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Sezione IV; decisione 15 novembre 1963, n. 850; Pres. A. De Marco P., Est. De Capua; De Angelis...

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Sezione IV; decisione 15 novembre 1963, n. 850; Pres. A. De Marco P., Est. De Capua; De Angelis (Avv. Dedin) c. Min. difesa-esercito (Avv. dello Stato Peronaci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 175/176-177/178 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23155109 . Accessed: 28/06/2014 09:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.44 on Sat, 28 Jun 2014 09:09:17 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione IV; decisione 15 novembre 1963, n. 850; Pres. A. De Marco P., Est. De Capua; De Angelis(Avv. Dedin) c. Min. difesa-esercito (Avv. dello Stato Peronaci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 175/176-177/178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155109 .

Accessed: 28/06/2014 09:09

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175 PARTE TERZA 176

filone ; come chi scrìve ebbe modo di chiarire altrove (Cosiddetta

efficacia delle leggi statali in Sicilia e successione delle regioni allo Stato, in Giur. it., 1961, IV, 81 segg.).

4. — Se tale è il rapportò, l'unico argomento di qualche peso della decisione è quello con cui, sottolineando la successio dell'amministrazione regionale all'amministrazione locale dello

Stato, la decisione stessa ne inferisce che il controllo giurisdizio nale non può che essere quello prestabilito a suo tempo ; poiché le regioni « sono subentrate alle autorità governative locali nei controlli sugli enti pubblici locali, compresi i comuni e le pro vince »>, è « logico che, sino a quando non siano istituiti gli or

gani di giustizia amministrativa di primo grado previsti dal l'art. 125, capov., Cost., questa modificazione delle competenze in ordine ai controlli non importi uno spostamento di competenza giurisdizionale dagli organi locali di giustizia amministrativa attualmente esistenti al Consiglio di Stato ».

Senonchè tale argomento, è più appariscente che conclu

sivo, perchè la successione tra Stato e regione non può essere assunta come un motivo per immutare il contenuto dispositivo delle disposizioni della cui applicazione si tratta ; la successione

spiega la sua efficacia nel senso di sostituire la regione allo

Stato nel controllo, ma ciò non implica che la regione debba essere trattata come l'amministrazione locale dello Stato, se il controllo esercita come amministrazione centrale. Fermo il rife rimento alla regione delle norme una volta riferite allo Stato, il criterio in esse contenute va rispettato ; ed il criterio è che deve intervenire sul rapporto d'impiego la giunta prov. amm., se si tratta di enti controllati dall'amministrazione locale ; e il Consiglio di Stato, se si tratta di enti controllati dall'ammi nistrazione centrale : una volta si trattava dell'amministrazione centrale o locale dello Stato, oggi si tratta dell'amministrazione centrale o locale della regione ; ma è un fatto che, nell'una come nell'altra ipotesi, le norme si riferiscono all'amministra

zione, centrale o locale, quale è al momento in cui le si applica. Nò ci si può impennare di fronte al fatto che, applicando il

criterio così come formulato, si provoca « uno spostamento di

competenza giurisdizionale », perchè, in realtà, non è il criterio del riparto della giurisdizione che muta, ma il modo come il controllo viene effettuato, dopo che la regione è subentrata allo Stato per effetto di norme che non hanno nulla a che fare con quelle sul riparto ; la successio è, di per sè, un fattore evolu tivo dei rapporti che include, cosicché il rifiutare, quando vi si attaglia, uno spostamento di giurisdizione, equivale a negare la successio come tale. È un fatto che, nel caso in esame, la successione della Regione allo Stato nel controllo di enti quali la Cassa mutua di Trento non ha importato soltanto una surroga di potere, ma anche un mutamento nel modo di esercitarlo, giacché ad un'amministrazione locale dello Stato è subentrata un'amministrazione centralo della Regione.

Essendo indubitabile che la ratio delle disposizioni da ap plicare, al momento in cui vennero adottate, stava nell'intento di raccordare al giudice centrale rapporti connessi con interessi del centro amministrativo statale e al giudice locale rapporti connessi con interessi delle amministrazioni periferiche statali, il criterio di riparto deve essere rispettato quando, verificatasi successione dall'uno all'altro ente, taluni rapporti si sono evo luti nel senso di interessare il centro amministrativo regionale.

Se — in piena smentita della qualifica della regione come «ente locale » — nessuno trova da ridire che gli atti propri del l'amministrazione (centrale o locale) regionale involgono la giu risdizione del Consiglio di Stato esattamente come gli atti del l'amministrazione (centrale o locale) statale, non ci si può sor

prendere di vedere applicato un criterio analogo in materia in cui ciò che rileva è un certo interesse dell'uno o dell'altro centro amministrativo. Come non si potrebbe contrastare lo sposta mento di giurisdizione per il caso di attribuzione all'ammini strazione centrale statale del controllo su enti già controllati dall'amministrazione locale statale, così non lo si può negare per il caso di successione dell'amministrazione centrale regionale a quella locale statale. Tanto più che, nella fattispecie, si tratta di un ente insorto in epoca successiva al trasferimento di poteri tra Stato e Regione ed istituito da norme regionali intervenute in area di legislazione esclusiva ; che, peraltro, non lasciano dubbi sul fatto di affidare il controllo all'amministrazione cen trale regionale.

Ogni altra soluzione non può che essere fondata su una concezione scorretta della p >sizione che le amministrazioni re

gionali occupano nel nuovo assetto costituzionale ; e cioè sulla concezione che il limite territoriale delle loro competenze — cui ci si riferisce qualificando genericamente ed acriticamente le

regioni come « enti locali » — sia anche un limite funzionale e, più particolarmente, un rapporto di subordinazione ; lungi dallo autonomizzare in loco funzioni una volta spettanti allo Stato, istituendo centri amministrativi regionali plurimi in sostituzione

del centro statale unico, il nuovo ordinamento costituzionale avrebbe solo innestato nuove amministrazioni « locali » nella vecchia organizzazione della cosiddetta amministrazione indi retta dello Stato . . . Una concezione, questa, che è solo frain tendimento di ciò che, secondo la Costituzione, ò un ordinamento amministrativo basato su regioni autonome.

Nè la soluzione potrebbe mutare — secondo quanto questa pronunzia suggerisce — per il fatto che il paventato sposta mento di competenza giurisdizionale si verifica in epoca in cui non sono stati ancora « istituiti gli organi di giustizia ammini strativa di primo grado previsti dall'art. 125, capov., Ccst. » ; perchè, trattandosi, appunto, di giurisdizione di primo grado (rispetto a quella del Consiglio di Stato, ovviamente), la sua istituzione non involge alcun mutamento nei termini del pro blema : si tratterà pur sempre di scegliere tra la giui isdizione locale della giunta prov. amm. e quella centrale, anche quando quest'ultima si biforcherà in due gradi ; rispettando il doppio grado di nuova strutturazione ci si rivolgerà all'organo di giu stizia regionale, ma non in quanto organo di giustizia locale, bensì in quanto organo di primo grado della giurisdizione centrale.

Silvio De Pina Lib. doo. di dir. cost. nell'Univ. di Palermo

CONSIGLIO 1)1 STATO.

Sezione IV ; decisione 15 novembre 1963, n. 850; Pres.

A. De Marco P., Est. De Capda ; De Angelis (Avv.

Dedin) c. Min. difesa-esercito (Avv. dello Stato Pe

roraci).

Impicciato dello Stato e pubblico in jjcnere — Inven

zione fatta nell'esecuzione del rapporto di iiiipic<|0 -— Equo premio — Corresponsione in una sola

volta — Legittimità (R. d. 29 giugno 1939 n. 1127,

disposizioni in materia di brevetti per invenzioni in

dustriali, art. 23, 25).

Non è viziato da violazione di legge il provvedimento mini

steriale, insindacabile quanto al merito, che stabilisce la

corresponsione al dipendente di amministrazione statale

autore di un'invenzione fatta nell'esecuzione del rapporto di impiego dell'equo premio, di cui all'art. 23, 2° comma, del r. decreto 29 giugno 19-39 n. 1127, in una sola volta, e senza quindi tener conto del vantaggio economico che

verrà conseguito dall'amministrazione nel corso del tempo mediante l'utilizzazione del ritrovato. (1)

La Sezione, eco. — (Omissis). Nel merito il ricorso è infondato.

11 r. decreto 29 giugno 1939 n. 1127 (testo delle dispo sizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni

industriali) prevede, negli art. da 23 a 25, tre distinte

ipotesi, che possono essere così riassunte :

(1) Non risultano precedenti in termini. Per riferimenti circa il provvedimento emesso dal ministro ai sensi dell'art. 25 de] r. decreto 2!) giugno 1939 n. 1127, v. Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio ] 956, n, 475, Foro it., Rep. 1956, voce Impiegato gov. e pubbl., n. 308, su altro ricorso del De Angelis contro il ministero difesa-esercito.

Nel senso che, in caso di invenzioni compiute da dipendenti della pubblica amministrazione, la pretesa di compenso spe ciale ex art. 23 del r. decreto del 1939 esula dalla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, v. Sez. V 21 ottobre 1961, n. 548, id., Rep. 1981, voce Impiegato dello filato, n. 776 ; cfr. pure Sez. VI 7 novembre 1959, n. 800, id., Rep. 1959, voce cit., n. 717. Nel senso che la controversia appartiene alla giurisdizi me

ordinaria, quando si tratti di invenzioni occasionali senza espro priazione del brevetto, App. Roma 3 febbraio 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 489 (annotata da F. Agostino, in Giur. it., 1958, I, 2, 357).

Sull'argomento delle invenzioni compiute dal lavoratore su bordinato, in generale, v., da ultimo, Cass. 27 giugno 1961, n. 1547, Foro it., 1961, I, 1306 (annotata da Buccisano, in Riv. giur lav., 1961, II, 638; e da Teofit.atto, in Mass. giur. lav., 1962, 21) ; Cass. 16 novembre 1959, n. 3380, Foro it., I960, I, 1360, con nota di Gtarratana.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

-— art. 23 : invenzione industriale fatta nell'esecuzione 0 nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego, in cui l'attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto o del rapporto : in questo caso, 1 diritti derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro se per l'attività inventiva è prevista una retri

buzione, mentre, se non è prevista e stabilita una retri

buzione, i diritti derivanti dall'invenzione spettano egual mente al datore di lavoro, ma all'inventore spetta « un

equo premio, per la determinazione del quale si terrà conto

dell'importanza dell'invenzione » ; — art. 24 : qualora non ricorrano le condizioni pre

viste nell'articolo precedente e si tratti di invenzione che

rientri nel campo dell'attività dell'azienda o dell'ammini

strazione pubblica cui è addetto l'inventore, il datore di

lavoro può esercitare, entro un certo termine, il diritto di

prelazione per l'uso dell'invenzione o per l'acquisto del

brevetto, verso corresponsione del canone o del prezzo ; — art. 25 : nei casi previsti dagli articoli precedenti,

se non si raggiunga l'accordo circa il premio, il canone o il

prezzo e le rispettive modalità, provvede un collegio di

arbitri, sempre che l'inventore non sia un dipendente di

amministrazione statale, nel qual caso, in luogo del col

legio di arbitri, provvede a stabilire il premio, il canone

o il prezzo e le rispettive modalità, il ministro preposto all'amministrazione stessa, con deliberazione insindacabile.

Nella specie, il ricorrente denuncia la violazione del

l'art. 23, ammettendo in tal modo che l'invenzione fu da

lui fatta « nell'esercizio e nell'adempimento » del proprio

rapporto d'impiego e, più genericamente, che ricorre in

concreto l'ipotesi di fatto prevista in tale articolo ; e poiché l'amministrazione ha anche essa ritenuto applicabile la

stessa norma, oggetto del ricorso è la sola legittimità dei

criteri seguiti nell'interpretazione ed applicazione di tale

norma e, in particolare, la decisione del punto se il premio debba essere corrisposto in momenti successivi e con rife

rimento a diversi periodi di utilizzazione del ritrovato ed

al computo del relativo vantaggio economico conseguito dall'amministrazione, o una sola volta ed in base ad un

apprezzamento indipendente da tale computo, anche se

collegato a una valutazione dell'« importanza » dell'inven

zione.

Che questa seconda soluzione corrisponda all'inter

pretazione letterale e logica degli art. 23 e 25, con riferi

mento al caso, che nella specie interessa, dell'invenzione

fatta da un dipendente dell'amministrazione statale, risulta

dalle seguenti osservazioni :

а) dall'espressione adoperata nell'art. 23 : « i diritti

derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all'inventore . . . spetta un equo premio, per la deter

minazione del quale si terrà conto dell'importanza dell'inven

zione » : il quale articolo non stabilisce nessun riferimento

o collegamento tra il valore economico dell'invenzione,

quale potrà risultare in pratica dal suo progressivo sfrut

tamento, e l'ammontare del premio, disponendo che questo deve essere fissato secondo equità ed in base ad una valuta

zione dell'importanza dell'invenzione, e cioè alla stregua di

un giudizio (« non sindacabile » quando datore di lavoro

sia un'amministrazione statale) e portato sulla invenzione

in sè e per sè, nel quadro dell'attività propria dell'am

ministrazione, e non sulle cifre in cui, con il concorso

di elementi imponderabili e non tutti prevedibili, si è

concretato o sarà per concretarsi l'eventuale vantaggio eco

nomico derivante dall'utilizzazione del ritrovamento ; il

che postula l'obbligo di una sola valutazione e, conse

guentemente, la liquidazione di un solo premio ;

б) dal criterio generale cui è ispirato l'art. 23, il

quale tiene conto dello stato di dipendenza in cui si trova

l'inventore e della circostanza che l'invenzione è stata

fatta nell'adempimento del rapporto di lavoro o d'impiego e rientra perciò nell'attività del dipendente in quanto

tale, con l'effetto : in primo luogo, che l'invenzione si

deve ritenere di massima compensata con la retribuzione

derivante dal rapporto di lavoro o di impiego ; in secondo

luogo, che un ulteriore compenso può essere giustificato solo da una ragione di equità, mediante la corresponsione

Il Fono Italiano — Volume LXXXVI1 — Parte 111-13,

di un « premio », la cui liquidazione implica certamente

una valutazione dell'importanza dell'invenzione, ma che ha il carattere di un compenso straordinario, svincolato

da un criterio di più o meno larga commisurazione con i

futuri effetti economici di un'invenzione, che, nell'ipotesi di

specie, appartiene per legge alla pubblica amministrazione ;

c) infine, dal sistema della legge, il quale differenzia

l'equo premio (art. 23) dal canone o prezzo (art. 24) am

mettendo con ciò una diversità tra le due forme di com

penso, non soltanto concettuale, ma anche pratica, nel

senso che, mentre il canone o prezzo implicano necessaria

mente la determinazione del valore economico dell'inven

zione, il premio tiene conto dell'importanza della inven

zione nell'ambito dell'attività propria dell'amministrazione

e vuol esser soltanto il riconoscimento di un'opera del

dipendente, certamente apprezzabile in modo particolare, ma tuttavia, come si è avvertito, inquadrabile sotto l'aspetto

giuridico nel servizio da lui normalmente prestato e, come

tale, compensato con la normale retribuzione ; e nel campo dell'amministrazione statale è prassi ordinaria che il premio

per un'attività particolarmente meritevole viene corri

sposto una sola volta, allorché tale attività è stata prestata. È poi da rilevarsi che nessuna prova è stata fornita

od acquisita circa l'affermazione che il premio fu corri

sposto, nel 1943, con espresso riferimento al vantaggio economico conseguito, a quella data, dall'amministrazione

e che non è ammissibile, perchè attinente al merito della

determinazione adottata dall'amministrazione, la censura

con cui si sostiene non essere equo il premio corrisposto, in relazione all'importanza dell'invenzione. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO

Sezione V ; decisione 15 novembre 1963, n. 922 ; Pres.

Gallo P., Est. Laschena ; Consorzio sanitario dei co

muni di Posta Fibreno e Vicalvi (Avv. Perlini) c. Luc

chese (Avv. Cervati).

Giunta provinciale amministrativa — Procedimento

giurisdizionale — Decadenza dal ricorso — Decreto

di fissazione di udienza — Mancata notifica nei

termini — Estremi (R. d. 26 giugno 1924 n. 1058, t. u. sulla giunta prov. amm., art. 72).

Giunta provinciale amministrativa — Procedimento

giurisdizionale — Notificazione ad una pubblica amministrazione eseguita nel domicilio privato del

rappresentante — Nullità insanabile (R. d. 17 agosto 1907 n. 643, regolamento procedura avanti la giunta

prov. amm., art. 12).

Nel procedimento giurisdizionale innanzi la giunta prov. amm.. la sanzione di decadenza dal ricorso per la mancata

notifica del decreto di fissazione di udienza nel termine

stabilito riguarda la prima udienza destinata alla tratta

zione del merito della causa, e pertanto opera anche quando siasi tenuta altra udienza per la trattazione della domanda

incidentale di sospensione del provvedimento impugnato. (1)

Agli effetti della decadenza di cui sopra, alla notifica non

eseguita nei termini equivale la notifica invalidamente

eseguita, ne rileva che l'invalidità dipenda da un fatto

imputabile all'ufficiale giudiziario anziché alla parte. (2)

Nel procedimento giurisdizionale innanzi la giunta prov. amm.

è nulla la notificazione ad una pubblica amministrazione,

eseguita nel domicilio privato della persona autorizzata a

riceverla, anziché nella sede dell' amministrazione mede

sima, e tale nullità non è sanata dalla costituzione in giu

dizio dell'amministrazione interessata. (3)

(1-3) Sulla prima massima, v. in senso conforme Cons. Stato, Sez. V, 7 maggio 1949, n. 353, Foro it., Rep. 1949, voce Giustizia

amm., n. 350 ; in senso sostanzialmente contrario la stessa Se

zione, decisioni 4 giugno 1960, n. 382 (richiamata ad altro pro

posito dalla presente), e 21 maggio 1980, n. 371, id., Rep. 1900, voce Giunta prov. amm., nn. 17-19, 25. La decisione della

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