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Sezione III; sentenza 22 ottobre 1979, n. 680; Pres. Battara, Est. Piacentini; Anzi e Besson (Avv....

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Page 1: Sezione III; sentenza 22 ottobre 1979, n. 680; Pres. Battara, Est. Piacentini; Anzi e Besson (Avv. Dal Lago) c. C.o.n.i. (Avv. Prosperetti), Federazione italiana sport invernali

Sezione III; sentenza 22 ottobre 1979, n. 680; Pres. Battara, Est. Piacentini; Anzi e Besson (Avv.Dal Lago) c. C.o.n.i. (Avv. Prosperetti), Federazione italiana sport invernaliSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 1 (GENNAIO 1981), pp. 51/52-55/56Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171315 .

Accessed: 28/06/2014 13:25

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PARTE TERZA

tiene soprattutto al pericolo di sviamento di clientela nei con

fronti dei comuni finitimi (la c. d. cintura torinese), per i quali non è operante la deroga di cui all'art. 3 legge n. 558.

Ciò premesso, osserva il tribunale come ai sensi dell'art. 1,

3° comma, citata legge n. 558 « la chiusura infrasettimanale deve

cadere in un'unica mezza giornata per tutti i negozi dello stesso

settore merceologico e per le località della stessa provincia ».

Il carattere tassativo della disposizione richiamata, derogabile,

nei soli casi di cui al successivo art. 3, è fuori discussione, così co

me è indubbia la finalità qui perseguita dal legislatore di garantire

l'operatore commerciale dal rischio di sviamento di clientela. In al

tri termini, l'interesse del consumatore a poter fruire di un servizio

il più possibile esteso e capillare ha quale logico contraltare

l'interesse del singolo commerciante ad operare in posizione per

fettamente paritaria nei confronti dei concorrenti, entro una di

mensione territoriale che il legislatore ha individuato in termini

rigidi nella provincia (art. 1, 3° comma) e in termini più elastici

nella regione (art. 1, uh. comma).

Ritengono peraltro le parti resistenti ed intervenienti che la

disposizione legislativa in esame, e quindi anche la ratio ad es

sa sottesa, siano venute meno per effetto dell'entrata in vigore

del d. pres. n. 616/1977, non ritenendosi logicamente compatibi

le con il trasferimento della relativa funzione « di interesse

esclusivamente locale » ai singoli comuni, la conservazione di

un criterio che presuppone necessariamente un livello di inter

vento ultracomunale.

L'eccezione non è fondata. Richiamato quanto già esposto in

ordine alle condizioni necessarie per ritenere implicitamente

abrogata una norma da parte di altra norma sopravvenuta, sem

bra evidente come anche nella peculiare fattispecie in esame non

esistano né una puntuale ed esauriente regolamentazione da par te dello ius superveniens della materia già fatta oggetto della

precedente normativa, né un rapporto di incompatibilità fra

questa e quella.

Pare anzi al tribunale che proprio nel nuovo sistema di com

petenze amministrative introdotte dal decreto n. 616, articolato

in un livello regionale di indirizzo e coordinamento e in un

livello comunale di puntuale attuazione, l'esigenza di unifor

mità garantita dall'art. 1, 3° comma, legge n. 558/1971 possa trovare piena ed efficace realizzazione, se ed in quanto la re

gione, anziché invadere il campo riservato al legislatore statale

arrogandosi il potere di dettare in piena autonomia propri cri

teri contra legem, si attenga correttamente alla funzione (ammi

nistrativa) di predisporre gli strumenti idonei per l'attuazione

della normativa vigente al caso concreto, assicurando in partico lare il necessario coordinamento fra gli interventi dei singoli co

muni laddove essi impingano in materie coinvolgenti interessi

che eccedono l'ambito puramente locale.

La regione potrà ad esempio prevedere in termini obbligatori un'intesa preventiva fra i diversi comuni della provincia o, al

limite, un proprio intervento sostitutivo idoneo a dirimere even

tuali conflitti inter pares e ad assicurare l'uniformità richiesta

inderogabilmente dal legislatore.

Né si obietti che in tal modo, risulterebbe gravemente meno

mata l'autonomia dei comuni nell'esercizio di una funzione di cui

pure essi hanno la titolarità: non si dimentichi infatti che sia

l'art. 118, r comma, Cost., sia, con portata più ampia, l'art. 1,

lett. e), legge-delega n. 382 del 1975 limitano il trasferimento ai

comuni delle sole funzioni «di interesse esclusivamente locale»,

di tal che, ogni qual volta la materia trasferita incida su una di

mensione territoriale più ampia, come nella fattispecie, si rende

indispensabile la mediazione di un'attività amministrativa di in

dirizzo e coordinamento, quale quella che l'art. 54, let. d), d.

pres. n. 616 ha devoluto alla competenza regionale.

Diversamente opinando, e quindi ammettendo la possibilità

per ogni comune di regolare autonomamente la materia degli orari di apertura e chiusura dei propri negozi e in partico lare di disporre la chiusura infrasettimanale in giorni diversi,

dovrebbe necessariamente concludersi per la illegittimità costi

tuzionale del richiamato art. 54, lett. d), laddove esso operi un

trasferimento ai comuni di funzioni che eccedono l'interesse me

ramente locale in violazione al criterio contenuto nella legge di

delega. Per tutti i sovraesposti rilievi deve pertanto dichiararsi l'ille

gittimità dei provvedimenti impugnati anche sotto il profilo de

dotto con il terzo motivo. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione III; sentenza 22 ottobre 1979, n. 680; Pres.

Battara, Est. Piacentini; Anzi e Besson (Avv. Dal Lago)

c. C.o.n.i. (Avv. Prosperetti), Federazione italiana sport in

vernali.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione III; sentenza 22 ottobre 1979, n. 680; Pres.

Giurisdizione civile — Federazione italiana sport invernali —

Provvedimento di esclusione dalla nazionale azzurra — Ri

corso dell'escluso — Giurisdizione amministrativa — Sussi

stenza.

Giustizia amministrativa — Ricorso gerarchico — Silenzio-ri

getto — Formazione al novantesimo giorno dalla spedizione a mezzo posta — Ricorso giurisdizionale oltre il sessantesimo

giorno successivo — Tardività (D. pres. 24 novembre 1971 n.

1199, semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi

amministrativi, art. 2).

Rientra nella giurisdizione amministrativa il ricorso proposto da

uno sportivo appartenente alla Federazione italiana sport in

vernali, affiliata al Comitato olimpico nazionale italiano, con

tro l'esclusione, disposta da tale federazione, dalla nazionale

azzurra, settore sci alpino, per violazione dei criteri di sele

zione precedentemente stabiliti (nella specie, il ricorso è stato

però dichiarato inammissibile per tardività). (1) È inammissibile per tardività il ricorso contro un provvedimento

impugnato in sede gerarchica, proposto al giudice amministra

tivo dopo più di sessanta giorni dalla formazione del silenzio

rigetto, avvenuta al novantesimo giorno decorrente dalla spe dizione del gravame a mezzo posta, e non dalla ricezione di

esso da parte dell'amministrazione decidente. (2)

(1) La sentenza ha respinto l'eccezione di difetto assoluto di giu risdizione, sollevata dal C.o.n.i., affermando che la natura di ente

pubblico, a questo spettante, ne dimostra l'inserimento nell'ordina mento giuridico statale italiano (quis dubitet?), e desumendo da ciò che anche l'ordinamento sportivo, del quale il C.o.n.i. è « ente espo nenziale », viene a trovarsi « inserito » nell'ordinamento giuridico statale italiano: sicché coloro i quali, per l'esercizio dell'attività spor tiva, sono soggetti all'ordinamento sportivo, sarebbero investiti « nei

suoi confronti delle stesse situazioni, siano esse di diritto soggettivo o di interesse legittimo, che ogni cittadino è suscettibile (?) di assu

mere di fronte alla pubblica amministrazione ». Lo sragionamento è

evidente: altro è che un cittadino, sia o non sia uno sportivo prati cante e tesserato, possa rivestire posizioni di diritto soggettivo o di

interesse legittimo, proprie dell'ordinamento giuridico statale italiano, nei confronti dell'ente pubblico C.o.n.i.; altro è che 'le posizioni che

lo sportivo appartenente ad una federazione riveste nell'ordinamento

sportivo siano, per ciò stesso, posizioni di diritto soggettivo o di in

teresse legittimo per l'ordinamento giuridico statale italiano. E tutte, senza alcun « filtro » ricavabile dalla ratio del rapporto fra i due or

dinamenti, alla quale deve guardare per primo chi crede all'utilità di impostare il problema secondo la teoria della pluralità degli ordi namenti giuridici: che il T.A.R. ha gratificato di consenso, ma non,

evidentemente, di diretta conoscenza. Per uno sragionamento analogo cfr. Pret. Novara 15 dicembre 1979,

Foro it., 1980, 1, 2341 (annotata in Giust. civ., 1980, I, 2545, da Lutso), che ha negato la propria giurisdizione sulla doman da di calciatore semiprofessionista radiato per illecito sportivo con la motivazione che il provvedimento disciplinare di ritiro della tes sera è un « atto di amministrazione » contro il quale è ammessa tutela davanti al giudice amministrativo (anche il pretore non si è doman dato se, per caso, non si tratti di un atto amministrativo proprio del l'ordinamento sportivo, che potrebbe non rilevare per l'ordinamento

giuridico statale italiano, o rilevare sotto un profilo e secondo una

qualificazione diversi dall'ordinamento sportivo). Sulla natura delle federazioni sportive e sui connessi problemi di

giurisdizione questa rivista ha riportato negli ultimi tempi numerose decisioni corredate dei necessari richiami: v., da ultimo, la nota re

dazionale alla citata Pret. Novara, che rimanda a tutti i precedenti in argomento. Alle indicazioni di dottrina adde Quaranta, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in Riv. dir. spor

tivo, 1979, 29; Bianchi D'Urso, Riflessioni sulla natura giuridica del vincolo sportivo, in Dir. e giur., 1979, 1; Venchi, A proposito delle

federazioni sportive. Notazioni in tema di rappresentanza e di re

sponsabilità, in Riv. amm., 1979, 741; S. Cassf.se, Sulla natura giu ridica delle federazioni sportive e sull'applicazione ad esse della di

sciplina del « parastato», in Riv. dir. sportivo, 1979, 117; Luiso, Ancora sui rapporti tra ordinamento statale e ordinamento sportivo, in Rass. giur. umbra, 1978, 345.

(2) Il principio affermato è singolare in quanto utilizza in danno del ricorrente una norma che si ritiene essere stata posta in suo fa vore. In giurisprudenza, sul procedimento di formazione del c. d.

silenzio-rigetto, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. Latina, 7 dicembre 1979, n.

100, Trib. amm. reg., 1980, I, 68; T.A.R. Piemonte 30 gennaio 1980, n. 45, ibid., 969; Cons. Stato, Ad. plen., 14 aprile 1978, n. 15 e 7 febbraio 1978, n. 4, Foro it., 1978, III, 337, con ampia annotazione di G. B. Garrone; quest'ultima decisione è commentata da F. Mi gliarese Tamburino, Silenzio-rigetto e profili di potere e dovere del

superiore in seguito alla presentazione del ricorso gerarchico, id., 1979, III, 392. Da ultimo, v. ancora Ad. plen. 6 maggio 1980, n. 16, Foro it., 1980, III, 435, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Il Tribunale, ecc. — Fatto. — Con separati ricorsi a identico contenuto di cui ai nn. di ruolo 883 e 884 del 1976, notificati il 3 maggio 1976 i sig.ri Giuliano Besson e Stefano Anzi hanno

impugnato i provvedimenti dell'ufficio di presidenza della F.i.s.i. del 13 giugno 1975 e del consiglio federale della stessa federa zione del 28 giugno e 16 novembre 1975, per effetto dei quali sono stati esclusi dalla squadra « P » della nazionale azzurra, settore sci alpino, per la stagione 1975-76.

Premesso in punto di fatto: a) di essere entrati a far parte della squadra nazionale giovanile di sci e di essere poi stati

promossi in prima squadra (squadra « A »); b) di aver fatto

parte di detta squadra, fino alla stagione agonistica 1974-75, fa-, cendo cosi' dell'attività sportiva esercitata l'unica ed esclusiva

occupazione; c) di aver adempiuto a tutti gli obblighi imposti ad ogni atleta appartenente alle squadre nazionali e di aver rice

vuto i compensi previsti che costituiscono una vera e propria retribuzione; d) di aver perso nella stagione agonistica il diritto di appartenere alla squadra A ma di aver comunque conservato il diritto di essere inserito nella squadra «P»; e) di avere in vece ricevuto — in data 23 maggio 1975 — una comunicazione del direttore agonistico dello sci alpino con cui venivano esclusi

totalmente dall'attività agonistica; /) di aver reclamato contro

tale provvedimento presso il consiglio federale che con lettera

del 28 novembre 1975 ratificava la decisione di escluderli dall'atti

vità agonistica e — per altri motivi — li radiava dai ruoli fede

rali; g) di aver proposto ricorso sia avverso la radiazione dai

ruoli federali (e la sanzione veniva dapprima commutata in due anni di squalifica e poi amnistiata) sia avverso la esclusione dalla

squadra « P » della nazionale azzurra, settore sci alpino; h) di

non aver avuto alcuna decisione in merito a tale ricorso (spe dito il 1° dicembre 1975 e ricevuto dal C.o.n.i. il 5 dello stesso

mese) nonostante fosse trascorso il termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 d. pres. 24 novembre 1971 n. 1199, i ricorrenti hanno

impugnato i provvedimenti già oggetto del ricorso gerarchico deducendo i seguenti motivi di censura:

I motivo: Violazione di legge. (Poiché nel rapporto che lega il C.o.n.i.-F.i.s.i. ai ricorrenti è da ravvisare un vero e proprio

rapporto di pubblico impiego, il provvedimento impugnato co

stituisce una risoluzione di tale rapporto senza giusta causa.

II motivo: Eccesso di potere per violazione di norme interne.

A norma del regolamento federale, della squadra « P » fanno

parte sia i retrocessi dalla squadra « A » sia coloro che per una

specialità siano classificati nei primi 50 posti delle classifiche

mondiali: pertanto i ricorrenti dovevano necessariamente essere

immessi nella squadra « P » sia perché risultavano retrocessi

dalla squadra « A », sia perché si erano classificati utilmente nella

classifica internazionale di almeno una delle specialità sciistiche.

Ili motivo: Eccesso di potere per disparità di trattamento. Se

condo i ricorrenti il provvedimento adottato nei loro confronti

è illegittimo perché altri atleti, classificatisi, in graduatorie di

singole specialità sciistiche, in posti meno elevati, furono, ciò

nonostante inclusi nella squadra «P».

IV motivo: Eccesso di potere per sviamento, nonché per ca

renza e incongruità della motivazione. I provvedimenti impu

gnati non solo non danno precisa certezza della deliberazione

dell'organo federale a cui spetta decidere l'esclusione dell'atleta

dalla squadra nazionale, ma non forniscono nemmeno una mo

tivazione del perché si sia proceduto in tal senso contro i ricor

renti, nonostante il grave pregiudizio, sia morale che economico

che questi ne avrebbero riportato. Rilevano, inoltre, gli interessati

che in ogni caso le ragioni addotte nel provvedimento di esclu

sione circa il valore di retrocessione che avrebbe assunto la loro

collocazione nella squadra « P » contrastano con le precise norme

che regolano la materia, cosi' come insufficiente appare l'accenno

alla riduzione del numero dei partecipanti ai giochi olimpici,

prescritto dal nuovo regolamento olimpico, dato che il numero

dei prescelti per la partecipazione ai giochi olimpici non è in

rapporto né con il numero dei componenti la squadra « A » né,

a maggior ragione, con quello dei componenti la squadra «P».

(Omissis) Diritto. — I ricorsi come specificati in epigrafe, stante la loro

connessione oggettiva possono essere riuniti e decisi con unica

pronuncia. Va preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto assoluto

di giurisdizione sollevata dall'ente resistente sia implicitamente sotto il profilo dell'autonomia dell'ordinamento sportivo rispetto

all'ordinamento statale sia sotto il profilo della inesistenza di una

situazione giuridica tutelabile del ricorrente; secondo il C.o.n.i.

infatti, avendo i provvedimenti impugnati natura di giudizio tecnico in ordine alla inclusione di atleti nelle squadre nazionali

esso sarebbe frutto di una discrezionalità insindacabile, e non

avrebbe alcuna possibilità di incidere su alcuna posizione giu

ridica tutelata non potendosi configurare né un diritto soggettivo,

né un interesse legittimo di un atleta a far parte di una squadra nazionale.

L'eccezione è infondata.

Come ha affermato infatti il Consiglio di Stato <Sez. VI n. 1053 del 20 ottobre 1978, Foro it., 1979, III, 376), « l'ordinamento

positivo nazionale considera il C.o.n.i. in modo sostanzialmente non difforme da qualsiasi altro ente pubblico parastatale » e tale considerazione sarebbe da sola sufficiente ad affermare la

giurisdizione del tribunale adito nella presente fattispecie, trat tandosi di controversia avente ad oggetto i rapporti tra un sog getto titolare di un diritto o di un interesse legittimo ed un ente pubblico dell'ordinamento italiano.

Ma alla stessa conclusione si deve arrivare considerando che

la tesi implicitamente esposta dal C.o.n.i. circa l'autonomia del

proprio ordinamento rispetto a quello statale non può essere in

alcun modo sostenuta.

Certamente non può essere messa in dubbio la pluralità degli ordinamenti giuridici: ogni gruppo di soggetti, più o meno or

ganizzato per raggiungere proprie finalità, costituisce un ordina

mento giuridico (ed il fenomeno è identico a prescindere dalle

dimensioni del gruppo) che si pone in rapporto con gli altri or

dinamenti esistenti.

Ma ciò non può implicare che l'ordinamento di un ente possa

ispirarsi a principi contrastanti con quelli che informano di sé l'ordinamento statale né può contenere norme che violino gli stessi principi come ad esempio l'art. 4 dello statuto F.i.s.i., il cui 3° comma obbliga tutti gli appartenenti alla federazione « a

non adire mai, per la tutela dei propri eventuali diritti ed in

teressi e per la risoluzione di qualsiasi controversia comunque attinente all'attività sportiva, altre autorità che non siano quelli federali », sancendo (al 5° comma) la perdita di tutti i diritti

federali per chi trasgredisce al detto obbligo. È evidente l'illegittimità di tale disposizione (che peraltro non

può essere annullata in questa sede, non avendo formato og

getto di specifica impugnazione) dato che tra i principi fonda

mentali dell'ordinamento statale italiano è sicuramente quello, sancito dagli art. 23, 24, 25 e 113 Cost., che assicurano al cit

tadino in ogni caso la tutela giurisdizionale da parte degli or

gani a ciò preposti dell'ordinamento stesso.

Deve quindi escludersi che il soggetto inserito nell'ordina

mento sportivo possa vedersi precluso, per tale sua appartenenza, il ricorso all'azione giudiziaria sia di fronte al giudice ordinario

che dinanzi a quello amministrativo.

Ma l'eccezione del C.o.n.i. si fonda, come si è visto, anche sul

l'inesistenza di una situazione tutelabile e cioè di un interesse

legittimo dello sportivo rispetto all'attività, dell'ente e, comun

que, alla natura di discrezionalità tecnica di tale attività.

Anche sotto tale profilo peraltro l'eccezione è infondata. L'ac

certato inserimento dell'ordinamento sportivo e del suo ente

esponenziale, il C.o.n.i., nell'ordinamento giuridico statale ita

liano, anzi la sua dipendenza da quest'ultimo, comporta infatti

che il soggetto inserito in tale ordinamento sia titolare nei suoi

confronti delle stesse situazioni, siano esse di diritto soggettivo o di interesse legittimo, che ogni cittadino è suscettibile di as

sumere di fronte alla pubblica amministrazione. La presenza di

ordinamenti particolari nell'ambito di un ordinamento più ge nerale qual'è quello statale non è certo fenomeno eccezionale

(basti pensare, ad es., all'ordinamento militare o all'ordinamento

scolastico) ma l'appartenenza ad uno di essi non ha mai pro vocato la caducazione della tutela che al cittadino è assicurata

dalla Carta costituzionale. Certamente a tali ordinamenti è rico

nosciuto un potere disciplinare, ma anche l'esistenza di tale po tere disciplinare non vale ad attenuare la posizione del citta

dino appartenente ad uno dei suddetti ordinamenti. L'accerta

mento della esistenza di una situazione di interesse legittimo o

di diritto soggettivo di uno sportivo discende quindi dalla nor

mativa sia generale che particolare che si riferisce a quella par ticolare situazione di fatto in cui si trova ad essere il soggetto.

Nella specie, com'è noto, si trattava della partecipazione dei

ricorrenti alla squadra « P » della nazionale azzurra di sci. Al

riguardo si deve far rilevare come la partecipazione sia alla

squadra «P», sia alla squadra «A» era stata disciplinata dalla

stessa Federazione italiana sport invernali — F.i.s.i. —, sulla

base dei seguenti criteri:

« Squadra A - maschile: fanno parte gli atleti che almeno in

una specialità siano classificati nei primi quindici della classifica

mondiale o che in due specialità siano classificati nei primi tren

ta. Femminile: fanno parte le atlete che almeno in una specialità

siano classificate nelle prime venti della classifica mondiale, o in

due nelle prime trenta.

Squadra P - maschile e femminile: fanno parte: a) i retro

cessi della squadra « A » che, qualora non siano intervenuti in

fortuni o malattie, entro la stagione dovranno riconfermare la

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PARTE TERZA

squadra « A », pena l'uscita dalla squadra nazionale; b) coloro

che, già appartenenti alla squadra « A », per infortunio o ma

lattia, abbiano interrotto l'attività per una o più stagioni; c) co loro che almeno in una specialità siano classificati nei primi cinquanta delle classifiche mondiali».

In tali criteri si specifica inoltre che « non è ammessa la re trocessione dalla squadra « P » se non per infortunio o malattia ».

Come si può ben vedere, nel dettare tali criteri la F.i.s.i. si era autolimitata nel senso che ha fatto discendere la parteci pazione alla squadra « A » o « P » non da valutazioni medico

sportive delle capacità atletiche di ogni singolo aspirante bensì da dati obiettivi certi quali i risultati conseguiti dai singoli atleti nelle varie gare internazionali alle quali essi avevano parteci pato e senza riservarsi alcun potere di esclusione per motivi di rendimento atletico, indipendentemente dai risultati conseguiti. Ciò significa che nel dettare tali criteri la federazione aveva costituito negli aspiranti alla partecipazione alle squadre azzurre di sci alpino e che avessero riportato quei piazzamenti prescritti una posizione di interesse legittimo all'inserimento in dette squa dre. In altre parole si deve affermare che la scelta di un parte cipante ad una squadra nazionale può essere frutto di una va lutazione meramente discrezionale (nei confronti della quale non è possibile alcun sindacato da parte del giudice amministrativo) o conseguenza dei risultati conseguiti dall'atleta nel campo delle

gare internazionali nel quale caso la scelta (se di scelta si può ancora parlare) discende conseguenzialmente dai risultati stessi ed il compito degli organi federali è limitato al semplice accer tamento dei medesimi.

IÈ quindi evidente che, in tale seconda ipotesi, la violazione dei criteri adottati non riguarda più il merito dei provvedimenti di scelta, bensì la sua legittimità il cui accertamento rientra in

pieno nei poteri del giudice amministrativo. Poiché, nella spe cie, la F.i.s.i. ed i suoi organi avevano adottato tale seconda mo dalità di scelta dei partecipanti alle squadre nazionali, creando cioè vere e proprie situazioni di interesse legittimo negli atleti in possesso dei requisiti richiesti, la violazione dei criteri prescelti comporta altresì violazione di un interesse legittimo del ricor rente e conseguentemente la giurisdizione di questo tribunale.

Fondata è invece la seconda eccezione sollevata dal C.o.n.i. a

proposito della tempestività dei ricorsi. Con i ricorsi, infatti, si impugnano direttamente i provvedimenti

di esclusione dalla squadra nazionale « P » adottati dal consiglio federale F.i.s.i. il 28 novembre 1975, a seguito del silenzio-ri

getto formatosi sui ricorsi gerarchici proposti al C.o.n.i., in data 1° dicembre 1975. Peratro il silenzio-rigetto si era formato alla data del 28 febbraio 1976 e il termine per impugnare i provve dimenti originari veniva dunque a scadere il successivo 28 aprile 1976. Poiché i ricorsi sono stati proposti in data 3 maggio 1976 essi sono dunque da dichiarare inammissibili perché intempestivi.

Né per salvare dall'inammissibilità i ricorsi può tenersi conto della data di ricevimento del ricorso gerarchico da parte del C.o.n.i. (il che sposterebbe al 5 dicembre 1975 ia data di inizio della decorrenza di tutti i termini e fisserebbe il termine finale al 3 maggio 1976) dato che il pres. 24 novembre 1971 n. 1199 all'art. 2, comma 2°, specifica che « quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presenta zione » e, ai sensi del successivo art. 6, il termine per la for mazione del silenzio-rigetto decorre proprio dalla data di pre sentazione del ricorso.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LI GURIA; sentenza 26 aprile 1979, n. 163; Pres. Vivenzio, Est. Gomez de Ayala; Ostigani (Avv. Marino) c. Regione Liguria (Avv. Petrocelli).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LI GURIA; sentenza 26 aprile 1979, n. 163; Pres. Vivenzio, Est.

Giustizia amministrativa — Provvedimento regionale — Ricorso — Notificazione all'amministrazione emanante — Trasferimento di competenza ai comuni — Integrazione del contraddittorio —

Necessità (D. pres. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della de

lega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975 n. 382, art. 60).

Notificato il ricorso all'amministrazione regionale emanante il

provvedimento impugnato (nella specie, diniego di autorizza zione all'ampliamento di un campeggio), deve essere ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune al

quale la relativa competenza è stata successivamente trasfe rita. (1)

(1) Non risultano precedenti specificamente relativi alle incidenze sui giudizi pendenti del trasferimento di competenze ai comuni, giac ché esso è stato disposto con consistente ampiezza solo dall'ancora recente d. pres. 24 luglio 1977 n. 616.

Il Tribunale, ecc. — L'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall'amministrazione resistente, è infondata e pertanto, dev'essere respinta

È ben vero, infatti, che l'art. 60 d. pres. 24 luglio 1977 n. 616 attribuisce ai comuni le funzioni amministrative in materia di

promozione di attività ricreative e sportive, gestione di impianti e servizi complementari alle attività turistiche, nonché rifugi al

pini, campeggi ed altri esercizi ricettivi extra-alberghieri.

Peraltro, il successivo art. 137 del citato d.pres. n. 616 testual mente stabilisce che la relativa normativa abbia effetto dal 1° gen naio 1978, e, quindi, in data successiva alla notifica del ricorso di cui è causa, avvenuto il 30 dicembre 1977.

Tanto premesso, devesi, tuttavia, aggiungere subito come, a

seguito dell'intervenuta operatività della citata norma, il comune si ponga quale parte necessaria nel presente giudizio, essendo il

giudicato preordinato, in forza del disposto normativo di cui

sopra, a dispiegare i suoi effetti proprio nei suoi confronti e ad incidere direttamente, quindi, nella sua sfera giuridica.

Non sfugge, al collegio, invero, che l'adunanza plenaria del

Consiglio di Stato, con decisione n. 7 del 3 luglio 1973 (Foro it., 1973, III, 305), ha statuito, in materia di trasferimento di funzioni amministrative alle regioni, che, conformemente ai caratteri del

processo amministrativo, costruito dall'ordinamento quale giudi zio di impugnazione dell'atto, la notifica del gravame va effet tuata nei confronti della solta autorità emanante, a nulla rile vando che — successivamente all'adozione dell'atto amministra tivo — le competenze siano in ipotesi trasferite ad altra autorità in guisa che il contraddittorio deve ritenersi in tal modo retta mente instaurato, « non potendosi configurare l'esistenza di un onere di notifica del gravame stesso (con conseguente improce dibilità della proposta impugnativa in caso di omissione di tale

onere) anche alla regione competente, nel silenzio di un'espli cita disposizione al riguardo nella normativa in materia, e con siderato che la possibilità dell'incidenza della decisione ammini strativa in soggetti restati estranei al processo costituisce un'eve nienza che non può ritenersi in contrasto con i caratteri del

Viceversa, la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi nu merose volte sull'analogo problema conseguente ai trasferimenti di competenze alle regioni; ed essa appare orientata secondo la soluzio ne adottata già sulla base del primo di tali trasferimenti, quello attua to con i decreti presidenziali delegati del gennaio 1972, Ad. plen. 3 luglio 1973, n. 7, Foro it., 1973, III, 305, con nota di richiami: il ri corso notificato regolarmente all'autorità statale emanante, quando an cora era competente in materia, non deve essere notificato successiva mente alla regione, quando la relativa competenza gli è stata trasfe rita dalla posteriore legislazione; in questo senso, Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo e 20 maggio 1980, nn. 270 e 567, Cons. Stato, 1980, I, 279 e 679; Sez. IV 19 ottobre 1979, n. 708, id., 1979, I, 1422; T.A.R. Ve neto 26 marzo 1975, n. 78, Foro it., Rep. 1975, voce Giustizia ammi nistrativa, n. 1467; Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 1974, n. 401, id., Rep. 1974, voce cit-, n. 441; e, con formulazione più generale, T.A.R. Marche 10 luglio 1978, n. 284, id., Rep. 1979, voce cit., n. 697. Ap pare perciò isolata la sentenza del T.A.R. Toscana 27 luglio 1979, n. 660, Trib. amm. reg., 1979, I, 3265, che, come la pronuncia che ora si riporta, afferma la necessità dell'integrazione del contraddittorio nei confronti della regione.

La notificazione del ricorso anche all'ente al quale viene trasferita la competenza dopo l'emanazione del provvedimento impugnato, viene richiesta dalla giurisprudenza consolidata solo quando tale trasferi mento sia anteriore alla notificazione del ricorso stesso: T.A.R. Sar degna 22 maggio 1979, n. 167, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 699; Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 1977, n. 410, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 780, 792; T.A.R. Lombardia 31 agosto 1976, n. 739, ibid., n. 784; Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 669, id., Rep. 1974, voce cit., n. 587.

La regione alla quale il ricorso non deve essere notificato, peraltro, può sempre intervenire spontaneamente nel giudizio: in questo senso, v., oltre la richiamata Ad. plen. n. 7 del 1973, T.A.R. Campania 14 marzo 1979, n. 96, id., Rep. 1979, voce cit., n. 698, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 26 settembre 1975, n. 401, id., 1976, III, 140, con nota di Montanari, per quanto non del tutto pertinente, perché in riferi mento ad una competenza trasferita alla regione distinta, seppur con nessa, da quella il cui esercizio aveva posto in essere il provvedimento statale impugnato.

Per altri riferimenti, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20 dicembre 1977, n. 1281, id., 1979, III, 267, con nota di Messerini, che ha affermato che il provveditore regionale alle opere pubbliche non può proporre appello come organo dello Stato contro la sentenza emessa in ma teria di edilizia scolastica, trasferita alle regioni, anche se era stato parte del giudizio di primo grado in tale sua qualità; nonché Cass. 15 ottobre 1979, n. 5367, id., 1979, I, 2564, con nota di richiami, che ha affermato che la regione è legittimata a proporre ricorso per cas sazione contro la decisione del Consiglio di Stato, relativa ad un provvedimento del medico provinciale, anche se essa sia rimasta estra nea al giudizio, perché nel frattempo l'ufficio di tale medico provin ciale è stato trasferito alla regione stessa.

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