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sezione IV; decisione 26 febbraio 1985, n. 64; Pres. De Roberto, Est. Barbagallo; Pres. cons.ministri e Min. pubblica istruzione (Avv. dello Stato Di Pace) c. Faberi (Avv. Biagini, Correale),Sabri e Cicconetti (Avv. Scoca, Correale). Conferma T.A.R. Lazio, sez. I, 2 maggio 1984, n. 419Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 5 (MAGGIO 1985), pp. 189/190-191/192Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177939 .
Accessed: 25/06/2014 01:19
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
giurisdizione alle sezioni unite della Corte di cassazione, deposi tando in segreteria copia del ricorso per cassazione notificato alla ricorrente del giudizio a quo.
Ora, nonostante il contrario assunto della cassa di risparmio ricorrente, in base agli orientamenti prevalsi in giurisprudenza (cfr. anche Corte cost. n. 135/75, Foro it., 1975, I, 1901, e n.
246/83 id., 1983, I, 2639) è stato affermato che il regolamento preventivo di giurisdizione è proponibile anche nel giudizio amministrativo e che la proposizione della (valida) istanza di
regolamento preventivo della giurisdizione determina la sospensio ne del processo, ai sensi dell'art. 367 c.p.c. richiamato dall'art. 41 stesso codice.
!1 presente processo, quindi, va dichiarato sospeso.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 26 febbraio
1985, n. 64; Pres. De Roberto, Est. Barbagallo; Pres. cons,
ministri e Min. pubblica istruzione (Avv. dello Stato Di Pace) c. Faberi (Avv. Biagini, Correale), Sabri e Cicconettà (Avv.
Scoca, Correale). Conferma T.A.R. Lazio, sez. I, 2 maggio
1984, n. 419.
Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendenti delle camere —
Passaggio ad altre carriere — Trattamento economico (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello Stato, art. 202; d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, nuovi stipendi, pa
ghe e retribuzioni del personale delle amministrazioni dello
Stato, compreso quello ad ordinamento autonomo, art. 12). Istruzione pubblica — Docente universitario ex dipendente di
altra amministrazione dello Stato — Determinazione dello sti
pendio — Fattispecie (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, art. 202;
d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, art. 12; d.p.r. 11 luglio 1980
n. 382, riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia
di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica, art. 11, 36).
Ai fini dell'applicazione dell'art. 202 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3,
modificato dall'art. 12 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, i
dipendenti delle camere sono assimilati agli altri dipendenti dello
Stato; pertanto, al pubblico impiegato, in caso di passaggio dal
l'amministrazione del senato della repubblica ad altra carriera,
si devono attribuire tanti aumenti periodici quanti sono necessa
ri per assicurare uno stipendio pari o immediatamente superiore
a quello in godimento all'atto del passaggio stesso. (1)
Per la determinazione del trattamento economico spettante al
professore universitario proveniente dall'amministrazione del se
nato della repubblica, a norma dell'art. 202 d.p.r. 10 gennaio
1957 n. 3, modificato dall'art. 12 d.p.r. 28 dicembre 1970 n.
1079, il raffronto va compiuto tra lo stipendio goduto ridia
carriera di origine e la misura delle competenze attribuite ai
professori universitari che abbiano optato per il regime di
impegno a tempo pieno; l'importo cosi ottenuto è proporzional mente ridotto nell'ipotesi di opzione per il regime di impegno a
tempo definito. (2)
(1) Secondo l'interpretazione fin qui osservata, i dipendenti delle
camere sono assoggettati alla « giurisdizione domestica » dei rispettivi uffici di presidenza (art. 12 reg. camera e reg. senato). Perdurando a
tutt'oggi il gravissimo ritardo, per cui la Corte costituzionale non ha ancora deciso le questioni di legittimità sollevate al riguardo (Cass., sez. un., ord. 11 luglio 1977, n. 356, e 23 marzo 1981, n. 135, Foro
it., 1977, I, 2071, e 1981, I, 971, con osservazioni di R. Moretti), la sentenza qui riportata — almeno per la prima massima — co stituisce un esempio di una sorta di « giustizia trasversale », resa nei confronti di ex dipendenti del senato della repubblica e concernente la
configurazione del rapporto d'impiego con l'amministrazione di prove nienza. Nell'impossibilità di portare al vaglio del giudice le controver sie che sorgono in costanza di rapporto, è questa l'unica via allo Stato consentita per risolvere le pendenze. In particolare, dalla motivazione si apprende che i dipendenti delle camere ai fini della norma in
questione, non possono essere considerati impiegati di una amministra zione dello Stato e, quindi, dipendenti dello Stato tout court. Va ricordato invece che nelle due richiamate ordinanze della Cassazione si
parlava, più genericamente, di « rapporti di impiego » con l'ammini
strazione del senato. Sulla problematica in questione vedasi ora La
burocrazia parlamentare, Roma, 1982, a cura dell'ufficio stampa della camera dei deputati.
(2) Non constano precedenti. In dottrina, sul trattamento economico dei docenti universitari dopo
l'entrata in vigore della riforma (d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382), v. M.
Il Foro Italiano — 1985.
Diritto. — Preliminarmente va dato atto della rinuncia all'azio ne del prof. Stefano Maria Cicconetti, parte appellata, vittoriosa in primo grado, e per FefEeto va annullata senza rinvio in parte qua la sentenza di primo grado, a norma dell'art. 34 1. 6 dicembre 1971 n. 1034. Entrambe le censure proposte dall'ammi
nistrazione appellante sono infondate.
Con riferimento alla prima di esse, il collegio ritiene infatti che
esattamente il giudice di primo grado ha interpretato la disposi zione di cui agli art. 202 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 e 12, 3°
comma, d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, nel senso che essa è
applicabile non soltanto ai dipendenti civili dello Stato, in senso
proprio, ma anche aii dipendenti del senato (a questa soia ipotesi è ora limitato il giudizio), in quanto questi ultimi, ai fini della
norma in questione, non possono non essere considerati impie
gati di un'amministrazione dello Stato. La disposizione in esame,
infatti, è espressione di un principio generale, secondo il quale il
dipendente dello Stato, che muta carriera presso la stessa am
ministrazione o che passa alle dipendenze di altra amministra
zione, non deve subire una riduzione del trattamento economico.
La ratio della norma è quella di consentire la mobilità del la
voro, sia nell'interesse del dipendente, sia nell'interesse dell'am
ministrazione.
Del resto, la interpretazione restrittiva proposta dall'ammini
strazione appellante parrebbe una irragionevole disparità di trat
tamento fra gli impiegati civili dello Stato a statuto ordinario
e i magistrati (a questi ultimi la disposizione si applica ai sensi
degli art. 12 e 14 1. 392/51 e 276 ord. giud.) da un lato, e i
dipendenti dello Stato, che prestano servizio nell'apparato ammi
nistrativo del senato dall'altro.
Implicita conferma del valore di principio generale, attribuito
alla disposizione in esame, è data dalla estensione della operativi tà della norma oltre il suo ambito originario, effettuata dalla
legislazione successiva. La regola, infatti, è stata estesa, oltre che
al passaggio di carriera presso l'amministrazione militare (art. 3 1.
8 agosto 1957 n. 751), al caso di passaggio dalla posizione di
sottufficiale all'impiego civile (art. 3 1. 8 agosto 1957 n. 751), al
caso della riammissione in ruolo, quali magistrati o professori universitari, dei giudici costituzionali (art. 2, 2° comma, 1. 18
marzo 1958 n. 265), al caso di nomina a componenti « laici » del C.S.M. di dipendenti di amministrazioni con bilancio a carico dello Stato (art. 40, 3° comma, 1. 24 marzo 1958 n. 195), al caso « inverso » di riammissione nei ruoli delle amministrazioni di
provenienza, alla cessazione dalla carica, dei componenti laici del C.S.M. (art. 3 1. 3 maggio 1971 n. 312), al caso di passaggio dalla posizione di dipendente di ruolo di un ente pubblico di
sperimentazione e ricerca ai ruoli universitari (art. 104 d.p.r. 11
luglio 1980 n. 382).
Inoltre, poi, per quanto concerne la posizione del dott. Faberi, 11 quale è stato nominato referendario presso il Consiglio di Stato, in quanto vincitore del relativo concorso per titoli ed esami,
ulteriore, e di per sé determinante, argomento a sostegno della
tesi esposta è dato dal fatto che per l'art. 2, 2" comma, t.u. 26
giugno 1924 n. 1054, come sostituito dall'art. 1 r.d. 23 ottobre
1924 n. 1672, convento con modificazioni nella 1. 8 febbraio 1925 n. 88, i dipendenti del parlamento sono indifferenziatamente acco
munati agli altri dipendenti dello Stato al fine della ammissione
al concorso per referendario del Consiglio di Stato e, dunque, per l'ingresso nella relativa carriera.
Tale assimilazione, ai fini dell'ammissione al concorso per referendario presso il Consiglio di Stato, postula e conferma che anche la norma di cui agli art. 202 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 e 12 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, che disciplina gli aspetti economici derivanti dal passaggio dal primo al secondo impiego, si debba applicare a tutte le categorie degli impiegati dello Stato ammessi al concorso e, quindi, anche agli impiegati delle camere (in tal senso è anche il parere reso il 10 novembre 1980 dal Consiglio di Stato, comm. speciale, Foro it., Rep. 1982, voce Consiglio di Sta
to, n. 12, proprio su questo stesso caso, ora all'esame del collegio). Per quanto poi concerne la prima delle due obiezioni formulate
dall'amministrazione appellante alla tesi esposta, essa non ha
rilievo. Sottolinea, infatti, la parte ricorrente che il t.u. 29
dicembre 1973 n. 1032 (art. 40, n. 1, e art. 53, n. 37 e 38) e il
t.u. 29 dicembre 1973 n. 1092 (art. 12), non ricomprendono fra
Longo, in Cons. Stato, 1981, II, 235, e A. Meloncelli, in Riv. giur. scuola, 1981, 353. Sull'incompatibilità dei professori a tempo definito all'esercizio delle funzioni di preside, cfr. T.A.R. Marche, ord. 14 luglio 1982, Foro it., 1984, III, 226. Sulla parificazione retributiva al li vello dirigenziale A del docente universitario, cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 14 giugno 1984, n. 173, id., 1985, III, 150.
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PARTE TERZA
gli impiegati dello Stato i dipendenti delle camere, i quali sono
considerati alla stregua di una categoria particolare a sé stante.
Ora, tale richiamo è irrilevante, in quanto la mancata ricompren sione degli impiegati delle camere fra i dipendenti statali è
conseguente alla definizione che i due testi unici danno di « dipendenti statali »; e nelle stesse disposizioni di legge che
definiscono la categoria di dipendenti è sottolineato che la
definizione ha rilievo soltanto agli effetti di quanto previsto in ciascuno dei due testi normativi (art. 1, 2° comma, d.p.r. 1092/73 e art. 1°, 2° comma, d.p.r. 1032/73).
Con la seconda delle due obiezioni, che concerne soltanto la
posizione del prof. Cesare Salvi, le amministrazioni ricorrenti rilevano che, comunque, la disposizione di cui agli art. 202 t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 e 12, 3° comma, d.p.r. 28 dicembre 1970 n.
1079, non potrebbe essere applicata nel caso, quale è quello in
esame, di passaggio da ruoli di funzionario del senato a quelli di
professore universitario, in quanto non potrebbe essere applicata la maggiorazione del 40 % sulla misura del trattamento economi
co, nel caso di opzione per il regime a tempo pieno (art. 36, 6°
comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382).
Ora, avuto riguardo alla facoltà riconosciuta ai professori universitari (art. 11 e 22 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382) di scegliere fra l'impegno a tempo pieno e l'impegno a tempo definito, considerato che la misura del trattamento economico è maggiorata del 40 % nel caso di opzione per il regime a tempo pieno, nella
ipotesi in esame la comparazione va fatta fra lo stipendio della
qualifica di provenienza e quello del professore universitario a
tempo pieno, sia per una esigenza di ragionevolezza, sia per la
maggiore omogeneità fra l'attività resa nell'amministrazione di
provenienza e quella di professore universitario a tempo pieno.
Quindi, se lo stipendio nella carriera di provenienza è superiore a quello spettante nella nuova qualifica di professore universitario
con la maggiorazione di tempo pieno, tale ultimo stipendio deve
essere adeguato, secondo il meccanismo di cui all'art. 12, 3°
comma, d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079 in modo che il nuovo
stipendio sia di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento all'atto del passaggio e deve essere attribuito
all'interessato, soltanto nel caso di opzione per i-1 regime del
tempo pieno. Nel caso invece di opzione per il regime di impegno a tempo definito, lo stipendio come sopra determinato, preso a
base nel caso in esame, deve essere ridotto con l'operazione inversa a quella di cui al 6° comma dell'art. 36 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, cioè secondo la proporzione 140:100 = (stipendio ottenuto da quello in godimento all'atto del passaggio, secondo il
computo di cui all'art. 12, 3° comma, d.p.r. 1079 e cioè stipendio
pari o immediatamente superiore a quello già in godimento): X.
La riduzione, quindi, nel caso di opzione per il regime a tempo definito sarà di circa il 28,571 % del trattamento economico deter
minato ex art. 12, 3° comma, d.p.r. n. 1079. La soluzione indicata
consente che, nell'ipotesi di scelta di regimi diversi, professori universitari con la stessa anzianità e provenienza da amministra
zione dello Stato, che non sia quella universitaria, abbiano
trattamenti economici diversi. La pronuncia del giudice di primo
grado, sulla domanda proposta da Cesare Salvi, va quindi con
fermata nei limiti ora indicati. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 20 feb
braio 1985, n. 2; Pres. Pescatore, Est. Noccelli; Serra e altri
(Avv. Serra) c. Cassa nazionale di assistenza e di previdenza a favore degli avvocati e procuratori (Avv. Viola), Darrelli
e altri. Annulla T.A.R. Lazio, sez. Ili, 27 luglio 1984, n. 248.
Giustizia amministrativa — Sospensione dell'atto impugnato —
Camera di consiglio — Comunicazione della riunione — Neces
sità — Limiti — Conseguenze dell'omissione (Cod. proc. civ., art. 136, 167 bis; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 39, 44; d.l. lgt. 5 maggio 1948 n. 642, provvedi menti per accelerare il giudizio presso le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, art. 2; 1. 21 dicembre 1950 n. 1018, modificazioni al t.u. sul Consiglio di Stato, art. 9, 10; 1. 6
dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi
regionali, art. 19, 21, 33; 1. 7 febbraio 1979 n. 59, modificazio
ni ai servizi di cancelleria in materia di spese processuali civili, art. 7; 1. 20 novembre 1982 n. 890, notificazione degli atti a
mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la
notificazione di atti giudiziari, art. 2).
Il Foro Italiano — 1985.
Quando la riunione in camera di consiglio nella quale viene presa in esame l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato non sia la prima successiva al suo deposito (purché dopo la
scadenza del termine dilatorio di dieci giorni dalla sua notifica), né quella ancora successiva, essa deve essere comunicata alle
parti mediante biglietto di cancelleria, con l'utilizzazione anche
del servizio postale, o, eventualmente, del telegrafo o del
telefono. (1) Il Consiglio di Stato deve annullare con rinvio l'ordinanza con la
quale il tribunal,? amministrativo regionale abbia rigettato l'i
stanza di sospensione del provvedimento impugnato, in una
riunione in camera di consiglio tenutasi dopo vario tempo dalla
notificazione di essa, la cui data non sia stata ritualmente
comunicata al ricorrente che aveva chiesto di essere sentito
personalmente. (2)
Diritto. — 1. - L'appello investe l'ordinanza del T.A.R. Lazio
(sez. Ili) n. 248 del 27 luglio 1984 che ha respinto l'istanza con
cui numerosi avvocati, tutti ricorrenti nella dichiarata qualità di
iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza in favore
degli avvocati e procuratori, hanno chiesto la sospensione dell'ef
ficacia del regolamento della cassa, adottato con delibera del
comitato dei delegati nelle sedute del 6-7 aprile 1984, e in modo
particolare di talune norme ritenute lesive degli interessi della
categoria professionale.
Ha carattere pregiudiziale l'esame del primo mezzo col quale
gli appellanti si dolgono che l'ordinanza sia stata deliberata in
camera di consiglio senza che la data, all'uopo fissata dal
presidente del collegio, fosse previamente comunicata all'avv.
Serra, loro difensore, che aveva chiesto di essere sentito perso nalmente; e, sul punto, l'ordinanza di rimessione della IV sezione
ha ravvisato opportuno promuovere una pronuncia di questa adunanza plenaria, considerando estremamente dubbia e di note
vole rilevanza in punto di diritto la questione se debba o meno
effettuarsi obbligatoriamente la comunicazione al difensore della
data della riunione del collegio in camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare, e, in caso affermativo, quali conse
guenze possano scaturire dall'omissione di siffatto adempimento
procedurale. 2. - Ai due quesiti l'adunanza plenaria ritiene che debbano
darsi risposte più articolate di quelle che la rigida prospettazione delle alternative poste dalla ordinanza di rimessione lascia inten
dere.
Malgrado l'originaria configurazione del processo amministrativo come processo da ricorso (caratterizzato, cioè, dalla sostanziale
unilateralità della domanda, rivolta direttamente al giudice piutto sto che contro l'altra parte), è indubbio che l'evoluzione della disci
plina positiva, orientata anche da una costante linea di interpreta zione giurisprudenziale, ha condotto a riaffermare l'esigenza della
completezza del contraddittorio in tutte quelle fasi e momenti pro cessuali nei quali assuma particolare rilievo il potere dispositivo del le parti, il che accade essenzialmente nella fase del dibattito conclu
sivo della vicenda processuale (art. 54 r.d. n. 642/1907) e nei oasi, in verità alquanto rari nella pratica, di assunzione di prove non do cumentali (art. 44 r.d. n. 1054/24, art. 29 ss. r.d. n. 642/1907, cit.).
In quest'ottica, è venuta accentuandosi l'esigenza garantistica anche con riferimento alla fase cautelare del processo, posto che
la difesa tecnica delle parti, originariamente limitata al mezzo
scritto (art. 36 r.d. n. 642/1907, cit.), senza alcuna possibilità di
intervento orale dinanzi al collegio (l'art. 31 t.u. 17 agosto 1907 n. 638, poi trasfuso nell'art. 39, 2° comma t.u. n. 1054/24, configurava il provvedimento decisorio come « decreto », che normalmente è atto del giudice emanatale senza previa audizione
delle parti), è stata poi estesa, prevedendosi l'intervento orale dei
difensori prima come eventuale (art. 2 d.l. lgt. 5 maggio 1948 n.
642) e poi come necessario (art. 10 1. 21 dicembre 1950 n. 1018, cui erroneamente l'appellante in questa sede attribuisce portata più riduttiva dell'analoga disposizione dell'art. 21 1. n. 1034/71).
L'evoluzione normativa, peraltro, è in linea con l'orientamento
giurisprudenziale che, almeno con riferimento al processo ammi
nistrativo, tende a costruire il giudizio cautelare come fase
processuale strutturalmente autonoma (ancorché incidente nel giu dizio di merito e funzionalmente collegato all'esito di esso: cfr.
(1-2) La decisione risolve i problemi esaminati in senso più garanti stico di quanto abbia fatto il precedente della sez. IV 19 gennaio 1979, n. 7, Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 819 (annotata da Migliorini, Foro amm., 1979, I, 1427).
In dottrina, V. Caianiello, Lineamenti del processo amministrati vo2, 1979, 421.
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