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Sezione IV; decisione 25 marzo 1964, n. 157; Pres. A. De Marco P., Est. Battara; Soc. Fonderia e...

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Sezione IV; decisione 25 marzo 1964, n. 157; Pres. A. De Marco P., Est. Battara; Soc. Fonderia e Smalteria (Avv. Contaldi) c. Min. lavori pubblici e trasporto (Avv. dello Stato Ceracchi) e Comune di Torino (Avv. Astuti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 219/220-221/222 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156215 . Accessed: 24/06/2014 22:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 22:09:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione IV; decisione 25 marzo 1964, n. 157; Pres. A. De Marco P., Est. Battara; Soc. Fonderia e Smalteria (Avv. Contaldi) c. Min. lavori pubblici e trasporto (Avv. dello Stato Ceracchi)

Sezione IV; decisione 25 marzo 1964, n. 157; Pres. A. De Marco P., Est. Battara; Soc. Fonderia eSmalteria (Avv. Contaldi) c. Min. lavori pubblici e trasporto (Avv. dello Stato Ceracchi) eComune di Torino (Avv. Astuti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 219/220-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156215 .

Accessed: 24/06/2014 22:09

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PARTE TERZA 220

Tale norma ovviamente non potrebbe trovare in nes

sun punto applicazione alla fattispecie perchè il regola mento allegato al piano regolatore, pur dovendo integrarsi, in alcune parti, dato il suo carattere schematico, con le

norme di quello del 1936, non lo può certamente per quelle

parti che abbia regolato compiutamente, o che siano incom

patibili con le vecchie norme. Date, infatti, le finalità di

tale piano, inteso a disciplinare l'assetto urbanistico di un

centro cittadino in via di sviluppo e a carattere intensivo

tanto da prevedere le costruzioni a filo stradale e a fronte

unita, non può ritenersi, come già si è accennato, che esso

abbia inteso mantenere in vigore precedenti norme che, pre vedendo spazi e distacchi o intercapedini, aperte anche

all'esterno, sono in aperto contrasto con la nuova disciplina della zona.

In mancanza perciò di norme particolari che possano

regolare il caso eccezionale in cui come nella specie non sia

possibile la costruzione a fronte unita con l'edificio con

tiguo, non può vietarsi che la fronte del nuovo edificio,

prospettante su quello vicino, raggiunga un'altezza pari a

quella del fronte sulla strada ammessa dal regolamento. Ove, poi la censura delle ricorrenti dovesse intendersi di

retta ad ottenere l'arretramento del nuovo edificio dal con

fine tra le proprietà delle due parti in causa, per il fatto

che non è possibile costruire in aderenza, la questione esu

lerebbe dalla giurisdizione di questo Consiglio. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione IV ; decisione 25 marzo 1964, n. 157 ; Pres. A.

De Marco P., Est. Battaka ; Soc. Fonderia e Smal

teria (Avv. Contaldt) c. Min. lavori pubblici e trasporto

(Avv. dello Stato Ceracchi) e Comune di Torino (Avv.

Astuti).

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Legjjc urbanistica —- Questione di

incostituzionalità della legge nel suo insieme —

Manifesta infondatezza (Legge 17 agosto 1942 n. 1150,

legge urbanistica, art. 7, 8, 9, 10, 11, 30, 40; Costitu

zione, art. 42).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costi

tuzionale della legge urbanistica, complessivamente con

siderata e con limitato riferimento agli art. 7 a 11 e 40, in quanto i limiti non indennizzabili da essa imposti alla proprietà privata non consistono in espropriazioni o

in imposizioni di servitù senza indennizzo, ma in meri

limiti air esercizio del diritto. (1)

La Sezione, ecc. —■ La questione di illegittimità costi

tuzionale della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150

« nel suo insieme per urto contro i fondamentali principi, che sono ricevuti e proclamati dal 2° comma e dal 3° comma

dell'art. 42 della Costituzione », investirebbe, in tale formu

(1) In questo stesso senso si è pronunciata la Sezione nella decisione n. 161, recante la stessa data, in cui è specificato che

per i proprietari, l'esercizio del cui diritto sia limitato dal piano regolatore, non si può fare ricorso ad un'applicazione analogica dell'art. 46 della legge urbanistica, che prevede un indennizzo

per i proprietari di fondi che vengano gravati da servitù in

dipendenza dell'esecuzione di un'opera pubblica, in quanto «il limite di piano regolatore ha fondamento nell'interesse obiettivo della comunità, della quale anche il proprietario è membro » e «ritenere che qualsiasi limite della facoltà di godimento debba formare oggetto di particolare indennizzo, renderebbe impos sibile il perseguimento di quei fini sociali che la stessa Costitu zione impone ».

La questione d'incostituzionalità dell'art. 7, nn. 2 e 3, della

legge urbanistica è stata, invece, dichiarata non manifestamente infondata dal Cons, giust. amm. reg. sic. con ordinanza 10 feb braio 1964, n. 1, retro, 94, con nota di richiami, cui adde P. Stella Richter, in Giur. cost., 1963, 565.

lazione, tutte le norme della legge in oggetto, e quindi sarebbe in massima parte irrilevante rispetto ai limiti del

presente giudizio. Del resto, pur volendo prescindere dalla

genericità della formulazione, essa si risolverebbe nel para dossale assunto, in contrasto con l'evidenza storica e giu ridica, che la Costituzione italiana si sarebbe ispirata ad

un individualismo sì rozzo ed arcaico, da vietare il soddisfa

cimento di quelle necessità di convivenza civile, cui prov vede la disciplina urbanistica, sollevata in simili termini, è stata già dichiarata priva di fondamento dalla Corte cost,

nella sentenza 10 maggio 1963, n. 64, (Foro it., 1963, 1,

1036) dove testualmente si afferma che i limiti dello ius

aedificandi « sono sempre stati connessi alla disciplina della

proprietà immobiliare, e rientrano tra quelli previsti dal

detto art. 42, 2° comma, della Costituzione, non potendosi dubitare che la funzione sociale della proprietà richieda, tra l'altro, una disciplina dell'assetto dei centri abitati, del

loro incremento edilizio, e, in genere, dello sviluppo ur

banistico ».

La ricorrente sostiene però che la pronuncia citata non

pregiudica ulteriori profili della questione, perchè essa pro

segue affermando che « l'analisi di questi limiti, quali sono

posti dalla legge urbanistica, non forma oggetto del presente

giudizio, in quanto sulle singole norme, che li prevedono, non sono state sollevate specifiche questioni di legittimità costituzionale ». E precisa quindi la eccezione, sostenendo, in sostanza, che i vincoli previsti dagli art. 7, 8, 9, 10, 11

della legge urbanistica in relazione all'art. 30 della legge stessa (ma probabilmente l'indicazione è erronea, e si do

vrebbe piuttosto fare riferimento all'art. 40, che ne proclama la non indennizzabilità) si risolvono in espropriazioni, o in

imposizioni di servitù, senza indennizzo e quindi in viola

zione del 3° comma dell'art. 42 della Costituzione. La questione, così prospettata, darebbe luogo perfino a

dubitare della sua rilevanza in questa sede. L'art. 42, 3°

comma, stabilisce che « la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espro

priata per motivi di interesse generale » : stabilisce cioè il dovere dell'indennizzo ma non già che esso debba inoltre essere « preventivo » o « contestuale ». Poiché la citata pro nuncia della Corte costituzionale non lascia dubbio sulla

legittimità dell'imposizione dei limiti allo ius aedificandi, e questi, quando pure si volessero identificare con espro priazioni od imposizioni di servitù, potrebbero essere sta biliti senza previa determinazione o corresponsione di in

dennizzo, senza che con ciò si leda alcun dettato costitu

zionale, la questione potrebbe bene ritenersi non rilevante in questa sede, ove viene in considerazione soltanto la

pretesa lesione d'interesse legittimo, derivante dall'impo sizione del vincolo ; mentre l'asserita illegittimità costitu zionale delle norme escludenti l'indennizzo assumerebbe rilievo quando il proprietario reclamasse nella competente sede la soddisfazione dell'asserito diritto soggettivo.

La Sezione, peraltro, non ritiene necessario approfondire ulteriormente questo punto, dacché la questione sollevata non è nuova alla sua giurisprudenza ed è stata già dichiarata manifestamente infondata (Sez. IV 27 febbraio 1959, n.

269, Foro it., Rep. 1959, voce Piano regolatore, nn. 71-76, e 19 ottobre 1960, n. 835, id., Rep. 1960, voce cit., nn. 62, 62 bis), mentre oggi nessun argomento nuovo si adduce, che non sia stato in precedenza esaminato.

I vincoli imposti coi piani regolatori non costituiscono

espropriazioni, perchè non dànno luogo al trasferimento coattivo dell'immobile dall'uno all'altro soggetto ; nè im

posizione di servitù, perchè non si risolvono nella costitu zione d'un diritto reale sul fondo servente a favore d'un fondo dominante. Essi non vanno quindi ricompresi nella

disciplina dell'art. 42 della Costituzione, che concerne la

ipotesi del trasferimento coattivo del diritto di proprietà da un soggetto all'altro, nonché, come è pacifico, quella del trasferimento coattivo, sempre dall'uno all'altro sog getto, dell'uso temporaneo d'un bene (occupazioni di ur

genza, requisizioni in uso, ecc.) o di talune facoltà di godi mento (costituzione di iura in re aliena mediante proce dimento di espropriazione). I limiti di piano regolatore non dànno luogo a trasferimenti di ricchezza dall'uno all'altro

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221 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 222

soggetto (cui consegue in funzione retributiva e redistribu tiva l'indennizzo), ma sono posti nell'interesse obiettivo della

comunità, della quale anche il proprietario inciso è membro : si tratta appunto di quei limiti intesi ad assicurare « la funzione sociale della proprietà », previsti dal 1° comma dell'art. 42 i quali riguardano non la titolarità del diritto e delle facoltà normalmente in esso contenuti, ma soltanto i modi di esercizio. Si può riconoscere che le dette limita

zioni sono divenute più frequenti ed intense, sia per effetto di trasformazioni nelle esigenze di vita associata, sia per ima

più accentuata sensibilità dei poteri pubblici a certi inte

ressi della collettività organizzativa : ma le limitazioni di interesse pubblico della proprietà privata non sono fenomeno

nuovo nel nostro ordinamento giuridico, non sono mai

state ritenute oggetto d'indennizzo pecuniario, e non pos sono ritenersi vietate, circoscritte o condizionate dalla

norma costituzionale che si inquadra in un testo dove anzi

gli interessi sociali hanno un così spiccato rilievo.

La questione di legittimità costituzionale è dunque da

dichiararsi manifestamente infondata, e va disattesa la

istanza di sospensione del giudizio, e di rimessione degli atti alla Corte costituzionale. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione IV ; decisione 4 marzo 1964, n. Ill ; Pres. A. De

Marco P., Est. Granito ; Ferri (Avv. G. Guarino) c.

Medico provinciale di Terni (Avv. dello Stato Terrano

va), Frisoni (Avv. Topini, Baldi-Papini).

Farmacia — Concorso per assegnazione di sedi va

canti — Graduatoria — Annullamento — Effetti

(R. d. 30 settembre 1938 n. 1706, regolamento per il

servizio farmaceutico, art. 1, 2).

Qualora la graduatoria del concorso per Vassegnazione di

sedi farmaceutiche vacanti sia stata annullata, in acco

glimento di ricorso straordinario, per illogicità dei criteri

di massima fissati dalla commissione giudicatrice, Vam

ministrazione non può bandire un nuovo concorso ma deve

rimettere gli atti alla commissione per la rettifica dei cri

teri illogici, anche se Vannullamento della graduatoria sia

intervenuto dopo tredici anni dalla sua approvazione. (1)

(l) In generale, nel senso che in caso di annullamento di una procedura concorsuale per motivi attinenti, anche in parte, ai criteri di massima, risorge il potere della commissione giu dicatrice di rivedere, nel loro complesso, quei criteri, cons. Sez. V 28 gennaio 1961, n. 37, Foro it., Rep. 1961, voce Con corso ad un impiego n. 96 ; 21 marzo 1958, n. 121, id., Rep. 1958, voce cit., n. 148.

La giurisprudenza ritiene che l'illegittimità di un atto delle operazioni concorsuali non comporti l'annullamento degli atti del concorso che, immuni da vizi, non siano connessi con

quelli viziati, ma impone soltanto la rinnovazione parziale del

procedimento a partire dalle operazioni annullate (Sez. V 22 settembre 1959, n. 597, id., Rep. 1959, voce cit., n. 157 ; 19 dicembre 1958, n. 1106, ibid., n. 158 ; Sez. IV 24 giugno 1941, id., 1942, III, 71, con nota di richiami ; Sez. V 31 maggio 1940, id., Rep. 1940, voce cit., n. 108 ; 5 aprile 1935, id., 1935, III, 190, con nota di richiami ; contra, nel senso che, annullate talune

operazioni di un pubblico concorso, l'amministrazione può le

gittimamente bandirne uno nuovo anziché limitarsi a riprendere le operazioni del vecchio concorso dall'ultimo atto rimasto in

tegro, Sez. V 19 luglio 1940, id., Rep. 1940, voce cit., n. 117). Per quanto concerne la revoca del bando di un pubblico

concorso, il Consiglio di Stato ha costantemente affermato, analogamente a quanto ribadito nella motivazione della ri

portata decisione, che questa è possibile solo in presenza di

ragioni di pubblico interesse (Sez. V 16 luglio 1960, n. 519, id., Rep. 1960, voce cit., n. 15 ; Sez. I 30 agosto 1958, n. 1462,

id., Rep. 1959, voce cit., n. 7 ; Sez. V 2 febbraio 1957, n. 13, id., 1957, III, 65^ con nota di richiami ; cui adde, nel senso che

non è illegittima la revoca di un concorso a notevole distanza di tempo dall'epoca in cui fu bandito, quando il ritardo sia

giustificato da circostanze obiettive, Sez. V 14 ottobre 1941,

id., Rep. 1942, voce cit., n. 5).

La Corte, ecc. — Si assume con il primo motivo che, essendo stata la graduatoria de qua annullata (in sede

straordinaria) dopo ben tredici anni, dalla sua approva zione, l'amministrazione, anziché procedere alla rinnova zione del concorso, avrebbe dovuto porsi il quesito se non fosse più opportuno bandire un nuovo concorso.

L'assunto è infondato.

Com'è noto, l'annullamento di una procedura concor suale comporta l'obbligo per l'amministrazione di rinno vare « ora per allora » le operazioni del concorso, a partire dall'ultimo atto validamente compiuto. Nella specie, la

graduatoria del concorso bandito nel 1948 per il conferi mento delle farmacie vacanti nella provincia di Terni è stata annullata (con decreto pres. 26 aprile 1962, su ri corso straordinario del dott. Frisoni) per illegittimità di uno degli atti intermedi della procedura, e cioè per grave illogicità di uno dei criteri di massima fissati dalla com missione giudicatrice per la valutazione di titoli di pratica professionale. Bene ha fatto, perciò, l'amministrazione a rimettere gli atti alla commissione per la rettifica dei cri teri di massima, in conformità dei principi stabiliti dalla decisione straordinaria, e per gli ulteriori incombenti (va lutazione dei titoli di merito dei candidati e formazione di una nuova graduatoria), fermi restando tutti gli atti an teriori che non avevano formato oggetto di censura in sede straordinaria ; in particolare, il bando di concorso e le deli bere di ammissione dei candidati.

Se l'amministrazione avesse revocato nel 1962 il con corso indetto nel 1948 e avesse bandito con effetti ex nunc un nuovo concorso, avrebbe con ciò consentito la partecipa zione al concorso di numerosi altri aspiranti, che nel 1948 non avevano ancora i requisiti prescritti per concorrere

all'assegnazione di farmacie o non erano ancora in pos sesso di titoli sufficienti per l'utile collocazione in gradua toria, e avrebbero leso in tal modo le legittime aspettative non solo del ricorrente in via straordinaria, ma di tutti co loro che, avendo a suo tempo presentato tempestiva e ri

tuale domanda di partecipazione al concorso de quo, ave

vano un evidente interesse che non fosse allargata la cer

chia dei concorrenti e che la rinnovazione del concorso

avesse luogo, con i criteri e nei limiti risultanti dalla deci sione di annullamento, sulla base della situazione di fatto,

soggettiva e oggettiva, esistente nel 1948.

Si aggiunge che l'amministrazione non è affatto libera di scegliere il momento più opportuno per ricoprire le sedi

farmaceutiche vacanti, ma è tenuta a bandire (e espletare) il relativo concorso con la maggiore sollecitudine, al fine

di evitare nel generale interesse lunghe e dannose carenze

dell'assistenza farmaceutica. Ciò si desume dall'art. 2 del

regolamento 30 settembre 1938 n. 1706 il quale dispone che

il concorso per il conferimento di farmacie deve essere in

detto « entro due mesi dal giorno in cui l'esercizio sia ri

masto vacante o da quello in cui sia stato istituito ». Ora è

chiaro che le finalità della norma verrebbero senz'altro

frustrate se l'amministrazione potesse, per mere ragioni di

opportunità, revocare un concorso tempestivamente ban

dito, e già in fase di avanzato espletamento, per indirne uno

nuovo e riaprire così i termini per la presentazione delle

domande e dei titoli.

La facoltà di revoca di un bando di concorso, ammessa dalla giurisprudenza qualora risulti giustificata da speci fiche e comprovate ragioni di pubblico interesse, è da ri

tenersi consentita in subiecta materia solo nei casi ecce

zionali e per gravi motivi. Tali non possono ritenersi le

ragioni addotte dalla ricorrente. E infatti : « il lungo tempo trascorso dalla prima graduatoria » doveva indurre l'am

ministrazione non a procrastinare ulteriormente, ma piut tosto ad accelerare i tempi per la definizione del concorso ; e quanto alla « mancata notifica del ricorso straordinario

a tutti i controinteressati » è chiaro che essa imponeva, se

mai, di circoscrivere (e non di aggravare ed estendere) gli effetti delle pronuncia di annullamento, così da turbare il

meno possibile la posizione di coloro che non erano stati

posti in grado di opporsi all'accoglimento del ricorso Fri

soni. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

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