sezione III penale; sentenza 5 dicembre 2003; Pres. Savignano, Est. Novarese, P.M. Meloni (concl.conf.); ric. Menna. Conferma App. Napoli 27 settembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 353/354-355/356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199264 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
dall'art. 8, 1° comma, del regolamento Cee 338/97 perché espo neva per la vendita, deteneva per la vendita, offriva in vendita e
comunque deteneva un esemplare di specie dichiarata protetta del tipo Kakariki fronte rossa, non recante l'anello inamovibile
di identificazione ed in assenza della certificazione prevista dal
l'art. 8, 3° comma, del regolamento Cee 338/97. Accertato in
Trasacco il 31 agosto 1999».
Con sentenza contumaciale del 30 novembre 2001 quel giudi ce, pur avendo accertato, dalle prove documentali e testimoniali
addotte dalla difesa, che il suddetto pappagallo era stato acqui stato, al pari di altro esemplare regolarmente marcato, presso un
allevamento autorizzato e che entrambi gli animali erano men
zionati nella prodotta documentazione, dichiarava, nondimeno,
l'imputato colpevole del reato ascritto, sull'assunto che la con
travvenzione sarebbe stata comunque integrata dalla detenzione
dell'animale privo del prescritto contrassegno di marcatura, condannandolo alla pena di lire 15.000.000 di ammenda, previa concessione delle attenuanti generiche, con i benefici di legge.
Avverso tale sentenza il Sarra ha proposto, a mezzo del difen
sore di fiducia, ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Nel primo denuncia la nullità del giudizio di primo grado, celebrato in contumacia nonostante l'avvenuta produzione di un
certificato medico attestante un impedimento assoluto a compa rire, documento non preso in considerazione dal giudice.
Nel secondo deduce l'erronea applicazione della legge pena le, non essendo la sola omessa marcatura dell'animale protetto,
regolarmente acquistato, come documentato, prevista dalla leg
ge come reato.
Il secondo e pregiudiziale motivo è fondato.
L'art. 1 d.leg. 18 maggio 2001 n. 275, avente ad oggetto il
«riordino del sistema sanzionatorio in materia di commercio di
specie animali e vegetali protette ...» ha sostituito, peraltro ag
gravando il regime sanzionatorio, il testo dell'art. 11. 7 febbraio
1992 n. 150, come modificato dal d.l. 2/93, convertito, con mo
dificazioni, dalla 1. 59/93, elencando sotto le lettere da a) ad f) una serie di condotte contravvenzionali tra le quali, per quanto
specificamente rileva, l'ultima, sub f), prevede il fatto di chi
«detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione».
In nessuna delle precedenti fattispecie, sub a), b), c), d), e) è
prevista la detenzione di animali protetti non marcati.
L'obbligo della marcatura degli animali protetti, ove rego larmente detenuti, «conformemente a standard internazionali, con sistemi resi operativi dal servizio certificazione Cites del
corpo forestale dello Stato ...», è previsto dall'art. 5, 5° com
ma, 1. 150/92, il cui testo non è stato modificato dal sopra citato
decreto legislativo. Detto obbligo non è penalmente sanzionato e le stesse san
zioni amministrative comminate dal 6° comma del citato art. 5
si riferiscono alle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 5 bis.
In siffatto contesto, tenuto conto che, in punto di fatto, l'ori
ginario addebito di detenzione dell'animale protetto senza la
prescritta documentazione, l'unico penalmente rilevante, era ri
sultato escluso, mentre privo di rilevanza penale è la residua
contestata omissione, relativa all'anello di contrassegno, il giu dice di merito avrebbe dovuto assolvere l'imputato per insussi
stenza del fatto ascritto, quanto alla prima condotta, e perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato, quanto alla seconda.
In tal senso si provvede, previo annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 5 di
cembre 2003; Pres. Savignano, Est. Novarese, P.M. Meloni
(conci, conf.); ric. Menna. Conferma App. Napoli 27 settem
bre 2002.
Dibattimento penale — Letture — Dichiarazione resa dalla
persona offesa al pubblico ministero nel corso delle inda
gini preliminari — Proposizione di domande suggestive — Inutilizzabilità — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 191, 499).
La circostanza che il pubblico ministero, in sede di assunzione di informazioni dalla persona offesa nel corso delle indagini
preliminari, abbia formulato domande suggestive non rende
inutilizzabile la deposizione poi letta a dibattimento, la quale deve considerarsi assunta irregolarmente e non già acquisita in violazione di divieti dì legge, atteso che la sanzione del
l'inutilizzabilità non è in sé applicabile agli atti delle indagi ni preliminari. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). Per quanto attiene al
l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa al p.m. in sede di indagini preliminari in quanto rese con la propo sizione di domande suggestive, non rileva l'omessa deduzione
in appello di detto motivo, asserito, avanzato dal ricorrente,
giacché, essendo stata prospettata un'inutilizzabilità, la stessa è
rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.
Tuttavia, sarebbe sufficiente rilevare che un'attenta pronuncia di questa corte (Cass. 16 aprile 1993, Ciampà ed altri, Foro it.,
Rep. 1994, voce Pubblico ministero penale, n. 37) ha notato
come la disciplina dell'art. 499 c.p.p. riguardi il dibattimento e non le indagini preliminari, in quanto il p.m. non escute testi, ma sente persone informate sui fatti, per ritenere infondata detta
deduzione.
Peraltro, poiché un'isolata e datata decisione (Cass. 21 gen naio 1992, Daniele, id., Rep. 1992, voce Prova penale, n. 52) ha
affermato che, in tema di esame di testimoni, la formulazione di
domande suggestive in violazione del divieto di cui al 3° com
ma dell'art. 499 c.p.p. rende inutilizzabili le deposizioni testi
moniali, appare opportuno soffermarsi.
Tuttavia la citata pronuncia non è per nulla condivisibile per una serie di ragioni e non si attaglia neppure alla fattispecie in
esame.
Ed invero, la predetta sentenza, oltre ad utilizzare il termine
«nullità» invece di «inutilizzabilità», omette di considerare la
problematica circa la parziale o totale inutilizzabilità della de
posizione cioè se l'applicazione di detto istituto, nella fattispe cie, involga le singole domande oppure tutta la prova, il che ap
(1) Non constano precedenti editi in termini. L'indirizzo giurispru denziale cardine circa l'inapplicabilità del divieto di domande sugge stive agli atti delle indagini preliminari è richiamato, dalla pronuncia in
epigrafe, in parte motiva: Cass. 16 aprile 1993, Ciampà, Foro it., Rep. 1994, voce Pubblico ministero penale, n. 37, ha escluso che la griglia procedimentale prevista dall'art. 499 c.p.p. sia applicabile alle dichia razioni acquisite nel corso della fase investigativa.
La peculiarità del caso di specie si sostanzia nell'intervenuto transito delle risultanze dell'atto di indagine dal fascicolo del pubblico ministe ro a quello per il dibattimento a seguito della lettura acquisitiva dispo sta ex art. 512 c.p.p.: è evidente, in tal caso, come l'utilizzazione di tecniche suggestive, nel corso della fase investigativa, possa riverberare i suoi effetti allorché la verbalizzazione dell'atto d'indagine, attraverso il filtro della lettura, faccia ingresso nell'agone dibattimentale ed entri,
perciò, a far parte del compendio utilizzabile ai fini della decisione.
Va, tuttavia, chiarito come, per effetto della disposta lectio, il proto collo investigativo non muti affatto la propria natura, prestandosi, inve
ce, a un pur cospicuo mutamento d'uso. Spetterà, come è ovvio, al giu dice, nell'esercizio del proprio libero convincimento, valutare l'atten
dibilità dell'atto tenendo conto delle dinamiche intercorse all'epoca della sua formazione e, dunque, apprezzando la genuinità delle risposte anche alla stregua degli equilibri ilio tempore instauratisi tra investiga tore e informato sui fatti; non opereranno, tuttavia, aprioristici sbarra
menti d'uso, dovendo escludersi l'attivabilità del paradigma dell'inuti
lizzabilità probatoria. Per una recente ricognizione dei complessi problemi circa i rapporti
tra inutilizzabilità della prova ed indagini preliminari, cfr., per tutti,
Scella, Prove penali e inutilizzabilità. Uno studio introduttivo, Torino,
2000, 187 ss., cui si rinvia anche per gli ulteriori ragguagli di letteratu
ra. [G. Di Chiara]
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CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 11
novembre 2003; Pres. Raimonpi, Est. Piccialli, P.M. Izzo
(conci, conf.); ric. Impero e altro. Annulla Trib. Benevento 28
marzo 2003.
Caccia e protezione della fauna — Attività venatoria — At
teggiamento di caccia — Richiamo acustico — Sufficienza — Esclusione (L. 11 febbraio 1992 n. 157, norme per la pro tezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo ve
natorie, art. 12, 13, 21, 30).
Non è ipotizzabile un «atteggiamento di caccia» di cui all'art.
12 l. 11 febbraio 1992 n. 157, nei casi in cui l'agente non sia
in possesso di mezzi, leciti o illeciti, di per sé idonei all'ab
battimento o cattura della selvaggina, tale non potendosi ri
tenere il solo richiamo acustico, anche se di genere vietato, il
cui impiego, pur sufficiente ad attirare i pennuti, da solo non
ne consenta la cattura. (1)
(1) Con la decisione in epigrafe la corte analizza la questione relativa all'esercizio dell'attività venatoria attraverso l'ausilio di un richiamo acustico. In particolare il giudice di legittimità chiarisce l'ambito di ap
II Foro Italiano — 2004.
Fatto e diritto. — All'esito di giudizio di opposizione a de
creto penale, Biagio Impero e Giovanni Flauto sono stati, con la
sentenza in epigrafe, dichiarati colpevoli della contravvenzione
di cui agli art. 21, lett. r), e 30, lett. h), 1. 157/92, «per avere esercitato attività venatoria con l'ausilio di un richiamo acustico
a funzionamento elettronico riproducente il canto del tordo. In
Amorosi il 12 novembre 2000».
Ricorrono congiuntamente gli imputati, deducendo:
1) violazione del diritto di difesa, per non aver mai ricevuto
l'avviso della conclusione delle indagini preliminari;
2) nullità del capo di imputazione, perché generico;
3) motivazione generica, illogica e non circostanziata, perché non contemplante alcun fatto punibile a termini della legge pe
plicazione degli art. 12 e 13 1. 11 febbraio 1992 n. 157, recante norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo ve
natorie, definendo il concetto di «atteggiamento di caccia». Quest'ul timo, secondo la corte, non sussiste nel caso in cui il soggetto sia in
possesso soltanto di strumenti quali un richiamo acustico a funziona mento elettronico, non essendo lo stesso di per sé idoneo a configurare un comportamento finalizzato all'abbattimento o alla cattura della fau
na selvatica. Per ciò che concerne l'esatta definizione di «atteggiamento di cac
cia», Trib. Avellino-Cervinara 28 febbraio 2000, Foro it., Rep. 2002, voce Caccia, n. 21, ha affermato che lo stesso va dedotto da un insieme
sinergico di elementi tra loro connessi, che mutano di faso in caso ed in
relazione pertanto ai quali non è possibile, prescindendo dalle singole, concrete fattispecie, indicare parametri aventi un'idoneità assoluta al
l'identificazione dell'esercizio venatorio. In merito allo stesso aspetto, con specifico riferimento al tentativo di operare caccia abusiva, v. Pret. Terni-Amelia 3 novembre 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 37.
Secondo Cass. 15 novembre 2000, n. 14824, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 15, costituisce esercizio venatorio anche il vagare o il soffermar
si con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna
selvatica o di attesa della medesima per abbatterla, senza che tale atti
tudine possa considerarsi esclusa dal fatto che il cacciatore abbia il fu cile scarico e aperto, potendo essere, proprio perché aperto, rapida mente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina. Sul medesimo
profilo, v. anche Cass. 10 settembre 1997, n. 8890, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 17. Sulla nozione di attività venatoria utilizzata nella 1. 157/92, v. Cass.
26 novembre 1998, Giovagnoli, id., Rep. 1999, voce cit., n. 19. Per ciò che concerne l'utilizzo di determinati mezzi di caccia, in me
rito all'esclusione di taluni di questi, tra cui un particolare tipo di ri chiamo acustico, da quelli considerati diretti all'abbattimento della
fauna, v. Trib. Brescia 29 giugno 2000, id., Rep. 2001, voce cit., n. 18. Sul medesimo profilo concernente i diversi tipi di richiami utilizzati
nell'esercizio dell'attività venatoria, v. Cass. 8 novembre 1999, Lorus
so, id., Rep. 2000, voce cit., n. 16; 2 luglio 1999, Conversano, ibid., n.
25; 20 maggio 1997, Taddei, id., Rep. 1999, voce cit., n. 36, e 10 di cembre 1998, n. 12404, id., Rep. 1998, voce cit., n. 26. Sempre con ri
guardo a tale tematica, Corte cost., ord. 30 marzo 1995, n. 95, id., 1995, I, 1408, con nota di richiami, ha dichiarato manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale degli art. 13 e 30, 1° comma, lett.
h), 1. 11 febbraio 1992 n. 157, nella parte in cui vieterebbero e sanzio nerebbero penalmente l'uso dei cani nell'esercizio della caccia.
Con riferimento al divieto di utilizzo di mezzi di cattura insidiosi e
crudeli, v. Cass. 21 marzo 1994, Mannucci, id., Rep. 1997, voce cit., n. 19. Nell'ambito del profilo relativo ai reati venatori, per quanto riguar da l'esercizio della caccia con uso di richiami vivi, v. Cass. 6 ottobre
2000, Cipolla, id., Rep. 2001, voce cit., n. 20. Più in generale, sul nesso tra mezzi vietati di caccia e utilizzo di richiami, v. Cass. 28 aprile 2000,
Medaglia, id., Rep. 2000, voce cit., n. 24, e 17 giugno 1994, Villa, id., 1995, II, 111, con nota di richiami.
A proposito dell'inclusione del tentativo d'impossessamento di fauna selvatica tra le ipotesi contravvenzionali previste dall'art. 30, 1° com
ma, 1. 157/92, v. Pret. Caltagirone 9 novembre 1992, id., 1993, II, 521. Per ciò che concerne le questioni di legittimità costituzionale pro
spettate in merito ad alcune norme, contenute nella 1. 157/92 e attinenti ai profili in esame, v. Corte cost., ord. 2 giugno 1994, n. 215, id., Rep. 1995, voce cit., n. 11, e 15 marzo 1993, n. 93, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 11, che le hanno dichiarate in entrambi i casi manifestamente inam missibili.
In generale, Corte cost. 20 dicembre 2002, n. 536, id., 2003, I, 688, con nota di richiami e osservazioni di Lombardi, Ferrara e Olivetti
Rason, ha affermato che la disciplina statale rivolta alla tutela dell'am biente e dell'ecosistema può incidere sulla materia della caccia, pur ri servata alla potestà legislativa regionale, ove l'intervento dello Stato sia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.
117, 2° comma, lett. .y), Cost.
PARTE SECONDA
pare, però, del tutto in contrasto con la stessa dizione dell'art.
499, 3° comma, c.p.p., e non valuta la rilevanza del capitolato di
prova, dell'intervento del presidente e dei poteri di quest'ulti mo, sicché la stessa è affrettata e poco attenta alla trattazione
della tematica.
Inoltre, a parte dette considerazioni generali, deve rilevarsi
che uniforme giurisprudenza di questa corte in tema di inutiliz
zabilità distingue tra prove vietate e quelle assunte irregolar
mente, applicando l'istituto in parola solo nel primo caso (Cass. 13 febbraio 1998, Magro, id., Rep. 1998, voce cit., n. 39) senza
che una tale distinzione contrasti con il dettato dell'art. 526
c.p.p., perché concerne le prove legittimamente acquisite e non
assunte irregolarmente per le quali vige il regime della nullità, ove previste.
Pertanto potrebbe osservarsi che si tratta di una regola per la
sua assunzione, alla cui osservanza dovrebbero sovrintendere in
dibattimento i poteri attribuiti al presidente dal 6° comma del
l'art. 499 c.p.p., per considerare inapplicabile l'istituto, tanto
più che la predetta disciplina è pensata con espresso riferimento
al dibattimento e non si applica nell'ipotesi del controesame.
Deve, poi, ponderarsi che non è configurabile un'inutilizza
bilità derivata (cfr. Cass. 24 gennaio 1996, Agostino ed altri,
ibid., n. 51), sicché non solo quella relativa ad una domanda non
si comunicherebbe a tutta la deposizione ma anche non farebbe
venir meno l'impianto motivazionale della sentenza impugnata,
perché si regge su plurime e differenti valutazioni.
Peraltro, anche a voler ritenere applicabile l'istituto dell'inu
tilizzabilità, il che non è per i motivi già svolti, si tratterebbe di quella «relativa», stabilita dalla legge con riferimento alla fase
dibattimentale (Cass., sez. un., 21 giugno 2000, Tammaro, id.,
Rep. 2000, voce Giudizio abbreviato, n. 68).
Infine, con valore assorbente, la pregevole decisione di primo
grado già afferma di aver depurato l'intera dichiarazione resa al
p.m. da quegli elementi di suggestività incautamente introdotti
dallo stesso ed entrambe le pronunce criticano dette modalità e, secondo quanto è esatto, giacché si tratta di un'irregolarità che
si riverbera sul vizio motivazionale, ma non sull'istituto del
l'inutilizzabilità, con ineccepibili argomentazioni fanno emerge re da dette dichiarazioni solo le parti che possono essere ritenute
«non inquinate» perché suffragate da riscontri, deduzioni logi che, precedenti dichiarazioni, anche se la modalità di assunzio
ne, seppure «incauta», non può ritenersi illegittima, ma solo
contraria ad alcuni canoni della moderna scienza della psicolo
gia infantile. (Omissis)
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