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sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria (Avv....

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sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria (Avv. Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv. Acquarone, Villani), Picco e altri. Annulla T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 125/126-131/132 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179442 . Accessed: 28/06/2014 10:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 10:06:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria(Avv. Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv. Acquarone, Villani), Picco ealtri. Annulla T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 125/126-131/132Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179442 .

Accessed: 28/06/2014 10:06

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125 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 126

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria (Avv.

Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv.

Acquarone, Villani), Picco e altri. Annulla T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638.

CONSIGLIO DI STATO;

Sanità pubblica — Ricettario unico regionale — Limitazione ai

soli medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario na

zionale — Ricorsi — Ammissibilità — Fattispecie. Sanità pubblica — Ricettario unico nazionale — Limitazione ai

soli medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario na

zionale — Legittimità — Questione manifestamente infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3, 32; 1. 23 dicembre 1978 n.

833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 3, 19, 25,

26, 28; d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, finanziamento del servizio

sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle

p.a. in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione

giovanile, art. 5; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in leg

ge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, art.l).

È ammissibile il ricorso che medici liberi professionisti, indipen dentemente dalla disponibilità da parte loro del ricettario unico

regionale, abbiano proposto contro la deliberazione con cui la

giunta regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati col

servizio sanitario nazionale, l'utilizzabilità del ricettario stesso, revocando proprie precedenti deliberazioni secondo le quali an

che medici curanti liberi professionisti potevano prescrivere ai

propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico di tale

servizio. (1) È ammissibile il ricorso che l'utente del servizio sanitario nazio

nale abbia proposto contro la deliberazione con cui la giunta

regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati con tale

servizio l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, e quindi la possibilità di prescrivere ai propri assistiti prestazioni farma ceutiche a carico del servizio sanitario nazionale. (2)

È ammissibile il ricorso che l'ordine provinciale dei medici ha

proposto contro la deliberazione con cui la giunta regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanita

rio nazionale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, esclu

dendo per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio

stesso, in quanto tale deliberazione comprime il libero esercizio

professionale di alcuni, se non di tutti i suoi iscritti. (3) È ammissibile l'intervento proposto dal ministro della sanità, ade

sivo all'appello di una regione contro sentenza del T.A.R., che

aveva annullato la deliberazione con cui la regione aveva limi

tato ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario

nazionale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, escludendo

per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai

propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio

stesso. (4)

(1-7) La sentenza T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638, annullata dalla decisione della sezione IV del Consiglio di Stato, è riportata in Foro

it., 1986, III, 26, con nota di richiami. In riferimento alle questioni processuali risolte dalle prime quattro mas

sime, v. la sentenza annullata, e la relativa nota: in particolare, le prime due massime sono conformi; la terza è andata in contrario avviso rispetto alla inammissibilità del ricorso proposto dal locale ordine dei medici, di

chiarata in primo grado; della quarta non vi è riscontro. Inoltre, confor me alla prima massima è anche Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1986, n. 376, con conclusioni sostanzialmente analoghe a quelle della decisione

ora riportata, id., 1986, III, 365, con nota di richiami, che annulla T.A.R.

Liguria 22 dicembre 1984, n. 706, id., Rep. 1985, voce Sanità pubbli ca, n. 120, a sua volta orientata nello stesso senso della sentenza ora

annullata. Sulla questione sostanziale riflessa nella quinta massima, di estrema

rilevanza per la definizione degli spazi professionali dei medici non con

venzionati, e, quel che più conta, degli spazi di scelta dei sanitari di fidu

cia da parte degli utenti del servizio sanitario nazionale (quindi, in ultima

analisi: di tratti essenziali di questo; non stupisce, perciò, l'intervento

del ministro della sanità dichiarato ammissibile con la quarta massima), la pronuncia trova un precedente puntuale, ugualmente negativo nella

decisione n. 376/86, non richiamata in motivazione. Però la soluzione

più liberale affermata dalle due sentenze annullate del T.A.R. Liguria è ora riproposta dalla più sintetica sentenza della seconda sezione del

T.A.R. Piemonte. Anche in questa controversia, e sul contrasto giuris

II Foro Italiano — 1987 — Parte III-10.

È legittima la deliberazione con cui la giunta regionale limita ai

medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario nazio

nale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, escludendo per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai pro

pri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio

stesso. (5) È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale degli art. 19, 25 e 26 l. n. 833/78, nella parte in cui riser

vano ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario

nazionale la possibilità di prescrivere ai propri assistiti presta zioni farmaceutiche a carico del servizio stesso, in riferimento

agli art. 3 e 32 Cost. (6)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sezione II; sentenza 10 marzo 1986, n. 117; Pres.

Barbieri, Est. Frattini; Ronco (Avv. D'Amico) c. U.s.l. n.

1-23, Regione Piemonte (Avv. Ciavarra).

Sanità pubblica — Ricettario unico regionale — Limitazione ai

soli medici convenzionati col servizio sanitario nazionale — Il

legittimità (L. 23 dicembre 1978 n. 833, art. 3, 25, 28).

È illegittima la direttiva rivolta alle U.s.l., con cui la regione le

invita a rilasciare il ricettario unico regionale ai soli medici con

venzionati col servizio sanitario nazionale. (7)

I

Diritto. — Entrambi gli appelli si appuntano avverso la senten

za 28 novembre 1984, n. 638 (Foro it., 1986, III, 26) del T.A.R.

per la Liguria ed essendo, perciò, connessi tra loro, vanno riuniti

per essere decisi con unica pronuncia. Va data, quindi, precedenza all'esame delle questioni che at

tengono: a) all'ammissibilità dell'impugnativa di primo grado, sotto

il profilo della sussistenza dell'interesse diretto ed attuale; b) alla

legittimazione dell'ordine dei medici della provincia di Genova

a proporre detta impugnativa; c) alla legittimazione del ministero

della sanità ad intervenire nella presente fase del giudizio, in ade

sione all'appello della regione Liguria. La questione sub a), già sollevata nel giudizio di primo grado e riproposta nei confronti

di tutti e cinque i sanitari ricorrenti, muove dal rilievo che l'uti

lizzazione del ricettario unico regionale non arreca alcun vantag

gio ai sanitari medesimi, posto che questi in quanto liberi

professionisti, hanno diritto alla percezione dell'onorario anche

non disponendo del modulario in parola e, inoltre, non subisco

no pregiudizio in termini di prestigio professionale per il fatto

di essere svincolati dall'uso del modulario stesso.

Le riferite argomentazioni, pur se apprezzabili, non appaiono sufficienti a sostenere l'assunto.

Intanto, indipendentemente dagli invocati aspetti attinenti al

diritto all'onorario e al prestigio del professionista — i quali,

appunto, non esauriscono la problematica connessa con la dibat

tuta questione — va considerato che tre dei sanitari ricorrenti

e, cioè, i dottori Picco, Pierucci e Mantero, erano stati ammessi, a suo tempo, ad avvalersi del ricettario di cui trattasi o avevano

presentato domanda di ammissione entro i termini stabiliti dalla

deliberazione giuntale n. 3600/81 (poi revocata), come si dichiara

nella certificazione n. 2731/MB rilasciata il 17 ottobre 1984 dal

l'U.s.l. n. 12 di Genova. Appare evidente, quindi, l'interesse alla

conservazione dell'ottenuta ammissione o della aspettativa rag

giunta con la rituale presentazione della domanda.

Sussistono, dunque, già per il considerato profilo, le condizio

ni di ammissibilità del ricorso per quanto attiene ai menzionati

sanitari.

prudenziale a cui ha dato luogo, è intervenuto, o ha cercato di interveni

re il legislatore: l'art. 2, 1° comma, d.l. 30 dicembre 1986 n. 921

(Le leggi, 1986, 2811), disposizioni urgenti in materia sanitaria, ha pre visto la riserva dei ricettari in questione ai soli medici dipendenti dal ser

vizio sanitario nazionale o convenzionati con esso, secondo la soluzione

restrittiva preferita dal Consiglio di Stato. Tale decreto legge, non con

vertito, è stato riproposto con d.l. 28 febbraio 1987 n. 53 (Le leggi, 1987,

512).

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PARTE TERZA

Analoghe circostanze non militano in favore dei dottori Castel

laneta e Ramorino, i quali non sono stati mai ammessi all'uso

del modulario né hanno comprovato di aver presentato tempesti va domanda, secondo l'indirizzo a suo tempo vigente.

Peraltro, l'interesse dei due sanitari — e ciò, ovviamente, vale

anche per gli altri — non può essere disconosciuto se si tiene

presente che la dedotta pretesa si radica sull'asserita impostazio ne del servizio sanitario nazionale, nel senso che il relativo ordi

namento consentirebbe a qualsiasi medico di prescrivere medicinali

fruibili attraverso l'assistenza farmaceutica o di richiedere la visi

ta specialistica praticabile mediante gli appositi apprestamenti as

sistenziali.

Si tratterà, dunque, di verificare se la pretesa sia fondata o

meno, ma è, comunque, chiaro l'interesse a rimuovere gli inter

venti restrittivi che illegittimamente avrebbe posto in essere l'am

ministrazione.

Quanto alla posizione del ricorrente Marconi Alberto, si osser

va che egli ha fatto valere la sua qualità di soggetto beneficiario

delle prestazioni del servizio sanitario nazionale.

È indubbio che il regime improntato — ancorché erroneamente — alla più estesa diffussione dell'uso del ricettario unico regiona le costituisce, per gli assistibili, una più ampia possibilità di scelta

del medico, sia pure ai limitati fini della prescrizione dei medici

nali e della richiesta di visite specialistiche a carico del servizio

predetto. L'avvenuta contrazione delle categorie di sanitari individuati

come assegnatari del ricettario in parola ha provocato, pertanto, una innegabile limitazione della sfera giuridica degli aventi dirit

to, tra i quali è appunto compreso il Marconi. Ne consegue che

va riconosciuto in capo a quest'ultimo l'interesse ad esperire i

mezzi di tutela giurisdizionale per il ripristino della posizione rite

nuta illegittimamente incisa.

La seconda questione, sub b), è stata definita negativamente dalla impugnata sentenza, sul rilievo — giudicato decisivo ed as

sorbente — che l'ordine dei medici, con il ricorso introduttivo

del giudizio di primo grado, si è attivato, in realtà, a difesa degli interessi di alcuni iscritti — e, cioè, dei medici non convenzionati

con il servizio sanitario nazionale — contrastanti con gli interessi

di altri iscritti. Non sarebbe, perciò, possibile individuare, nel

quadro delle finalità istituzionali dell'ente professionale, volte al

la tutela della dignità della libertà dell'esercizio della professione, un interesse che valga a legittimare la proposta impugnativa.

La tesi non appare condivisibile.

Sembra, infatti, compatibile con le cennate finalità l'azione volta

ad assicurare che nessuna remora — se, per ipotesi, questa sussi

sta — comprima arbitrariamente il libero esercizio professionale sia pure di alcuni solamente degli iscritti. Sotto tale profilo, la

posizione di coloro che non sono colpiti dagli effetti della pretesa remora non subisce pregiudizio o contrasto per l'iniziativa cui l'ordine ha inteso dar luogo per estendere a tutti le possibilità di più ampia sfera di azione, in aderenza ai fini di salvaguardia perseguiti per la generalità dei professionisti rappresentati.

Deve, pertanto, darsi atto che l'ordine dei medici della provin cia di Genova è legittimato ad agire per la tutela degli interessi di cui è portatore contro i provvedimenti ritenuti lesivi della posi zione giuridica dei liberi professionisti rappresentati.

Per quanto concerne la posizione del ministero della sanità —

questione sub c) — appare determinante la considerazione che la sentenza di primo grado sia suscettibile di interferire, attraver so i principi in essa enunciati, nella sfera d'azione che la legge sulla riforma sanitaria e le successive modificazioni hanno riser vato a quell'amministrazione.

Va osservato, al riguardo, che quest'ultima, non solo è chia mata da detta legge a partecipare ai più importanti atti e funzioni demandati nella materia sanitaria al governo della repubblica, ma è titolare, altresì, di poteri, non esclusi quelli di direttiva, connes si alle competenze attribuitele dalla legge medesima, come espres samente prevede l'art. 5, 3° comma.

Siffatta titolarità di poteri pone, certamente, il ministero della sanità in una posizione diversa da quella della regione appellante e, però, con essa collegata in base alle linee di coordinamento create come elementi strutturali del servizio sanitario.

Il che, pur non consentendo al ministero anzidetto di farsi pro motore di impugnativa in via autonoma a difesa degli interessi

dedotti nel presente giudizio, è sufficiente a legittimare l'assun

zione da parte sua del ruolo di interveniente adesivo dipendente, in ausilio di una impostazione interpretativa della disciplina in

Il Foro Italiano — 1987.

esame, avente oggettivo rilievo anche sul piano delle esigenze di

coordinamento, oltre che nel quadro delle condizioni di operabi lità di prestazioni destinate a porre oneri a carico del servizio

sanitario nazionale.

Nel passare all'esame del merito della dedotta controversia, si

osserva che essa trae origine dall'impugnazione di due provvedi menti adottati dalla giunta regionale della Liguria attinenti all'u

tilizzazione di una modulistica identificata come «ricettario unico

regionale» e preordinata alla redazione delle prescrizioni di far

maci o delle richieste di visite specialistiche nei confronti di utenti

del servizio sanitario nazionale.

In particolare, il primo dei due provvedimenti in questione —

e, cioè, la deliberazione 21 aprile 1983, n. 2421 — disponeva la

revoca dei seguenti atti deliberativi: 1) n. 3330 del 18 giugno 1981, con il quale era stato previsto l'impiego, dal 1° luglio 1981, del

ricettario unico regionale, esclusivamente ad opera dei medici con

venzionati e di quelli appartenenti alle strutture pubbliche territo

riali, nonché dei medici iscritti nelle graduatorie compilate a termini

dell'accordo nazionale unico del 31 maggio 1978; 2) n. 3600 del

2 luglio 1981, concernente l'estensione dell'assegnazione del ricet

tario predetto ai medici in attesa di iscrizione nelle graduatorie relative all'anno 1982, per averne fatto richiesta nel 1981, ai sensi

dell'art. 3 della convenzione nazionale unica di medicina genera

le; 3) n. 5723 del 22 ottobre 1981, con il quale erano stati indica

ti, quali assegnatari del ricettario, oltre che i medici convenzionati

o dipendenti da strutture pubbliche e i medici «inseriti nell'appo sita graduatoria ed elenco regionale (comprensivo, quest'ultimo, anche dei recenti iscritti agli ordini professionali)», pure quelli che avrebbero presentato domanda ai rispettivi ordini entro il suc

cessivo 31 ottobre.

Con l'altro provvedimento impugnato — e cioè, la deliberazio

ne 22 settembre 1983, n. 5387 — era stato rivolto invito alle U.s.l.

a non rilasciare, dal 31 gennaio 1984, il ricettario unico regionale ai medici non convenzionati e ad adeguare le caratteristiche del

ricettario medesimo a talune esigenze organizzative.

L'impugnata sentenza è pervenuta all'accoglimento del ricorso, avendone condiviso i motivi primo e terzo, incentrati, rispettiva

mente, sulle seguenti due linee difensive:

1) l'individuazione delle categorie di sanitari, ai quali deve in

tendersi estesa la facoltà di utilizzare il ricettario unico regionale è problema attinente, non alle modalità di funzionamento del ser

vizio sanitario nazionale, bensì ai livelli ed alla qualità delle pre stazioni previste dalla 1. 23 dicembre 1978 n. 833. Gli interventi

della regione, suscettibili di incidere sui livelli stessi non potranno essere attuati prima che lo Stato non abbia dato vita al piano sanitario nazionale, ai sensi della legge citata;

2) in ogni caso, l'ordinamento introdotto dalle norme sulla ri

forma sanitaria opera una distinzione fra «medico di fiducia»

e «medico curante», dovendosi intendere la prima figura come

quella del sanitario prescelto dall'assistito per le prestazioni di

assistenza sanitaria e, la seconda figura, come quella che può essere impersonata da qualsiasi medico, anche libero professioni sta, cui il cittadino ritenga o abbia necessità di rivolgersi per la

tutela della sua salute.

Sulla base delle riferite argomentazioni, i primi giudici sono

giunti alla conclusione che è illegittimo l'atto che riservi l'uso

del ricettario unico regionale esclusivamente ai medici convenzio nati o operanti alle dipendenze delle strutture pubbliche sanitarie.

L'assunto e le premesse da cui esso muove appaiono destituiti di fondamento.

Al riguardo, va anzitutto rilevato che gli atti deliberativi posti in essere, sia nel 1981 sia nel 1983, dalla giunta regionale della

Liguria, lungi dal costituire la fonte regolatrice dei livelli delle

prestazioni mediche e farmaceutiche, si pongono come adempi menti preordinati al conseguimento delle finalità contemplate nel l'art. 10 1. reg. 5 dicembre 1979 n. 45. Essi si configurano, cioè, come espressione dei compiti di collaborazione e di supporto tec

nico, espressamente affidati al menzionato organo collegiale al

fine di assicurare l'uniformità dell'azione svolta dalle U.s.l. sul territorio regionale.

Un travalicamento dei limiti stabiliti per i poteri-doveri di cui si è fatto esercizio potrebbe essere ravvisato soltanto se si riscon trasse che le risoluzioni adottate e, in particolare, quelle fatte

oggetto di gravame, modificano o comunque innovano, sul piano sostanziale, i livelli delle prestazioni anzidette, individuabili alla

stregua di quanto dispone, in proposito, la legge sulla riforma

sanitaria.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Per far chiarezza sui punti in questione, giova muovere dalla

considerazione che le prestazioni ordinate o richieste con le enun

ciazioni apposte su modulo del ricettario di cui si controverte

si collocano tra quelle spettanti al servizio sanitario nazionale e,

cioè, al «complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e

delle attività» affidato, per la tutela della salute, allo Stato, alle

regioni e agli enti locali territoriali, a norma dell'art. 11. n. 833/78.

In particolare, esse sono comprese tra le attività specificamente rivolte all'assistenza medico-generica, medico-specialistica e far

maceutica, che, nell'ambito della gestione unitaria di detta tutela, ciascuna U.s.l. esplica attraverso i rispettivi presidi, uffici e servi

zi o con quelli con essa convenzionati.

Tale puntualizzazione pone in evidenza la caratteristica fonda

mentale dell'assetto organizzativo creato con il servizio sanitario

nazionale, che è quella della totalità dell'impegno ad assistere il

cittadino per qualsiasi esigenza attinente alla preservazione della

sua salute, nell'ambito di un sistema basato sull'autonomia dei

servizi. Quest'ultima è ottenuta dalla disponibilità di strutture pro

prie, integrate da quelle convenzionate, nonché di personale lega to da formale rapporto d'impiego o dall'adesione agli accordi

previsti dall'art. 48 della legge sulla riforma sanitaria: aspetti,

questi, che sono tipici dell'assistenza gestita in forma diretta e

la distinguono da quella operata in forma indiretta, che può esse

re eccezionalmente praticata, soltanto nei casi tassativamente in

dicati dall'ordinamento (cfr. art. 25, ultimo comma, 1. n. 833/78;

art. 25, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, convertito, con

modificazioni, nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33). A fronte di siffatta organizzazione si pone l'utente, che ha,

si, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura, ma

«nei limiti oggettivi» consentiti dall' organizzazione medesima, come

espressamente sancisce l'art. 19 della ripetuta legge. Le esposte considerazioni inducono a ritenere che la legge stes

sa, quando, nel disciplinare l'assetto e le modalità di funziona

mento dei servizi, menziona il medico addetto all'assistenza

generica e pediatrica (art. 5) o il medico che prescrive i preparati

galenici e le specialità medicinali (art. 28), ai fini dell'assistenza

farmaceutica, non intende chiamare in causa altri sanitari se non

quelli che facciano parte dell'organizzazione o, comunque, siano

impegnati a collaborarvi: soltanto questi, infatti, proprio per la

responsabilità che deriva loro dal rapporto di lavoro, rispettiva mente dipendente o autonomo, che intrattengono con il servizio

sanitario nazionale, possono rendersi sia destinatari di specifiche e vincolanti direttive attinenti alle modalità ed ai limiti di ordina

zione e di erogazione delle previste prestazioni sia, ad un tempo,

agenti abilitati a radicare l'onere delle prestazioni stesse in capo all'ente erogante.

È, quest'ultimo, un profilo di particolare rilievo, giacché pone in evidenza il fatto che ciascun episodio di assistenza sanitaria

che comporti la deliberazione di misure (siano esse di terapia far

macologica o di ulteriori accertamenti di carattere specialistico) immediatamente accollabili alla responsabilità di ordine finanzia

rio o comunque adempitivo del servizio sanitario nazionale, non

può non appartenere, in mancanza di diversa indicazione fornita

dall'ordinamento, al regime di assistenza condotto dal servizio

stesso. Se, dunque, il momento della prescrizione di farmaci a

carico del servizio sanitario nazionale è parte integrante della vi

sita sanitaria effettuata in regime di assistenza, i mezzi — quali il ricettario o altri — appositamente apprestati dall'organizzazio

ne, per operare la prescrizione medesima, non possono essere uti

lizzati da soggetti estranei, i quali, come si è visto, non avrebbero

titolo ad ordinare misure terapeutiche con onere a carico del ser

vizio sanitario nazionale. Analoghe argomentazioni possono esse

re prospettate in ordine alle richieste di visite specialistiche o di

ricovero.

Ne consegue che è del tutto vano tentare di distinguere con

trapposte o, comunque, diversificate categorie di sanitari nelle

ricordate e non uniformi locuzioni usate dalla normativa in esa

me: il «medico curante», che il citato art. 28 abilita a compilare

ricette spendibili per la fruizione dell'assistenza farmaceutica, è

quello stesso a cui l'utente ha accordato, a suo tempo, la «fidu

cia», per libera scelta, a norma dell'art. 25, e che ora viene cosi

qualificato perché colto nel momento dell'esercizio professionale.

Del resto, la riportata locuzione di «medico curante» — la quale,

secondo la tesi dei ricorrenti in primo grado, starebbe ad indicare

qualsiasi medico, anche estraneo al servizio sanitario nazionale,

che l'avente diritto abbia ritenuto di consultare — compare, im

mutata, anche nelle convenzioni stipulate a norma dell'art. 48,

Il Foro Italiano — 1987.

pure già citato, specificamente nel significato di sanitario prepo sto ai compiti di medicina generale demandati al servizio sanita

rio nazionale: valga, in proposito, il richiamo dell'art. 29

dell'accordo collettivo nazionale, stipulato il 30 gennaio 1981 e

reso esecutivo con d.p.r. 13 agosto 1981, nel quale il sanitario

anzidetto viene appunto qualificato come «medico curante».

Va aggiunto, a questo punto, che il citato art. 5 d.l. n. 633/79, convertito nella 1. n. 33/80, dispone che, in attesa dell'approva zione del piano sanitario nazionale, l'assistenza sanitaria è eroga

ta, nella forma dell'assistenza medica, «con le modalità previste dalle convenzioni vigenti» e che, anche nella forma dell'assisten

za farmaceutica essa è erogata con le modalità ed i limiti previsti nella convenzione, oltre che nel prontuario farmaceutico e nella

1. 5 agosto 1978 n. 484.

Orbene, le modalità richiamate obbediscono a criteri che non

lasciano spazio all'intervento di medici estranei al servizio sanita

rio nazionale né per la prescrizione di farmaci, alla cui fornitura

sia tenuto il servizio medesimo, né per la richiesta di visite specia listiche.

Va, peraltro, sottolineato che l'impugnata deliberazione n.

2421/83 e, indirettamente, attraverso questa, anche la delibera

zione n. 5387/83 hanno richiamato proprio il menzionato accor

do collettivo nazionale, reso esecutivo con il d.p.r. 13 agosto 1981,

per chiarire le ragioni che hanno indotto alla revoca, con l'espli cito riconoscimento che la disciplina adottata con gli atti fatti

oggetti di revoca si era rivelata una inesatta soluzione del proble ma giuridico, come a dire che l'ordinamento non era stato corret

tamente interpretato nell'estendere l'utilizzazione del ricettario

unico regionale. Alla stregua delle esposte considerazioni, appaiono del tutto

inconsistenti sia la doglianza di carenza di motivazione sia la tesi

di fondo che propugnerebbe l'uso indiscriminato, da parte di qual siasi categoria di professionisti, del ricettario in parola, pur rico

nosciuto dalla stessa sentenza impugnata come unico strumento

per l'assunzione, a carico del servizio sanitario nazionale, delle

prestazioni farmaceutiche e specialistiche. Le raggiunte conclusioni sottraggono ogni fondamento anche

all'assunto — pure proposto dagli autori dell'atto introduttivo

del giudizio di primo grado — secondo il quale l'autorità ema

nante avrebbe arbitrariamente compreso un presunto diritto del

l'assistibile di avvalersi, ai fini delle prescrizioni anzidette,

dell'opera di professionista prestata al di fuori dell'organizzazio ne sanitaria.

Peraltro, proprio per l'insussistenza di una pretesa incidenza,

da parte degli atti impugnati, sui livelli delle prestazioni garantite a tutti i cittadini, non vi è ragione di condividere dubbi sull'os

servanza dell'art. 3 1. n. 833/78, che affida alla legge dello Stato,

diretta ad approvare il piano sanitario nazionale, la fissazione

dei livelli medesimi. Inconsistente è, inoltre, la denuncia di violazione dell'art. 10

1. reg. n. 45/79, formulata sul rilievo che, nella specie, la regione si sarebbe avvalsa dei poteri di coordinamento e di indirizzo, sen

za attendere l'emanazione delle leggi dello Stato e regionali, alla

cui vigenza l'esercizio dei poteri stessi è subordinato, ai sensi del

citato articolo.

Al riguardo, è sufficiente ribadire che, nel caso, l'azione svolta

dalla giunta regionale si configura, secondo quanto si è già avuto

occasione di osservare, come esplicazione dei compiti di collabo

razione e di supporto tecnico all'attività delle U.s.l., previsti dal

4° comma dello stesso art. 10, al fine di assicurare, a norma

della menzionata disposizione, l'uniformità dei servizi sul territo

rio regionale. Gli aspetti testé esaminati valgono a contrastare e consentono,

perciò, di respingere, in quanto infondata, la denuncia di incom

petenza elevata nei confronti di detto organo collegiale. Il che,

peraltro, rende anche superfluo esaminare i profili difensivi —

che possono, quindi, ritenersi assorbiti — pure prospettati dalla

regione appellante ed incentrati sul rilievo che, in definitiva, l'au

torità emanante aveva quanto meno la competenza di rivedere

gli atti a suo tempo adottati e di revocarli, con il conseguente

effetto di ripristino della precedente situazione limitativa in ordi

ne all'utilizzazione del ricettario in discussione.

Va, infine, rilevata la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale sollevata nei confronti degli art. 19,

25 e 26 1. n. 833/79, per asserita violazione degli art. 3 e 32

Cost. Invero, non sembra possa essere ritenuto lesivo del princi

pio di uguaglianza e del diritto alla salute, enunciati nelle invoca

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Page 5: sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria (Avv. Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv. Acquarone, Villani),

PARTE TERZA

te norme costituzionali, un sistema che affida alla propria orga

nizzazione, munita di mezzi e personale adeguati, l'intera gamma delle prestazioni di prevenzione e assistenza sanitaria e che, per

questo, non ha necessità di coinvolgere nello svolgimento dei propri

compiti di istituto anche liberi professionisti estranei all'organiz zazione medesima.

Per quanto sopra premesso, va riconosciuta la fondatezza di

entrambi i motivi — a parte l'assorbito profilo — dell'appello

proposto dalla regione Liguria e va conseguentemente riformata

la sentenza impugnata. (Omissis)

II

Diritto. — Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi

r.g. 1935 e 2008 del 1985, in quanto connessi dal profilo soggetti vo e oggettivo.

Ritiene quindi il collegio che sia necessario sgombrare il campo dalle censure palesemente infondate, come quella prospettata al

primo motivo del ricorso r.g. 2008 del 1985. Contrariamente a

quanto il ricorrente afferma, l'amministrazione che abbia omesso

di provvedere in ordine all'emanazione di un atto discrezionale, ben può — in qualsiasi momento, e anche in pendenza di ricorso

avverso il silenzio-rifiuto — adottare una determinazione esplici

ta, di accoglimento nonché di reiezione dell'originaria istanza.

L'oggetto del sindacato giurisdizionale è costituito dunque, nel

presente procedimento, dalla nota 17 ottobre 1985 — sotto il pro filo della dedotta violazione degli art. 3, 25 e 28 1. n. 833 del

1978 — e dalla direttiva regionale n. 10 del 27 marzo 1981.

La regione Piemonte ha eccepito l'inammissibilità del ricorso

per carenza di interesse attuale all'annullamento degli atti impu

gnati, che costituiscono mero richiamo all'avviso dell'amministra

zione regionale espresso in ordine all'uso del ricettario: essendovi

competenza esclusiva dell'U.s.l. al rilascio del ricettario stesso, il ricorrente — ad avviso della regione — dovrebbe impugnare l'eventuale diniego epresso dall'U.s.l.

L'eccezione è infondata. Con la direttiva n. 10 del 1981 —

cui la nota 17 ottobre 1985 fa espresso richiamo — si è affermato

il principio inderogabile della limitazione dell'uso del ricettario

unico regionale ai soli medici convenzionati con il servizio sanita

rio nazionale, non c'è dubbio che tale principio legittima l'insor

genza dell'interesse del ricorrente — che è medico non

convenzionato — a rimuovere gli atti impugnati. Non potrebbe, d'altronde, desumersi il difetto di attualità del

l'interesse alla decisione, dalla circostanza che il semplice invito

della regione alle U.s.l. a rilasciare il ricettario soltanto ai medici

convenzionati non comporterebbe — di per sé — il rifiuto di

prestazioni farmaceutiche a carico del servizio sanitario nazionale

in base a prescrizioni provenienti da medici che, come il dott.

Ronco, non sono convenzionati.

È evidente, infatti, che il potere di indirizzo esercitato dalla

regione con la direttiva n. 10 del 1981 è chiaramente volto a ini

bire l'uso del ricettario regionale ai medici non convenzionati, sicché l'invito rivolto alle U.s.l., non si esaurisce in un rapporto

interno, finalizzandosi piuttosto a disciplinare i limiti e i modi

dell'assistenza, con efficacia esterna: da tali considerazioni deriva

la diretta lesività degli atti impugnati, con la conseguente ammis

sibilità dei ricorsi. Dal profilo sostanziale, infatti, il ricorrente è titolare dell'inte

resse a non veder compressa la sua posizione di medico non con

venzionato, insorgendo contro i provvedimenti da cui derivi

limitazione all'esercizio della sua attività professionale. Il diniego dell'uso del ricettario unico regionale, costituente unico

strumento per l'assunzione a carico del servizio sanitario nazio

nale delle prestazioni farmaceutiche e specialistiche prescrivibili,

pone il professionista in una condizione di svantaggio per il dan

no che può derivare nel rapporto con i pazienti e per la correlati

va necessità — qualora l'assistito voglia comunque ottenere le

prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale — di far ri

corso alla ripetizione della ricetta da parte di un medico conven

zionato, che peraltro sia disponibile per tale attività.

Nel merito, l'impugnativa è fondata. Il ricorrente individua an

zitutto nella direttiva, n. 10 del 1981 e nel provvedimento 17 ot

tobre 1985 che ad essa si richiama, statuizioni contrarie all'art.

3 1. n. 833 del 1978, determinando gli atti impugnati l'imposizio ne di un limite qualitativo alle prestazioni sanitarie. In effetti, la norma richiamata non consente di limitare ad un criterio mera

II Foro Italiano — 1987.

mente quantitativo il concetto di «livello delle prestazioni sanita

rie» mentre — dal complesso della normativa in esame — appare evidente che il criterio di uniformità del livello delle prestazioni sanitarie deve essere ragguagliato alla qualità più che ( oltre che) alla quantità di esse. Non sembra dubbio che il tipo o la qualità dell'assistenza di cui il cittadino può fruire rientri nel concetto

di «livello delle prestazioni sanitarie».

Deve pertanto escludersi che la possibilità o meno di ottenere

le prestazioni farmaceutiche e specialistiche su prescrizione del

medico liberamente scelto dall'assistito in una determinata circo

stanza — oltre che dal medico convenzionato — riguardi, come

sembra prospettare l'amministrazione, modalità meramente bu

rocratiche di erogazione dell'assistenza.

Infatti, salvo il non auspicabile espediente di far trascrivere

la prescrizione del medico convenzionato da parte di un sanitario

convenzionato, appare evidente che la determinazione delle con

dizioni in cui è possibile il ricorso ad un medico estraneo al rap

porto con il servizio sanitario nazionale o addirittura l'esclusione

del diritto di ottenere prestazioni a carico di detto servizio su

prescrizione del medico non convenzionato, incidono sulla «qua lità» dell'assistenza sanitaria indiretta di cui all'art. 25, ultimo

comma, 1. n. 833 del 1978. La garanzia in ordine al mantenimen

to di livelli qualitativi di assistenza sanitaria costituisce materia

che la regione può regolare solamente con legge, nell'ambito dei

criteri di programmazione stabiliti nel piano nazionale sanitario.

In mancanza degli strumenti di programmazione uniformi per il

territorio nazionale, non può ugualmente riconoscersi alla regio ne il potere di incidere sul «tipo» di assistenza sanitaria garantito ai cittadini, sicché deve farsi riferimento alla soluzione interpre tativa più rispettosa del diritto costituzionale alla salute e dei prin

cipi ispiratori della legge statale n. 833 del 1978.

Ritiene il collegio che i provvedimenti regionali impugnati —

ed in particolare la direttiva n. 10 del 1981 — si pongano in

contrasto con norme statali cui anche la emananda disciplina re

gionale dovrà conformarsi.

Il ricorrente afferma che nella 1. n. 833 del 1978 la figura del

«medico curante» sarebbe distintamente individuata rispetto al

«medico di fiducia»; la prima ipotesi indicherebbe il sanitario — ancorché non convenzionato — che, in un dato momento, sovrintende alla cura del paziente e che ben può e deve effettuare

tutte le prescrizioni opportune per la terapia. La tesi difensiva della regione mira, invece, ad identificare il

«medico curante» con il «medico di fiducia» (convenzionato) di

cui all'art. 25, posto che la prestazione farmaceutica gratuita, strettamente correlata alla prestazione curativa, viene erogata esclu

sivamente dal personale dipendente o convenzionato con il servi

zio sanitario nazionale ai sensi del medesimo art. 25.

Ad avviso del collegio, la terminologia dell'art. 28 (in materia,

quindi, proprio di prestazioni farmaceutiche) è non a caso diver

sa da quella dell'art. 25, poiché il legislatore ha voluto sottolinea

re la sostanziale diversità tra le figure del «medico curante» e

del «medico di fiducia». Infatti la diversa tesi della identificazio

ne dei due termini contrasta con il rilievo che la legge ha voluto

specificamente indicare il «medico di fiducia» come appartenente al personale dipendente o convenzionato con il servizio sanitario

nazionale: la diversa dizione di «medico curante» riferita al sog

getto abilitato — ex art. 28 1. 833 — a rilasciare prescrizioni ido

nee ad ottenere prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale,

contempla invece ogni medico, ancorché non convenzionato, in

dividuabile in rapporto alla sua funzione concreta di cura del

paziente piuttosto che alla condizione di soggetto legato o meno

da alcun rapporto con il servizio sanitario nazionale.

La soluzione che il collegio ritiene preferibile, oltre a inserirsi

coerentemente nel quadro della tutela uniforme del cittadino

assistito in relazione ai livelli minimi qualitativi delle prestazioni sanitarie gratuite, non è d'altronde pregiudizievole per il corretto

e regolare funzionamento delle strutture sanitarie pubbliche. Ben più dispendioso, infatti, e oltrettutto contrario a principi

di logica e correttezza nel funzionamento delle strutture sanitarie, si prospetta il suggerito correttivo del ricorso ad una nuova pre scrizione di un medico convenzionato, ripetitiva di quella del me

dico curante, al fine di ottenere le prestazioni specialistiche e

farmaceutiche a carico del servizio sanitario nazionale.

In base ai su esposti argomenti, l'impugnativa deve essere ac

colta, con il conseguente annullamento del provvedimento 17 ot

tobre 1985 e della direttiva regionale n. 10 del 27 marzo 1981.

(Omissis)

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