sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci(Avv. Calzolaio) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Arena). Annulla Tar Lazio, sez. I, 4settembre 1998, n. 2491Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 247/248-251/252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194793 .
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PARTE TERZA
contestabili le determinazioni commissariali da parte della pub blica amministrazione).
XI. - Anche la tesi della natura esclusivamente giurisdizionale del commissario, con la conseguente indiscriminata reclamabili
tà delle sue statuizioni con lo strumento dell'incidente di esecu
zione (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20 maggio 1987, n. 297, id., 1988, III, 438; ad. plen. 14 luglio 1978, n. 23, id.,
1978, III, 449), se da un lato soddisfa esigenze di celerità e
concentrazione dei giudizi (permettendo, inoltre, all'amministra
zione di contestare l'attività del commissario), dall'altro, non
è appagante: a) sul pianto della logica, perché rischia di affa
sciare in unico contesto tutte le statuizioni emergenti dal giudi
cato, sia quelle puntualmente vincolanti per la pubblica ammi
nistrazione, sia quelle aperte all'esercizio di spazi più o meno
ampi di riserva amministrativa; b) sul piano della salvaguardia delle posizioni dei terzi estranei al giudicato, che verrebbero pri vati di un grado di giudizio (diversamente da quelli che, comun
que coinvolti nell'originario giudizio, vedrebbero nella sede del
giudizio di ottemperanza, la conclusione definitiva della vicen
da). Sicché è necessario scomporre l'attività del commissario
in due parti, individuando quella di stretta attuazione del co
mando vincolato del giudice (ed in tal caso non vi sono dubbi
che quest'ultimo agisce come ausiliario del giudice), da quella
ulteriore, rispetto alle statuizioni del giudicato, di esercizio di
poteri amministrativi, in relazione ai quali agisce come organo straordinario dell'amministrazione, sottoposto all'ordinario con
trollo del giudice in sede di legittimità (cfr. Cons. Stato, sez.
V, 15 gennaio 1990, n. 49, id., Rep. 1990, voce cit., n. 942; 27 novembre 1989, n. 771, id., 1991, III, 15; sez. VI 24 marzo
1988, n. 353, id., 1988, III, 438); sotto tale angolazione si è
coerentemente affermato che: a) gli atti adottati dal commissa
rio, pur intangibili in quanto attuativi della regala iuris derivan
te dal giudicato, «. . . sono tuttavia suscettibili di rimozione
quando, collocandosi per la loro sostanziale natura giuridica nel tessuto dell'azione amministrativa, gli sviluppi fisiologici ul
teriori di quest'ultima portino all'applicazione di precetti ed al
l'accertamento di circostanze incompatibili col perdurare della
loro vigenza» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 993 del 1999, cit.; in senso sostanzialmente analogo, con riferimento alle situazio
ni giuridiche di durata, ad. plen. 11 maggio 1998, n. 2, id.,
1998, III, 297, nel presupposto che il giudicato non possa ipote care il futuro e prevalere su nuove disposizioni di legge che ad
esso sopravvengono per regolare la stessa materia); b) «la no
mina del commissario ad acta per l'esecuzione del giudicato non
determina il venir meno della competenza a provvedere da par te degli organi ordinari dell'amministrazione» (cfr. Cons. Sta
to, sez. V, 3 febbraio 1999, n. 109; 7 ottobre 1996, n. 1202,
id., Rep. 1996, voce cit., nn. 857, 858; ord. 1° aprile 1996, n. 329, ibid., n. 859).
XII. - Scendendo all'esame del merito delle censure proposte contro il giudizio di inidoneità espresso dalla commissione straor
dinaria, la sezione osserva che quelle rubricate dal n. 1 al n. 4 — sicuramente ammissibili in questa sede perché inerenti al
l'astensione del prof. Lubrano, e quindi volte a contestare la
legittimità della composizione della commissione — sono com
pletamente infondate, non riscontrandosi alcuna violazione del le norme invocate: art. 51 e 192 c.p.c.; 89 disp. att. c.p.c.; art. 33 r.d. n. 642 del 1907; art. 22, n. 4, r.d.l. n. 1578 del
1933; art. 10 1. n. 241 del 1990. Non sarebbe logico, infatti,
trasporre meccanicamente le puntuali e spesso minute prescri zioni contenute nelle norme su richiamate, al giudizio di ottem
peranza, ed in particolare all'attività di una commissione ad
hoc incaricata della valutazione degli elaborati, senza che parti colari cautele venissero imposte dal giudice che l'ha nominata
(cfr. la precedente decisione di questa sezione n. 635 del 1999); nella sostanza, poi, il comportamento del presidente della com
missione è stato prudente e corretto, rivolto comunque a con
sentire la rapida conclusione del giudizio con l'inserimento in
commissione, in sua vece, del membro supplente, precedente mente individuato dal presidente del Tribunale di Roma.
XIII. - Parimenti infondati sono i motivi nn. 5 e 12, giacché la commissione non ha proceduto alla redazione della relazione
invocata dal ricorrente, per la semplice ragione che non ha ri chiesto la liquidazione delle spese, cui tale relazione era fina lizzata.
XIV. - Del tutto inconferente è il rilievo mosso nel motivo n. 6, e relativo alla trasmissione del verbale 28 ottobre 1999,
Il Foro Italiano — 2000.
n. 2, per il tramite del ministero della giustizia. In alcun modo
appare illegittimo il comportamento del commissario ad acta, che si è avvalso di uffici ministeriali per la semplice comunica
zione del verbale 28 ottobre 1999, n. 2, che di per sé non è
lesiva di alcun interesse del ricorrente.
XV. - Ugualmente errato, in fatto e diritto, è il richiamo alla
violazione dell'art. 7 1. n. 241 del 1990, giacché: a) l'attività
del commissario ad acta non ha natura formalmente ammini
strativa (nei limiti sopra specificati); b) nel caso di specie, il
Calbi ha fatto pervenire ben due memorie antecedentemente al
giudizio espresso dalla commissione; c) deve escludersi, per ra
gioni fin troppo ovvie, che lo stesso potesse legittimamente par
tecipare alla seduta del 28 ottobre 1999, nel corso della quale la commissione ha valutato gli elaborati.
XVI. - Con i motivi nn. 8, 9 e 10, il Calbi contesta il giudizio della commissione sotto svariati profili, lamentando anche il di
fetto di motivazione. Tali censure, pur esulando dall'oggetto del giudicato, sono valutabili direttamente dal giudice dell'ot
temperanza, per le esigenze di concentrazione sopra evidenziate
e perché non coinvolgono la sfera giuridica di terzi estranei, che risulterebbero altrimenti pregiudicati dalla eliminazione del
la garanzia del doppio grado di giudizio. Esse sono, tuttavia, chiaramente inammissibili attenendo al merito della valutazionf
compiuta dall'organo chiamato a sostituire l'amministrazione
XVII. - Anche il motivo n. 11 — con cui il Calbi chiede
al Consiglio di Stato di rivalutare tutti i ventisette elaborati com
posti infruttuosamente dal 1989 — è inammissibile perché si
risolve in una domanda nuova, articolata per la prima volta
in questa sede, e non coperta dal giudicato per cui è causa, in quanto si riferisce a situazioni antecedenti la fattispecie con
creta, consolidate per omessa impugnativa dei relativi provve dimenti.
XVIII. - Irrilevanti (perché totalmente estranee al contenuto
del giudicato) si manifestano, infine, le doglianze articolate nei
motivi nn. 13 e 14, con cui si solleva la questione di costituzio
nalità delle norme dell'ordinamento professionale forense (art. 26 e 30 r.d.l. n. 1578 del 1933), nella parte in cui non consento
no, in alternativa all'esame, l'iscrizione diretta all'albo ad un
praticante la cui idoneità professionale sia stata valutata da un
avvocato già iscritto nel medesimo albo. Invero, nessuna lesio
ne del diritto al lavoro (art. 4 e 35 Cost.), e nessuno ostacolo
allo sviluppo della persona umana (art. 1 e 3 Cost.), sono ravvi
sabili in quelle norme dell'ordinamento forense che impongo
no, a tutela della qualificazione della funzione giurisdizionale ed a protezione dell'affidamento dei cittadini — potenziali con
sumatori — nelle doti degli avvocati, prove di esame capaci di garantire una soglia minima di idoneità culturale degli aspi ranti avvocati, anche in considerazione della rilevanza costitu
zionale del diritto alla difesa su cui inciderebbero eventuali ca
renze professionali di questi ultimi.
XIX. - In conclusione il ricorso deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 31 agosto 1999, n. 1371; Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo; Fanucci
(Avv. Calzolaio) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato
Arena). Annulla Tar Lazio, sez. I, 4 settembre 1998, n. 2491.
Ordinamento giudiziario — Magistrato — Conferimento di uf
fici direttivi — Procedimento penale a carico — Valutazione
sostanziale e comparativa — Preclusione — Illegittimità (L. 24 maggio 1951 n, 392, distinzione dei magistrati secondo le
funzioni. Trattamento economico della magistratura nonché
dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato, art. 5, 6; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla costituzione
e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratu ra, art. 11).
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Sono illegittimi i provvedimenti del Consiglio superiore della
magistratura che, ai fini del conferimento di un ufficio diret
tivo, producono un preliminare effetto preclusivo delta valu
tazione sostanziale e comparativa de! magistrato, motivati sul
presupposto della pendenza di un procedimento penale, nel
l'ambito del quale è stata emessa, e poi revocata, un'ordinan
za di applicazione della misura cautelare della sospensione dalle
funzioni. (1)
(1) La decisione in epigrafe, dopo aver osservato che dai verbali del
la competente commissione del Csm emerge una qualificazione della
posizione del magistrato sottoposto a procedimento penale in termini
di inidoneità preclusiva della valutazione concreta ai fini del conferi
mento di un ufficio direttivo, afferma che ciò evidenzia sia un difetto
di motivazione (attribuendosi alla mera sottoposizione a procedimento
penale una rilevanza dirimente in negativo a fronte di accertamenti istrut
tori dibattimentali ancora da compiere), sia la violazione del principio di legalità che governa tanto la condizione dei magistrati ordinari quan to l'applicazione di tutte le misure restrittive dello status lavorativo e
professionale pubblico. Nessuna delle disposizioni che regolano la ma
teria, infatti, prevede che la semplice sottoposizione a procedimento
penale (e in assenza di ulteriori atti formali che pongano in situazione
di temporanea inefficacia il rapporto d'ufficio del magistrato, una vol
ta revocata la misura cautelare della sospensione dalle funzioni in un
primo tempo disposta) determini un effetto preclusivo automatico, im
ponendosi, anzi, quella valutazione sostanziale del merito, la quale ben
può includere le circostanze connesse alla pendenza del procedimento
penale, ma ponderate con il quadro complessivo della posizione dell'in
teressato. Sul margine di apprezzamento discrezionale di cui gode il Csm ai
fini del conferimento degli uffici direttivi, non richiedendosi una moti
vazione particolarmente estesa o complessa, ma essendo sufficiente che
risulti, anche in maniera sintetica, purché chiara, esplicita e coerente, che l'organo ha proceduto all'apprezzamento complessivo dei candida
ti, v. Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 1998, n. 555, Foro it., Rep. 1998, voce Ordinamento giudiziario, n. 185; Cons, giust. amm. sic. 21 set
tembre 1992, n. 267, id., Rep. 1992, voce cit., n. 79; Cons. Stato, sez.
IV, 6 luglio 1982, n. 454, id., Rep. 1982, voce cit., n. 83; in particolare, sul fatto che né le fonti primarie né i criteri definiti dal Csm prescrivo no che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri prestabiliti (anzianità, atti
tudini e merito), ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio
complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti so
pra indicati, v. Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 1996, n. 31, id., Rep.
1996, voce cit., n. 129, che ha pertanto ritenuto adeguatamente soddi
sfatto l'onere di comparazione richiesto ove risulti documentalmente
l'avvenuta presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali
e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazio
ne ponderata degli stessi in rapporto allo specifico ufficio direttivo og
getto di conferimento. Per la dichiarazione di non fondatezza della questione di legittimità
costituzionale degli art. 6 1. 392/51 e 188 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, nella parte in cui si riferiscono alla nomina all'ufficio di procuratore
generale della corte d'appello, in riferimento agli art. 107, 3° e 4° com
ma, 108, 1° comma, e 112 Cost., v. Corte cost. 8 febbraio 1991, n.
72, id., 1991, I, 2328, con nota di richiami, che ha osservato, in parti
colare, come vada escluso che le norme impugnate siano tali da incorre
re nella violazione degli obblighi derivanti dalla riserva di legge disposta in tema di ordinamento giudiziario, sotto il profilo dell'insufficiente
delimitazione della discrezionalità del Csm.
Per l'illegittimità dell'operato del Csm che, in sede di conferimento
dell'incarico di un ufficio direttivo superiore, ha espresso un giudizio di inidoneità nei confronti di un magistrato, unico incluso nella prima fascia di anzianità degli aspiranti e già svolgente funzioni giurisdizionali di identico livello, sulla base del semplice sospetto di una possibile av
venuta strumentalizzazione dell'attività giurisdizionale in occasione di
una specifica pronuncia collegiale di regolamento di competenza (di cui
10 stesso magistrato risultava estensore), ai fini di difesa in sede discipli nare di un collega associato alla loggia massonica P2, v. Tar Lazio,
sez. I, 5 agosto 1985, n. 917, id., 1987, III, 37, con nota di richiami
e osservazioni di C.M. Barone.
Circa la misura della sospensione del magistrato dalle funzioni e dal
lo stipendio, v. Cass. 22 aprile 1998, n. 4100, id., 1999, I, 1291, con
nota di richiami e osservazioni di C.M. Barone, nella quale si è affer
mato che, avendo il provvedimento natura cautelare ed essendo collega to al procedimento disciplinare a carico del medesimo magistrato, que sto resta travolto, con effetto retroattivo, dalla sopravvenuta preclusio ne a promuovere o proseguire il ridetto procedimento, per cessata
appartenenza del soggetto all'ordine giudiziario. Sul procedimento previsto dall'art. 11 1. 195/58 per il conferimento
degli uffici direttivi (deliberazione del Csm su proposta, formulata di
concerto con il ministro della giustizia, di una commissione formata
da sei dei suoi componenti) e sul conflitto di attribuzioni tra poteri
dello Stato determinatosi al riguardo, v. Corte cost. 27 luglio 1992,
11 Foro Italiano — 2000.
Diritto. — L'appello è fondato.
La questione centrale che si pone alla luce delle contestazioni
già sollevate in prime cure e contenute altresì nel primo motivo
di appello, concerne la legittimità dell'esclusione dal conferi
mento di un incarico direttivo (procuratore generale della re
pubblica presso corte d'appello) nei confronti di un magistrato,
legittimato a concorrervi, che sia però sottoposto a procedimen to penale, in particolare, rinviato a giudizio.
La controversia sul punto si specifica in un duplice ordine
di interrogativi: il primo è se sia sufficiente a fondare una valu
tazione preclusiva del conferimento dell'incarico direttivo il me
ro riferimento alla sottoposizione a procedimento penale o se
ciò non equivalga piuttosto ad una preliminare qualificazione di non valutabilità. Il secondo è se un tale effetto impeditivo, risolvendosi in una sorta di automatismo ostativo allo sviluppo della carriera (proprio perché nascerebbe dal mero rilievo del
l'esistenza del procedimento pendente al di fuori di una sostan
ziale valutazione dei fatti addebitati), abbia un fondamento nor
mativo che ne consenta l'esplicazione. Sul primo quesito va anzitutto rilevato, in linea di fatto, che
i verbali della competente commissione e del plenum del Csm
definiscono la posizione del ricorrente in termini di quella che
risulta essere una qualificazione di inidoneità preclusiva della
valutazione concreta, inerente cioè al «merito» e alla «anziani
tà» specificamente emergenti dall'intero suo curriculum, in com
parazione con le corrispondenti posizioni degli altri aspiranti.
Non solo, infatti, la conclusione della verbalizzazione è nel sen
so che «non è possibile allo stato formulare una sicura ed obiet
tiva valutazione dell'idoneità dell'interessato con riferimento al
l'ufficio direttivo richiesto», ma la premessa di ciò è il parere
contrario del consiglio giudiziario «sul presupposto della pen
denza in dibattimento di un processo penale a suo carico . . .
nell'ambito del quale è stata emessa a suo carico ordinanza di
applicazione della misura cautelare della sospensione dalle fun
zioni, poi revocata . . .». L'impossibilità di valutare l'idoneità
dell'interessato si collega a tale quadro, dunque, «attesa la gra
vità delle circostanze contestate e la complessità degli accerta
menti istruttori ancora da compiere, che richiedono tempi di
espletamento non brevi».
Il complesso dello svolgimento denota quindi non una valuta
zione degli elementi sostanziali che, nell'ambito di un procedi
mento selettivo di più soggetti comparati tra loro, conducono
all'individuazione dell'assegnatario dell'ufficio direttivo, quan
to la constatazione del rilievo impeditivo del procedimento pe nale pendente, nel senso che l'esistenza di una contestazione,
considerata, peraltro senza specificazioni, in termini di «gravi
tà», rende impossibile la valutazione sostanziale; ciò significa
che, in attesa dell'accertamento dei fatti nel processo penale,
comunque, ogni altro elemento della posizione di carriera del
l'interessato è privato del suo rilievo ai fini della comparazione
con gli altri legittimati. Un meccanismo di questo tipo, che presuppone un peso as
sorbente della sottoposizione a procedimento penale rispetto al
la stessa idoneità ad essere valutati, implica anzitutto un difetto
di motivazione, così come dedotto già in prime cure dall'inte
ressato, poiché pone un presupposto indimostrato (la rilevanza
n. 379, id., 1993, I, 689, con nota di richiami e osservazioni di Rombo
li, e note di Bettinelli, Salazar e Cerri, commentata anche da Car
cano, Devoto e Cinque, in Cass, pen., rispettivamente, 1992, 2937
e 1993, 1070, da Cariola, in Giur. costit., 1992, 2996, e da Azzariti, in Rass. avv. Stato, 1992, I, 189, che ha dichiarato che spetta al mini
stro della giustizia non dare corso alle deliberazioni del Csm di conferi
mento di uffici direttivi quando, da parte della commissione competen
te, sia mancata un'adeguata attività di concertazione, ispirata al princi
pio di leale cooperazione ai fini della formulazione della proposta, mentre
non spetta non dar corso quando, nonostante sia stata svolta un'ade
guata attività di concertazione ispirata al principio suddetto, non si sia
convenuto in tempi ragionevoli tra la commissione ed il ministro sulla
proposta da formulare.
Nella decisione in epigrafe, a rafforzare la tesi della violazione del
principio di legalità, per l'assenza di disposizioni in materia che stabili
scano un effetto preclusivo automatico derivante dalla semplice sotto
posizione a procedimento penale, si richiama l'art. 21 1. 12 novembre
1955 n. 1137, che per l'avanzamento degli ufficiali prevede invece espres samente la non valutabilità di chi sia sottoposto a procedimento penale o disciplinare; per un'applicazione di detta normativa, v. Tar Sicilia,
sez. I, 16 settembre 1992, n. 629, Foro it., Rep. 1993, voce Militare, n. 69.
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PARTE TERZA
dirimente in senso negativo della sottoposizione a procedimento
penale, a fronte di accertamenti istruttori dibattimentali ancora
da compiere) alla base di una globale omissione valutativa. In
secondo luogo, ed anche qui conformemente al rilievo reiterato
in sede di appello, quand'anche dal difetto di motivazione si
spostasse l'attenzione sul profilo valutativo espresso dal Csm,
l'essenza logica di quest'ultimo, quale sopra evidenziata, pre
supporrebbe una norma che prevedesse il valore attribuito nel
caso alla pendenza del procedimento penale, evitando il salto
logico dimostrativo in cui incorre la verbalizzazione de qua. Ma una siffatta norma non esiste, quantomeno con riferi
mento al complesso delle disposizioni che regolano il personale della magistratura ordinaria; una volta che la misura cautelare
della sospensione dalle funzioni risulti, come nel caso, revocata, in assenza di ulteriori atti formali che pongano in situazione
di temporanea inefficacia il rapporto di ufficio del magistrato,
questi gode per intero delle prerogative del suo status e della
sua situazione di servizio, tra cui, appunto, anche la legittima
aspettativa ad essere valutato per il conferimento di un ufficio
direttivo. Nessuna disposizione prevede dunque un effetto qua le quello contestato dall'appellante, né l'art. 11 1. 24 marzo 1958
n. 195, né gli art. 5 e 6 1. 24 maggio 1951 n. 392, né, altresì,
la circolare in materia di conferimento degli uffici direttivi 28
settembre 1996, n. 13531, posto che il riferimento a requisiti di indipendenza e prestigio (sostanzialmente contenuto, tra l'al
tro, anche nella raccomandazione adottata dal comitato dei mi
nistri del consiglio d'Europa il 13 ottobre 1994), non si lega ad effetto preclusivo automatico, ma rinvia anzi a quella valu
tazione sostanziale del merito, con corrispondente motivazione, che risulta omessa nel caso in esame.
Che una disposizione di tal genere debba esserci per produrre l'effetto qui evidenziato corrisponde poi ad un principio di stretta
legalità che governa e salvaguarda la condizione dei magistrati, ma che, prima ancora, presiede all'applicazione di tutte le mi
sure restrittive dello status lavorativo e professionale pubblico. A conferma di quanto ora detto va menzionato l'art. 21, 2°
comma, 1. 12 novembre 1955 n. 1137, che per l'avanzamento
degli ufficiali prevede, appunto espressamente, che «non può essere valutato per l'avanzamento l'ufficiale che sia sottoposto a procedimento penale o disciplinare . . .»: la disposizione or
dinamentale così espressa si connota di specialità e rafforza la
positiva conclusione che un parallelo meccanismo per i magi strati esiga una corrispondente previsione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello va ac
colto in riforma della sentenza di prime cure. In conseguenza, va annullata la serie di atti impugnati in primo grado nella par te in cui producono un preliminare effetto preclusivo della va
lutazione sostanziale e comparativa dell'attuale appellante ai fi
ni del conferimento dell'ufficio direttivo in questione; la valuta
zione da operare, si soggiunge, può anche includere le circostanze
connesse alla pendenza del procedimento penale, ma ponderate con il quadro complessivo della posizione dell'interessato.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 17 febbraio 1999, n. 172; Pres. Giovannino Est. Caringella; Upper Deck In
ternational Inc. (Aw. Recchia) c. Soc. Panini (Avv. Guari
no) e altri. Conferma Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 1998, n. 96.
Concorrenza (disciplina della) — Diritti di privativa — Licenza
esclusiva — Intesa restrittiva della concorrenza — Esclusione — Fattispecie (L. 10 ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela
della concorrenza e del mercato, art. 2). Concorrenza (disciplina della) — Posizione dominante — Abu
so — Impedimento dell'accesso al mercato — Pregiudizio ai
consumatori (L. 10 ottobre 1990 n. 287, art. 3).
Il contratto con cui il titolare di una privativa ne ceda a terzi
lo sfruttamento esclusivo (nella specie, il diritto alla riprodu
II Foro Italiano — 2000.
zione dei ritratti dei calciatori in tenuta di gioco era stato
concesso in licenza esclusiva pluriennale dall'Associazione ita
liana calciatori all'editrice Panini), in quanto si limita a tra
sferire il preesistente assetto monopolistico, non configura in
tesa restrittiva della concorrenza. (1) Perché sia dato ritenere integrati gli estremi dell'abuso di posi
zione dominante sotto forma di impedimento o limitazione
degli sbocchi o accessi al mercato, è necessaria la prova del
danno risentito dai consumatori. (2)
(1-2) Di figurine da collezione, cartelli e trasferimento di monopolio.
1. - L'accordo Aie-Panini non confligge, dunque, con i principi anti
trust. È quanto emerge dalla decisione del Consiglio di Stato con cui
è stato confermato l'annullamento del provvedimento dell'Autorità ga rante della concorrenza e del mercato 31 ottobre 1996, n. 4381 (Foro
it., Rep. 1997, voce Concorrenza (disciplina), nn. 146, 155, 156); prov vedimento che, come si ricorderà, aveva statuito la nullità dei contratti
stipulati tra l'Associazione italiana calciatori e la Panini s.p.a. per vio
lazione dell'art. 2 1. 287/90 (per esteso, Riv. dir. sport., 1997 , 294, con note di D. Liantonio, Antitrust e diritti esclusivi in materia sporti va: venti di tempesta?-, L. Paoloni, Le figurine Panini all'esame del
l'Antitrust-, G. Resta, Diritto all'immagine, «right of publicity» e disci
plina antitrust (osservazioni in margine al caso Panini)). Si chiude così con un «nulla di fatto» uno dei primi e più significativi
casi italiani di antitrust in materia sportiva. La pronunzia del Consiglio di Stato interviene ad apportare un po' di chiarezza in un quadro fino
ad ora piuttosto confuso e disordinato, non solo per via delle non sem
pre lineari traiettorie argomentative percorse nelle precedenti fasi di giu dizio, ma anche, va sottolineato, per l'obiettiva complessità delle pro blematiche sottostanti. Vediamo di ricapitolare alcuni passaggi di que st'articolata vicenda giudiziale.
2. - Con due distinti contratti, dei quali l'ultimo risale al 1995, l'Aie
cede a Panini il diritto esclusivo di utilizzare le immagini dei calciatori
in tenuta da gioco per la realizzazione di collezioni di figurine autoade sive e di altri prodotti appartenenti al settore del c.d. collezionabile
editoriale. Su segnalazione delle società concorrenti di Panini, estro messe da un mercato di significativo rilievo economico, l'autorità ga rante apre un'indagine conoscitiva che si conclude, nell'ottobre del 1996, con la declaratoria di nullità dell'intesa, in quanto restrittiva della con correnza (viene negata, peraltro, anche l'autorizzazione in deroga ai
sensi dell'art. 4 1. 287/90). Esaurita la fase cautelare con un'ordinanza
di sospensione del Tar Lazio e relativa revisione ad opera del Consiglio di Stato (Tar Lazio, sez. I, ord. 15 gennaio 1997, n. 126, Foro it.,
Rep. 1998, voce cit., n. 110, e Cons. Stato, sez. VI, ord. 18 marzo
1997, n. 349, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 769), il tribunale
amministrativo pronunzia, su ricorso della Panini e dell'Aie, l'annulla
mento della delibera dell'autorità garante (Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 1998, n. 96, id., 1998, III, 74, con nota di R. Pardolesi-G. Resta, «Non sono soltanto figurine . . antitrust e nuove forme di proprietà intellettuale?). Ciò sulla base, fondamentalmente, di due ordini di ra
gioni: a) insufficiente analisi della natura giuridica del diritto ceduto da Aie a Panini; b) erronea qualificazione della fattispecie, che avrebbe
dovuto essere ricondotta non già all'art. 2 (intesa restrittiva della con
correnza), bensì all'art. 3 (abuso di posizione dominante) della 1. 287/90. La sentenza del Tar era stata accolta in senso prevalentemente critico
da parte dei primi commentatori, i quali, pur muovendo da diverse
prospettive e talora anche condividendone gli esiti, avevano avuto mo do di rilevare i diversi aspetti di singolarità, se non di incongruenza, del suo tessuto argomentativo (cfr. D. Sarti, Antitrust e diritti di im
magine: nuove riflessioni sul caso Panini, in Annali it. dir. autore, 1998, 743; Pardolesi-Resta, op. cit.). Opinabile era parsa, in particolare, la tesi per cui la pattuizione di clausole restrittive della concorrenza
nell'ambito dei contratti di licenza di diritti di privativa sarebbe sinda
cabile unicamente alla luce dei criteri individuati dall'art. 3, sull'abuso di posizione dominante, e non anche in base alla disciplina sul divieto di intese (v. le osservazioni di Sarti, op. cit., 744); tesi considerata
in controcorrente rispetto al consolidato orientamento comunitario al
meno quanto il suo corollario, ossia l'inoperatività del divieto di abuso di posizione dominante in assenza di uno specifico danno ai consuma tori (cfr. Sarti, op. cit., 745; Pardolesi-Resta, op. cit., 79). Chi scri
ve, peraltro, aveva espresso alcune perplessità anche in merito alla rico
struzione, operata dai giudici amministrativi, dell'oggetto della cessio
ne, il quale sarebbe costituito da «un diritto nuovo, di contenuto
composito, in cui concorrono immagine-ritratto nonché diritti di priva tiva appartenenti ad altri soggetti (società sportive, sponsor, leghe calci stiche e federazione calcistica)», creato dall'Aie e da questa acquisito a titolo originario (v. Pardolesi-Resta, op. cit., 77 s., ove si dubitava della possibilità di configurare una privativa atipica in capo all'Aie, stante l'assenza dei requisiti di legge; di diverso avviso, Sarti, op. cit., 747-750, secondo cui «Aie non svolge un'attività di mera intermediazio
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