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Sezione III penale; sentenza 7 dicembre 1959; Pres. Auriemma P., Est. Grieco, P. M. Marucci (concl....

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Sezione III penale; sentenza 7 dicembre 1959; Pres. Auriemma P., Est. Grieco, P. M. Marucci (concl. diff.), ric. D'Ambrowzki Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 33/34-35/36 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150994 . Accessed: 28/06/2014 18:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 18:07:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III penale; sentenza 7 dicembre 1959; Pres. Auriemma P., Est. Grieco, P. M. Marucci(concl. diff.), ric. D'AmbrowzkiSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 33/34-35/36Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150994 .

Accessed: 28/06/2014 18:07

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33 GIURISPRUDENZA PENALE 34

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III penale ; sentenza 7 dicembre 1959 ; Pres. Aueiemma P., Est. Gkieco, P. M. Marucci (conci, diff.), ric. D'Ambrowzki.

(Gassa Pret. Milano 9 luglio 1958 e 6 marzo 1959)

Impugnazioni in materia penale — Termini — Impu tato elle rinunzia a comparire — Erronea dichiara zione di contumacia — Impugnazione proposta nel

termine decorrente dalla notifica dell'estratto —

Ammissibilità (Cod. proc. pen., art. 199, 209, 497, 498, 500).

L'imputato rimasto assente per rinunzia ( a comparire ed erroneamente dichiarato contumace, può proporre l'im

pugnazione nel termine decorrente dalla notifica per estratto della sentenza contumaciale. (1)

La Corte, eco. — Fatto. — D'Ambrowzki Vittorio fu tratto a giudizio dal Pretore di Milano per violazione col

posa dei doveri inerenti alla custodia di cose pignorate. Il decreto di citazione a giudizio gli venne notificato

in carcere, dove era detenuto per altra causa, ma nel giorno fissato per il dibattimento i! D'Ambrowzki, senza giusti ficato motivo, rifiutò di assistere all'udienza, e questo rifiuto venne regolarmente comunicato al Pretore, il quale, però, invece di dare atto di tale rifiuto, e procedere come se l'imputato fosse stato presente, dichiarò la di lui contu

macia, condannandolo poi a mille lire di multa. L'estratto della sentenza non venne notificato al D'Ambrowzki nel carcere dove era detenuto e dove gli era stato notificato il decreto di citazione a giudizio, bensì nel suo domicilio in

Milano, Piazzale Martini 11, il giorno 27 agosto 1958, con

consegna della copia al portiere, che firmò anche l'originale dell'atto, e di tale notifica l'ufficiale procedente diede noti zia al destinatario mediante lettera raccomandata.

Il 3 febbraio 1959 il D'Ambrowzki produsse appello avverso la predetta sentenza e contemporaneamente sollevò incidente di esecuzione, assumendo nei motivi contestual mente presentati che l'estratto della sentenza contumaciale avrebbe dovuto essergli notificato in carcere, dove era detenuto sin dal febbraio 1957 e dove gli era stato notifi cato anche il decreto di citazione relativo a quel processo ; che era venuto a conoscenza della sentenza contro di lui

pronunziata solamente il 31 gennaio di quell'anno attra verso la notifica del precetto di pagamento della pena pecu niaria cui era stato condannato e delle relative spese.

Il Pretore con ordinanza 6 marzo, rilevato che l'estratto della sentenza contumaciale era stato regolarmente noti ficato il 27 agosto 1958, con consegna della copia nelle mani della portinaia dello stabile, che aveva firmato l'originale, e che dell'avvenuta notifica l'ufficiale giudiziario aveva dato avviso al destinatario dell'atto mediante lettera rac

comandata, respinse l'incidente. Contro tale ordinanza ha proposto ricorso il D'Am

browzki.

Diritto. — Il ricorso è fondato. Osserva il Procuratore generale che allorché l'imputato

detenuto rifiuti di assistere al dibattimento, senza che ri corra alcuna delle circostanze prevedute dall'art. 497 cod.

proc. pen., onde la sentenza viene pronunziata in sua assenza,

all'imputato non è dovuta alcuna notifica della sentenza

stessa, ed il termine per impugnare decorre dalla pronunzia

(1) Risultano nella specifica materia solo due pronunzie discordi della stessa III Sezione della Suprema corte. La prima : 13 giugno 1953, Del Monaco (Foro it., Rep. 1953, voce Contu macia in materia pen., nn. 33, 34), è nel senso esattamente con forme alla decisione su riportata, ed è seguita, in Giust. pen., 1954, III, 232, da una nota di adesione di Sabatini G., Pre senza e non presenza dell'imputato nel processo. La seconda : Cass. 11 maggio 1954, Costa (Foro it., Rep. 1954, voce Impugna zioni pen., n. 203) è, invece, in senso contrario.

di tale sentenza, a nulla rilevando una irrituale e non dovuta

notifica che sia stata eventualmente effettuata.

Il principio così enunciato è indubbiamente esatto e

questo Supremo collegio ha avuto più volte occasione di

applicarlo, ma nella specie il piincipio stesso non può essere

invocato, perchè nei confronti dell'imputato non venne noti

ficato un estratto di sentenza non dovuto per non essersi

proceduto in contumacia, il che certamente non avrebbe

impedito il passaggio in giudicato della sentenza per man

cata impugnazione nel termine stabilito, ma venne notifi

cato l'estratto a seguito della dichiarazione di contumacia

pronunciata dal Pretore con regolare ordinanza.

Che tale contumacia sia stata nella specie erroneamente

dichiarata non è certo da dubitare, per il chiaro disposto dell'art. 427 cod. proc. pen., per il quale se l'imputato dete

nuto, in qualsiasi momento rifiuta di assistere all'udienza, senza che ricorra alcuna delle circostanze prevedute dall'art. 497, il giudice ordina che si proceda come se fosse

presente, venendo in tal caso l'imputato, per tutti gli

effetti, rappresentato dal difensore, ma tale errore, non può essere invocato al fine di sostenere che il termine per l'im

pugnazione decorre pur sempre dal giorno della pronunzia della sentenza.

Della questione ha già avuto occasione di occuparsi

questo Supremo collegio, e le pronuncie sono state contra

stanti ; una volta (11 maggio 1954, Costa, Foro it., Eep.

1954, voce Impugnazioni pen., n. 203), ritenendosi che l'im

putato rimasto assente per rinunzia a comparire, anche

se erroneamente dichiarato contumace, deve proporre la

impugnazione nel termine decorri nte dalla pronuncia della

sentenza, essendo quindi inammissibile l'impugnazione pro

posta nel termine decorrente dalla notificazione per estratto

della sentenza in apparenza contumaciale ; ed altra volta

(13 giugno 1953, Del Monaco, id., Rep. 1953, voce Con

tumacia pen., nn. 33, 34), affermandosi che. sussistendo

una formale declaratoria di contumacia non impugnata, il giudice della impugnazione non può ritener che si tratti

di assenza, e quindi dichiarare inammissibile il gravame

per mancato rispetto dei termini ad impugnare. La maggiore validità di questa seconda tesi apparirà su

bito, ove si consideri che allorché la posizione di contumace

o di quasi presenza dell'imputato (la quale ultima ricorre

nel caso in cui lo stesso, consentendolo la legge, si fa rappre sentare da ini procuratore speciale, nel caso di assenza,

quando cioè, l'imputato libero, comparso al dibattimento,

si allontani prima di avere reso l'interrogatorio, o si allon

tani dall'udienza o si astenga dal comparire in qualsiasi momento dopo l'interrogatorio ; ovvero, anche se legittima mente impedito a comparire, chieda o consenta che il dibat

timento avvenga in sua assenza ed il giudice non ritenga

necessaria la sua comparizione personale ; nel caso di rifiuto

dell'imputato detenuto a presentarsi, e nel caso, infine, di

allontanamento dell'imputato (art. 434 e 443 cod. proc.

pen.) sia stata sancita in un provvedimento del giudice non

impugnato, la posizione stessa non può essere disconosciuta

nè dallo stesso giudice che ha emesso quel provvedimento, il quale, senza eccedere dai suoi poteri, non potrà disporre che l'imputato, nei confronti del quale pronunziò dichia

razione di contumacia, sia considerato come quasi presente, e quindi non venga allo stesso notificato l'estratto della

sentenza a suo carico emessa, nè dal giudice dell'impugna

zione, che non potrà considerare quale presente chi invece

venne dichiarato contumace, e quindi (considerare fatta

fuori termine una impugnazione proposta dopo i tre giorni dalla pronunzia della sentenza, ma nei tre giorni dalla

notifica dello estratto della sentenza. Non sarebbe, per

tanto, esatto sostenere che la ordinanza che ordina proce

dersi in contumacia sia dichiarativa e non costitutiva dello

stato di contumacia, perchè, come si è detto, dal disposto

degli art. 201 e 500 cod., proc. pen., che stabiliscono l'obbligo

della notifica della sentenza e il decorso del termine per

l'impugnazione da tale notifica, qualora siasi proceduto in

contumacia, emerge come da tale ordinanza derivano effetti

giuridici di notevole rilievo, e come, quindi, la posizione

di contumace debba essere considerata non come in realtà

avrebbe dovuto essere considerata, ma come sia stata, non

Il Poro Italiano — Volume LXXXIII — Parie 11-3,

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35 PARTE SECONDA

importa se erroneamente, dal giudice considerata, non

potento l'errore essere rilevato al di fuori di apposito

gravame. L'ordinanza del Pretore, pertanto, deve essere annul

lata senza rinvio, e con essa deve essere annullata la sen

tenza relativa, la quale non passò mai in giudicato per invalida notifica dell'estratto, e perchè contro di essa l'im

putato, appena venne a conoscenza della sua esistenza,

propose gravame, per essere il reato estinto per amnistia.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SDFREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III penale ; sentenza 9 novembre 1959 ; Pres.

Sigurani P., Est. Grieco, P. M. Mazza (conci, conf.) ; ric. Scarpellon.

(Conferma Giud. istr. Trib. Venezia 25 marzo 1959)

Bancarotta e reati in materia di iallimento — Oppo sizione a sentenza dichiarativa del iallimento di

una società — Sospensione necessaria del proce dimento penale (Cod. proc. pen., art. 19 ; r. d. 16

marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 16,

17, 216, 217, 223, 224, 236).

Il principio, secondo il quale l'opposizione alla sentenza

dichiarativa di fallimento, sollevando una controversia

sullo status personale, questione, cioè, pregiudiziale neces

sariamente devolutiva, importa di conseguenza la sospen sione del procedimento penale per il delitto di bancarotta ed altri delitti in materia di fallimento, trova piena appli cazione anche nel caso che fallita sia una società, persona giuridica. (1)

La Corte, ecc. — Fatto. — Il 25 ottobre 1958 la Società

per azioni Leonardo Arrivabene, S.a.l.a., compagnia di navi

gazione con sede in Venezia, presentò domanda di ammis sione alla procedura di concordato preventivo, offrendo, oltre il pagamento integrale dei crediti privilegiati ed ipote cari, il 40% dell'ammontare dei crediti chirografari, ed aumentando tale percentuale al 45% con successiva dichia razione del 30 di quel mese. Con ricorso poi del 13 novembre dichiarò che, allo scopo di adempiere puntualmente gli obblighi del concordato, era suo proposito procedere alla messa in liquidazione della Società stessa e di altre due Società pure di navigazione delle quali deteneva la maggio ranza delle azioni, e di volere offrire in aggiunta alla per centuale del 45%, e fatti salvi i diritti dei terzi nelle due Società predette, quanto sarebbe residuato dalla liquida zione delle attività dopo corrisposta la indicata percentuale del 45%.

Il P. m. espresse parere favorevole all'accoglimento della domanda ed il Tribunale, con decreto in data 1° di

cembre, ritenuta ammissibile la proposta, dichiarò aperta la procedura di concordato preventiva, disponendo la con vocazione dei creditori per il 9 gennaio 1959. Il 2 gennaio il Commissario giudiziale presentò una prima relazione. I creditori si riunirono il 3 ed il 17 predetto mese, rinviando

ogni definitiva decisione ad altra riunione da tenersi il 31

successivo, riunione che, però, non potè avere luogo avendo il Tribunale, con sentenza del 30 di quel mese, dichiarato il fallimento della Società, essendo dalle relazioni del Com missario giudiziale risultato che non sussistevano suffi cienti garanzie patrimoniali atte ad assicurare l'adempi mento delle obbligazioni concordatarie, giusta l'art. 160, 2a parte, n. 1, legge fallimentare.

(1) La sentenza si richiama alla precedente decisione delle Sezioni unite (dello stesso estensore), 29 novembre 1958, P. m. c. Amantini, Foro it., 1959, II, 42, con nota di richiami.

Sul punto se la riabilitazione sia applicabile alle società, v. in senso contrario Trib. Trieste 18 maggio 1959, in questo vo lume, I, 171, con nota di richiami.

Contro tale sentenza propose opposizione Kellner On

garo Arturo socio della Società dichiarata fallita, che già della stessa era stato consigliere di amministrazione in

alcuni periodi. Intervennero successivamente in giudizio, anche essi dichiarando di opporsi al fallimento, Gastone

Treves di Bonfili, che era stato presidente del consiglio di

amministrazione della Società fallita, Guido Francesco An

tico che era stato presidente del collegio sindacale, Leo

Salom che era stato presidente del consiglio di amministra

zione al tempo in cui era stata presentata la domanda di

concordato, Ennio Dolcetta che era stato sindaco e Daniele

Clemente che era stato consigliere di amministrazione.

A seguito di tale opposizione, su iniziativa del Procura

tore della Repubblica, il Giudice istruttore dispose, con

ordinanza, la sospensione dell'esercizio dell'azione penale che contro il Kellner, il Treves e gli altri era stata iniziata, fino al passaggio in giudicato della sentenza che avrebbe

pronunziato sull'opposizione. (Omissis) Diritto. — La Corte osserva che il ricorso non merita

accoglimento non sussistendo le violazioni di legge denun

ciate. A norma dell'art. 19 cod. proc. pen., quando la deci

sione sulla esistenza di un reato dipende dalla risoluzione

di una controversia sullo stato delle persone, l'esercizio

dell'azione penale rimane sospeso fino a quando su tale

controversia non intervenga la sentenza del giudice civile

e tale sentenza non acquisti autorità di cosa giudicata. È opportuno ricordare a questo punto che provvedendo

sulla questione concernente gli effetti, nel procedimento

penale, della opposizione contro la sentenza dichiarativa

del fallimento, queste Sezioni unite, con sentenza 29 no

vembre 1958 (Foro it., 1959, II, 42), esclusero che, potesss

seguirsi la teorica, secondo la quale la opposizione alla sen

tenza che dichiara il fallimento non impedisce lo svolgi mento del processo penale per bancarotta, e che potesse

accogliersi la opinione, secondo la quale la opposizione pone in essere una questione soltanto facoltativamente devo

lutiva, con la conseguenza che il giudice penale, di fronte

alla opposizione, deve incidenter tantum risolvere la que stione ove la stessa sia di facile soluzione, od, ove non lo

sia, rimetterne la soluzione al giudice civile competente, salvo a risolverla egli stesso, ove, nel termine stabilito od

una sola volta prorogato, sulla questione medesima il giu dice civile non abbia pronunziato la sentenza indicata nel

2° comma dell'art. 21 cod. proc. pen., ritenendo, invece, che poiché la dichiarazione di fallimento pone in essere

uno status particolare della persona, come dimostra il fatto

che il cittadino perde l'amministrazione dei propri beni, la capacità di stare in giudizio nelle controversie relative

a rapporti patrimoniali, il diritto alla libertà della corri

spondenza, alla libertà di locomozione, è iscritto nel registro dei falliti, non può essere giudice popolare, è privato del

l'elettorato attivo, la questione che si solleva con la oppo sizione alla sentenza che tale stato determina, è una que stione pregiudiziale necessariamente devolutiva, sulla quale,

pertanto, la competenza occasionale del giudice penale è

del tutto esclusa. È ben vero che la ricordata decisione delle

Sezioni unite non aveva ad oggetto il fallimento di ima

società bensì il fallimento di un imprenditore individuale, ma questa Corte è di avviso che non sia giuridicamente

possibile alcuna distinzione tra il fallimento di una persona

semplice e quello di una persona complessa, o, come comune

mente si dice, tra il fallimento di una persona fisicae quello di una persona giuridica, denominazione questa ultima della

quale è stata rilevata la inesattezza in quanto persona giu

ridica, cioè soggetto di diritto, è anche la persona naturale. ■ La persona complessa, sub specie della persona collet

tiva nella quale più uomini sono considerati come se fos

sero un uomo solo, in ragione dell'elemento economico che

li congiunge, non può, ove venga colpita da una dichiara

zione di fallimento, non avere la stessa considerazione della

persona semplice, ai fini della sospensione del procedimento

penale per bancarotta ove, contro la sentenza che dichiara

il suo fallimento, proponga opposizione. Basterà ricordare

che il fallimento delle società commerciali è causa di scio

glimento delle stesse (art. 2308, 2323, 2448, 2464, 2539

cod. civ.), e che lo status non è tanto una qualità giuridica

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