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Sezione IV; decisione 20 novembre 1982, n. 782; Pres. Mezzanotte, Est. Faberi; Rachiele (Avv. F. G....

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Sezione IV; decisione 20 novembre 1982, n. 782; Pres. Mezzanotte, Est. Faberi; Rachiele (Avv. F. G. Scoca, Scalzi) c. Istituto autonomo per le case popolari di Catanzaro (Avv. Mirigliania) e Palermo (Avv. M. Nigro). Conferma T.A.R. Calabria 10 aprile 1981, n. 126 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 133/134-135/136 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175823 . Accessed: 28/06/2014 12:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:47 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione IV; decisione 20 novembre 1982, n. 782; Pres. Mezzanotte, Est. Faberi; Rachiele (Avv. F. G. Scoca, Scalzi) c. Istituto autonomo per le case popolari di Catanzaro (Avv. Mirigliania)

Sezione IV; decisione 20 novembre 1982, n. 782; Pres. Mezzanotte, Est. Faberi; Rachiele (Avv. F.G. Scoca, Scalzi) c. Istituto autonomo per le case popolari di Catanzaro (Avv. Mirigliania) ePalermo (Avv. M. Nigro). Conferma T.A.R. Calabria 10 aprile 1981, n. 126Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 133/134-135/136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175823 .

Accessed: 28/06/2014 12:21

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

causa il concreto esercizio del potere dell'amministrazione di

emanare gli atti diretti, con peculiare tipicità, all'effettivo adem

pimento del dovere di ottemperanza. Donde la conseguenza logi

co-giuridica che gli atti prodromici di esecuzione dei capi inop

pugnabili della decisione di primo grado si inquadrano nella più vasta cornice dell'ottemperanza al giudicato, indipendentemente dalle vicende processuali che ne abbiano condizionato la forma

zione, in virtù di connessione non basata sulla mera anteriorità

cronologica, ma sulla subordinazione causale all'assetto definitivo

degli interessi, scaturente da un'organica considerazione dell'ac

coglimento dei motivi di ricorso prospettati dall'interessato av

verso il provvedimento lesivo. E qualora con tale assetto gli atti

predetti risultino in contrasto, la caducità da cui sono affetti

consegue al fatto che essi riflettono punti della controversia

definitivamente non ancora decisi favorevolmente al ricorrente, e

cioè dipendono dai capi della domanda da questo devoluti alla

cognizione del giudice d'appello, onde ottenere la riforma della

decisione di primo grado in accoglimento di censure rivolte con

l'originario ricorso giurisdizionale al provvedimento impugnato.

Trova, quindi, applicazione nel processo amministrativo il prin

cipio generale in materia di impugnazione enunciato dall'art. 336

c. p. c., relativamente all'estensione, ai provvedimenti ed agli atti

dipendenti dalla sentenza riformata, degli effetti della decisione,

passata in giudicato, del giudice dell'appello.

È noto, d'altra parte che, in base all'interpretazione general mente accolta, il principio in questione è applicabile non soltan

to agli atti processuali propriamente esecutivi di decisioni, cui

per legge o per disposizione del giudice è attribuita immediata

esecutorietà, non ostante la proposizione di impugnazione, ed in

particolare gli atti inerenti a procedure di esecuzione forzata, ma,

significativamente, in aree giuridiche extraprocessuali, anche rela

tivamente ad atti e negozi i cui presupposti di validità dipendo no dal definitivo accertamento giudiziale di situazioni contro

verse (Cass. 24 luglio 1954, n. 2665, id., Rep. 1954, voce Appello

civ., n. 294). Dal che è tratta la conseguenza che anche per la

rimozione di tali atti opera ex tunc l'effetto cassatorio della

sentenza riformatrice, senza che occorra esperire mezzi giudiziali

tipici di impugnazione, in omaggio ad evidenti esigenze di eco

nomia processuale.

In considerazione della generalità ed ampiezza del principio in

esame, pari efficacia invalidante rispetto agli atti amministrativi

emanati in occasione della esecuzione del giudicato parziale, in

contrasto con la cosa giudicata formatasi in esito alla definizione

dell'intera controversia, va riconosciuta, per le motivazioni espo

ste, alla decisione d'appello nel sistema della giustizia ammini

strativa, nel quale il principio medesimo opera conseguentemente nel senso di negare agli atti in questione ogni rilevanza giuridica

rispetto al giudizio di ottemperanza, in particolare agli effetti di

impedirne l'ammissibilità, escludendosi che contro di essi l'inte

ressato abbia onere di impugnativa.

Nella specie in esame, pertanto, gli atti di rinnovazione delle

operazioni concorsuali e per la formazione di una nuova gradua

toria, peraltro ripetitiva del contenuto degli atti annullati rispet

tivamente dal T.A.R. per l'Umbria e pro parte, in via definitiva,

con decisione d'appello del Consiglio di Stato, devono ritenersi

caducati per effetto della riforma sul punto della sentenza di pri

mo grado, ditalché degli stessi non può aversi considerazione ai

fini dell'ammissibilità del presente giudizio di ottemperanza.

Non configura neppure una causa d'inammissibilità di tale

giudizio l'ulteriore circostanza dedotta dalla difesa dell'ammini

strazione sotto il secondo dei profili prospettati, in correlazione

con asseriti provvedimenti interlocutori, emanati, in pendenza del

presente giudizio, dagli organi regionali, al fine di acquisire

nuovi elementi di valutazione in precedenza non conosciuti, e

dell'accertamento dei fatti eventualmente rilevanti ai fini dell'a

dozione di misure di autotutela amministrativa.

Deve, infatti, escludersi che il compimento di atti preparatori

o istruttori, come quelli di cui si discutè dalle parti, possa

concretare un concludente comportamento dell'amministrazione

preordinato all'adempimento del dovere di ottemperanza o che

possa ravvisarsi seriamente rivolto alla verificazione dei presup

posti per la legittima attuazione del giudicato, ai fini di non

procedere, alla stregua del pubblico interesse, ad atti aberranti

di esecuzione e non piuttosto al fine di eludere la forza precet

tiva del giudicato.

Disattese, pertanto, nei sensi enunciati le eccezioni di inam

missibilità del ricorso in oggetto, l'istanza di esecuzione del

giudicato va nella specie accolta.

All'uopo, devesi, pertanto, disporre che l'amministrazione resi

stente proceda ad esecuzione della decisione di questo consiglio, sez. V, n. 79 del 9 febbraio 1979 (id., Rep. 1979, voce Sanitario,

n. 60), ed emani i provvedimenti occorrenti, attenendosi alle

indicazioni enunciate nella stessa decisione con riferimento ai

punteggi, spettanti ai candidati prof. Casotto ed Iraci, sulla base

riassuntivamente delle conclusioni afferenti ai capi passati in

giudicato della decisione di primo grado ed alla decisione anzidetta

d'appello, al fine della formazione della graduatoria del concorso

per titoli e esami ad un posto di primario di neurochirurgia,

bandito dal presidente dei « riuniti ospedali di Santa Maria

della Misericordia, San Nicolò degli incurabili e Pietro Grocco »

di Perugia, con atto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 96 del

10 aprile 1975.

Devesi, altresì, fissare il termine di giorni novanta dal passag

gio in giudicato della presente decisione per l'adempimento degli

incombenti suddetti. (Omissis)

CONSIGLIO DI STATO; Sezione IV; decisione 20 novembre

1982, n. 782; Pres. Mezzanotte, Est. Faberi; Rachiele (Avv.

F. G. Scoca, Scalzi) c. Istituto autonomo per le case popolari di Catanzaro (Avv. Mirigliania) e Palermo (Avv. M. Nigro).

Conferma T.A.R. Calabria IO aprile 1981, n. 126.

Edilizia popolare ed economica — Alloggi dell'istituto autonomo

per le case popolari — Dichiarazione di decadenza dell'asse

gnatario — Opposizione — Giurisdizione amministrativa (L.

8 agosto 1977 n. 513, provvedimenti urgenti per l'accelera

zione dei programmi in corso, finanziamento di un program ma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale

pubblica, art. 26; d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035, norme per

l'assegnazione e la revoca nonché per la determinazione dei

canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pub

blica, art. 11).

Spetta al giudice amministrativo di conoscere dell'opposizione al

la dichiarazione di decadenza dall'assegnazione di un alloggio, emessa dal presidente dell'istituto autonomo per le case popo lari ai sensi dell'art. 26 l. 8 agosto 1977 n. 513. (1)

Diritto. — Occorre preliminarmente esaminare la questione concernente la dedotta carenza di giurisdizione del giudice am

ministrativo nei riguardi della presente controversia contenuta

nel primo motivo dell'appello. In proposito ritiene il collegio di dover sostanzialmente con

fermare (seppure con motivazione parzialmente diversa) la sta

tuizione del giudice di primo grado che ha ritenuto sussistente

la propria giurisdizione.

(1) Il Consiglio di Stato conferma il proprio orientamento se condo il quale l'art. 11 d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035, nella

parte in cui prevede il rimedio dell'opposizione al pretore, ha carattere eccezionale e non può implicare la riconduzione alla giurisdizione ordinaria di tutti i rapporti in materia pubblicistica derivanti dall'as

segnazione, o dalla decadenza, degli alloggi gestiti dagli I.a.c.p. (v. Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1978, n. 1103, Foro it., Rep. 1979, voce Edilizia popolare ed economica, n. 135; per l'afferma zione della giurisdizione del giudice amministrativo nel caso dell'ordine di rilascio di un alloggio occupato sine titulo, cfr. T.A.R. Abruzzo, 28

maggio 1978, n. 102, id., 1981, III, 597, con nota di richiami). Netta quindi resta la frattura con l'insegnamento prevalente della

Cassazione che ritiene la disposizione in esame espressione di un

principio generale, applicabile estensivamente nei casi di decreto di

rilascio emessi dal presidente dell'istituto per annullamento o revoca

dell'assegnazione ovvero per occupazione senza titolo dell'immobile, trattandosi di situazioni sostanzialmente analoghe, almeno ai fini

della giurisdizione (cosi Cass. 7 maggio 1979, n. 2581, id., 1979,

I, 1765, cui adde la sentenza emessa in pari data n. 2582, id., Rep.

1979, voce cit., n. 140; 11 settembre 1979, n. 4747, ibid., n. 136, ci

tata anche in motivazione e le altre conformi nn. 4748-4750; 22

ottobre 1980, n. 5685, id., Rep. 1980, voce cit., n. 143 e le con

formi nn. 5686-5688, ibid., nn. 144-146).

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PARTE TERZA

Non vi è dubbio, infatti, che l'impugnato provvedimento —

emesso ex art. 26 1. n. 513 del 1977 — concreta un provvedi mento amministrativo autoritativo, né a tal riguardo hanno valo

re i rilievi dell'appellante secondo i quali esso provvedimento avrebbe anche un « sostanziale » contenuto di delibera in mate

ria di cessione di proprietà dell'alloggio (o di assegnazione in

favore dell'occupante senza titolo) — la cui cognizione do

vrebbe secondo tale tesi spettare al giudice ordinario — essendo

palese che il contenuto e le finalità dell'atto con il quale è stata

pronunciata la decadenza non riguardano ex se direttamente la

sopra specificata materia, costituendone semmai un presupposto, a fronte del quale il privato è titolare di un interesse legittimo mentre i diritti derivanti dal contratto di locazione vengono affie

voliti, donde in linea di principio, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Deve, in particolare, disattendersi l'argomentazione dell'appel lante secondo la quale il censurato provvedimento sarebbe at

tinente alla c.d « fase privatistica », caratterizzata da posizioni di diritto perfetto e da correlativi obblighi a carico di entrambi

i contraenti, come pure deve disattendersi l'ulteriore argomenta zione secondo la quale esso concreterebbe, comunque, un « atto

paritetico » di accertamento dell'avverarsi di una condizione riso

lutiva legale del diritto dell'assegnatario.

Al contrario è da rilevare che i poteri pubblicistici dell'I.a.c.p.,

pur culminando nell'atto di assegnazione e nella stipulazione del

conseguente contratto con il quale si apre — nei rapporti con

l'assegnatario — una nuova fase caratterizzata dai diritti sogget tivi acquisiti dall'assegnatario stesso, non si esauriscono con essa,

giacché — secondo la giurisprudenza di questo consiglio — con

l'emanazione dell'atto di assegnazione l'amministrazione non si

spoglia del potere di controllare la permanente legittimità, e

quindi di procedere, nell'esercizio del suo potere prettamente autoritativo di autotutela, alla revoca, all'annullamento di ufficio

o , alla decadenza, quali che siano i diritti che dall'atto di

assegnazione siano sorti in capo ai privati.

Pertanto il potere di revocare l'assegnazione, di dichiararne la

decadenza o di annullarla ,di ufficio, nelle ipotesi previste dalla

legge, si appalesa come il necessario risvolto del potere di

emanare l'atto stesso, di questo condividendone quindi lo scopo e la natura.

Ciò premesso si deve altresì confutare la censura prospettata in via principale dall'appellante, secondo la quale il provvedi mento di decadenza de quo (emesso, ripetesi, ai sensi dell'art. 26

1. n. 513 del 1977) sarebbe da valutare alla stregua del principio

generale di cui all'art. 11 d. p. r. n. 1035 del 1972, in forza del

quale l'opposizione alla dichiarazione di decadenza pronunciata ai sensi del 10° comma del suddetto art. 11 (e che costituisce

titolo esecutivo) va proposta avanti al pretore secondo il dispo sto del 13° comma dello stesso articolo.

Non ignora, al riguardo, il collegio l'orientamento seguito in

materia dalla Corte di cassazione (cfr. sez. un. n. 4747 dell'I 1

settembre 1979, Foro it., Rep. 1979, voce Edilizia popolare ed

economica, n. 136) secondo il quale il menzionato art. 11, 13°

comma, configura, quanto all'attribuzione della giurisdizione, l'espressione di un principio generale, applicabile estensivamente

nei casi di decreti di rilascio emessi dal presidente dell'istituto a norma di altre disposizioni (anche se queste non richiamino

espressamente il 13° comma in questione); ritiene tuttavia di

dover confermare la giurisprudenza di questa sezione in materia, secondo la quale il più volte menzionato art. 11 nella parte in cui prevede il rimedio dell'opposizione al pretore, ha natura di

norma di carattere eccezionale (inestensibile quindi per analogia), la quale non può implicare la riconduzione alla giurisdizione ordinaria di tutti i rapporti in materia pubblicistica derivanti dalla assegnazione o dalla decadenza degli alloggi gestiti dagli istituti autonomi per le case popolari (cfr. per l'affermazione di tale principio sez. IV n. 1103 del 28 novembre 1978, ibid., n.

135) che rimangono quindi nell'ambito di cognizione dei giudici amministrativi.

Ritenuta, in base a quanto preteso, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia, può ora venire esaminato il merito dell'appello. (Omissis)

CONSIGLIO DI STATO; Sezione VI; sentenza 27 agosto 1982,

n. 407; Pres. Benvenuto, Est. Vacirca; Associazione it. per il World Wildlife Fund (Avv. Petretti, Di Battista) c. Pro

vincia di Bolzano (Avv. Guarino).

Giustizia amministrativa — Caccia — Autorizzazione in parco nazionale — Ricorso di associazione protezionistica — Ammis

sibilità — Fattispecie (L. 27 dicembre 1977 n. 968, principi

generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna

e la disciplina della caccia, art. 4). Trentino Alto-Adige — Parco nazionale dello Stelvio — Auto

rizzazione alla caccia — Deliberazione della giunta provin ciale di Bolzano — Illegittimità (D. p. r. 22 marzo 1974 n. 279,

norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Tren

tino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, cac

cia e pesca, agricoltura e foreste, art. 3).

È ammissibile il ricorso proposto dall'associazione italiana per il

World Wildlife Fund, associazione protezionistica rappresentata nel comitato tecnico venatorio nazionale, contro il provvedi mento che autorizza la caccia nel territorio di un parco na

zionale. (1) È illegittima la deliberazione con la quale la giunta provinciale di

Bolzano ha determinato le zone del parco nazionale dello

Stelvio éntro le quali possono essere effettuati gli abbattimen

ti autorizzati dall'amministrazione provinciale, senza avvalersi

dell'ufficio amministrazione foreste demaniali per il parco del

(1) Ancora una pronuncia sul tema della giustiziabilità degli inte ressi collettivi e/o diffusi. La sentenza che si riporta è in contrasto, sul problema della legittimazione ad agire, con T.A.R. Abruzzo 12 novembre 1981, n. 406, Trib. amm. reg., 1982, I, 241, ove si di chiara il difetto di legittimazione dell'associazione italiana per il World Wildlife Fund, poiché l'interesse del quale si invoca la tu tela nel processo amministrativo sarebbe di dimensione del tutto astratta, e non già localizzato in un particolare ambiente naturale

più o meno circoscritto. In questo quadro, sembra evidente che men tre la succitata decisione del T.A.R. Abruzzo fa applicazione dei principi affermati nell'ormai famosa decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 24 del 19 ottobre 1979 (Foro it., 1980, III, 1, con ampia annotazione di A. Romano, e in Foro amm., 1980, I, 613, con nota di C. Biagini, «Italia nostra» espulsa dal Consiglio di Stato) la decisione che si riporta si lega, invece, ad un orienta mento giurisprudenziale di segno diverso e, comunque, ora minori tario, subordinando la legittimazione ad agire dei soggetti collettivi, esponenziali di interessi superindividuali, alla partecipazione (orga nica o procedimentale) al procedimento amministrativo che si è con cluso con l'emanazione del provvedimento impugnato. In altre pa role, quando sia la legge stessa a sussumere nell'ambito del procedi mento amministrativo un determinato interesse, rappresentato in se

no al procedimento stesso dal soggetto collettivo, ci si troverebbe al cospetto di una situazione giuridica soggettiva differenziata e qualifi cata e, perciò, giustiziabile avanti al giudice amministrativo ad opera dell'ente esponenziale dell'interesse metaindividuale. Come esempi del suesposto filone giurisprudenziale, nel quale pare iscriversi anche la decisione che si riporta, possono essere ricordati: T.A.R. Lazio, sez. I, 9 luglio 1980, n. 743, Foro it., 1981, III, 626, con nota di richiami, ove si riconosce la legittimazione attiva del comune avverso i provvedimenti regionali con cui si revisiona la pianta organica delle farmacie, a causa della partecipazione dell'ente territoriale al procedimento preordinato alla revisione in parola; T.A.R. Lazio, sez. Ili, 4 ottobre 1980, n. 850, id., 1980, III, 489, con nota di richiami, ove si ammetta la legittimazione attiva delle associazioni di consu matori e di utenti del servizio telefonico avverso i provvedimenti con cui si rincarano le tariffe del servizio, in considerazione, fra l'altro, dell'art. 5 d. 1. 15 settembre 1947 n. 896 (ma giova anche rilevare che la sopra citata sentenza del T.A.R. Lazio, sez. Ili, n. 850/80 è stata successivamente annullata da Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1981, n. 40, id.. 1981, III, 209, con nota di richiami, che ha «espul so » dal giudizio i soggetti collettivi, dichiarando, invece, ammissi bili i ricorsi proposti in proprio da tre utenti del servizio telefonico); sez. VI 18 maggio 1979, n. 378, id., 1980, III, 54, con osservazioni di R. Ferrara, in cui si abbozza l'interessante tentativo di separare e

distinguere gli interessi collettivi in senso proprio da quelli più autenti camente diffusi e adespoti.

In questo contesto, per ulteriori riferimenti sul problema della le gittimazione ad agire dei soggetti collettivi, esponenziali di interessi metaindividuali, cfr., ancora, Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 1981, n. 613, id., 1982, III, 248, con nota di richiami.

In dottrina, v., da ultimo. C. Rapisarda, Bilancio e prospettive della tutela degli interessi diffusi negli anni ottanta, id., 1982, V, 85 ss. e B. Caravita, Interessi diffusi e collettivi, in Diritto e società, 1982, 167 ss.

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