sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv.dello Stato Aiello) c. Contiero (Avv. Ramadori). Conferma Tar Lazio, sez. I, 1° ottobre 1986, n.1386Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 145/146-149/150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191891 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — 1. - Col provvedimento impugnato in primo gra
do, in data 27 ottobre 1982, il sindaco di Praia a Mare ha ordi
nato all'odierno appellante di sospendere alcuni lavori realizzati
nella località Fortino in assenza della prescritta concessione
edilizia. L'interessato ha impugnato l'ordine di sospensione dei lavori
innanzi al Tar per la Calabria, deducendo che i lavori erano
già stati assentiti ai sensi dell'art. 8 d.l. 23 gennaio 1982 n.
9 (come convertito nella 1. 25 marzo 1982 n. 94), essendovi sta
to il silenzio assenso su una sua istanza di concessione, propo sta in data 10 dicembre 1981.
Il Tar, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso.
2. - L'appellante, con il gravame in esame, ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia annullato l'ordine di
sospensione dei lavori.
Con l'unico motivo di appello, è lamentata la violazione del
l'art. 8 1. 25 marzo 1982 n. 94 e dell'art. 32 1. 17 agosto 1942
n. 1150.
Secondo l'assunto, si è formato il silenzio assenso dopo la
proposizione della domanda di concessione del 10 dicembre 1981, anche se essa non è stata corredata del prescritto nulla osta
paesaggistico, essendo l'area sottoposta al vincolo disciplinato dalla 1. 29 giugno 1939 n. 1497.
3. - Ritiene la sezione che l'appello è infondato e va respinto. Come ha correttamente posto in evidenza la sentenza impu
gnata, non si è formato il silenzio assenso dopo la proposizione della domanda di concessione edilizia del 10 dicembre 1981, poi ché ad essa non è stata allegata l'autorizzazione prevista dal
l'art. 7 1. 29 giugno 1939 n. 1497.
L'art. 8 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, come convertito nella suc
cessiva 1. 25 marzo 1982 n. 94, ha previsto un particolare proce dimento ed ha attribuito rilevanza al decorso del tempo, qualo ra si sia in presenza dei presupposti in esso indicati.
Ai sensi del 1° comma, la domanda «si intende accolta qua lora entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e del
la relativa domanda non sia stato comunicato il provvedimento
negativo con cui viene negato il rilascio».
Il successivo 4° comma, per quanto riguarda in particolare le aree soggette al vincolo di cui alla 1. 29 giugno 1939 n. 1497, ha disposto che la domanda di concessione «deve essere corre
data» dalla prescritta autorizzazione, anche se essa non è stata
emanata con un atto espresso bensì sulla base del procedimento descritto dal precedente 3° comma.
Ciò comporta che, nel caso di specie, non si è potuto formare
il silenzio assenso ai sensi dell'art. 8, poiché alla domanda di
concessione, pur proposta prima della sua entrata in vigore, non è stata allegata la prescritta autorizzazione.
Contrariamente a quanto è stato dedotto dall'appellante, ai
sensi dell'art. 8 non bastano la mera proposizione della doman
da di concessione ed il decorso del termine di novanta giorni
per la formazione del silenzio assenso: quando è sottoposta al
vincolo paesaggistico l'area ove è previsto l'intervento edilizio,
perché sorga l'obbligo dell'amministrazione comunale di prov
vedere, occorre che il richiedente si sia munito della prescritta autorizzazione e di ciò egli abbia dato formale conoscenza al
l'amministrazione comunale.
Solo in tal caso il legislatore per un'area vincolata ha attri
buito rilievo al mancato esame della domanda di concessione
edilizia per il periodo di novanta giorni: l'art. 8 ha consentito
la costruzione delle opere (a seguito della comunicazione del
loro inizio e del pagamento degli oneri di urbanizzazione: cfr.
sez. V 3 luglio 1996, n. 834) quando esse comunque risultano
realizzabili e non vietate dalla normativa relativa ai vincoli.
Se invece l'area è sottoposta al vincolo paesaggistico e non
è stata rilasciata la prescritta autorizzazione (neppure ai sensi
del 3° comma dell'art. 8), i lavori sono vietati (anche dalla leg
ge penale) e non possono essere iniziati: l'art. 8 non prevede la formazione del silenzio assenso in relazione ad opere la cui
realizzazione è vietata dalla legislazione speciale. 4. - Per le ragioni che precedono, l'appello in esame va re
spinto.
a tutela dei valori storici, artistici, ambientali, paesaggistici. E si è an
che ritenuto che i relativi interventi non possono essere assoggettati in
via regolamentare al regime del silenzio assenso (Cons. Stato, ad. gen., 28 aprile 1994, n. 137, id., 1996, III, 329).
Il Foro Italiano — 1997.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 18 ottobre 1996, n. 1119; Pres. Pezzana, Est. Trovato; Min. difesa (Avv. dello Stato Aiello) e. Contiero (Aw. Ramadori). Conferma Tar Lazio, sez. 1,1° ottobre 1986, n. 1386.
Leva militare — Obiezione di coscienza — Domanda di ricono
scimento — Valutazione dei motivi addotti — Stato di tossi
codipendenza — Irrilevanza (L. 15 dicembre 1972 n. 772, nor
me per il riconoscimento della obiezione di coscienza, art.
1, 3, 4).
In sede dì esame della domanda volta a conseguire il riconosci
mento dell'obiezione di coscienza dì cui alla l. 15 dicembre
1972 n. 772, deve restare estraneo alle valutazioni demandate
all'amministrazione ogni elemento che non riguardi i convin
cimenti filosofici, religiosi o morali del richiedente; non con
cerne tali convincimenti lo stato di tossicodipendenza dell'i
scritto di leva, allorché l'amministrazione vi faccia richiamo
non già per dimostrare l'inattendibilità delle ragioni addotte
dall'istante a sostegno della propria domanda, ma per affer mare un'asserita inidoneità de! medesimo a svolgere il servi
zio sostitutivo civile. (1)
(1-2) I. - Le decisioni in epigrafe ripropongono la vexata quaestio inerente al riconoscimento dei benefici dell'obiezione di coscienza in
presenza di un (presunto o conclamato) stato di tossicodipendenza del
l'aspirante obiettore. Le pronunce rappresentano un'ulteriore applica zione dei principi formulati da Cons. Stato, ad. plen., 24 maggio 1985, n. 16, Foro it., 1985, III, 285, che ha delineato le finalità ultime del
procedimento previsto dagli art. 1 ss. 1. 15 dicembre 1972 n. 772, ten dente non tanto a valutare in positivo il grado di profondità dei convin cimenti e dei motivi allegati dal richiedente, quanto piuttosto ad accer tare soltanto la attendibilità (recte: non manifesta infondatezza) dei motivi addotti ai fini della concessione del beneficio. Tanto equivale a dire che la condizione di tossicodipendenza da parte del coscritto non può frustrare ex se la sincerità e la fondatezza delle argomentazioni prospet tate dallo stesso, dovendo l'apposita commissione di cui all'art. 4 1. cit. esprimere un giudizio concreto sulla base degli elementi a sua dispo sizione (in merito alla pronuncia dell'adunanza plenaria, nel senso che essa avrebbe introdotto una sorta di «presunzione di fondatezza» della domanda volta al riconoscimento della obiezione di coscienza e che il
fondamento costituzionale dell'obiezione di coscienza dovrebbe rinve nirsi nel più ampio diritto alla «libertà di coscienza», v. F. Modugno R. D'Alessio, Verso una soluzione legislativa del problema dell'obie zione di coscienza? Note in margine alla più recente giurisprudenza del la Corte costituzionale, in Giur. it., 1990, IV, 97 ss., spec. 101 s., e A. Musumeci, Obiezione di coscienza e giudizio di legittimità nell'otti ca dei valori, in Giur. costit., 1992, 463 ss., spec. 468; sempre in riferi mento alla medesima decisione, nel senso che essa avrebbe sortito una sostanziale «inversione dell'onere della prova» circa la fondatezza e sin cerità delle ragioni addotte a sostegno della domanda di obiezione, v. A. Guarino, Obiezione di coscienza e valori costituzionali, Napoli, 1992, 68 s., e F. E. Adami, L'obiezione di coscienza nella giurisprudenza di
legittimità e di merito, in L'obiezione di coscienza tra tutela della liber tà e disgregazione dello Stato democratico (atti del convegno di studi, Modena 30 novembre - 1° dicembre 1990), a cura di R. Botta, Milano, 1991, 113 ss., spec. 137 ss.). In linea con le decisioni in rassegna si
colloca, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1995, n. 268, Foro
it., Rep. 1995, voce Leva militare, n. 36, ad avviso del quale è illegitti mo il provvedimento di reiezione della domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell'obiezione di coscienza nei confronti di persona de dita all'uso di sostanze stupefacenti, in quanto non esiste nessun nesso
logico tra tale uso e i convincimenti morali, religiosi o filosofici che
spingono un soggetto alla scelta di essere contrario all'uso delle armi
e, quindi, della violenza in genere. In precedenza, la medesima regula iuris è stata affermata da Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 1988, n.
1105, id., 1989, III, 181, con nota di richiami, che ha concluso nel
senso dell'illegittimità per difetto di motivazione del provvedimento del
ministero della difesa che respinge la domanda di riconoscimento del
l'obiezione di coscienza sulla base della mera affermazione che l'istante risulterebbe tossicodipendente da elementi acquisiti agli atti (ciò in quanto tale condizione non dimostra di per sé l'insussistenza della dichiarata
contrarietà all'uso delle armi). In sintonia con il suddetto indirizzo del
massimo organo di giustizia amministrativa si pone Tar Trentino Alto
Adige, sez. Trento, 2 marzo 1989, n. 46, Trib. amm. reg., 1989, I, 1763 (m), secondo cui il solo ed asserito uso (non terapeutico) di so stanze stupefacenti non rappresenta elemento idoneo di per sé a far
presumere l'assenza delle condizioni contemplate dalla 1. n. 772 cit., ai fini del riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Nello stesso sen
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PARTE TERZA
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 30 luglio 1996, n. 927; Pres. Buscema, Est. La Medica; Min. difesa (Avv. dello Stato De Figueiredo) e. Piazzi (Avv. Ramadori). Con
ferma Tar Lazio, sez. 1,1° ottobre 1986, n. 1321.
Leva militare — Obiezione di coscienza — Domanda di ricono
scimento — Rigetto per stato di tossicodipendenza — Illegit timità (L. 15 dicembre 1972 n. 772, art. 1, 3, 4).
È illegittimo il provvedimento di reiezione della domanda per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, allorché lo stes
so sia fondato sulla mera condizione di tossicodipendente del
richiedente. (2)
I
Diritto. — 1. - Il ricorso è infondato.
Come più volte affermato in giurisprudenza, ai fini del rico
noscimento dell'obiezione di coscienza il cittadino istante deve
indicare le ragioni di ordine fisiologico, religioso o morale, po ste a fondamento della sua domanda ai sensi della 1. 15 dicem
bre 1972 n. 772, mentre l'amministrazione deve accertare la at
tendibilità o non manifesta infondatezza di tali ragioni, poten do giungere al diniego solo quando gli elementi raccolti d'ufficio
supportino in modo certo l'inconsistenza e la pretestuosità dei
motivi e della domanda (Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 1993, n. 793, Foro it., Rep. 1993, voce Leva militare, n. 48; cfr. an
che ad. plen. 25 maggio 1985, n. 16, id., 1985, III, 285). Estraneo alle valutazioni demandate all'amministrazione è
quindi ogni elemento che non riguardi convincimenti filosofici,
religiosi e morali del richiedente. È tale, nella specie, la tossico
dipendenza, che viene richiamata dall'amministrazione non già
per dimostrare l'inattendibilità delle ragioni dedotte dal sig. Con
so, v. pure Tar Toscana, sez. II, 2 agosto 1996, n. 372, id., 1966, I, 3786 (m); Tar Veneto, sez. II, 16 ottobre 1987, n. 768, id., 1987, I, 4130 (m), e Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 1° dicembre 1986, n.
487, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 34 (in motivazione). Nel medesi mo contesto si colloca Tar Veneto, sez. II, 5 ottobre 1989, n. 1174, Trib. amm. reg., 1989, I, 4409 (m), che concerné una fattispecie in cui il rigetto dell'istanza dell'interessato era giustificato con il solo rife rimento ad una denuncia per detenzione e spaccio di sostanze stupefa centi. Sulla stessa falsariga sembra porsi pure Tar Lazio, sez. I, 27
gennaio 1989, n. 71, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 33, che si è
espresso per l'illegittimità del provvedimento di reiezione della doman da tendente ad ottenere il riconoscimento dell'obiezione di coscienza motivato con la mera circostanza che il richiedente sia stato indicato dai carabinieri come tossicodipendente. In argomento, G. P. Miotto, Domanda di riconoscimento dell'obiezione di coscienza, e poteri della
commissione, prevista dall'art. 3 I. n. 772 del 1972, in Foro amm., 1987, 2741 ss., rileva che solo una correlazione logica di specifica in
compatibilità fra il fatto ritenuto ostativo ed i convincimenti non vio lenti che debbono stare alla base dell'obiezione di coscienza può legitti mare il diniego della domanda; con la conseguenza che mentre fatti
penalmente sanzionati possono rilevarsi non incompatibili con i benefi ci di cui alla 1. n. 772 cit., altri fatti, penalmente leciti, possono altresì essere considerati preclusivi a tal fine.
La legittimità del diniego di riconoscimento della obiezione di co scienza nei confronti di assuntori di sostanze stupefacenti è stata affer
mata, invece, da Tar Lazio, sez. I, 24 maggio 1994, n. 737, Trib. amm.
reg., 1994, I, 2327 (m), sul presupposto che tali individui sono da rite
nere, nel giudizio di valori formulato dalla società in cui vivono, sog getti privi di coerenza di idee e di comportamenti e, come tali, incapaci di esprimere attendibili legami ai principi morali. La reiezione della istanza di ammissione ai benefici previsti dalla 1. n. 772 cit. è stata ritenuta corretta nei confronti di soggetto rinviato a giudizio per spaccio di stu
pefacenti ovvero dedito all'uso di sostanze stupefacenti, rispettivamen te, da Tar Liguria, sez. II, 17 dicembre 1993, n. 452, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 38, e da Tar Lazio, sez. I, 27 gennaio 1989, n.
69, id., Rep. 1989, voce cit., n. 34, in considerazione del fatto che tanto il rinvio a giudizio in relazione alla predetta figura criminosa, quanto l'assunzione sistematica di droghe sono incompatibili con una concezione generale della vita basata su convinzioni religiose, filosofi che e morali talmente profonde e solide da costituire valido supporto alla scelta di essere contrario all'uso personale delle armi e, quindi, alla violenza in genere. Nella stessa ottica si pongono Tar Toscana 6 dicembre 1988, n. 1968, Trib. amm. reg., 1989, I, 606 (m), e 12 novem bre 1988, n. 1691, ibid., 219 (m), secondo cui l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti è in rapporto di inconciliabilità con i valori
Il Foro Italiano — 1997.
tiero a sostegno della sua domanda, ma per affermare una asse
rita inidoneità del medesimo a svolgere il servizio sostitutivo
civile.
Il cennato richiamo non appare in ogni caso suffragato da
idonei riscontri istruttori e motivazionali, con conseguenti ulte
riori profili di illegittimità che il resistente non ha mancato di
far rilevare, contestando lo stato di tossicodipendenza e ripro
ponendo in proposito motivi assorbiti in prime cure (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 5 maggio 1987, n. 270, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 18, e 27 dicembre 1988, n. 1105, id., 1989, III, 181). Per le ragioni che precedono l'appello va respinto.
II
Diritto. — 1. - L'appello dell'amministrazione della difesa
è infondato.
2. - Osserva, al riguardo, la sezione — sulla scorta di un
consolidato orientamento giurisprudenziale — che, ai fini del
riconoscimento dell'obiezione di coscienza, occorre valutare so
lo l'attendibilità, ovvero la non manifesta infondatezza degli
imprescindibili motivi di coscienza indicati nella dichiarazione
di contrarietà, in ogni circostanza, all'uso generale delle armi.
Pertanto, la richiesta del beneficio può essere disattesa quan do dagli elementi raccolti d'ufficio in sede istruttoria emerga la inconsistenza dei motivi addotti dall'interessato, oppure quan do da quegli stessi elementi sia possibile dedurre, al di là di
ogni ragionevole dubbio, la pretestuosità della domanda di am
missione al beneficio in argomento (v. per tutte, ad. plen. 25
maggio 1985, n. 16, Foro it., 1985, III, 285). Siffatti elementi non si rinvengono nel decreto ministeriale
che ha rigettato la domanda dell'appellato Paolo Piazzi per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza, in quanto il provve dimento stesso si limita ad affermare che «. . .il giovane è tos
morali e sociali alla base del riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Nella stessa direzione sembra propendere anche Tar Lazio, sez. I, 23 febbraio 1993, n. 270, id., 1993, I, 789 (m), che ha annullato un prov vedimento di diniego di riconoscimento della obiezione di coscienza ba sato sul presupposto dell'uso di sostanze stupefacenti in assenza di pro ve irrefutabili o, quanto meno, di circostanze obiettive.
II. - La vigente disciplina dell'obiezione di coscienza — ivi incluso l'accesso ai relativi benefici da parte dei coscritti soggetti alla prestazio ne del servizio obbligatorio di leva — si avvia a subire profondi cam biamenti anche in virtù della prevista introduzione del servizio civile nazionale di cui all'art. 1, comma 106, 1. 23 dicembre 1996 n. 662. La ratio accolta dalla 1. n. 772 cit., che configura l'obiezione di co scienza più come una mera concessione che come un vero e proprio diritto soggettivo è destinata ormai ad essere abbandonata (cfr. A. Al
gostino, Il diritto dell'obiettore totale a non essere integrato nella strut tura militare: un primo passo verso una più adeguata composizione dei diritti della coscienza e dei doveri dì solidarietà?, in Giur. it., 1995, I, 581 ss., spec. 584; nonché R. Venditti, L'obiezione di coscienza al servizio militare, Milano, 1994, 120 s., ad avviso del quale la posizio ne soggettiva dell'obiettore viene configurata come un diritto di «secon da categoria»: non proprio qualificabile come interesse legittimo, né come diritto affievolito, ma certamente non assimilabile a un diritto
soggettivo pieno, stante il potere discrezionale del ministro di respinge re la relativa domanda). Di recente, infatti, il senato della repubblica, XIII legislatura, ha approvato un disegno di legge (n. S46; v. anche Tabella legislativa, in Foro it., 1996, V, 296, n. 89) presentato dal sen. Raffaele Bertoni ed altri che assicura all'obiezione di coscienza piena cittadinanza anche nell'ordinamento nazionale, ricomprendendo la stes sa nell'ambito delle libertà individuali. Tale disegno di legge fa assurge re, per l'appunto, l'obiezione di coscienza al rango di diritto soggettivo dell'obbligato di leva che può esercitarlo senza dover subire alcun sin dacato preventivo da parte dello Stato in ordine ai presupposti di co scienza e alla scelta di rifiutare l'uso delle armi. In tale direzione sem bra propendere anche Corte cost. 10 febbraio 1997, n. 31, in questo fascicolo, parte prima, che si è espressa per la ammissibilità della richie sta di referendum abrogativo delle disposizioni della 1. n. 772 cit. che
prevedono ed organizzano il riscontro sulla validità delle motivazioni addotte dagli obiettori di coscienza sia quanto a fondatezza, sia quanto a sincerità. Il superamento dell'esigenza di controllare l'esistenza di una
genuina obiezione ed un tendenziale riconoscimento dell'istituto come diritto soggettivo della persona sono propugnati in dottrina, rispettiva mente, da G. Bognetti, L'obiezione di coscienza al servizio militare tra Costituzione e legge ordinaria, in Corriere giur., 1992, 469 ss., spec. 472, e da S. Prisco, Le metamorfosi dell'obiezione di coscienza al ser vizio militare, in Giur. costit., 1989, II, 572 ss., spec. 577.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
sicodipendente. Si ritiene che la tossicodipendenza è elemento
che non consente di svolgere in modo adeguato il servizio civile».
Perciò, correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto
che il convincimento dell'amministrazione sul diniego del bene
ficio si è maturato al di fuori dell'osservanza dei precetti posti dalla 1. 15 dicembre 1972 n. 772 che disciplina la materia.
Devesi aggiungere che la tossicodipendenza — peraltro, nella
specie, in alcun modo dimostrata — di per sé non riveste valore
sintomatico di una inclinazione alla violenza e, quindi, non è
incompatibile con la professione di contrarietà all'uso delle ar
mi, ma può denotare solo una difficoltà a superare le proble matiche connesse con la giovane età (Cons. Stato, sez. IV, 5
maggio 1987, n. 270, id., Rep. 1987, voce Leva militare, n. 18). È appena il caso di aggiungere che — contrariamente a quan
to afferma l'amministrazione nel provvedimento di cui si tratta — non esiste un giudizio di idoneità al servizio civile, ma solo
di idoneità al servizio militare, che oltretutto precede l'esame
della domanda di riconoscimento dell'obiezione di coscienza.
3. - In base alle pregresse considerazioni, l'appello deve esse
re respinto.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 24 agosto 1996,
n. 1065; Pres. Salvatore, Est. Camera; Università degli stu
di di Napoli «Federico II» (Avv. dello Stato Rago) c. Cocoz
za (Avv. Alemi). Annulla Tar Campania, sez. II, 30 settem
bre 1994, n. 516.
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Scarso rendimen
to — Dispensa — Legittimità — Fattispecie (D.p.r. 10 gen naio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art.
129).
La dispensa dal servizio per scarso rendimento può legittima mente fondarsi su un giudizio complessivo negativo dell'atti
vità del dipendente che tenga conto delle sue ripetute assenze,
anche ingiustificate, e dell'atteggiamento contrastante con i
doveri d'ufficio nei periodi di presenza in servizio. (1)
(1-2) Diversamente da quanto enfatizzato dalla stampa non specializ zata nel dare notizia del caso deciso con la pronunzia del Consiglio di Stato in epigrafe, già altre volte la giurisprudenza amministrativa
ha ritenuto legittimamente disposta la dispensa dal servizio per scarso rendimento del pubblico dipendente, ai sensi dell'art. 129 t.u. 3/57, in casi ove le ripetute assenze dal servizio assumevano parte rilevante
nel giudizio negativo sul rendimento del dipendente: Cons. Stato, sez.
VI, 28 giugno 1995, n. 629, Foro it., Rep. 1995, voce Impiegato dello
Stato, n. 1090; sez. V 15 novembre 1991, n. 1308, id., 1992, III, 259, con nota di richiami.
Senza precedenti editi specifici, invece, per il caso oggetto della sen
tenza del Tar Umbria che legittima la pausa caffè dei pubblici impiega
ti, ma soltanto sotto il profilo dell'irrilevanza disciplinare (unico all'e
same del tribunale) mentre non viene affrontato l'aspetto dell'obbligo del recupero o della proporzionale decurtazione stipendiale, secondo
la normativa in materia, da ultimo contenuta nel ccnl del personale
dipendente delle regioni-autonomie locali del 6 luglio 1995 (art. 20 sui
«permessi brevi», che devono essere previamente autorizzati dal diri
gente o funzionario responsabile dell'unità organizzativa e non possono essere di durata superiore alla metà dell'orario di lavoro giornaliero
e, comunque, alle trentasei ore nel corso dell'anno). Per ulteriori riferimenti sull'istituto della dispensa dal servizio regola
to dall'art. 129 t.u. 3/57 e sul principio del contraddittorio nei procedi menti amministrativi a carico di pubblici impiegati, Cons. Stato, sez.
VI, 4 luglio 1994, n. 1129, id., 1995, III, 145; sul rilevamento della
presenza in ufficio del personale dipendente, anche a livello dirigenzia
le, Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 1994, n. 346, e Tar Lazio, sez. I, 9 ottobre 1993, n. 1445, id., 1994, III, 473; sulla fase transitoria fra
la vecchia e la nuova disciplina di cui al d.leg. 29/93 (con particolare
Il Foro Italiano — 1997.
IT
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UM
BRIA; sentenza 21 febbraio 1996, n. 64; Pres. ed est. Rosa; Tomassini (Avv. Innamorati) c. Comune di Cordano (Avv.
Rampini, Mariani Marini).
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Assenze brevi
dal servizio — Rilevanza disciplinare — Esclusione.
Non può assumere rilevanza disciplinare l'assenza breve dal ser
vizio, limitata a pochi minuti e nelle consuetudini dell'uffi
cio, dell'impiegato comunale che si sia allontanato per pren dere un caffè. (2)
I
Diritto. — Con decreto n. 9731 del 14 settembre 1992, il ret
tore dell'università degli studi di Napoli «Federico II» dispensa va dal servizio per scarso rendimento l'attuale appellata, in ser
vizio presso il dipartimento di scienza della terra.
Con sentenza n. 516 del 30 settembre 1994, l'adito Tar della
Campania accoglieva il ricorso dell'interessata, ritenendo fon
date le prime due censure in quanto la dispensa non sarebbe
stata emanata sulla base del giudizio finale del direttore del di
partimento del 23 gennaio 1992, ma sulla base di altre tre rela
zioni dello stesso direttore, non comunicate (31 marzo 1992, 20 luglio 1992 e 9 settembre 1992) che avrebbero ampliato il
periodo di osservazione sino al settembre 1992 rispetto a quello indicato nell'atto di diffida compreso tra il 1° luglio 1991 ed
il 31 dicembre 1991 (primo motivo) e non sarebbe stata fondata
su una valutazione globale dell'attività per avere la dipendente lavorato soltanto per un mese nel periodo decorrente dal 1°
luglio 1991 al 31 dicembre 1991 (secondo motivo).
Nell'appello proposto dall'amministrazione universitaria vie
ne dedotto, invece, che il provvedimento di dispensa della Co
cozza espressamente richiama la relazione del direttore del di
partimento del 23 gennaio 1992, con la quale viene riferito al
l'ufficio del personale in senso negativo sulla sua attività e sulle
sue numerose assenze, che il periodo di osservazione del suo
comportamento tenuto in servizio va considerato nel suo com
plesso, che le sue assenze ingiustificate sono state sempre conte
state e che anche nei periodi di presenza sarebbe stato rilevato
un suo atteggiamento contrastante con i doveri d'ufficio.
L'appello è fondato. L'art. 129 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3
prevede tra le cause che danno luogo alla dispensa dal servizio
«il persistente insufficiente rendimento», delineando altresì un
corretto svolgimento del procedimento che presuppone l'ammo
nizione, la cui funzione, preordinata al ravvisamento del dipen
dente, non esaurisce i suoi effetti con la fine dell'anno di ado
zione (cfr. sez. IV 31 luglio 1990, n. 577, Foro it., 1991, III, 233).
Nel caso in esame è stato constatato che, a seguito dell'am
monizione del 1° luglio 1991, la dipendente ha continuato fino
a settembre dell'anno 1992 a tenere un comportamento di scar
so rendimento in servizio, accumulando tra l'altro un numero
elevato di assenze, soltanto in parte giustificate, per le quali venivano recuperate le somme indebitamente corrisposte ed ir
rogata la sanzione disciplinare della riduzione dello stipendio di un quinto.
E l'amministrazione universitaria ha tratto da tale comporta mento il convincimento della idoneità della dipendente a soddi
sfare le esigenze di servizio, in considerazione delle numerose
assenze accompagnate da altri fattori, quali lo scarso rendimen
to, la mancanza di volontà di collaborazione, l'inosservanza del
l'orario di lavoro, adottando, di conseguenza, l'impugnato prov
vedimento.
Alla luce di tale situazione appare infondata la prospettata
censura (secondo motivo del ricorso introduttivo) secondo cui
si sarebbe fatto ricorso alla dispensa per insufficiente rendimen
to, non potendo essere adottata una dispensa per inidoneità fisica.
riferimento alla valutazione del rendimento dei dirigenti), Cons. Stato,
sez. IV, 2 gennaio 1996, n. 22, id., 1996, III, 452.
Sulla nuova regolamentazione contrattuale dopo la privatizzazione, G. Albenzio, I principi e gli istituti comuni nei contratti collettivi dopo la riforma del pubblico impiego, in questo fascicolo, V, 89.
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