Sezione IV; decisione 23 ottobre 1963, n. 624; Pres. Polistina P., Est. Severini; Mesiani (Avv.Rizzo, Busetto) c. Min. interno (Avv. dello Stato Simi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 59/60-61/62Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156078 .
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PARTE TERZA
derazione che la ditta Di Pietra, dopo aver dichiarato
di accettare tutte le condizioni previste nel capitolato di appalto, che era stato approvato con la delibera n. 80
del 28 aprile 1962, aveva offerto una riduzione dello 0,15
per cento sul prezzo base e che, invece, la ditta S.a.s.p.i. aveva offerto sul detto prezzo Ti a se un ribasso percentuale di oltre l'I per cento « e, quindi, più cospicuo di quello offerto dalla ditta Di Pietra ».
Ma ciò non è tutto. Osservò, ancora, l'amministrazione
che la ditta S.a.s.p.i. aveva proposto motivate modi
fiche al predetto capitolato di appalto sia per quanto
riguarda i mezzi di trasporto, « dimostrando che quelli
previsti da questo comune (che si limitò, in effetti, a ri
calcare il precedente capitolato di appalto) erano al
quanto rudimentali e poco funzionali », sia assumendo
l'impegno « a provvedere, altresì, cosa non prevista nel
capitolato contenuto nella delibera n. 80 del 28 aprile
1962, alla attrezzatura di locali idonei per l'accen
tramento del personale, dotati di spogliatoi, stipetti,
impianti igienici ed ogni altro accorgimento ».
Il maggior ribasso, dunque, di oltre l'uno per cento, di contro a quello dello 0,15 per cento offerto dalla ditta
Di Pietra, nonché i maggiori predetti oneri, che rendevano
apparentemente ancora più cospicuo il vantaggio offerto,
indussero, secondo il testo della deliberazione, il comune
a far cadere la scelta sulla ditta S.a.s.p.i. Il capitolato, però, approvato con la predetta delibera
17 novembre 1962 contiene altre modifiche rispetto a
quello originario, delle quali non si fa menzione, che vero
similmente hanno reso gli oneri assunti dalla ditta S.a.s.p.i. meno gravosi di quel che non appaia dall'atto deliberato
sopra esaminato. In particolare va rilevato che, mentre
nel primo capitolato all'art. 5 era previsto l'onere per
l'appaltatore di fornire l'area della concimaia, all'art. 4
del nuovo capitolato è previsto che la detta area sarà
fornita dall'amministrazione comunale ; mentre all'art. 9, lett. b, del nuovo capitolato è prevista la esclusione da
parte dell'appaltatore dell'obbligo di ritirare i rifiuti
industriali, « da rimuoversi, dietro richiesta eventuale
dei proprietari, mediante corrispettivo », detta esclusione
non era prevista nel precedente capitolato. Per gli even
tuali ritardi nei pagamenti, poi, viene stabilito che si
debbano corrispondere dal comune gli interessi bancari
(art. 14), anziché gli interessi nella misura del sei per cento
previsti nel primo capitolato (art. 15). Il numero degli autocarri, infine, che dovranno essere tenuti dalla ditta
viene ridotto da cinque a tre (art. 10, cui corrisponde l'art. 11 del precedente capitolato).
Le rilevate modificazioni del capitolato di appalto convenuto con la ditta S.a.s.p.i. denunciano un insanabile vizio logico nella volontà dell'amministrazione, che ha sostanzialmente operato la scelta sulla base di presup posti inesistenti. Le due offerte erano paragonabili, in
quanto riferite allo stesso capitolato d'oneri. Una volta
modificato, come è avvenuto nella specie, il capitolato nei riguardi di una sola delle due ditte offerenti, il con fronto che ha consigliato la scelta è privo di contenuto.
Quelle modifiche hanno potuto operare un sovverti mento nell'economia del contratto stipulato con la ditta
S.a.s.p.i. e la circostanza che di esse non si tenne conto
costituisce l'elemento che denuncia il vizio logico predetto, cui va imputata la scelta, che è, pertanto, illegittima.
La impugnata deliberazione va, quindi, annullata. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 23 ottobre 1963, n. 624 ; Pres. Polistina P., Est. Severini ; Mesiani (Avv. Rizzo, Busetto) c. Min. interno (Avv. dello^Stato Simi).
Sindaco — Sospensione e rimozione dalla carica —
Autonomia dei due provvedimenti — Separata
impugnabilità (E. d. 4 febbraio 1915 n. 148, t. u.
legge com. e prov., art. 149 ; legge 5 aprile 1951 n. 203, t. u. per la composizione e la elezione degli organi delle
amministrazioni comunali, art. 10). Sindaco — Rimozione — Conseguente ineleggibi
lità — Questione di illegittimità costituzionale — Manifesta infondatezza (Costituzione, art. 51 ; r. d. 4 febbraio 1915 n. 148, art. 149).
Essendo i provvedimenti di sospensione e di rimozione del
sindaco dalla carica indipendenti l'un dall'altro, pur se
basati sulle stesse cause, la mancata impugnazione del
primo non rende inammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il secondo. (1)
È manifestamente infondata la questione d'illegittimità costituzionale delV8° comma dell'art. 149 del t. u. 4
febbraio 1915 n. 148, per il quale segue alla rimozione
del sindaco Vineleggibilità alla carica per cinque anni, in riferimento all'art. 51 della Costituzione. (2)
La Sezione, ecc. — La pregiudiziale sollevata dalla
difesa dell'amministrazione non ha giuridica consistenza.
La « sospensione » del sindaco dalle sue funzioni e la
di lui « rimozione » dalla carica, previste entrambe dal
l'art. 149 del t. u. 4 febbraio 1915 n. 148, le cui disposi zioni per quanto non diversamente disciplinate vengono richiamate dalla legge 5 aprile 1951 n. 203, sono e restano
provvedimenti distinti anche se determinati dalle stesse
cause e sostenuti da una medesima motivazione.
Il primo, infatti, ha carattere cautelativo, risponde ad una esigenza imprescindibile, contingente, ed è adot
tato dal prefetto. Può, peraltro, venendo a cessare, o atte
nuandosi le ragioni che lo hanno imposto, essere revocato
dall'autorità che lo ha emanato.
Il secondo, la cui adozione rientra nella competenza di un'autorità superiore, il Presidente della Repubblica, costituisce, invece, una vera e propria sanzione diretta, nel pubblico interesse, ad allontanare, in via definitiva,
dall'ufficio, nel quale sarebbe divenuto incompatibile, un
amministratore che, nell'esercizio delle sue funzioni, sia
venuto meno agli essenziali doveri inerenti alla carica o
che, con un atteggiamento incontrollato o con atti faziosi, abbia determinato, o concorso a determinare, una grave situazione pregiudizievole per l'ordine pubblico.
Fra i due provvedimenti, non vi è formale interdi
pendenza, potendo il primo non essere seguito dal secondo, e potendo il secondo essere ugualmente adottato anche
se non preceduto dal primo, in altri termini, per l'impu
(1-2) N'ori constano precedenti in termini. Circa le condizioni per la rimozione, Cons. Stato, Sez. I,
20 agosto 1957, n. 1404, Foro it., Rep. 1958, voce Sindaco, nn. 12, 13 ; Sez. IV 8 marzo 1955, n. 157, icL., Hep. 1955, voce cit., nn. 9 11 ; 27 agosto 1954, n. 849, idRep. 1954, voce cit., nn. 7-9 ; 22
aprile 1953, n. 237, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 3-5, annotata da Masci, In tema di rimozione di sindaco, in Giur. Cass. civ., 1953, 6°, 628 ; Sez. V 17 ottobre 1952, n. 1170, Foro it., Rep. 1952, voce cit., nn. 3-6 ; 21 giugno 1952, nn. 972, 973, e 974, ibid., nn. 7-10, 15, 11-13 ; Sez. IV 13 dicembre 1952, n. 1125, ibid., n. 14 ; Sez. V 7 giugno 1952, n. 905, id., 1952, III, 169, con nota di richiami ; e circa le condiziori per la sospensione, Sez. IV 29 gennaio 1958, n. 85, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 14, 15; Sez. V 12 febbraio 1955, n. 222, id., 1955, III, 57, con nota di richiami.
La ampia discrezionalità del provvedimento di sospensione è affermata da Sez. IV 7 giugno 1957, n. 646, id., Rep. 1957, voce cit., n. 15 ; 3 maggio 1957, n. 503, ibid., n. 17, e il suo carat tere di atto non definitivo da Sez. V 27 settembre 1958, n. 680, id., Rep. 1958, voce cit., n. 16 ; Ad. gen. 4 luglio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 18 ; Sez. V 8 marzo 1957, n. 113, ibid., n. 19 ; Ad. plen. 19 ottobre 1955, n. 15, id., 1956, III, 119, con nota di richiami.
Sui rapporti fra il provvedimento di sospensione e quello di rimozione, e sulle rispettive nature, vedi, nella motivazione, Ad. gen. 19 ottobre 1955, n. 15, cit. ; in particolare sulla natura cautelare e sulla autonoma impugnabilità del provvedimento di sospensione, Sez. V 8 febbraio 1952, n. 148, id., Rep. 1952, voce cit., nn. 17-19.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
guazione del provvedimento di rimozione, non è indispen sabile, così come è stato sostenuto, impugnare prima quello di sospensione.
È evidente, ciò premesso, che, nella fattispecie, la mancata impugnazione del decreto prefettizio non osta all'ammissibilità del ricorso avverso il provvedimento
presidenziale. Scendendo al merito, il collegio non riscontra nel
l'operato dell'amministrazione i denunciati vizi di legit timità.
Sta di fatto che, negli atti esibiti dalla difesa dell'am
ministrazione, e, in particolare, nei circostanziati e parti
colareggiati rapporti pervenuti al prefetto dai normali
organi informativi (questore, comando dei carabinieri,
ispettori, ecc.), sullo sciopero generale agricolo verificatosi
nel Polesine, sull'attività svolta, in relazione ad esso, dal
sindaco di Canaro, Mesiani, sul grave pregiudizio che
stava per derivare all'ordine pubblico, sono facilmente
individuabili quei presupposti la cui sussistenza sta per
giustificare e legittimare il provvedimento. I rapporti predetti, i quali, per gli uffici e comandi
dai quali provengono, presentano quell'attendibilità che
il ricorrente è, in massima, proclive a negare, sono con
cordi sui fatti denunciati e sui riferimenti alla personale attività dell'ex sindaco Mesiani ; talché nel provvedimento
impugnato non si riscontra sostanzialmente alcuna illo
gicità o contraddizione che ne infici la legittimità. Non può discendersi, peraltro, alla valutazione dei
fatti e delle circostanze prese in esame dal provvedimento
perchè questo importerebbe un giudizio di merito, escluso
in sede di giurisdizione di legittimità soltanto demandata
a questo Consiglio nella materia in esame, ai sensi del
l'art. 26 del t. u. 26 giugno 1924 n. 1054.
Nel ricorso è stato dedotto, con il secondo motivo,
l'illegittimità costituzionale dell'8° comma dell'art. 149
del t. u. 4 febbraio 1915 n. 148 (in vigore per effetto del
l'art. 10 della legge 5 aprile 1951 n. 203), in quanto la
ineleggibilità del sindaco rimosso per un periodo non
superiore a tre anni sarebbe in contrasto con l'art. 51
della Costituzione.
Tale articolo dispone che : « tutti i cittadini dell'uno
0 dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e
alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo
1 requisiti stabiliti dalla legge ». Nella specie, per una
causa (rimozione dalla carica di sindaco) espressamente
prevista da una norma legislativa (art. 149 del t. u. 4
febbraio 1915 n. 148) quale causa di ineleggibilità per un
periodo non superiore a tre anni, è venuto a mancare
il requisito dell'eleggibilità del ricorrente alla carica di
sindaco per un periodo che rientrava in quello previsto dalla stessa norma.
Al riguardo è da rilevare che, per il disposto dell'8°
comma dell'art. 149 già citato, la rimozione dalla carica
di sindaco importa necessariamente che il sindaco non
possa essere rieletto per un certo periodo di tempo e che
tale norma lascia al provvedimento di rimozione la sola
facoltà di determinare la durata (che deve essere specifi
cata) del periodo di ineleggibilità che, si ripete, non può essere superiore a tre anni ; circostanze queste che risul
tano dal provvedimento impugnato. La questione di legittimità costituzionale sollevata è,
pertanto, manifestamente infondata ; non è luogo, in
conseguenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953
n. 87, al rinvio alla Corte costituzionale.
Pertanto, il provvedimento impugnato, per la mani
festa infondatezza della questione di legittimità costitu
zionale sollevata con il secondo ed ultimo motivo del
ricorso, è, anche in relazione a tale motivo, legittimo. Il
ricorso, deve, quindi, essere respinto ; sussistono giuste
ragioni per compensare tra le parti le spese e gli onorari
del giudizio. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione IV ; decisione 11 settembre 1963, n. 577 ; Pres.
A. De Makco P., Est. Conte ; Bacchesclii (Avv.
Dbdin, Colzi) c. Min. tesoro (Avv. dello_ Stato Lancia).
Uorsa (operazioni di) — Agente di cambio — Di
missioni revocate — Successiva accettazione —
Illegittimità. ISorsa (operazioni di) — Agente di cambio — Do
manda di dimissioni — Revocabilità — Estremi.
È illegittimo, per difetto di presupposto, il provvedimento di accettazione della domanda di dimissioni di un agente di cambio, eìnanato dopo che questi l'aveva revocata. (1)
L'agente di cambio può revocare la domanda di dimissioni, non ancora accettata dall'amministrazione, anche se
l'abbia dichiarata espressamente « irrevocabile » al
l'atto della presentazione. (2)
La Sezione, ecc. — Il ricorso è fondato.
La qualità di agente di cambio, comunque debba essere
qualificato lo stato o rapporto clie ad essa inerisce, si
acquista esclusivamente per atto dell'autorità ammini
strativa, e precisamente per decreto di nomina del Capo dello Stato. Epperò, in base ad un principio generalmente riconosciuto, devesi ritenere clie la suddetta qualità possa
perdersi soltanto in forza di un atto della stessa autorità.
Il che si giustifica, tra l'altro, con la considerazione che
l'agente di cambio non esercita la professione nel suo esclu
sivo interesse ; che l'esistenza di una norma di legge, la
quale fa obbligo all'agente di cambio in carica, sotto
pena di decadenza, di esercitare « effettivamente » la
professione presso la borsa valori nel cui ruolo è iscritto
(art. 11 decreto legisl. luog. 19 aprile 1946 n. 321), dimo
stra come all'esercizio di tale professione ponga interesse
in relazione a finalità proprie anche lo Stato, così come
questo pone interesse, ad es., all'esercizio delle funzioni
di notaio.
Ciò posto è da escludere che l'atto di volontarie di
missioni sia di per sè sufficiente a fare venir meno in
capo all'agente di cambio la sua specifica qualità, e de
vesi invece ritenere che, in conformità all'enunciato prin
cipio, l'atto di dimissioni dell'agente di cambio, per potere
spiegare gli effetti, di cui è potenzialmente capace, abbi
sogna di un atto ulteriore : l'accettazione da parte della
autorità, che all'agente conferì la nomina.
Del resto, sul punto l'amministrazione resistente non
dovette avere alcuna perplessità, se, a seguito delle dimis
sioni del Baccheschi, promosse l'emanazione del decreto
di accettazione, ora oggetto di controversia.
Se quanto precede è esatto, è parimenti [esatto, che
l'atto di dimissioni dell'agente di cambio, in quanto ma
nifestazione di volontà rimessa all'esclusivo apprezza
(1) La massima, nei cui precisi termini non si rinvengono precedenti, è espressione del principio, ripetutamente affermato dal Consiglio di Stato in tema di rapporto d'impiego con lo Stato o con gli enti locali (Sez. VI 1° luglio 1952, n. 458, Foro it.,
Rep. 1952, voce Impiegato gov. e pubbl., n. 718 ; Sez. IV 12
agosto 1948, n. 380, id., Rep. 1949, voce cit., n. 489 ; Sez. V 18 ottobre 1935, n. 857, id., Rep. 1936, voce Impiegato com. e
prov., n. 135), secondo il quale è illegittima l'accettazione delle dimissioni di un impiegato intervenuta dopo che questi le abbia revocate.
(2) Sulla questione di specie non risultano precedenti. Poiché le dimissioni volontarie non hanno effetto fino a
quando non siano state formalmente accettate dall'ammini strazione (Sez. VI 18 gennaio 1961, n. 42, Foro it., Rep. 1961, voce Impiegato dello Stato, n. 428 ; Sez. V 29 marzo 1958, n. 143, id., Rep. 1958, voce cit., n. 235 ; Sez. VI 13 luglio 1954, n. 628, id., Rep. 1954, voce Impiegato gov. e pubbl., n. 363 ; in motiva
zione, Sez. V 7 maggio 1954, n. 454, id., 1955, III, 46, con nota di richiami) l'impiegato può validamente revocarle prima che sia intervenuta tale accettazione (Sez. VI 31 maggio 1961, n. 467, Cons. Stato, 1961, 988 ; Sez. VI 20 maggio 1962, n. 329, Foro it., Rep. 1952, voce cit., n. 479 ; Sez. V 9 novembre 1938, id., 1939, III, 56, con nota di richiami).
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