sezione III penale; sentenza 26 marzo 2004; Pres. Vitalone, Est. Fiale, P.M. (concl. conf.); ric.Russo. Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Roma, ord. 22 settembre 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 12 (DICEMBRE 2004), pp. 679/680-681/682Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200174 .
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PARTE SECONDA
stodia cautelare in carcere avanzata nei confronti di Kutepov
Vitaly, indagato in ordine al reato di favoreggiamento dell'in
gresso clandestino nel territorio nazionale di due cittadini ucrai
ni.
Secondo il tribunale, l'art. 12, 3° comma, d.leg. 286/98, mo
dificato da ultimo dalla 1. 189/02, perseguiva il favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina anche nei confronti di condotte
che miravano a procurare l'ingresso illecito di taluno in una na
zione diversa dalla nostra, della quale la persona favorita non
fosse cittadina ovvero non avesse titolo di residenza permanen te. Più specificamente, sempre secondo il tribunale, la ratio
della disposizione tende a sanzionare l'ingresso illegittimo di
taluno in uno Stato diverso da quello di appartenenza, sempre che tale ingresso non si connoti come semplice passaggio mo
mentaneo o provvisorio, ma come soggiorno stabile e tenden
zialmente permanente. Nel caso di specie, concludeva il tribunale, era emerso che i
due trasportati erano cittadini di nazionalità ucraina che stavano
rientrando nel loro paese di origine transitando attraverso l'Au
stria, il cui passaggio doveva considerarsi una tappa obbligato ria fugace, mancando totalmente la prova di un'intenzione dei
due di fermarsi in quello Stato in modo tendenzialmente perma nente.
Ricorre per cassazione il procuratore della repubblica di Tol
mezzo, deducendo, sotto il profilo dell'erronea applicazione della legge penale e del vizio di motivazione, di richiamarsi in
parte ai motivi di ricorso proposti avverso l'ordinanza dello
stesso g.i.p. che non aveva convalidato l'arresto del Kutepov
per il reato di cui all'art. 12, 3° comma, d.leg. 286/98, e di non
condividere in ogni caso l'interpretazione data dal Tribunale di
Trieste alla norma appena richiamata, dovendosi ritenere al
contrario — sulla base di una serie di dati normativi espressa mente indicati — che esulava dall'ambito operativo della norma
penale incriminatrice nella sua versione più recente dettata dalla
1. 189/02 il requisito della «destinazione finale», avendo il legis latore inteso penalizzare la condotta volta a «procurare» l'in
gresso illegale in un «altro Stato», ossia la semplice entrata o
attraversamento del confine tra Stati, senza escludere il succes
sivo immediato abbandono dello Stato (in cui si fa ingresso) a
favore di un altro Stato.
II. - Il ricorso non è fondato.
L'art. 12, 3° comma, d.leg. 286/98, nella versione dettata dal
l'art. 11, 1° comma, lett. c), 1. 30 luglio 2002 n. 189, punisce con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da
15.000 euro per ogni ^persona «chiunque, al fine di trarne pro fitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di
taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo
di residenza permanente».
Appare evidente dalla nuova formulazione della norma, come
ha osservato un'attenta dottrina, che la repressione penale è ora
calibrata non già sulla condotta del «clandestino», ma su quella del «mercante di clandestini». La nuova formulazione rende
esplicito insomma che la sola condotta meritevole di punizione è quella del «mercante», magari professionale, di clandestini. Il
cambiamento della formula non è infatti di poco conto: la so
stituzione del «favorire» con il «procurare» conferisce maggiore tassatività e determinatezza alla fattispecie, nel senso che re
stringe l'ambito di operatività della n'orma alle sole condotte
pregne di reale disvalore etico-giuridico. Mentre la condotta del
«favorire» è infatti estremamente vaga e indifferenziata, irridu
cibile in termini circoscritti, e può consistere in qualsivoglia ap
porto di mera agevolazione ovvero in un modesto aiuto di forma
e tipologia indefinita, la condotta del «procurare» implica un
apporto connotato di maggiore precisione, causalmente ed effi
ciente a determinare in via diretta il risultato finale.
Il lodevole intento del legislatore di restringere la punibilità all'ambito del mercante dell'immigrazione clandestina mira a
creare un deterrente sia all'immigrazione clandestina per così
dire «definitiva» sia all'immigrazione di passaggio (c.d. «prov visoria»), Non è un mistero che il nostro territorio nazionale co
stituisce spesso e volentieri la tappa intermedia di flussi migra tori diretti verso paesi confinanti (come l'Austria). La protezio ne del territorio italiano da questi flussi è per certi versi un «do
vere» internazionale, risolvendosi nella protezione del territorio
altrui. In questo senso la nuova norma obbedisce chiaramente ad
Il Foro Italiano — 2004.
un'esigenza di solidarietà internazionale che scaturisce dai le
gami coi paesi europei e mira a punire alla stessa maniera quelle condotte che presentano un'identica connotazione criminale, a
prescindere dal fatto che l'Italia sia la destinazione finale o una
tappa intermedia dell'immigrazione clandestina.
Tale impostazione presuppone naturalmente che un soggetto sia effettivamente un «mercante di clandestini», perché, qualora
emerga dagli atti che il risultato finale della condotta posta in
essere da quel soggetto non è di «procurare l'ingresso clandesti
no di un altro Stato» (ad esempio, l'Austria) ma uno scopo di
verso (consentire il rientro delle persone trasportate nel proprio
paese di origine, viene meno qualunque discorso di repressione
penale). Nel caso in esame, il tribunale ha spiegato, con motivazione
che sfugge al sindacato di questa corte perché corretta ed ade
guata, che risulta «assodato che i due soggetti trasportati dal
l'indagato sono cittadini di nazionalità ucraina che stavano
rientrando proprio in tale paese d'origine, dove peraltro il Kute
pov [cioè il ricorrente] era senz'altro diretto, attese le sue man
sioni di trasportatore di merce di effetti personali per cittadini
ucraini residenti nel napoletano». Se così è — ma è chiaro che a
questo punto il problema diventa esclusivamente probatorio —
è chiaro che il passaggio in Italia non è più la tappa intermedia
di un'immigrazione clandestina, bensì una mera località di tran
sito non finalizzata a un risultato finale penalmente rilevante
(cfr., in senso parzialmente conforme, con riferimento ad una
fattispecie leggermente diversa verificatasi prima della formula
zione innovativa introdotta dall'art. 11 1. 189/02, Cass., sez. I, 12 novembre 2002, Manga, Foro it., Rep. 2003, voce Straniero, n. 143, secondo cui «non costituisce il reato di favoreggiamento
dell'ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato, quale
previsto dall'art. 12 d.leg. 286/98 ..., l'attività di colui che ren
de possibile il semplice, temporaneo stazionamento degli stra
nieri, provenienti dal loro paese di origine e diretti in altro paese estero nella zona di transito internazionale di un aeroporto sito
nel territorio italiano»).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 26
marzo 2004; Pres. Vitalone, Est. Fiale, P.M. (conci, conf.); ric. Russo. Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Ro
ma, ord. 22 settembre 2003.
Revisione in materia penale — Prova nuova — Investigazio
ni difensive — Inutilizzabilità — Inammissibilità dell'i stanza di revisione (Cod. proc. pen., art. 191, 391 bis, 631,
634).
E inammissibile l'istanza di revisione la cui addotta «prova nuova» risulti fondata su dichiarazioni acquisite dal difenso re, nel corso dell'investigazione difensiva, in violazione di
regole poste a pena di inutilizzabilità. (1)
( 1 ) La pronuncia consolida l'indirizzo interpretativo già tracciato da Cass. 5 novembre 2003, Drozdzik, Foro it., 2004, II, 1, con nota di ri chiami e osservazioni di Di Chiara, che segna il superamento dell'or mai tramontato principio — messo a fuoco, sotto l'egida del «vecchio» art. 38 norme att. c.p.p., prima del varo della 1. 7 dicembre 2000 n. 397 — secondo cui la ritualità degli atti su cui si fonda l'allegata «nuova
prova» andrebbe valutata solo in sede di merito, e perciò nella fase re scissoria del procedimento di revisione, e non già nell'area preambola re del giudizio di ammissibilità dell'istanza (cfr., in tal senso, Cass. 7 marzo 1996, Piccinini, id., Rep. 1996, voce Revisione penale, n. 8; 22
aprile 1997, Cavazza, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 12; 13 febbraio 1998, Pittella, ibid., n. 23; 28 settembre 2000, Ciancabilla, id.. Rep. 2002, vo ce cit., n. 13).
Per una lettura favorevole al rigore con cui la giurisprudenza inter
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GIURISPRUDENZA PENALE
Fatto e diritto. — Con ordinanza 22 settembre 2003 la Corte
d'appello di Roma dichiarava inammissibile, ai sensi dell'art.
634 c.p.p., la richiesta di revisione della sentenza 13 gennaio 1994 pronunziata dal Pretore di Frattamaggiore nei confronti di
Russo Gennaro, confermata dalla Corte d'appello di Napoli con
sentenza 21 dicembre 1995, divenuta irrevocabile in data 8 no
vembre 1996.
La sentenza in oggetto ha condannato il Russo alla pena dì
mesi dieci di reclusione e lire un milione di multa per il reato di
cui agli art. 81, cpv., c.p. e 2 1. 11 novembre 1983 n. 638 (omes so versamento all'Inps
— nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. Figem
- Casa di cura Sant'Antimo — delle ritenute
previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei di
pendenti dal gennaio al dicembre 1990). Il Russo, nell'istanza di revisione, formulata ai sensi dell'art.
630, lett. c), c.p.p. —
premesso che, secondo la sentenza delle
sezioni unite 28 maggio 2003, Silvestri (Foro it., 2003, II, 503), il reato di cui all'art. 2 1. 638/83 non è configurabile in assenza
del materiale esborso delle somme dovute al dipendente a titolo
di retribuzione — aveva prospettato che, nell'anno 1990, la so
cietà da lui amministrata non aveva corrisposto ai lavoratori al
cuna retribuzione, a causa di una grave crisi finanziaria, e a di
mostrazione di tale assunto aveva prodotto dichiarazioni rila
sciate da alcuni lavoratori, nonché da un socio e da un direttore
amministrativo della società, autenticate dall'ufficiale di ana
grafe del comune di Casandrino.
L'inammissibilità di tale istanza veniva affermata dalla corte
d'appello sui rilievi che: — non era stata evidenziata la ragione della necessaria sco
perta o sopravvenienza delle «nuove prove» in un tempo suc
cessivo al giudicato; — le prove indicate «non paiono astrattamente idonee a pre
vedere, ragionevolmente, che possano comportare un sovverti
mento della pronuncia di condanna ed una rimozione del giudi
cato», trattandosi di «testimonianze quanto mai generiche, oltre
che uniformemente laconiche e predisposte, tese per di più a
dimostrare circostanze che non potevano non essere ampia mente note al condannato antecedentemente al giudizio e ciono
nostante mai da lui addotte, neppure nei motivi di impugnazio
ne, e che comunque non riguarderebbero necessariamente tutti i
soggetti attinenti all'imputazione». Il Russo ha proposto ricorso ex art. 634, 2° comma, c.p.p.,
lamentando — sotto i profili della violazione di legge e del vi
zio di motivazione — che: — secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, per
«prove nuove» rilevanti ai sensi dell'art. 630 c.p.p., devono in
tendersi non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di
preta ormai, nello spettro del giudizio preliminare di revisione, la lega lità degli atti dell'investigazione difensiva, emblema dei tempi nuovi
inaugurati dalla 1. n. 397 del 2000, cfr. Bricchetti, II giudice deve va
lutare al momento della domanda se le «nuove prove» sono inutilizza bili net processo, in Guida al dir., 2003, fase. 49, 71 ss., e Randazzo,
Indagini difensive, ecco in cosa differiscono da quelle pubbliche, in
Dir. e giust., 2003, fase. 44. 10 ss.; sulla pronuncia in epigrafe, cfr., per un 'opinio del pari adesiva, Maggipinto, Indagini difensive e prove di
chiarative: le deposizioni rese all'avvocato, id., 2004, fase. 32, 73 ss.
Sul concetto di «prova nuova», cfr. Cass., sez. un., 26 settembre
2001, Pisano, Foro it., 2002, II, 461, con nota di richiami e osservazio
ni di Di Chiara, ove si è consacrata la svolta rispetto ai precedenti assai
più restrittivi indirizzi; in tema, cfr., tra gli altri, Scalfati, L'ammissi
bilità della revisione e la «prova nuova» dopo l'intervento delle sezioni
unite, in Dir. pen. e proc., 2002, 495 ss. Sui caratteri del giudizio preliminare in sede di revisione, cfr., per
tutti, Scalfati, L'esame su! merito nel giudizio preliminare di revisio
ne, Padova, 1995. Sulle «nuove» investigazioni difensive, a seguito della 1. n. 397 del
2000, cfr., tra gli altri, i saggi raccolti in AA.VV., Le indagini difensi
ve, Milano, 2001, e in AA.VV., Processo penale: il nuovo ruolo del
difensore a cura di Filippi, Padova, 2001, nonché Bricchetti-Randazzo,
Le indagini della difesa dopo la l. 7 dicembre 2000 n. 397, Milano,
2001; Cristiani, Guida alle indagini difensive nel processo penale, To
rino, 2001; Di Chiara, Le linee prospettiche del «difendersi ricercan
do»: luci e ombre delle «nuove» investigazioni difensive, in Legislazio ne pen., 2002, 1 ss.; Di Maio, Le indagini difensive. Dal diritto di dife sa al diritto di difendersi provando, Padova, 2001; Gualtieri, Le inve
stigazioni del difensore, Padova, 2002; Parlato, Le nuove disposizioni in materia di investigazione difensiva, Torino, 2001; Triggiani, Le in
vestigazioni difensive, Milano, 2002.
Il Foro Italiano — 2004.
condanna o scoperte successivamente ad essa, bensì anche
quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente;
— la corte territoriale avrebbe effettuato una vera e propria valutazione di merito, sull'attendibilità delle testimonianze e
sulla loro genericità, non consentita nella «fase rescindente» del
procedimento di revisione.
1. - Le sezioni unite di questa Suprema corte — con la sen
tenza 26 settembre 2001, Pisano (id., 2002, II, 461) — hanno af
fermato il principio secondo cui «in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630, lett. c), c.p.p., ai fini del
l'ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi non solo
le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e
quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non
acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non va
lutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendente mente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di
quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negli
gente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini
del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario». 2. - Nel caso in esame, però
— pur attribuendo l'anzidetta
forza espansiva all'espressione «prove nuove» di cui all'art.
630. lett. c), c.p.p. — non può mancare di constatarsi che:
— le dichiarazioni allegate all'istanza di revisione, esauren
tisi nella sottoscrizione di stampati ripetitivi, sono ad evidenza
frutto di investigazioni difensive, disciplinate dal titolo VI bis
del codice di rito ed il 2° comma dell'art. 327 bis c.p.p. (intro dotto dalla 1. 7 dicembre 2000 n. 397) ha espressamente attri
buito al difensore la facoltà di svolgere attività investigativa an
che per promuovere il giudizio di revisione, purché detta attività
sia esercitata «nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI
bis del presente libro»; — non è stata rispettata, però, alcuna delle formalità previste
dall'art. 391 bis c.p.p., per cui le predette dichiarazioni «non
possono essere utilizzate», come espressamente previsto dal 6°
comma dello stesso art. 391 bis, e le questioni di inutilizzabilità
sono rilevabili anche di ufficio.
L'inutilizzabilità delle prove dichiarative, poste a fondamento
della domanda di revisione, giustifica certamente una valutazio
ne prognostica di immediata inefficacia dimostrativa delle nuo
ve prove rispetto al risultato finale voluto (incongruenza in
astratto degli elementi su cui si basa la richiesta di revisione).
Nella specie, invero, non si è in presenza di «documenti»
soltanto reperiti, acquisibili ai sensi dell'art. 234 c.p.p., bensì di
«atti» appositamente formati (verbalizzazione di dichiarazioni
rese da soggetti informati) con elusione del modello legale tipi co e la disciplina del titolo VI bis del codice di rito non può es
sere elusa con l'espediente di fare autenticare (sia pure da sog
getto abilitato all'autentica) dichiarazioni assunte ad iniziativa
del difensore.
Ciò risponde ad inderogabili esigenze non solo di legalità del
procedimento probatorio ma anche di protezione dello stesso
soggetto dichiarante, altrimenti esposto ad un serio rischio pe nale correlato all'improprio modus di acquisizioni delle infor
mazioni.
In tal senso si è già espressa la prima sezione di questa Su
prema corte, con la sentenza 5 novembre 2003, Drozdzik (id.,
2004, II, 1) e devono ritenersi superate — in relazione alla più
recente normativa — le contrarie argomentazioni già svolte
nelle decisioni assunte, in relazione all'abrogato art. 38 disp. att.
c.p.p., da Cass. 13 febbraio 1998, Pittella, id., Rep. 1998, voce
Revisione penale, n. 23, e 28 settembre 2000, Ciancabilla, id.,
Rep. 2002, voce cit., n. 13.
3. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato
inammissibile e — tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000,
n. 186 della Corte costituzionale (id., 2000. I, 3426), non sussi
stendo elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ri
corso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità» — a norma dell'art. 616 c.p.p., a detta decla
ratoria consegue l'onere del pagamento delle spese processuali, nonché del versamento di una somma, in favore della cassa
delle ammende, equitativamente fissata nella misura di euro
cinquecento in ragione dei motivi dedotti.
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