sezione IV; decisione 25 settembre 2002, n. 4905; Pres. Trotta, Est. Carinci; Soc. Camdue (Avv.Perla, Rispoli) c. Min. interno (Avv. dello Stato Di Martino). Conferma Tar Campania, sez.Salerno, 15 ottobre 2001, n. 1251Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 12 (DICEMBRE 2002), pp. 609/610-611/612Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197088 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 25 settembre
2002, n. 4905; Pres. Trotta, Est. Carinci; Soc. Camdue
(Avv. Perla, Rispoli) c. Min. interno (Avv. dello Stato Di
Martino). Conferma Tar Campania, sez. Salerno, 15 ottobre
2001, n. 1251.
CONSIGLIO DI STATO;
Giuoco proibito — Scommesse su eventi sportivi extranazio
nali — Raccolta per conto di «bookmaker» estero — Ces
sazione dell'attività — Chiusura dell'esercizio — Legit timità (Cost., art. 41; r.d. 18 giugno 1931 n. 773, approvazio ne del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, art. 88; 1. 13 di
cembre 1989 n. 401, interventi nel settore del giuoco e delle
scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgi mento di competizioni agonistiche, art. 4; 1. 7 agosto 1990 n.
241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo
e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, art. 19; 1.
24 dicembre 1993 n. 537, interventi correttivi di finanza pub blica, art. 2).
E legittimo il provvedimento con cui il questore ha ordinato la
cessazione dell'attività e la chiusura di un esercizio ubicato
nel territorio nazionale, il cui scopo era quello di mettere in
contatto, mediante strumenti telematici, gli scommettitori ita
liani e un bookmaker estero, raccogliendo per conto di que st'ultimo puntate su eventi sportivi extranazionali, senza che
fosse stata concessa l'autorizzazione prescritta per l'eserci
zio delle scommesse, la quale non può essere surrogata dalla
formale denuncia di inizio di attività. (1)
Diritto. — Costituisce oggetto dell'appello in esame, la deci
sione con la quale il Tar Campania, pronunciandosi in ordine al
(1) Anche i giudici amministrativi — dopo che, nella fase cautelare della lite definita dalla pronuncia in epìgrafe, era stata sospesa l'effica cia del provvedimento impugnato (Cons. Stato, sez. IV, ord. caut. 21 dicembre 1999, n. 2427, Foro it., Rep. 2000, voce Giuoco e scommes
sa, n. Il) — adottano la linea dell'intransigenza nei confronti della raccolta «abusiva» di scommesse su competizioni sportive disputate al
l'estero, riallacciandosi alla decisione della corte comunitaria nel caso Zenatti (sent. 21 ottobre 1999, causa C-67/98, id., 2000, IV, 218), che era stata del resto sollecitata proprio dal Consiglio di Stato.
Nel senso che l'attività di raccolta delle puntate, svolta in Italia per conto di società estera, non si esaurisce in una pura e semplice trasmis sione di dati, ma integra una fase di gestione delle scommesse e, come
tale, rientra nella previsione di cui all'art. 88 t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, v. Tar Abruzzo 31 ottobre 1998, n. 835, id., Rep. 1999, voce cit.. n. 18.
La necessità di un atto autorizzatorio esplicito, avuto riguardo alle
ragioni di tutela dell'ordine pubblico, che impediscono di considerare come attività vincolata quella cui è tenuta l'amministrazione nel rila scio del titolo abilitativo all'esercizio di scommesse, è sottolineata da Tar Toscana, sez. I, 3 novembre 1997, nn. 476 e 475, id., Rep. 1998, voce Commercio (disciplina del), nn. 63, 67. Rimane preclusa, dunque, la chance di sostituire, ai sensi dell'art. 19 1. 241/90, l'atto di consenso dell'amministrazione competente con una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato; si noti che nei casi sottoposti al regime di li
beralizzazione, ove il potere inibitorio dell'amministrazione si sia con sumato in ragione del decorso del termine di sessanta giorni dalla de nuncia, è prospettabile l'illegittimità del provvedimento che disponga la cessazione dell'attività per mancanza di autorizzazione (in tal senso, Tar Lazio, sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1125, id., Rep. 2000, voce cit., n. 63, con riferimento alle attività di somministrazione di alimenti e be
vande, nonché di sala giochi, in un circolo privato). Quanto al trattamento sanzionatorio di marca penale, le perplessità
manifestate circa la sua perdurante congruità, all'indomani delle modi fiche apportate dall'art. 37 1. 388/00, benché fugate dalla Cassazione
(sent. 11 luglio 2001, Pugliese, Riv. pen., 2002, 40), hanno comunque indotto una corte di merito a dubitare della legittimità costituzionale della norma incriminatrice (Trib. Ascoli Piceno, ord. 28 marzo 2001, Foro it., 2002, II, 275); la questione sollevata è stata, peraltro, dichia rata manifestamente inammissibile dalla Consulta (ord. 21 marzo 2002, n. 85, ibid.. I, 1606, annotata da A. Diddi, In tema di rapporti tra «que stione pregiudiziale» dinanzi alla Corte di giustizia e «questione di le
gittimità costituzionale», in Giust. pen., 2002,1, 217), in quanto lo stes
so rimettente aveva contemporaneamente indirizzato una domanda di
pronuncia pregiudiziale ai giudici di Lussemburgo, riproponendo il te
ma della compatibilità della disciplina interna con le regole comunitarie in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi
(su tale aspetto, v., oltre ai contributi segnalati nelle annotazioni ai ci tati provvedimenti, L. Zagato, Libertà di circolazione dei servizi e Stati biscazzieri ovvero . .. il giudice comunitario nel regno di Shangri là, in Annali it. dir. autore, 2000, 508).
Il Foro Italiano — 2002 — Parte III-20.
ricorso proposto da Camera Antonio e Donato Cammardella, nella qualità di soci della Camdue s.n.c., lo ha respinto e ha ri
tenuto esente dai vizi denunciati il provvedimento con il quale il
questore di Salerno aveva ordinato, in applicazione degli art. 4 1.
13 dicembre 1989 n. 401, 88 r.d. 18 giugno 1931 n. 773, e 2 1.
24 dicembre 1993 n. 537, la cessazione dell'attività e la chiusu
ra dell'esercizio Atlas Euro Sport, sito in Sala Consilina, che
svolgeva attività di booking. I motivi d'impugnazione, rigettati in primo grado, sono stati
riproposti in questa sede, con argomentazioni dirette a censurare
la decisione con la quale il tribunale amministrativo ha respinto
l'originario ricorso.
Le censure presentano due diversi profili. Sotto un primo aspetto, l'appellante contesta la decisione del
tribunale, che non avrebbe rilevato non solo il palese difetto di
motivazione del provvedimento del questore, ma soprattutto che
l'attività di booking —
intrapresa sulla base di una denuncia
d'inizio di attività ai sensi dell'art. 19 1. 7 agosto 1990 n. 241 —
non potrebbe considerarsi compresa tra quelle per cui è richiesta
la preventiva autorizzazione prescritta dagli art. 4 1. 13 dicembre
1989 n. 401 e 88 r.d. 18 giugno 1931 n. 773.
Sotto un secondo aspetto, lo stesso provvedimento del questo re comporterebbe un'ingiustificata limitazione al diritto di libe
ra iniziativa economica, garantito invece dall'art. 41 Cost., e
verrebbe a porsi anche in contrasto con i principi affermati dalla
Corte di giustizia della Comunità europea, non essendo stata
data idonea dimostrazione — nemmeno da parte del tribunale
amministrativo — che le disposizioni richiamate nell'atto siano
coerenti con la normativa comunitaria, cioè idonee a garantire la
protezione di interessi non solo finanziari, ma anche di politica sociale.
Le censure si appalesano tutte infondate.
È noto che l'art. 88 t.u. di pubblica sicurezza, approvato con
r.d. 18 giugno 1931 n. 773, ha dettato disposizioni per il rilascio
delle previste licenze, e ha precisato che «la licenza per l'eser
cizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a
soggetti concessionari o autorizzati da parte di ministeri o di al
tri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e ge stione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal conces
sionario o dal titolare di organizzazione in forza della stessa
concessione o autorizzazione».
Con la 1. 13 dicembre 1989 n. 401, il legislatore ha inoltre di
sciplinato l'organizzazione dei giochi di abilità e dei concorsi
pronostici, e con l'art. 4, in particolare, ha stabilito di sanziona
re l'esercizio abusivo di attività di giochi e di scommesse.
L'appellante sostiene che la richiamata normativa non è ap
plicabile nei confronti dell'attività svolta dalla sua agenzia, che
si esaurirebbe nella raccolta e contabilizzazione di scommesse
su eventi sportivi extranazionali, in nome e per conto del book
maker inglese Atlas Sport Betting Ltd. Egli non può ritenersi
soggetto «organizzatore e gestore di scommesse», non assu
mendo alcun rischio al riguardo, poiché nella scelta degli eventi
sportivi su cui scommettere unico gestore è costituito dalla so
cietà inglese, che incassa gli importi e corrisponde di tasca pro
pria le vincite. La sua agenzia, cioè, costituirebbe unicamente
un mero tramite informativo, con il compito della raccolta delle
puntate e della trasmissione delle scommesse, che i giocatori ef
fettuano direttamente con la società inglese. Il suo compenso sa
rebbe commisurato a provvigione fissa e la sua attività non inci
derebbe, peraltro, sui concorsi pronostici e sui giochi di abilità
riservati al Coni e all'Unire.
Le esposte argomentazioni non appaiono convincenti.
E parere del collegio che l'attività svolta dall'appellante, in
quanto diretta a mettere in contatto, sia pure mediante strumenti
telematici, scommettitori italiani e bookmaker estero, vada indi
viduata tra quelle di intermediazione. Più che assimilabile al
l'attività delle scommesse, la sua ne costituisce un tratto essen
ziale, non potendo negarsi che la raccolta delle puntate implichi il recepimento della volontà di adesione alla scommessa — co
stituendo elemento determinante del rapporto — e sia quindi
soggetta agli stessi limiti pubblicistici imposti dalla legge per la disciplina diretta di questa. E poi indubbio che l'attività d'in termediazione si svolga sul territorio dello Stato italiano. Come
ben evidenziato dal tribunale amministrativo, tale luogo non
può certo essere riferito a quello in cui si verifica l'esito della
manifestazione sportiva, che si pone soltanto quale evento con
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PARTE TERZA
dizionale della vincita, ma a quello di conclusione del contratto,
indubbiamente correlato al momento dell'accettazione e dell'in
casso della puntata, momento rispetto al quale l'eventuale non
accettazione da parte del bookmaker estero non rappresenta che
un elemento condizionale di risoluzione del contratto, ma non
del suo perfezionamento. La stessa Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che
in tema di organizzazione di scommesse su competizioni sporti ve svolgentisi in Stati esteri, il principio di ubiquità accolto dal
l'art. 6 c.p., comporta che quando nel territorio italiano si ef
fettui anche solo una parte dell'organizzazione delle pubbliche scommesse — come ad esempio la raccolta delle puntate
— tro
vano applicazione le disposizioni dell'art. 88 t.u. 18 giugno 1931 n. 773 e della 1. 13 dicembre 1989 n. 401. In ciò, quindi, trovano chiaro riscontro e giustificazione le argomentazioni svolte dal tribunale amministrativo, che ha respinto le avverse
tesi sostenute nel ricorso di primo grado. E utile evidenziare, ad adiuvandum, che il legislatore, quasi
come interpretazione autentica, è tornato a legiferare in materia
e, con recente novella ha aggiunto all'art. 4 1. 13 dicembre 1989
n. 401, il comma 4 bis, con il quale ha così precisato: «Le san
zioni di cui al presente articolo sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell'art. 88 t.u.
delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931 n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qual siasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o co
munque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi
genere da chiunque accettate in Italia o all'estero» (art. 37, 5°
comma, 1. 23 dicembre 2000 n. 388). Il che sta ulteriormente a
rafforzare la fondatezza delle osservazioni in precedenza
espresse. Non può quindi riconoscersi valore alla tesi dell'appellante,
che si è ritenuto autorizzato all'esercizio dell'attività in questio ne sulla base della mera comunicazione effettuata all'ammini
strazione ai sensi dell'art. 19 1. 7 agosto 1990 n. 241, come so
stituito dall'art. 2, 10° comma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537. In
vero, la formale denuncia di inizio di attività assume valore
esplicito di autorizzazione amministrativa solo se non sia subor
dinata a positive valutazioni discrezionali della pubblica ammi
nistrazione. Il che non si riscontra nel caso di specie, avuto ri
guardo alle ragioni di tutela dell'ordine pubblico che sono alla
base della disciplina di cui alla 1. n. 773 del 1931. alle cui previ sioni l'attività svolta dall'appellante va ricondotta.
Infondato si appalesa anche il secondo profilo di assunta ille
gittimità. Il collegio è del parere che la richiamata normativa non com
porta un'illegittima compressione del diritto alla libera iniziati va economica, secondo il principio affermato dall'art. 41 Cost., né violazione delle norme comunitarie sulla prestazione di ser
vizi, e ritiene che il tribunale amministrativo abbia dato indica zioni che si appalesano esatte e idonee a dare esauriente ragione dei motivi posti a fondamento della decisione.
In ordine al primo aspetto, il tribunale ha giustamente osser vato che non può esservi stata violazione dell'art. 41, 2° com
ma, Cost., in quanto le disposizioni richiamate dall'amministra zione prevedono che l'ambito di attività debba raccordarsi con il
principio secondo cui l'attività stessa non può svolgersi in con trasto con utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicu
rezza. alla cui tutela è proprio preordinata la previsione di cui
all'art. 88 t.u. del 1931. Il che è sufficiente a dare spiegazione dell'inesistenza dell'assunto contrasto.
Più complessa è la questione sollevata con riferimento alla
normativa sulla Comunità europea. In proposito deve ricordarsi che Corte giust. 21 ottobre 1999,
causa C-67/98 (Foro it., 2000, IV, 218), resa in analogo proce dimento, ha ritenuto che «le disposizioni del trattato Ce relative alla libera prestazione di servizi non ostano ad una normativa
nazionale, come quella italiana, che riserva a determinati enti il diritto di esercitare scommesse sugli eventi sportivi, ove tale normativa sia effettivamente giustificata da obiettivi di politica sociale tendenti a limitare gli effetti nocivi di tali attività e ove le restrizioni da essa imposte non siano sproporzionate rispetto a tali obiettivi». Ha inoltre affermato che limitazioni sono ammis
sibili, se attraverso di esse si persegue, anzitutto «l'obiettivo di un'autentica riduzione delle opportunità di gioco e se il funzio namento di attività sociali attraverso un prelievo sugli introiti
Il Foro Italiano — 2002.
derivanti dai giochi autorizzati costituisce solo una conseguenza
vantaggiosa accessoria e non la reale giustificazione della poli tica restrittiva attuata».
L'appellante, come si è visto, ritiene erronee, e comunque ca
renti di motivazione, le indicazioni del tribunale amministrativo, che si sarebbe limitato a richiamare concetti meno che generali,
operando generiche considerazioni di politica economica, senza
tener conto che la tendenza del nostro ordinamento è volta a fa
vorire lo sviluppo delle possibilità di gioco. Non sarebbe quindi esatta la conclusione della ritenuta compatibilità della legisla zione italiana con le indicazioni della Corte di giustizia europea.
A tal proposito va subito detto che non sussiste il denunciato
difetto di motivazione, tenuto conto che le indicazioni espresse nella sentenza impugnata danno significativamente ragione della ravvisata compatibilità tra la normativa comunitaria e le
norme dell'ordinamento italiano, ritenendo queste ultime preor dinate a limitare il gioco d'azzardo non per fini esclusivamente
di natura economica, ma per la protezione di interessi ben più meritevoli di tutela, volti ad evitare che il gioco d'azzardo co
stituisca fonte di profitto individuale, ovvero di frode o di rischi
di criminalità. Quanto al rilievo sulla ritenuta erroneità della sentenza — se
condo cui non sarebbe esatto che la normativa nazionale sia im
prontata alla finalità di ridurre le opportunità di gioco, con con
seguente non giustificabilità della restrizione alla libera presta zione del servizio di booking
— va osservato che è indirizzo
della stessa commissione della Comunità europea, cui la Corte
di giustizia si attiene, considerare legittime le restrizioni in or
dine alle lotterie nel territorio di uno Stato membro, ove le li
mitazioni siano giustificate da concrete preoccupazioni di poli tica sociale e di prevenzioni delle frodi.
È stato così affermato dalla Corte di cassazione che la 1. 13
dicembre 1989 n. 401 — in base alla quale è stata applicata la
sanzione della chiusura dell'esercizio in questione — è da rite
nere compatibile con il diritto comunitario, laddove conferma e
disciplina il controllo statale sotto forma di autorizzazione in
ordine all'organizzazione di lotterie, concorsi pronostici, giochi e scommesse, al fine di tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza.
Senza trascurare che il principio comunitario della libera presta zione dei servizi, di cui all'art. 59 del trattato istitutivo, può es
sere legittimamente derogato attraverso riserve a favore dello
Stato o attraverso limiti e controlli pubblici, per preoccupazioni di politica sociale e di prevenzione delle frodi.
Non può ragionevolmente dubitarsi che le disposizioni legis lative alle quali l'amministrazione ha inteso dare attuazione at
traverso l'adozione del provvedimento contestato, siano real
mente intese ad escludere una sostanziale liberalizzazione dei
giochi e delle scommesse, al fine di contribuire alla prevenzione delle frodi e ad evitare il diffondersi della criminalità, e a perse
guire, quindi, fini di ordine pubblico e di sicurezza sociale. Il
che dà esatto conto che le disposizioni stesse siano compatibili sia con le norme costituzionali del nostro ordinamento che con
quelle della Comunità europea. Per le esposte considerazioni, l'appello si appalesa infondato
e va respinto.
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