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sezione IV; decisione 4 agosto 1986, n. 542; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons. ministri...

Date post: 31-Jan-2017
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sezione IV; decisione 4 agosto 1986, n. 542; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Mari) c. Necci Marconi (Avv. Lubrano). Conferma T.A.R. Lazio, sez. I, 21 maggio 1980, n. 558 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 151/152-153/154 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179445 . Accessed: 28/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.109 on Sat, 28 Jun 2014 09:42:58 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 4 agosto 1986, n. 542; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Mari) c. Necci Marconi (Avv. Lubrano). Conferma T.A.R. Lazio, sez. I, 21maggio 1980, n. 558Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 151/152-153/154Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179445 .

Accessed: 28/06/2014 09:42

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PARTE TERZA

l'esistenza di un valore nascente dal collegamento con fatti della

storia della cultura dell'arte.

La condizione per l'imposizione del vincolo è costituita, in am

bedue le ipotesi, dalla oggettiva riconoscibilità di un valore nelle

cose da tutelare sia esso intrinseco alla cosa, o invece derivante

dal suo collegamento con la storia dell'arte; con la conseguenza che il giudizio tecnico-discrezionale sull'esistenza del particolare interesse della cosa (sia ai sensi degli art. 1 e 3 che ai sensi del

l'art. 2), fondandosi sull'avvenuto riconoscimento del valore col

legato con il bene, implicitamente implica un apprezzamento tecnico-discrezionale sull'idoneità della cosa a trasmettere il valo

re in essa iscritto o ad essa collegato. Il giudizio sull'idoneità della cosa a testimoniare o a documen

tare il valore si confonde, pertanto, con quello sull'esistenza e

sulla riconoscibilità del valore da tutelare.

Ne deriva che le condizioni di degrado della cosa, o i muta

menti in essa verificatisi, rilevano allorché, comportino il venir

meno della cosa, e con essa del valore iscritto nella cosa o ad

essa collegato. L'eventuale provvedimento di imposizione del vin

colo (ed il relativo giudizio tecnico discrezionale) su un bene non

più esistente o comunque venuto meno, risulterà pertanto viziato

da un errore sui presupposti, proprio per la mancanza non di

una capacità documentale, ma dell'oggetto stesso su cui è desti

nata ad incidere l'azione di tutela. Il provvedimento di dichiara

zione del particolare valore storico di un bene ha, infatti, pur

sempre come indispensabile presupposto la reale possibilità di in

cidere sul bene sottoposto a tutela (sez. IV 1° febbraio 1983, n.

51, id., Rep. 1983, voce cit., n. 22). Negli altri casi, le condizioni

di cattiva conservazione della cosa non sono di ostacolo alla im

posizione del vincolo, costituendo anzi tale imposizione la pre messa per l'esercizio del potere di imporre al proprietario l'esecuzione delle opere necessarie alla relativa salvaguardia (sez. IV 9 dicembre 1969, n. 772, id., Rep. 1969, voce Monumento, n. 9; sez. VI, 18 gennaio 1977, n. 25, id., Rep. 1977, voce Anti

chità, n. 25). Discende da ciò che la questione, con cui si contesta l'idoneità

del bene a fungere da documento del valore tutelato, si risolve

nella contestazione del giudizio tecnico discrezionale dell'ammini

strazione sulla esistenza e riconoscibilità del valore medesimo; con

la conseguenza che essa risulterà ammissibile soltanto ove con

essa si faccia valere non una valutazione diversa, ma una erronea

rappresentazione della realtà posta dall'amministrazione a fonda

mento della propria valutazione (come avviene allorché si deduca

che la situazione o il concreto stato della cosa sono diversi da

quelli posti dall'amministrazione a base del proprio giudizio), o

si denunci un vizio dell 'iter logico che ha portato alla formulazio

ne del giudizio. 5. -1 rilievi che precedono evidenziano, poi, l'inesistenza della

carenza di istruttoria e di motivazione «finalizzate alla ricerca

ed identificazione di quella specificità del valore documentale del

bene» che il T.A.R. ha invece ritenuto di dover riscontrare.

A prescindere, infatti, dalla considerazione che l'enuncleazione

di tale vizio appare in contraddizione con la affermata imposizio ne del vincolo «al di fuori dei presupposti normativi» (se infatti

tali presupposti normativi sono insussistenti in rebus, non si vede

come possano essere reperiti a seguito di una istruttoria più accu

rata), si deve osservare che la mancanza di adeguata «specificità del valore documentale del bene» affermata dal T.A.R. è in real

tà il frutto del diverso apprezzamento discrezionale operato inam

missibilmente dal giudice sull'importanza del riferimento culturale

segnalato dall'amministrazione, sicché la relativa affermazione è

destinata a cadere con esso. La specificità, peraltro, va riferita, come sopra si è visto, non al «valore documentale» del bene —

che concerne la capacità del medesimo di manifestare il valore

con esso collegato — ma al fatto della storia dell'arte o della

cultura che si assume collegato con la cosa.

6. - Fondata è, infine, l'ultima doglianza con cui l'amministra

zione appellante deduce l'erroneità della decisione di primo gra do nella parte in cui, in accoglimento della relativa censura

prospettata dal comune di Bordighera, ha ritenuto che l'interven

to vincolistico fosse in realtà, finalizzato a paralizzare l'efficacia

dell'atto autorizzativo già rilasciato dall'amministrazione regio nale in ordine alla progettata piscina. Ed infatti, come la sezione

ha già avuto modo di affermare, va considerato che non di rado

i provvedimenti in materia di tutela delle cose di interesse artisti

co o storico, sono adottati nell'imminenza di eventi che ne posso no pregiudicare l'aspetto, la destinazione o la stessa esistenza,

Il Foro Italiano — 1987.

e che, tuttavia, tale circostanza non può essere ritenuta di per sé indice di sviamento dell'attività amministrativa, qualora la stessa

risulti comunque conforme alla finalità posta dalla legge (sez. VI 10 ottobre 1983, n. 723, id., Rep. 1983, voce cit., n. 36).

Né può indurre ad un diverso convincimento la circostanza che

all'origine dell'intervento vincolistico stia una segnalazione del

l'associazione Italia Nostra. Ciò che conta, infatti, è che l'attività

dell'amministrazione risulti conforme alla finalità di tutela posta dalla 1. n. 1089/39, e nulla rilevando la circostanza che l'inter

vento posto in essere con il vincolo possa esser risultato satisfatti

vo dell'interesse di cui si è fatta portatrice la predetta associazione.

La circostanza, infine, che la relazione della soprintendenza fac

cia riferimento alle «alberature di grande pregio, tra cui palme fra le più antiche esistenti in Bordighera», non può certamente

essere considerata come sintomatica del vizio di eccesso di potere

per sviamento. La identità del supporto materiale del bene (il

giardino) oggetto di due diversi tipi di tutela (paesistica e storico

artistica) non consente di vedere nella motivazione del provvedi mento il segno dell'esercizio, da parte del ministero dei beni cul

turali, di un potere di tutela paesistica. Si deve, anzi, sottolineare che nell'ottica del provvedimento il

riferimento alle «alberature di grande pregio» ha il valore di chia

rire che, nonostante gli interventi succedutisi nel tempo, l'immo

bile in questione ha sostanzialmente mantenuto la propria identità

di giardino di particolare pregio, che tanta parte ebbe nella evo

luzione artistica di Monet.

7. - Il comune di Bordighera ha riproposto in questa sede un

profilo di doglianza già spiegato in prime cure, e non esaminato

dal T.A.R., e concernente l'assenza di qualsiasi cenno nell'impu

gnato decreto alle ragioni per le quali l'amministrazione dei beni

culturali ha ritenuto di disattendere le specifiche deduzioni con

cui il medesimo comune di Bordighera aveva rilevato l'impossibi lità di procedere alla impugnazione del vincolo.

Il rilievo è, peraltro, del tutto privo di consistenza.

È noto, infatti, che alcuni procedimenti volti alla imposizione di vincoli o prescrizioni — come quelli concernenti la formazione

dei piani regolatori comunali — prevedono espressamente la pos sibilità della presentazione, da parte dei soggetti interessati, di

osservazioni o controdeduzioni. È noto altresì, che nessun obbli

go di specifica motivazione del rigetto di tali osservazioni sussiste

in capo all'amministrazione, obbedendo l'intervento dei privati nel procedimento ad una funzione meramente collaborativa (sez. IV 10 marzo 1981, n. 246, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbani

stica, n. 192). A maggior ragione deve, pertanto, escludersi, nella

fattispecie, la necessità, nell'impugnato provvedimento di vinco

lo, di una motivazione concernente il rigetto delle osservazioni

formulate dal comune di Bordighera, dal momento che il proce dimento volto alla imposizione del vincolo ai sensi della 1. n.

1089/39 non prevede alcun intervento con funzione collaborativa

dei soggetti destinatari del vincolo.

8. - L'appello proposto dal ministero dei beni culturali ed am

bientali va pertanto accolto. (Omissis)

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 4 agosto 1986, n. 542; Pres. Pezzana, Est. Barbagallo; Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Mari) c. Necci Marconi (Avv. Lubrano).

Conferma T.A.R. Lazio, sez■ I, 21 maggio 1980, n. 558.

Giustizia amministrativa — Provvedimento di amministrazione

centrale dello Stato — Ricorso — Notificazione — Validità —

Fattispecie (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 36; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei

tribunali amministrativi regionali, art. 21; 1. 3 aprile 1979 n.

103, modifica dell'ordinamento dell'avvocatura dello Stato, art.

10).

È ammissibile il ricorso contro la deliberazione del consiglio di

amministrazione presso la presidenza del consiglio dei ministri, che sia stato notificato alla presidenza del consiglio dei mini

stri, e depositato presso l'ufficio dell'avvocatura dello Stato

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

nel cui distretto ha sede il tribunale amministrativo regionale adito. (1)

Diritto. — Preliminarmente va rilevato che la materia del con

tendere non è venuta a cessare, in quanto il nuovo rapporto in

formativo adottato dall'amministrazione dopo la pronuncia della

sentenza impugnata è stato adottato, quale atto dovuto, in esecu

zione della sentenza del T.A.R. appellata, essendo l'amministra

zione tenuta all'emanazione di un nuovo rapporto informativo

in sostituzione di quello annullato, nuovo rapporto informativo

che, quale atto di esecuzione della sentenza di primo grado, sa

rebbe travolto dalla riforma della sentenza impugnata. Per quanto concerne l'appello, esso deve essere respinto, in

quanto il motivo posto a base di esso non è fondato.

Ritiene infatti il collegio che la notifica del ricorso di primo grado avverso il provvedimento del consiglio di amministrazione

presso la presidenza del consiglio dei ministri sia stata ritualmen

te effettuata al presidente del consiglio dei ministri presso l'uffi

cio dell'avvocatura generale dello Stato.

Infatti ai sensi della normativa di cui all'art. 10, 3° comma, 1. 3 aprile 1979 n. 103, che è venuta ad incidere sulla precedente

disciplina dettata dagli art. 36, 2° comma, r.d. 26 giugno 1924

n. 1054, e 21, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, in caso

di impugnativa di un provvedimento di un organo di un ministe

ro o della presidenza del consiglio dei ministri, strutturalmente

e funzionalmente inserito nell'amministrazione dello Stato, vali

damente la notifica è effettuata all'amministrazione nella persona del ministro competente o del presidente del consiglio dei mini

stri, presso l'ufficio dell'avvocatura dello Stato nel cui distretto

ha sede il T.A.R. adito.

Nel merito l'amministrazione appellata non ha svolto alcun mo

tivo di censura; pertanto alla luce delle esposte considerazioni, la impugnata sentenza deve essere confermata. (Omissis)

(1) La pronunzia afferma l'ammissibilità del ricorso nel caso di notifi

cazione, presso l'avvocatura dello Stato, effettuata al ministro (nella spe cie, al presidente del consiglio dei ministri) anziché all'organo che ha emanato il provvedimento impugnato. In precedenza, T.A.R. Piemonte, sez. II, 1° settembre 1984, n. 240, Foro it., 1985, III, 262, con nota di richiami, aveva affermato che la notificazione deve essere effettuata

presso l'avvocatura dello Stato, ma senza obbligo di notificazione al mi nistro in luogo dell'organo che ha emanato il provvedimento impugnato (nella specie, prefetto). Che la notificazione, anzi, debba essere effettuata

presso l'avvocatura dello Stato, ma all'organo che ha emanato l'atto è stato affermato da Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 1983, n. 305, id., 1984, III, 34, con nota critica di C.E. Gallo, con indicazioni della giuris prudenza, anche del Consiglio di Stato, di segno contrario.

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 30 luglio 1986, n. 374; Pres. Gessa, Est. Talice; Comune di Sperlonga (Avv.

Amorosino) c. Scalfati e altri (Avv. Scalfati). Annulla T.A.R.

Lazio, sez. II, 11 ottobre 1984, n. 1405.

Edilizia e urbanistica — Licenza edilizia — Mancato inizio dei

lavori — Decadenza — Legittimità — Fattispecie (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 50).

È legittimo il provvedimento con cui il comune dispone la deca

denza della licenza edilizia rilasciata in base alla legislazione

previgente alla l. n. 10/77, per il mancato inizio dei lavori en

tro il termine prescritto, maturato prima dell'entrata in vigore della l. n. 203/82, anche se il suo titolare non aveva potuto

intraprenderli per il perdurare del giudizio civile che aveva in

tentato contro i coloni occupanti l'area per ottenerne il ri

lascio. (1)

(1) Con la decisione riportata il Consiglio di Stato ha stroncato sul nascere il tentativo del T.A.R. Lazio (sez. II 11 ottobre 1984, n. 1405, Foro it., Rep. 1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 588) di «rimeditare» il consolidato orientamento giurisprudenziale, al quale si era puntualmen te richiamata già in primo grado la difesa dell'amministrazione resistente, secondo cui, ai fini della decadenza della concessione di costruzione per

Il Foro Italiano — 1987.

Diritto. — Osserva il collegio in via preliminare che, per deci

dere la controversia, è necessario e sufficiente risolvere la que stione relativa alla giuridica possibilità che il termine decadenziale

per l'inizio dei lavori autorizzati con licenza edilizia possa rite

nersi sospeso in pendenza di un giudizio civile per il rilascio delle

aree, pendente tra il soggetto proprietario del terreno e gli occu

panti. Il giudizio civile, secondo la decisione appellata, è idoneo ai fini della sospensione del termine, con la conseguenza che non

può essere pronunciata la decadenza della licenza edilizia per man

cato inizio dei lavori sino al riottenimento, da parte del soggetto autorizzato, della piena disponibilità del terreno.

Ritiene il collegio di non poter condividere tale prospettazione per le considerazioni che seguono.

Anzitutto la decadenza è istituto giuridico fondato sull'elemen

to obiettivo del decorso del tempo, prescindendo da ogni consi

derazione di negligenza o di impossibilità di agire del soggetto; inoltre è fissata perentoriamente nei suoi termini dalla legge.

Il termine decadenziale è di conseguenza sospeso soltanto per cause di forza maggiore o per factum principis ad esse assimilabi

le ovvero per cause espressamente indicate dalla legge.

L'impossibilità di disporre del terreno per inadempimento di

terzi o per contrasto di interessi privati non costituisce certamen

te né un factum principis né una causa di forza maggiore, poten do, al più, l'ostinazione del terzo a non rilasciare il terreno, dar

luogo a responsabilità nei confronti del soggetto autorizzato a

costruire.

Né, come nella specie, il mancato rilascio del terreno da parte dei coloni e la vertenza in corso con essi erano considerati dalla

legge come cause di sospensione del termine di decadenza.

Nemmeno può essere seguito il primo giudice nell'affermazio ne relativa all'applicabilità retroattiva della causa di sospensione

poiché l'art. 50 1. n. 203 si applica, come è espressamente indica

to nel 1° comma dell'articolo, soltanto nei confronti dei soggetti che abbiano ottenuto la concessione edilizia ai sensi della 1. 28

gennaio 1977 n. 10 mentre nella specie il proprietario del terreno

aveva ottenuto la licenza in base alle norme preesistenti e, al mo mento dell'entrata in vigore della 1. n. 203, il termine di decaden

za era interamente trascorso, con la conseguenza che l'eccezione

al generale carattere obiettivo dell'istituto non poteva operare sul

rapporto già definito. Una diversa interpretazione contrasterebbe

con il generale principio, secondo cui la normale finalità della

legge consiste nel disporre soltanto per il futuro, sancito dall'art.

11 disp. prel. c.c.

Legittimamente quindi il comune di Sperlonga ha pronunciato la decadenza delle licenze edilizie per mancato inizio dei lavori

mancato inizio dei lavori nei termini prefissati, non possono avere rilievo alcuno i rapporti interprivati che non hanno consentito la edificazione nei termini stessi dovendosi invece considerare soltanto i ritardi dovuti a causa di forza maggiore ovvero a provvedimenti di autorità ammini strative e alle vicende giurisdizionali collegate ai procedimenti stessi.

In questo senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 1984, n. 314, id., Rep. 1984, voce cit., n. 535; 28 luglio 1981, n. 366, id., Rep. 1982, voce cit., n. 566, che, più specificamente, ha individuato nella pubblica cala mità un evento di forza maggiore e nell'ordinanza di sospensione un fac tum principis ut supra, ed ha, di conseguenza, ritenuto irrilevante la domanda di voltura o di variante della licenza presentata dall'interessato; 17 ottobre 1980, n. 833, id., Rep. 1981, voce cit., n. 596, che, in partico lare, ha ritenuto irrilevante, ai fini della decadenza, il proseguimento del l'attività costruttiva dopo la scadenza del termine iniziale di validità; 25

gennaio 1980, n. 67, id., Rep. 1980, voce cit., n. 594, con riferimento

specifico all'art. 11 1. reg. Liguria 3 settembre 1976 n. 28. Merita ancora di essere ricordato che già T.A.R. Piemonte (4 maggio

1982, n. 289, id., Rep. 1983, voce cit., n. 628) aveva tentato di fare breccia nell'orientamento giurisprudenziale testé citato avendo ricollegato la dichiarazione di decadenza della concessione per mancato inizio dei lavori ad una inerzia volontaria del titolare della concessione stessa. In

generale sulla affermazione, pure contenuta nella motivazione della sen tenza riportata secondo cui la decadenza si verifica ope legis, in virtù cioè del solo inutile decorso del tempo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 1984, n. 300, id., Rep. 1984, voce cit., n. 529; T.A.R. Lazio, sez. Latina, 22 aprile 1983, n. 137, ibid., n. 530.

In ultimo, la decadenza per mancato inizio dei lavori nel termine pre scritto, pur avendo valore dichiarativo, deve essere pronunciata in manie ra esplicita con provvedimento ad hoc del sindaco il quale è tenuto ad

esperire previamente un riscontro diretto in ordine all'esistenza dei pre supposti di fatto attraverso l'acquisizione di un rapporto dei suoi funzio nari od agenti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 febbràio 1981, n. 50, id., Rep. 1981, voce cit., n. 589); ma non ha l'obbligo di sentire il parere della commissione edilizia (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 1980, n.

740, id., Rep. 1980, voce cit., n. 588).

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