa non fosse stato possibile desu mere con sufficiente chiarezza quali fossero i fatti specifici oggetto di addebito e, di conseguenza, quali fossero, con riguardo a ciascuno di
essi, gli elementi assunti come indiziami (cfr., in questi termini, Cass. 27 gennaio 1992, Annacondia, Foro it., Rep. 1993, voce Misure caute lari personali, n. 316). Ben può, tuttavia, il requisito della «descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assu mono violate» esser soddisfatto attraverso l'allegazione all'ordinanza cautelare del testo della richiesta del pubblico ministero, completa di tali estremi (Cass. 12 maggio 1992, Caternicchia, ibid., n. 313): in tal
caso, infatti, si determina un rinvio per relationem dell'un atto all'al
tro, che dà luogo — si è chiarito — all'incorporazione, nel provvedi mento del giudice, di dati e notizie contenute nella richiesta dell'organo dell'accusa (Cass. 6 agosto 1991, Padovano, id., Rep. 1992, voce cit., n. 275; 9 settembre 1993, Bisignani, id., Rep. 1994, voce cit., n. 331; sulla motivazione cautelare per relationem, cfr., altresì, i più generici asserti di Cass. 2 giugno 1992, Golessi, id., Rep. 1993, voce cit., n.
312, e 18 marzo 1993, Mangion, ibid., n. 309). È tuttavia ovvio che in tanto il rinvio alla richiesta del pubblico ministero è idoneo a scon
giurare il profilarsi di fattispecie di nullità in quanto l'atto richiamato sia conosciuto o conoscibile dall'interessato, di guisa che questi sia in
grado di controllare, sia pur esaminando un provvedimento diverso, la congruenza, la logicità e la legittimità del titulum coercitionis (in questi termini, Cass. 23 febbraio 1994, Orsino, id., Rep. 1994, voce
cit., n. 325). Si colloca in quest'ottica l'indirizzo rigorista fatto proprio dalla su riportata pronuncia: il requisito della descrizione sommaria del fatto e dell'indicazione in iure dell'ipotesi di reato può anche esser sod disfatto attraverso un rinvio per relationem, ma a condizione che i due atti (richiamante e richiamato) siano oggetto di contestuale notifica al
l'interessato; un gap temporale tra la legittima conoscenza dell'uno e dell'altro determinerebbe, al contrario, un'insanabile frattura tra i due
complementari estremi, dischiudendo la via della prevista sanzione di nullità della (a tal punto innegabilmente lacunosa) ordinanza de libertate.
Il Foro Italiano — 1996.
Motivi della decisione. — 1. - Primo motivo di ricorso. Il
tribunale ha respinto l'eccezione di nullità osservando: «... co
me precisa la difesa unitamente all'ordinanza... è stata conte
stualmente notificata... la richiesta di applicazione della misura
avanzata dal p.m., dove viene specificata l'imputazione e la de
scrizione del fatto». Immediatamente dopo nell'ordinanza però si legge che la notifica dei due atti non è stata contestuale: la
notifica della richiesta del p.m. è intervenuta qualche ora dopo la notifica dell'ordinanza del g.i.p. Ciò nonostante il tribunale
ha ritenuto «osservati i requisiti di cui all'art. 292 c.p.p.», con
siderato che «l'attività di esecuzione di una misura è... un atto
temporalmente articolato caratterizzato da una serie di ope razioni...».
2. - La eccepita nullità sussiste. L'art. 292, 2° comma, c.p.p. stabilisce che, a pena di nullità, la descrizione del fatto e la
indicazione delle norme di legge devono essere contenute «nel
provvedimento» che dispone la custodia cautelare. In materia
di libertà personale le interpretazioni elastiche delle norme di
legge non sono ammissibili perché le interpretazioni elastiche
costituiscono lo strumento di erosione delle garanzie. Si potreb be concludere per la sanatoria della evidenziata nullità, come
implicitamente ritenuto dal tribunale, solo se si concludesse che
nessun danno può derivare dalla non contestualità delle diverse
comunicazioni; mentre danno, in effetti, può derivare per il sem
plice fatto che ogni dato di comunicazione deve giungere al de
stinatario in termini di massima possibile chiarezza. Questo è
reclamato dalla legge, sicché il primo motivo di ricorso deve
essere accolto.
3. - La nuova legge sulla custodia cautelare. Da rilevare, ag
giuntivamente, che dalla 1. 8 agosto 1995 n. 332, il 2° comma
dell'articolo in esame è stato sostituito dal seguente: «L'ordi
nanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nulli
tà rilevabile anche di ufficio (parte aggiunta): a) le generalità
dell'imputato...; b) la descrizione sommaria del fatto con l'indi
cazione delle norme di legge che si assumono violate».
La nuova legge sulla custodia cautelare non tanto innova la
precedente normativa, già sufficientemente garantistica, quanto ribadisce il principio che, in materia di libertà personale, il giu dice deve agire in funzione di garanzia.
Con riferimento al 2° comma dell'articolo in esame la nuova
normativa afferma con decisione che le garanzie di cui si discu
te sono garanzie essenziali che non possono e non devono esse
re aggirate od eluse.
4. - Gli ulteriori motivi di ricorso. Affetta da nullità assolu
ta, ex art. 179, 1° comma, c.p.p., è, inoltre, l'ordinanza per le ragioni bene indicate nel secondo motivo di ricorso, ma l'a
nalisi di ogni ulteriore aspetto deve essere, ovviamente, preter messa tenuto conto del valore assorbente della dichiarata, pre
giudiziale, nullità.
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