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sezione IV; decisione 14 febbraio 2002, n. 878; Pres. Trotta, Est. Poli; Cipe e altro (Avv. dello...

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sezione IV; decisione 14 febbraio 2002, n. 878; Pres. Trotta, Est. Poli; Cipe e altro (Avv. dello Stato Pampanelli) c. Consorzio cooperative costruzioni e altra. Annulla Tar Campania, sez. I, 27 luglio 1992, n. 218 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 629/630-631/632 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197918 . Accessed: 28/06/2014 12:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 12:57:23 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione IV; decisione 14 febbraio 2002, n. 878; Pres. Trotta, Est. Poli; Cipe e altro (Avv. dello Stato Pampanelli) c. Consorzio cooperative costruzioni e altra. Annulla Tar Campania,

sezione IV; decisione 14 febbraio 2002, n. 878; Pres. Trotta, Est. Poli; Cipe e altro (Avv. delloStato Pampanelli) c. Consorzio cooperative costruzioni e altra. Annulla Tar Campania, sez. I, 27luglio 1992, n. 218Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 629/630-631/632Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197918 .

Accessed: 28/06/2014 12:57

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

privato può ottenere a titolo risarcitorio dall'accettata illiceità

conseguente all'annullamento degli atti di sottrazione del bene

(cfr. Trib. sup. acque pubbliche 1° dicembre 2000, n. 140; Cons.

Stato, ad. plen., n. 37 del 1980, cit.). 5.2. - Con il secondo motivo s'invoca il principio di proroga

dell'efficacia degli atti della procedura espropriativa insito nel

sistema e comunque discendente dalla norma sancita dall'art. 22

1. 20 maggio 1991 n. 158 che avrebbe prorogato di due anni le

occupazioni d'urgenza in corso alla data del 1° gennaio 1991.

Il motivo è infondato.

Identica questione di diritto è stata affrontata e risolta di re

cente dalla sezione in senso negativo per l'appellante (cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 19 gennaio 2000, n. 248, id., 2000, III, 1). Il carattere obbligato della proroga dei termini per il comple

tamento delle procedure espropriative non può discendere dalla

previsione legale di cui all'art. 22 1. n. 158 del 1991. Tale norma dispone la proroga biennale del termine per le oc

cupazioni d'urgenza in corso al 1° gennaio 1991 (cfr. Cass. 8

settembre 1997, n. 8734, id., Rep. 1997, voce Espropriazione

per p.i., n. 288). La sezione è consapevole che tale proroga riconosciuta, dalla

giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione

(sent. 8 luglio 1998, n. 6626, id., 1998,1, 3571) come automati ca; e che, del pari, si è preso coscienza, nell'assetto attuale delle

procedure espropriative, che l'occupazione d'urgenza (ex art.

71, 1° comma, ultima parte, 1. n. 2359 del 1865) è una fase pre liminare indefettibile dell'ablazione della proprietà privata, tra

sformatasi da procedimento autonomo e collegato a momento

normale subprocedimentale (cfr., in termini, sez. un. 20 gennaio 1998, n. 493, ibid., 371). Pur tuttavia, non è possibile sovrap porre e conformare i termini dell'una fase con quelli dell'altra.

Proprio sotto tale aspetto è stata affermata l'inapplicabilità della

proroga legale dei procedimenti espropriativi alle occupazioni

d'urgenza, per ragioni di ordine sistematico e letterale, doven

dosi necessariamente fare salva l'identità funzionale delle due

fasi (cfr. Cass., sez. un., 26 gennaio 1998, n. 761, ibid., 3615, in una fattispecie inversa a quella oggetto del presente giudizio, in

cui si cercava di estendere la proroga dei procedimenti ablatori

per l'attuazione dei piani per l'edilizia economica e popolare,

disposta dall'art. 17 d.l. n. 795 del 1984, alle occupazioni d'ur

genza finalizzate all'esproprio; nel senso della perdurante auto

nomia del provvedimento di esproprio rispetto a quello di occu

pazione, cfr., da ultimo, Cass. 19 febbraio 1999, n. 1387, id.,

Rep. 2000, voce cit., n. 377); parimenti si è affermato che la

proroga del termine di efficacia dell'occupazione d'urgenza delle aree espropriande non incide sul diverso termine indicato

nella dichiarazione di pubblica utilità, entro il quale deve essere

adottato il provvedimento espropriativo, anche quando il primo termine sia ancora in corso alla data di scadenza del secondo

(cfr. Cass. 2 aprile 1985, n. 2256, id., Rep. 1985, voce cit., n.

210). Coerentemente la Corte costituzionale, chiamata a pronun

ciarsi sulla validità del su menzionato art. 22 1. n. 158 del 1991

e sulle disposizioni in esso contenute, ha statuito nel senso che

queste «... pur protraendo la legittimità delle occupazioni e

determinando alcune remore temporali nell'ambito del proce dimento espropriativo, non producono, per la giustificazione che esse trovano nella peculiarità della situazione alla quale hanno inteso provvedere, nemmeno lesione dell'art. 42, 3°

comma, in relazione all'art. 24 Cost., sotto il profilo della com

pressione della tutela spettante al proprietario del bene. Infatti,

una volta verificata la legittimità delle proroghe, in ragione delle esigenze che le giustificano, è fuor di luogo dolersi per le

remore che esse possono determinare per le azioni volte a con

seguire, a seconda dei casi, l'indennità di espropriazione ovvero

il risarcimento del danno» (Corte cost. 28 aprile 1994, n. 163,

id., 1995,1, 80). Nel caso di specie è pacifico, risultando per tabulas, che il

decreto di esproprio è stato emesso oltre il termine massimo di

completamento delle procedure espropriative fissato, dalla più volte menzionata deliberazione n. 144 del 1992, al 3 aprile 1994.

6. - Sulla scorta delle rassegnate conclusioni l'appello del

comune di Amantea deve essere respinto con le precisazioni svolte in precedenza.

Il Foro Italiano — 2003.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 14 febbraic 2002, n. 878; Pres. Trotta, Est. Poli; Cipe e altro (Avv. dello

Stato Pampanelli) c. Consorzio cooperative costruzioni e a,

tra. Annulla Tar Campania, sez■ L 27 luglio 1992, n. 218.

Opere pubbliche — Appalto — Sospensione dei lavori — Estremi (R.d. 25 maggio 1895 n. 350, regolamento per la di

rezione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato

che sono nelle attribuzioni del ministero dei lavori pubblici, art. 16; d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, approvazione del capi tolato generale d'appalto per le opere di competenza del mini

stero dei lavori pubblici, art. 30).

La sospensione temporanea dei lavori di realizzazione di un 'o

pera pubblica può essere disposta non solo per ragioni tecni

che ma anche a causa della sopravvenienza di circostanze

speciali ovvero di ragioni di pubblico interesse e necessi

tà. (1)

( 1 ) La decisione in rassegna si segnala, in quanto, in contrasto con la

giurisprudenza consolidata (v. Cass. 9 agosto 1997, n. 7450, Foro it.,

Rep. 1998, voce Opere pubbliche, n. 505; 5 agosto 1997, n. 7196, ibid., n. 494, che stabiliscono che la disciplina di cui agli art. 16 r.d. 25 mag

gio 1895 n. 350 e 30 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063 «riguarda situazioni

non ricollegabili a fatto imputabile ad alcuna delle parti»), afferma il

principio secondo cui la carenza di finanziamenti rappresenta una causa di legittima sospensione temporanea dei lavori di realizzazione di

un'opera pubblica, coerentemente con le previsioni degli art. 16 e 30, cit., che consentono all'amministrazione committente di disporre la so

spensione dei lavori a causa della sopravvenienza di circostanze spe ciali ovvero di ragioni di pubblico interesse e necessità.

Va precisato che le circostanze che, ai sensi dell'art. 30, 1° e 2°

comma, rendono legittima la sospensione (che «rappresenta motivo non di modificazione, ma di sospensione della decorrenza del termine di ul

timazione», v. A. Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1988, 697) consistono in determinate condizioni tecniche, che non ven

gono individuate tassativamente, quali le cause di forza maggiore (Coli, arb. 10 maggio 1991, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 431, secondo cui «nessun dubbio può sorgere sulla natura di 'circostanza speciale' da

attribuire al terremoto»; 23 settembre 1986, id., Rep. 1988, voce cit., n.

226, che ha individuato la forza maggiore nella circostanza relativa al

sopravvenire di una disposizione di legge che subordinava lo scarico in

mare dei materiali al rilascio di apposita autorizzazione, nel notevole

tempo impiegato per il conseguimento della predetta autorizzazione e

soprattutto, nell'ingiustificato rifiuto dell'amministrazione ad autoriz

zare la sospensione dei lavori), le avverse condizioni climatologiche e

altre circostanze speciali, (cfr. Cass. 28 marzo 2001, n. 4463, id., Rep. 2001, voce cit., n. 639, secondo cui non rientra in tali ipotesi la sorpre sa idrogeologica; Arb. Roma 1° aprile 1999, ibid., n. 642, con la quale il collegio ha affermato che è legittima la sospensione dei lavori neces

saria per adeguare l'opera alla normativa tecnica intervenuta durante la

fase esecutiva (nella specie, il d.leg. 19 settembre 1996 n. 626), «atteso

che nessuna costruzione, pubblica o privata, può essere progettata e

realizzata senza tenere presenti le norme tecniche comprendenti, tra

l'altro, le caratteristiche di funzionalità e sicurezza dell'impiantistica») e in «ragioni di pubblico interesse o necessità» (cfr. Coli. arb. 5 dicem

bre 1989, id., Rep. 1992, voce cit., n. 502, che ha affermato che di

fronte alla prospettiva di un aumento del costo dell'opera, conseguente a una variante, la stazione appaltante ha facoltà di sospendere i lavori

per ragioni di pubblico interesse in attesa di reperire «le necessarie fonti di finanziamento per farvi fronte»).

La giurisprudenza ha chiarito che le ragioni di pubblico interesse e le

circostanze speciali previste dagli art. 16 r.d. n. 350 del 1895 e 30 d.p.r. 1063/62 si configurano come presupposti di fatto da riferire a fattori di

carattere obiettivo o «ad esigenze di salvaguardia del bene pubblico, che rendono legittima la sospensione sempre che siano impreviste o

imprevedibili da parte della pubblica amministrazione con l'uso della normale diligenza» (Coli. arb. 21 maggio 1991, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 262; 2 dicembre 1989, id., Rep. 1992, voce cit., n. 501); esse

non possono, pertanto, essere invocate «per porre rimedio a negligenza o imprevidenza dell'amministrazione medesima» (Cass. 11 aprile 2002, n. 5135, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 615, secondo cui la sopravvenuta necessità di approvare una perizia di variante rappresenta una causa di

legittima sospensione dei lavori soltanto nelle ipotesi in cui non sia ri

collegabile «ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predispo sizione e nella verifica del progetto da parte dell'ente appaltante» o nel

reperimento di fondi da parte dell'amministrazione; nello stesso senso,

con riferimento alla perizia di variante e all'assestamento di fondi, v.

Coli. arb. 23 febbraio 1999, Arch. giur. oo. pp., 2001, 21; 3 febbraio

1999, ibid., 2; 18 dicembre 1991, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 503,

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PARTE TERZA 632

Diritto. — 1. - L'appello è fondato e deve essere accolto.

2. - L'impugnata sentenza, nella parte sottoposta a gravame,

ha annullato gli ordini di sospensione dei lavori — concernenti

la realizzazione del canale Conte di Sarno e del depuratore, in

clusi nel comparto 11 di Boscoreale — adottati dall'ispettore

compartimentale del funzionario delegato ex art. 84 1. 219/81, in

data 12 giugno 1991, su invito del ministro del bilancio, con

fermati dalla deliberazione del Cipe del 30 luglio 1991. 3. - Il giudice di prime cure ha fatto applicazione dei principi

che presiedono all'adozione di atti di ritiro (annullamento, re

voca, abrogazione, decadenza sanzionatoria), rilevando, nella

in relazione all'esercizio dello ius variandi al fine di sopperire ad errori

di progettazione). Quando la sospensione dei lavori viene disposta legittimamente, non

sono dovuti all'appaltatore compensi o indennizzi. L'art. 30 d.p.r. 1063/62 non prevede un termine massimo di sospensione per le ipotesi di forza maggiore, condizioni climatiche e simili, mentre fissa il termi ne di un quarto del tempo previsto per l'ultimazione dei lavori e di sei mesi per le ipotesi di sospensione dovuta a ragioni di pubblico interesse 0 necessità. In queste ultime ipotesi, qualora la sospensione abbia una durata più lunga di quella prevista, l'appaltatore ha facoltà di chiedere all'amministrazione lo scioglimento del contratto e, nel caso di diniego, 1 maggióri oneri sopportati, ai sensi dell'art. 30, 2° comma, d.p.r. 1063/62 (Cass. 4463/01, cit.).

La sospensione dei lavori è, invece, illegittima nelle ipotesi in cui

venga disposta al di fuori dei casi previsti dall'art. 30 d.p.r. 1063/62 (v. Coli. arb. 23 febbraio 1999, cit.). In caso di illegittima sospensione dei

lavori, poiché «la maggior durata dei lavori impedisce all'impresa di

partecipare ad altri appalti o intraprendere nuove iniziative economiche che avrebbero consentito la realizzazione di utili», l'appaltatore ha di ritto al risarcimento del danno, che si calcola moltiplicando il mancato

guadagno giornaliero per i giorni di sospensione (Arb. Roma 1° aprile 1999, M.vRep. 2001, voce cit., n. 644).

Nel senso che «in presenza di numerosi inadempimenti del commit tente che abbiano reso oggettivamente impossibile la prosecuzione dei

lavori, l'impresa può sospendere i lavori quale espressione legittima di un diritto di autotutela», v. Arb. Roma 9 marzo 1999, ibid., n. 637; cfr.

tuttavia, Cass. 18 novembre 1994, n. 9794, id., Rep. 1995, voce cit., n. 383 (con riferimento all'ipotesi in cui la stazione appaltante rifiuti di adottare una variante al progetto originario), secondo cui all'appaltato re non è, invece, consentito di sospendere unilateralmente i lavori in

trapresi, incorrendo, altrimenti, nell'inadempimento contrattuale. Da rilevare che il nuovo capitolato generale dei lavori pubblici, ap

provato con d.m. 19 aprile 2000 n. 145 e il d.p.r. 21 dicembre 1999 n.

554, regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori

pubblici 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modificazioni, ripropon gono la distinzione tra «circostanze speciali» e «ragioni di pubblico in teresse e necessità», mantenendo sostanzialmente «un regime differen ziale per la distribuzione del rischio dei fatti sopravvenuti con la previ sione di un limite legale di durata e possibili conseguenze economiche solo per le sospensioni del secondo tipo» (cfr. P. Santoro-V. Caprioli, Sospensione e ripresa lavori, in L. Giampaolino-M.A. Sandulli-G. Stancanelli, Commento al regolamento della legge quadro sui lavori

pubblici, Milano, 2001, 523 ss.). Per l'individuazione delle cause di sospensione, v. la recente deter

minazione 9 aprile 2003, n. 9/2003, «approfondimento del tema gene rale relativo alla prevedibilità e previsione delle cause di sospensione dei lavori», dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (Le leggi, 2003,1, 1719).

Nel senso che per gli appalti aggiudicati anteriormente al 6 marzo

1994, data di entrata in vigore della 1. 109/94, si applicano le norme vi

genti precedentemente a tale data, e quindi anche le disposizioni di cui al d.p.r. 1063/62, v. Cons. Stato, sez. IV, ord. 28 ottobre 1996, n. 1439, Foro it., 1997, III, 226.

Sulla sospensione temporanea dei lavori nell'appalto di opere pub bliche ai sensi delle disposizioni di cui agli art. 16 r.d. 25 maggio 1895 n. 350 e 30 d.p.r. 1063/62, v., in dottrina, A. Cianflone, op. cit., 696 ss. Per la dottrina sul nuovo capitolato generale d'appalto dei lavori

pubblici, e sul d.p.r. 554/99, cfr. M. Bertolissi, L'esecuzione del con

tratto, in R. Villata (a cura di), L'appalto di opere pubbliche, Padova, 2001, 662 ss.; A. Sciumè-D. Tassan Mazzocco, Il nuovo capitolato ge nerale di appalto dei lavori pubblici. Commento al d.m. 19 aprile 2000 n. 145, in Le nuove leggi amministrative, commenti a prima lettura co ordinati da V. Italia, Milano, 2001, 119 ss.; A. Barbieri-A. Bucci -G.

Ulisse, Commentario della nuova normativa dell'appalto di opere pubbliche, Padova, 2001, 396 ss.; P. Santoro-V. Caprioli, Sospensione e ripresa lavori, in L. Giampaolino-M.A. Sandulli-G. Stancanelli, op. cit., 522 ss.

Il Foro Italiano — 2003.

specie, la lesione dell'affidamento del privato che vanterebbe un

diritto soggettivo pieno a realizzare l'opera pubblica commis

sionata in virtù di un rapporto negoziale validamente costituito

ed il difetto di motivazione circa la rilevanza dell'interesse pub blico sotteso alle determinazioni impugnate.

4. - Dalla documentazione versata in atti è emerso in modo

univoco che l'ordine di sospensione cautelare dei lavori è stato

impartito sulla scorta di un triplice ordine di argomentazioni: a)

grave difficoltà, se non impossibilità, nell'acquisizione degli stanziamenti del fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) ori

ginariamente previsti; b) notevole incremento dei costi origina riamente stimati; c) proposte e rilievi della commissione parla mentare di inchiesta di cui alla 1. 128/90 sul controllo dei fondi

stanziati per i terremoti novembre 1980 - febbraio 1981, fra cui

quella di sospendere le opere infrastrutturali che presentassero un livello di realizzazione inferiore al cinquanta per cento (co me nel caso di specie).

Alcun difetto di motivazione è dunque ravvisabile negli atti

impugnati, che, in considerazione della loro peculiare natura

(semplici provvedimenti cautelari di sospensione del corso dei

lavori pubblici), non sono capaci di ledere l'affidamento del

privato nel futuro sviluppo dell'azione amministrativa.

Anzi dall'istruttoria procedimentale presupposta emergono i

corposi interessi pubblici al ripristino della legalità finanziaria

ed alla corretta gestione delle risorse pubbliche che hanno ispi rato i provvedimenti impugnati.

Né può recepirsi la tesi adombrata dal primo giudice secondo

cui la sospensione dei lavori potrebbe consentirsi ai sensi del

l'art. 30 del capitolato generale dei lavori pubblici esclusiva

mente per ragioni tecniche. Deve seguirsi il diverso indirizzo

secondo cui la sospensione temporanea dei lavori di realizza

zione di un'opera pubblica può essere disposta in aderenza al

dettato dell'art. 14 r.d. 25 maggio 1895 n. 350 e 30 d.p.r. n.

1063 del 1962 cit., a causa della sopravvenienza di circostanze

speciali ovvero di ragioni di pubblico interesse e necessità tout

court (cfr. Corte conti, sez. contr., 27 ottobre 1995, n. 141, Foro

it., Rep. 1997, voce Opere pubbliche, n. 505; Cass. 26 luglio

1995, n. 8178, id., Rep. 1995, voce cit., n. 364). Coerentemente ma specularmente si è affermato che la negli

genza nel reperimento delle risorse economiche necessarie alla

realizzazione dell'opera pubblica, concretando un comporta mento contrario all'obbligo di collaborazione, rende lecita la

sospensione dei lavori cagionata dall'esaurimento in corso d'o

pera dei fondi stanziati (Coli. arb. 21 maggio 1991, soc. Icla c.

Comune di Napoli, id., Rep. 1993, voce cit., n. 263). 5. - Sulla scorta delle precisate conclusioni l'appello delle

amministrazioni deve essere accolto.

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