sezione III penale; sentenza 29 settembre 1998; Pres. Tonini, Est. Onorato, P.M. Siniscalchi(concl. diff.); ric. Olimpio. Annulla senza rinvio App. Napoli 3 dicembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 337/338-341/342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193508 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
senza dell'avverbio 'intenzionalmente' utilizzato dal legislatore nella configurazione della fattispecie astratta del reato».
Certa è pertanto l'esclusione delle ipotesi di dolo eventuale,
cosicché non possono considerarsi volute le conseguenze della
condotta che all'agente si presentano come probabili o possibili. Peraltro nel caso concreto il danno arrecato ai candidati esclusi
è evento certo, in quanto necessariamente collegato al processo causale direttamente derivante dalla condotta messa in atto: il
voler favorire, per ragioni politiche, alcuni candidati implica infatti la prevaricazione nei confronti degli altri, che non costi
tuisce rischio della condotta ma conseguenza inevitabile della
stessa.
Trattasi pertanto di dolo diretto, dovendo ritenersi volute dal
l'agente, secondo le pacifiche affermazioni della giurispruden
za, le conseguenze connesse in modo evidente e necessario con
l'evento verso cui è diretta l'azione e che da questo derivino
con un rapporto di causalità immancabile.
Senza dire che secondo la più recente giurisprudenza anche
delle sezioni unite, i confini del dolo diretto sono stati estesi
sino a ricomprendere le ipotesi in cui «l'ulteriore accadimento
si presenta all'agente come probabile» e cioè quando l'agente
non si sia limitato ad accettare il rischio dell'evento, bensì «ac
cettando l'evento, lo abbia voluto, sicché, in tale ipotesi, l'ele
mento psicologico si configura nella forma di dolo diretto e
non di quello di dolo eventuale» (Cass., sez. un., 14 febbraio
1996, Mele, id., Rep. 1996, voce Reato in genere, n. 36).
Ne consegue che l'interpretazione in materia di elemento sog
gettivo si rivela decisiva ai fini della sussistenza del delitto in
esame, in quanto se si ritiene che la nuova formulazione nor
mativa richieda il dolo diretto la fattispecie criminosa risulta
integrata in tutti i suoi elementi costitutivi, mentre ad opposta
conclusione deve pervenirsi nel caso in cui si reputi che la nor
ma richieda il dolo intenzionale, il quale ricorre «quando la
realizzazione del fatto è addirittura lo scopo perseguito dall'a
gente» (Cass. 3 luglio 1996, Garbin e altri, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 35), quindi il fine precipuo avuto di mira dal soggetto.
Neil'affrontare tale indagine occorre ricordare che, secondo
quanto più volte ribadito nel corso dei lavori parlamentari, i
nuovi profili della fattispecie normativa rispondono all'esigenza
di circoscrivere l'area dei comportamenti illeciti e, di conseguenza,
rendere più selettivo il ricorso degli organi giudiziari alla norma
incriminatrice: tale assunto non può non assurgere al ruolo di
canone ermeneutico nell'applicazione della norma, in quanto
espressione della ratio che ha spinto il legislatore alla riforma.
Tale ratio è a ben vedere l'unica che consenta una esauriente
spiegazione della presenza, esclusiva tra le fattispecie delittuose
previste dal codice e dalle leggi speciali, del termine «intenzio
nalmente». Ogni altro tentativo di interpretazione porterebbe
a risultati assurdi, tanto più che, avendo l'ordinamento già uti
lizzato la parola «intenzione» nell'art. 43 c.p. ad esplicare il
concetto di delitto, inteso da dottrina e giurisprudenza com
prensivo non solo del dolo diretto ma anche di quello eventua
le, si rischierebbe di affermare che il ricordato avverbio sarebbe
stato apposto in modo del tutto inutile e fuor di luogo.
Come è stato messo in evidenza più sopra, nell'ipotesi di com
portamenti del tipo di quelli in esame va sempre affermata la
presenza di un dolo diretto a tali comportamenti costituiscono
l'oggetto, a quanto risulta, della generalità dei procedimenti pe
nali coinvolgenti profili non patrimoniali del vantaggio perse
guito dai pubblici amministratori, non emergendo allo stato che
ne pendano per casi strutturalmente difformi come quello, cui
s'è pur fatto cenno in sede di discussione, dell'abuso d'ufficio
posto in essere al di fuori di ogni situazione concorsuale o para
concorsuale, con l'indebita promozione di un alunno in sede
d'esame.
Dato certo è che il legislatore della riforma ha voluto limitare
l'intervento del giudice penale nella materia caratterizzata da
una troppo ampia estensione del concetto di abuso d'ufficio
e, sulla scorta di quanto appena sopra esposto, altrettanto certo
è che ogni interpretazione diversa da quella delle sentenze della
Suprema corte 17 dicembre 1997 e 4 maggio 1998 (sopra citate)
renderebbe non solo senza senso ma addirittura senza effetto
la riforma.
Il Foro Italiano — 1999 — Parte II-9.
Va in definitiva affermato che per la configurazione della fat
tispecie novellata dell'art. 323 c.p. si richiede, per non esulare
dal caso concreto, che il danno cagionato costituisca lo scopo dell'azione. Il che, a ben vedere, rappresenta una riaffermazio
ne della specificità dell'elemento soggettivo già richiesto nella
precedente formulazione della citata norma (reato di pericolo).
Orbene, da tutte le risultanze di questo giudizio, è dato di
escludere che il danno ingiusto subito dai candidati esclusi fosse
10 scopo precipuo dell'azione degli imputati, attenti invece, co
me si è dimostrato, ad interessi di altra natura.
A questo punto, ferma restando la legittimità della contesta
zione suppletiva operata dal pubblico ministero, per le ragioni elencate nelle ordinanze in data 19 novembre 1997, 27 gennaio 1998 ed ancora in data odierna, non può farsi a meno di notare
che il fatto concreto già sintetizzato nell'originaria contestazio
ne di reato è rimasto tale anche secondo la nuova ipotesi, paci fico oltretutto risultando che nulla di nuovo è emerso sia sotto
11 profilo materiale che sotto quello psicologico nel comporta mento ascritto agli imputati che non fosse contenuto nell'origi naria ipotesi accusatoria, rappresentando il danno successiva
mente contestato conseguenza necessariamente correlata con il
solo vantaggio esplicitato inizialmente.
Ciò non può non condizionare la scelta della formula assolu
toria, nel senso che pertinente al caso concreto deve essere quel la del fatto non più previsto dalla legge come reato.
La conclusione qui raggiunta estende i suoi effetti a posizioni che in diverso contesto normativo avrebbero comportato even
tuali questioni sulla presenza dell'elemento soggettivo nell'ipo tesi di reato. Ci si riferisce in particolare ai casi (ad es. Arioli
e Corti) per i quali in sede di discussione è stata prospettata
l'incompatibilità del concorso, nel delitto divenuto di evento a
forma vincolata, mediante un'asserita condotta omissiva in ef
fetti inesistente, dal momento che con la partecipazione alla de
libera attraverso il voto favorevole, si è invece realizzato un
comportamento attivo da parte dei predetti imputati. L'eventuale omessa partecipazione all'attività di lottizzazione
di cui si è più sopra trattato inciderebbe invero sulla questione della presenza dell'elemento soggettivo.
Per tutti gli imputati deve dunque valere la formula assoluto
ria sopra precisata.
Conseguenziali sono l'omessa pronuncia sulle richieste delle
parti civili e la restituzione dei documenti in sequestro ai sog
getti presso i quali essi si trovavano alla data dell'esecuzione
del provvedimento.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 29 set
tembre 1998; Pres. Tonini, Est. Onorato, P.M. Siniscalchi
(conci, diff.); ric. Olimpio. Annulla senza rinvio App. Napoli
3 dicembre 1997.
Tabacco — Commercio e vendita al pubblico — Sigarette in
pacchetti privi delle avvertenze a tutela della salute — Reato
— Depenalizzazione (L. 29 dicembre 1990 n. 428, disposizio
ni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il
1990), art. 46; 1. 22 febbraio 1994 n. 146, disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'I
talia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1993),
art. 23).
Per effetto dell'entrata in vigore della I. 22 febbraio 1994 n.
146 deve considerarsi depenalizzato il reato previsto dall'art.
461. 29 dicembre 1990 n. 428 relativo alla commercializzazio
ne di tabacchi privi delle avvertenze specifiche previste dalla
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PARTE SECONDA
legge a tutela della salute (nella specie, trattavasi di pacchetti di sigarette privi della avvertenza «nuoce gravemente alla
salute»), (1)
Fatto e diritto. — 1. - Con sentenza del 31 ottobre 1996 il
Tribunale di Napoli dichiarava Michele Olimpio colpevole del reato di contrabbando doganale di Kg. 450 di tabacchi lavorati
esteri (art. 25, 282, lett. /, 292, 296 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43) aggravato ai sensi dell'art. 2 1. 18 gennaio 1994 n. 50, del
reato di evasione dell'Iva all'importazione per la stessa merce
(art. 1, 67 e 70 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633), e del reato di
cui all'art. 46, 3° comma, 1. 29 dicembre 1990 n. 428, per aver
messo in commercio i tabacchi predetti privi delle avvertenze
specifiche previste dalla legge a tutela della salute. Il tribunale, riuniti i reati nella continuazione, condannava l'Olimpio alla
pena complessiva di un anno di reclusione e lire novanta milio
ni di multa. 2. - Su gravame dell'imputato, la Corte di appello di Napoli,
con sentenza del 3 dicembre 1997 confermava integralmente la
sentenza di primo grado. 2.1. - Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso il
difensore, deducendo soltanto «difetto di motivazione in ordine
al rigetto della richiesta difensiva di concessione delle attenuanti
generiche». 3. - Il ricorso è generico e infondato.
Generico perché — come risulta dal motivo sopra completa mente e letteralmente riportato — non specifica affatto le ra
gioni in forza delle quali sostiene il vizio di motivazione della
sentenza impugnata. Infondato perché la stessa sentenza ha congruamente e legit
timamente giustificato il diniego delle attenuanti generiche, fa
cendo riferimento ai precedenti penali dell'Olimpio e alla gravi tà dei fatti contestati, quale desumibile dalla notevole quantità dei tabacchi sottratti ai diritti di confine.
4. - Peraltro va rilevato d'ufficio che l'illecito previsto dal
l'art. 46 1. 29 dicembre 1990 n. 428 è ormai depenalizzato per effetto dell'entrata in vigore della 1. 22 febbraio 1994 n. 146.
Vero è che al riguardo la giurisprudenza di questa corte non
è univoca.
Le sentenze più risalenti nel tempo hanno concordemente af
fermato che la 1. 22 febbraio 1994 n. 146, laddove con il suo
art. 23 ha introdotto una sanzione amministrativa per la com
mercializzazione dei tabacchi con etichettature non conformi al
le prescrizioni dettate per la tutela della salute del consumatore, non ha abrogato, né espressamente né implicitamente, la norma
di cui all'art. 46 1. 29 dicembre 1990 n. 428 (Cass., sez. Ili, 16 febbraio 1996, Montagna, Foro it., Rep. 1996, voce Tabac
co, n. 2; 21 marzo 1997, Marzano, id., Rep. 1997, voce Con
trabbando, n. 17; 8 aprile 1997, Petralia, ibid., voce Tabacco, n. 1).
Alcune sentenze più recenti hanno invece affermato che il
citato art. 23 1. 146/94 ha implicitamente abrogato l'art. 46 1.
(1) Nel risolvere in senso affermativo la questione relativa alla avve nuta depenalizzazione del reato di cui all'art. 46 1. 428/90, in tema di commercializzazione di tabacchi privi delle avvertenze specifiche pre viste dalla legge a tutela della salute, la decisione consolida l'indirizzo
interpretativo accolto dalle più recenti sentenze in argomento (in parti colare, Cass. 5 dicembre 1997, Picardi, Ced Cass., rv. 209503; 5 dicem bre 1997, Borrelli, inedita; 18 dicembre 1997, Longo, id., rv. 209967; da ultimo, Cass. 30 settembre 1998, Liberato, id., rv. 212167), e si
pone quindi in aperto contrasto con quanto aveva viceversa contrasse
gnato l'orientamento di alcune prime difformi decisioni (Cass. 16 feb braio 1996, Montagna, Foro it., Rep. 1996, voce Tabacco, n. 2, e Cass.
pen., 1996, 2579; 21 marzo 1997, Marzano, Foro it., Rep. 1997, voce
Contrabbando, n. 17, e Impresa, 1997, 1890; 8 aprile 1997, Petralia, Foro it., Rep. 1997, voce Tabacco, n. 1).
Sulla responsabilità civile dei produttori di sigarette, cfr. Corte di strettuale federale, distretto orientale della Luisiana, ord. 17 febbraio 1995, id., 1995, IV, 305, con nota di G. Ponzanellt, «Class action», tutela dei fumatori e circolazione dei modelli giurìdici.
Sulla pubblicità dei prodotti da fumo, cfr. Trib. Roma, ord. 3 set tembre 1997, e 7 agosto 1997, id., 1998, I, 248, con nota di P. Laohez
za, In una nuvola di fumo: pubblicità del tabacco, gran premio di for mula uno e provvedimenti di urgenza, e Tar Lazio, sez. Ili, ord. 8 ottobre 1998, n. 1368, ibid., HI, 600.
Il Foro Italiano — 1999.
428/90, trasformando così da illecito penale a illecito ammini
strativo la commercializzazione di tabacchi con etichettature non
conformi alle prescrizioni vigenti (Cass. 5 dicembre 1997, Picar
di e altri; 5 dicembre 1997, Borrelli; 18 dicembre 1997, Longo). Ad avviso del collegio quest'ultima è la tesi esatta.
4.1.- Per chiarezza è opportuno premettere un sommario ex
cursus della normativa comunitaria e nazionale che si è succe
duta (ma meglio sarebbe dire accavallata) nella soggetta materia.
4.1.1. - Per prima è stata la direttiva 89/622/Cee del 13 no
vembre 1989 a proporsi l'armonizzazione delle disposizioni de
gli Stati membri della Comunità europea concernenti le avver
tenze di carattere sanitario che devono figurare nelle unità di
condizionamento dei prodotti del tabacco e le menzioni del te
nore di catrame e di nicotina sui pacchetti di sigarette (art. 1, modificato dall'art. 1 della direttiva 92/41/Cee). L'art. 4 di tale
direttiva (anch'esso modificato dalla direttiva 92/41/Cee) ha sta
bilito che tutte le unità di condizionamento (i.e. confeziona
mento) dei prodotti del tabacco rechino un'avvertenza generale «nuoce gravemente alla salute», nonc.hé altre avvertenze specifi che alternative per i pacchetti di sigarette e per altre unità di
confezionamento dei prodotti del tabacco.
In conformità a questa direttiva, il d.m. 31 luglio 1990, ema
nato dal ministro delle finanze di concerto con il ministro della
sanità, ha stabilito che tutte le unità di condizionamento dei
prodotti del tabacco devono recare l'avvertenza generale «nuo
ce gravemente alla salute»; mentre le sigarette e altre unità di
condizionamento diverse dalle sigarette devono recare anche una
avvertenza specifica fra quelle alternativamente indicate nel de
creto; infine le unità di condizionamento dei tabacchi da fumo
e da mastico devono recare anche la specifica avvertenza «pro voca il cancro». Il decreto specifica inoltre in modo analitico
il modo e lo spazio (percentuale rispetto alla superficie totale
dell'unità di condizionamento) in cui devono essere apposte le
avvertenze (art. 3). 4.1.2.- Successivamente è entrata in vigore la 1. 29 dicembre
1990 n. 428, cioè la cosiddetta legge comunitaria annuale, che
delegava il governo a emanare i decreti legislativi recanti le nor
me occorrenti per dare attuazione alle direttive comunitarie com
prese nell'ali. A (il quale — si noti bene — non include la diret
tiva 89/622/Cee, né altre direttive a tutela della salute dei con
sumatori dei prodotti di tabacco).
Peraltro, nell'art. 46, 1° comma, di questa legge si prevedeva che il ministro delle finanze, di concerto con il ministro della
sanità, doveva dettare disposizioni tecniche per il condiziona
mento e l'etichettatura dei tabacchi lavorati in conformità alle
prescrizioni della direttiva 89/622/Cee (evidentemente ignoran do che il ministro aveva già emanato un decreto in materia).
Ottemperando a questa previsione, il ministro ha poi emanato
due decreti (16 luglio 1991 e 26 luglio 1993) con cui ha aggior nato il citato art. 3 del precedente d.m. 31 luglio 1990, per adeguarlo alle modifiche apportate nell'ordinamento comunita
rio con la direttiva 92/41/Cee.
Infine, il 3° comma dello stesso art. 46, puniva con l'ammen
da (fino a cinquanta milioni) e con l'arresto (fino a un anno) la commercializzazione di tabacchi lavorati con condizionamen to privo a) delle avvertenze relative al tenore di catrame o nico
tina, b) della avvertenza generale «nuoce gravemente alla salu
te», c) delle avvertenze specifiche per i pacchetti di sigarette. 4.1.3. - Da ultimo, è entrata in vigore la 1. 22 febbraio 1994
n. 146, cioè la c.d. legge comunitaria annuale, che delegava il governo a emanare i decreti legislativi recanti le norme occor
renti per dare attuazione alle direttive comunitarie comprese nel
l'ali. A (che ancora una volta non include alcuna direttiva in
materia di commercializzazione di tabacchi e di tutela della sa
lute dei consumatori). I principi e i criteri generali a cui devono informarsi i decreti
legislativi del governo sono specificati nell'art. 2, e stabiliscono, tra l'altro, che «salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni con tenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni ammini
strative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti
stessi».
È da tener presente, inoltre, che a norma dell'art. 7, «al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nel
l'ordinamento nazionale, il governo, salve le norme penali vi
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GIURISPRUDENZA PENALE
genti, è delegato ad emanare (. . .) disposizioni recanti sanzioni
penali o amministrative per le violazioni di direttive delle Co
munità europee, attuate ai sensi della presente legge in via rego
lamentare o amministrativa, e di regolamenti comunitari vigenti alla data in vigore della presente legge».
È chiaro quindi che per le direttive comunitarie da attuare
per via legislativa il governo può prevedere sanzioni penali o
amministrative «salva l'applicazione delle norme penali vigen
ti»; e anche per le direttive da attuare in via regolamentare o
amministrativa, il governo può prevedere sanzioni penali o am
ministrative «salve le norme penali vigenti». Ma è da sottoli
neare — per quello che si osserverà in seguito — che sia le
direttive da attuare in via legislativa (elencate nell'ali. A), sia
quelle da attuare in via regolamentare o in via amministrativa
(elencate rispettivamente negli all. C ed E) non comprendono la materia del condizionamento e della etichettatura dei tabacchi.
Resta da esaminare, infine, l'art. 23 di questa legge.
Esso prevede ancora (al 2° comma) che il ministro delle fi
nanze, di concerto col ministro della sanità, detti con decreto
le disposizioni tecniche per il condizionamento e l'etichettatura
dei tabacchi lavorati, conformemente alle prescrizioni della di
rettiva 92/41/Cee, che — come s'è visto — ha aggiornato le
prescrizioni dettate dalla precedente direttiva 89/622/Cee.
Inoltre punisce (al 4° comma) «con la sanzione amministrati
va del pagamento di una somma da lire tre milioni a lire novan
ta milioni chiunque immetta in commercio prodotti di tabacco
recanti un condizionamento o un'etichettatura non conformi al
le prescrizioni dettate dall'art. 46 1. 29 dicembre 1990 n. 428,
dal presente articolo o dai relativi decreti di attuazione».
5. - Questa semplice ricognizione diacronica della normativa
già consente di concludere che l'ultima norma sanzionatrice, di
cui al 4° comma dell'art. 23 1. 22 febbraio 1994 n. 146, in quanto
norma posteriore che disciplina integralmente in modo nuovo
la materia già regolata dalla norma anteriore, ha abrogato taci
tamente il 3° comma dell'art. 46 1. 29 dicembre 1990 n. 428
(ex art. 15 preleggi). Alle violazioni delle prescrizioni dettate
per le avvertenze da apporsi sulle unità di condizionamento dei
tabacchi lavorati non sono più applicabili le sanzioni penali pre
viste dall'art. 46, perché queste sono state sostituite dalle san
zioni amministrative previste dall'art. 23.
5.1. - A questa evidente conclusione si obietta che la sanzione
penale dell'art. 46 resta ferma per quella particolare violazione
che consiste nella omissione della avvertenza generale «nuoce
gravemente alla salute» (almeno questa sembra la tesi sostenuta
nella succitata sentenza Montagna).
Ma la obiezione non ha pregio, perché ignora il tenore lette
rale dell'art. 23, il quale punisce solo con sanzione amministra
tiva ogni condizionamento non conforme alle prescrizioni del
l'art. 46, fra le quali è esplicitamente compresa (alla lett. b del
3° comma) anche la prescrizione relativa alla generale avverten
za «nuoce gravemente alla salute».
5.2. - Una seconda obiezione, adombrata nella sentenza Mon
tagna ed esplicitata nella sentenza Marzano, è che la mancanza
delle avvertenze prescritte è cosa diversa dalla non conformità
delle stesse avvertenze alle prescrizioni dettate, ovvero la man
canza di etichettatura è cosa diversa dalla etichettatura non con
forme; sicché la mancanza delle avvertenze sarebbe ancora pu
nita come reato, mentre l'apposizione di un'avvertenza diffor
me da quella prescritta (per esempio perché il testo è diverso,
o perché la collocazione è diversa o perché i caratteri sono più
piccoli) sarebbe punita come semplice illecito amministrativo.
Ma è stato facile replicare che la non conformità del condi
zionamento e dell'etichettatura alle prescrizioni dettate dall'art.
46 comprende letteralmente e logicamente anche la mancanza
totale delle avvertenze prescritte nello stesso articolo (cfr. spe
cialmente la sentenza Borrelli, cit.).
La prima difformità dalle prescrizioni è proprio la mancanza
delle avvertenze; anche se — ovviamente — pure l'apposizione
di avvertenze non regolamentari configura una difformità dalle
prescrizioni. Non si deve infatti dimenticare che il 4° comma
dell'art. 23 punisce come illecito amministrativo ogni condizio
namento o etichettatura non conformi alle prescrizioni dettate
dall'art. 46: non punisce invece l'apposizione di avvertenze non
conformi alle prescrizioni dettate dall'art. 46. La tesi che qui
Il Foro Italiano — 1999.
si critica invece legge la norma dell'art. 23 come se punisse con
la sanzione amministrativa l'apposizione di avvertenze non con
formi alle prescrizioni. 5.3. - Un terzo argomento usato a sostegno della tesi criticata
fa leva sulla salvezza delle norme penali vigenti operata dal
l'art. 7 1. 22 febbraio 1994 n. 146, che per conseguenza manter
rebbe in vigore anche la norma penale di cui all'art. 46 1. 29
dicembre 1990 n. 428 (così la sentenza Petralia, cit.).
L'equivoco in cui cade questa interpretazione dovrebbe risul
tare evidente dalla ricognizione storica sopra riassunta (n. 4.1). In primo luogo — come s'è già sottolineato — le norme penali fatte salve dall'art. 7 sono quelle vigenti nelle materie discipli nate dalle direttive comunitarie che ai sensi della stessa legge comunitaria 146/94 sono attuate in via regolamentare o in via
amministrativa; così come le norme penali fatte salve dall'art.
2, lett. d), stessa legge sono quelle vigenti nelle materie delle
direttive comunitarie da attuarsi con decreti legislativi ai sensi
della medesima legge di delega: e nessuna di queste materie —
si ripete — riguarda il condizionamento e l'etichettatura dei pro dotti del tabacco.
In secondo luogo, poiché l'art. 23 stessa 1. 146/94 ha implici tamente abrogato l'art. 46 1. 428/90, è evidente che quest'ulti ma norma penale non era più vigente al momento in cui il go verno attuava in via legislativa, regolamentare o amministrativa
le direttive comunitarie di cui trattasi, corredandole discrezio
nalmente del relativo apparato sanzionatorio; anzi, a rigore non
era più vigente neppure nel momento in cui entrava in vigore la stessa legge delega 146/94 (cfr. ancora sul punto la sentenza
Borrelli e la sentenza Picardi, citate). 6. - Concludendo sul punto, la sentenza impugnata va annul
lata limitatamente al reato di cui all'art. 46 1. 428/90, contesta
to al capo d) della imputazione, perché non più preveduto dalla
legge come reato. Va quindi annullata la relativa pena, che ai
sensi dell'art. 620, lett. /)> c.p.p. si determina in cinque giorni di reclusione e lire un milione di multa.
CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA; sentenza 4 dicembre
1998; Pres. Ruggeri, Est. Roi; imp. Balduzzi e altro.
CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA;
Diritti d'autore — Opere letterarie — Riproduzione abusiva —
Fotocopiatura — Reato (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio,
art. 68, 171; 1. 22 maggio 1993 n. 159, norme in materia di
abusiva riproduzione di opere letterarie e abrogazione del con
tributo sulle opere di pubblico dominio di cui agli art. 177,
178 e 179 e all'ultimo comma dell'art. 172 1. 22 aprile 1941
n. 633, art. 1).
L'abusiva riproduzione, mediante fotocopiatura, di opere lette
rarie (nella specie, testi universitari) protette dal diritto d'au
tore costituisce reato. (1)
(1) La corte felsinea, nel confermare la sentenza pretorile di condan
na emessa nei confronti dei titolari di due copisterie, ha precisato che:
a) la fattispecie dell'abusiva riproduzione di opere letterarie, median
te macchine fotocopiatrici, non si può considerare depenalizzata a se
guito dell'entrata in vigore dell'art. 1 1. 159/93, disposizione che inten
de tutelare la veste grafica dell'opera; in senso conforme, v. Cass. 16
dicembre 1994, Nucci, Foro it., 1996, II, 231, con nota di R. Caso
(tale pronuncia — annotata da E. Svariati, Illecita riproduzione di
opere a stampa mediante fotocopiatura, in Cass, pen., 1996, 283; N.
Tilli, Tutela dell'editoria di fronte al fenomeno della reprografia, in
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