sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria(Avv. Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv. Acquarone, Villani), Picco ealtri. Annulla T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 125/126-131/132Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179442 .
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125 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 126
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 3 novembre 1986, n. 702; Pres. Elefante, Est. Buonopane; Regione Liguria (Avv.
Mazzoni, Petrocelli) c. Ordine dei medici di Genova (Avv.
Acquarone, Villani), Picco e altri. Annulla T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638.
CONSIGLIO DI STATO;
Sanità pubblica — Ricettario unico regionale — Limitazione ai
soli medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario na
zionale — Ricorsi — Ammissibilità — Fattispecie. Sanità pubblica — Ricettario unico nazionale — Limitazione ai
soli medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario na
zionale — Legittimità — Questione manifestamente infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3, 32; 1. 23 dicembre 1978 n.
833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 3, 19, 25,
26, 28; d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, finanziamento del servizio
sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle
p.a. in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione
giovanile, art. 5; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in leg
ge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, art.l).
È ammissibile il ricorso che medici liberi professionisti, indipen dentemente dalla disponibilità da parte loro del ricettario unico
regionale, abbiano proposto contro la deliberazione con cui la
giunta regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati col
servizio sanitario nazionale, l'utilizzabilità del ricettario stesso, revocando proprie precedenti deliberazioni secondo le quali an
che medici curanti liberi professionisti potevano prescrivere ai
propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico di tale
servizio. (1) È ammissibile il ricorso che l'utente del servizio sanitario nazio
nale abbia proposto contro la deliberazione con cui la giunta
regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati con tale
servizio l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, e quindi la possibilità di prescrivere ai propri assistiti prestazioni farma ceutiche a carico del servizio sanitario nazionale. (2)
È ammissibile il ricorso che l'ordine provinciale dei medici ha
proposto contro la deliberazione con cui la giunta regionale limita ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanita
rio nazionale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, esclu
dendo per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio
stesso, in quanto tale deliberazione comprime il libero esercizio
professionale di alcuni, se non di tutti i suoi iscritti. (3) È ammissibile l'intervento proposto dal ministro della sanità, ade
sivo all'appello di una regione contro sentenza del T.A.R., che
aveva annullato la deliberazione con cui la regione aveva limi
tato ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario
nazionale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, escludendo
per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai
propri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio
stesso. (4)
(1-7) La sentenza T.A.R. Liguria 28 novembre 1984, n. 638, annullata dalla decisione della sezione IV del Consiglio di Stato, è riportata in Foro
it., 1986, III, 26, con nota di richiami. In riferimento alle questioni processuali risolte dalle prime quattro mas
sime, v. la sentenza annullata, e la relativa nota: in particolare, le prime due massime sono conformi; la terza è andata in contrario avviso rispetto alla inammissibilità del ricorso proposto dal locale ordine dei medici, di
chiarata in primo grado; della quarta non vi è riscontro. Inoltre, confor me alla prima massima è anche Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1986, n. 376, con conclusioni sostanzialmente analoghe a quelle della decisione
ora riportata, id., 1986, III, 365, con nota di richiami, che annulla T.A.R.
Liguria 22 dicembre 1984, n. 706, id., Rep. 1985, voce Sanità pubbli ca, n. 120, a sua volta orientata nello stesso senso della sentenza ora
annullata. Sulla questione sostanziale riflessa nella quinta massima, di estrema
rilevanza per la definizione degli spazi professionali dei medici non con
venzionati, e, quel che più conta, degli spazi di scelta dei sanitari di fidu
cia da parte degli utenti del servizio sanitario nazionale (quindi, in ultima
analisi: di tratti essenziali di questo; non stupisce, perciò, l'intervento
del ministro della sanità dichiarato ammissibile con la quarta massima), la pronuncia trova un precedente puntuale, ugualmente negativo nella
decisione n. 376/86, non richiamata in motivazione. Però la soluzione
più liberale affermata dalle due sentenze annullate del T.A.R. Liguria è ora riproposta dalla più sintetica sentenza della seconda sezione del
T.A.R. Piemonte. Anche in questa controversia, e sul contrasto giuris
II Foro Italiano — 1987 — Parte III-10.
È legittima la deliberazione con cui la giunta regionale limita ai
medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario nazio
nale l'utilizzabilità del ricettario unico regionale, escludendo per i medici liberi professionisti la possibilità di prescrivere ai pro
pri assistiti prestazioni farmaceutiche a carico del servizio
stesso. (5) È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale degli art. 19, 25 e 26 l. n. 833/78, nella parte in cui riser
vano ai medici dipendenti o convenzionati col servizio sanitario
nazionale la possibilità di prescrivere ai propri assistiti presta zioni farmaceutiche a carico del servizio stesso, in riferimento
agli art. 3 e 32 Cost. (6)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE
MONTE; sezione II; sentenza 10 marzo 1986, n. 117; Pres.
Barbieri, Est. Frattini; Ronco (Avv. D'Amico) c. U.s.l. n.
1-23, Regione Piemonte (Avv. Ciavarra).
Sanità pubblica — Ricettario unico regionale — Limitazione ai
soli medici convenzionati col servizio sanitario nazionale — Il
legittimità (L. 23 dicembre 1978 n. 833, art. 3, 25, 28).
È illegittima la direttiva rivolta alle U.s.l., con cui la regione le
invita a rilasciare il ricettario unico regionale ai soli medici con
venzionati col servizio sanitario nazionale. (7)
I
Diritto. — Entrambi gli appelli si appuntano avverso la senten
za 28 novembre 1984, n. 638 (Foro it., 1986, III, 26) del T.A.R.
per la Liguria ed essendo, perciò, connessi tra loro, vanno riuniti
per essere decisi con unica pronuncia. Va data, quindi, precedenza all'esame delle questioni che at
tengono: a) all'ammissibilità dell'impugnativa di primo grado, sotto
il profilo della sussistenza dell'interesse diretto ed attuale; b) alla
legittimazione dell'ordine dei medici della provincia di Genova
a proporre detta impugnativa; c) alla legittimazione del ministero
della sanità ad intervenire nella presente fase del giudizio, in ade
sione all'appello della regione Liguria. La questione sub a), già sollevata nel giudizio di primo grado e riproposta nei confronti
di tutti e cinque i sanitari ricorrenti, muove dal rilievo che l'uti
lizzazione del ricettario unico regionale non arreca alcun vantag
gio ai sanitari medesimi, posto che questi in quanto liberi
professionisti, hanno diritto alla percezione dell'onorario anche
non disponendo del modulario in parola e, inoltre, non subisco
no pregiudizio in termini di prestigio professionale per il fatto
di essere svincolati dall'uso del modulario stesso.
Le riferite argomentazioni, pur se apprezzabili, non appaiono sufficienti a sostenere l'assunto.
Intanto, indipendentemente dagli invocati aspetti attinenti al
diritto all'onorario e al prestigio del professionista — i quali,
appunto, non esauriscono la problematica connessa con la dibat
tuta questione — va considerato che tre dei sanitari ricorrenti
e, cioè, i dottori Picco, Pierucci e Mantero, erano stati ammessi, a suo tempo, ad avvalersi del ricettario di cui trattasi o avevano
presentato domanda di ammissione entro i termini stabiliti dalla
deliberazione giuntale n. 3600/81 (poi revocata), come si dichiara
nella certificazione n. 2731/MB rilasciata il 17 ottobre 1984 dal
l'U.s.l. n. 12 di Genova. Appare evidente, quindi, l'interesse alla
conservazione dell'ottenuta ammissione o della aspettativa rag
giunta con la rituale presentazione della domanda.
Sussistono, dunque, già per il considerato profilo, le condizio
ni di ammissibilità del ricorso per quanto attiene ai menzionati
sanitari.
prudenziale a cui ha dato luogo, è intervenuto, o ha cercato di interveni
re il legislatore: l'art. 2, 1° comma, d.l. 30 dicembre 1986 n. 921
(Le leggi, 1986, 2811), disposizioni urgenti in materia sanitaria, ha pre visto la riserva dei ricettari in questione ai soli medici dipendenti dal ser
vizio sanitario nazionale o convenzionati con esso, secondo la soluzione
restrittiva preferita dal Consiglio di Stato. Tale decreto legge, non con
vertito, è stato riproposto con d.l. 28 febbraio 1987 n. 53 (Le leggi, 1987,
512).
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PARTE TERZA
Analoghe circostanze non militano in favore dei dottori Castel
laneta e Ramorino, i quali non sono stati mai ammessi all'uso
del modulario né hanno comprovato di aver presentato tempesti va domanda, secondo l'indirizzo a suo tempo vigente.
Peraltro, l'interesse dei due sanitari — e ciò, ovviamente, vale
anche per gli altri — non può essere disconosciuto se si tiene
presente che la dedotta pretesa si radica sull'asserita impostazio ne del servizio sanitario nazionale, nel senso che il relativo ordi
namento consentirebbe a qualsiasi medico di prescrivere medicinali
fruibili attraverso l'assistenza farmaceutica o di richiedere la visi
ta specialistica praticabile mediante gli appositi apprestamenti as
sistenziali.
Si tratterà, dunque, di verificare se la pretesa sia fondata o
meno, ma è, comunque, chiaro l'interesse a rimuovere gli inter
venti restrittivi che illegittimamente avrebbe posto in essere l'am
ministrazione.
Quanto alla posizione del ricorrente Marconi Alberto, si osser
va che egli ha fatto valere la sua qualità di soggetto beneficiario
delle prestazioni del servizio sanitario nazionale.
È indubbio che il regime improntato — ancorché erroneamente — alla più estesa diffussione dell'uso del ricettario unico regiona le costituisce, per gli assistibili, una più ampia possibilità di scelta
del medico, sia pure ai limitati fini della prescrizione dei medici
nali e della richiesta di visite specialistiche a carico del servizio
predetto. L'avvenuta contrazione delle categorie di sanitari individuati
come assegnatari del ricettario in parola ha provocato, pertanto, una innegabile limitazione della sfera giuridica degli aventi dirit
to, tra i quali è appunto compreso il Marconi. Ne consegue che
va riconosciuto in capo a quest'ultimo l'interesse ad esperire i
mezzi di tutela giurisdizionale per il ripristino della posizione rite
nuta illegittimamente incisa.
La seconda questione, sub b), è stata definita negativamente dalla impugnata sentenza, sul rilievo — giudicato decisivo ed as
sorbente — che l'ordine dei medici, con il ricorso introduttivo
del giudizio di primo grado, si è attivato, in realtà, a difesa degli interessi di alcuni iscritti — e, cioè, dei medici non convenzionati
con il servizio sanitario nazionale — contrastanti con gli interessi
di altri iscritti. Non sarebbe, perciò, possibile individuare, nel
quadro delle finalità istituzionali dell'ente professionale, volte al
la tutela della dignità della libertà dell'esercizio della professione, un interesse che valga a legittimare la proposta impugnativa.
La tesi non appare condivisibile.
Sembra, infatti, compatibile con le cennate finalità l'azione volta
ad assicurare che nessuna remora — se, per ipotesi, questa sussi
sta — comprima arbitrariamente il libero esercizio professionale sia pure di alcuni solamente degli iscritti. Sotto tale profilo, la
posizione di coloro che non sono colpiti dagli effetti della pretesa remora non subisce pregiudizio o contrasto per l'iniziativa cui l'ordine ha inteso dar luogo per estendere a tutti le possibilità di più ampia sfera di azione, in aderenza ai fini di salvaguardia perseguiti per la generalità dei professionisti rappresentati.
Deve, pertanto, darsi atto che l'ordine dei medici della provin cia di Genova è legittimato ad agire per la tutela degli interessi di cui è portatore contro i provvedimenti ritenuti lesivi della posi zione giuridica dei liberi professionisti rappresentati.
Per quanto concerne la posizione del ministero della sanità —
questione sub c) — appare determinante la considerazione che la sentenza di primo grado sia suscettibile di interferire, attraver so i principi in essa enunciati, nella sfera d'azione che la legge sulla riforma sanitaria e le successive modificazioni hanno riser vato a quell'amministrazione.
Va osservato, al riguardo, che quest'ultima, non solo è chia mata da detta legge a partecipare ai più importanti atti e funzioni demandati nella materia sanitaria al governo della repubblica, ma è titolare, altresì, di poteri, non esclusi quelli di direttiva, connes si alle competenze attribuitele dalla legge medesima, come espres samente prevede l'art. 5, 3° comma.
Siffatta titolarità di poteri pone, certamente, il ministero della sanità in una posizione diversa da quella della regione appellante e, però, con essa collegata in base alle linee di coordinamento create come elementi strutturali del servizio sanitario.
Il che, pur non consentendo al ministero anzidetto di farsi pro motore di impugnativa in via autonoma a difesa degli interessi
dedotti nel presente giudizio, è sufficiente a legittimare l'assun
zione da parte sua del ruolo di interveniente adesivo dipendente, in ausilio di una impostazione interpretativa della disciplina in
Il Foro Italiano — 1987.
esame, avente oggettivo rilievo anche sul piano delle esigenze di
coordinamento, oltre che nel quadro delle condizioni di operabi lità di prestazioni destinate a porre oneri a carico del servizio
sanitario nazionale.
Nel passare all'esame del merito della dedotta controversia, si
osserva che essa trae origine dall'impugnazione di due provvedi menti adottati dalla giunta regionale della Liguria attinenti all'u
tilizzazione di una modulistica identificata come «ricettario unico
regionale» e preordinata alla redazione delle prescrizioni di far
maci o delle richieste di visite specialistiche nei confronti di utenti
del servizio sanitario nazionale.
In particolare, il primo dei due provvedimenti in questione —
e, cioè, la deliberazione 21 aprile 1983, n. 2421 — disponeva la
revoca dei seguenti atti deliberativi: 1) n. 3330 del 18 giugno 1981, con il quale era stato previsto l'impiego, dal 1° luglio 1981, del
ricettario unico regionale, esclusivamente ad opera dei medici con
venzionati e di quelli appartenenti alle strutture pubbliche territo
riali, nonché dei medici iscritti nelle graduatorie compilate a termini
dell'accordo nazionale unico del 31 maggio 1978; 2) n. 3600 del
2 luglio 1981, concernente l'estensione dell'assegnazione del ricet
tario predetto ai medici in attesa di iscrizione nelle graduatorie relative all'anno 1982, per averne fatto richiesta nel 1981, ai sensi
dell'art. 3 della convenzione nazionale unica di medicina genera
le; 3) n. 5723 del 22 ottobre 1981, con il quale erano stati indica
ti, quali assegnatari del ricettario, oltre che i medici convenzionati
o dipendenti da strutture pubbliche e i medici «inseriti nell'appo sita graduatoria ed elenco regionale (comprensivo, quest'ultimo, anche dei recenti iscritti agli ordini professionali)», pure quelli che avrebbero presentato domanda ai rispettivi ordini entro il suc
cessivo 31 ottobre.
Con l'altro provvedimento impugnato — e cioè, la deliberazio
ne 22 settembre 1983, n. 5387 — era stato rivolto invito alle U.s.l.
a non rilasciare, dal 31 gennaio 1984, il ricettario unico regionale ai medici non convenzionati e ad adeguare le caratteristiche del
ricettario medesimo a talune esigenze organizzative.
L'impugnata sentenza è pervenuta all'accoglimento del ricorso, avendone condiviso i motivi primo e terzo, incentrati, rispettiva
mente, sulle seguenti due linee difensive:
1) l'individuazione delle categorie di sanitari, ai quali deve in
tendersi estesa la facoltà di utilizzare il ricettario unico regionale è problema attinente, non alle modalità di funzionamento del ser
vizio sanitario nazionale, bensì ai livelli ed alla qualità delle pre stazioni previste dalla 1. 23 dicembre 1978 n. 833. Gli interventi
della regione, suscettibili di incidere sui livelli stessi non potranno essere attuati prima che lo Stato non abbia dato vita al piano sanitario nazionale, ai sensi della legge citata;
2) in ogni caso, l'ordinamento introdotto dalle norme sulla ri
forma sanitaria opera una distinzione fra «medico di fiducia»
e «medico curante», dovendosi intendere la prima figura come
quella del sanitario prescelto dall'assistito per le prestazioni di
assistenza sanitaria e, la seconda figura, come quella che può essere impersonata da qualsiasi medico, anche libero professioni sta, cui il cittadino ritenga o abbia necessità di rivolgersi per la
tutela della sua salute.
Sulla base delle riferite argomentazioni, i primi giudici sono
giunti alla conclusione che è illegittimo l'atto che riservi l'uso
del ricettario unico regionale esclusivamente ai medici convenzio nati o operanti alle dipendenze delle strutture pubbliche sanitarie.
L'assunto e le premesse da cui esso muove appaiono destituiti di fondamento.
Al riguardo, va anzitutto rilevato che gli atti deliberativi posti in essere, sia nel 1981 sia nel 1983, dalla giunta regionale della
Liguria, lungi dal costituire la fonte regolatrice dei livelli delle
prestazioni mediche e farmaceutiche, si pongono come adempi menti preordinati al conseguimento delle finalità contemplate nel l'art. 10 1. reg. 5 dicembre 1979 n. 45. Essi si configurano, cioè, come espressione dei compiti di collaborazione e di supporto tec
nico, espressamente affidati al menzionato organo collegiale al
fine di assicurare l'uniformità dell'azione svolta dalle U.s.l. sul territorio regionale.
Un travalicamento dei limiti stabiliti per i poteri-doveri di cui si è fatto esercizio potrebbe essere ravvisato soltanto se si riscon trasse che le risoluzioni adottate e, in particolare, quelle fatte
oggetto di gravame, modificano o comunque innovano, sul piano sostanziale, i livelli delle prestazioni anzidette, individuabili alla
stregua di quanto dispone, in proposito, la legge sulla riforma
sanitaria.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Per far chiarezza sui punti in questione, giova muovere dalla
considerazione che le prestazioni ordinate o richieste con le enun
ciazioni apposte su modulo del ricettario di cui si controverte
si collocano tra quelle spettanti al servizio sanitario nazionale e,
cioè, al «complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e
delle attività» affidato, per la tutela della salute, allo Stato, alle
regioni e agli enti locali territoriali, a norma dell'art. 11. n. 833/78.
In particolare, esse sono comprese tra le attività specificamente rivolte all'assistenza medico-generica, medico-specialistica e far
maceutica, che, nell'ambito della gestione unitaria di detta tutela, ciascuna U.s.l. esplica attraverso i rispettivi presidi, uffici e servi
zi o con quelli con essa convenzionati.
Tale puntualizzazione pone in evidenza la caratteristica fonda
mentale dell'assetto organizzativo creato con il servizio sanitario
nazionale, che è quella della totalità dell'impegno ad assistere il
cittadino per qualsiasi esigenza attinente alla preservazione della
sua salute, nell'ambito di un sistema basato sull'autonomia dei
servizi. Quest'ultima è ottenuta dalla disponibilità di strutture pro
prie, integrate da quelle convenzionate, nonché di personale lega to da formale rapporto d'impiego o dall'adesione agli accordi
previsti dall'art. 48 della legge sulla riforma sanitaria: aspetti,
questi, che sono tipici dell'assistenza gestita in forma diretta e
la distinguono da quella operata in forma indiretta, che può esse
re eccezionalmente praticata, soltanto nei casi tassativamente in
dicati dall'ordinamento (cfr. art. 25, ultimo comma, 1. n. 833/78;
art. 25, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1979 n. 633, convertito, con
modificazioni, nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33). A fronte di siffatta organizzazione si pone l'utente, che ha,
si, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura, ma
«nei limiti oggettivi» consentiti dall' organizzazione medesima, come
espressamente sancisce l'art. 19 della ripetuta legge. Le esposte considerazioni inducono a ritenere che la legge stes
sa, quando, nel disciplinare l'assetto e le modalità di funziona
mento dei servizi, menziona il medico addetto all'assistenza
generica e pediatrica (art. 5) o il medico che prescrive i preparati
galenici e le specialità medicinali (art. 28), ai fini dell'assistenza
farmaceutica, non intende chiamare in causa altri sanitari se non
quelli che facciano parte dell'organizzazione o, comunque, siano
impegnati a collaborarvi: soltanto questi, infatti, proprio per la
responsabilità che deriva loro dal rapporto di lavoro, rispettiva mente dipendente o autonomo, che intrattengono con il servizio
sanitario nazionale, possono rendersi sia destinatari di specifiche e vincolanti direttive attinenti alle modalità ed ai limiti di ordina
zione e di erogazione delle previste prestazioni sia, ad un tempo,
agenti abilitati a radicare l'onere delle prestazioni stesse in capo all'ente erogante.
È, quest'ultimo, un profilo di particolare rilievo, giacché pone in evidenza il fatto che ciascun episodio di assistenza sanitaria
che comporti la deliberazione di misure (siano esse di terapia far
macologica o di ulteriori accertamenti di carattere specialistico) immediatamente accollabili alla responsabilità di ordine finanzia
rio o comunque adempitivo del servizio sanitario nazionale, non
può non appartenere, in mancanza di diversa indicazione fornita
dall'ordinamento, al regime di assistenza condotto dal servizio
stesso. Se, dunque, il momento della prescrizione di farmaci a
carico del servizio sanitario nazionale è parte integrante della vi
sita sanitaria effettuata in regime di assistenza, i mezzi — quali il ricettario o altri — appositamente apprestati dall'organizzazio
ne, per operare la prescrizione medesima, non possono essere uti
lizzati da soggetti estranei, i quali, come si è visto, non avrebbero
titolo ad ordinare misure terapeutiche con onere a carico del ser
vizio sanitario nazionale. Analoghe argomentazioni possono esse
re prospettate in ordine alle richieste di visite specialistiche o di
ricovero.
Ne consegue che è del tutto vano tentare di distinguere con
trapposte o, comunque, diversificate categorie di sanitari nelle
ricordate e non uniformi locuzioni usate dalla normativa in esa
me: il «medico curante», che il citato art. 28 abilita a compilare
ricette spendibili per la fruizione dell'assistenza farmaceutica, è
quello stesso a cui l'utente ha accordato, a suo tempo, la «fidu
cia», per libera scelta, a norma dell'art. 25, e che ora viene cosi
qualificato perché colto nel momento dell'esercizio professionale.
Del resto, la riportata locuzione di «medico curante» — la quale,
secondo la tesi dei ricorrenti in primo grado, starebbe ad indicare
qualsiasi medico, anche estraneo al servizio sanitario nazionale,
che l'avente diritto abbia ritenuto di consultare — compare, im
mutata, anche nelle convenzioni stipulate a norma dell'art. 48,
Il Foro Italiano — 1987.
pure già citato, specificamente nel significato di sanitario prepo sto ai compiti di medicina generale demandati al servizio sanita
rio nazionale: valga, in proposito, il richiamo dell'art. 29
dell'accordo collettivo nazionale, stipulato il 30 gennaio 1981 e
reso esecutivo con d.p.r. 13 agosto 1981, nel quale il sanitario
anzidetto viene appunto qualificato come «medico curante».
Va aggiunto, a questo punto, che il citato art. 5 d.l. n. 633/79, convertito nella 1. n. 33/80, dispone che, in attesa dell'approva zione del piano sanitario nazionale, l'assistenza sanitaria è eroga
ta, nella forma dell'assistenza medica, «con le modalità previste dalle convenzioni vigenti» e che, anche nella forma dell'assisten
za farmaceutica essa è erogata con le modalità ed i limiti previsti nella convenzione, oltre che nel prontuario farmaceutico e nella
1. 5 agosto 1978 n. 484.
Orbene, le modalità richiamate obbediscono a criteri che non
lasciano spazio all'intervento di medici estranei al servizio sanita
rio nazionale né per la prescrizione di farmaci, alla cui fornitura
sia tenuto il servizio medesimo, né per la richiesta di visite specia listiche.
Va, peraltro, sottolineato che l'impugnata deliberazione n.
2421/83 e, indirettamente, attraverso questa, anche la delibera
zione n. 5387/83 hanno richiamato proprio il menzionato accor
do collettivo nazionale, reso esecutivo con il d.p.r. 13 agosto 1981,
per chiarire le ragioni che hanno indotto alla revoca, con l'espli cito riconoscimento che la disciplina adottata con gli atti fatti
oggetti di revoca si era rivelata una inesatta soluzione del proble ma giuridico, come a dire che l'ordinamento non era stato corret
tamente interpretato nell'estendere l'utilizzazione del ricettario
unico regionale. Alla stregua delle esposte considerazioni, appaiono del tutto
inconsistenti sia la doglianza di carenza di motivazione sia la tesi
di fondo che propugnerebbe l'uso indiscriminato, da parte di qual siasi categoria di professionisti, del ricettario in parola, pur rico
nosciuto dalla stessa sentenza impugnata come unico strumento
per l'assunzione, a carico del servizio sanitario nazionale, delle
prestazioni farmaceutiche e specialistiche. Le raggiunte conclusioni sottraggono ogni fondamento anche
all'assunto — pure proposto dagli autori dell'atto introduttivo
del giudizio di primo grado — secondo il quale l'autorità ema
nante avrebbe arbitrariamente compreso un presunto diritto del
l'assistibile di avvalersi, ai fini delle prescrizioni anzidette,
dell'opera di professionista prestata al di fuori dell'organizzazio ne sanitaria.
Peraltro, proprio per l'insussistenza di una pretesa incidenza,
da parte degli atti impugnati, sui livelli delle prestazioni garantite a tutti i cittadini, non vi è ragione di condividere dubbi sull'os
servanza dell'art. 3 1. n. 833/78, che affida alla legge dello Stato,
diretta ad approvare il piano sanitario nazionale, la fissazione
dei livelli medesimi. Inconsistente è, inoltre, la denuncia di violazione dell'art. 10
1. reg. n. 45/79, formulata sul rilievo che, nella specie, la regione si sarebbe avvalsa dei poteri di coordinamento e di indirizzo, sen
za attendere l'emanazione delle leggi dello Stato e regionali, alla
cui vigenza l'esercizio dei poteri stessi è subordinato, ai sensi del
citato articolo.
Al riguardo, è sufficiente ribadire che, nel caso, l'azione svolta
dalla giunta regionale si configura, secondo quanto si è già avuto
occasione di osservare, come esplicazione dei compiti di collabo
razione e di supporto tecnico all'attività delle U.s.l., previsti dal
4° comma dello stesso art. 10, al fine di assicurare, a norma
della menzionata disposizione, l'uniformità dei servizi sul territo
rio regionale. Gli aspetti testé esaminati valgono a contrastare e consentono,
perciò, di respingere, in quanto infondata, la denuncia di incom
petenza elevata nei confronti di detto organo collegiale. Il che,
peraltro, rende anche superfluo esaminare i profili difensivi —
che possono, quindi, ritenersi assorbiti — pure prospettati dalla
regione appellante ed incentrati sul rilievo che, in definitiva, l'au
torità emanante aveva quanto meno la competenza di rivedere
gli atti a suo tempo adottati e di revocarli, con il conseguente
effetto di ripristino della precedente situazione limitativa in ordi
ne all'utilizzazione del ricettario in discussione.
Va, infine, rilevata la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale sollevata nei confronti degli art. 19,
25 e 26 1. n. 833/79, per asserita violazione degli art. 3 e 32
Cost. Invero, non sembra possa essere ritenuto lesivo del princi
pio di uguaglianza e del diritto alla salute, enunciati nelle invoca
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PARTE TERZA
te norme costituzionali, un sistema che affida alla propria orga
nizzazione, munita di mezzi e personale adeguati, l'intera gamma delle prestazioni di prevenzione e assistenza sanitaria e che, per
questo, non ha necessità di coinvolgere nello svolgimento dei propri
compiti di istituto anche liberi professionisti estranei all'organiz zazione medesima.
Per quanto sopra premesso, va riconosciuta la fondatezza di
entrambi i motivi — a parte l'assorbito profilo — dell'appello
proposto dalla regione Liguria e va conseguentemente riformata
la sentenza impugnata. (Omissis)
II
Diritto. — Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi
r.g. 1935 e 2008 del 1985, in quanto connessi dal profilo soggetti vo e oggettivo.
Ritiene quindi il collegio che sia necessario sgombrare il campo dalle censure palesemente infondate, come quella prospettata al
primo motivo del ricorso r.g. 2008 del 1985. Contrariamente a
quanto il ricorrente afferma, l'amministrazione che abbia omesso
di provvedere in ordine all'emanazione di un atto discrezionale, ben può — in qualsiasi momento, e anche in pendenza di ricorso
avverso il silenzio-rifiuto — adottare una determinazione esplici
ta, di accoglimento nonché di reiezione dell'originaria istanza.
L'oggetto del sindacato giurisdizionale è costituito dunque, nel
presente procedimento, dalla nota 17 ottobre 1985 — sotto il pro filo della dedotta violazione degli art. 3, 25 e 28 1. n. 833 del
1978 — e dalla direttiva regionale n. 10 del 27 marzo 1981.
La regione Piemonte ha eccepito l'inammissibilità del ricorso
per carenza di interesse attuale all'annullamento degli atti impu
gnati, che costituiscono mero richiamo all'avviso dell'amministra
zione regionale espresso in ordine all'uso del ricettario: essendovi
competenza esclusiva dell'U.s.l. al rilascio del ricettario stesso, il ricorrente — ad avviso della regione — dovrebbe impugnare l'eventuale diniego epresso dall'U.s.l.
L'eccezione è infondata. Con la direttiva n. 10 del 1981 —
cui la nota 17 ottobre 1985 fa espresso richiamo — si è affermato
il principio inderogabile della limitazione dell'uso del ricettario
unico regionale ai soli medici convenzionati con il servizio sanita
rio nazionale, non c'è dubbio che tale principio legittima l'insor
genza dell'interesse del ricorrente — che è medico non
convenzionato — a rimuovere gli atti impugnati. Non potrebbe, d'altronde, desumersi il difetto di attualità del
l'interesse alla decisione, dalla circostanza che il semplice invito
della regione alle U.s.l. a rilasciare il ricettario soltanto ai medici
convenzionati non comporterebbe — di per sé — il rifiuto di
prestazioni farmaceutiche a carico del servizio sanitario nazionale
in base a prescrizioni provenienti da medici che, come il dott.
Ronco, non sono convenzionati.
È evidente, infatti, che il potere di indirizzo esercitato dalla
regione con la direttiva n. 10 del 1981 è chiaramente volto a ini
bire l'uso del ricettario regionale ai medici non convenzionati, sicché l'invito rivolto alle U.s.l., non si esaurisce in un rapporto
interno, finalizzandosi piuttosto a disciplinare i limiti e i modi
dell'assistenza, con efficacia esterna: da tali considerazioni deriva
la diretta lesività degli atti impugnati, con la conseguente ammis
sibilità dei ricorsi. Dal profilo sostanziale, infatti, il ricorrente è titolare dell'inte
resse a non veder compressa la sua posizione di medico non con
venzionato, insorgendo contro i provvedimenti da cui derivi
limitazione all'esercizio della sua attività professionale. Il diniego dell'uso del ricettario unico regionale, costituente unico
strumento per l'assunzione a carico del servizio sanitario nazio
nale delle prestazioni farmaceutiche e specialistiche prescrivibili,
pone il professionista in una condizione di svantaggio per il dan
no che può derivare nel rapporto con i pazienti e per la correlati
va necessità — qualora l'assistito voglia comunque ottenere le
prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale — di far ri
corso alla ripetizione della ricetta da parte di un medico conven
zionato, che peraltro sia disponibile per tale attività.
Nel merito, l'impugnativa è fondata. Il ricorrente individua an
zitutto nella direttiva, n. 10 del 1981 e nel provvedimento 17 ot
tobre 1985 che ad essa si richiama, statuizioni contrarie all'art.
3 1. n. 833 del 1978, determinando gli atti impugnati l'imposizio ne di un limite qualitativo alle prestazioni sanitarie. In effetti, la norma richiamata non consente di limitare ad un criterio mera
II Foro Italiano — 1987.
mente quantitativo il concetto di «livello delle prestazioni sanita
rie» mentre — dal complesso della normativa in esame — appare evidente che il criterio di uniformità del livello delle prestazioni sanitarie deve essere ragguagliato alla qualità più che ( oltre che) alla quantità di esse. Non sembra dubbio che il tipo o la qualità dell'assistenza di cui il cittadino può fruire rientri nel concetto
di «livello delle prestazioni sanitarie».
Deve pertanto escludersi che la possibilità o meno di ottenere
le prestazioni farmaceutiche e specialistiche su prescrizione del
medico liberamente scelto dall'assistito in una determinata circo
stanza — oltre che dal medico convenzionato — riguardi, come
sembra prospettare l'amministrazione, modalità meramente bu
rocratiche di erogazione dell'assistenza.
Infatti, salvo il non auspicabile espediente di far trascrivere
la prescrizione del medico convenzionato da parte di un sanitario
convenzionato, appare evidente che la determinazione delle con
dizioni in cui è possibile il ricorso ad un medico estraneo al rap
porto con il servizio sanitario nazionale o addirittura l'esclusione
del diritto di ottenere prestazioni a carico di detto servizio su
prescrizione del medico non convenzionato, incidono sulla «qua lità» dell'assistenza sanitaria indiretta di cui all'art. 25, ultimo
comma, 1. n. 833 del 1978. La garanzia in ordine al mantenimen
to di livelli qualitativi di assistenza sanitaria costituisce materia
che la regione può regolare solamente con legge, nell'ambito dei
criteri di programmazione stabiliti nel piano nazionale sanitario.
In mancanza degli strumenti di programmazione uniformi per il
territorio nazionale, non può ugualmente riconoscersi alla regio ne il potere di incidere sul «tipo» di assistenza sanitaria garantito ai cittadini, sicché deve farsi riferimento alla soluzione interpre tativa più rispettosa del diritto costituzionale alla salute e dei prin
cipi ispiratori della legge statale n. 833 del 1978.
Ritiene il collegio che i provvedimenti regionali impugnati —
ed in particolare la direttiva n. 10 del 1981 — si pongano in
contrasto con norme statali cui anche la emananda disciplina re
gionale dovrà conformarsi.
Il ricorrente afferma che nella 1. n. 833 del 1978 la figura del
«medico curante» sarebbe distintamente individuata rispetto al
«medico di fiducia»; la prima ipotesi indicherebbe il sanitario — ancorché non convenzionato — che, in un dato momento, sovrintende alla cura del paziente e che ben può e deve effettuare
tutte le prescrizioni opportune per la terapia. La tesi difensiva della regione mira, invece, ad identificare il
«medico curante» con il «medico di fiducia» (convenzionato) di
cui all'art. 25, posto che la prestazione farmaceutica gratuita, strettamente correlata alla prestazione curativa, viene erogata esclu
sivamente dal personale dipendente o convenzionato con il servi
zio sanitario nazionale ai sensi del medesimo art. 25.
Ad avviso del collegio, la terminologia dell'art. 28 (in materia,
quindi, proprio di prestazioni farmaceutiche) è non a caso diver
sa da quella dell'art. 25, poiché il legislatore ha voluto sottolinea
re la sostanziale diversità tra le figure del «medico curante» e
del «medico di fiducia». Infatti la diversa tesi della identificazio
ne dei due termini contrasta con il rilievo che la legge ha voluto
specificamente indicare il «medico di fiducia» come appartenente al personale dipendente o convenzionato con il servizio sanitario
nazionale: la diversa dizione di «medico curante» riferita al sog
getto abilitato — ex art. 28 1. 833 — a rilasciare prescrizioni ido
nee ad ottenere prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale,
contempla invece ogni medico, ancorché non convenzionato, in
dividuabile in rapporto alla sua funzione concreta di cura del
paziente piuttosto che alla condizione di soggetto legato o meno
da alcun rapporto con il servizio sanitario nazionale.
La soluzione che il collegio ritiene preferibile, oltre a inserirsi
coerentemente nel quadro della tutela uniforme del cittadino
assistito in relazione ai livelli minimi qualitativi delle prestazioni sanitarie gratuite, non è d'altronde pregiudizievole per il corretto
e regolare funzionamento delle strutture sanitarie pubbliche. Ben più dispendioso, infatti, e oltrettutto contrario a principi
di logica e correttezza nel funzionamento delle strutture sanitarie, si prospetta il suggerito correttivo del ricorso ad una nuova pre scrizione di un medico convenzionato, ripetitiva di quella del me
dico curante, al fine di ottenere le prestazioni specialistiche e
farmaceutiche a carico del servizio sanitario nazionale.
In base ai su esposti argomenti, l'impugnativa deve essere ac
colta, con il conseguente annullamento del provvedimento 17 ot
tobre 1985 e della direttiva regionale n. 10 del 27 marzo 1981.
(Omissis)
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