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sezione III penale; sentenza 25 febbraio 1986; Pres. Battimelli, Est. Ceci, P.M. Mammarella (concl....

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sezione III penale; sentenza 25 febbraio 1986; Pres. Battimelli, Est. Ceci, P.M. Mammarella (concl. conf.); imp. Piro. Conferma App. Firenze 29 aprile 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 531/532-533/534 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179044 . Accessed: 28/06/2014 19:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.154 on Sat, 28 Jun 2014 19:20:30 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; sentenza 25 febbraio 1986; Pres. Battimelli, Est. Ceci, P.M. Mammarella(concl. conf.); imp. Piro. Conferma App. Firenze 29 aprile 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 531/532-533/534Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179044 .

Accessed: 28/06/2014 19:20

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PARTE SECONDA

sa (gestire il centro di raccolta al di fuori dei prescritti controlli

amministrativi), concesse all'imputato le attenuanti generiche in

relazione al corretto contegno processuale, visto altresì l'art. 133

c.p., pare in concreto quella di giorni 25 di arresto e di lire 600.000

di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. per il reato di cui all'art. 25, 2° comma, giorni 25 e lire 600.000, diminuita a giorni 20 e lire 500.000 ex art. 62 bis c.p., cosi au

mentata ex art. 81, cpv., c.p.). Si concedono al Ravaioli i doppi benefici, in considerazione

del suo stato di incensuratezza.

Il prevenuto deve invece essere assolto dal reato di cui all'art.

25, 3° comma, perché il fatto non sussiste: l'istruttoria dibatti

mentale ha evidenziato che l'unica attività della R.C.B. fosse l'ac

cumulo e la commercializzazione dei veicoli, non essendovi nei

locali alcun macchinario atto a trattare le carcasse.

Conseguentemente il Ravaioli avrebbe dovuto limitarsi a chie

dere la licenza.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 25 feb

braio 1986; Pres. Battimelli, Est. Ceci, P.M. Mammarella

(conci, conf.); imp. Piro. Conferma App. Firenze 29 aprile 1985.

Tributi in genere — Reato tributario — Errore su norma tributa

ria — Disciplina — Difforme valutazione interpretativa — Irri

levanza (D.l. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore

aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in mate

ria tributaria, art. 8; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).

Con la disposizione di cui all'art. 8 d.l. n. 429/82, convertito

in l. n. 516/82 il legislatore ha inteso riprodurre la disciplina

prevista dall'art. 47, ultimo comma, c.p., limitando il campo di applicazione della nuova normativa a quelle ipotesi di non

punibilità del contribuente, già esistenti in relazione ad illeciti

amministrativi fiscali, che assegnano rilievo scusante all'errore

determinato dalla obiettiva incertezza della normativa tributa

ria; non ha pertanto valore esimente la mera difforme valuta

zione interpretativa dell'imputato, derivante da una erronea,

colposa qualificazione giuridica delta norma tributaria violata

(nella specie, art. 36, 2° comma, d.p.r. n. 633/72, in relazione

all'art. 1, 6° comma, d.l. n. 429/82). (1)

(1) La sentenza suscita notevole interesse, in quanto rappresenta, se condo quanto è dato sapere, la prima pronuncia della Corte suprema in ordine alla disciplina dell'errore su norme tributarie. Precedenti speci fici sono rintracciabili solo nella giurisprudenza di merito: in particolare, v. Trib. Reggio Emilia 27 febbraio 1985, Foro it., 1985, II, 500, e Trib. Viterbo 8 aprile 1986, id., 1987, II, 100, con note di ulteriori richiami.

Nella specie, l'imputato asseriva di aver ritenuto che la somministrazio ne di pasti e bevande operata nell'ambito della c.d. attività di turismo rurale potesse essere ricompresa nello speciale regime previsto dall'art. 34 d.p.r. n. 633/72 per l'esercizio dell'agricoltura, o, quanto meno, con

figurare un'ipotesi di impresa mista; in sostanza, avrebbe ritenuto non

applicabile la disposizione dell'art. 36 d.p.r. cit., che, nel prevedere l'ap plicazione separata dell'imposta per chi eserciti contemporaneamente più attività, impone la tenuta delle scritture contabili obbligatorie per ogni singola attività. Da qui l'affermazione della responsabilità penale ai sensi dell'art. 1, 6° comma, 1. n. 516/82.

Nell'escludere che l'errata interpretazione della normativa tributaria possa configurare gli estremi dell'errore scusabile, la Cassazione ha ritenuto che la disposizione di cui all'art. 8 1. n. 516/82 rappresenti la semplice ripro duzione della disciplina già prevista nel codice penale all'art. 47, ultimo

comma, e che quindi anche per questo settore si ripropongano i medesimi

presupposti dai quali muove una giurisprudenza ormai consolidata per negare ogni rilievo scusante ai casi in cui la norma erroneamente valutata risulti integratrice della stessa disposizione penale. L'unico elemento di differenziazione sarebbe dato dall'intento legislativo di estendere alla di sciplina penale-tributaria la disciplina già operante per il settore ammini

strativo, e che consentiva di non dare applicazione alle sanzioni previste quando la violazione fosse «giustificata da obiettive condizioni di incer tezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle

quali si riferisce» (art. 55 d.p.r. n. 600/73). Nella dottrina, l'interpretazione della esatta portata e del significato

della nuova disciplina per i reati tributari ha formato oggetto di un dupli ce orientamento. Alcuni autori si sono espressi in termini parzialmente

Il Foro Italiano — 1987.

(Omissis). La somministrazione di pasti e di bevande era stato

oggetto di autonoma e specifica organizzazione, fornita di appo sita attrezzatura, analoga a quella richiesta per le esigenze della

ristorazione (tavoli, sedie, suppellettili, ecc.); volendo intenderla

come attività di turismo rurale, finalizzata ad una integrazione del reddito dell'imprenditore agricolo ed esercitata in via comple mentare all'attività propriamente agricola, consistente, nella spe

cie, nell'allevamento del bestiame, essa non può essere ricompresa

coincidenti con quanto affermato dalla Corte di cassazione nella presente sentenza (in generale, v. Caraccioli, Note sulla nuova normativa penale tributaria, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, 1460; Conti, in Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, Milano, 1985, 632; Lan

zi, Lezioni di diritto penale tributario, Parma, 1985, 66). Il diretto paral lelismo fra la nuova disciplina e quella già prevista dal codice penale in tema di errore su legge extrapenale, nonché la pressoché sostanziale

riproposizione della stessa formulazione lessicale — tale da portare quasi ad una concreta sovrapponibilità delle due disposizioni — sono stati inte si come mero auspicio del legislatore di un superamento di quella inter

pretazione restrittiva e sostanzialmente abrogatrice, che la giurisprudenza aveva sviluppato in relazione alla norma del codice penale (v. ad es. Cass. 15 giugno 1983, Puglisi, Foro it., Rep. 1984, voce Errore in materia pe nate, n. 4; 4 febbraio 1983, D'Alba, ibid., n. 7). Interpretazione che tut tavia pare trovare nuova conferma in questa stessa pronuncia della Cassazione. La tesi si basa anche su di alcune considerazioni presenti nella relazione governativa al progetto dell'attuale normativa, nelle quali l'intento di giungere ad un superamento di detta soluzione interpretativa trova esplicito riconoscimento (v. relazione al d.d.l. n. 1507 presentato il 13 marzo 1980 dal ministro delle finanze Reviglio, § XI, pubblicata in Dir. e pratica trib., 1980, I, 633).

Il rilievo che la presente sentenza assegna ad altre precisazioni della stessa relazione non è stato tuttavia valutato negli stessi termini da tutta la dottrina. Va infatti ricordato che l'originaria formulazione della nor

ma in tema di errore (art. 9 del d.d.l. n. 1507 cit.) risultava testualmente

ricalcata sulla disciplina già prevista in campo amministrativo (un quadro completo delle disposizioni è in D'Avirro - Nannucci, / reati nella legis lazione tributaria, Padova, 1984, 575). Si è anzi precisato che la norma di cui all'art. 8 1. cit. si discosta nettamente da tale precedente e rappre senti «un primo passo verso quella valutazione dell'errore, anche di dirit to penale, come causa di scusa, a cui hanno acceduto anche alcune

legislazioni straniere» (Nuvolone, Profili soggettivi del reato tributario, in Indice pen., 1984, 11). Un diverso tentativo di lettura è stato infatti

prospettato da altri autori, che hanno cercato di assegnare maggior rilie vo ai pur esigui margini di diversità che l'art. 8 presenta rispetto alla norma del codice penale (cfr. Contento, La disciplina dell'errore nel nuovo diritto penale tributario, in Fisco, 1983, 5148; D'Avirro - Nan

nucci, op. cit., 577; Grosso, Commento all'art. 8 d.l. 10 luglio 1982 n. 429, in Legislazione pen., 1983, 37; Id., Osservazioni sui principi gene rali del diritto penale tributario dopo l'entrata in vigore della l. 7 agosto 1982 n. 516, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1984, 48; M. Romano, Osserva

zioni sul nuovo diritto penale tributario, in Dir. e pratica trib., 1983, I, 752). Si è infatti rilevato che il diretto riferimento al concetto di «nor me che disciplinano le imposte sui redditi e sul valore aggiunto», contrap posto a quello di «legge extrapenale» di cui all'art. 47, ultimo comma, c.p., determini il superamento dei presupposti ai quali rimaneva ancorata

l'interpretazione solitamente data alla disposizione del codice penale. L'art. 8 1. cit. assegnerebbe in sostanza rilievo scusante all'errore su

«norme tributarie», che proprio in base a questo articolo assumerebbero

sempre valore extrapenale, senza possibilità o necessità di accertare la sussistenza di un rapporto di integrazione con la disposizione penale vio lata (in questi termini, v. soprattutto Grosso, in Di Nicola - Flora -

Grosso - Nobili - Padovani, Responsabilità e processo penale nei reati

tributari, Milano, 1986, 8). A questo secondo orientamento pare ispirarsi Trib. Grosseto 15 otto

bre 1986, Bollettino trib., 1987, 859: con questa sentenza si è affermato che «La speciale esimente di cui all'art. 8 1. n. 516/82 è stata introdotta al fine evidente di dare al fenomeno dell'errore, nella particolare e com

plessa materia, una portata scriminante più ampia di quel che non potes se comportare la generale e tradizionale esimente prevista dall'art. 47 c.p.». La rilevanza dell'errore, si è aggiunto, può essere riconosciuta anche per le contravvenzioni, «sempreché esso sia effettivo e non pretestuoso, se condo l'indagine che deve essere effettuata nei singoli casi concreti dal

giudice». In altro precedente si è viceversa affermato che l'errore su nor ma tributaria che risulti integrare il precetto penale, «risolvendosi in un errore di legge penalmente sanzionato, non può certo costituire esimente

potendo al più valere come elemento di valutazione e graduazione del l'entità della pena» (Trib. Rimini 21 febbraio 1984, Corriere trib., 1984, 807).

Di notevole interesse è altresì il riconoscimento operato nella presente pronuncia di una residua responsabilità colposa per i casi di errore deter minato da colpa. Il tema riflette perplessità già avanzate in relazione alla

disciplina del codice penale (al riguardo, cfr. per tutti Cristiani, Profilo dogmatico dell'errore sulla legge extrapenale, Milano, 1955, 146; Gallo,

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GIURISPRUDENZA PENALE

nell'ambito del precitato regime speciale agricolo, attraverso l'i

potesi dell'impresa mista, evidente risultando la diversa natura delle due attività, le quali devono restare autonomamente disci

plinate nel senso che gli obblighi, rilevanti ai fini della determina

zione dell'imposta, sono da osservarsi in modo autonomo, sicché

per l'attività separata, definibile, con qualche approssimazione,

agrituristica, la Piro era obbligata a distinta tenuta dei registri di cui agli art, 23, 24, 25 del decreto, e relative annotazioni, ol

tre, naturalmente, ad applicare l'imposta separatamente per l'an

zidetta attività e con riferimento al volume di affari della stessa;

pertanto sussiste la violazione dell'art. 1, 6° comma, 1. n. 516/82.

Avendo la corte fiorentina applicato i suesposti principi, con cor

retta aderenza al sistema normativo, la censura mossa col primo mezzo di annullamento è inconferente anche in relazione alla ri

vendicata facoltatività della separazione che nel senso voluto dal

3° comma dell'art. 36 ha riferimento a ben diversa fattispecie. Il secondo motivo di ricorso propone il tema della rilevanza

dell'errore sulla norma tributaria; anche per questo aspetto del

processo i giudici di merito, ribadendo il consolidato orientamen

to giurisprudenziale in ordine all'applicabilità dell'art. 47 c.p. in

tema di reati contravvenzionali, per cui l'ignoranza o l'erronea

interpretazione di norme extrapenali si risolve in ignoranza ine

scusabile della norma penale, di cui esse costituiscono integrazio

ne, hanno ritenuto del tutto irrilevante l'asserita buona fede

dell'imputata. La soluzione non sarebbe diversa con riferimento

alla disposizione dell'art. 8 della richiamata 1. n. 516/82, che pre vede che l'errore sulle norme tributarie, quando ha cagionato un

errore sui fatti costitutivi dei nuovi reati tributari, esclude la pu nibilità. Trattasi, chiaramente, di una causa di esclusione della

punibilità strettamente collegata all'elemento soggettivo del reato

e, in particolare, una causa di esclusione del dolo che lascia sussi

stere la responsabilità per colpa nelle ipotesi in cui l'errore sia

colpevole e quindi non scusabile, e sempre che si tratti di reato

punibile a titolo di colpa come, nel caso, della contravvenzione

ascritta alla Piro. Peraltro la problematica interpretativa più rile

vante in relazione a tale norma è oggetto di un significativo con

trasto dottrinale, presente alla considerazione di questa corte e

vertente sulla valutazione se essa riproduca la stessa disciplina dell'errore contenuta nell'art. 47, ultimo comma, c.p. o se, inve

ce, stabilisca una disciplina completamente diversa e, quindi, in

parte derogatrice al principio generale dell'art. 5 c.p.

Appare più plausibile, anche per l'esplicita enunciazione mani

festata, al riguardo, nella relazione al provvedimento legislativo, che la esimente dell'art. 8 riproduca il dettato di cui all'art. 47, ultimo comma, c.p. limitandosi a quelle ipotesi di non punibilità

Dolo (dir. pen.), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1984, XII, 765; Grosso, L'errore sulle scriminanti, Milano, 1961, 238; Palazzo, L'er rore sulla legge extrapenale, Milano, 1974, 104; Pulitanò, L'errore di diritto nella teoria del reato, Milano, 1976, 350). Per quanto attiene alla

disposizione dell'art. 8 1. cit., la maggioranza della dottrina è favorevole alla tesi qui adottata dalla Cassazione (v. ad es. Alice, L'errore di diritto nei reati tributari, in Fisco, 1984, 4164; Cadoppi, L'estensione della re

sponsabilità per omissione nel nuovo diritto penale tributario, in Giur.

comm., 1984, I, 765; Salafia, Relazione di sintesi, in Modifiche al siste ma penale tributario, Roma, 1983, 85; Traversi, / nuovi reati tributari, Milano, 1986, 248). Altri autori hanno, al contrario, ritenuto che, a fron te della consapevolezza legislativa circa la problematica suscitata dalla

disciplina del codice penale, l'assenza di ogni precisazione nell'art. 8 pos sa essere interpretata quale sintomo della volontà di assegnare una gene ralizzata rilevanza scriminante all'errore su norme tributarie, anche se determinato da un comportamento colpevole (in questo senso, Siniscal

co, L'errore sulle leggi tributarie, Atti del Convegno su il «Nuovo siste ma tributario», 6 del dattiloscritto, citato da Grosso, Responsabilità e

processo, cit., 9; Tinti, L'errore come causa di esclusione delta punibili tà, in Fisco, 1986, 1479). Autorevole dottrina ha infine segnalato la pos sibilità di pervenire ad una soluzione intermedia: in particolare, si è ritenuto

che «nelle contravvenzioni la responsabilità per colpa può sussistere se

ed in quanto sia desumibile dai canoni generali degli art. 42-43 c.p., ma

non può invece passare per il tramite dell'errore su legge extra-penale, altrimenti si tratterebbe di analogia in malam partem dell'art. 47, 10 com

ma, c.p.» (Caracciolo op. cit., 1460). Orientato su questi presupposti

pare Trib. Roma 13 aprile 1984, Foro it., Rep. 1985, voce Tributi in

genere, n. 1060, per il quale non può dirsi colposa ai sensi dell'art. 43

c.p., e quindi non integra la contravvenzione di cui all'art. 1, 2° comma, n. 2, 1. n. 516/82, la condotta di chi, per l'incertezza in sede di prima

applicazione delle relative norme tributarie, non abbia annotato nel regi stro dei corrispettivi ricavi pur regolarmente riportati nel registro di pri ma nota. [A. Melchionda]

Il Foro Itallano — 1987.

del contribuente, già esistenti in relazione ad illeciti amministrati

vi fiscali (art. 55 d.p.r. n. 600/73), nei casi di errore determinato

dalle incertezze e dalla difficoltà interpretativa della normativa

tributaria. Esula da tale ambito la difforme valutazione dell'im

putata, derivante da erronea, colposa, qualificazione giuridica della

norma tributaria violata, che non può, pertanto, costituire causa

di esclusione della punibilità del reato sotto il profilo soggettivo,

stante, soprattutto, il chiaro contenuto dell'art. 36, 2° comma,

d.p.r. n. 633/72.

Il ricorso va, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge.

CORTE D'APPELLO DI TORINO; sentenza 31 ottobre 1986; Pres. Brunetti, Est. Bonadies; imp. Cima.

CORTE D'APPELLO DI TORINO;

Tributi in genere — Ritenuta d'acconto — Omesso versamento — Ritardo nel versamento — Equiparazione — Esclusione (D.l. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione della evasione

in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per

agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, art. 2; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in legge, con modi

ficazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).

Il reato di cui all'art. 2, 2° comma, d.l. n. 429/82, convertito

in l. n. 516/82, sanziona esclusivamente la condotta di omesso

versamento delle ritenute d'acconto e non anche il semplice ri

tardato versamento delle stesse. (1)

(1) Negli stessi termini, per quanto concerne l'esclusione della rilevan za penale del mero ritardo nel versamento delle ritenute d'acconto opera te dal sostituto d'imposta, v. anche Trib. Roma 28 ottobre 1986, Giust.

pen., 1987, II, 60; Trib. Modena 4 novembre 1986, Fisco, 1986, 7506; G.I. Modena 8 maggio 1986, ibid. La soluzione interpretativa accolta in questa sentenza ha avuto ampia risonanza e diffusione da parte della stessa stampa nazionale (v. Italia Oggi del 20 novembre 1986, con nota critica di Corso, Non fidarsi di Roma), concernendo uno dei più delicati e «sentiti» problemi della nuova normativa penale-tributaria. A parte al cune precedenti opinioni favorevoli alla tesi in questione (v. ad es. Sala

fia, Relazione di sintesi, in Modifiche al sistema penale tributario, Roma, 1983, 80. In termini adesivi v. anche la succesiva nota di Zanotti), la

maggioranza della dottrina è per lo più di diverso avviso. La critica muo ve principalmente da premesse generali sulla struttura dei reati omissivi

propri: si rileva, in particolare, che la violazione dell'obbligo di fare, sul quale trova fondamento la fattispecie omissiva, assume rilievo unica mente in relazione alla decorrenza del termine entro il quale si impone l'adempimento della condotta prescritta. Al di fuori di tale riferimento

temporale (elemento necessario per la stessa configurazione di una situa zione di obbligo), la distinzione fra formulazioni lessicali diverse, quali «omettere», «ritardare», «rifiutare», ecc., non assume significato deter minante sul piano strettamente esegetico. Dal tenore letterale della fatti

specie di cui all'art. 2, 2° comma, 1. n. 516/82, ed in assenza di diverse

precisazioni normative, non è dato pertanto procedere ad una distinzione fra le condotte considerate, circoscrivendo l'ambito di applicazione della norma alla sola ipotesi dell'omesso versamento, ed escludendo il mero

ritardo, che come tale rileverebbe solo sul piano degli illeciti sanzionati in via amministrativa (in questi termini e con esplicito riferimento agli indicati precedenti giurisprudenziali v. Cadoppi, Omesso versamento del le ritenute da parte del sostituto d'imposta. Verso una «interpretatio abrogans»?, in Fisco, 1986, 7508; Dell'Anno, Ancora sul tardivo versa mento delle ritenute d'imposta, in Giusi, pen., 1987, II, 60; Pricolo, Il ritardato versamento delle ritenute dopo la sentenza del Tribunale di Roma, in Corriere trib., 1986, 3430. Più in generale, con opinioni parzialmente difformi solo in ordine al termine di adempimento, v.

Alice, Osservazioni in tema di omesso versamento di ritenute effettiva mente operate, in Fisco, 1985, 3616; Assumma, I delitti tributari, in

La disciplina penale in materia di imposte dirette e di I. V.A., a cura

di V. Patalano, B. Assumma, F. Marchetti, Firenze, 1985, 80; Conti, in Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, Milano, 1985, 673; D'Avirro - Nannucci, I reati nella legislazione tributaria,

Padova, 1984, 494; Grosso, Gli aspetti sostanziali della nuova normati va di cui alla legge n. 516/82, in Fisco, 1984, 2691; M. Romano, Osser

vazioni sul nuovo diritto penale tributario, in Dir. e pratica trib., 1983,

I, 746). Il problema reale, in sostanza, si identifica unicamente nell'indi

viduazione del termine fissato dall'ordinamento per l'adempimento pre scritto, ed oltre il quale non residua alcuna possibilità ulteriore — salvo

ovviamente eventuali riflessi sul piano strettamente attinente alla commi surazione della pena — di distinguere tra omesso ovvero ritardato versa

mento. Per una precedente pronuncia in ordine al termine di con

sumazione del reato in questione, v. Trib. Modica 12 novembre

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