sezione IV; decisione 28 marzo 1992, n. 349; Pres. Paleologo, Est. Lignani; Soc. Vigilanzanotturna Tranese cooperativa (Avv. De Bellis) c. Soc. Nuova vigilanza cooperativa deimetronotte di Trani (Avv. Guarino, Mercuri) e Prefetto di Bari. Annulla Tar Puglia 20 maggio1987, n. 262Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 1 (GENNAIO 1993), pp. 17/18-21/22Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186287 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
per una trattativa fra l'ente e il singolo, e non essendo la for
ma/contratto rilevante di per sé, in ordine alla qualificazione
pubblica o privata del rapporto, anche ai fini dell'individuazio
ne del suo giudice naturale;
d) vanno, comunque, riveduti i criteri in base ai quali il d.d.l.
individua le categorie sottratte alla «privatizzazione»: ad es., da questa dovrebbero essere esclusi tutti i dirigenti e non solo
quelli generali;
e) la sottrazione delle controversie di pubblico impiego al giu dice amministrativo incontra diversi ostacoli sia sul piano della
costituzionalità con riferimento all'eventualità della scomparsa di ogni tutela giurisdizionale per gli interessi legittimi, sia con
riferimento agli enormi inconvenienti di ordine pratico che deri
verebbero dalla scissione della competenza giurisdizionale, a se
conda che si discuta di interessi legittimi o di diritti soggettivi;
f) in ogni caso, l'aumento delle materie di competenza del
giudice civile del lavoro aggraverebbe la giurisdizione ordinaria
in modo tale da diminuire ancora di più l'effettività della tutela
dei dipendenti. Varrebbe meglio, semmai, perfezionare e rende
re più rapida la giurisdizione amministrativa in materia;
g) una integrale «privatizzazione» del rapporto potrebbe par
tire dalla trasformazione delle strutture, ossia individuando quegli
apparati che, in conformità alle caratteristiche delle attività di
pertinenza, possono essere privatizzati, cioè convertiti in enti
pubblici economici o in altre entità autonome; in via del tutto
subordinata, la «privatizzazione» del solo rapporto appare più
coerente (salvi alcuni profili problematici, ad es. in tema di giu
risdizione) per le qualifiche funzionali corrispondenti a mansio
ni puramente ausiliarie ed esecutive.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 28 marzo 1992,
n. 349; Pres. Paleologo, Est. Lignani; Soc. Vigilanza not
turna Tranese cooperativa (Avv. De Bellis) c. Soc. Nuova
vigilanza cooperativa dei metronotte di Trani (Avv. Guari
no, Mercuri) e Prefetto di Bari. Annulla Tar Puglia 20 mag
gio 1987, n. 262.
Guardia privata e istituti di vigilanza e di investigazione — So
cietà cooperativa — Capacità tecnica — Insussistenza — Li
cenza — Diniego — Fattispecie (R.d. 18 giugno 1931 n. 773,
approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
art. 136). Guardia privata e istituti di vigilanza e di investigazione — Li
cenza — Procedimento per il rilascio — Società cooperativa — Capacità tecnica — Valutazione — Legittimità (R.d. 18
giugno 1931 n. 773, art. 136).
Guardia privata e istituti di vigilanza e di investigazione — So
cietà cooperativa — Capacità tecnica — Insussistenza — Li
cenza — Diniego — Legittimità (R.d. 18 giugno 1931 n. 773,
art. 136).
È legittimo il provvedimento con cui il prefetto, nel denegare
il rilascio della licenza per l'esercizio di un istituto di vigilan
za privata, ritiene che una società cooperativa non dotata di
altre risorse che di un capitale iniziale di cinquantacinquemila
lire non è provvista di mezzi sufficienti ai fini del requisito della capacità tecnica al servizio che intende esercitare. (1)
È legittimo che, in sede di rilascio della licenza per l'esercizio
di un istituto di vigilanza, la disamina relativa al requisito
della capacità tecnica venga riferita non solo alla persona fisi
ca del presidente e legale rappresentante di società cooperati
va, bensì all'organizzazione nel suo complesso, trattandosi di
servizio da svolgersi non a titolo individuale, ma con l'utiliz
zo di una pluralità di guardie. (2)
(1-3) La giurisprudenza è costante nel ritenere che il rilascio delle
autorizzazioni di cui all'art. 136 t.u. 18 settembre 1931 n. 773 è caratte
rizzato dall'attribuzione al prefetto di un potere ampiamente discrezio
nale, data la delicatezza degli interessi da tutelare in materia di sicurez
za e di ordine pubblico; la suddetta discrezionalità, più estesa rispetto
Il Foro Italiano — 1993.
È legittimo il provvedimento con cui il prefetto, nel denegare il rilascio della licenza per l'esercizio di un istituto di vigilan
za privata, ritiene che una cooperativa, in cui tutti i soci,
ad eccezione del presidente e legale rappresentante, siano sfor niti della benché minima esperienza nel settore, difetta del
requisito della capacità tecnica. (3)
a quanto avviene in altre fattispecie autorizzatone, comporta che il prov vedimento con il quale l'amministrazione effettua una ponderazione com
parativa tra l'interesse generale all'esercizio della funzione di pubblica sicurezza e quello del privato che chiede la licenza, sia sindacabile, sot
to il profilo della legittimità, solo entro limiti ristretti.
In tal senso si vedano: Trga Trento 9 settembre 1991, n. 352, Trib.
amm. reg., 1991, I, 3907; Tar Lombardia 4 giugno 1975, n. 159, Foro
it., Rep. 1976, voce Guardia privata e istituti di vigilanza e di investiga zione, n. 5.
Nella suddetta ponderazione comparativa il mantenimento dell'ordi
ne pubblico è considerato l'interesse primario da realizzare, mentre quello all'esercizio dell'attività imprenditoriale assume un profilo subordinato
(Trga Trento 9 settembre 1991, n. 352, cit.; Tar Piemonte, sez. I, 8
maggio 1984, n. 151, id., Rep. 1985, voce cit., n. 3). Trattandosi, infatti, di atto abilitativo all'esercizio di un potere che
il cittadino originariamente non ha, siccome istituzionalmente spettante allo Stato ed ai suoi organi, si afferma che l'autorizzazione di polizia
comporta un giudizio sulla necessità e sulla opportunità della collabora
zione del privato alla luce dell'interesse pubblico e si evidenzia la so
stanziale differenza rispetto alla valutazione da effettuarsi in sede di
rilascio di licenze di commercio, ove l'amministrazione ammette il pri vato all'esercizio di un'attività imprenditoriale, ad essa non riservata
e di cui disciplina le modalità di svolgimento (Tar Piemonte 24 luglio 1979, n. 408, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1; Tar Emilia-Romagna 6
ottobre 1977, n. 434, id.. Rep. 1978, voce cit., n. 4). L'esistenza di un ampio potere discrezionale in capo all'autorità am
ministrativa, peraltro, non la esime dall'obbligo di dare motivazione
delle determinazioni assunte.
Quanto al provvedimento positivo, si afferma (Tar Piemonte, sez.
I, 8 maggio 1984, n. 151, id., Rep. 1985, voce cit., n. 4) che il prefetto non è tenuto a fornire una particolare ed analitica motivazione in ordi
ne alle esigenze di ordine pubblico, attinenti al merito amministrativo, restando sufficiente che tale autorità dia atto di aver tenuto presente la normativa sulla disciplina delle guardie particolari giurate e degli isti
tuti di vigilanza privati e di aver rilevato, in base agli atti di ufficio, il possesso da parte del richiedente dei requisiti soggettivi prescritti dal
la legge per poter svolgere la predetta attività. Per quanto concerne, invece, l'atto di diniego, l'obbligo di motiva
zione, in passato ricondotto alla natura di atto negativo del provvedi mento (Tar Calabria 21 febbraio 1976, n. 39, id., Rep. 1976, voce cit., n. 7), discende oggi direttamente dalla previsione di cui all'art. 3 1.
7 agosto 1990 n. 241. Si afferma, in particolare, nel caso in cui la licenza venga negata
in considerazione del numero e dell'importanza degli istituti già esisten
ti, che l'obbligo di una motivazione congrua e sufficiente è esauriente
mente adempiuto non con il mero richiamo al numero degli istituti ov
vero con il mero giudizio di non necessità di un ulteriore istituto, occor
rendo invece che dia ragione di come l'interesse pubblico sarebbe
danneggiato dal rilascio di una nuova autorizzazione e che vi sia una
valutazione in termini di eccessività o negatività di essa sotto il profilo del turbamento che potrebbe derivare all'ordine pubblico da un eccesso
di concorrenza (Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 1991, n. 737, id.,
Rep. 1991, voce cit., nn. 4, 5). Si richiede, ancora, che si dia congrua contezza dell'importanza degli
istituti esistenti, anche con idonei, sebbene succinti, elementi, riguar danti il personale e le attrezzature, rapportati alle dimensioni dell'am
biente socio-economico in cui gli istituti di vigilanza e di investigazione usano operare (Tar Emilia-Romagna 3 dicembre 1981, n. 538, id., Rep. 1982, voce cit., n. 3). Viene, inoltre, ritenuta insufficiente l'enunciazio
ne di generiche considerazioni relative alle «esigenze della collettività
da soddisfare», alle «possibili turbative collegate al rilascio delle nuove
licenze» e al «pregiudizio che si arrecherebbe agli altri istituti operanti nella zona» (Cons. Stato, sez. IV, 23 ottobre 1991, n. 849, id., Rep.
1991, voce cit., n. 2; 9 ottobre 1991, n. 794, ibid., n. 6). Dal potere di diniego della licenza in considerazione del numero e
dell'importanza degli istituti già esistenti, attribuito al prefetto dal 2°
comma dell'art. 136 t.u. 773/31, si deduce che la licenza in questione è collegata, oltre che alla sussistenza di qualità personali ed alla idonei
tà tecnica del richiedente, all'accertata presenza di favorevoli condizioni
locali (Cass. 25 marzo 1975, Ponzi, id., Rep. 1977, voce cit., n. 4), dovendosi valutare la situazione esistente nella provincia in rapporto sia al numero degli istituti operanti nel settore de quo che alla loro
funzionalità ed alle effettive esigenze che si manifestano nel settore stes
so (Cons, giust. amm. sic. 25 maggio 1989, n. 223, id., Rep. 1989, voce cit., n. 4).
Si sottolinea peraltro, in linea con quanto sopra evidenziato in ordine
all'interesse primario perseguito dall'amministrazione, che il potere
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PARTE TERZA
Fatto e diritto. — 1. - La società «Nuova vigilanza cooperati va dei metronotte di Trani s.r.l.» ha chiesto al prefetto di Bari
l'autorizzazione a svolgere l'attività di vigilanza privata, per conto
terzi, nella città di Trani.
Il prefetto, acquisiti i pareri del questore, del comando legio
ne dei carabinieri e del commissariato di Trani della p.s., ha
negato l'autorizzazione con un provvedimento motivato, essen
zialmente, con tre distinte considerazioni:
a) insufficiente disponibilità di mezzi da parte della coopera
tiva richiedente, stante il possesso del solo capitale sociale, del
l'importo di lire cinquantacinquemila, corrispondente alle quo
te versate dagli undici soci, in ragione di lire cinquemila ciascuno;
b) indimostrata capacità tecnica, visto che solo uno degli un
dici soci risultava professionalmente qualificato come guardia
giurata privata, mentre ciascuno degli altri risultava avere svol
to e stare svolgendo, allo stato, tutt'altra professione o mestiere;
c) motivi di pubblica sicurezza, stante la presenza di altri isti
tuti già operanti sullo stesso territorio e il rischio che la prevedi bile concorrenza avrebbe provocato il peggioramento del servi
zio nonché pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica. (Omissis)
Ciò premesso, e passando dunque all'esame del merito, si
osserva quanto segue. 4. - In materia di licenza per l'esercizio di un istituto di vigi
lanza privata, l'art. 136 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931 n. 773) dispone che «la licenza
è ricusata a chi non dimostri di possedere capacità tecnica ai
servizi che intende esercitare»; che «può, altresì, essere negata
in considerazione del numero e dell'importanza degli istituti già
esistenti»; e infine che «può essere negata o revocata per ragio ni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico».
Nella specie, la motivazione del decreto prefettizio di diniego,
sopra riassunta, si riferisce a ciascuna di queste tre previsioni normative. Precisamente, al profilo della capacità tecnica si ri
feriscono la considerazione relativa alla scarsità dei mezzi fi
nanziari, e quella relativa al difetto di qualificazione professio nale dei soci della cooperativa; mentre le ulteriori considerazio
ni relative ai pericoli derivanti da un eccesso di concorrenza
si riferiscono congiuntamente al profilo del numero e dell'im
portanza degli istituti già operanti, e a quello dei pericoli per la pubblica sicurezza e l'ordine pubblico.
Si tratta dunque di una motivazione appropriata e aderente
allo schema legale: il prefetto ha preso in esame, discrezional
mente, proprio quegli aspetti che a norma di legge dovevano
essere valutati. In effetti, lo stesso Tar non ha censurato il prov vedimento perché la motivazione apparisse deviante dallo sche
ma legale, ma soltanto perché le considerazioni ivi svolte sono
apparse insufficienti a giustificare il diniego.
Questo è, dunque, il punto che dev'essere sottoposto a verifica.
5. - Per quanto riguarda l'idoneità tecnica della società ri
chiedente, sotto il profilo finanziario, il provvedimento prefetti zio sottintende che l'esercizio della vigilanza privata richiede an
di restringere il numero delle agenzie non è concesso in vista di una tutela del consumatore e di una restrizione della concorrenza tra le agen zie, ma in funzione dell'interesse pubblico che sarebbe danneggiato dal rilascio della licenza stessa (Tar Piemonte, sez. I, 16 febbraio 1990, n. 76, Trib. amm. reg., 1990, I, 1448); esso è inteso ad assicurare un controllo più penetrante e diretto sulla specifica attività di vigilanza,
più inerente di altre a problemi di sicurezza e di ordine pubblico, e
non solo ad evitare lo squilibrio che si genera in presenza di più orga nizzazioni autorizzate a svolgere servizio di vigilanza privata sullo stes so territorio (Tar Sicilia, sez. Catania, 14 giugno 1991, n. 493, id., 1991, I, 3308).
L'esercizio del potere di diniego di cui sopra è collegato da alcuni
(Tar Calabria, sez. Catanzaro, 18 gennaio 1980, n. 9, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 3) alla preesistenza di una pluralità di istituti. Altri
(Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 1982, n. 918, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 3) ammettono la possibilità del diniego in presenza anche di un solo altro istituto, ben potendo esso già congruamente soddisfare la domanda del servizio de quo.
Con specifico riferimento agli istituti di vigilanza aventi forma giuri dica di società cooperativa, attribuisce rilevanza, ai fini della valutazio ne del requisito della capacità tecnica, alla organizzazione nel suo com
plesso, Tar Piemonte 9 maggio 1978, n. 256, id., Rep. 1978, voce cit., n. 5.
In dottrina, per un'ampia disamina sulla materia, si veda Carratta, Guardia privata o particolare, voce del Novissimo digesto, appendice, III, 1138.
Il Foro Italiano — 1993.
che un certo impiego di mezzi, attrezzature, ecc., oltre alle pre
stazioni strettamente personali delle guardie giurate, e postula,
dunque, una certa base finanziaria. Questo assunto non è stato
contestato, e del resto appare ragionevole; ma il tribunale am
ministrativo ha osservato che la valutazione del prefetto avreb
be dovuto avere per oggetto non già il «capitale sociale», bensì'
il «patrimonio societario», «entità tra loro notoriamente distin
te». Ora, a parte il rilievo che la società istante aveva fornito
elementi solo in ordine al «capitale» e non al «patrimonio»,
si deve osservare che la distinzione fra le due entità non neces
sariamente si riscontra in concreto. Anzi, è intuitivo che una
società neocostituita, come quella di cui si discute, non abbia
altro patrimonio che il capitale sociale, inteso come l'insieme
dei conferimenti fatti dai soci. Solo una volta che il capitale
iniziale sia stato investito e la società abbia intrapreso utilmente
le sue attività produttive si potrà formare un patrimonio socia
le, distinto rispetto al capitale sociale propriamente detto. In
questa luce non appare manifestamente irragionevole, né frutto
di errori di diritto, il giudizio del prefetto, secondo cui una coo
perativa non dotata di altre risorse che di un capitale iniziale
di cinquantacinquemila lire non appare provvista di mezzi suffi
cienti, ai fini della «capacità tecnica» di cui al 1° comma del
l'art. 136, t.u.l.p.s.
Ancora, il tribunale amministrativo ha ritenuto superabile il
dato della scarsità del capitale iniziale, osservando che per l'art.
193, rectius 137, t.u.l.p.s., «il rilascio della licenza è subordina
to al versamento di una cauzione [. . .] a garanzia di tutte le
obbligazioni inerenti all'esercizio dell'ufficio e dell'osservanza
delle condizioni imposte dalla licenza».
In contrario, va osservato che l'obbligo della cauzione, consi
stente nel versamento di una somma intuitivamente modesta in
deposito vincolato presso la cassa depositi e prestiti, ha rilevato
soltanto ai fini amministrativi, ed il relativo adempimento non
pare un indizio sufficiente di quella disponibilità di mezzi che
viene in considerazione ai fini della valutazione della «capacità tecnica» richiesta dalla legge.
Si può dunque concludere, sul punto, nel senso che per que
sta parte il provvedimento impugnato, ferme restando l'opina bilità e l'insindacabilità delle valutazioni discrezionali di merito,
non risulta viziato da errori logico-giuridici rilevanti ai fini di
legittimità. 6. - Anche per quanto riguarda il problema della «capacità
tecnica» sotto il profilo della qualificazione professionale dei
soci della cooperativa, il decreto del prefetto non appare mani
festamente irragionevole. È legittimo, innanzi tutto, che dovendosi rilasciare la licenza
non per un'attività svolta a titolo individuale da una sola perso
na, ma per un istituto di vigilanza che avrebbe dovuto svolgere il suo servizio in forma organizzata valendosi di una pluralità di guardie, la disamina relativa alla «capacità tecnica» sia stata
riferita non solo alla persona fisica del presidente e legale rap
presentante, bensì' all'organizzazione nel suo complesso. Con
ciò non si vuol dire che tutti i singoli futuri vigili dovessero
dar prova di possedere personalmente una specifica qualifica zione professionale; ma altro è dir questo, e altro sarebbe dire
che sia precluso esigere che in un istituto, inteso come struttura
organizzata e complessa, vi sia, quanto meno, un adeguato nu
mero di soggetti professionalmente idonei.
Ed è vero, come osservato dal Tar, che i requisiti soggettivi dei singoli prestatori d'opera nel servizio di vigilanza vengono in considerazione al momento del conferimento della qualifica di guardia giurata, distinto e cronologicamente posteriore ri
spetto alla licenza da rilasciare all'istituto come tale. Ma ciò
non toglie che sia stato ragionevole e legittimo partire dalla con
statazione di fatto che, tranne il presidente e legale rappresen
tante, tutti i soci della cooperativa, in procinto di assumere le
funzioni di vigile, erano carenti, non già dei requisiti legali, ma
di ogni benché minima esperienza professionale nel settore, per trarne la conclusione che l'istituto nel suo insieme non desse
sufficiente prova di quella «capacità tecnica» che è richiesta dal
l'art. 36 testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
7. - Per quanto riguarda, infine, le ulteriori ed assorbenti
considerazioni svolte dal prefetto con riferimento ai profili di
cui al 2° e 4° comma dell'art. 136 t.u.l.p.s., si osserva che esse
si sono basate sopra i pareri espliciti, inequivoci e concordanti,
formulati separatamente dagli organi locali della polizia di Sta
to e da quelli dell'arma dei carabinieri, e fatti propri dal questore.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
E conviene anche rilevare che la nota del commissariato della
p.s. descriveva in modo rispondente al vero lo stato di fatto
circa il numero e la qualità degli istituti già operanti nel comune
di Trani (un istituto di vigilanza cittadino, e un consorzio di
guardie campestri), sicché non pare fondata l'affermazione del
Tar, circa un errore di fatto in cui sarebbe incorso il prefetto. In presenza di una presa di posizione cosi netta e convergen
te, della polizia di Stato da una parte, e dell'arma dei carabinie
ri dall'altra, e tenuto conto dell'ampiezza della discrezionalità
di cui dispone l'autorità in un settore cosi delicato per la sicu
rezza pubblica, il provvedimento del prefetto appare esente da
vizi. 8. - In conclusione, l'appello va accolto, e, in riforma della
sentenza appellata, va respinto il ricorso proposto in primo gra do dalla Nuova vigilanza cooperativa dei metronotte di Trani.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione II; parere 25 marzo 1992,
n. 164; Min. lavori pubblici.
Professioni intellettuali — Ingegnere e geologo — Relazioni geo
logiche e geotecniche — Redazione — Competenza (R.d. 23
ottobre 1925 n. 2537, regolamento per l'esercizio delle pro
fessioni di ingegnere e di architetto, art. 52; 1. 2 marzo 1949
n. 143, tariffa professionale degli ingegneri ed architetti; 1.
3 febbraio 1963 n. 112, disposizioni per la tutela del titolo
e della professione di geologo, art. 3; d.m. 11 marzo 1988, norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle roc
ce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, criteri ge
nerali e prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il col
laudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fon
dazione).
Spetta all'esclusiva competenza dei geologi redigere le relazioni
geologiche facenti parte degli atti progettuali secondo il d.m.
11 marzo 1988, nonché le relazioni geotecniche descritte nello
stesso decreto, nella parte riguardante il rilevamento dei dati,
anche nei casi in cui la relazione debba comprendere la valu
tazione degli impatti sul suolo e sottosuolo dell'insieme
progetto-terreno, con limitazione della competenza dell'inge
gnere progettista al campo delle scelte progettuali e delle rela
tive verifiche. (1)
li
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA VALLE D'AOSTA; sentenza 22 luglio 1992, n. 101; Pres.
Alibrandi, Est. Farina; Ordine nazionale geologi (Avv. Vi
tagliano, Stoppani) c. Comune di Charvensod ed altro, Re
gione autonoma Valle d'Aosta (Avv. dello Stato Stein), Or
dine degli ingegneri della Valle d'Aosta (Avv. Fogneer) e Con
siglio nazionale degli ingegneri (Avv. Bellomia, Dujany).
Professioni intellettuali — Ingegnere e geologo — Relazione geo
tecnica — Redazione — Competenza (R.d. 23 ottobre 1925
n. 2537; 1. 2 marzo 1949 n. 143; 1. 3 febbraio 1963 n. 112,
art. 3; d.m. 11 marzo 1988).
La redazione della relazione geotecnica prevista dal d.m. 11 mar
zo 1988 ricade nell'esclusivo ambito di competenza degli in
gegneri, mentre la relazione geologica può essere redatta, ol
tre che dal geologo, anche dall'ingegnere nei casi in cui sia
disponibile una idonea ed aggiornata documentazione geolo
gica e geomorfologica e salvo l'intervento del geologo allor
ché sia necessario procedere ad uno specifico rilevamento geo
logico. (2)
(1-2) Sul punto, v. Tar Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 1991, n. 192,
Foro it., 1992, III, 68, con nota di richiami, che si è espresso in termini
intermedi fra gli estremi costituiti dalle pronunzie in epigrafe, ove ad
una posizione di maggiore tutela delle competenze dei geologi (espressa
li Foro Italiano — 1993.
I
Considerato: 1. - Il ministero dei lavori pubblici ha rappre sentato che nella prassi applicativa sono sorti dubbi interpreta tivi sulla portata di alcune norme contenute nel d.m. 11 marzo
1988 (pubblicato nel suppl. ord. della G.U. 10 giugno 1988, n. 127), in relazione alla delimitazione della competenza dei pro fessionisti abilitati a redigere le relazioni geologiche e quelle geo tecniche.
In particolare, il ministero ha riferito che il Consiglio dell'or
dine dei geologi e quello degli ingegneri hanno più volte mani
festato di interpretare la normativa vigente sulla base di diversi
criteri, tra di loro non conciliabili, sicché ha chiesto che il Con
siglio di Stato si pronunci sulle questioni sollevate dai due ordi
ni professionali. 2. - L'esame dei quesiti sollevati dal ministero deve essere
preceduto dall'esposizione delle definizioni che sono state pro
poste dalle relazioni geologiche e da quelle geotecniche.
Invero, pur se di esse non vi è menzione in alcuna disposizio ne di legge, il d.m. del 1988 (con cui sono state approvate le
norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e le rocce,
la stabilità dei pendii e delle scarpate, i criteri generali e le pre scrizioni per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo delle
opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione) vi ha
fatto riferimento, stabilendo cosa esse debbano comprendere ed
illustrare.
2.1. - Per quanto riguarda la relazione geologica, il d.m. del
1988 ha previsto che:
a) per alcune opere (e cioè per manufatti scelti, le gallerie
e i manufatti sotterranei, la stabilità di pendii e dei fronti di
scavo, la fattibilità geotecnica di opere su grandi aree, le disca
riche e le colmate, gli emungimenti da falde idriche, il consoli
damento dei terreni e gli ancoraggi, nonché per le opere in aree
sismiche o soggette a vincoli particolari) deve essere redatta una
relazione geologica, facente parte degli atti progettuali;
b) la relazione geologica «deve comprendere ed illustrare la
situazione litostratigrafica locale, con definizione dell'origine e
natura dei litotipi, del loro stato di alterazione e fratturazione
e della loro degradabilità, i lineamenti geomorfologici della zo
na, nonché gli eventuali processi morfologici ed i dissesti in atti
o potenziali; deve precisare inoltre i caratteri geostrutturali ge
nerali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discon
tinuità e fornire lo schema della circolazione idrica superficiale
e sotterranea».
2.2. - Per quanto riguarda la relazione geotecnica, il medesi
mo d.m. ha previsto che:
a) «le scelte di progetto, i calcoli e le verifiche devono essere
sempre basati sulla caratterizzazione e geotecnica del sottosuolo
ottenuta per mezzo di rilievi, indagine e prova» e che «i risultati
delle indagini, degli studi e dei calcoli geotecnici devono essere
esposti in una relazione geotecnica», che forma parte integrante
degli atti progettuali;
b) la relazione geotecnica «deve comprendere ed illustrare la
localizzazione dell'area interessata, i criteri di programmazione ed i risultati delle indagini in sito e di laboratorio e le tecniche adottate nonché la scelta dei parametri tecnici di progetto, rife
riti alle caratteristiche della costruenda opera, ed il programma
di eventuali ulteriori indagini, che si raccomandano per la suc
cessiva fase esecutiva».
3. - Va rilevato che il ministero ha chiesto l'avviso sulle que stioni de quibus al consiglio superiore dei lavori pubblici, il quale
(nel parere n. 183, reso in data 13 aprile 1989 dalla sez. V)
si è pronunciato in ordine alle definizioni delle due relazioni
e sulle competenze professionali. 3.1. - Esso ha ritenuto che:
a) «la relazione geologica ha il precipuo scopo di fornire il
necessario quadro di riferimento progettuale attraverso la rap
presentazione della situazione naturale dei luoghi, illustrando
le condizioni morfologiche, litostratigrafiche ed idrogeologiche
dal parere del Consiglio di Stato) si contrappone una decisione che ne
restringe sensibilmente i margini di esplicazione professionale a tutto
vantaggio degli ingegneri, ritenuti competenti per tutte le attività con
nesse alla progettazione ed in virtù di tale semplice connessione. Non
resta che attendere una pronuncia in sede giurisdizionale del Consiglio di Stato atta a dirimere i dubbi emergenti nella materia.
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