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sezione III; sentenza 10 luglio 1987, n. 1246; Pres. Miceli, Est. Minicone; D'Inzillo e altri (Avv....

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sezione III; sentenza 10 luglio 1987, n. 1246; Pres. Miceli, Est. Minicone; D'Inzillo e altri (Avv. Rienzi, D'Inzillo, Vaccari, Lo Mastro) c. Comitato interministeriale prezzi e altri (Avv. dello Stato Azzariti), Soc. S.i.p. (Avv. Guarino, Palladino) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 597/598-611/612 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179521 . Accessed: 28/06/2014 18:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 18:20:55 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III; sentenza 10 luglio 1987, n. 1246; Pres. Miceli, Est. Minicone; D'Inzillo e altri (Avv.Rienzi, D'Inzillo, Vaccari, Lo Mastro) c. Comitato interministeriale prezzi e altri (Avv. delloStato Azzariti), Soc. S.i.p. (Avv. Guarino, Palladino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 597/598-611/612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179521 .

Accessed: 28/06/2014 18:20

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

giuto la conferma, e coloro che invece tale provenienza non pos sono vantare: ciò — secondo l'avvocatura dello Stato — eviden

zierebbe la infondatezza della pretesa azionata dal ricorrente, che

su tale distinzione si basa.

Peraltro le norme legislative debbono interpretarsi (al di là del

l'espressione letterale) anche secondo criteri logico-sistematici: ta

le principio assume particolare valore nella fattispecie all'esame, in quanto altre disposizioni invocate dal ricorrente appaiono in

vece letteralmente confermare la tesi che l'avvocatura avversa (se

gnatamente l'art. 23 dello stesso d.p.r., su cui si avrà occasione

di ritornare più oltre). Sotto il profilo logico, pertanto, la ratio della previsione conte

nuta nell'art. 6 all'esame è di tutta evidenza, intendendosi con

sentire una verifica — al termine del triennio di straordinariato — in ordine all'attività svolta dal docente interessato.

Una siffatta esigenza, peraltro, non sussiste per coloro che pro

vengono dalla fascia inferiore dei professori associati, e ivi abbia

no conseguito il giudizio di conferma. Tale giudizio, infatti, ha

ad oggetto l'attività svolta come professore di seconda fascia, la quale, come s'è visto, non si differenzia — ai fini che qui interessano — dall'attività cui sono tenuti i docenti di prima fa

scia, apparendo del tutto eventuali ed eccezionali i compiti diver

si ed esclusivi di quest'ultima. Né hanno pregio le deduzioni sollevate sul punto dell'avvoca

tura, secondo la quale differenti sono i requisiti per l'accesso al

l'una o all'altra fascia, in quanto ai sensi dell'art. 41 del citato

d.p.r. l'aspirante professore ordinario deve dimostrare la piena maturità scientifica, mentre per la nomina a professore associato

è sufficiente l'accertamento della mera idoneità scientifica e di

dattica.

Invero, tali diversi requisiti sono valutati nell'ambito dei ri

spettivi concorsi, e quindi devono ritenersi già accertati — per

quanto attiene alla fattispecie che qui interessa — con il favore

vole esito del concorso di prima fascia: il giudizio da formularsi

al termine del periodo di straordinariato, e cosi il giudizio di con

ferma per i professori associati, non mirano ad una nuova valu

tazione degli stessi requisiti, bensì' ad una verifica dell'attività svolta

che — come più volte osservato — deve essere analogo contenuto

per i docenti delle due fasce.

Infatti l'art. 6 citato richiama le norme previgenti relative alla

verifica dell'attività didattica e scientifica necessaria per la nomi

na ad ordinario; e l'art. 78 r.d. 31 agosto 1933 n. 1592 (con

cui è stato approvato il testo unico delle leggi sulla istruzione

superiore) prevede — al termine del triennio di straordinariato — tale nomina in base ad un giudizio reso sulla «operosità scien

tifica e didattica del candidato» e «l'adempimento dei doveri ac

cademici», del tutto coincidente con il giudizio di conferma previsto

per i professori associati (l'art. 23 d.p.r. n. 382 più volte citato

del pari richiede infatti un'analoga verifica). Ma anche l'interpretazione sistematica dello stesso art. 6 con

duce alla medesima soluzione della questione all'esame.

Non può revocarsi in dubbio che il periodo di straordinariato,

per le sue caratteristiche sopra evidenziate, corrisponde al perio

do di prova ordinariamente previsto nel pubblico impiego. Per i dipendenti civili dello Stato, può considerarsi principio

generale (che non è pertanto incongruo richiamare nella fattispe

cie) quello posto dall'art. 10 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, secondo

cui per regola è previsto l'assoggettamento — dopo la nomina

— al periodo di prova; tuttavia da questo è esonerato (5° comma

dell'art. 10 cit.) il vincitore di concorso che provenga da una car

riera corrispondente della stessa o di altra amministrazione, pres

so la quale abbia superato il periodo di prova e disimpegnato

mansioni analoghe a quelle della qualifica per la quale ha concorso.

Detti requisiti, necessari per l'esonero dal periodo di prova,

appaiono di certo sussistere nella fattispecie che ne occupa: il

professore associato confermato proviene, ancor più che da car

riera corrispondente, dallo stesso ruolo della medesima ammini

strazione; ha già ivi superato il periodo di prova conseguendo

il giudizio di conferma; ha svolto mansioni non solo analoghe,

ma sostanzialmente coincidenti (come si è sopra evidenziato) con

quelle proprie del professore di prima fascia.

Né ha pregio quanto sul punto osserva l'avvocatura dello Sta

to, secondo cui alla fascia di professore ordinario si accede solo

per pubblico concorso, per cui — non sussistendo alcuna riserva

in favore di specifiche categorie di soggetti — non potrebbero

essere addotte particolari situazioni pregresse per ottenere l'eso

nero dal periodo di prova: infatti l'art. 10 citato, e il conseguente

Il Foro Italiano — 1987.

principio generale che se ne trae, riguardano espressamente i vin

citori di concorso, non necessariamente riservatari, e purtuttavia attribuiscono rilevanza proprio alle situazioni pregresse, richie

dendo per l'esonero i requisiti ora esaminati.

Del resto, l'art. 23 d.p.r. n. 382/80 — cui già sopra si è accen

nato — convalida tali assunti nella sua formulazione letterale (ed in particolare nella ricerca), in quanto la conferma dei professori associati viene individuata come «conferma nel ruolo» che — co

me si è visto — è unico per i professori delle due fasce: perciò chi accede alla fascia superiore dopo avere già conseguito la sta

bilità nel ruolo, non può essere sottoposto ad un nuovo giudizio che tende a conferire la stessa stabilità.

In caso contrario, potrebbero determinarsi conseguenze inac

cettabili, per il caso di esito sfavorevole del giudizio al termine

del triennio di straordinariato e della proroga eventualmente di

sposta: infatti — per il combinato disposto degli art. 6 d.p.r. n. 382/80 e 78 r.d. n. 1592/33 citati — il docente in tale ipotesi dovrebbe essere dispensato dal servizio, pur avendo già consegui to la stabilità nello stesso ruolo, con la conferma a professore associato.

Le considerazioni sin qui svolte importano che l'assoggettamento allo straordinariato debba ritenersi escluso per i vincitori del con

corso a professore ordinario, i quali provengano dalla fascia in

feriore dello stesso ruolo, ed ivi siano già stati valutati

positivamente in sede di giudizio di conferma.

Per quanto riguarda il caso all'esame, detti presupposti in fat

to sono pacifici in causa; il ricorso è pertanto fondato e va accol

to, con conseguente annullamento dell'atto impugnato, nella parte in cui il ricorrente è stato nominato professore straordinario, an

ziché professore ordinario.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione III; sentenza 10 luglio 1987, n. 1246; Pres. Mice

li, Est. Minicone; D'Inzillo e altri (Avv. Rienzi, D'Inzillo,

Vaccari, Lo Mastro) c. Comitato interministeriale prezzi e

altri (Avv. dello Stato Azzariti), Soc. S.i.p. (Avv. Guarino,

Palladino).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione III; sentenza 10 luglio 1987, n. 1246; Pres. Mice

Ricorsi amministrativi — Ricorso straordinario — Trasposizione in sede giurisdizionale

— Richiesta del cointeressato — Inam

missibilità — Fattispecie (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u.

sul Consiglio di Stato, art. 34; d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199,

semplificazione di procedimenti in materia di ricorsi ammini

strativi, art. 8, 9, 10; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione

dei tribunali amministrativi regionali, art. 20). Giustizia amministrativa — Tariffe telefoniche — Ricorso da parte

di associazioni di utenti — Ammissibilità (D.l.c.p.s. 15 settem

bre 1947 n. 896, nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi, art. 5).

Prezzi (disciplina dei) — Tariffe telefoniche — Deliberazione d'ur

genza della giunta prezzi — Omesso intervento della commis

sione prezzi — Illegittimità (D. leg. 23 aprile 1946 n. 363, modificazioni alla composizione del Comitato interministeriale

dei prezzi, art. 2, 5, 7, 13; d.l.c.p.s. 15 settembre 1947 n. 896, art. 3, 5).

È inammissibile la richiesta di trasposizione in sede giurisdiziona le di un ricorso straordinario al capo dello Stato notificato do

po la scadenza del termine per il ricorso al tribunale

amministrativo regionale, che sia stata avanzata da cointeressa

to del ricorrente. (1)

(1) L'interpretazione sistematica dell'art. 34 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054,

che la sentenza ha sostenuto, in base alla quale ha escluso che il cointe

ressato, che ha lasciato scadere il termine per proporre un proprio ricorso

al T.A.R., possa chiedere poi la trasposizione in sede giurisdizionale del

ricorso da altro presentato in sede amministrativa straordinaria, si fonda

sull'affermazione che tale norma è sopravvissuta all'entrata in vigore del

d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, semplificazione dei procedimenti in

materia di ricorsi amministrativi, e, in particolare, del suo art. 10, che

regola l'opposizione dei controinteressati alla trattazione del ricorso in

tale sede amministrativa. Su questo punto, la pronuncia trova un prece dente specifico nella sentenza del T.A.R. Lazio, sez. I, 19 giugno 1985, n. 739, Foro it., Rep. 1985, voce Ricorsi amministrativi, n. 15, che ha

precisato che i cointeressati possono chiedere la trasposizione in sede giù

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PARTE TERZA

È ammissibile il ricorso contro provvedimenti del Comitato inter

ministeriale prezzi in materia di tariffe telefoniche, proposto da associazioni interessate alla tutela delle categorie dei consu

matori e degli utenti, che avrebbero potuto designare rappre sentanti nella Commissione centrale prezzi, ancorché non siedano

in concreto loro rappresentanti in tale commissione, specie se

la censura formulata concerne il mancato intervento nel proce dimento della commissione. (2)

risdizionale nel più ristretto termine previsto dalla norma meno recente, senza poter utilizzare il maggior termine concesso ai controinteressati dal la norma sopravvenuta; nonché nella sentenza del T.A.R. Marche 29 aprile 1976, n. 94, id., 1977, III, 389, con nota di richiami, che ha escluso

perciò che il ricorrente in sede giurisdizionale il cui ricorso sia divenuto irricevibile per difetto di tempestivo deposito, possa chiedere la trasposi zione in tale sede del ricorso proposto poi da un cointeressato in sede amministrativa straordinaria.

Per altri riferimenti, sull'effetto non preclusivo del ricorso giurisdizio nale, da parte del ricorso straordinario proposto da un cointeressato, Cons.

Stato, sez. VI, 26 ottobre 1979, n. 725, id., Rep. 1980, voce Giustizia

amministrativa, n. 197, e, correlativamente, sull'ammissibilità del ricorso straordinario proposto da uno dei cointeressati, dopo che un altro di essi aveva proposto ricorso giurisdizionale, Cons. Stato, sez. IV, 28 apri le 1986, n. 299, id., 1987, III, 21, con nota di richiami.

(2) Nella vicenda, erano intervenute l'ordinanza 21 aprile 1986, n. 116, Foro it., 1986, III, 188, con nota di richiami, con la quale la sez. Ili del T.A.R. Lazio aveva sospeso l'esecuzione dell'impugnato decreto pre sidenziale «ritenuto che sussistono i presupposti di legge. . .»; e l'ordi nanza 9 maggio 1986, n. 257 bis, ibid., 189, con nota di richiami, con la quale la sezione VI del Consiglio di Stato ha annullato la prima, affer mando che dalla esecuzione dell'impugnato decreto non deriverebbero danni gravi e irreparabili per gli utenti ricorrenti (v. anche, nell'un senso, l'ordinanza 22 aprile 1986 della sez. Ili del T.A.R. Lazio, e, nell'altro

senso, le ordinanze 9 maggio 1986, nn. 257 e 258, della sez. VI del Consi

glio di Stato, riassunte in Foro it., Rep. 1986, voce Telefono, nn. 7-9). Nella nota all'ordinanza della sez. Ili del T.A.R. Lazio n. 116/86, v.

richiamata, tra l'altro, l'ordinanza 17 ottobre 1980, n. 185, con la quale la sez. V del Consiglio di Stato aveva sospeso l'esecuzione della appellata sentenza 4 ottobre 1980, n. 850 (ambedue riportate in Foro it., 1980, III, 489, con nota di richiami), della sez. Ili del T.A.R. Lazio, di annul lamento del provvedimento di aumento delle tariffe telefoniche, per i danni

gravi e irreparabili che ne deriverebbero a carico della funzionalità del

pubblico servizio. Sulla questione specifica della legittimazione a ricorrere, la già richia

mata sentenza della sez. Ili del T.A.R. Lazio n. 850/80 ha ammesso il ricorso contro i provvedimenti di aumento delle tariffe telefoniche, pro posto da associazioni esponenziali degli utenti del servizio, argomentando dalla loro rappresentatività effettiva di questi ultimi; ma essa è stata an nullata dalla decisione 13 febbraio 1981, n. 40, id., 1981, III, 209, con nota di richiami, della sez. V del Consiglio di Stato, che ha negato la

legittimazione di tali associazioni, ammettendola solo per i singoli utenti del servizio.

La nuova sentenza della sez. Ili del T.A.R. Lazio arriva alla medesima conclusione della legittimazione di associazioni rappresentative degli inte ressi di questi utenti, con la diversa argomentazione della loro capacità a designare rappresentanti nella commissione centrale dei prezzi. Essa, cosi, si è accostata ad un filone giurisprudenziale sempre più consolidato, a favore della legittimazione di associazioni che possono designare rap presentanti in organi competenti a intervenire nel procedimento di forma zione del provvedimento: v., in proposito, le note di Ferrara a T.A.R.

Sicilia, sez. Catania, 7 giugno 1985, n. 573 (che ha ammesso la legittima zione di una associazione avente lo scopo dell'abolizione della caccia al ricorso contro il calendario venatorio regionale), id., 1986, III, 312, e di Verrienti a Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 1986, n. 255, (che ha ammesso l'intervento di «Italia nostra» ad opponendum nei confronti del ricorso di un proprietario di un immobile di importante valore artisti co e storico contro il provvedimento tendente ad assoggettarlo ad uso

pubblico), id., 1987, III, 523 (per altre indicazioni, sulla legittimazione di associazioni venatorie, Cons. Stato, sez. VI, 19 dicembre 1986, n. 939, Cons. Stato, 1986, I, 1951; nello stesso senso della sentenza n. 573/85 della sede di Catania del T.A.R. Sicilia, la sentenza del medesimo organo 30 maggio 1986, n. 608, Foro it., Rep. 1986, voce Giustizia amministrati va, n. 405; sulla legittimazione del WWF ad impugnare provvedimenti in materia di caccia, Cons. Stato, sez. VI, 7 luglio 1986, n. 496, ibid., n. 404).

La sentenza ora riportata ritiene non essenziale per il riconoscimento della legittimazione di una associazione, il dato della effettiva designazio ne da parte sua di rappresentanti in organi amministrativi partecipanti al procedimento di formazione del provvedimento, o della specifica pre visione legislativa in tal senso, come è il caso delle associazioni sopra indicate, considerando sufficiente la sua mera potenzialità in base a nor me di formulazione più generica: cfr. le argomentazioni della sentenza n. 573/85 del T.A.R. Sicilia, sez. Catania.

Il Foro Italiano — 1987.

È illegittima la deliberazione con cui la giunta del Comitato inter

ministeriale prezzi determina in via d'urgenza le tariffe telefo

niche, se abbia pretermesso l'acquisizione del parere della

Commissione centrale prezzi. (3)

Diritto. - 1. — I ricorsi in epigrafe indicati vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia, stante la loro connessione

e la sostanziale identità delle censure svolte con ciascuno di essi.

2. — Giova ribadire che con il gravame rubricato al n. 413/86

è stato impugnato il d.p.r. 28 dicembre 1985 n. 793, il quale, sulla base della deliberazione della giunta del C.i.p. n. 51 del

20 dicembre 1985, ha fissato le nuove tariffe telefoniche a far

tempo dal 1° gennaio 1987.

Con il ricorso n. 775/86 è stata impugnata la deliberazione

del C.i.p. n. 11 del 27 febbraio 1986, di ratifica del provvedimen to della giunta sopra citato.

Il ricorso n. 777/86, infine, deriva dalla trasposizione in sede

giurisdizionale di un ricorso straordinario al capo dello Stato an

ch'esso indirizzato contro l'anzidetta deliberazione C.i.p. n. 11

del 27 febbraio 1986.

3. — Prima, peraltro, di affrontare specificamente le questioni

processuali e sostanziali poste con i ricorsi di cui trattasi, il colle

gio deve darsi carico della eccezione sollevata dal patrocinio dei

ricorrenti circa l'irritualità della attività difensiva prestata dai pro curatori della S.i.p., stante la incompatibilità con l'esercizio della

professione forense ex art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578

della carica di ministro delle finanze rivestita dall'avv. Guarino.

L'eccezione, per la parte rilevante nel presente giudizio (for mando i profili disciplinari della dedotta situazione oggetto di

esame con separata ordinanza n. 1037/87 del 5 giugno 1987), è da ritenersi infondata.

Infatti, non risulta al collegio, sulla base degli atti di causa, che l'avv. Guarino abbia svolto, successivamente all'investitura

dell'ufficio ministeriale, attività di procuratore per conto della

S.i.p. Per la verità, l'unico atto difensivo compiuto dalla S.i.p. nel

periodo in contestazione si concreta in una istanza di rinvio della

discussione, depositata il 14 maggio 1987. Tale istanza, pur re

cando in calce i nominativi di entrambi i difensori dell'ente (avv. Guarino e Palladino), risulta sottoscritta solo dal secondo, sia

pure con l'apposizione della espressione «anche per il collega».

Senonché, tale dizione non appare sufficiente ad imputare la

manifestazione di volontà dell'avv. Guarino, atteso che lo stesso

avv. Palladino ha dichiarato esplicitamente in udienza di averla

apposta in via autonoma.

Del resto la sottoscrizione congiunta non era richiesta per la

validità dell'atto, posto che il mandato conferito ai difensori au

torizzava gli stessi ad esercitare tutte le facoltà di legge anche

disgiuntamente, onde la dizione di cui si tratta appare risolversi, in definitiva, in una mera clausola di stile e di cortesia.

L'anzidetta considerazione consente, pure, di rimuovere ogni perplessità circa la piena facoltà di difesa garantita alla S.i.p. anche successivamente alla rilevata incompatibilità, essendo la so

(3) In relazione alla questione centrale della controversia, la sentenza ha approfondito l'analisi del ruolo della commissione centrale prezzi, nei con fronti delle deliberazioni poi assunte dal comitato interministeriale.

La giurisprudenza è consolidata nel senso della necessità dell'intervento di tale commissione: T.A.R. Lazio, sez. Ili, 30 gennaio 1978, n. 100, Foro it., 1978, III, 549, con nota di richiami; successivamente, nello stesso sen so, ma in relazione alla commissione provinciale, Cons. Stato, sez. IV, 25

maggio 1979, n. 365, id., Rep. 1979, voce Prezzi, n. 42, e anche sez. VI 3 luglio 1981, n. 361, id., Rep. 1981, voce cit., n. 16, ma meno significati vamente, perché la necessità dell'intervento suddetto è stata dedotta, nel caso, anche per la sua previsione da una precedente deliberazione di massi ma di determinazione del «metodo» per la revisione dei prezzi dei prodotti considerati (nella specie, petroliferi). La rilevanza di questo orientamento giurisprudenziale è rafforzata da quelle pronunce che affermano che le de liberazioni in materia di prezzi adottate in difformità dal parere della com missione (che, a sua volta, deve valutare con completezza il problema: T.A.R. Sicilia, sez. Catania, 5 dicembre 1985, n. 1494, id., Rep. 1986, voce cit., n. 11), sono illegittime, in difetto di una adeguata e legittima motivazione che giustifichi la difformità stessa: T.A.R. Lazio, sez. Ili, 26 settembre 1977, n. 458, id., Rep. 1978, voce cit., n. 72, nonché 30 ottobre 1978, n. 855, id., Rep. 1979, voce cit., n. 12.

In dottrina, v., da ultimo, Amorth, Prezzi (dir. amm.), voce dell'£>?c/ clopedia del diritto, 1986, XXXV, 431.

L'esecuzione della sentenza riportata è stata sospesa da Cons. Stato, sez. VI, ord. 31 luglio 1987, n. 526, in questo fascicolo, III, 573.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

cietà, comunque, rappresentata e patrocinata da un difensore mu

nito di valida procura.

Quanto, infine, alla ammissione alla discussione orale dell'avv.

Mercuri, va rilevato che detto difensore ha tratto lo ius loquendi dalla delega verbale rilasciatagli dall'avv. Palladino, ogni altro

aspetto dovendosi ritenere irrilevante ai fini del presente processo. 4. — Il ricorso n. 775/86 è irricevibile.

Infatti, la deliberazione C.i.p. n. 11 del 27 febbraio 1986 impu

gnata con tale atto, è stata pubblicata sulla G.U. del 3 marzo

1986 e da tale data, dunque, decorreva, nei confronti degli istan

ti, non direttamente contemplati dal provvedimento, il termine

per gravarsi in sede giurisdizionale. Il ricorso de quo è stato, invece, notificato tra il 14 ed il 20

maggio 1986, oltre, quindi, il termine di decadenza di 60 (sessan

ta) giorni, irrilevanti dovendosi, ovviamente, considerare le circo

stanze, invocate dalla difesa dei ricorrenti, che la tariffa ratificata

sarebbe materialmente divenuta operante solo da un momento

successivo a quello di pubblicazione e che, comunque, la effica

cia della nuova tariffa era stata sospesa con ordinanza di questa

sezione, trattandosi di accadimenti insuscettibili di influenzare il

correre del termine anzidetto.

5. — Avverso la stessa deliberazione C.i.p. n. 11 del 27 feb

braio 1986 è proposto anche il ricorso n. 777/85, il quale, tutta

via, non risulta originariamente incardinato nella sede

giurisdizionale, ma vi è pervenuto con atto di costituzione notifi

cato il 24-26 maggio 1986, per effetto della trasposizione di pre cedente ricorso straordinario al capo dello Stato dell'8 maggio

1986, ai sensi degli art. 34 t.u. n. 1054 del 1924 e 10 d.p.r. n.

1199/71, a seguito della opposizione sollevato dall'avvocato Lo

Mastro, nella sua qualità di interessato alla impugnazione, in quan to agente nel ricorso n. 775/86, avente analogo contenuto.

5.1. — In ordine alla ammissibilità di una siffatta trasposizio ne hanno, peraltro, sollevato eccezione sia l'avvocatura dello Sta

to sia la S.i.p., ponendo l'accento sulla inidoneità dell'atto di

opposizione di un cointeressato al trasferimento in sede giurisdi zionale di un ricorso straordinario, nella essenziale considerazio

ne che l'art. 10 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, innovando la

disciplina del rimedio amministrativo, attribuirebbe ormai ai soli

controinteressati la facoltà di opposizione. Tale tesi è stata confutata sia dal ricorrente in sede straordina

ria, sia dall'opponente, i quali hanno sostenuto la sopravvivenza dell'art. 34, 3° comma (che prevede l'opposizione del cointeres

sato), anche successivamente all'art. 10 d.p.r. n. 1191, il quale

avrebbe avuto solo la funzione di colmare la lacuna della manca

ta garanzia offerta dalla norma originaria al controinteressato,

senza, per questo, superare l'esigenza che analoga garanzia do

vesse essere accordata al cointeressato.

5.2. — Il collegio, pur condividendo l'assunto della non inter

venuta abrogazione dell'art. 34, ultimo comma, r.d. n. 1054/24

da parte dell'art. 10 d.p.r. n. 1191/71, ritiene che tale conclusio

ne non salvi ugualmente dalla inammissibilità la trasposizione ope

rata con il ricorso n. 777/86.

5.3. — Per tentare di porre ordine nella non esemplare chiarez

za della situazione normativa che si è venuta a determinare a

seguito sia dell'art. 20 1. n. 1034 del 1971, sia dell'art. 10 d.p.r. n. 1199/71, che hanno entrambi disciplinato parzialmente i rap

porti tra il ricorso giurisdizionale e il ricorso straordinario al ca

po dello Stato, già regolati dall'art. 34 r.d. n. 1054 del 1924,

occorre prendere le mosse dal principio fondamentale sancito dal

2° comma di quest'ultima disposizione (sicuramente non scalfito

dalla successiva produzione normativa), secondo il quale il ricor

so giurisdizionale non è più ammesso dopo che sia stato presenta

to ricorso straordinario. Tale previsione è stata, poi, completata

anche con la proposizione reciproca, nel senso che è stata esclusa

la possibilità del ricorso straordinario al presidente della repub

blica «quando sia stato promosso ricorso al tribunale ammini

strativo regionale» (art. 20, ultimo comma, 1. n. 1034/71) ovvero,

con diversa dizione «quando l'atto sia stato impugnato con ricor

so giurisdizionale da parte dello stesso interessato» (art. 3, 2°

comma, d.p.r. n. 1199/71). Trascurando questa seconda proposizione normativa, che non

rileva nel presente giudizio, occorre soffermare l'attenzione sulla

circostanza che la preclusione del ricorso giurisdizionale, sancita

dall'art. 34, per effetto della priorità del rimedio amministrativo,

pur trovando la sua ragione d'essere nel principio dell'alternativi

tà, inteso come esigenza di evitare pronunce definitive contra

stanti su uno stesso oggetto, veniva inevitabilmente a collidere

Il Foro Italiano — 1987.

con il favore verso la tutela giurisdizionale, da cui risulta permea to l'ordinamento.

Tale favore, già presente nell'art. 34 r.d. n. 1054/24, è venuto

ad assurgere, rafforzandosi, a dignità costituzionale, per effetto

dell'art. 113 Cost., garantendo, in ogni caso, la tutela giurisdizio nale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della p.a.

Non mette conto, in questa sede, soffermarsi sulle vicende che

hanno condotto, alla fine, alla emanazione dell'art. 10 d.p.r. n.

1191/71, il quale ha preso in espressa considerazione la posizione dei controinteressati.

Quel che va sottolineato è che la garanzia di tutela giurisdizio nale opera, indubbiamente, in due direzioni: non solo come pos

sibilità, per chiunque si ritenga leso in una posizione soggettiva di adire il giudice competente a difesa del proprio diritto o inte

resse, senza subire compressioni o, comunque, pregiudizio dalla

altrui iniziativa nella diversa sede amministrativa; ma anche co

me libertà, per chi veda minacciata una propria posizione fonda

ta su un atto amministrativo da altri contestato, di ottenere il

sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo com

petente, senza dover soggiacere alla via amministrativa prescelta dall'attore.

Non vi è, dunque, ragione perché debba ritenersi che l'art. 10

d.p.r. n. 1199/71 abbia abrogato l'ultimo comma dell'art. 34 r.d.

n. 1054 del 1924, essendo non solo possibile, ma altresì' necessa

ria la coesistenza delle due norme, le quali si indirizzano a tutela

re posizioni diverse, ugualmente meritevoli di garanzia. 5.4. — Senonché, per quel che riguarda i controinteressati, il

meccanismo procedimentale di attuazione del favore per la via

giurisdizionale non incontra particolari difficoltà né deve confron

tarsi con alcun altro principio tassativo regolante il processo, se

non la esigenza di contenere entro termini certi e ben definiti, l'incertezza circa la sorte del ricorso straordinario.

Non avendo, infatti, i controinteressati alcuna disponibilità del

l'azione (essendo essi in posizione di soggezione di fronte all'a

zione altrui) ed essendo, per contro, destinatari necessari della

notifica del ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 9 del medesi

mo d.p.r. n. 1199, è stato sufficiente al legislatore fissare un ter

mine dalla data di notificazione per la presentazione

dell'opposizione, perché si determinasse l'obbligo per il ricorren

te, ove volesse proseguire nell'azione, di costituirsi nella sede giu

risdizionale, ancorché il ricorso straordinario fosse stato presentato oltre il termine di decadenza previsto per il rimedio giurisdiziona

le. Ciò, in quanto, in questo caso, la trasposizione è posta a ga ranzia di chi difende la legittimità dell'atto.

Diverso è il caso in cui la garanzia della sede giurisdizionale debba essere assicurata ai cointeressati.

Questi ultimi, infatti, proprio perché direttamente lesi dal prov

vedimento, sono titolari, alla pari del ricorrente in via straordina

ria, del diritto di azione e sono, alla pari di quest'ultimo, soggetti

all'onere del termine decadenziale per realizzare tale diritto.

È evidente, quindi, che una tutela nei confronti dei cointeressa

ti ha ragione di porsi esclusivamente per coloro che, pendente

il termine per il ricorso giurisdizionale, si vedano compromessa

tale via a causa di una più rapida utilizzazione dello strumento

del ricorso straordinario da parte di altro interessato.

Ed è questa l'ipotesi che trova puntuale esplicazione nel 3° com

ma dell'art. 34, ove lo stesso sia letto nella sua articolazione let

terale e sistematica, che corrisponde, poi, esattamente alle esigenze

logiche sopra enucleate.

Infatti, la disposizione testé citata prevede, testualmente, che

«quando il provvedimento si riferisce ad altri interessati il ricorso

al re non può essere proposto se non siano decorsi i termini per

impugnare il provvedimento stesso, ovvero quando nessuno degli

interessati abbia dichiarato, entro quindici giorni, dalla ricevuta

comunicazione del ricorso al re, di fare opposizione.

In caso contrario il giudizio avrà luogo in sede giurisdizionale».

La norma, dunque, prevede, come ipotesi normale, che il ri

corso straordinario non possa essere proposto se non dopo il de

corso del termine per l'impugnativa in sede giurisdizionale, il che

si ispira alla ratio di consentire il ricorso straordinario solo dopo

che gli altri cointeressati abbiano avuto il tempo di adire, ove

lo ritengano opportuno, il giudice amministrativo e radicare, quin

di, in quella sede la controversia.

La distinta previsione che segue — introdotta dalla disgiuntiva

«ovvero quando» — pur nella non felice costruzione sintattica,

non può che riferirsi all'ipotesi alternativa in cui il ricorso sia

proposto pendente ancora il termine per l'azione giurisdizionale,

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PARTE TERZA

ogni altra interpretazione dovendosi escludere in quanto logica

mente e grammaticalmente insostenibile. Ebbene, in questo caso,

il ricorso, pur essendo presentato prima della scadenza del termi

ne, può restare ugualmente incardinato nella sede amministrativa

alla sola condizione che gli altri interessati non abbiano fatto op

posizione nel termine previsto; mentre, in caso di opposizione,

ha il sopravvento il favore per la via giurisdizionale.

È evidente, allora, che, per quel che riguarda i cointeressati,

quale che sia la valenza dell'art. 10 d.p.r. n. 1199/71, la possibi

lità di influire sulla scelta della sede di radicamento della contro

versia è direttamente collegata alla disponibilità dell'azione diretta,

potendosi essi intervenire nel procedimento, in senso ostativo, so

lo nell'ipotesi in cui il ricorso straordinario sia stato inoltrato

prima della scadenza del termine per il ricorso giurisdizionale.

Ove, invece, il ricorso straordinario sia proposto decorsi i ter

mini per impugnare il provvedimento in sede giurisdizionale, la

fattispecie rientra nella previsione di cui alla prima parte dell'ulti

mo comma dell'art. 34, che non contempla alcun intervento dei

cointeressati che siano rimasti inattivi nello spatium temporis a

loro disposizione. 5.5. — Nel caso che interessa, è provato in atti, per la stessa

dichiarazione del ricorrente dott. Fornari, che il ricorso straordi

nario è stato notificato successivamente alla scadenza del termine

di sessanta giorni decorrenti dal 3 marzo 1986, data di pubblica

zione sulla G.U. del provvedimento del C.i.p. impugnato. Ne con

segue che l'opposizione del sig. Lo Mastro, intesa ad ottenere

la trasposizione del ricorso stesso in sede giurisdizionale, si rivela

affatto inidonea, in quanto proposta da soggetto non legittimato,

onde la trasposizione stessa deve considerarsi inammissibile.

6. — Resta a questo punto da esaminare il ricorso n. 413/85

proposto avverso il provvedimento della giunta del C.i.p. n. 51

del 20 dicembre 1985 ed il d.p.r. 28 dicembre 1985 n. 793 —

che su tale provvedimento si fonda — recante le norme in mate

ria di tariffe telefoniche aventi effetto dal 1° gennaio 1986.

7. — Al riguardo deve, in primo luogo, affrontarsi l'eccezione

sollevata dalle controparti, mirante a negare la legittimazione ad

agire dell'Associazione degli utenti del telefono e del coordina

mento dei comitati per la difesa degli utenti e autoriduttori S.i.p.,

sul rilievo — particolarmente sviluppato dall'avvocatura dello Stato — che, nella specie, le due soggettività indicate si farebbero por

tatrici non tanto di interessi diffusi o collettivi (riferibili, in quan

to tali, alla generalità dei cittadini o ad una categoria di essi e,

proprio perché non facenti capo ad alcun soggetto dell'ordina

mento, sprovvisti di tutela, ove non fossero riconducibili ad un

centro di aggregazione superindividuale), quanto piuttosto da una

somma di interessi singoli, ciascuno avente un proprio autonomo

portatore, la cui tutela non potrebbe essere assunta da altra sog

gettività se non in forza di una delega espressa, nella specie

mancante.

7.1. — Questo collegio non ignora il dibattito svoltosi in dot

trina e in giurisprudenza sul tema della legittimazione ad agire delle soggettività esponenziali di interessi collettivi e della tutela

degli interessi diffusi. Non ignora, neppure, che, sullo specifico

problema, la soluzione affermativa circa la legittimazione delle

associazioni ricorrenti, adottata da questa sezione con sentenza

n. 850 del 4 ottobre 1980 (Foro it., 1980, III, 489) è stata annul

lata dal Consiglio di Stato, sezione V, con dee. n. 40 del 13 feb

braio 1981 (id., 1981, III, 209). Quest'ultima decisione, in particolare, ha negato che la presen

za in seno alla commissione centrale prezzi di esponenti delle ca

tegorie più rappresentative dei consumatori e degli utenti —

prevista dall'art. 5 d.1.1. n. 896 del 1947 — possa comportare un'attribuzione di legittimazione ad impugnare i provvedimenti conclusivi a favore delle associazioni, che svolgerebbero un'atti

vità essenzialmente fiancheggiatoria e di pressione sul pubblico

potere, sicché la loro partecipazione meramente consultiva nell'/

ter formativo dei provvedimenti dei prezzi non potrebbe essere

spinta fino al punto da costituire presupposto per una soggettiva zione degli interessi diffusi in capo ad esse come enti esponenziali di categoria.

7.2. — Senonché, il collegio deve rilevare come, successiva

mente a tale decisione, la giurisprudenza abbia proseguito nella

linea evolutiva di ammettere la configurabilità di interessi legitti mi facenti capo a forme di aggregazione, prendendo atto della

tendenza espansiva e non recessiva del fenomeno organizzatorio

degli interessi collettivi che l'attuale realtà sociale offre in una

dimensione sempre più imponente, nel solco dell'art. 2 Cost.

Il Foro Italiano — 1987.

Specificamente, con decisioni della sez. VI 16 maggio 1983,

n. 353 (id., Rep. 1983, voce Giustizia amministrativa, n. 351)

e 7 luglio 1986, n. 486 (id., Rep. 1986, voce cit., n. 404), il Con

siglio di Stato ha riconosciuto la legittimazione ad agire in mate

ria di caccia ad associazioni non ricononosciute (nella specie,

l'Associazione italiana per il World Wildlife Fund), argomentan

do dalla previsione legislativa (art. 4 1. 27 dicembre 1977 n. 968)

della presenza di un rappresentante delle associazioni naturalisti

che e protezionistiche nazionali più rappresentative in seno al co

mitato tecnico nazionale istituito presso il ministero dell'agricoltura

e foreste per inferire la considerazione di dette associazioni come

portatrici di interessi autonomi e distinti da quelli facenti capo

in materia alla generalità dei cittadini, indipendentemente anche

dalla effettiva presenza del rappresentante in seno al comitato

stesso.

Trattasi, peraltro, nella specie, di un comitato avente compiti

di studio e ricerche in materia di protezione della fauna e degli

ambienti naturali con funzioni anche consultive e promozionali.

Sembra al collegio che tale orientamento non solo vada condi

viso, ma non possa non trovare applicazione in relazione alle as

sociazioni «interessate alla tutela» delle categorie dei consumatori

e degli utenti, prese in espressa considerazione dall'art. 5 d.l.c.p.s.

n. 896/47, per la composizione della commissione centrale dei

prezzi, con riferimento ai provvedimenti amministrativi in mate

ria di prezzi. Ed invero, attraverso il riconoscimento ad esse attribuito dalla

norma de qua, le associazioni di cui trattasi si sollevano dalla

dimensione originaria (che è stata a fondamento della loro costi

tuzione) di fiancheggiatrici del pubblico potere e di strumento

di pressione su quest'ultimo, per entrare a far parte del procedi

mento di determinazione dei prezzi, del quale l'organismo citato

viene a costituire un momento fondamentale come si vedrà più

oltre, nel prosieguo dell'esame del merito del ricorso.

7.3. — È già sufficiente questa notazione, ad avviso del colle

gio, per riconoscere alle associazioni di cui trattasi la soggettività

di un interesse che non è né esponenziale di interessi diffusi né

espressione degli interessi dei singoli utenti del telefono, ma si

configura come interesse proprio e distinto ad una corretta deter

minazione dei prezzi amministrativi, nel rispetto dei presupposti di fatto e di diritto alla cui rilevazione ed al cui apprezzamento

tecnico, politico e sociale la commissione centrale dei prezzi è

deputata dall'ordinamento.

Trattasi di un interesse che, seppure in parte, viene a coincide

re con quello dei singoli utenti, se ne differenzia proprio alla luce

del munus istituzionale riconosciuto dalla legge alle associazioni

di cui trattasi.

7.4. — Ma, a prescindere da tali considerazioni di carattere

generale, non può negarsi che la legittimazione alle associazioni

degli utenti non potrebbe, comunque, disconoscersi, almeno tutte

le volte in cui, come nella fattispecie, si faccia questione della

pretermettibilità dell'intervento della commissione centrale prezzi nel procedimento di determinazione delle tariffe.

È evidente, infatti, che, a tutto voler concedere, le organizza zioni capaci di designare i propri rappresentanti in seno a detta

commissione sono titolari dell'interesse a che quest'ultimo parte

cipi in sede istituzionale, al procedimento per la determinazione

del prezzo, costituendo la partecipazione a tali procedimenti la

finalità principale per la quale l'organismo è stato costituito a

fini collaborativi.

L'esclusione della commissione dal procedimento in questione, affermando la non necessità di quest'ultima, viene, dunque, ad

incidere direttamente ed immediatamente sull'interesse allo svol

gimento della funzione collaborativa, cosi come individuata dal

l'art. 5 d.1.1. n. 896/47, legittimando le organizzazioni a reagire alla compressione di tale interesse, che, ove riconosciuta legitti

ma, verrebbe a svuotare in definitiva, le attribuzioni ad esse rico

nosciute dall'ordinamento.

7.5. — Se ciò è vero, non può negarsi la legittimazione del

presente processo alle associazioni indicate in epigrafe, le quali, come è già stato posto in evidenza da questa sezione, con la cita

ta sent. n. 850 del 1980, presentano, alla stregua di una serie

di indici non contestati, la capacità esponenziale, sul piano nazio

nale dell'interesse degli utenti, cosi come enucleata dal più volte

menzionato art. 5 d.1.1. n. 896/47, legittimazione che ben può

coesistere, in quanto autonoma e distinta, con quella dei singoli utenti e che non è condizionata dall'accertamento di fatto circa

la presenza o meno di un rappresentante in seno alla commissio

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ne, essendo tale presenza un posterius del riconoscimento di una

posizione differenziata, la cui rilevanza trova, tuttavia, la propria base nella disposizione di carattere sostanziale sopra richiamata

(cfr., anche, Cons. Stato, sez. VI, n. 481 del 1986). 8. — Deve invece, dichiararsi inammissibile l'intervento ad adiu

vandum di Fornari Giancarlo, nella sua qualità di componente della commissione centrale prezzi, essendo tale intervento, a tacer

d'altro, inteso a tutelare un interesse che il titolare sarebbe stato

legittimato a far valere in via principale con autonoma impugna

tiva, come è dimostrato, del resto, dalla proposizione, da parte del medesimo istante, del ricorso straordinario al capo dello Sta

to avverso la deliberazione C.i.p. n. 11 del 27 febbraio 1986.

9. — Inammissibili sono pure, per le ragioni già addotte a so

stegno della dichiarazione di inammissibilità del ricorso n. 775/86,

i motivi aggiunti al ricorso n. 413/86, notificati il 14 maggio 1986,

nella parte in cui (nn. 1, 2 e 3) sono rivolti ad aggredire la delibe

razione C.i.p. n. 11 del 27 febbraio 1986 (di ratifica del provvedi

mento della giunta del C.i.p., n. 51 del 20 dicembre 1985) e (per

la prima volta) la deliberazione della giunta C.i.p. n. 52 del 20

dicembre 1985 in materia di attribuzione al gestore del servizio

telefonico urbano dei fondi affluenti alla cassa conguaglio per il settore telefonico, a titolo di sovrapprezzo.

Le relative censure sono infatti da considerarsi tardive, non

potendosi accogliere la tesi dei ricorrenti circa l'avvenuta cono

scenza dei provvedimenti anzidetti a seguito del deposito docu

mentale effettuato dall'avvocatura dello Stato e dalla S.i.p.,

essendo i provvedimenti stessi, in quanto pubblicati sulle Gazzet

te ufficiali rispettivamente del 3 marzo 1986 e del 31 dicembre

1985, assistiti da presunzione legale di conoscenza, ai fini del de

corso del termine perentorio di impugnativa in sede giurisdizionale.

10. — Per le considerazioni di cui sopra, vanno, pure, dichia

rati inammissibili i motivi aggiunti notificati il 28 gennaio 1987,

nella parte in cui (nn. da 1 a 15) sono relativi sempre al provvedi

mento del C.i.p. n. 11 del 27 febbraio 1986, tardivamente im

pugnato. 11. — Occorre infine, sempre in sede pregiudiziale, farsi carico

della ulteriore eccezione di improcedibilità del ricorso n. 413/86,

sollevata dall'avvocatura dello Stato, sul rilievo che, essendo sta

to l'atto, adottato in via d'urgenza dalla giunta C.i.p., sostituito

con effetto ex tunc dal provvedimento di ratifica del C.i.p., ed

essendosi quest'ultimo atto consolidato per non tempestiva impu

gnazione, sarebbe venuto meno l'interesse degli istanti a coltivare

il gravame originario. 11.1. — L'eccezione poggia su presupposti concettuali che non

possono essere condivisi.

Ed invero, il provvedimento adottato in via d'urgenza dalla

giunta del C.i.p., ai sensi dell'art. 3 d.l.c.p.s. 15 settembre 1947

n. 896, si configura come atto, la cui efficacia immediatamente

lesiva non può essere posta in dubbio, ancorché tale efficacia

assuma carattere temporaneo, in quanto potrebbe venire meno

in assenza di ratifica.

L'immediata lesività del provvedimento risulta ancor di più ac

centuata, nel caso di specie, dalla circostanza che su di essa si

sorregge il decreto presidenziale di fissazione delle tariffe telefo

niche, decreto che ntWiter previsto dalla legge si colloca come

atto finale e di chiusura della serie procedimentale.

In questa logica, la ratifica del C.i.p. non si atteggia come con

valida di un atto emesso da un organo incompetente da parte

dell'autorità che sarebbe stata competente, secondo lo schema pro

prio della convalescenza degli atti viziati da incompetenza, sebbe

ne come atto accessorio di adesione che l'organo che normalmente

sarebbe stato competente dà a quello che si è autoassunta la po

testà di provvedere e che costituisce il riconoscimento necessario

a trasferire al C.i.p. l'operato della giunta, consolidandone in

via definitiva gli effetti. Ne consegue che, una volta impugnato il provvedimento della

giunta, non si richiede anche l'impugnazione del provvedimento

di ratifica, il quale ultimo, contrariamente a quel che asserisce

l'avvocatura dello Stato, sarebbe esso stesso inidoneo a rivestire

valore sanante dell'atto della giunta riconosciuto illegittimo (cfr.

Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1982, n. 256, id., Rep. 1982, voce

Atto amministrativo, n. 109).

L'omesso coinvolgimento del provvedimento di ratifica viene,

tutt'al più, a privare il ricorrente della possibilità di far valere

anche quei vizi autonomi dai quali il provvedimento di ratifica

potrebbe eventualmente essere affetto e che si riverberebbero sul

II Foro Italiano — 1987 — Parte III-43.

l'atto ratificato, precludendone, appunto, il consolidamento degli effetti già prodottisi.

12. — Nel merito, occorre osservare come il ricorso n. 413/86,

si rivolga contro una pluralità di atti, non tutti direttamente rile

vanti nel procedimento di determinazione delle tariffe telefoniche

a far tempo dal 1° gennaio 1976, come è dimostrato, del resto, dall'assenza di specifiche censure in ordine ad alcuni di essi.

Nella sostanza, il gravame appare diretto contro il d.p.r. 28

dicembre 1985 n. 793, recante norme in materia di tariffe telefo

niche e gli atti a questo direttamente presupposti, fra i quali ven

gono in particolare evidenza la delibera della giunta C.i.p. n. 51

del 20 dicembre 1985, gli atti di iniziativa del procedimento di

determinazione di dette tariffe nonché talune norme regolamen tari che ne sono a fondamento.

13. — Nell'ordine logico di apprezzamento delle censure, va

preliminarmente sgombrato il campo da talune doglianze attinen

ti alla regolarità formale del procedimento o alla rituale composi zione della giunta C.i.p., che risultano infondate in punto di fatto.

14. — Più specificamente, quanto alla asserita mancata ratifica

del provvedimento n. 51 del 20 dicembre 1985 nella riunione del

C.i.p. immediatamente successiva, in violazione dell'art. 3, 2° com

ma, d.l.c.p.s. n. 896/47, è da dire che il provvedimento stesso

è stato ratificato nella seduta del 20 febbraio 1986 e che non

risulta, né è stato dimostrato dai ricorrenti, che nell'arco di tem

po anzidetto il C.i.p. si sia riunito.

15. — Quanto, poi, al rilievo (quinto motivo del ricorso intro

duttivo) di irregolare composizione della giunta, in quanto non

vi avrebbe fatto parte l'ispettorato provinciale alimentazione, è

appena il caso di osservare come tale ufficio sia, a seguito del

l'art. 1 1. 6 marzo 1958 n. 199, divenuto organo del ministero

dell'agricoltura e foreste, regolarmente presente, nella persona del

ministro delle poste, alla riunione del 20 dicembre 1985, come

risulta dagli atti in causa.

16. — Circa, ancora, la censura di mancata tempestiva convo

cazione e di mancato invio preventivo dell'ordine del giorno ai

componenti la giunta, va sottolineato che le relative prescrizioni

in tema di funzionamento degli organi collegiali, sono poste a

tutela della legittima formazione della volontà dei singoli compo nenti e la loro eventuale inosservanza non assume, quindi, rile

vanza, alla stregua della giurisprudenza consolidata, allorché alla

riunione dell'organo abbiano partecipato, come nella specie, tutti

i membri e nessuno di essi abbia sollevato la relativa eccezione,

dovendosi ogni eventuale irregolarità procedurale ritenersi sanata

dall'adesione ad essa prestata da chi avrebbe avuto titolo per do

lersene.

17. — Infondata si rivela, pure, la censura circa l'illegittimità delle tariffe telefoniche allegate al d.p.r. n. 793/85, in quanto

approvate dal solo ministro delle poste e non dal C.i.p. né dal

decreto presidenziale.

Risulta, infatti, dagli atti che le tariffe sono state regolarmente

approvate dalla giunta del C.i.p., come si evince dal verbale della

riunione dell'organo del 20 dicembre 1985, contro il quale non

è stata mossa querela di falso. Le anzidette tabelle sono state,

poi, puntualmente riportate, in allegato al provvedimento della

giunta del C.i.p. n. 51, sulla G.U. del 31 dicembre 1985, e sono

state fatte proprie, mediante esplicito richiamo, dal d.p.r. n.

793/85. La circostanza che, nel corpo dell'anzidetto decreto, dette ta

belle, annesse come allegati, non figurino sottoscritte da tutte le

autorità firmanti l'atto, ma dal solo ministro delle poste, non

assuma alcun rilievo posto che, una volta che non sia revocabile

in dubbio che le tabelle stesse abbiano formato oggetto di appro

vazione da parte degli organi competenti, la loro autenticità ap

pare garantita dall'inserimento dell'originale del decreto stesso nella

Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della repubblica

italiana. 18. — Con il primo profilo del primo motivo dell'atto intro

duttivo, i ricorrenti sottolineano l'illegittimità del procedimento

di determinazione delle tariffe telefoniche, in quanto il provvedi

mento della giunta del C.i.p. n. 51 del 20 dicembre 1985 non

sarebbe stata preceduta dal parere tecnico della commissione cen

trale prezzi. In punto di fatto, la circostanza non è controversa, giacché

risulta ampiamente dagli atti ed è ammesso da tutte le parti che,

nella fattispecie, la commissione centrale prezzi è stata pretermes

sa e l'istruttoria affidata ad un gruppo di lavoro, specificamente

costituito, in data 9 dicembre 1985, con decreto del ministro

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PARTE TERZA

dell'industria, commercio e artigianato, nella qualità di presiden te delegato del C.i.p., composto da rappresentanti della segrete ria generale del C.i.p., del ministero del tesoro, del ministero delle

partecipazioni statali e del ministero delle poste e telecomuni

cazioni.

18.1. — Il problema posto dai ricorrenti, circa la necessità, nel procedimento di determinazione dei prezzi, dell'intervento della

commissione centrale prezzi, non è nuovo, ancorché, sinora, non

sufficientemente approfondito. Sia l'avvocatura dello Stato, sia la S.i.p. sostengono la non

obbligatorietà del parere tecnico della commissione centrale prez zi sulla scorta di una molteplicità di argomenti, in gran parte desunti dal parere del Consiglio di Stato, sez. II, n. 893 del 28

luglio 1982, che possono essere cosi sintetizzati: a) abrogazione tacita dell'art. 7 d. leg. n. 363 del 23 aprile 1946 — che conferiva

al presidente del C.i.p. il potere di provvedere d'urgenza «sentita

la commissione centrale prezzi» — da parte dell'art. 3 d.l.c.p.s. n. 896/47, il quale, nell'attribuire alla giunta tale potere, non

ha riprodotto la disposizione richiedente il parere dell'organo au

siliario; b) non configurabilità, nei provvedimenti normativi in

materia di prezzi, di una competenza normale o esclusiva della

commissione centrale prezzi, essendo affidati compiti istruttori

anche ad altri organi od uffici dell'amministrazione ed essendo,

anzi, la consultazione della commissione prevista come meramen

te eventuale proprio dell'art. 2 d. leg. 23 aprile 1946 n. 363.

18.2. — Osserva, al riguardo, il collegio come, effettivamente, le disposizioni in materia di determinazione di prezzi e tariffe

amministrate siano, nel nostro ordinamento, notevolmente lacu

nose; circostanza questa che, invero, mal si concilia con l'inci

denza di tali disposizioni su posizioni dei destinatari, garantite anche a livello costituzionale, la cui compressione non potrebbe,

pertanto, avvenire se non sulla scorta di precetti particolarmente

puntuali sia sotto il profilo sostanziale sia sotto quello procedi mentale.

È evidente, dunque, che, nella ricostruzione del sistema ci si

debba muovere, con l'ausilio degli strumenti ermeneutici specifi camente posti a disposizione dell'interprete dal legislatore, in ade

renza ai principi generali del nostro ordinamento giuridico, e

soprattutto, ai sopravvenuti principi di ordine costituzionale, cosi

come esplicitati dalla Corte costituzionale, dalle cui valutazioni

non è consentito discostarsi, fornendo le stesse la chiave di lettu

ra attuale di precetti pensati in un momento storico del tutto di

verso e, soprattutto, fortemente caratterizzato da situazioni

contingenti. 18.3. — Ciò posto, quel che va sottolineato è che le argomen

tazioni tendenti a negare, sotto il profilo del diritto positivo, la

necessità dell'intervento della commissione centrale prezzi, pon

gono sullo stesso piano problemi che dovrebbero, per la verità, restare distinti: il problema, cioè, generale della previa audizione

di tale commissione ai fini dell'adozione dei provvedimenti C.i.p. e quello, logicamente, subordinato, dell'obbligo di consultazione

dell'organo nei casi di urgenza, allorché debba provvedere, in

luogo del comitato, la giunta. Tale commistione di problemi si evidenzia chiaramente dal ri

chiamo operato dalle controparti, da un lato, all'art. 3 d. leg. n. 896/47, il quale disciplina appunto, la procedura d'urgenza, e, dall'altro, alle norme generali (art. 2 d. leg. 363/46, disposizio ni regolanti l'attività istruttoria di altri uffici) le quali colloche rebbero sul livello di mera facoltativa l'audizione della

commissione.

Ritiene, invece, il collegio che, ai fini di una corretta imposta zione della questione, occorra prendere le mosse dalla collocazio ne istituzionale della commissione centrale nell'ambito del

procedimento di determinazione dei prezzi, per, poi, eventual mente analizzare, ove dovesse pervenirsi alla conclusione della ineludibilità del parere di tale organo, i problemi nascenti dalla

procedura d'urgenza. 18.4. — In ordine alla questione di cui trattasi, quel che va

innanzi tutto, delineato è il ruolo della commissione prezzi, alla luce delle norme che ne prevedono la costituzione ed il funzio namento.

Ed infatti, l'art. 2 d.l.lgt 19 ottobre 1944 n. 347, nell'istituire un Comitato interministeriale dei prezzi, prevede che «per assol vere ai compiti ad esso demandati» esso «si vale di una commis sione centrale dei prezzi».

La disposizione, per la verità, con l'espressione «si vale», non chiarisce la natura dei compiti della commissione, se cioè essa

Il Foro Italiano — 1987.

sia organo consultivo, nel senso che debba fornire un parere tec

nico circa la misura dei prezzi o delle tariffe ovvero si atteggi come organo istruttorio, deputato, cioè, a compiere gli accerta

menti e le rivelazioni necessarie per giungere alle determinazioni

del C.i.p. Né, per una qualificazione nel secondo senso, sembra essere

decisivo l'art. 2 d.l.lgt. n. 363/46, secondo il quale la «commis

sione centrale prezzi . . . compie le istruttorie che sono ad essa

deferite dal Comitato interministeriale dei prezzi», atteso che tale

disposizione potrebbe anche essere intesa nel senso di attribuire

alla commissione compiti specificamente istruttori in aggiunta a

quelli di consulenza tecnica (il che priverebbe di rilievo le argo mentazioni che su tale disposizione si fondano per inferire la na

tura eventuale dell'organo).

Ora, che tra le due attribuzioni (consulenza-tecnica e istrutto

ria) vi sia una profonda differenza è appena il caso di sottoli

nearlo ai fini del ruolo necessario o no della commissione nell'iter

procedurale di determinazione dei prezzi, proprio in considera

zione del fatto che l'attività istruttoria costituisce funzione stru

mentale di raccolta ed elaborazione dei dati, che può essere svolta

dall'organo od ufficio di volta in volta opportunamente indivi

duato secondo particolari competenze istituzionali, laddove la fun

zione di consulenza tecnica comporta anche la manifestazione di

un parere, quindi, di un apprezzamento dei presupposti, allo sco

po di indirizzare la volontà dell'autorità medesima.

18.5. — In assenza di una specifica disposizione normativa, il ruolo e la figura della commissione centrale prezzi non possono che essere inferiti da tutto il contesto delle disposizioni in materia

di prezzi. Già si è avuto modo di far richiamo all'art. 2 d.l.lgt. n. 347

del 1944, il quale, nel prevedere che, per assolvere ai compiti ad esso demandati, il C.i.p. «si vale di una commissione centrale

dei prezzi», sembra configurare il ricorso a tale ultimo organo come normale ausilio dell'attività del comitato.

A sua volta, l'art. 2 d.l.lgt. n. 363/46, nel disciplinare la com

posizione della commissione, l'articola in maniera estremamente

puntuale e variegata, includendovi non solo rappresentanti dei

ministeri comunque interessati alla determinazione dei prezzi del

le merci, nonché membri strettamente tecnici (rappresentante del

l'ISTAT), ma, altresì, componenti non tecnici, bensì portatori di interessi categoriali, ritenuti particolarmente meritevoli di con

siderazione (rappresentante dei datori e rappresentante dei pre statori d'opera dell'industria, del commercio e dell'agricoltura). La rappresentanza di interessi risulta vieppiù accentuata con il

successivo d.l.c.p.s. n. 896/47, il cui art. 5 integra la composizio ne della commissione centrale prezzi con un rappresentante del

governo regionale della Sicilia e con un rappresentante della giunta regionale della Sardegna, nonché con rappresentanti dei consu matori e degli utenti designati dalle associazioni di tutela di tali

categorie. L'essere la commissione centro di composizione ed espressione

di interessi contrapposti di natura politica, tecnica e categoriale colloca, indubbiamente, tale organo in una posizione ausiliare del

C.i.p. di gran lunga peculiare, rispetto a tutti gli altri organi, per i quali, pare, è prevista la possibilità per il comitato di avva lersi nell'espletamento dei propri compiti, i quali si atteggiano tutti come portatori di competenze settoriali e limitate.

Cosi è per l'ISTAT, il quale, giusta l'art. 8 d.l.lgt. n. 347/66, ha il compito di provvedere alla rilevazione, elaborazione e pub blicazione dei prezzi delle merci e dei servizi.

Cosi è per gli «esperti», dei quali, a mente dell'art. 5 d.l.lgt. n. 363/46, il C.i.p. può avvalersi «per la trattazione di particolari questioni».

Cosi è per gli «ispettori», che, ai sensi dell'art. 13 d.l.c.p.s. n. 896/47, possono essere nominati per provvedere «all'accerta mento dei prezzi delle merci, dei servizi e delle prestazioni» ed i cui compiti di mera rilevazione sono sottolineati dalle facoltà ad essi conferite di «prendere in esame registri, libri e corrispon denza delle imprese interessate» agli accertamenti e di «richiedere alle stesse tutti quei dati, elementi e documenti» ritenuti necessari.

Non diversamente, secondo l'articolo in questione, il C.i.p. può rivolgersi a qualsiasi ufficio od organo delle amministrazioni sta tali per «lo svolgimento di indagini, accertamenti e rilievi».

Dal complesso delle disposizioni su riferite ne risulta ribadito che tutti questi organi strumentali sono deputati alla mera rileva

zione, sia pure attraverso l'ausilio di particolari competenze tec

niche, degli elementi necessari alla determinazione dei prezzi e delle tariffe, senza che, però, nessuno di essi possa considerarsi in alcun modo come svolgente di funzioni alternative rispetto a

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

quelle della commissione centrale prezzi, trattandosi di organismi

tecnici, dalla cui valutazione è istituzionalmente assente ogni ap

prezzamento o composizione degli interessi presenti in seno alla

commissione.

11 voler considerare, come prospettano sia l'avvocatura dello

Stato sia la S.i.p., sullo stesso piano la commissione centrale prezzi e gli altri organi testé menzionati, deducendone una competenza alternativa o un intervento nel procedimento rimesso alla discre

zionalità del C.i.p., viene a porsi in contraddizione con la collo

cazione data dal legislatore a tale organismo, posto che, da un

lato, lascerebbe la tutela degli utenti, di cui quest'ultimo è stato

reso espressione, alla contingente volontà dell'autorità decidente,

dall'altro, e, correlativamente, priverebbe di ogni ragionevole si

gnificato lo sforzo del legislatore inteso a dosare, in seno a detta

commissione, le contrapposizioni di esigenze tecniche, politiche e di categorie.

Basti considerare, d'altra parte, che resterebbe meramente fa

coltativa anche la consultazione dei rappresentanti delle regioni

Sicilia e Sardegna, enti autonomi di livello costituzionale, la cui

presenza è, appunto, prevista, in seno alla commissione centrale

prezzi e non in seno al C.i.p. 18.6. — E che l'intervento della commissione centrale prezzi

non sia meramente eventuale nel procedimento de quo riceve ul

teriore conferma normativa della previsione della istituzionalizza

zione di sottocommissioni «per i diversi settori produttivi e per il commercio estero» (art. 3 d.l.lgt. n. 363/46).

Tale norma si preoccupa, addirittura, della necessità di costi

tuire sottocommissioni decentrate, stabilendo, anche in questo caso,

la presenza di rappresentanti di ciascuna delle categorie interessa

te dei datori di lavoro e dei prestatori d'opera.

Anche tale complessa articolazione interna mal si concilierebbe

con la configurazione di un organo istruttorio posto sullo stesso

livello di tutti gli altri uffici e fungibile con questi ultimi nello

svolgimento di una funzione meramente tecnica strumentale delle

deliberazioni C.i.p. 18.6. — La natura consultiva della commissione centrale prezzi

— che la pone su un piano diverso e distinto da quello degli

altri organi istruttori — è stata, del resto, puntualmente colta

dalla giurisprudenza (cfr., ad. es., Cons. Stato, sez. IV, n. 494

del 15 giugno 1965, che afferma che «il comitato ha il suo quali

ficato consulente nella commissione centrale prezzi» e, ancora più

esplicitamente, che «la commissione centrale prezzi è ... un or

gano consultivo ed istruttorio, con funzioni tecniche»).

A sua volta, la decisione del Cons. Stato, sez. IV, n. 337 del

22 maggio 1963 (id., 1963, III, 233), pur non prendendo posizio

ne circa la qualificazione (consultiva o istruttoria della commis

sione centrale prezzi), afferma espressamente che ciò che è

«rilevante, ai fini della legittimità del provvedimento, è che l'atti

vità svolta dalla commissione preceda cronologicamente e logica

mente le deliberazioni del comitato, sicché questo possa attingere

dai rilievi acquisiti ed elaborati dalla commissione gli elementi

di giudizio per una legittima pronuncia», trattandosi di «funzio

ne strumentale, ma essenziale ai fini della legittimità delle delibe

razioni del comitato».

Nel senso della qualificazione come consultiva dell'attività del

la commissione, si possono citare anche Cons. Stato, sez. IV,

n. 49 del 26 gennaio 1966 (id., 1966, III, 591), n. 1011 del 20

ottobre 1964 (id., 1964, III, 401), nonché sez. VI n. 1261 del

5 dicembre 1978 (id., Rep. 1979, voce Prezzi, n. 17).

18.7. — Ma decisive, per confermare l'ineludibilità dell'inter

vento della commissione centrale prezzi nel procedimento di de

terminazione dei prezzi ed i rapporti fra tale organo e gli altri

organi istruttori, appaiono al collegio le affermazioni della Corte

costituzionale, chiamata a giudicare della legittimità delle norme

sulla disciplina dei prezzi in riferimento sia all'art. 41 sia all'art.

23 Cost.

Orbene, il contrasto di tale disciplina con i principi costituzio

nali sopra richiamati è stata ritenuta dalla corte insussistente per

la circostanza che «la determinazione dei prezzi è preceduta da

una istruttoria da parte della commissione centrale», che sia av

vale, essa stessa, degli accertamenti dei costi delle merci, dei ser

vizi e delle prestazioni compiuti da appositi ispettori.

Una garanzia, poi, per la retta determinazione dei prezzi è sta

ta ravvisata dalla stessa corte, dalle persone chiamate a comporre

le commissioni consultive in quanto «tali persone, quali tecnici

o quali rappresentanti delle categorie interessate, esercitano una

qualificata funzione sia di accertamento dei fattori economici che

Il Foro Italiano — 1987.

incidono sui prezzi . . . che di tutela delle categorie con interessi

contrapposti» (cfr. sent. n. 103 del 25 giugno 1957, id., 1957,

I, 1139). Tali affermazioni sono state, poi, ulteriormente ribadite pro

prio con riferimento alle tariffe telefoniche, il cui procedimento di determinazione (pur trattandosi di prestazioni imposte) è stato

riconosciuto non configgente con l'art. 23 sulla scorta del richia

mo alle medesime argomentazioni svolte nella già citata sentenza

n. 103 del 1957 (conf. sent. n. 72 del 27 marzo 1969, id., 1969,

I, 1402); nonché, da ultimo, con sent. n. 79 del 29 marzo 1984

(id., 1984, I, 1190) con la quale è stato riaffermato che la deter

minazione dei prezzi è preceduta da un iter istruttorio, nel quale hanno parte primaria le stesse categorie interessate, attraverso la

partecipazione in apposite commissioni, aventi pieni poteri con

sultivi.

Discende da tali argomentazioni, dunque, che ogni diversa in

terpretazione che ponesse la commissione centrale prezzi in una

posizione meramente eventuale, attivabile unicamente in base alla

discrezionalità del C.i.p.. oltre a non trovare supporto nelle nor

me che si sono dianzi esaminate e nel ruolo affidato dal legislato re alla commissione, esporrebbe la disciplina dei prezzi a quei

profili di incostituzionalità che la Corte costituzionale ha inteso

evitare attraverso l'interpretazione della normativa nel senso su

riferito della necessità dell'intervento di tale organo. 18.7. — Ed allora, poste tutte queste premesse, appare eviden

te al collegio come non possa pervenirsi a conclusioni diverse sul

la base della semplice formulazione dell'art. 2, 1° comma, d.l.

lgt. 23 aprile 1946 n. 363, secondo il quale la commissione cen

trale prezzi «compie le istruttorie che sono ad essa deferite dal

Comitato interministeriale dei prezzi». In realtà, tale norma che costituisce il principale supporto della

tesi dell'amministrazione, va letta nel suo coordinato disposto («e

può, anche, di sua iniziativa fare proposte al comitato. . .») che

attribuisce alla commissione la duplice competenza di intervenire

nel procedimento sia su iniziativa del C.i.p., sia di propria inizia

tiva, senza che da ciò possa inferirsi la non necessità di tale inter

vento, anche tenuto conto delle funzioni consultive che ad essa

spettano e che non possono essere identificate sic et simpliciter» con l'attività istruttoria di cui al citato art. 2 d.l. lgt. 363/46.

19. — Le conclusioni alle quali il collegio ritiene di dover per venire in relazione al procedimento di determinazione dei prezzi da parte del C.i.p., vanno, a questo punto, apprezzate in relazio

ne all'ipotesi, che ricorre nel caso di specie, in cui il provvedi mento di fissazione delle tariffe sia adottato dalla giunta del C.i.p.

con i poteri di urgenza. Ciò, in quanto, l'art. 3 d.l. c.p.s. n.

896/47, nell'attribuire alla giunta, appunto, il potere di delibera

re in via d'urgenza (potere anteriormente riconosciuto al presi dente del comitato), non ha riprodotto la prescrizione di cui all'art.

7 d.l. lgt. n. 363/46 che prevedeva espressamente la previa audi

zione della commissione centrale prezzi

Ora, premesso che la norma dell'art. 3 d.l. n. 896/47 non ha

espressamente sostituito il precedente art. 7 d.leg. n. 363/46, per

cui la sopravvivenza della disposizione della quale si discute va

apprezzata esclusivamente (come recita l'art. 18 del cit. d.l. n.

896) in relazione alla compatibilità con la nuova disciplina, quel

la che appare decisiva al collegio, ai fini della risoluzione della

questione interpretativa, e la configurazione della funzione di sal

vezza della legittimità costituzionale della normativa in materia

di prezzi e tariffe assegnata alla partecipazione al procedimento della commissione centrale prezzi, in virtù della composizione e

del ruolo di tale organo, cosi come configurati dal legislatore.

Deve, d'altra parte, escludersi che, in materia di prezzi, sia

possibile richiamarsi a ragioni di urgenza, giacché l'urgenza legit

timante all'osservanza di procedure extra-ordinem non può che

dar vita, secondo i principi del nostro ordinamento a provvedi

menti di ordine costituzionale e temporaneo, laddove i provvedi

menti adottati dal C.i.p., in materia di tariffe sono destinati ad

incidere definitivamente sull'economia (cfr. Cons. Stato, sez. IV,

20 ottobre 1964, n. 1011). In applicazione, appunto, di tale principio è stato sempre af

fermato dalla giurisprudenza che l'adozione dei provvedimenti da

parte della giunta del C.i.p. non legittima quest'ultima in alcun

modo a pretermettere le necessarie fasi istruttorie, essendo, que

ste, comunque, ineludibili proprio per determinare l'oggetto del

l'attività volitiva dell'autorità agente, senza la cui esatta definizione

neppure potrebbe sorgere la necessità e l'urgenza di provvedere

(cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, n. 361 del 3 luglio 1981,

id., Rep. 1981, voce Prezzi, n. 16).

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PARTE TERZA

Se ciò è vero, tale attività tecnico-consultiva non è effettuabile

che dalla commissione centrale prezzi attesa la infugibilità della

funzione di questa, già diffusamente chiarita precedentemente. Né potrebbe ritenersi che l'intervento della commissione, pre

termesso dal provvedimento della giunta, possa essere recuperato in sede di ratifica da parte del C.i.p., giacché, anche a non voler

aderire all'opinione di coloro i quali ritengono che la valutazione

dell'organo ratificante debba appuntarsi solo sulla sussistenza dei

requisiti dell'urgenza, sta di fatto che, come le stesse controparti

esplicitamente riconoscono, l'istruttoria va, comunque, compiuta in sede di adozione della delibera della giunta, mentre la rattifica

da parte del C.i.p. — attesi anche i tempi e le modalità stabiliti

dall'art. 3 d.leg. n. 389/47 — comporta solo l'esame degli ele

menti già presi in considerazione dall'organo istruttorio (cfr., pro

prio, Cons. Stato, sez. II, n. 893/82 del 28 luglio 1982, invocato

dai resistenti). Ferma restando, dunque, la insindacabilità, nel caso di specie,

delle ragioni di urgenza, e per il profilo che hanno determinato

l'assunzione dei poteri da parte della giunta (trattandosi di verifi

ca che, come affermato dalla giurisprudenza consolidata, va ef

fettuata esclusivamente dall'organo competente a provvedere in

via ordinaria) deve essere negato, sulla scorta dei principi genera

li, che l'urgenza cui fa riferimento l'art. 3 d.leg. n. 896/47 rivesta

natura e caratteristiche tali da consentire la pretermissione del

l'intervento istituzionale della commissione centrale prezzi nel pro cedimento di determinazione delle tariffe telefoniche.

20. — Le considerazioni che precedono sono di per sé suffi

cienti all'accoglimento del ricorso, essendo pacifico che il provve dimento impugnato della giunta del C.i.p. non sia stato preceduto da un intervento tecnico consultivo della commissione centrale

prezzi, essendosi fondato solo sull'istruttoria di un «gruppo di

lavoro», peraltro neppure inquadrabile tra gli altri organi ed uffi

ci tecnici-istruttori istituzionalmente previsti dalla disciplina in ma

teria di prezzi. Il che è assorbente, ovviamente, di tutte le numerosissime cen

sure mosse contro l'istruttoria compiuta da tale «gruppo», molte

delle quali tendenti chiaramente a indirizzare il sindacato del giu dice amministrativo su profili di merito anche se il collegio, sotto

il profilo della legittimità, non può esimersi dal rilevare taluni

aspetti dell'istruttoria anzidetta, non sorretti da una sufficiente

esternazione dell 'iter logico seguito. In particolare, non può non sottolinearsi come, nel delineare

l'ipotesi di scenario relativa al successivo anno 1986 e destinata,

pertanto, a proiettarsi nel futuro, il rapporto di cambio dollaro

lira sia stato immotivatamente fissato in lire 1.725, non solo in

contrasto con l'effettivo valore riscontrabile alla data di adozione

della delibera (lire 1.717,5 al 13 dicembre; lire 1.714,3 al 17 di

cembre e lire 1.712,75 al 18 dicembre), ma senza alcuna esplicita considerazione della evidente tendenza discendente della curva di

tale cambio, evidenziatasi ormai da tempo; considerazione tanto

più necessaria trattandosi di previsioni a medio termine. Cosi pure non si rinviene alcuna idonea motivazione atta a sor

reggere la determinazione aH'8<% dell'aliquota di ammortamento

sui cespiti, in presenza di un tasso di inflazione decrescente ri

spetto agli anni precedenti (nei quali l'aliquota era stata del 6,6%

per il 1984, e del 7% per il 1985: cfr. verbale giunta C.i.p. del

20 dicembre 1985, p. 14). Altro sintomo di incongruità dell'istruttoria condotta si ricava

dalla valutazione degli importi introitati dalla S.i.p. in conto spe dizione bollette, a norma dell'art. 53 della nuova convenzione

approvata con d.p.r. n. 523/84.

La relativa somma (pari a lire 47,1 miliardi) risulta portata in detrazione dallo sbilancio S.i.p. per il 1986, sulla scorta di

una analisi dei dati condotta dal gruppo istruttorio. Successiva

mente, peraltro, come si evince dalla nota aggiuntiva alla medesi ma relazione, si dà atto della direttiva impartita dal ministro

presidente delegato del C.i.p. circa la non detraibilità di tale im

porto, in quanto da computare a copertura dei maggiori oneri sostenuti dalla concessionaria nel 1985 a titolo di maggior canone di concessione (3% contro lo 0,5%).

Tuttavia, il riesame delle precedenti analisi istruttorie non ap pare più condotto, confermandosi sic et simpliciter lo sbilancio

precedentemente accertato al lordo di tale detrazione (498 miliar

di), senza che ci si dia più carico di sottoporre a verifica lo sbi lancio effettivo determinatosi a seguito dell'elemento sopravvenuto, sia in relazione alla entità degli interventi sostitutivi previsti dalla delibera C.i.p.e. del 19 giugno 1984 (che non vengono qualifica

li Foro Italiano — 1987.

ti), sia alla circostanza che la stessa decisione del presidente C.i.p.

(lettera del 16 dicembre 1985) si limita ad una mera affermazione

di massima non suffragata da concreti elementi di calcolo.

21. — Ritiene, infine, il collegio, per completezza di analisi, di doversi soffermare, brevemente, per rilevarne la infondatezza, sulle censure mosse all'art. 50 della convenzione S.i.p. - ministe

ro poste e telecomunicazioni, ritenuto dai ricorrenti illegittimo

per aver disancorato, sia pure in parte, il livello delle tariffe dei

costi industriali del servizio e averlo legato, invece, alle esigenze finanziarie della società concessionaria, con conseguente trasferi

mento di fatto del potere impositivo dallo Stato ad un soggetto

privato. Al riguardo, quel che va puntualizzato è che, nella determina

zione del prezzo di produzione e d'esercizio del servizio telefoni

co non può non tenersi conto, alla stregua della disciplina generale in materia di fissazione dei prezzi amministrati, del costo effetti

vo di tale esercizio: costo, che è costituito dal complesso delle

spese necessarie per la sua produzione e per il suo esercizio e,

quindi, sia delle spese fisse (impianti, macchinari, spese del per

sonale, ecc.) sia di quelle variabili. Pertanto, tutte queste voci

entrano a far parte del costo totale dell'impresa, in relazione al

quale le relative tariffe vanno congruamente determinate.

In special modo, come ha riconosciuto il Consiglio di Stato

(sez. IV n. 125 dell'11 marzo 1964, id., 1964, III, 375) si deve

tener conto degli ammortamenti, diretti a reintegrare in misura

reale il costo degli impianti. Né può ritenersi ragione d'illegittimità la circostanza che le nuove

tariffe si propongono di far realizzare alla impresa concessiona

ria anche un profitto (la remunerazione del capitale), dal momen

to che esso è un elemento da valutare, secondo la disciplina

generale, per la determinazione dell'equo prezzo (cfr. Cons. Sta

to, sez. VI, n. 423 del 8 giugno 1965, id., 1965, III, 517). D'altra parte, ad escludere ogni arbitrio nella individuazione

dei costi effettivi è, appunto, preordinato il giusto procedimento

previsto dal legislatore — cosi come puntualizzato dalla Corte

costituzionale con le sentenze innanzi richiamate — attraverso il

quale si perviene alla verifica economico-finanziaria dei dati for

niti dalla S.i.p., il che esclude ogni trasferimento anche di fatto

a quest'ultima del potere impositivo, come affermato dai ricorrenti.

22. — Il ricorso, in conclusione, va accolto, restando assorbito

ogni ulteriore motivo di doglianza e, per l'effetto, devono essere

annullati il provvedimento della giunta del C.i.p. n. 51 del 20

dicembre 1985 e, derivatamente, il d.p.r. 28 dicembre 1985 n.

739 che su tal provvedimento si fonda.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione I; sentenza 22 novembre 1986, n. 1983; Pres. Fer

rari, Est. Ravalli; Ceci (Avv. Frascaroli) c. Pres. cons, mi nistri e altro (Avv. dello Stato D'Amico).

Impiegato dello Stato e pubblico — Dirigente — Valutazione del servizio prestato come insegnante — Ammissibilità (Disp. sulla

legge in generale, art. 12; d.l. 6 giugno 1981 n. 283, copertura finanziaria dei decreti del presidente della repubblica di attua zione degli accordi contrattuali triennali relativi al personale civile dei ministeri e dell'amministrazione autonoma dei mono

poli di Stato, nonché concessione di miglioramenti economici al personale civile e militare escluso dalla contrattazione, art.

21; 1. 6 agosto 1981 n. 432, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 6 giugno 1981 n. 283, art. unico; 1. 27 aprile 1982 n. 186, ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, art. 43; d.l. 27 settem bre 1982 n. 681, adeguamento provvisorio del trattamento eco nomico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi collegato, art. 3; 1. 20 novembre 1982 n. 869, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 27 settembre 1982 n. 681, art. unico; d.l. 11 gennaio 1985 n. 2, adeguamento provvisorio del tratta mento economico dei dirigenti delle amministrazioni dello Sta to anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi

collegato, art. 3 bis; 1. 8 marzo 1985 n. 72, conversione in leg ge, con modificazioni, del d.l. 11 gennaio 1985 n. 2, art. unico).

Il servizio di ruolo reso quale insegnante deve essere valutato ai

fini dell'inquadramento nella qualifica di dirigente del persona

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