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sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv. dello...

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sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv. dello Stato Aiello) c. Contiero (Avv. Ramadori). Conferma Tar Lazio, sez. I, 1° ottobre 1986, n. 1386 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 145/146-149/150 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191891 . Accessed: 25/06/2014 10:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 10:54:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv.dello Stato Aiello) c. Contiero (Avv. Ramadori). Conferma Tar Lazio, sez. I, 1° ottobre 1986, n.1386Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 145/146-149/150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191891 .

Accessed: 25/06/2014 10:54

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — 1. - Col provvedimento impugnato in primo gra

do, in data 27 ottobre 1982, il sindaco di Praia a Mare ha ordi

nato all'odierno appellante di sospendere alcuni lavori realizzati

nella località Fortino in assenza della prescritta concessione

edilizia. L'interessato ha impugnato l'ordine di sospensione dei lavori

innanzi al Tar per la Calabria, deducendo che i lavori erano

già stati assentiti ai sensi dell'art. 8 d.l. 23 gennaio 1982 n.

9 (come convertito nella 1. 25 marzo 1982 n. 94), essendovi sta

to il silenzio assenso su una sua istanza di concessione, propo sta in data 10 dicembre 1981.

Il Tar, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso.

2. - L'appellante, con il gravame in esame, ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia annullato l'ordine di

sospensione dei lavori.

Con l'unico motivo di appello, è lamentata la violazione del

l'art. 8 1. 25 marzo 1982 n. 94 e dell'art. 32 1. 17 agosto 1942

n. 1150.

Secondo l'assunto, si è formato il silenzio assenso dopo la

proposizione della domanda di concessione del 10 dicembre 1981, anche se essa non è stata corredata del prescritto nulla osta

paesaggistico, essendo l'area sottoposta al vincolo disciplinato dalla 1. 29 giugno 1939 n. 1497.

3. - Ritiene la sezione che l'appello è infondato e va respinto. Come ha correttamente posto in evidenza la sentenza impu

gnata, non si è formato il silenzio assenso dopo la proposizione della domanda di concessione edilizia del 10 dicembre 1981, poi ché ad essa non è stata allegata l'autorizzazione prevista dal

l'art. 7 1. 29 giugno 1939 n. 1497.

L'art. 8 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, come convertito nella suc

cessiva 1. 25 marzo 1982 n. 94, ha previsto un particolare proce dimento ed ha attribuito rilevanza al decorso del tempo, qualo ra si sia in presenza dei presupposti in esso indicati.

Ai sensi del 1° comma, la domanda «si intende accolta qua lora entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e del

la relativa domanda non sia stato comunicato il provvedimento

negativo con cui viene negato il rilascio».

Il successivo 4° comma, per quanto riguarda in particolare le aree soggette al vincolo di cui alla 1. 29 giugno 1939 n. 1497, ha disposto che la domanda di concessione «deve essere corre

data» dalla prescritta autorizzazione, anche se essa non è stata

emanata con un atto espresso bensì sulla base del procedimento descritto dal precedente 3° comma.

Ciò comporta che, nel caso di specie, non si è potuto formare

il silenzio assenso ai sensi dell'art. 8, poiché alla domanda di

concessione, pur proposta prima della sua entrata in vigore, non è stata allegata la prescritta autorizzazione.

Contrariamente a quanto è stato dedotto dall'appellante, ai

sensi dell'art. 8 non bastano la mera proposizione della doman

da di concessione ed il decorso del termine di novanta giorni

per la formazione del silenzio assenso: quando è sottoposta al

vincolo paesaggistico l'area ove è previsto l'intervento edilizio,

perché sorga l'obbligo dell'amministrazione comunale di prov

vedere, occorre che il richiedente si sia munito della prescritta autorizzazione e di ciò egli abbia dato formale conoscenza al

l'amministrazione comunale.

Solo in tal caso il legislatore per un'area vincolata ha attri

buito rilievo al mancato esame della domanda di concessione

edilizia per il periodo di novanta giorni: l'art. 8 ha consentito

la costruzione delle opere (a seguito della comunicazione del

loro inizio e del pagamento degli oneri di urbanizzazione: cfr.

sez. V 3 luglio 1996, n. 834) quando esse comunque risultano

realizzabili e non vietate dalla normativa relativa ai vincoli.

Se invece l'area è sottoposta al vincolo paesaggistico e non

è stata rilasciata la prescritta autorizzazione (neppure ai sensi

del 3° comma dell'art. 8), i lavori sono vietati (anche dalla leg

ge penale) e non possono essere iniziati: l'art. 8 non prevede la formazione del silenzio assenso in relazione ad opere la cui

realizzazione è vietata dalla legislazione speciale. 4. - Per le ragioni che precedono, l'appello in esame va re

spinto.

a tutela dei valori storici, artistici, ambientali, paesaggistici. E si è an

che ritenuto che i relativi interventi non possono essere assoggettati in

via regolamentare al regime del silenzio assenso (Cons. Stato, ad. gen., 28 aprile 1994, n. 137, id., 1996, III, 329).

Il Foro Italiano — 1997.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv. dello Stato Aiello) e. Contiero (Aw. Ramadori). Conferma Tar Lazio, sez. 1,1° ottobre 1986, n. 1386.

Leva militare — Obiezione di coscienza — Domanda di ricono

scimento — Valutazione dei motivi addotti — Stato di tossi

codipendenza — Irrilevanza (L. 15 dicembre 1972 n. 772, nor

me per il riconoscimento della obiezione di coscienza, art.

1, 3, 4).

In sede dì esame della domanda volta a conseguire il riconosci

mento dell'obiezione di coscienza dì cui alla l. 15 dicembre

1972 n. 772, deve restare estraneo alle valutazioni demandate

all'amministrazione ogni elemento che non riguardi i convin

cimenti filosofici, religiosi o morali del richiedente; non con

cerne tali convincimenti lo stato di tossicodipendenza dell'i

scritto di leva, allorché l'amministrazione vi faccia richiamo

non già per dimostrare l'inattendibilità delle ragioni addotte

dall'istante a sostegno della propria domanda, ma per affer mare un'asserita inidoneità de! medesimo a svolgere il servi

zio sostitutivo civile. (1)

(1-2) I. - Le decisioni in epigrafe ripropongono la vexata quaestio inerente al riconoscimento dei benefici dell'obiezione di coscienza in

presenza di un (presunto o conclamato) stato di tossicodipendenza del

l'aspirante obiettore. Le pronunce rappresentano un'ulteriore applica zione dei principi formulati da Cons. Stato, ad. plen., 24 maggio 1985, n. 16, Foro it., 1985, III, 285, che ha delineato le finalità ultime del

procedimento previsto dagli art. 1 ss. 1. 15 dicembre 1972 n. 772, ten dente non tanto a valutare in positivo il grado di profondità dei convin cimenti e dei motivi allegati dal richiedente, quanto piuttosto ad accer tare soltanto la attendibilità (recte: non manifesta infondatezza) dei motivi addotti ai fini della concessione del beneficio. Tanto equivale a dire che la condizione di tossicodipendenza da parte del coscritto non può frustrare ex se la sincerità e la fondatezza delle argomentazioni prospet tate dallo stesso, dovendo l'apposita commissione di cui all'art. 4 1. cit. esprimere un giudizio concreto sulla base degli elementi a sua dispo sizione (in merito alla pronuncia dell'adunanza plenaria, nel senso che essa avrebbe introdotto una sorta di «presunzione di fondatezza» della domanda volta al riconoscimento della obiezione di coscienza e che il

fondamento costituzionale dell'obiezione di coscienza dovrebbe rinve nirsi nel più ampio diritto alla «libertà di coscienza», v. F. Modugno R. D'Alessio, Verso una soluzione legislativa del problema dell'obie zione di coscienza? Note in margine alla più recente giurisprudenza del la Corte costituzionale, in Giur. it., 1990, IV, 97 ss., spec. 101 s., e A. Musumeci, Obiezione di coscienza e giudizio di legittimità nell'otti ca dei valori, in Giur. costit., 1992, 463 ss., spec. 468; sempre in riferi mento alla medesima decisione, nel senso che essa avrebbe sortito una sostanziale «inversione dell'onere della prova» circa la fondatezza e sin cerità delle ragioni addotte a sostegno della domanda di obiezione, v. A. Guarino, Obiezione di coscienza e valori costituzionali, Napoli, 1992, 68 s., e F. E. Adami, L'obiezione di coscienza nella giurisprudenza di

legittimità e di merito, in L'obiezione di coscienza tra tutela della liber tà e disgregazione dello Stato democratico (atti del convegno di studi, Modena 30 novembre - 1° dicembre 1990), a cura di R. Botta, Milano, 1991, 113 ss., spec. 137 ss.). In linea con le decisioni in rassegna si

colloca, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1995, n. 268, Foro

it., Rep. 1995, voce Leva militare, n. 36, ad avviso del quale è illegitti mo il provvedimento di reiezione della domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell'obiezione di coscienza nei confronti di persona de dita all'uso di sostanze stupefacenti, in quanto non esiste nessun nesso

logico tra tale uso e i convincimenti morali, religiosi o filosofici che

spingono un soggetto alla scelta di essere contrario all'uso delle armi

e, quindi, della violenza in genere. In precedenza, la medesima regula iuris è stata affermata da Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 1988, n.

1105, id., 1989, III, 181, con nota di richiami, che ha concluso nel

senso dell'illegittimità per difetto di motivazione del provvedimento del

ministero della difesa che respinge la domanda di riconoscimento del

l'obiezione di coscienza sulla base della mera affermazione che l'istante risulterebbe tossicodipendente da elementi acquisiti agli atti (ciò in quanto tale condizione non dimostra di per sé l'insussistenza della dichiarata

contrarietà all'uso delle armi). In sintonia con il suddetto indirizzo del

massimo organo di giustizia amministrativa si pone Tar Trentino Alto

Adige, sez. Trento, 2 marzo 1989, n. 46, Trib. amm. reg., 1989, I, 1763 (m), secondo cui il solo ed asserito uso (non terapeutico) di so stanze stupefacenti non rappresenta elemento idoneo di per sé a far

presumere l'assenza delle condizioni contemplate dalla 1. n. 772 cit., ai fini del riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Nello stesso sen

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PARTE TERZA

II

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 30 luglio 1996, n. 927; Pres. Buscema, Est. La Medica; Min. difesa (Avv. dello Stato De Figueiredo) e. Piazzi (Avv. Ramadori). Con

ferma Tar Lazio, sez. 1,1° ottobre 1986, n. 1321.

Leva militare — Obiezione di coscienza — Domanda di ricono

scimento — Rigetto per stato di tossicodipendenza — Illegit timità (L. 15 dicembre 1972 n. 772, art. 1, 3, 4).

È illegittimo il provvedimento di reiezione della domanda per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, allorché lo stes

so sia fondato sulla mera condizione di tossicodipendente del

richiedente. (2)

I

Diritto. — 1. - Il ricorso è infondato.

Come più volte affermato in giurisprudenza, ai fini del rico

noscimento dell'obiezione di coscienza il cittadino istante deve

indicare le ragioni di ordine fisiologico, religioso o morale, po ste a fondamento della sua domanda ai sensi della 1. 15 dicem

bre 1972 n. 772, mentre l'amministrazione deve accertare la at

tendibilità o non manifesta infondatezza di tali ragioni, poten do giungere al diniego solo quando gli elementi raccolti d'ufficio

supportino in modo certo l'inconsistenza e la pretestuosità dei

motivi e della domanda (Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 1993, n. 793, Foro it., Rep. 1993, voce Leva militare, n. 48; cfr. an

che ad. plen. 25 maggio 1985, n. 16, id., 1985, III, 285). Estraneo alle valutazioni demandate all'amministrazione è

quindi ogni elemento che non riguardi convincimenti filosofici,

religiosi e morali del richiedente. È tale, nella specie, la tossico

dipendenza, che viene richiamata dall'amministrazione non già

per dimostrare l'inattendibilità delle ragioni dedotte dal sig. Con

so, v. pure Tar Toscana, sez. II, 2 agosto 1996, n. 372, id., 1966, I, 3786 (m); Tar Veneto, sez. II, 16 ottobre 1987, n. 768, id., 1987, I, 4130 (m), e Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 1° dicembre 1986, n.

487, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 34 (in motivazione). Nel medesi mo contesto si colloca Tar Veneto, sez. II, 5 ottobre 1989, n. 1174, Trib. amm. reg., 1989, I, 4409 (m), che concerné una fattispecie in cui il rigetto dell'istanza dell'interessato era giustificato con il solo rife rimento ad una denuncia per detenzione e spaccio di sostanze stupefa centi. Sulla stessa falsariga sembra porsi pure Tar Lazio, sez. I, 27

gennaio 1989, n. 71, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 33, che si è

espresso per l'illegittimità del provvedimento di reiezione della doman da tendente ad ottenere il riconoscimento dell'obiezione di coscienza motivato con la mera circostanza che il richiedente sia stato indicato dai carabinieri come tossicodipendente. In argomento, G. P. Miotto, Domanda di riconoscimento dell'obiezione di coscienza, e poteri della

commissione, prevista dall'art. 3 I. n. 772 del 1972, in Foro amm., 1987, 2741 ss., rileva che solo una correlazione logica di specifica in

compatibilità fra il fatto ritenuto ostativo ed i convincimenti non vio lenti che debbono stare alla base dell'obiezione di coscienza può legitti mare il diniego della domanda; con la conseguenza che mentre fatti

penalmente sanzionati possono rilevarsi non incompatibili con i benefi ci di cui alla 1. n. 772 cit., altri fatti, penalmente leciti, possono altresì essere considerati preclusivi a tal fine.

La legittimità del diniego di riconoscimento della obiezione di co scienza nei confronti di assuntori di sostanze stupefacenti è stata affer

mata, invece, da Tar Lazio, sez. I, 24 maggio 1994, n. 737, Trib. amm.

reg., 1994, I, 2327 (m), sul presupposto che tali individui sono da rite

nere, nel giudizio di valori formulato dalla società in cui vivono, sog getti privi di coerenza di idee e di comportamenti e, come tali, incapaci di esprimere attendibili legami ai principi morali. La reiezione della istanza di ammissione ai benefici previsti dalla 1. n. 772 cit. è stata ritenuta corretta nei confronti di soggetto rinviato a giudizio per spaccio di stu

pefacenti ovvero dedito all'uso di sostanze stupefacenti, rispettivamen te, da Tar Liguria, sez. II, 17 dicembre 1993, n. 452, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 38, e da Tar Lazio, sez. I, 27 gennaio 1989, n.

69, id., Rep. 1989, voce cit., n. 34, in considerazione del fatto che tanto il rinvio a giudizio in relazione alla predetta figura criminosa, quanto l'assunzione sistematica di droghe sono incompatibili con una concezione generale della vita basata su convinzioni religiose, filosofi che e morali talmente profonde e solide da costituire valido supporto alla scelta di essere contrario all'uso personale delle armi e, quindi, alla violenza in genere. Nella stessa ottica si pongono Tar Toscana 6 dicembre 1988, n. 1968, Trib. amm. reg., 1989, I, 606 (m), e 12 novem bre 1988, n. 1691, ibid., 219 (m), secondo cui l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti è in rapporto di inconciliabilità con i valori

Il Foro Italiano — 1997.

tiero a sostegno della sua domanda, ma per affermare una asse

rita inidoneità del medesimo a svolgere il servizio sostitutivo

civile.

Il cennato richiamo non appare in ogni caso suffragato da

idonei riscontri istruttori e motivazionali, con conseguenti ulte

riori profili di illegittimità che il resistente non ha mancato di

far rilevare, contestando lo stato di tossicodipendenza e ripro

ponendo in proposito motivi assorbiti in prime cure (cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 5 maggio 1987, n. 270, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 18, e 27 dicembre 1988, n. 1105, id., 1989, III, 181). Per le ragioni che precedono l'appello va respinto.

II

Diritto. — 1. - L'appello dell'amministrazione della difesa

è infondato.

2. - Osserva, al riguardo, la sezione — sulla scorta di un

consolidato orientamento giurisprudenziale — che, ai fini del

riconoscimento dell'obiezione di coscienza, occorre valutare so

lo l'attendibilità, ovvero la non manifesta infondatezza degli

imprescindibili motivi di coscienza indicati nella dichiarazione

di contrarietà, in ogni circostanza, all'uso generale delle armi.

Pertanto, la richiesta del beneficio può essere disattesa quan do dagli elementi raccolti d'ufficio in sede istruttoria emerga la inconsistenza dei motivi addotti dall'interessato, oppure quan do da quegli stessi elementi sia possibile dedurre, al di là di

ogni ragionevole dubbio, la pretestuosità della domanda di am

missione al beneficio in argomento (v. per tutte, ad. plen. 25

maggio 1985, n. 16, Foro it., 1985, III, 285). Siffatti elementi non si rinvengono nel decreto ministeriale

che ha rigettato la domanda dell'appellato Paolo Piazzi per il

riconoscimento dell'obiezione di coscienza, in quanto il provve dimento stesso si limita ad affermare che «. . .il giovane è tos

morali e sociali alla base del riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Nella stessa direzione sembra propendere anche Tar Lazio, sez. I, 23 febbraio 1993, n. 270, id., 1993, I, 789 (m), che ha annullato un prov vedimento di diniego di riconoscimento della obiezione di coscienza ba sato sul presupposto dell'uso di sostanze stupefacenti in assenza di pro ve irrefutabili o, quanto meno, di circostanze obiettive.

II. - La vigente disciplina dell'obiezione di coscienza — ivi incluso l'accesso ai relativi benefici da parte dei coscritti soggetti alla prestazio ne del servizio obbligatorio di leva — si avvia a subire profondi cam biamenti anche in virtù della prevista introduzione del servizio civile nazionale di cui all'art. 1, comma 106, 1. 23 dicembre 1996 n. 662. La ratio accolta dalla 1. n. 772 cit., che configura l'obiezione di co scienza più come una mera concessione che come un vero e proprio diritto soggettivo è destinata ormai ad essere abbandonata (cfr. A. Al

gostino, Il diritto dell'obiettore totale a non essere integrato nella strut tura militare: un primo passo verso una più adeguata composizione dei diritti della coscienza e dei doveri dì solidarietà?, in Giur. it., 1995, I, 581 ss., spec. 584; nonché R. Venditti, L'obiezione di coscienza al servizio militare, Milano, 1994, 120 s., ad avviso del quale la posizio ne soggettiva dell'obiettore viene configurata come un diritto di «secon da categoria»: non proprio qualificabile come interesse legittimo, né come diritto affievolito, ma certamente non assimilabile a un diritto

soggettivo pieno, stante il potere discrezionale del ministro di respinge re la relativa domanda). Di recente, infatti, il senato della repubblica, XIII legislatura, ha approvato un disegno di legge (n. S46; v. anche Tabella legislativa, in Foro it., 1996, V, 296, n. 89) presentato dal sen. Raffaele Bertoni ed altri che assicura all'obiezione di coscienza piena cittadinanza anche nell'ordinamento nazionale, ricomprendendo la stes sa nell'ambito delle libertà individuali. Tale disegno di legge fa assurge re, per l'appunto, l'obiezione di coscienza al rango di diritto soggettivo dell'obbligato di leva che può esercitarlo senza dover subire alcun sin dacato preventivo da parte dello Stato in ordine ai presupposti di co scienza e alla scelta di rifiutare l'uso delle armi. In tale direzione sem bra propendere anche Corte cost. 10 febbraio 1997, n. 31, in questo fascicolo, parte prima, che si è espressa per la ammissibilità della richie sta di referendum abrogativo delle disposizioni della 1. n. 772 cit. che

prevedono ed organizzano il riscontro sulla validità delle motivazioni addotte dagli obiettori di coscienza sia quanto a fondatezza, sia quanto a sincerità. Il superamento dell'esigenza di controllare l'esistenza di una

genuina obiezione ed un tendenziale riconoscimento dell'istituto come diritto soggettivo della persona sono propugnati in dottrina, rispettiva mente, da G. Bognetti, L'obiezione di coscienza al servizio militare tra Costituzione e legge ordinaria, in Corriere giur., 1992, 469 ss., spec. 472, e da S. Prisco, Le metamorfosi dell'obiezione di coscienza al ser vizio militare, in Giur. costit., 1989, II, 572 ss., spec. 577.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sicodipendente. Si ritiene che la tossicodipendenza è elemento

che non consente di svolgere in modo adeguato il servizio civile».

Perciò, correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto

che il convincimento dell'amministrazione sul diniego del bene

ficio si è maturato al di fuori dell'osservanza dei precetti posti dalla 1. 15 dicembre 1972 n. 772 che disciplina la materia.

Devesi aggiungere che la tossicodipendenza — peraltro, nella

specie, in alcun modo dimostrata — di per sé non riveste valore

sintomatico di una inclinazione alla violenza e, quindi, non è

incompatibile con la professione di contrarietà all'uso delle ar

mi, ma può denotare solo una difficoltà a superare le proble matiche connesse con la giovane età (Cons. Stato, sez. IV, 5

maggio 1987, n. 270, id., Rep. 1987, voce Leva militare, n. 18). È appena il caso di aggiungere che — contrariamente a quan

to afferma l'amministrazione nel provvedimento di cui si tratta — non esiste un giudizio di idoneità al servizio civile, ma solo

di idoneità al servizio militare, che oltretutto precede l'esame

della domanda di riconoscimento dell'obiezione di coscienza.

3. - In base alle pregresse considerazioni, l'appello deve esse

re respinto.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 24 agosto 1996,

n. 1065; Pres. Salvatore, Est. Camera; Università degli stu

di di Napoli «Federico II» (Avv. dello Stato Rago) c. Cocoz

za (Avv. Alemi). Annulla Tar Campania, sez. II, 30 settem

bre 1994, n. 516.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Scarso rendimen

to — Dispensa — Legittimità — Fattispecie (D.p.r. 10 gen naio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art.

129).

La dispensa dal servizio per scarso rendimento può legittima mente fondarsi su un giudizio complessivo negativo dell'atti

vità del dipendente che tenga conto delle sue ripetute assenze,

anche ingiustificate, e dell'atteggiamento contrastante con i

doveri d'ufficio nei periodi di presenza in servizio. (1)

(1-2) Diversamente da quanto enfatizzato dalla stampa non specializ zata nel dare notizia del caso deciso con la pronunzia del Consiglio di Stato in epigrafe, già altre volte la giurisprudenza amministrativa

ha ritenuto legittimamente disposta la dispensa dal servizio per scarso rendimento del pubblico dipendente, ai sensi dell'art. 129 t.u. 3/57, in casi ove le ripetute assenze dal servizio assumevano parte rilevante

nel giudizio negativo sul rendimento del dipendente: Cons. Stato, sez.

VI, 28 giugno 1995, n. 629, Foro it., Rep. 1995, voce Impiegato dello

Stato, n. 1090; sez. V 15 novembre 1991, n. 1308, id., 1992, III, 259, con nota di richiami.

Senza precedenti editi specifici, invece, per il caso oggetto della sen

tenza del Tar Umbria che legittima la pausa caffè dei pubblici impiega

ti, ma soltanto sotto il profilo dell'irrilevanza disciplinare (unico all'e

same del tribunale) mentre non viene affrontato l'aspetto dell'obbligo del recupero o della proporzionale decurtazione stipendiale, secondo

la normativa in materia, da ultimo contenuta nel ccnl del personale

dipendente delle regioni-autonomie locali del 6 luglio 1995 (art. 20 sui

«permessi brevi», che devono essere previamente autorizzati dal diri

gente o funzionario responsabile dell'unità organizzativa e non possono essere di durata superiore alla metà dell'orario di lavoro giornaliero

e, comunque, alle trentasei ore nel corso dell'anno). Per ulteriori riferimenti sull'istituto della dispensa dal servizio regola

to dall'art. 129 t.u. 3/57 e sul principio del contraddittorio nei procedi menti amministrativi a carico di pubblici impiegati, Cons. Stato, sez.

VI, 4 luglio 1994, n. 1129, id., 1995, III, 145; sul rilevamento della

presenza in ufficio del personale dipendente, anche a livello dirigenzia

le, Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 1994, n. 346, e Tar Lazio, sez. I, 9 ottobre 1993, n. 1445, id., 1994, III, 473; sulla fase transitoria fra

la vecchia e la nuova disciplina di cui al d.leg. 29/93 (con particolare

Il Foro Italiano — 1997.

IT

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UM

BRIA; sentenza 21 febbraio 1996, n. 64; Pres. ed est. Rosa; Tomassini (Avv. Innamorati) c. Comune di Cordano (Avv.

Rampini, Mariani Marini).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Assenze brevi

dal servizio — Rilevanza disciplinare — Esclusione.

Non può assumere rilevanza disciplinare l'assenza breve dal ser

vizio, limitata a pochi minuti e nelle consuetudini dell'uffi

cio, dell'impiegato comunale che si sia allontanato per pren dere un caffè. (2)

I

Diritto. — Con decreto n. 9731 del 14 settembre 1992, il ret

tore dell'università degli studi di Napoli «Federico II» dispensa va dal servizio per scarso rendimento l'attuale appellata, in ser

vizio presso il dipartimento di scienza della terra.

Con sentenza n. 516 del 30 settembre 1994, l'adito Tar della

Campania accoglieva il ricorso dell'interessata, ritenendo fon

date le prime due censure in quanto la dispensa non sarebbe

stata emanata sulla base del giudizio finale del direttore del di

partimento del 23 gennaio 1992, ma sulla base di altre tre rela

zioni dello stesso direttore, non comunicate (31 marzo 1992, 20 luglio 1992 e 9 settembre 1992) che avrebbero ampliato il

periodo di osservazione sino al settembre 1992 rispetto a quello indicato nell'atto di diffida compreso tra il 1° luglio 1991 ed

il 31 dicembre 1991 (primo motivo) e non sarebbe stata fondata

su una valutazione globale dell'attività per avere la dipendente lavorato soltanto per un mese nel periodo decorrente dal 1°

luglio 1991 al 31 dicembre 1991 (secondo motivo).

Nell'appello proposto dall'amministrazione universitaria vie

ne dedotto, invece, che il provvedimento di dispensa della Co

cozza espressamente richiama la relazione del direttore del di

partimento del 23 gennaio 1992, con la quale viene riferito al

l'ufficio del personale in senso negativo sulla sua attività e sulle

sue numerose assenze, che il periodo di osservazione del suo

comportamento tenuto in servizio va considerato nel suo com

plesso, che le sue assenze ingiustificate sono state sempre conte

state e che anche nei periodi di presenza sarebbe stato rilevato

un suo atteggiamento contrastante con i doveri d'ufficio.

L'appello è fondato. L'art. 129 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3

prevede tra le cause che danno luogo alla dispensa dal servizio

«il persistente insufficiente rendimento», delineando altresì un

corretto svolgimento del procedimento che presuppone l'ammo

nizione, la cui funzione, preordinata al ravvisamento del dipen

dente, non esaurisce i suoi effetti con la fine dell'anno di ado

zione (cfr. sez. IV 31 luglio 1990, n. 577, Foro it., 1991, III, 233).

Nel caso in esame è stato constatato che, a seguito dell'am

monizione del 1° luglio 1991, la dipendente ha continuato fino

a settembre dell'anno 1992 a tenere un comportamento di scar

so rendimento in servizio, accumulando tra l'altro un numero

elevato di assenze, soltanto in parte giustificate, per le quali venivano recuperate le somme indebitamente corrisposte ed ir

rogata la sanzione disciplinare della riduzione dello stipendio di un quinto.

E l'amministrazione universitaria ha tratto da tale comporta mento il convincimento della idoneità della dipendente a soddi

sfare le esigenze di servizio, in considerazione delle numerose

assenze accompagnate da altri fattori, quali lo scarso rendimen

to, la mancanza di volontà di collaborazione, l'inosservanza del

l'orario di lavoro, adottando, di conseguenza, l'impugnato prov

vedimento.

Alla luce di tale situazione appare infondata la prospettata

censura (secondo motivo del ricorso introduttivo) secondo cui

si sarebbe fatto ricorso alla dispensa per insufficiente rendimen

to, non potendo essere adottata una dispensa per inidoneità fisica.

riferimento alla valutazione del rendimento dei dirigenti), Cons. Stato,

sez. IV, 2 gennaio 1996, n. 22, id., 1996, III, 452.

Sulla nuova regolamentazione contrattuale dopo la privatizzazione, G. Albenzio, I principi e gli istituti comuni nei contratti collettivi dopo la riforma del pubblico impiego, in questo fascicolo, V, 89.

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