Sezione III penale; sentenza 30 giugno 1980; Pres. Di Trani, Est. Martuscelli, P. M. D'Agostino(concl. conf.); ric. Cirelli e altri. Annulla senza rinvio Trib. Siracusa 19 novembre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 369/370-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172618 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
invece la situazione di chi è condannato a pena detentiva con
giunta a pena pecuniaria per un solo reato ed è inutile invocare i
concetti di pericolosità dell'imputato e di gravità del reato, che
sono soggettivi e variabili in relazione a circostanze di tempo e di
luogo. Il ricorso va pertanto respinto con tutte le conseguenze di
legge, previa dichiarazione di manifesta infondatezza di tutte le /
proposte questioni di legittimità costituzionale.
Per questi motivi, ecc.
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III penale; sentenza 30
giugno 1980; Pres. Di Trani, Est. Martuscelli, P. M. D'A
gostino (conci, conf.); ric. Cirelli e altri. Annulla senza rinvio
Trib. Siracusa 19 novembre 1979.
Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Ricavato della
vendita dei lotti abusivi — Profitto del reato — Estinzione del
reato per prescrizione — Confisca — Inapplicabilità (Cod.
pen., art. 157, 160, 240; legge 17 agosto 1942 n. 1150, legge
urbanistica, art. 28, 41).
Le somme ricavate dalla vendita di lotti di terreno abusivamente
frazionato non costituiscono il prezzo ma il profitto del reato e
pertanto non ne può essere disposta la confisca qualora il reato
(di lottizzazione abusiva) risulti prescritto. (1)
II
TRIBUNALE DI SIRACUSA; sentenza 17 novembre 1980; Pres.
Guzzardi, Est. Lo Re; ric. Rametta e altro.
Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Reato — No
zione (Legge 17 agosto 1942 n. 1150, art. 28, 42; legge 6 ago sto 1967 n. 765, modificazioni ed integrazioni alla legge urba
nistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 8; legge 28 gennaio 1977
n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 17).
Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Ricavato della
vendita dei lotti abusivi — Prezzo del reato — Confisca —
Obbligatorietà — Eventuale validità dei contratti di compra vendita — Irrilevanza (Cod. pen., art. 240; legge 17 agosto 1942 n. 1150, art. 28, 41; legge 6 agosto 1967 n. 765, art. 8;
legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 17). Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Ricavato della
vendita dei lotti — Confisca — Poteri di coercizione reale
della pubblica amministrazione — Compatibilità (Cod. pen., art. 240; legge 17 agosto 1942 n. 1150, art. 28, 41; legge 6 agosto 1967 n. 765, art. 8; legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 17).
Il bene protetto mediante il divieto di lottizzazione non conven
zionata consiste nella salvaguardia dell'ordinato sviluppo del
l'assetto territoriale in conformità delle indicazioni di piano riservate al comune; pertanto il reato in questione si perfeziona
indifferentemente mediante iniziative edificatorie concentrate su
un'area o con la realizzazione di opere di urbanizzazione o con
il mero trasferimento frazionato ed in serie del terreno. (2)
Le somme ricavate dalla vendita di lotti di terreno abusivamente
frazionato costituiscono prezzo del reato e pertanto esse vanno
obbligatoriamente confiscate ex art. 240, 2° comma, n. 1, cod.
pen., a nulla rilevando la (eventuale) liceità delle alienazioni sul
piano civilistico. (3) La confisca disposta dal giudice penale avente ad oggetto le
somme ricavate dalla vendita di lotti abusivamente frazionati
non preclude e non interferisce con i poteri di coercizione reale
riservati dalla legge all'autorità amministrativa in materia di
repressione degli illeciti edilizi. (4)
(1-5) La sentenza della Cassazione annulla senza rinvio (per interve
nuta prescrizione) la pronuncia del Tribunale di Siracusa 19 novembre
1979, inedita (ma esattamente in termini con Trib. Siracusa 10
dicembre 1979, Foro it., 1980, II, 543, con ampia nota di richiami),
che già aveva qualificato i ricavi della vendita di lotti non autorizzati
come prezzo del reato e pertanto oggetto di confisca obbligatoria a
mente dell'art. 240, 2° comma, n. 1, cod. penale. Nonostante tale
intervento, la giurisprudenza siciliana ha riaffermato con le due senten
ze in epigrafe il principio secondo il quale i ricavi in questione debbano qualificarsi come prezzo del reato e pertanto obbligatoriamen
te confiscabili, con l'ulteriore conseguenza dell'applicabilità delle misure
di sicurezza anche per la prima volta in grado di appello (benché non
vi sia impugnazione del pubblico ministero). Di recente, tuttavia, con ordinanza 9 dicembre 1980, inedita,
definendo un procedimento per incidente di esecuzione, la Pretura di
Ill
PRETURA DI SIRACUSA: sentenza 29 ottobre 1980; Giud.
Benanti; imp. Corso.
Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Ricavato della
vendita dei lotti abusivi — Prezzo del reato — Confisca —
Obbligatorietà (Cod. pen., art. 240; legge 17 agosto 1942 n.
1150, art. 28, 41; legge 6 agosto 1967 n. 765, art. 8; legge 28
gennaio 1977 n. 10, art. 17).
Le somme ricavate dalla vendita di lotti di terreno abusivamente
frazionato costituiscono prezzo del reato (di lottizzazione abusi
va) e pertanto devono obbligatoriamente essere confiscate dal
giudice penale. (5)
I
La Corte, ecc. — Fatto. — Con sentenza del 28 febbraio 1978
il Pretore di Lentini condannava Cirelli Domenico, Cirelli Salva
Siracusa, sul presupposto che per prezzo del reato debba intendersi « la cosa che venga data per determinare o istigare o persuadere
l'agente alla commissione del reato » e che tale non sia la somma
sborsata per l'acquisto di lotti di terreno abusivamente frazionato (in
quanto l'acquirente non mira a determinare il venditore al reato, e
perché ancora, se cosi fosse, si dovrebbe ritenere il concorso nel reato
di venditore e compratore, ipotesi, questa, da escludersi), ha negato la
sussistenza della confisca obbligatoria delle somme in questione. Sulla nozione del reato di lottizzazione abusiva, sulla responsabilità
del notaio rogante gli atti di compravendita o del perito tecnico che ha
eseguito il frazionamento catastale, nonché sulla rilevanza del difetto di
licenza (o concessione) ai fini della validità ed efficacia inter partes della compravendita immobiliare, v. ampiamente la nota di richiami a
Cass. 7 gennaio 1980, Granvillano, Pret. Roma 9 aprile 1980 e 12
dicembre 1979, id., 1980, lì, 542; sulla nozione del reato de quo e nel
senso che « il duplice scopo perseguito dal legislatore nel disciplinare la lottizzazione a scopo edilizio è, da un lato, quello di controllare e
armonizzare le attività dei privati con le scelte della pianificazione
territoriale, d'altro lato, quello di subordinare l'autorizzazione di nuovi
insediamenti alla predisposizione delle necessarie infrastrutture primarie e secondarie o all'assunzione dei relativi oneri », v. Pret. Voltri 10
settembre 1980, Nigro e altri, inedita. La pronuncia del Tribunale di Siracusa 17 novembre 1980, nel
riaffermare i principi già enunciati nelle sentenze 19 novembre e 10
dicembre 1979, cit., affronta un ulteriore problema (risolto in senso
positivo) in ordine alla compatibilità tra la misura di sicurezza avente
ad oggetto il ricavato della vendita di lotti abusivi ed i poteri di
coercizione reale in materia di repressione degli illeciti edilizi conferiti
dalla legge alla pubblica amministrazione: la soluzione fornita si
ricollega a quell'indirizzo seguito da una parte della giurisprudenza di
merito che — evidenziata la diversa finalità perseguita dal giudice
penale e dall'autorità amministrativa nell'adottare rispettivamente la
confisca o le sanzioni amministrative previste dalla normativa di tutela
urbanistica — ha, di volta in volta, ritenuto la legittimità della confisca
disposta dal giudice penale (v. Pret. Roma 18 marzo 1980, id., 1980,
II, 480, con nota di richiami di F. Nisticò) o del sequestro finalizzato
alla confisca (v. Pret. Messina, ord. 3 marzo 1980, id., 1980, II, 348,
con nota di richiami) avente ad oggetto opere abusive.
La Cassazione ha, invece, costantemente ritenuto l'incompatibilità
della confisca penale con gli analoghi poteri attribuiti dalla legge (in
via esclusiva) alla pubblica amministrazione (v. da ultimo in tal senso,
Cass. 26 febbraio 1980, Burgianesi, id., 1980, II, 480 e cosi pure Pret.
Messina, ord. 9 dicembre 1980, cit.: contra, in una fattispecie relativa
alla confisca dei canoni di locazione di un immobile locato senza
licenza di abitabilità, v. Pret. Roma, ord. 17 gennaio 1980, id., 1980,
II, 480). Per riferimenti, nel senso che non è manifestamente infondata la
questione di costituzionalità degli art. 41, in relazione all'art. 32 legge
17 agosto 1942 n. 1150, e 17, in relazione all'art. 15 legge 28 gennaio
1977 n. 10, nella parte in cui escludono l'applicazione della misura di
sicurezza della confisca penale in ordine agli immobili realizzati in
assenza o in totale difformità della licenza edilizia, in riferimento agli
art. 3, 9 e 112 Cost., v. Pret. Roma, ord. 23 ottobre 1979, id., 1980, II,
536, con nota di richiami. Sulla confisca per equivalente disposta dalla sentenza 29 ottobre
1980 della Pretura di Siracusa, v. esattamente in termini Trib. Siracusa
10 dicembre 1979, cit. Nel senso che la declaratoria di estinzione del reato non preclude
l'applicazione della confisca v., da ultimo, Cass. 13 ottobre 1978, Osti,
id., Rep. 1979, voce Confisca, n. 7.
In dottrina, sulla lottizzazione abusiva e sui problemi ad essa relativi
già evidenziati, v. la nota di richiami cit., id., 1980, II, 543; quanto alla
compatibilità fra confisca penale e poteri ablativi della pubblica ammi
nistrazione, v. anche Annunziata, Sequestro penale e confisca (penale
ed amministrativa) di opere abusive nella legge 28 gennaio 1977 n. 10
sui suoli, in Foro amm., 1978, I, 370; Chiavario, Tutela del territorio
e poteri del giudice penale: dati giurisprudenziali per una discussione,
in Riv. it. dir. proc. pen., 1976, 406; De Chiara, Confisca penale e
confisca amministrativa (nota a Pret. Napoli 9 novembre 1978, Foro
it., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 817), in Giur. merito,
1979, 722.
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PARTE SECONDA
tore, Cirelli Francesco e Consoli Giuseppe alla pena di mesi
quattro di arresto e lire 1.000.000 di ammenda, ciascuno, quali
colpevoli dei reati di cui agli art. 110 cod. pen., 28 e 41 legge 17
agosto 1942 n. 1150 (i primi tre quali proprietari, il quarto quale assuntore e socio dei primi), per aver eseguito una lottizzazione
non autorizzata in contrada S. Leonardo Sottano, dal giugno 1973
all'agosto 1975.
In parziale riforma di tale sentenza, il Tribunale di Siracusa, ordinava la confisca del prezzo ricavato dalla vendita dei terreni
ceduti a terzi e ricadenti nella zona lottizzata, fino alla data di
emissione della sentenza di primo grado. Confermava, nel resto, la
sentenza di primo grado.
Ricorrono gli imputati alla Corte suprema con i seguenti motivi:
Per Consoli: I) Nullità delle sentenze ex art. 185, n. 3, 432
cod. proc. pen., per avere, il tribunale, ritenuto che il rinvio per l'udienza del 22 febbraio 1978, disposto dal pretore il precedente 19 gennaio 1980, fosse rituale anche nei confronti dell'imputato contumace Consoli, per gli effetti dell'ult. comma dell'art. 499
cod. penale. II) Ha errato il tribunale nel disporre la confisca
dell'effettivo prezzo ricavato dalla vendita di tutti i lotti di
terreno: a) tale misura di sicurezza patrimoniale non era stata
chiesta nell'appello del p.m.; b) la misura della confisca non è
ammissibile nella materia delle violazioni edilizie; c) in nessun
caso la confisca potrebbe investire l'intero prezzo ricavato dalla
vendita dei lotti. Ili) Il reato è prescritto.
Per Cirelli Domenico, Salvatore e Francesco: I) Violazione
art. 432, 166, 4 e 185, n. 3, cod. proc. penale. II) Mancanza di
motivazione in ordine all'effettiva esistenza dei corrispettivi per
gli atti di vendita del terreno (mai conclusi, avendo i ricorrenti
stipulato soltanto promesse di vendita). Ili) Violazione art. 240
cod. pen., 524, n. 1, cod. proc. pen., essendo il danno ricavato
dalla vendita del terreno « profitto » e non « prezzo » del reato.
IV) In ogni caso la confisca poteva riguardare la differenza tra il
corrispettivo ottenuto ed il valore di mercato del terreno, prima della lottizzazione, e non l'intero prezzo. V) Prescrizione del reato.
Motivi della decisione. — La permanenza del reato di lottizza
zione abusiva deve ritenersi cessata alla data del 6 agosto 1975, in
cui il pretore procedette al sequestro delle attrezzature del cantie
re edile, dell'area lottizzata e delle costruzioni su questa esistenti.
Il reato ascritto agli imputati, pertanto, deve essere dichiarato
estinto per prescrizione, verificatasi alla data del 6 febbraio 1980,
ai sensi degli art. 157, n. 5, 160, ult. comma, cod. pen. (alla data
dell'agosto 1975 faceva anche riferimento, al fine della decorrenza
della prescrizione, la contestazione contenuta nell'atto di citazio
ne).
Per quanto riguarda il provvedimento di confisca disposto dal
tribunale del prezzo ricavato dalla vendita dei terreni lottizzati,
va rilevato che tale prezzo non è « il prezzo del reato » per il
quale è prevista la confisca obbligatoria dall'art. 240, 2° comma, n. 1, cod. penale. Infatti per « prezzo del reato » deve intendersi
il compenso dato o promesso per indurre, istigare, determinare un
altro soggetto a commettere il reato, mentre le somme ricavate
dalle vendite di terreni lottizzati, costituiscono « il profito » del
reato, ossia il lucro, il vantaggio economico che si ricava dal
reato. v
La confisca disposta dal tribunale rientra pertanto tra le
ipotesi previste dal 1° comma (confisca facoltativa), e non tra
quelle previste dal 2° comma dell'art. 240 cod. pen. (confisca
obbligatoria).
L'applicazione della misura di sicurezza della confisca facoltati
va (1° comma dell'art. 240 cod. pen.), di cui si tratta in questo
giudizio, è preclusa dall'estinzione del reato per prescrizione (a differenza di quanto deve ritenersi per l'ipotesi di confisca obbli
gatoria, prevista dal secondo comma dell'articolo citato). La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza
rinvio, essendo il reato ascritto estinto per prescrizione ed essendo
preclusa l'applicazione della confisca (facoltativa) disposta dal
tribunale.
Per questi motivi, ecc.
II
Il Tribunale, ecc. — In fatto e in diritto. — Su documentata
denunzia del sindaco di Avola il pretore procedeva, con distinti
procedimenti poi riuniti, a carico di Giuseppe Rametta, Emanuele
Rametta e di Raffaela Santippo per il reato di lottizzazione
abusiva del fondo « Pantanello » in catasto al foglio 57 di quel
comune, ricadente, secondo la previsione del piano regolatore,
parte in zona destinata all'edilizia economico-popolare e parte in
zona residenziale estensiva ed intensiva.
Il comune di Avola si costituiva parte civile.
Su tutti gli immobili degli imputati veniva iscritta ipoteca legale
a garanzia dei crediti previsti dall'art. 189 cod. pen., cautelativa
mente quantificati, in base ad apposita relazione dell'ufficio tecni
co comunale, in complessive lire 554.437.440.
Tratti a giudizio, i Rametta e la Santippo, reiterando le origina rie difese, respingevano gli addebiti: Giuseppe Rametta sostenen
do di avere in effetti venduto a terzi lotti di terreno agricolo ma
di non avere autorizzato né la edificazione dei lotti né la costruzio
ne delle strade intersecanti il fondo; Emanuele Rametta deducendo
di essersi limitato ad apporre la propria firma sugli atti pubblici
di compravendita conclusi in seguito alle trattative concluse uni
camente dal fratello Giuseppe; la Santippo prospettando la sua
completa estraneità ai fatti, essendosi limitata, quale usufruttuaria
del fondo frazionato, a rilasciare al figlio Giuseppe una procura
generale con ampia facoltà, senza obbligo di rendiconto e con
animo di donare ai due figli il suo diritto.
Precisava, inoltre, Giuseppe Rametta che i frazionamenti e le
vendite erano stati posti in essere in due distinti periodi interval
lati da circa un anno.
In esito alle indagini e alla discussione orale il pretore assolve
va la Santippo per non avere commesso i fatti e condannava gli
altri due giudicabili, precisamente statuendo come in epigrafe.
Giuseppe ed Emanuele Rametta proponevano tempestivo appel
lo chiedendo con diversi mezzi la riforma dell'impugnata senten
za. (Omissis)
1. - Ha rilevato la difesa degli appellanti con i primi due motivi
di gravame che l'istituto della continuazione è norma improntata al favor rei la quale, appunto perché tale, « non può ritorcersi
spropositatamente nei confronti degli imputati », come avviene
ogni qual volta l'esistenza del vincolo dipendente dalla medesi
mezza della risoluzione criminosa, apoditticamente assunta ai fini
del temperamento sanzionatorio, costituisca poi fondamento, tutto
da provare, per affermare la responsabilità del giudicabile anche
in ordine a fatti-reato precorsi che; se non ritenuti commessi in
esecuzione di uno stesso disegno (art. 81 e 158 cod. pen.),
sarebbero estinti per prescrizione.
Il problema, secondo gli appellanti, è rilevante per un'esatta
lettura della fattispecie concreta in quanto, ove fosse stata esclusa
— come a giudizio dei proponenti si dovrebbe — la continuazio
ne tra i fatti di lottizzazione commessi sino a tutto il 13 dicembre
1974 e quelli, asseritamente intervallati da un anno di inerzia,
posti in essere sino al dicembre 1976 (decreto di citazione del 15
febbraio 1979), avrebbe dovuto essere dichiarata l'estinzione per
prescrizione (art. 157 e 160 cod. pen.) del reato commesso nel
primo contesto temporale.
È da osservare, però, in diritto, che il reato di lottizzazione è
reato permanente (o comunque « eventualmente » permanente, secondo Cass. 24 marzo 1977, Palumbo, Foro it., Rep. 1978, voce
Edilizia e urbanistica, n. 495), che si commette durante tutto il
corso dell'attività e cessa col compimento dell'ultimo atto (nella
specie, nel dicembre 1976, secondo la confessione resa da Giusep
pe Rametta) dal quale, a norma del richiamato art. 158 cod. pen., decorre il termine di prescrizione, in effetti non ancora scaduto;
in fatto, che secondo le obiettive risultanze processuali i Rametta
non hanno mai interrotto la permanenza nell'attività di lottizza
zione, in effetti protrattasi sino al dicembre 1976 e non può
quindi sostenersi che si sia avuta, nel 1976, una nuova fase
dell'attività criminosa, distinta dalla precedente.
Gli imputati, infatti, hanno concluso contratti, oltre quelli per
loro ammissione stipulati sino ai primi mesi del 1975, il 4 giugno, il 18 e il 29 luglio, il 10 ottobre, il 10 e il 28 novembre 1975, il
28 gennaio, 17 marzo, 4 maggio, 16 giugno, 30 agosto, 23
settembre 1976, ecc., cioè senza alcuna apprezzabile soluzione di
continuità temporale e con una sequenza, anzi, che scandisce e
collega, proprio nel 1975, le tappe di attuazione di un unico
programma di abusiva lottizzazione, tendenzialmente volto, sin
dall'inizio della condotta, al frazionamento e alla vendita di tutte
le particelle del foglio di mappa n. 57 ricadenti nella zona
« Pantanello » di Avola.
Se, dunque, l'eccepita interruzione della permanenza consiste,
secondo la versione per ultimo resa da Giuseppe Rametta al
dibattimento di primo grado, nell'avere egli venduto, in un primo
tempo, la zona a monte del fondo « esaurendo le vendite in tre o
quattro mesi e ciò fino ai primi mesi del 1975 » e nell'avere,
quindi, ricominciato a frazionare la « zona a mare dopo circa un
anno, e cioè nel 1976», l'assunto è fallace perché dopo i primi mesi del 1975 e sino a tutto il 1976 l'attività non si è mai
arrestata.
Del resto l'infondatezza della tesi difensiva si coglie nel con
trasto tra la riferita posizione assunta dal Rametta per la prima volta in dibattimento e il tenore degli iniziali interrogatori, allor
quando il suddetto ha semplicemente dichiarato di avere comin
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GIURISPRUDENZA PENALE
ciato « a vendere nel 1974 » e di avere « stipulato gli atti più recenti nel novembre 1976 », ovverosia di avere venduto i singoli
appezzamenti di terreno « dal novembre 1974 al dicembre
1976 ».
Si tratta del frazionamento di particelle contigue, comprese nel
foglio di mappa di un fondo unico: le particelle « a monte »
(26-27-28-29-30 e 120) confinano con le particelle lato mare
(21-38-39-123-146 e 157), come risulta dalle piante planimetriche in
atti; le operazioni di frazionamento della vasta zona (oltre 73.000
metri quadrati) si sono succedute con frenetica scansione dei
ritmi si da essere state pressoché esaurite nel breve volgere di un
biennio con la formazione di oltre 66 piccoli lotti; la capillarità dello smembramento depone per l'originaria presenza negli agenti di un programma unico, completo nei suoi elementi essenziali,
volto al frazionamento e alla vendita dell'intero comprensorio; identiche sono le modalità esecutive dell'intervento lottizzatorio,
attuato sempre mediante contratti di compravendita a prezzo costante (Giuseppe Rametta in dibattimento): nella fattispecie
sono, dunque, integri sia gli elementi previsti dall'art. 81, capov.,
cod. pen. sia i connotati tipici della permanenza ininterrotta del
reato, per cui davvero irrilevante deve a ragion veduta ritenersi la
richiesta di acquisizione di ulteriori documenti formulata dai
giudicabili in primo grado (che essi, però, avrebbero potuto soddisfare mediante produzione spontanea, trattandosi di atti da
loro promananti) nell'intento di smentire fatti irreversibilmente
accertati o documentati o addirittura ammessi, tutti conclamanti
la infondatezza della eccezione di prescrizione del reato rappresen tata con i primi due motivi di appello.
2. - È altresì' infondato il terzo motivo di gravame, con il quale
gli appellanti, nonostante le puntuali ed esaurienti argomentazioni
svolte dal pretore, hanno ribadito la tesi dell'insussistenza del
reato loro contestato.
In tema di lottizzazione abusiva, la letteratura si è ormai
arricchita di numerosi approfondimenti dottrinari e giurispruden
ziali, dei quali la legge 10/1977 costituisce, per certi versi,
significativa espressione. È opportuno anzitutto notare che il reato in esame è ipotesi a
forma alternativa, nel preciso senso che, vigendo il principio della
riserva di programmazione del territorio in favore dell'autorità
comunale, costituisce lottizzazione abusiva ogni attentato all'inte
grità e intangibilità di quella riserva, estrinsecantesi nel fraziona
mento dei suoli, ancorché agricoli, in particelle suscettibili di
sfruttamento edilizio.
Se, dunque — come sembra ormai innegabile in virtù delle
innovazioni recate dalla citata legge 10/1977 specialmente con gli
art. 13 e 17 — il bene protetto mediante il divieto di lottizzazione
non convenzionata consiste nella salvaguardia dell'ordinato svi
luppo dell'assetto territoriale in conformità alle indicazioni di
piano riservate al comune, è indifferente, ai fini della configura
zione del reato, il modo in cui di fatto si attenti all'integrità della
programmazione dell'uso del territorio, essendo di tutta evidenza
(Cass. 7 gennaio 1980, Granvillano, id., 1980, II, 542), che lo
sconvolgimento delle previsioni di piano può alternativamente
derivare da indiscriminate iniziative edificatorie concentrate su
un'area, dalle realizzazioni di infrastrutture consistenti in opere di
urbanizzazione primaria od anche soltanto da atti di « trasferi
mento frazionato e in serie del terreno » (Cass. 1980, cit.).
Quest'ultima forma di lottizzazione è senz'altro la più ricorrente
e la più insidiosa perché esaspera la spinta speculativa e mentre
pretende di mettere al riparo il lottizzatore dall'accusa di avere
assecondato, trasferendo i singoli lotti, scopi di edificazione spesso
occultati mediante clausole negoziali simulatrici della realtà, lascia
invece che sia la massa degli acquirenti ad edificare, cioè a
realizzare direttamente quell'unico scopo, ben noto al venditore,
che aveva potuto determinarli all'acquisto ad elevato prezzo di
esigue estensioni di suolo, obiettivamente insuscettibili di utilizza
zione diversa da quella edificatoria.
Offrendo per fini di lucro lotti abusivamente frazionati, l'autore
si pone come elemento ontologicamente necessario al processo di
edificazione, in effetti previsto, voluto ed assecondato.
Né può sostenersi che, in regime di proprietà privata e di
libertà nella iniziativa economica, quel tipo di operazione sia
legittimo come normale estrinsecazione delle facoltà dominicali,
giacché l'iniziativa economica e l'uso della proprietà trovano
limite invalicabile nell'utilità e nella funzione sociale della pro
prietà privata (art. 41 e 42, capov., Cost.), perseguite dal legislato
re ordinario con le norme dettate in materia urbanistica.
Nella specie, il fondo Pantanello, mediante una fitta scomposi
zione in minutissimi lotti alienati a terzi, è stato sottratto alla
destinazione indicata nel piano regolatore, che ne prevedeva
l'impiego a scopo di edilizia popolare e residenziale; nella zona
sono sorte numerose unità abitative abusivamente costruite, come
si rileva dagli elaboratori tecnici in atti, ed altre costruzioni erano
in corso in pendenza del processo di lottizzazione; sono stati
pattuiti prezzi di vendita di gran lunga superiori a quelli praticati in comune commercio per terreni agricoli similari; l'entità dei
singoli lotti, in relazione anche alla loro ubicazione prossima al
tessuto urbanistico, depone inequivocamente per la destinazione
ad uso edificatorio, esclusa ogni altra possibilità di sfruttamento;
10 stesso Giuseppe Rametta non ha negato di essere venuto a
conoscenza, nel corso del processo di lottizzazione, dell'effettiva
destinazione edilizia dei molti lotti già venduti e di avere ciò
nonostante proseguito nell'attività lottizzatrice; egli ha anche
ammesso che era sua intenzione chiedere all'autorità comunale
l'approvazione di un piano di lottizzazione e corrisponderne gli
oneri di urbanizzazione.
La rilevata situazione non lascia dubbi sulla responsabilità degli
appellanti, essendo evidente la sussistenza degli elementi soggettivi
e oggettivi del reato di lottizzazione contestato.
3. - A torto è stata reclamata con l'atto di appello l'assoluzione
di Emanuele Rametta, la cui responsabilità è stata opportunamen
te graduata dal pretore rispetto alla maggiore attività illecita
svolta dal fratello Giuseppe. Emanuele Rametta ha sottoscritto i numerosi contratti di com
pravendita stipulati con gli acquirenti e, per sua ammissione, ha
riscosso le quote dei corrispettivi spettantigli. La tesi della inconsapevolezza del giudicabile in ordine a ciò
che si andava consumando con i contratti conclusi, non può essere seguita: è fuori della realtà immaginare che Emanuele
Rametta, di tutt'altro ignaro, si sia limitato a sottoscrivere senza
rendersi conto del contenuto degli atti che, riportando le indica
zioni concernenti l'esigua entità dei lotti e l'esosità del prezzo
rispetto al normale valore dei beni compravenduti, dimostravano
all'evidenza il progressivo smembramento del fondo Pantanello.
Sicché non può Emanuele Rametta assumere di avere ignorato l'effettivo significato di quei continui atti di vendita, che volle,
anzi, ed assecondò per lucrare sul plusvalore delle aree cedute,
con ciò rendendosi pienamente partecipe del reato contestato
gli 4. - Per l'intensità del dolo negli agenti, desunta dall'assiduità e
consistenza degli atti di frazionamento commessi, per la vastità
del danno arrecato agli interessi della collettività, per le modalità
di esecuzione del reato consistenti nel massimo sfruttamento del
suolo con il frazionamento massimo delle particelle, e con il
conseguente deturpamento di un'area destinata a scopi di eminen
te funzione sociale, vanno negate le circostanze attenuanti generi
che e va confermata, perché congrua in relazione alla gravità del
fatto e all'intensità del dolo, la pena inflitta agli appellanti, a
nulla influendo, al confronto con il preponderante peso degli
elementi passati in rassegna, le considerazioni svolte con il quinto
e il sesto motivo di gravame, peraltro infondate.
5. - Nella presunzione che Giuseppe Rametta si asterrà dal
commettere altri reati (il fondo Pantano è stato pressocché inte
ramente lottizzato ed è, quindi, venuta meno gran parte della
spinta speculativa che aveva determinato l'appellante a delinque
re), può disporsi la sospensione dell'esecuzione della pena inflitta
a Giuseppe Rametta per anni due alle condizioni di legge.
Non ritiene, invece, il collegio di dovere disporre la non
menzione delle condanne nel certificato del casellario giudiziale, ostandovi effettive ragioni di esemplarità e difettando di genericità
11 relativo motivo di censura.
6. - Il tribunale è stato anche chiamato a statuire sulla
congruità della provvisionale determinata dal pretore, in favore
del comune di Avola, in lire 147.552.000, ritenuta eccessiva dagli
appellanti. A norma degli art. 8 legge 6 agosto 1967 n. 765, 1, 3,
5 e 11 legge 28 gennaio 1977 n. 10, le concessioni concernenti
lottizzazioni di terreni sono subordinate alla stipula di una con
venzione con il comune che preveda, fra l'altro, la cessione
gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria, la correspon sione del contributo riguardante le opere di urbanizzazione se
condaria, stabilita in base ad apposite tabelle parametriche, e
congrue garanzie finanziarie per l'adempimento dei suddetti obbli
ghi. Il complesso degli oneri e delle spese che i Rametta avrebbero
dovuto sostenere se avessero fruttuosamente presentato istanza per
l'approvazione di un progetto di lottizzazione, oneri e spese che
per gran parte deve affrontare il comune, ammonta a cifra di
gran lunga superiore alla provvisionale imposta: la sola spesa per la sistemazione della rete stradale a servizio del tessuto urbano
abusivamente costruito, compresa la spesa per l'acquisto delle
aree necessarie all'esecuzione delle opere di urbanizzazione es
senziali, già supera l'ammontare della provvisionale. Anche a
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PARTE SECONDA
prescindere, inoltre, da ogni altra componente del danno risar
cibile in concreto ravvisabile (si pensi, ad esempio, al danno
derivato al comune dall'irreversibile pregiudizio cagionato dalla
situazione di fatto in danno dell'edilizia popolare e residenziale, cui la zona era destinata), il comune dovrà affrontare le spese occorrenti per coordinare l'abusivo agglomerato urbano con il
preesistente tessuto urbanistico.
Tutto sommato, anche se dovesse poi risultare fondata la tesi
del concorso del fatto colposo del creditore sostenuta dagli appel lanti e sulla quale ogni pronuncia va riservata al giudice civile,
l'ammontare della provvisionale deve ritenersi prudentemente cal
colata e per nulla eccessiva, sul semplice ulteriore rilievo che —
contrariamente a quanto hanno assunto gli imputati — il danno
dipeso dall'abusivo insediamento urbanistico nella zona è eziologi camente collegato al fatto dei lottizzatori, i quali per motivi di
lucro hanno offerto come edificabili aree che a tale fine non
avrebbero dovuto essere utilizzate. Senza dire che, per legge, gli
oneri di urbanizzazione primaria incombono al proprietario del
fondo a prescindere dalla realizzazione delle costruzioni previste nel piano di lottizzazione e a prescindere anche dall'intervento di
terzi nell'esecuzione delle opere di costruzione.
7. - Con riferimento all'ultimo motivo di gravame, può breve
mente osservarsi che proprio in virtù delle valutazioni operate in
sede istruttoria vanno mantenute integre le ipoteche iscritte sui
beni degli imputati a garanzia del credito di lire 554.000.000,
risultante, salvo definitivo accertamento, dalla relazione in atti
dell'u.t.c.
Può aggiungersi che l'ipoteca legale, a norma dell'art. 189 cod.
pen., è destinata a garantire non soltanto le somme dovute a
titolo di risarcimento del danno ma anche il pagamento delle spese
processuali e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato,
per cui non sembra esorbitante mantenere la garanzia reale sino a
concorrenza della somma iscritta.
8. - La confisca del «prezzo del reato». Stabilito il principio, ormai ampiamente recepito (Cass. 19 gennaio e 26 febbraio 1980), che la lottizzazione, nella sua forma più ricorrente, può essere attuata mediante una serie di vendite a terzi di singoli lotti abusivamente formati e provato, con gli argomenti già svolti, che
nella specie i Rametta hanno commesso il reato appunto con il trasferimento a titolo oneroso di circa settanta minute strisce di
terreno, deve dedursi che essi hanno ricavato, dalle operazioni
negoziali compiute, ancorché civilisticamente valide, somme costi' tuenti precisamente « prezzo del reato », che vanno obbligatoria mente confiscate a norma dell'art. 240, capov., n. 1, cod. penale.
Pur se immuni, quelle compravendite, da nullità per illiceità della causa o da altro vizio invalidante (ai soli fini della regola mentazione del rapporto privatistico tra i contraenti), esse, per il rilievo iuspubblicistico relativo all'assetto e alla programmazione urbanistica, non possono non essere considerate contra legem, perché, strumento pur sempre di lottizzazione abusiva, concluse in violazione dell'art. 28 legge 17 agosto 1942 n. 1150.
Tale, comunque, è l'insindacabile portata della vigente norma tiva urbanistica se è vero che, d'un canto, sono validi tra le parti tutti i contratti di trasferimento di lotti abusivi dai quali risulti la conoscenza in capo agli acquirenti della mancanza di un regolare piano di lottizzazione; dall'altro, la stessa norma (art. 10, 4°
comma, 765/1967) commina effetti invalidanti (non precisamente la « nullità » che, fosse davvero tale, sussisterebbe in ogni caso, a
prescindere dalla posizione soggettiva dell'acquirente; più preci samente si tratterebbe di norma corrispondente a quella dell'art. 1497 cod. civ., cioè di specifica causa di risoluzione ex lege per
inadempimento da mancanza di qualità essenziale della cosa
negoziata) nel solo caso che dal contratto non risulti la consape volezza nel compratore dell'inesistenza di un piano di fraziona
mento (ed è quindi esatto già rilevare che la configurazione dell'ipotesi di reato di lottizzazione non è agganciabile alla validi
tà/invalidità dei contratti di trasferimento perché altrimenti, a
parità di effetti fenomenici, nell'un caso sarebbe escluso il reato e nell'altro sussistente, a seconda della mera situazione soggettiva del compratore del lotto); sotto altro aspetto, infine, in virtù d'una esatta interpretazione giurisprudenziale dell'art. 28 legge 1150/1942, in combinato-disposto con gli art. 8 e 10 legge 765/1967 e 15 legge 10/1977, è configurato come ipotesi di reato di abusiva lottizzazione lo smembramento, mediante vendita, del fondo in particelle suscettìbili di edificazione.
Deriva dal discorso fatto che il ricavato delia vendita dei lotti abusivamente formati (« nulli » o validi che siano i contratti) è caratterizzato da intrinseca ed obiettiva illiceità, costituendo, esso,
provento direttamente derivante dal reato commesso, appunto, con
lo strumento traslativo dei suoli a terzi.
In quanto provento direttamente derivante dal reato, il ricavato
delle vendite assume precisamente il carattere di « prezzo del
reato» e non di «prodotto» o «profitto». Già il collegio ha avuto modo di osservare al riguardo (senten
ze del 19 novembre inedita e 10 dicembre 1979, id., 1980, II, 543)
che, siccome risulta dai lavori parlamentari che precedettero
l'approvazione della norma di cui all'art. 240 cod. pen., il legisla tore ha inteso conferire al giudice penale non soltanto la facoltà
di confiscare le cose costituenti il « prodotto » o il « profitto »
del reato, ma anche l'obbligo di espropriare il prezzo dell'illecito
per togliere al responsabile le « cose che, provenendo da fatti
illeciti penali o in alcuna guisa collegati alla loro esecuzione, manterrebbero viva l'idea o l'attrattiva del reato ».
L'ipotesi aderisce perfettamente alla lottizzazione commessa
mediante vendita, dove la somma ricavata dal venditore-lottizzato
re altro non è, in virtù della stessa sinallagmaticità del negozio attuativo del reato, se non la controprestazione dei lotti venduti o
promessi in vendita, l'utilità economica tratta delinquendo, il
corrispettivo della speculazione costituente reato e non già, in una
figura contravvenzionale dove il motivo di lucro è movente e fine
dell'azione, l'utilità economica indirettamente ricavata dalla per petrazione dell'illecito.
Secondo un'autorevole ed incontrastata (per quanto consti) elaborazione dottrinaria, si ha « prodotto » del reato quando mediante il reato venga posta in essere un'attività di creazione, trasformazione, adulterazione o di acquisto; si ha profitto quando le cose provenienti dal reato non ne costituiscono il prodotto diretto, ma la sua utile trasformazione (vendita di cose rubate od
acquisto con denaro di illecita provenienza).
Nel caso di specie, il corrispettivo delle alienazioni dei lotti abusivamente formati non potrebbe costituire né « prodotto » né « profitto » (passibili di confisca solo facoltativa), perché l'agente si limita alla mera riscossione del prezzo in corrispettivo delle
cessioni; nel riscuotere il prezzo, egli non compie alcuna attività di trasformazione e consegue immediatamente lo sperato provento dell'operazione illecita, per ottenere il quale si era determinato a lottizzare abusivamente.
Escluso che il corrispettivo delle alienazioni costituisca prodotto o profitto ed affermato, con la relazione al progetto del codice
penale, che si tratta pur sempre di « cosa che, provenendo da fatti illeciti penali ... manterrebbe viva l'idea o l'attrattiva del reato » ove non venisse confiscata, il provento della lottizzazione commessa mediante vendita deve essere definito « prezzo del reato ».
Se, quindi, tra « prodotto » e « profitto », da una parte, e « prezzo » dall'altra una distinzione deve esservi, questa non può che fondarsi sulla natura del rapporto tra reato e utilità economi ca conseguita, che è un rapporto di immediatezza e di conseguen zialità diretta nell'ipotesi del « prezzo del reato » e rapporto mediato e indiretto tra illecito penale e lucro, nelle altre due
ipotesi. Si spiega cosi perché nel caso di utile indiretto sia stata
prevista la confisca facoltativa e, nel caso ontologicamente più grave di chi si determini a commettere l'illecito per trarne direttamente un utile, sia stata comminata la confisca obbligatoria.
Del resto, il provento conseguito in dipendenza della lottizza zione abusiva commessa tramite trasferimenti onerosi non differi sce affatto, ai fini che interessano, dall'ipotesi scolastica di con
figurazione del « prezzo » del reato (delitto su commissione
prezzolata), perché in entrambi i casi vi è pur sempre un soggetto che domanda una prestazione obiettivamente illecita e prezzolata (nella fattispecie concreta, il potenziale acquirente di lotto abusi
vo) ed altro soggetto che si determina ad eseguirla per conseguire un vantaggio patrimoniale (l'autore della lottizzazione).
Il discorso vale anche per affermare che, se anche si esiga per la configurazione dell'ipotesi di « prezzo » il concorso nel reato da parte di chi lo versa, nello schema della lottizzazione abusiva commessa mediante vendita si ritrova puntualmente, a livello di
concorso, sia la presenza del venditore come anche dell'acquiren te, a nulla influendo che quest'ultimo non sia chiamato a rispon dere del reato addebitato al solo venditore.
Cosi accertata l'effettiva natura dei proventi riscossi dal vendi
tore-lottizzatore, poiché si versa in tema di confisca obbligatoria la misura è adottabile sia con la sentenza di condanna o di pro scioglimento, sia anche, occorrendo, con il procedimento prescritto per gli incidenti di esecuzione, ogni qual volta non si sia
provveduto con la sentenza (art. 240, capov., cod. pen., 655 cod.
proc. penale). Prevede, poi, l'art. 236 cod. pen. che alia confisca non si
applica la norma dettata dall'art. 210 cod. pen., nella parte in cui
dispone che la estinzione del reato per qualsiasi causa (art. 150-170) impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa
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GIURISPRUDENZA PENALE
cessare la esecuzione (cosi, peraltro, Cass., Sez. un., 29 novembre
1958, id., Rep. 1959, voce Confisca, n. 7).
Pertanto, se la misura di sicurezza obbligatoria deve essere
applicata anche nell'ipotesi di proscioglimento o di estinzione del
reato, con la sentenza o in sede di incidente, è necessario dedurre
che né la mancanza del previo sequestro delle cose passibili di
confisca (il sequestro, infatti, ha natura cautelare rispetto alla
funzione ablativa della confisca), né i limiti della devoluzione nel
giudizio d'appello possono costituirne ostacolo all'applicazione,
per cui nella specie il mancato appello del p. m. e la mancata sua
richiesta in ordine alla confisca non impediscono al tribunale di
disporre in merito.
Nell'ordinare l'ablazione delle somme ricavate dai fratelli Ra^
metta in dipendenza degli atti di compravendita conclusi sino al
dicembre 1976, non ignora il tribunale il fermo orientamento della
giurisprudenza di legittimità sulla inapplicabilità dell'art. 240 cod.
pen. alle violazioni edilizie, essendo stato ritenuto (Cass. 18
dicembre 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 7a; 2 aprile 1979,
id., Rep. 1979, voce Edilizia e urbanistica, n. 814, e 26 feb
braio 1980, id., 1980, II, 480, tra le pronunzie più significative)
che, dovendo secondo la nuova normativa essere attribuito ai
comuni il provento delle sanzioni amministrative, l'applicazione
della confisca penale finirebbe per attribuire allo Stato, cioè ad
un destinatario diverso, il bene oggetto della misura di sicurezza.
Le ragioni enucleate da quella giurisprudenza, se valgono a
sostegno della non confiscabilità, ad opera del giudice penale, dei
suoli e dei manufatti che vi insistano, non sono invece di
ostacolo, come questo collegio ha già avuto modo di affermare di
recente, alla confiscabilità delle somme percepite in dipendenza di
una lottizzazione attuata con la vendita delle particelle abusiva
mente frazionate, quanto meno perché nessuna norma della vigen
te legislazione urbanistica (nemmeno, in Sicilia, la legge reg.
71/1978, che comunque per ragioni di irretroattività e per gli
argomenti di seguito esposti non regola la fattispecie odierna)
prevede il conferimento di quelle somme all'autorità comunale a
titolo di sanzione amministrativa: sicché il provento diretto del
l'attività illecita, se non confiscato, dovrebbe rimanere nella piena
disponibilità e titolarità del venditore-lottizzatore abusivo.
È proprio il caso, dunque, in presenza del crescente rilievo delle
lottizzazioni abusive nel problema grave dell'assetto territoriale, rimeditare l'argomento; anche perché la menzionata giurispruden za di legittimità si è formata con riferimento al settore delle
costruzioni abusive ed è stata estesa al più vasto fenomeno degli interventi lottizzatori che, però, per quanto concerne il fraziona
mento con alienazioni in serie a titolo oneroso, si atteggiano in
maniera del tutto specifica e reclamano soluzioni di tipo diverso.
Due gli argomenti principali sui quali si fonda l'elaborazione
contraria alla confisca penale nel settore: la natura speciale delle
norme sull'assetto urbanistico, che derogherebbero come tali ai
principi generali assunti dall'art. 240 cod. pen., e la inconciliabili
tà della confisca con i poteri di analogo contenuto conferiti dalla
legge esclusivamente all'autorità amministrativa.
Lex specialis derogat generali, ma la portata derogante della
legislazione urbanistica si esaurisce, nel rapporto con la confisca
penale, nell'ambito delle sanzioni amministrative espressamente
previste e ad altro non si estende: ogni qual volta con le misure
di sicurezza penali si venga nella sostanza a svuotare di qualche contenuto gli analoghi poteri di esclusiva spettanza della pubblica
amministrazione, con certo fondamento può sostenersi che, per
ragioni di specialità, non è consentito al giudice ordinario appli care provvedimenti di coercizione reale.
Ma dimostrando che nessuna sanzione amministrativa prevede
l'acquisizione all'autorità comunale dei corrispettivi lucrati dal
lottizzatore abusivo, l'ablazione di quelle somme — nell'unica
forma possibile di lottizzazione in cui al frazionamento consegua, a causa di vendite in serie, provento illecito — non collide e non
duplica con alcuna delle competenze esclusive della pubblica
amministrazione, che peraltro si connettono ad abusi di tipo
costruttivo e non prevedono (Pret. Roma 12 dicembre 1979, id.,
1980, II, 545), con legge ordinaria dello Stato, poteri di carattere
sanzionatorio o ripristinatorio, in ordine a terreni abusivamente
lottizzati, ma non ancora edificati.
E allora delle due l'una: o la mancanza di un'espressa previ
sione sanzionatoria di natura amministrativa, con particolare ri
guardo ai proventi della lottizzazione mediante vendita, vuol
significare che il legislatore ha inteso, contro ogni ragione, esone
rare dall'unica sanzione patrimoniale possibile colui il quale,
avendo negozialmente scambiato con il prezzo l'oggetto in natura
della sua attività illecita, rimane del tutto indifferente rispetto alla
confisca amministrativa delle aree e dei manufatti eventuali (art.
15 legge 10/1977), che graverà sul terzo già divenuto proprietario,
il quale a fronte di una minore responsabilità sopporterà in via
Il Foro Italiano — 1981 — Parte 11-27.
esclusiva gli effetti giuridici ed economici della sanzione (specie
quando risulti dal contratto che egli era a conoscenza dell'abusivi
tà del lotto cedutogli); ovvero, come sembra da affermare, quella esclusione non è stata voluta, quanto meno per pregnanti ragioni di corrispettività e di parità, e allora nessun ostacolo, riferibile a
ragioni di deroga per specialità, può sussistere circa l'applicabilità della confisca.
Il problema quindi si riduce alla ricerca di eventuali ragioni di
inconciliabilità (secondo argomento in tesi) tra i poteri del giudice ordinario e quelli dall'ordinamento attribuiti all'autorità ammini
strativa.
Senonché la disamina consente a ragion veduta di escludere
che, soprattutto con riguardo alla fattispecie concreta, inconciliabi
lità e duplicazioni vi siano e deve concludersi che, confiscando i
corrispettivi delle vendite dei lotti, rimangono integri tutti i poteri di vigilanza ricognitiva e di intervento repressivo, come anche le
esigenze satisfattive, dell'autorità comunale, senza che per altro
aspetto la misura di sicurezza patrimoniale costituisca (ma que st'ultimo argomento non sarebbe decisivo di per sé solo al fine di
escludere l'applicabilità della confisca penale), per l'autore della
illecita lottizzazione, fattore di cumulo con altre misure o sanzioni
amministrative di cui egli debba rispondere: è di tutta evidenza,
anzitutto, che la confisca penale non comprime i provvedimenti di
sospensione, diffida, demolizione, modifica delle costruzioni o
quelli di ripristino, previsti dall'art. 32 legge 17 agosto 1942 n.
1150; nessuna compenetrazione, inoltre, vi è tra la misura di
sicurezza e la irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dal
l'art. 13 legge 765/1967, che è chiaramente collegata a fatti di
tipo costruttivo e che è posta a carico del costruttore non
autorizzato, il quale, nella lottizzazione mediante vendita dei
suoli, non coincide mai con l'autore del frazionamento illecito;
non vi è bis in idem, malgrado l'apparenza, tra l'ablazione delle
aree in favore del comune (art. 15 nuova legge) e confisca penale
perché, sempre con riguardo all'ipotesi di lottizzazione che qui
interessa, la misura amministrativa colpisce solo il patrimonio
dell'acquirente-proprietario dei beni oggetto di confisca ammini
strativa, ma non anche il patrimonio del lottizzatore, cioè del
maggiore responsabile dello sconvolgimento dell'assetto territoria
le, il quale, pur essendo l'unico soggetto a lucrare sul plusvalore delle aree cedute, non è raggiunto tuttavia da alcuna analoga misura in via amministrativa.
Né può sostenersi che l'autore dell'illecita lottizzazione, essendo
passibile dell'azione di risarcimento ad opera dei suoi aventi
causa e del comune ed essendo tenuto, in Sicilia, al pagamento di
una sanzione pecuniaria pari a lire 20.000 al metro quadrato di
terreno abusivamente lottizzato (art. 51 legge reg. sic. 27 dicembre
1978 n. 71), egli incorrerebbe in una sorta di moltiplicazione degli
obblighi pecuniari ove gli venisse confiscato il corrispettivo rica
vato dalle vendite dei lotti abusivi: le azioni risarcitorie hanno
funzione e contenuto diversi dalla sanzione amministrativa e dalla
misura di sicurezza patrimoniale, per cui non può esservi duplici
tà tra le une e le altre. In particolare, il risarcimento del danno
spettante al comune trova fondamento non già in una sanzione
ma nella norma prevista dall'art. 185 cod. pen., che obbliga
l'autore del fatto-reato secondo i principi dell'illecito extracon
trattuale, mentre la confisca penale per equivalente ha finalità di
prevenzione sociale e natura ablativa delle somme ottenute com
mettendo reato. Basterà por mente, peraltro, a quali siano le
componenti del danno risarcibile in favore del comune (supra,
punto 6) per dedurre l'assoluta diversità, negli effetti e nei
contenuti, dell'azione risarcitoria rispetto alla confisca del prezzo
del reato.
Il riferimento alle azioni di restituzione e risarcitorie spettanti
agli aventi causa del lottizzatore abusivo va risolto alla stessa
stregua, attesa l'affermata diversità di fondamento e di funzione
tra azioni risarcitorie, sanzioni amministrative e confisca penale.
Ma v'è di più: a norma del menzionato art. 10 legge 765/1967,
quando dal contratto di trasferimento del suolo risulti comunque
che l'acquirente era a conoscenza della mancanza di una lottizza
zione autorizzata, egli, nel caso subisca la sanzione della confisca
amministrativa, sarebbe privo di azione nei confronti del suo
dante causa, il quale in tal caso non verserebbe in situazione di
inadempimento da illecito contrattuale e non sarebbe tenuto né
alla restituzione del prezzo né al risarcimento del danno. '
Il caso ricorre nella fattispecie concreta, rispetto alla quale
nessun ostacolo di conseguenza vi è all'applicazione della disposta
confisca, giacché risulta dai contratti preliminari e definitivi ac
quisiti agli atti e dalle precisazioni fatte da Giuseppe Rametta
nell'interrogatorio, che le compravendite stipulate recano clausole
attestanti la conoscenza in capo agli acquirenti della mancanza di
un regolare piano di lottizzazione.
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PARTE SECONDA
L'argomento, infine, relativo alle comminatorie sancite con la
legge reg. sic. n. 71/1978 è ininfluente ai fini dell'applicazione della confisca, soprattutto con riguardo al caso concreto, sia
perché il principio della preminenza della giurisdizione penale e
l'impossibilità per il legislatore regionale di derogare a norme
penali rendono irrilevanti nella materia quelle comminatorie (e inammissibile deroga vi sarebbe nel caso in cui si sostenesse che non sarebbe applicabile la confisca penale perché, per disposizio ne di legge regionale, dovrebbe applicarsi la relativa sanzione
amministrativa), sia anche perché dette sanzioni pecuniarie non
potrebbero essere fatte valere nella specie: vi osta il principio della irretroattività, essendo la legge regionale suddetta intervenu
ta successivamente alla commissione dei fatti di lottizzazione
contestati.
Sempre a proposito della inapplicabilità della confisca penale in
materia urbanistica, si è anche osservato che quando gli atti di
compravendita di terreni abusivamente lottizzati a scopo residen
ziale siano validi (in base all'art. 10, 4° comma, legge 765/1967, da ritenere compatibile con l'art. 15 legge 10/1977 in virtù della
sua disposizione finale ex art. 21, capov.), il prezzo delle aliena
zioni avrebbe carattere di liceità e legittimità, incompatibile con
la confisca.
A parte le considerazioni già prospettate al riguardo, l'argomen to è ambivalente e nulla prova: fosse vero l'assunto, la validità
delle compravendite attuative della lottizzazione non autorizzata
comporterebbe, contro il testo della norma e l'interpretazione data
da Cass. 7 gennaio 1980, cit., anche la liceità dell'operazione di
frazionamento compiuta e sarebbe insussistente il reato; ma il
reato di lottizzazione sarebbe altresì' insussistente e non potrebbe darsi luogo a confisca nemmeno nella contraria ipotesi di frazio
namento eseguito con manifestazioni negoziali affette dalla specia le « nullità » prevista dalla normativa urbanistica, giacché, facen
do erroneamente dipendere l'illiceità penale dell'operazione di
smembramento del suolo senza concessione dalla validità dei
negozi attuativi dello smembramento, dovrebbe paradossalmente concludersi che atti nulli non possono produrre effetti.
Il vero è che « un atto nullo non è mai un nulla di fatto », come in giurisprudenza è stato acutamente osservato, per cui nella previsione normativa la configurazione del reato di abusiva lottizzazione e l'applicabilità di sanzioni e misure di sicurezza
prescindono dalla validità o meno degli atti di trasferimento dei suoli e trovano fondamento nell'obiettiva mancanza della conces sione: la ratio del cit. art. 10 legge 765/1967 consiste nell'intento di salvaguardare i privati interessi dell'acquirente in buona fede, ferma restando in ogni caso la tutela degli interessi pubblici, che anche con l'istituto della confisca il legislatore ha inteso attuare.
Consegue per ulteriore corollario che l'ablazione non può essere limitata al plusvalore delle aree offerte come edificabili, in quanto il corrispettivo ricavato dalle vendite ha carattere obiettivamente illecito nella sua interezza e per intero costituisce « prezzo del reato », giacché non la vendita a prezzo superiore a quello ordinario la legge punisce, quanto piuttosto il frazionamento abusivo.
La disposta confisca comporta l'appartenenza all'erario dello Stato delle suddette somme e lo Stato, quale successore a titolo
particolare, è legittimato ad ottenerne il recupero. Il « prezzo » è
l'equivalente economico dell'utilità conseguita commettendo reato, quindi un bene consumabile e fungibile. Pertanto, l'attuazione della misura di sicurezza patrimoniale si realizzerà mediante l'ottenimento di una somma di denaro per equivalente: in dipen denza del provvedimento di confisca, infatti, sorge a carico del reo una obbligazione ex delieto di dare a norma degli art. 1173 cod. civ., 189, n. 1, e 191, n. 6, cod. pen., il cui adempimento consisterà, come per le obbligazioni pecuniarie in genere (art. 1277 cod. civ.), nel pagamento di una somma di denaro pari a
quella entrata nel patrimonio del reo in dipendenza dell'illecito commesso e che coinvolgerà, a norma dell'art. 2740 cod. civ., il
patrimonio del debitore con tutti i suoi beni presenti e futuri. La concreta determinazione delle somme dovute dai colpevoli a
titolo di confisca sarà eseguita, nella fase esecutiva, rilevando i
prezzi delle vendite concluse dai predetti fino a tutto il dicembre 1976. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
Ili
Il Pretore, ecc. — In fatto ed in diritto. — Dagli atti pubblici di alienazione, di cui i notai roganti hanno trasmesso copia a
questo ufficio, è risultato che il signor Giuseppe Corso ha frazionato un appezzamento di terreno di cui era proprietario, in contrada Carrozzieri di questa città, vendendone degli stacchi di varie dimensioni.
Ritiene il decidente che, malgrado negli atti di compravendita si insista sul concetto che trattasi di terreno agricolo, in realtà il
frazionamento in parola sia stato compiuto a scopo edilizio e che
debba pertanto ravvisarsi in esso una vera e propria lottizzazione
non autorizzata.
Gli elementi che conducono a questa conclusione sono, in
primo luogo, la modesta estensione dei lotti di terreno venduti, di
circa 1.000 mq. ciascuno, assolutamente inadatti ad un autonomo
sfruttamento agricolo; in secondo luogo, la contrada ove il terreno
è ubicato, che è stata negli ultimi anni teatro di una notevole
attività edilizia; infine la professione esercitata dagli acquirenti:
operai, casalinghe, impiegati; nessun agricoltore fra di loro.
Nessun elemento a propria discolpa è stato fornito dall'imputa
to, che si è mantenuto contumace.
Va pertanto affermata la responsabilità di Giuseppe Corso in
ordine del reato ascrittogli. La pena che si ritiene giusto applicare, tenuto conto dei criteri
indicati nell'art. 133 cod. pen. è di mesi tre di arresto e lire
3.000.000 di ammenda.
Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. Sussistendone i presupposti di legge, si concedono i benefici
della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
Ritiene infine questo pretore che vada ordinata la confisca delle
somme — ricavate dalla vendita dei singoli lotti, e che costitui
scono il profitto del reato di lottizzazione abusiva — sulla
considerazione che, cosi facendo, si colpisce quell'intento specula
tivo, che costituisce l'unica spinta al reato in esame, e si impedi
sce, privando il reo dei necessari capitali, il ripetersi delle
manovre speculative di compravendita di terreni.
Al provvedimento che si vuole adottare non è di ostacolo la
circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita dei terreni proba bilmente non esiste più nella sua materialità (le stesse banconote o gli stessi assegni versati dagli acquirenti) in quanto, avendo la
confisca — tra gli altri — anche il carattere di sanzione economi
ca e data la fungibilità del denaro, è sufficiente che nel patri monio del reo esistano somme equivalenti a quelle a suo tempo incassate.
Va infine disattesa la tesi, secondo cui sarebbe confiscabile solo
la parte di prezzo corrispondente alla differenza tra quanto si
sarebbe potuto ricavare vendendo il terreno per scopi agricoli e
quanto invece si è ricavato vendendolo per scopi edilizi. Ciò
perché profitto del reato è qualunque utilità, globalmente conside
rata, il reo ricavi dalla sua attività criminosa, prescindendo dalla
considerazione che un'utilità minore o anche uguale possa essere
ottenuta in maniera lecita.
Pertanto le somme incassate con la vendita dei terreni abusi
vamente lottizzati costituiscono nella loro interezza — e non in
parte — profitto del reato, perché sono state realizzate totalmente
ed esclusivamente con la perpetrazione del reato e sono quindi interamente confiscabili.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione VI penale; sentenza 23
maggio 1979; Pres. Marini, Est. Taglienti, P. M. Pagliarulo
(conci, conf.); ric. Carpanese e altri. Annulla Pret. Padova 18
luglio 1978.
Animali (uccisione, danneggiamento, maltrattamenti, omessa cu
stodia e malgoverno) — Esperimenti di vivisezione in reparto
chirurgico universitario — Violazioni alla legge speciale in ma
teria di vivisezione — Irrilevanza — Maltrattamento di ani
mali — Reato — Esclusione (Cod. pen., art. 727; legge 12 giu
gno 1931 n. 924, modificazione delle disposizioni che discipli nano la materia della vivisezione sugli animali vertebrati a
sangue caldo).
Non integra gli estremi del reato di maltrattamento di animali il
comportamento degli operatori chirurgici di una clinica univer
sitaria i quali compiano, a fini scientifici, esperimenti di vivise
zione in un reparto a ciò espressamente destinato (che non può essere ritenuto luogo pubblico o aperto al pubblico), a nulla rilevando le violazioni alla legge speciale in materia di vivise
zione. (1)
(1) La sentenza in epigrafe — annotata criticamente da Coppi, Ap punti in tema di esperimenti su animali, in Mass. pen., 1980, 383 — co
stituisce, a quel che consta, l'unica decisione in materia di esperimenti su animali, e di tale carenza giurisprudenziale subisce, presumibilmente, le conseguenze, ricavabili da una motivazione che, facendo perno esclusivamente sulla fattispecie legale prevista dal capoverso dell'art. 727 cod. pen., sembra perdere di vista l'oggetto della tutela delia norma
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