Sezione IV; decisione 13 marzo 1963, n. 155; Pres. Meregazzi, Est. Piga; Congregazionemissionaria dello Spirito Santo (Avv. Silvestri, Sivieri) c. Pres. Cons. ministri, Min. interno,lavori pubblici, tesoro e Prefetto di Roma (Avv. dello Stato Terranova) e Comune di Roma(Avv. Focacci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 375/376-377/378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152914 .
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375 PARTE TERZA 376
La Sezione, ecc. — Si può prescindere dalla pregiudiziale eccezione di legittimazione attiva della Provincia di Bol
zano, giacché il ricorso si palesa infondato.
La controversia si accentra intorno alla interpretazione dell'art. 54 dello Statuto regionale del Trentino-Alto Adige, il quale dispone : « Nell'ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad assicurare la rappre sentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti stessi ».
Secondo la ricorrente, la norma costituzionale imporrebbe che la Commissione, prevista dall'art. 105 t. u. del 1934
n. 1265, sia composta dal Presidente della Giunta regionale, attenendosi nella nomina dei componenti al criterio della
rappresentanza proporzionale dei gruppi etnici.
Occorre innanzi tutto rilevare, con riguardo al testo
letterale della norma, che esso concerne gli organi degli enti locali ; fra questi, secondo la stessa tecnica terminolo
gica dello Statuto, non si possono comprendere nè la Re
gione, nè la Provincia, significativa è al riguardo la distin
zione posta dall'art. 48, che, nel determinare le competenze di controllo della Giunta provinciale, indica in un numero
distinto (n. 5) le amministrazioni comunali, le istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza, i consorzi e gli altri
enti o istituti locali ». Alla Regione è stata conferita la
nomina delle commissioni giudicatrici dei concorsi farma
ceutici ; esse sono quindi organi regionali e anche se eser
citano la loro competenza territoriale nell'àmbito della
Provincia, non per questo si inseriscono nell'ordinamento
degli enti locali. La limitazione della competenza territo
riale della Commissione ad una parte del territorio della
Regione non ne trasforma infatti la funzione, che è quella di provvedere nell'àmbito della materia sanitaria, conferita
alla Regione e non alla Provincia. Del resto il decreto pres. 18 febbraio 1958 n. 307 ha trasferito la competenza spet tante allo Stato, per la tutela dell'igiene e della sanità
pubblica, soltanto per le materie tassativamente indicate
dai nn. 1, 2, 3 e, fra queste, non è menzionata la materia
delle farmacie, sicché non dovrebbe escludersi che l'attri
buzione del potere di nomina delle commissioni giudicatrici non ha mutato la loro natura originaria di organi statali.
Ma seppure dette commissioni sono da considerarsi
organi della Regione, per un esercizio decentrato di funzioni, che le appartengono, ciò è sufficiente ad escludere l'appli cabilità della norma invocata dalla ricorrente Provincia, la quale ha per oggetto soltanto gli ordinamenti degli enti, che debbono qualificarsi « locali » nell'àmbito territoriale
della Regione. La norma invocata merita un'ulteriore precisazione,
che discende dalla finalità, che essa si propone e cioè la
tutela degli interessi dei gruppi etnici amministrati dal
l'ente ; tale finalità, attuata con la rappresentanza propor zionale dei gruppi linguistici, può essere realizzata soltanto nei limiti di un'azione amministrativa che non superi i
confini degli enti locali caratterizzati dal bilinguismo della
popolazione. Non può quindi applicarsi ad un organo, che è chiamato a valutare candidati dell'intero territorio
dello Stato, con eguale obiettività ed imparzialità, le quali ultime esigenze escludono, per altro verso, che, in seno alle
commissioni esaminatrici, possono prevalere criteri, che
non siano quelli di un apprezzamento tecnico delle attitu dini dei candidati ad assumere i compiti di titolare delle
sedi farmaceutiche messe a concorso.
Tanto è confermato ulteriormente dalla stessa formula
zione della norma, la quale, facendo riferimento alla « rap
presentanza » dei gruppi linguistici, ne limita necessaria
mente l'applicazione a quegli organi collegiali che hanno
carattere, come suol dirsi, « rappresentativo » e cioè a
quegli organi, i cui membri siano nominati in funzione della
rappresentanza di determinati interessi o di determinate
categorie, sicché i membri apportino, pur in seno ài"collègio, le valutazioni di quegli interessi specifici. Una siffatta con
figurazione è da escludersi per la Commissione prevista dall'art. 105 del t. u. delle leggi sanitarie. E se anche doves
sero considerarsi come rappresentanti di interessi o di
gruppi il farmacista e il chimico-farmacista designati dalle
organizzazioni professionali, essi non potrebbero mai essere
rappresentanti di questo o di quel gruppo linguistico, ma
soltanto degli interessi professionali della categoria, non
consentendosi neppure quindi sotto tale aspetto l'ingresso all'applicazione dell'art. 54 dello Statuto Trentino-Alto
Adige. D'altronde la interpretazione seguita dalla Sezione trova
autorevole conforto uella sentenza 4 luglio 1956, n. 12
dalla Corte costituzionale (Foro it., 1956, I, 1034), la quale, risalendo alla natura degli interessi tutelati, ha precisato che la prescritta proporzionalità non può trovare appli cazione se non quando l'interesse generale della popolazione si esplichi in valutazioni di interessi di alcune categorie ben identificate.
Sotto il profilo dell'interesse tutelato dall'ordinamento
sanitario non vi è dubbio che esso non è quello dei singoli farmacisti, ma quello generale dell'intera popolazione a
vedere assicurata la migliore gestione dei servizi farmaceu tici prescindendo quindi dall'appartenenza del titolare della
farmacia a questo o quell'altro gruppo. Che poi si volesse anche considerare l'interesse della categoria, allora dovrebbe
ripetersi che al concorso delle sedi farmaceutiche di una delle due province possono partecipare tutti i cittadini italiani (così come per tutte le altre farmacie dello Stato) cosicché verrebbe a svanire ogni possibilità di una propor zionale rappresentanza degli interessi dei gruppi linguistici.
Le considerazioni svolte per escludere l'applicabilità del l'art. 54, conducono ovviamente a dichiarare la manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalità, subordina tamente dedotta dalla ricorrente, in ordine alla mancata attuazione normativa del principio invocato.
Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 13 marzo 1963, n. 155 ; Pres. Mere
gazzi, Est. Piga ; Congregazione missionaria dello
Spirito Santo (Avv. Silvestri, Sivieri) c. Pres. Cons,
ministri, Min. interno, lavori pubblici, tesoro e Prefetto di Roma (Avv. dello Stato Terranova) e Comune di Roma (Avv. Focacci).
Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Piano particolareggiato — Ter mini per il compimento delle espropriazioni —
Mancanza — Illegittimità (Legge 17 agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, arto. 16).
È illegittimo il decreto presidenziale di approvazione di piano particolareggiato (nella specie, del Comune di Roma), nel quale manca Vindicazione del termine per il compi mento delle espropriazioni. (1)
(1) Conf. Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 1959, n. 1184, Foro it., Rep. 1959, voce Piano regolatore, n. 91 ; 28 novembre 1958, n. 937, id., 1958, III, 257, con nota di richiami.
Per il Comune di Roma, ove non sia fissato il termine per l'esecuzione del piano particolareggiato, questo è soggetto al termine finale unico previsto dal piano generale : v. Cons. Stato, Sez. IV, 0 marzo 1903, n. 132, Cons. Stato, 1903, I, 330, e Ad. plen. 30 maggio 1902, n. 5, Foro it., 1902, III, 200, che statuisce anche sulla propria competenza a conoscere dell'impugnazione del decreto di espropriazione, di cui erano decorsi i termini (v., in senso contrario, Cass. 28 febbraio 1901, ibid., I, 1058).
Sulla rilevanza del termine nelle espropriazioni in riferi mento all'art. 13 della legge del. 1805, v., da ultimo, Cons. Stato, Ssz. IV, 14 settembre 1902, n. 499, retro, 82. È illegittimo il provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, ove non venga prefissato il termine per il compimento delle espropriazioni: v., fra le tante, le deci ioni .Sez. IV 11 aprile 1900, n. 200 e 22 novembre 1901, n. 074, Foro it., Rep. 1901, voce Espropriazione per p. i., nn. 43, 58. "'Sull'obbligo di pre fissione del termine, anche per le espropriazioni il cui interesse pubblico è dichiarato con legge, v. Cons. Stato, Sez. IV, 23 maggio 1902, n. 371, id., 1902, III, 271 ; Cass. 17 febbraio 1901, id., 1901, I, 317 ; e Trib. sup. acque pubbliche 30 dicembre 1900, n. 41, ibid., Ili, 244.
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òli GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA §78
La Sezione, ecc. — Il decreto pres. 23 febbraio 1960 è
palesemente viziato da illegittimità in quanto, in violazione
dell'art. 16 della legge generale urbanistica, non contiene
fissazione dei termini entro cui dovranno essere compiute le espropriazioni.
Questa illegittimità è stata denunziata dalle ricorrenti fin col primo motivo del ricorso notificato il 20 febbraio
1962 ed è stata ribadita e ampiamente illustrata nei motivi
aggiunti notificati I'll maggio 1962.
Il vizio è di sua natura assorbente di qualsiasi altra
censura. L'annullamento disposto per tale motivo travolge il provvedimento impugnato e impedisce all'Amministra
zione di dar corso alla procedura espropriativa che sulla
base del piano particolareggiato sia stata eventualmente
iniziata. E poiché l'interesse dedotto in giudizio a sostegno
dell'impugnazione va individuato nell'utilità di impedire l'esercizio del potere espropriativo non conforme a legge, detto interesse può dirsi compiutamente soddisfatto con
l'eliminazione dell'atto che contiene la dichiarazione di
pubblica utilità ed è presupposto dell'espropriazione. Che poi l'illegittimità esista è assolutamente sicuro.
L'art. 16 della legge urbanistica prescrive che col de
creto di approvazione dei piani particolareggiati sono fissati
il tempo entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere
attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le
relative espropriazioni. È evidente che il precetto legislativo non può ritenersi
osservato allorché, come si verifica nel provvedimento im
pugnato, sia indicato soltanto il termine per l'attuazione
del piano particolareggiato. Il tempo di attuazione del piano concerne il complesso
delle opere previste nel piano e non può identificarsi col
termine per il compimento delle espropriazioni. È lo stesso
legislatore che vuole che questa identificazione non avvenga. Né può sostenersi che la fissazione dei due termini, per
l'attuazione della variante e per il compimento delle espro
priazioni, non costituisca elemento essenziale del provvedi mento di approvazione dei piani particolareggiati.
È appena da osservare che la prefissione del duplice ter
mine per l'attuazione del piano ed il compimento delle
espropriazioni è in armonia con la regola contenuta al
l'art. 13 della legge generale sulle espropriazioni per pub blica utilità, che richiede appunto per la validità della dichia
razione di pubblica utilità la indicazione dei termini in
cui dovranno cominciarsi e compiersi le espropriazioni ed
i lavori per la esecuzione dell'opera.
Anzi, da questo punto di vista, può dirsi che l'art. 16
della legge urbanistica sia la logica conseguenza del prin
cipio contenuto all'art. 13 della legge generale sulle espro
priazioni per pubblica utilità, dato che, come è general mente noto e come l'art. 16 della legge urbanistica espressa mente dispone, l'approvazione dei piani particolareggiati
equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in
essi previste. C'è infine da precisare che l'art. 16 della legge urbani
stica, prescrivendo che i termini per le espropriazioni siano
fissati col decreto di approvazione del piano particolareg
giato, esclude che la fissazione dei termini possa avvenire
con atto dell'autorità comunale.
Va pertanto respinta la tesi adombrata nella difesa dei
resistenti, secondo cui il provvedimento del Capo dello
Stato dovrebbe intendersi in questa parte integrato da
una successiva deliberazione della Giunta municipale. I ricorsi in oggetto sono pertanto accolti sul profilo di
illegittimità dedotto col primo motivo del primo ricorso.
I residui motivi di impugnazione debbono ritenersi assor
biti. Sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le
spese del giudizio. Per questi motivi, ecc.
In dottrina, v. Durano, Espropriazioni per pubblico inte resse e impugnazione del decreto con cui si rende esecutivo il
piano particolareggiato, in Ammin. it., 1961, 664 ; Sanino, Ter
mini del decreto di espropriazione, in Biv. giur. umbro-abruzzese, 1962, 155.
Il Foro Italiano — Volume LXXXVI — Parte III-20.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 13 marzo 1963, n. 154 ; Pres. Mere
gazzi, Est. Urciuoli ; Soc. Contrada Betlemme già Soc. Lanificio Lncano (Avv. Carboni, Ghezzi, Perego) c. Prefetto di Potenza (Avv. dello Stato Carafa), Min.
interno ed altro (n. c.).
Espropriazione per pubblica utilità — Industrializ
zazione del Mezzogiorno -— Occupazione d'ur
genza — Condizioni di legittimità (D. 1. 14 dicembre
1947 n. 1598, disposizioni per l'industrializzazione del
Mezzogiorno, art. 4 ; legge 25 giugno 1865 n. 2359, sulle espropriazioni per p. u., art. 71).
È illegittimo il decreto prefettizio di occupazione d'urgenza d'immobili di privati, nel quale si prescinde dall'accertare se le opere, ad attuare le quali è preordinato, rientrano
tra quelle, la cui dichiarazione di pubblica utilità è pre vista ai fini dell'industrializzazione del Mezzogiorno. (1)
La Sezione, ecc. — Con il primo motivo di gravame, la ricorrente censura il provvedimento di occupazione di
urgenza di un immobile di sua proprietà, adottato dal Pre
fetto di Potenza il 10 settembre 1960, sotto il profilo della
violazione di legge, per mancato accertamento del requisito della pubblica utilità delle opere, alla cui realizzazione
l'occupazione era in effetti preordinata. Si rende, quindi, necessario esaminare preliminarmente
se, in sede di impugnativa di un provvedimento di occupa zione di urgenza, emanato dal Prefetto ; ai sensi delle note
leggi dirette a favorire la industrializzazione del Mezzo
giorno, siano ammissibili censure di siffatta natura. È ben noto che espropriazione per pubblica utilità ed
occupazione d'urgenza, disposta ai sensi dell'art. 71 della
legge n. 2359 del 1865, quale risulta modificato dalla legge n. 5188 del 1879, sono istituti del tutto autonomi ed indi
pendenti tra loro, in quanto diversa è la causa su cui si
fondano e diversi sono gli scopi pratici che tali distinti istituti mirano a conseguire. Ne deriva che i vizi, da cui
sia eventualmente affetta la dichiarazione di pubblica utilità ed il conseguente procedimento di espropriazione dei
beni immobili necessari per realizzare l'opera, non si ri
percuotono necessariamente sul provvedimento disposto dal prefetto ai sensi della seconda parte del 1° comma del
citato art. 71, dato che l'occupazione deve essere preceduta soltanto dalla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dei lavori, dalla preventiva compilazione dello stato di
consistenza dei beni da occupare e dalla determinazione
della indennità dovuta al proprietario dei medesimi.
Questi principi, che, sia pur con qualche riserva, sono
stati per lunghi anni concordemente accolti sia dalla dot
trina sia dalla giurisprudenza, hanno, tuttavia, formato
oggetto, in questi ultimi tempi, di un attento processo di
revisione, dal quale è emerso, con sufficiente chiarezza, che
essi non possono trovare integrale applicazione quando l'occupazione di urgenza :
a) sia preordinata ai fini dell'espropriazione ed abbia
quindi il carattere ed il valore di un'espropriazione defini
tiva anticipata mediante la presa di possesso immediata
del bene (Cass. n. 305 del 1959, Foro it., 1959, I, 569) ;
b) sia disposta ai sensi delle leggi sulla industrializza
zione del Mezzogiorno (Cons. Stato, Sez. IV, n. 786 del 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Espropriazione per p. i., n. 220).
In relazione al punto di cui sub b), che è poi quello che
maggiormente interessa ai fini del presente ricorso, si re
puta opportuno ricordare che, per l'art. 4 decreto legisl. n. 1598 del 1947, sono dichiarate di pubblica utilità le
opere occorrenti per la realizzazione, nelle province del
l'Italia meridionale ed insulare, di iniziative economiche, consistenti nella costruzione, ricostruzione, riattivazione,
(1) In senso sostanzialmente conforme Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 1961, n. 442, Foro it., Rep. 1961, voce Espropriazione per p. i., nn. 219-223 ; 22 settembre 1960, n. 786, id., Rep. 1960, voce cit., n. 220 ; 22 novembre 1960, n. 980 e n. 981
(ibid., nn. 103, 236) ; nonché Sez. Y 9 novembre 1957, n. 891, id., 1958, III, 181, con nota di richiami.
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