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sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci...

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sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci (Avv. Calzolaio) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Arena). Annulla Tar Lazio, sez. I, 4 settembre 1998, n. 2491 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 247/248-251/252 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194793 . Accessed: 25/06/2014 10:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.14 on Wed, 25 Jun 2014 10:58:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci(Avv. Calzolaio) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Arena). Annulla Tar Lazio, sez. I, 4settembre 1998, n. 2491Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 247/248-251/252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194793 .

Accessed: 25/06/2014 10:58

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PARTE TERZA

contestabili le determinazioni commissariali da parte della pub blica amministrazione).

XI. - Anche la tesi della natura esclusivamente giurisdizionale del commissario, con la conseguente indiscriminata reclamabili

tà delle sue statuizioni con lo strumento dell'incidente di esecu

zione (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 1987, n. 297, id., 1988, III, 438; ad. plen. 14 luglio 1978, n. 23, id.,

1978, III, 449), se da un lato soddisfa esigenze di celerità e

concentrazione dei giudizi (permettendo, inoltre, all'amministra

zione di contestare l'attività del commissario), dall'altro, non

è appagante: a) sul pianto della logica, perché rischia di affa

sciare in unico contesto tutte le statuizioni emergenti dal giudi

cato, sia quelle puntualmente vincolanti per la pubblica ammi

nistrazione, sia quelle aperte all'esercizio di spazi più o meno

ampi di riserva amministrativa; b) sul piano della salvaguardia delle posizioni dei terzi estranei al giudicato, che verrebbero pri vati di un grado di giudizio (diversamente da quelli che, comun

que coinvolti nell'originario giudizio, vedrebbero nella sede del

giudizio di ottemperanza, la conclusione definitiva della vicen

da). Sicché è necessario scomporre l'attività del commissario

in due parti, individuando quella di stretta attuazione del co

mando vincolato del giudice (ed in tal caso non vi sono dubbi

che quest'ultimo agisce come ausiliario del giudice), da quella

ulteriore, rispetto alle statuizioni del giudicato, di esercizio di

poteri amministrativi, in relazione ai quali agisce come organo straordinario dell'amministrazione, sottoposto all'ordinario con

trollo del giudice in sede di legittimità (cfr. Cons. Stato, sez.

V, 15 gennaio 1990, n. 49, id., Rep. 1990, voce cit., n. 942; 27 novembre 1989, n. 771, id., 1991, III, 15; sez. VI 24 marzo

1988, n. 353, id., 1988, III, 438); sotto tale angolazione si è

coerentemente affermato che: a) gli atti adottati dal commissa

rio, pur intangibili in quanto attuativi della regala iuris derivan

te dal giudicato, «. . . sono tuttavia suscettibili di rimozione

quando, collocandosi per la loro sostanziale natura giuridica nel tessuto dell'azione amministrativa, gli sviluppi fisiologici ul

teriori di quest'ultima portino all'applicazione di precetti ed al

l'accertamento di circostanze incompatibili col perdurare della

loro vigenza» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 993 del 1999, cit.; in senso sostanzialmente analogo, con riferimento alle situazio

ni giuridiche di durata, ad. plen. 11 maggio 1998, n. 2, id.,

1998, III, 297, nel presupposto che il giudicato non possa ipote care il futuro e prevalere su nuove disposizioni di legge che ad

esso sopravvengono per regolare la stessa materia); b) «la no

mina del commissario ad acta per l'esecuzione del giudicato non

determina il venir meno della competenza a provvedere da par te degli organi ordinari dell'amministrazione» (cfr. Cons. Sta

to, sez. V, 3 febbraio 1999, n. 109; 7 ottobre 1996, n. 1202,

id., Rep. 1996, voce cit., nn. 857, 858; ord. 1° aprile 1996, n. 329, ibid., n. 859).

XII. - Scendendo all'esame del merito delle censure proposte contro il giudizio di inidoneità espresso dalla commissione straor

dinaria, la sezione osserva che quelle rubricate dal n. 1 al n. 4 — sicuramente ammissibili in questa sede perché inerenti al

l'astensione del prof. Lubrano, e quindi volte a contestare la

legittimità della composizione della commissione — sono com

pletamente infondate, non riscontrandosi alcuna violazione del le norme invocate: art. 51 e 192 c.p.c.; 89 disp. att. c.p.c.; art. 33 r.d. n. 642 del 1907; art. 22, n. 4, r.d.l. n. 1578 del

1933; art. 10 1. n. 241 del 1990. Non sarebbe logico, infatti,

trasporre meccanicamente le puntuali e spesso minute prescri zioni contenute nelle norme su richiamate, al giudizio di ottem

peranza, ed in particolare all'attività di una commissione ad

hoc incaricata della valutazione degli elaborati, senza che parti colari cautele venissero imposte dal giudice che l'ha nominata

(cfr. la precedente decisione di questa sezione n. 635 del 1999); nella sostanza, poi, il comportamento del presidente della com

missione è stato prudente e corretto, rivolto comunque a con

sentire la rapida conclusione del giudizio con l'inserimento in

commissione, in sua vece, del membro supplente, precedente mente individuato dal presidente del Tribunale di Roma.

XIII. - Parimenti infondati sono i motivi nn. 5 e 12, giacché la commissione non ha proceduto alla redazione della relazione

invocata dal ricorrente, per la semplice ragione che non ha ri chiesto la liquidazione delle spese, cui tale relazione era fina lizzata.

XIV. - Del tutto inconferente è il rilievo mosso nel motivo n. 6, e relativo alla trasmissione del verbale 28 ottobre 1999,

Il Foro Italiano — 2000.

n. 2, per il tramite del ministero della giustizia. In alcun modo

appare illegittimo il comportamento del commissario ad acta, che si è avvalso di uffici ministeriali per la semplice comunica

zione del verbale 28 ottobre 1999, n. 2, che di per sé non è

lesiva di alcun interesse del ricorrente.

XV. - Ugualmente errato, in fatto e diritto, è il richiamo alla

violazione dell'art. 7 1. n. 241 del 1990, giacché: a) l'attività

del commissario ad acta non ha natura formalmente ammini

strativa (nei limiti sopra specificati); b) nel caso di specie, il

Calbi ha fatto pervenire ben due memorie antecedentemente al

giudizio espresso dalla commissione; c) deve escludersi, per ra

gioni fin troppo ovvie, che lo stesso potesse legittimamente par

tecipare alla seduta del 28 ottobre 1999, nel corso della quale la commissione ha valutato gli elaborati.

XVI. - Con i motivi nn. 8, 9 e 10, il Calbi contesta il giudizio della commissione sotto svariati profili, lamentando anche il di

fetto di motivazione. Tali censure, pur esulando dall'oggetto del giudicato, sono valutabili direttamente dal giudice dell'ot

temperanza, per le esigenze di concentrazione sopra evidenziate

e perché non coinvolgono la sfera giuridica di terzi estranei, che risulterebbero altrimenti pregiudicati dalla eliminazione del

la garanzia del doppio grado di giudizio. Esse sono, tuttavia, chiaramente inammissibili attenendo al merito della valutazionf

compiuta dall'organo chiamato a sostituire l'amministrazione

XVII. - Anche il motivo n. 11 — con cui il Calbi chiede

al Consiglio di Stato di rivalutare tutti i ventisette elaborati com

posti infruttuosamente dal 1989 — è inammissibile perché si

risolve in una domanda nuova, articolata per la prima volta

in questa sede, e non coperta dal giudicato per cui è causa, in quanto si riferisce a situazioni antecedenti la fattispecie con

creta, consolidate per omessa impugnativa dei relativi provve dimenti.

XVIII. - Irrilevanti (perché totalmente estranee al contenuto

del giudicato) si manifestano, infine, le doglianze articolate nei

motivi nn. 13 e 14, con cui si solleva la questione di costituzio

nalità delle norme dell'ordinamento professionale forense (art. 26 e 30 r.d.l. n. 1578 del 1933), nella parte in cui non consento

no, in alternativa all'esame, l'iscrizione diretta all'albo ad un

praticante la cui idoneità professionale sia stata valutata da un

avvocato già iscritto nel medesimo albo. Invero, nessuna lesio

ne del diritto al lavoro (art. 4 e 35 Cost.), e nessuno ostacolo

allo sviluppo della persona umana (art. 1 e 3 Cost.), sono ravvi

sabili in quelle norme dell'ordinamento forense che impongo

no, a tutela della qualificazione della funzione giurisdizionale ed a protezione dell'affidamento dei cittadini — potenziali con

sumatori — nelle doti degli avvocati, prove di esame capaci di garantire una soglia minima di idoneità culturale degli aspi ranti avvocati, anche in considerazione della rilevanza costitu

zionale del diritto alla difesa su cui inciderebbero eventuali ca

renze professionali di questi ultimi.

XIX. - In conclusione il ricorso deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci

(Avv. Calzolaio) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato

Arena). Annulla Tar Lazio, sez. I, 4 settembre 1998, n. 2491.

Ordinamento giudiziario — Magistrato — Conferimento di uf

fici direttivi — Procedimento penale a carico — Valutazione

sostanziale e comparativa — Preclusione — Illegittimità (L. 24 maggio 1951 n, 392, distinzione dei magistrati secondo le

funzioni. Trattamento economico della magistratura nonché

dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato, art. 5, 6; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla costituzione

e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratu ra, art. 11).

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Sono illegittimi i provvedimenti del Consiglio superiore della

magistratura che, ai fini del conferimento di un ufficio diret

tivo, producono un preliminare effetto preclusivo delta valu

tazione sostanziale e comparativa de! magistrato, motivati sul

presupposto della pendenza di un procedimento penale, nel

l'ambito del quale è stata emessa, e poi revocata, un'ordinan

za di applicazione della misura cautelare della sospensione dalle

funzioni. (1)

(1) La decisione in epigrafe, dopo aver osservato che dai verbali del

la competente commissione del Csm emerge una qualificazione della

posizione del magistrato sottoposto a procedimento penale in termini

di inidoneità preclusiva della valutazione concreta ai fini del conferi

mento di un ufficio direttivo, afferma che ciò evidenzia sia un difetto

di motivazione (attribuendosi alla mera sottoposizione a procedimento

penale una rilevanza dirimente in negativo a fronte di accertamenti istrut

tori dibattimentali ancora da compiere), sia la violazione del principio di legalità che governa tanto la condizione dei magistrati ordinari quan to l'applicazione di tutte le misure restrittive dello status lavorativo e

professionale pubblico. Nessuna delle disposizioni che regolano la ma

teria, infatti, prevede che la semplice sottoposizione a procedimento

penale (e in assenza di ulteriori atti formali che pongano in situazione

di temporanea inefficacia il rapporto d'ufficio del magistrato, una vol

ta revocata la misura cautelare della sospensione dalle funzioni in un

primo tempo disposta) determini un effetto preclusivo automatico, im

ponendosi, anzi, quella valutazione sostanziale del merito, la quale ben

può includere le circostanze connesse alla pendenza del procedimento

penale, ma ponderate con il quadro complessivo della posizione dell'in

teressato. Sul margine di apprezzamento discrezionale di cui gode il Csm ai

fini del conferimento degli uffici direttivi, non richiedendosi una moti

vazione particolarmente estesa o complessa, ma essendo sufficiente che

risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l'organo ha proceduto all'apprezzamento complessivo dei candida

ti, v. Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 1998, n. 555, Foro it., Rep. 1998, voce Ordinamento giudiziario, n. 185; Cons, giust. amm. sic. 21 set

tembre 1992, n. 267, id., Rep. 1992, voce cit., n. 79; Cons. Stato, sez.

IV, 6 luglio 1982, n. 454, id., Rep. 1982, voce cit., n. 83; in particolare, sul fatto che né le fonti primarie né i criteri definiti dal Csm prescrivo no che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri prestabiliti (anzianità, atti

tudini e merito), ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio

complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti so

pra indicati, v. Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 1996, n. 31, id., Rep.

1996, voce cit., n. 129, che ha pertanto ritenuto adeguatamente soddi

sfatto l'onere di comparazione richiesto ove risulti documentalmente

l'avvenuta presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali

e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazio

ne ponderata degli stessi in rapporto allo specifico ufficio direttivo og

getto di conferimento. Per la dichiarazione di non fondatezza della questione di legittimità

costituzionale degli art. 6 1. 392/51 e 188 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, nella parte in cui si riferiscono alla nomina all'ufficio di procuratore

generale della corte d'appello, in riferimento agli art. 107, 3° e 4° com

ma, 108, 1° comma, e 112 Cost., v. Corte cost. 8 febbraio 1991, n.

72, id., 1991, I, 2328, con nota di richiami, che ha osservato, in parti

colare, come vada escluso che le norme impugnate siano tali da incorre

re nella violazione degli obblighi derivanti dalla riserva di legge disposta in tema di ordinamento giudiziario, sotto il profilo dell'insufficiente

delimitazione della discrezionalità del Csm.

Per l'illegittimità dell'operato del Csm che, in sede di conferimento

dell'incarico di un ufficio direttivo superiore, ha espresso un giudizio di inidoneità nei confronti di un magistrato, unico incluso nella prima fascia di anzianità degli aspiranti e già svolgente funzioni giurisdizionali di identico livello, sulla base del semplice sospetto di una possibile av

venuta strumentalizzazione dell'attività giurisdizionale in occasione di

una specifica pronuncia collegiale di regolamento di competenza (di cui

10 stesso magistrato risultava estensore), ai fini di difesa in sede discipli nare di un collega associato alla loggia massonica P2, v. Tar Lazio,

sez. I, 5 agosto 1985, n. 917, id., 1987, III, 37, con nota di richiami

e osservazioni di C.M. Barone.

Circa la misura della sospensione del magistrato dalle funzioni e dal

lo stipendio, v. Cass. 22 aprile 1998, n. 4100, id., 1999, I, 1291, con

nota di richiami e osservazioni di C.M. Barone, nella quale si è affer

mato che, avendo il provvedimento natura cautelare ed essendo collega to al procedimento disciplinare a carico del medesimo magistrato, que sto resta travolto, con effetto retroattivo, dalla sopravvenuta preclusio ne a promuovere o proseguire il ridetto procedimento, per cessata

appartenenza del soggetto all'ordine giudiziario. Sul procedimento previsto dall'art. 11 1. 195/58 per il conferimento

degli uffici direttivi (deliberazione del Csm su proposta, formulata di

concerto con il ministro della giustizia, di una commissione formata

da sei dei suoi componenti) e sul conflitto di attribuzioni tra poteri

dello Stato determinatosi al riguardo, v. Corte cost. 27 luglio 1992,

11 Foro Italiano — 2000.

Diritto. — L'appello è fondato.

La questione centrale che si pone alla luce delle contestazioni

già sollevate in prime cure e contenute altresì nel primo motivo

di appello, concerne la legittimità dell'esclusione dal conferi

mento di un incarico direttivo (procuratore generale della re

pubblica presso corte d'appello) nei confronti di un magistrato,

legittimato a concorrervi, che sia però sottoposto a procedimen to penale, in particolare, rinviato a giudizio.

La controversia sul punto si specifica in un duplice ordine

di interrogativi: il primo è se sia sufficiente a fondare una valu

tazione preclusiva del conferimento dell'incarico direttivo il me

ro riferimento alla sottoposizione a procedimento penale o se

ciò non equivalga piuttosto ad una preliminare qualificazione di non valutabilità. Il secondo è se un tale effetto impeditivo, risolvendosi in una sorta di automatismo ostativo allo sviluppo della carriera (proprio perché nascerebbe dal mero rilievo del

l'esistenza del procedimento pendente al di fuori di una sostan

ziale valutazione dei fatti addebitati), abbia un fondamento nor

mativo che ne consenta l'esplicazione. Sul primo quesito va anzitutto rilevato, in linea di fatto, che

i verbali della competente commissione e del plenum del Csm

definiscono la posizione del ricorrente in termini di quella che

risulta essere una qualificazione di inidoneità preclusiva della

valutazione concreta, inerente cioè al «merito» e alla «anziani

tà» specificamente emergenti dall'intero suo curriculum, in com

parazione con le corrispondenti posizioni degli altri aspiranti.

Non solo, infatti, la conclusione della verbalizzazione è nel sen

so che «non è possibile allo stato formulare una sicura ed obiet

tiva valutazione dell'idoneità dell'interessato con riferimento al

l'ufficio direttivo richiesto», ma la premessa di ciò è il parere

contrario del consiglio giudiziario «sul presupposto della pen

denza in dibattimento di un processo penale a suo carico . . .

nell'ambito del quale è stata emessa a suo carico ordinanza di

applicazione della misura cautelare della sospensione dalle fun

zioni, poi revocata . . .». L'impossibilità di valutare l'idoneità

dell'interessato si collega a tale quadro, dunque, «attesa la gra

vità delle circostanze contestate e la complessità degli accerta

menti istruttori ancora da compiere, che richiedono tempi di

espletamento non brevi».

Il complesso dello svolgimento denota quindi non una valuta

zione degli elementi sostanziali che, nell'ambito di un procedi

mento selettivo di più soggetti comparati tra loro, conducono

all'individuazione dell'assegnatario dell'ufficio direttivo, quan

to la constatazione del rilievo impeditivo del procedimento pe nale pendente, nel senso che l'esistenza di una contestazione,

considerata, peraltro senza specificazioni, in termini di «gravi

tà», rende impossibile la valutazione sostanziale; ciò significa

che, in attesa dell'accertamento dei fatti nel processo penale,

comunque, ogni altro elemento della posizione di carriera del

l'interessato è privato del suo rilievo ai fini della comparazione

con gli altri legittimati. Un meccanismo di questo tipo, che presuppone un peso as

sorbente della sottoposizione a procedimento penale rispetto al

la stessa idoneità ad essere valutati, implica anzitutto un difetto

di motivazione, così come dedotto già in prime cure dall'inte

ressato, poiché pone un presupposto indimostrato (la rilevanza

n. 379, id., 1993, I, 689, con nota di richiami e osservazioni di Rombo

li, e note di Bettinelli, Salazar e Cerri, commentata anche da Car

cano, Devoto e Cinque, in Cass, pen., rispettivamente, 1992, 2937

e 1993, 1070, da Cariola, in Giur. costit., 1992, 2996, e da Azzariti, in Rass. avv. Stato, 1992, I, 189, che ha dichiarato che spetta al mini

stro della giustizia non dare corso alle deliberazioni del Csm di conferi

mento di uffici direttivi quando, da parte della commissione competen

te, sia mancata un'adeguata attività di concertazione, ispirata al princi

pio di leale cooperazione ai fini della formulazione della proposta, mentre

non spetta non dar corso quando, nonostante sia stata svolta un'ade

guata attività di concertazione ispirata al principio suddetto, non si sia

convenuto in tempi ragionevoli tra la commissione ed il ministro sulla

proposta da formulare.

Nella decisione in epigrafe, a rafforzare la tesi della violazione del

principio di legalità, per l'assenza di disposizioni in materia che stabili

scano un effetto preclusivo automatico derivante dalla semplice sotto

posizione a procedimento penale, si richiama l'art. 21 1. 12 novembre

1955 n. 1137, che per l'avanzamento degli ufficiali prevede invece espres samente la non valutabilità di chi sia sottoposto a procedimento penale o disciplinare; per un'applicazione di detta normativa, v. Tar Sicilia,

sez. I, 16 settembre 1992, n. 629, Foro it., Rep. 1993, voce Militare, n. 69.

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PARTE TERZA

dirimente in senso negativo della sottoposizione a procedimento

penale, a fronte di accertamenti istruttori dibattimentali ancora

da compiere) alla base di una globale omissione valutativa. In

secondo luogo, ed anche qui conformemente al rilievo reiterato

in sede di appello, quand'anche dal difetto di motivazione si

spostasse l'attenzione sul profilo valutativo espresso dal Csm,

l'essenza logica di quest'ultimo, quale sopra evidenziata, pre

supporrebbe una norma che prevedesse il valore attribuito nel

caso alla pendenza del procedimento penale, evitando il salto

logico dimostrativo in cui incorre la verbalizzazione de qua. Ma una siffatta norma non esiste, quantomeno con riferi

mento al complesso delle disposizioni che regolano il personale della magistratura ordinaria; una volta che la misura cautelare

della sospensione dalle funzioni risulti, come nel caso, revocata, in assenza di ulteriori atti formali che pongano in situazione

di temporanea inefficacia il rapporto di ufficio del magistrato,

questi gode per intero delle prerogative del suo status e della

sua situazione di servizio, tra cui, appunto, anche la legittima

aspettativa ad essere valutato per il conferimento di un ufficio

direttivo. Nessuna disposizione prevede dunque un effetto qua le quello contestato dall'appellante, né l'art. 11 1. 24 marzo 1958

n. 195, né gli art. 5 e 6 1. 24 maggio 1951 n. 392, né, altresì,

la circolare in materia di conferimento degli uffici direttivi 28

settembre 1996, n. 13531, posto che il riferimento a requisiti di indipendenza e prestigio (sostanzialmente contenuto, tra l'al

tro, anche nella raccomandazione adottata dal comitato dei mi

nistri del consiglio d'Europa il 13 ottobre 1994), non si lega ad effetto preclusivo automatico, ma rinvia anzi a quella valu

tazione sostanziale del merito, con corrispondente motivazione, che risulta omessa nel caso in esame.

Che una disposizione di tal genere debba esserci per produrre l'effetto qui evidenziato corrisponde poi ad un principio di stretta

legalità che governa e salvaguarda la condizione dei magistrati, ma che, prima ancora, presiede all'applicazione di tutte le mi

sure restrittive dello status lavorativo e professionale pubblico. A conferma di quanto ora detto va menzionato l'art. 21, 2°

comma, 1. 12 novembre 1955 n. 1137, che per l'avanzamento

degli ufficiali prevede, appunto espressamente, che «non può essere valutato per l'avanzamento l'ufficiale che sia sottoposto a procedimento penale o disciplinare . . .»: la disposizione or

dinamentale così espressa si connota di specialità e rafforza la

positiva conclusione che un parallelo meccanismo per i magi strati esiga una corrispondente previsione.

Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello va ac

colto in riforma della sentenza di prime cure. In conseguenza, va annullata la serie di atti impugnati in primo grado nella par te in cui producono un preliminare effetto preclusivo della va

lutazione sostanziale e comparativa dell'attuale appellante ai fi

ni del conferimento dell'ufficio direttivo in questione; la valuta

zione da operare, si soggiunge, può anche includere le circostanze

connesse alla pendenza del procedimento penale, ma ponderate con il quadro complessivo della posizione dell'interessato.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 17 febbraio 1999, n. 172; Pres. Giovannino Est. Caringella; Upper Deck In

ternational Inc. (Aw. Recchia) c. Soc. Panini (Avv. Guari

no) e altri. Conferma Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 1998, n. 96.

Concorrenza (disciplina della) — Diritti di privativa — Licenza

esclusiva — Intesa restrittiva della concorrenza — Esclusione — Fattispecie (L. 10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela

della concorrenza e del mercato, art. 2). Concorrenza (disciplina della) — Posizione dominante — Abu

so — Impedimento dell'accesso al mercato — Pregiudizio ai

consumatori (L. 10 ottobre 1990 n. 287, art. 3).

Il contratto con cui il titolare di una privativa ne ceda a terzi

lo sfruttamento esclusivo (nella specie, il diritto alla riprodu

II Foro Italiano — 2000.

zione dei ritratti dei calciatori in tenuta di gioco era stato

concesso in licenza esclusiva pluriennale dall'Associazione ita

liana calciatori all'editrice Panini), in quanto si limita a tra

sferire il preesistente assetto monopolistico, non configura in

tesa restrittiva della concorrenza. (1) Perché sia dato ritenere integrati gli estremi dell'abuso di posi

zione dominante sotto forma di impedimento o limitazione

degli sbocchi o accessi al mercato, è necessaria la prova del

danno risentito dai consumatori. (2)

(1-2) Di figurine da collezione, cartelli e trasferimento di monopolio.

1. - L'accordo Aie-Panini non confligge, dunque, con i principi anti

trust. È quanto emerge dalla decisione del Consiglio di Stato con cui

è stato confermato l'annullamento del provvedimento dell'Autorità ga rante della concorrenza e del mercato 31 ottobre 1996, n. 4381 (Foro

it., Rep. 1997, voce Concorrenza (disciplina), nn. 146, 155, 156); prov vedimento che, come si ricorderà, aveva statuito la nullità dei contratti

stipulati tra l'Associazione italiana calciatori e la Panini s.p.a. per vio

lazione dell'art. 2 1. 287/90 (per esteso, Riv. dir. sport., 1997 , 294, con note di D. Liantonio, Antitrust e diritti esclusivi in materia sporti va: venti di tempesta?-, L. Paoloni, Le figurine Panini all'esame del

l'Antitrust-, G. Resta, Diritto all'immagine, «right of publicity» e disci

plina antitrust (osservazioni in margine al caso Panini)). Si chiude così con un «nulla di fatto» uno dei primi e più significativi

casi italiani di antitrust in materia sportiva. La pronunzia del Consiglio di Stato interviene ad apportare un po' di chiarezza in un quadro fino

ad ora piuttosto confuso e disordinato, non solo per via delle non sem

pre lineari traiettorie argomentative percorse nelle precedenti fasi di giu dizio, ma anche, va sottolineato, per l'obiettiva complessità delle pro blematiche sottostanti. Vediamo di ricapitolare alcuni passaggi di que st'articolata vicenda giudiziale.

2. - Con due distinti contratti, dei quali l'ultimo risale al 1995, l'Aie

cede a Panini il diritto esclusivo di utilizzare le immagini dei calciatori

in tenuta da gioco per la realizzazione di collezioni di figurine autoade sive e di altri prodotti appartenenti al settore del c.d. collezionabile

editoriale. Su segnalazione delle società concorrenti di Panini, estro messe da un mercato di significativo rilievo economico, l'autorità ga rante apre un'indagine conoscitiva che si conclude, nell'ottobre del 1996, con la declaratoria di nullità dell'intesa, in quanto restrittiva della con correnza (viene negata, peraltro, anche l'autorizzazione in deroga ai

sensi dell'art. 4 1. 287/90). Esaurita la fase cautelare con un'ordinanza

di sospensione del Tar Lazio e relativa revisione ad opera del Consiglio di Stato (Tar Lazio, sez. I, ord. 15 gennaio 1997, n. 126, Foro it.,

Rep. 1998, voce cit., n. 110, e Cons. Stato, sez. VI, ord. 18 marzo

1997, n. 349, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 769), il tribunale

amministrativo pronunzia, su ricorso della Panini e dell'Aie, l'annulla

mento della delibera dell'autorità garante (Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 1998, n. 96, id., 1998, III, 74, con nota di R. Pardolesi-G. Resta, «Non sono soltanto figurine . . antitrust e nuove forme di proprietà intellettuale?). Ciò sulla base, fondamentalmente, di due ordini di ra

gioni: a) insufficiente analisi della natura giuridica del diritto ceduto da Aie a Panini; b) erronea qualificazione della fattispecie, che avrebbe

dovuto essere ricondotta non già all'art. 2 (intesa restrittiva della con

correnza), bensì all'art. 3 (abuso di posizione dominante) della 1. 287/90. La sentenza del Tar era stata accolta in senso prevalentemente critico

da parte dei primi commentatori, i quali, pur muovendo da diverse

prospettive e talora anche condividendone gli esiti, avevano avuto mo do di rilevare i diversi aspetti di singolarità, se non di incongruenza, del suo tessuto argomentativo (cfr. D. Sarti, Antitrust e diritti di im

magine: nuove riflessioni sul caso Panini, in Annali it. dir. autore, 1998, 743; Pardolesi-Resta, op. cit.). Opinabile era parsa, in particolare, la tesi per cui la pattuizione di clausole restrittive della concorrenza

nell'ambito dei contratti di licenza di diritti di privativa sarebbe sinda

cabile unicamente alla luce dei criteri individuati dall'art. 3, sull'abuso di posizione dominante, e non anche in base alla disciplina sul divieto di intese (v. le osservazioni di Sarti, op. cit., 744); tesi considerata

in controcorrente rispetto al consolidato orientamento comunitario al

meno quanto il suo corollario, ossia l'inoperatività del divieto di abuso di posizione dominante in assenza di uno specifico danno ai consuma tori (cfr. Sarti, op. cit., 745; Pardolesi-Resta, op. cit., 79). Chi scri

ve, peraltro, aveva espresso alcune perplessità anche in merito alla rico

struzione, operata dai giudici amministrativi, dell'oggetto della cessio

ne, il quale sarebbe costituito da «un diritto nuovo, di contenuto

composito, in cui concorrono immagine-ritratto nonché diritti di priva tiva appartenenti ad altri soggetti (società sportive, sponsor, leghe calci stiche e federazione calcistica)», creato dall'Aie e da questa acquisito a titolo originario (v. Pardolesi-Resta, op. cit., 77 s., ove si dubitava della possibilità di configurare una privativa atipica in capo all'Aie, stante l'assenza dei requisiti di legge; di diverso avviso, Sarti, op. cit., 747-750, secondo cui «Aie non svolge un'attività di mera intermediazio

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