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sezione IV; decisione 7 novembre 2001, n. 5721; Pres. Venturini, Est. Troiano; Soc. Impresa...

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sezione IV; decisione 7 novembre 2001, n. 5721; Pres. Venturini, Est. Troiano; Soc. Impresa costruzioni ing. F. e G. Perco (Avv. Pellegrini, Biagetti) c. Comune di Trieste (Avv. Danese, Vicini), Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Annulla Tar Friuli-Venezia Giulia 6 luglio 1998, n. 896 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 405/406-411/412 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197822 . Accessed: 28/06/2014 18:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.147.31 on Sat, 28 Jun 2014 18:04:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV; decisione 7 novembre 2001, n. 5721; Pres. Venturini, Est. Troiano; Soc. Impresacostruzioni ing. F. e G. Perco (Avv. Pellegrini, Biagetti) c. Comune di Trieste (Avv. Danese,Vicini), Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Annulla Tar Friuli-Venezia Giulia6 luglio 1998, n. 896Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 405/406-411/412Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197822 .

Accessed: 28/06/2014 18:04

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sposizioni di legge a tutela della libera concorrenza, oltretutto

contenute nelle superiori fonti comunitarie.

E deve altresì conseguentemente ammettersi che, contraria

mente a quanto sostenuto dall'appellante, i servizi di assistenza

a terra in questione (c.d. ground handling, dall'accettazione

passeggeri al trasporto bagagli, dal carico e scarico merci ai ser

vizi ai veicoli) siano da considerarsi un «mercato», per gli ef

fetti dell'art. 3 1. n. 287 del 1990, cit. Deve, infine, escludersi che la sanzione impugnata si riferisca

a comportamenti anteriori alla 1. n. 287 del 1990, cit., e che il

concessionario potesse esimersi dall'osservanza di quest'ultima

perché nell'esercizio di una facoltà legittima o nell'adempi mento di un dovere derivanti dalla concessione.

La circostanza che il legislatore abbia dovuto introdurre la

deregulation dei servizi a terra, dapprima con i non convertiti

d.l. 27 dicembre 1994 n. 720, 25 febbraio 1995 n. 49 e 29 aprile 1995 n. 133, poi con d.l. 28 giugno 1995 n. 251 (disposizioni urgenti in materia di gestioni aeroportuali, di trasporti eccezio

nali e di veicoli adibiti a servizi di emergenza, convertito in leg

ge, con modificazioni, dall'art. 1,1° comma, 1. 3 agosto 1995 n.

351), e con il d.leg. 13 gennaio 1999 n. 18 (attuazione della di rettiva 96/67/Ce relativa al libero accesso al mercato dei servizi

di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità), non esclu

de che già dall'entrata in vigore della 1. n. 287 del 1990 doves

sero osservarsi i principi ivi contenuti in tema di concorrenza, evitando le situazioni di monopolio che potessero già allora

compromettere la competitività nel mercato, privandolo della

sua essenziale struttura concorrenziale e quindi del diritto degli altri imprenditori a competere con il dominante.

La sentenza appellata deve dunque essere confermata.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 7 novembre 2001, n. 5721; Pres. Venturini, Est. Troiano; Soc. Impresa costruzioni ing. F. e G. Perco (Avv. Pellegrini, Biagetti) c.

Comune di Trieste (Avv. Danese, Vicini), Regione autonoma

Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Annulla Tar Friuli

Venezia Giulia 6 luglio 1998, n. 896.

Edilizia e urbanistica — Piano regolatore e altri piani —

Area ricadente in zona parzialmente urbanizzata e di

completamento — Previsione di strumenti attuativi — Le

gittimità. Edilizia e urbanistica — Strumenti urbanistici —

Tipicità —

Conseguenze. Edilizia e urbanistica — Piano regolatore e altri piani

Previsione di strumenti attuativi — Legittimità

— Limiti —

Principio di proporzionalità. Edilizia e urbanistica — Piano regolatore e altri piani

Scelte urbanistiche — Destinazioni di zona — Disparità di

trattamento — Inconfìgurabilità.

Con riferimento ad un 'area non compiutamente urbanizzata e

ricadente in zona B di completamento è legittima, anche in

considerazione delle significative dimensioni dell'intervento

da realizzare e dei conseguenti carichi urbanistici, la previ sione di una fase di pianificazione di dettaglio diretta a defi nire il completamento del sistema di viabilità secondaria

nella zona, con l'indicazione dei necessari raccordi. ( 1 )

(1) La fattispecie sottoposta al Consiglio di Stato è la seguente: il

comune di Trieste aveva disposto, con variante di adeguamento al pia no urbanistico regionale ed alla 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 19 novem

bre 1991 n. 52, l'istituzione delle zone «Bn// - recupero del sistema ur

li. Foro Italiano — 2002.

Gli strumenti urbanistici legittimamente applicabili sono sol

tanto quelli previsti, per nome, causa e contenuto, dalla legge e pertanto, al di fuori di tale numero chiuso, l'amministrazio

ne non può legittimamente introdurre nella realtà giuridica

banistico infrastnitturale» includendovi alcuni terreni siti in aree già in

parte urbanizzate e ricadenti in zona B di completamento. La società

proprietaria aveva impugnato tale determinazione, deducendo contrad

dittorietà, carenza e falsità di motivazione e gravi deficienze istruttorie, sull'assunto che nelle zone di completamento non poteva essere previ sta la formazione di un piano attuativo per gli interventi, ma solo lo strumento diretto. Il Tar Friuli-Venezia Giulia, adito in primo grado, ha confermato la legittimità della variante in parte qua.

1 giudici dell'appello sono giunti ad affermare il principio di cui alla massima dopo aver sottolineato il parziale stato di urbanizzazione della zona su cui andava ad incidere il tipo di intervento programmato, che,

per le sue significative dimensioni, era tale da comportare un notevole carico urbanistico, rendendo perciò necessaria un'ulteriore pianifica zione di riordino del disegno urbanistico esistente.

Per una fattispecie analoga, v. Tar Lazio, sez. I, 20 dicembre 1986, n.

2324, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 301, che,

partendo dal rilievo che la classificazione a zona «D» (completamento) di aree quasi completamente edificate ma non ancora dotate di tutte le urbanizzazioni «mira sostanzialmente a contraddistinguere le aree nelle

quali ad una massiccia presenza abitativa si contrappone la carenza e l'insufficienza di infrastrutture e servizi pubblici», ha ritenuto compati bile con la predetta destinazione il vincolo generale di temporanea ine

dificabilità, imposto dalla regione in sede di approvazione di una va riante al p.r.g. comunale su tutte le aree D ancora disponibili, di qua lunque superficie, fino all'approvazione degli strumenti attuativi.

Cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2000, n. 5756, id., Rep. 2000, voce cit., n. 457 (ove si afferma che sebbene lo strumento urbani stico attuativo non sia necessario in caso di c.d. lotto intercluso o in al tri casi analoghi per i quali, essendo la zona totalmente urbanizzata, il

piano attuativo sarebbe ormai privo di oggetto, non è comunque suffi

ciente un qualsiasi stadio d'urbanizzazione di fatto per eludere il prin

cipio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già verificatisi, essendo invece doverosa la pianifi cazione dell'urbanizzazione fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse o urbanizzate) e le nume rose pronunce che hanno affrontato il tema della pianificazione attuati va in aree più o meno urbanizzate sul versante del rilascio della conces sione edilizia. A tal riguardo si è consolidato l'orientamento, richia mato anche nella decisione in rassegna, in base al quale la previa ado zione di strumenti attuativi è necessaria ai fini del rilascio della conces sione ogni qual volta per effetto di un'edificazione sparsa e disomoge nea ci si trovi di fronte ad una situazione che esiga un piano idoneo a

restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona, mentre non occor re un ulteriore livello di pianificazione quando l'area sia interamente

circondata da altre aree edificate ed urbanizzate. In tal senso, v. le deci

sioni citate nella pronuncia in esame (Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 1992, n. 351, id., Rep. 1992, voce cit., n. 425; 26 settembre 1995, n.

1351, id., Rep. 1996, voce cit., n. 525; 1° febbraio 1995, n. 162, id.,

1996, III, 18, con nota di richiami), e, in seguito, Tar Campania, sez. Ili, 24 aprile 1995, n. 173, id., Rep. 1996, voce cit., n. 428; Tar Lazio, sez.

Latina, 18 novembre 1996, n. 862, id., Rep. 1997, voce cit., n. 450; Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 1997, n. 1016, ibid., n. 455; 1° aprile 1998, n. 407, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 463; Tar Sardegna 8 maggio 1997, n. 610, ibid., n. 472; Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 1998, n.

1273, id., Rep. 1999, voce cit., n. 416.

Con riferimento ai rapporti tra lottizzazione e concessione edilizia, v.

Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1450, id., Rep. 2000, voce cit., n. 458; 7 gennaio 1999, n. 1, id., Rep. 1999, voce cit., nn. 413, 414 (che ha individuato i parametri di riferimento per verificare la necessità del

piano di lottizzazione ai fini del rilascio della concessione nelle caratte

ristiche dell'intervento e della relativa area, nonché nello stato di urba

nizzazione della porzione territoriale interessata dal nuovo insedia

mento, con la precisazione che tanto più l'intervento è significativo per le dimensioni dell'edificio o degli edifici e per il numero degli abitanti

tanto più occorre una preventiva pianificazione, senza che possa rileva

re la circostanza che l'intervento riguardi un lotto intercluso); 6 ottobre

1999, n. 1332, ibid., n. 491; Cass. 24 luglio 1999, n. 8021, id., 2001, I,

680, con nota di richiami, cui adde, Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre

1989, n. 914, id.. Rep. 1990, voce cit., n. 499; 14 dicembre 1994, n.

1470, id., Rep. 1995, voce cit., n. 487; 18 agosto 1998, n. 1273, cit.

Per l'indefettibile applicazione dello strumento esecutivo ogni qual volta lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione

debba aver luogo in tutto o in parte mediante uno strumento urbanistico

di livello inferiore, v. Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1997, n. 772, id.,

Rep. 1998, voce cit., n. 466; 23 giugno 1997, n. 697, ibid., n. 467; 21

aprile 1997, n. 375, ibid., n. 470; 13 maggio 1997, n. 484, id., Rep.

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407 PARTE TERZA 408

qualsivoglia, indicativa o coercitiva che sia, nuova categoria di strumento di pianificazione dell'assetto del territorio. (2)

In base al principio della proporzionalità dell'azione ammini

strativa, la legittimità della previsione di strumenti attuativi

in zone B di completamento trova il suo limite, quanto all'e

stensione di tali piani, nell'effettiva necessità di riorganizzare e integrare l'urbanizzazione dell'area interessata. (3)

La valutazione dell 'idoneità delle aree a soddisfare, con riferi mento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanisti

ci, costituisce esercizio di un potere di scelta, rispetto al

quale non è ipotizzabile quell 'identità di situazioni soggettive ed oggettive che costituisce il presupposto indispensabile per

configurare, tra i vari soggetti interessati, il vizio di eccesso

di potere per disparità di trattamento. (4)

1997, voce cit., n. 446; 15 gennaio 1997, n. 39, ibid., n. 449, che ha ri tenuto inidonea a supplire alla necessità della procedura di lottizzazione

dell'area l'imposizione di opere di urbanizzazione nel momento del ri

lascio delle licenze o concessioni edilizie. Sul diverso versante dell'annullamento della concessione per l'as

senza di piano particolareggiato, v. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1997, n: 709, ibid., n. 537.

(2) 11 principio è consolidato. V. le sentenze citate in motivazione

(Cons. Stato, sez. II, 26 ottobre 1994, n. 883/93, Foro it., Rep. 1995, voce Edilizia e urbanistica, n. 174; sez. IV 28 luglio 1982, n. 525, id., 1982, III, 329, con nota di richiami), e, in seguito, Tar Veneto 17 feb braio 1998, n. 216, id., Rep. 1999, voce cit., n. 264, che ha riconosciuto valenza limitata di «linea guida e/o di indirizzo» ad un piano di settore

turistico, perché strumento non espressamente previsto dalla legge e non riconducibile al sistema dei piani territoriali, che conosce solo strumenti nominati e tipici; Cons. Stato, sez. IV, 1° febbraio 2000, n.

530, id., Rep. 2000, voce cit., n. 125, che ha ritenuto illegittima una va riante urbanistica adottata per tutelare un immobile di interesse storico ed artistico in stato di degrado per colpevole inerzia del proprietario, sul rilievo che gli art. 54-55 1. 1° giugno 1939 n. 1089 riservano il per seguimento di tale finalità ad altri strumenti giuridici; 22 giugno 2000, n. 3557, ibid., n. 254, che, ribadendo la tipicità e nominatività dei prov vedimenti amministrativi, ha indicato quale unico strumento urbanisti co utilizzabile per esigenze abitative collegate ad un fabbisogno non as

soggettabile alla regola di mercato il piano di zona. Cfr. anche Tar Pu

glia, sez. Lecce, 22 febbraio 1988, n. 94, id., Rep. 1989, voce cit., n.

171, secondo il quale la tipicità degli atti di pianificazione urbanistica non impedisce l'avvio di un procedimento che partecipi sia della natura del piano particolareggiato sia di quella del progetto di lottizzazione

convenzionata, di iniziativa privata o pubblica, sempre che siano ri

spettati i requisiti di forma e di sostanza di entrambi.

(3) Il principio enunciato nella massima si ricollega al tema della le

gittimità della previsione di strumenti attuativi di dettaglio, nelle zone di completamento.

Secondo il Consiglio di Stato, la scelta di subordinare l'edificazione

all'approvazione di piani attuativi può ritenersi legittima, in base al

principio della proporzionalità, a condizione che la dimensione di tali

piani sia correttamente commisurata alle esigenze di completamento del sistema infrastrutturale.

Sul principio della proporzionalità, v., tra le pronunce più recenti, Cons. Stato, sez. VI, 1° aprile 2000, n. 1885, Foro it., 2001, Ml, 71, con nota di Carrozza e Fracchia.

(4) Nello stesso senso, v. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 1989, n.

375, Foro it.. Rep. 1990, voce Edilizia e urbanistica, n. 174; Tar Sici

lia, sede Catania, sez. 1, 12 maggio 1989, n. 599, ibid., n. 175; Cons.

Stato, sez. IV, 25 febbraio 1988, n. 100, id.. Rep. 1988, voce cit., n.

124; 6 aprile 1982, n. 225, id., Rep. 1983, voce cit., n. 198; 17 febbraio

1981, n. 159, id., Rep. 1982, voce cit., n. 174; 17 aprile 1973, n. 421, id., Rep. 1973, voce cit., n. 97; 20 marzo 1973, n. 245, ibid., n. 98; 24 novembre 1970, n. 910, id., Rep. 1971, voce cit., n. 255; 12 luglio 1968, n. 460, id.. Rep. 1969, voce Piano regolatore, n. 133.

Per la sindacabilità delle scelte pianificatone quando risultino infi ciate da errori di fatto o da abnormi illogicità o contraddittorietà, v. Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6177, id., Rep. 2001, voce Edilizia e urbanistica, n. 187; 22 maggio 2000, n. 2934, id., Rep. 2000, voce cit., n. 216; 9 febbraio 1998, n. 223, id., Rep. 1998, voce cit., n.

150; 16 marzo 1998, n. 437, ibid., n. 187; 7 maggio 1998, n. 783, ibid., n. 231; Tar Friuli-Venezia Giulia 23 giugno 1997, n. 516, ibid., n. 263; Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 1996, n. 860, id., Rep. 1997, voce cit., n.

259; sez. V 26 maggio 1994, n. 537, id., Rep. 1995, voce cit., n. 147; sez. IV 17 gennaio 1992, n. 68, id., Rep. 1992, voce cit., n. 127; 12 di cembre 1990, n. 1002, id., Rep. 1991, voce cit., n. 163; sez. V 10 giu gno 1989, n. 375, id., Rep. 1990, voce cit., n. 165; sez. IV 5 settembre

1986, n. 582, id., Rep. 1986, voce cit., n. 206; 15 luglio 1986, n. 522, id., 1987, III, 7, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2002.

Diritto. — 1. - Seguendo l'ordine logico delle questioni sot

toposte al collegio, si esamina in primo luogo il secondo motivo

del ricorso di primo grado, riproposto con il terzo motivo di

gravame, con cui l'appellante lamenta contraddizioni logiche, carenza e falsità di motivazione e gravi deficienze istruttorie

nella determinazione del comune di istituire le zone Bn/z' - Re

cupero del sistema urbanistico infrastrutturale, in quanto tali zo

ne ricomprendono aree già urbanizzate ed inserite in una zona

omogenea B di completamento, per le quali non dovrebbe essere

prevista la formazione di un piano attuativo per gli interventi, ma solo lo strumento diretto. Analoga doglianza è dedotta con il

quinto motivo del ricorso introduttivo, e con il settimo motivo,

par. 3, nella parte in cui tali mezzi sono diretti a censurare la

stessa istituzione dell'ambito di recupero del sistema urbanisti

co infrastrutturale Bn/z Pi 11 - via Bonomea II.

La censura è infondata.

In proposito è opportuno premettere che, in via generale, la

determinazione dell'amministrazione di includere un'area in

zona B di completamento non si pone necessariamente in con

traddizione con la scelta di subordinare l'edificazione in tale

area all'adozione di strumenti urbanistici di dettaglio. In particolare

— come precisato dalla giurisprudenza di que sto consiglio (sez. V 22 aprile 1992, n. 351, Foro it., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 425) — il principio secondo cui

va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di

concessioni in zone già urbanizzate è applicabile solo nei casi

nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché

completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (si pensi al caso del lotto residuale ed

intercluso in area compiutamente urbanizzata: sez. V 26 settem

bre 1995, n. 1351, id., Rep. 1996, voce cit., n. 525), ma non an

che alle ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomoge

nea, ci si trovi di fronte ad una situazione che assai più di altre

esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora addirittura definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona. La necessità di uno

strumento attuativo può riconoscersi, ad esempio, quando, te

nuto conto «della situazione esistente e non delle opere solo

programmate» (sez. V 1° febbraio 1995, n. 162, id., 1996, III,

18), debba essere completato il sistema della viabilità seconda

ria nella zona o quando debba essere integrata l'urbanizzazione

esistente garantendo il rispetto dei prescritti standard minimi per

spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collega mento con le zone contigue già asservite all'edificazione.

Va, inoltre, evidenziato che la valutazione operata dall'am

ministrazione quanto alla sussistenza o meno di una compiuta urbanizzazione della zona interessata costituisce espressione di

discrezionalità tecnica e si presta ad essere sindacata esclusiva

mente ove risulti manifestamente erronea o illogica. In relazione a tali premesse, considerate anche le risultanze

dell'istruttoria espletata, deve ritenersi che si sottragga a censu

re la scelta del comune di Trieste di subordinare all'adozione di

un piano attuativo di iniziativa pubblica o privata il rilascio di

concessioni edilizie aventi ad oggetto l'area di proprietà della

società appellante, ricompresa nell'ambito «Pi 11 - via Bono

mea II».

In particolare, dall'esame della relazione tecnica del 23 mar

zo 2001, predisposta dalla direzione regionale della pianifica zione territoriale in esecuzione della decisione interlocutoria di

questa sezione 20 ottobre 2000, n. 5618, emerge fra l'altro che i

fondi di proprietà dell'impresa ricorrente, se si eccettuano alcu

ni sentieri ed una scala, sono collegati alla principale via di

transito della zona (la via Bonomea) solo da una «rotabile a

Per ulteriori riferimenti sul contenuto ed i limiti dei poteri pianifica tori, v. A. Balestrerà Discrezionalità amministrativa e pianificazione urbanistica: questioni vecchie e nuove, in Riv. giur. urbanistica, 1989, 269; L. Marotta, Pianificazione urbanistica e discrezionalità ammini

strativa, Padova, 1988; A. Borella, Discrezionalità delle scelte urba nistiche e vocazione naturale delle aree, in Dir. regione, 1985, 21; G. Turco Li veri, Gli strumenti urbanistici comunali in rapporto agii ele menti della discrezionalità e della motivazione, in Nuova rass., 1985, 599; V. Angiolini, Piano regolatore generale, valutazioni tecniche ed eccesso di potere, in Studium iuris, 1996, 284.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

fondo naturale» che ha inizio da uno slargo della via Bonomea

(formato da particelle in titolarità di altri proprietari privati sulle

quali si prospetta la sussistenza di una servitù dì passaggio) ed

alla stessa ritorna, formando un anello. Tale collegamento appa re al momento inadeguato in quanto, come precisato nella pre detta relazione, trattasi di un «tracciato con sezione variabile di

circa 2,5-3,5 metri» che «si presenta in terra battuta, non asfal

tato, sgombro da vegetazione, ma privo di opere di conteni

mento e di sostegno, con caratteristiche tali da non consentire il

transito di comuni autovetture o altri mezzi assimilabili».

L'area in esame — nei limiti di un sindacato che non impinga nel merito dell'azione amministrativa — non si presenta, quin di, come compiutamente urbanizzata, apparendo legittima, an

che in considerazione delle significative dimensioni dell'inter

vento edilizio prefigurato dall'appellante e dei conseguenti cari

chi urbanistici, la previsione di una fase di pianificazione di

dettaglio diretta in primo luogo a definire il completamento del

sistema della viabilità secondaria nella zona, con l'indicazione

dei necessari raccordi. Sempre in tale sede potranno individuarsi

le eventuali infrastrutture necessarie al fine di consentire l'al

lacciamento dei fondi della ricorrente con le reti dei servizi, ove

non già predisposte, ed a garantire il rispetto degli standard ur

banistici per spazi e servizi pubblici. 2. - Risulta, invece, fondata la doglianza di violazione del

l'art. 30, 4° comma, 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 19 novembre

1991, n. 52, dedotta con il primo motivo del ricorso introduttivo

e, in parte, con il terzo e con il quinto motivo (riproposta, uni

tamente ad altre censure, con il primo e con il terzo motivo di

appello), nella parte in cui si lamenta l'illegittimità della previ sione di uno strumento attuativo atipico, denominato «studio

programma», per l'edificazione nell'area in parola. In via generale deve ribadirsi che «esiste, nell'ordinamento

urbanistico non meno che in tutto il diritto pubblico, in applica zione del più generale principio di legalità (che vuole che in uno

Stato di diritto non possa una pubblica amministrazione avva

lersi di poteri che la legge non le ha previamente conferito), un

inderogabile principio di nominatività e tipicità degli strumenti urbanistici: esso è tale per cui una pubblica amministrazione

non può adottare, od approvare, una figura di piano di organiz zazione del territorio che non corrisponda (per presupposti,

competenze, oggetto, funzioni ed effetti) ad uno schema già

predeterminato, in via generale ed astratta, da una norma prima ria dell'ordinamento. La gestione dell'assetto del territorio è in

fatti una funzione che si estrinseca in una molteplice tipologia di manifestazioni di potestà pubbliche, in cui ciascuna deve es

sere caratterizzata per legge (a garanzia dei destinatari) da una

propria causa, da propri effetti, e da una corrispondente compe tenza: per modo che non può essere ravvisato sussistere, nel

l'attuale ordinamento, in capo ad alcun centro amministrativo, un generale ed indifferenziato potere di pianificazione del ter

ritorio, libero quanto a mezzi e a forme, capace di incidere sui

diritti dei consociati. Gli strumenti urbanistici legittimamente

applicabili sono pertanto soltanto quelli previsti —

per nome, causa e contenuto — dalla legge; e dunque, al di fuori di un tale

numero chiuso, non può legittimamente una amministrazione

procedere ad introdurre nella realtà giuridica qualsivoglia, indi

cativa o coercitiva che sia, nuova categoria di strumento di pia nificazione dell'assetto del territorio» (sez. II 26 ottobre 1994, n. 883/93, id., Rep. 1995, voce cit., n. 174; in termini, anche

sez. IV 28 luglio 1982, n. 525, id., 1982, III, 329). Nel caso di specie negli ambiti contraddistinti dalla sigla Bnli

gli interventi di nuova edificazione sono subordinati all'appro vazione di uno strumento attuativo denominato «studio pro

gramma di iniziativa comunale o privata, esteso all'intero am

bito, soggetto ad approvazione da parte del consiglio comunale

e finalizzato principalmente all'adeguamento e/o completa mento delle infrastrutture viarie interne agli ambiti stessi» (art. 5.2.10 dell'elaborato «D» delle norme tecniche di attuazione

della variante generale n. 66 del p.u.r.g. del comune di Trieste,

come modificato in parziale accoglimento delle relative osser

vazioni regionali di cui al punto E10). Tale strumento di detta

glio non è, tuttavia, conosciuto dalla legislazione urbanistica re

gionale, che prevede, per contro, l'individuazione nel p.r.g.

«degli ambiti in cui l'attuazione avviene attraverso la predispo sizione dei piani regolatori particolareggiati comunali» (art. 30, 4° comma, 1. reg. n. 5 del 1991).

li Foro Italiano — 2002.

Lo «studio programma», a differenza dei menzionati piani re

golatori particolareggiati comunali, si connota, quindi, come

strumento atipico, la cui previsione deve ritenersi illegittima. 3. - Parimenti fondata si appalesa la censura di cui al quinto

motivo del ricorso introduttivo, nella parte in cui si lamenta il

vizio di eccesso di potere per insufficiente motivazione ed illo

gicità manifesta della scelta di dimensionare lo «studio pro

gramma» all'intero ambito Bn// interessato (doglianza ripropo sta con il motivo di appello numerato III.3.1 ).

In proposito va osservato che, in base al principio di propor zionalità dell'azione amministrativa, la legittimità della previ sione di strumenti attuativi in zone B di completamento trova il

suo limite, quanto alla estensione di tali piani, nell'effettiva ne

cessità di riorganizzare e integrare l'urbanizzazione dell'area

interessata. Quando, come nel caso di specie, un'area parzial mente priva di opere di urbanizzazione si inserisca in una più

ampia sotto-zona ormai, per il resto compiutamente urbanizzata, la scelta di subordinare l'edificazione nell'ambito considerato

all'approvazione di piani attuativi può ritenersi legittima a con

dizione che la dimensione di tali piani sia correttamente commi

surata alle esigenze di completamento del sistema infrastnittu

rale.

In particolare, nell'ambito «Pi 11 - via Bonomea II» l'esigen za di integrare la rete delle infrastrutture si pone con riguardo ai

soli fondi di proprietà dell'impresa ricorrente nonché con ri

guardo alle aree immediatamente limitrofe che possano essere

interessate dagli interventi urbanistici di raccordo e di allaccia

mento.

La previsione di un unico piano attuativo — comunque de

nominato — necessariamente esteso all'intero ambito appare,

pertanto, irragionevole, in quanto lo strumento previsto risulta

sovradimensionato rispetto all'interesse pubblico perseguito, con un'ingiustificata ed eccessiva compressione degli interessi

proprietari. Lo sproporzionato sacrificio della posizione dell'impresa ri

corrente, per la quale risulta quasi impossibile la presentazione di un piano attuativo ad iniziativa privata di tali dimensioni, è

evidenziato dalla stessa amministrazione comunale allorché, nella relazione di controdeduzione alle riserve regionali, al

punto E10, pag. 46, si sottolinea che «in alcuni casi aver peri metrato un'area come Bnli non produrrà nessun effetto miglio rativo dello stato reale, che invece sarà realizzabile solo attra

verso l'intervento pubblico [...] e nello stesso tempo impedirà

qualsiasi piccola modifica volumetrica sull'esistente».

4. - L'accoglimento delle censure innanzi indicate, compor

tando la necessità che l'amministrazione comunale ridefinisca il

regime urbanistico dell'area di proprietà della ricorrente, con

l'eventuale previsione di uno strumento attuativo tipico e cor

rettamente dimensionato, impone la rinnovazione dell'intero

procedimento amministrativo nella parte in cui interessa i terre

ni in esame.

Vengono, pertanto, ad essere superate ed assorbite le doglian ze che attengono alla legittimità del procedimento seguito

limitatamente all'ambito di interesse — per l'adozione e l'ap

provazione della variante impugnata. In particolare, devono ritenersi assorbite le censure di: — violazione dell'art. 30, 5° comma, lett. a) e b), citata 1. reg.

n. 52 del 1991 per carenze degli strumenti normativi e grafici su

cui si fonda la variante n. 66 (dedotta sempre con il primo moti

vo del ricorso introduttivo); — violazione di legge (art. 32, 7° comma, 1. reg. n. 52 del

1991) ed eccesso di potere per mancata rielaborazione e riado

zione della menzionata variante da parte del comune di Trieste

(dedotte, in parte qua, con il terzo motivo del ricorso di primo

grado); — violazione di legge (art. 32, 3° comma, 1. reg. n. 52 del

1991) ed eccesso di potere, per violazione dei principi di egua

glianza, del giusto procedimento e della trasparenza dell'azione

amministrativa (quarto motivo del ricorso introduttivo). 5. - Le censure di cui al sesto ed al settimo motivo, par. 1 e 2,

del ricorso introduttivo costituirono oggetto di rinunzia con

memoria depositata il 26 maggio 1998 nel giudizio innanzi al Tar, in considerazione della sopravvenuta pubblicazione della

decisione del Tar Friuli-Venezia Giulia 18 marzo 1998, n. 451

(id., Rep. 1998, voce Amministrazione dello Stato, n. 246), resa

in relazione ad altro ricorso.

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Page 5: sezione IV; decisione 7 novembre 2001, n. 5721; Pres. Venturini, Est. Troiano; Soc. Impresa costruzioni ing. F. e G. Perco (Avv. Pellegrini, Biagetti) c. Comune di Trieste (Avv. Danese,

PARTE TERZA

Il giudice di prime cure non ha, tuttavia, riconosciuto imme

diata efficacia a tale rinunzia in quanto la stessa era subordinata

all'implicita condizione del passaggio in giudicato della deci sione del Tar, che invece ha costituito oggetto di appello innanzi

al Consiglio di Stato con il ricorso n.r.g. 7675 del 1998.

Va, tuttavia, rilevato che la suddetta pronunzia è stata poi confermata dal Consiglio di Stato ed è passata in giudicato, sic

ché ora esplica piena efficacia la nominata dichiarazione di

rinunzia, di cui il collegio deve dare atto.

6. - Infondato si appalesa l'ottavo motivo del ricorso di primo

grado, con cui si lamenta il vizio di eccesso di potere (disparità di trattamento per immotivato mutamento di destinazione — da

inedificabili a edificabili — di aree di espansione di particolare pregio ambientale, con inclusione in zona omogenea B di un'a

rea priva dei requisiti prescritti). Sul punto merita conferma la pronunzia dei primi giudici lad

dove si precisa che in materia urbanistica non è ipotizzabile una

disparità di trattamento fra proprietari di fondi diversi, in quanto ciascun fondo è necessariamente differenziato dagli altri, quanto meno sotto il profilo dell'ubicazione, e, pertanto, costituisce

oggetto di autonoma considerazione.

In proposito va ribadito che «la valutazione dell'idoneità

delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazio

ni, specifici interessi urbanistici, costituisce esercizio di un po tere di scelta, rispetto al quale non è ipotizzabile quella identità

di situazioni soggettive ed oggettive che costituisce il presuppo sto indispensabile per poter configurare, tra i vari soggetti inte

ressati, il vizio dì eccesso di potere per disparità di trattamento»

(sez. IV 17 febbraio 1981, n. 159, id., Rep. 1982, voce Edilizia e

urbanistica, n. 174). Poiché l'esame di situazioni di fatto disomogenee implica

l'adozione di criteri di valutazione almeno in parte differenziati, l'eventuale irragionevolezza delle soluzioni adottate con riguar do ad un ambito del territorio comunale non costituisce, quindi,

argomento per prospettare l'illegittimità delle determinazioni

assunte, sulla base di criteri diversi e di differenti situazioni di

fatto, in relazione ad un altro ambito.

7. - Infondato si appalesa anche il nono mezzo del ricorso di

primo grado, con cui si lamenta l'illegittimità derivante dalla ri

duzione delle aree edificabili in relazione al conseguente rim

borso lei, nonché la violazione dell'art. 30 della legge urbanisti

ca come modificato dall'art. 9 1. n. 765 del 1967.

A tale riguardo va osservato che, nell'ambito di una necessa

ria valutazione comparativa dei diversi interessi pubblici coin

volti dalle scelte di pianificazione urbanistica, gli interessi di

natura tributaria risultano senz'altro recessivi rispetto a quelli

preminenti che attengono alla realizzazione di un adeguato as

setto del territorio comunale, sicché l'amministrazione munici

pale non è tenuta a motivare in ordine alle conseguenze even

tualmente sfavorevoli che possano derivare, sotto il profilo fi

scale, da determinate soluzioni pianificatorie. 8. - Per le suesposte considerazioni, l'appello va accolto nei

limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, in parziale riforma

dell'impugnata decisione, va accolto in parte il ricorso proposto dalla società Perco.

Il Foro Italiano — 2002.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; ordinanza cautelare 30

ottobre 2001, n. 5868; Pres. Venturini, Rei. Poli; Longino

(Avv. Pellegrino) c. Min. finanze e altro. Conferma Tar

Campania, sez. I, ord. 3703/01.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere —

Corpo della

guardia di finanza — Uso di sostanze stupefacenti — Ille

cito disciplinare — Effetti ai fini dell'istanza cautelare

(Cod. proc. pen., art. 653; r.d. 3 gennaio 1926 n. 126, appro vazione dei regolamento organico per la guardia di finanza, art. 31; d.p.r. 18 luglio 1986 n. 545, approvazione del regola mento di disciplina militare, ai sensi dell'art. 5, 1° comma, 1.

11 luglio 1978 n. 382, art. 36; d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, t.u.

delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostan

ze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi

stati di tossicodipendenza, art. 124).

Non sussistono i presupposti per disporre la sospensione in via

cautelare de! provvedimento impugnato, in quanto: a) la de

penalizzazione dell'art. 75 l. 309/90 a seguito del referendum del 18 aprile 1993 non esclude la natura di illecito disciplina re dell 'uso di sostanze stupefacenti per gli appartenenti alle

forze dell'ordine; b) costituisce illecito disciplinare per chi

appartiene ai corpo della guardia di finanza e all'arma dei

carabinieri — e ne condiziona la permanenza in servizio —

l'uso continuato di sostanze stupefacenti; c) l'accertamento

in sede penale della sussistenza del fatto e della responsabi lità dell'autore hanno efficacia nel giudizio disciplinare nei

limiti previsti dall'art. 653 c.p.p. solo qualora il fatto conte

stato in sede disciplinare sia identico. (1)

(1) La decisione in epigrafe (che ha rigettato l'appello proposto av verso l'ordinanza di primo grado reiettiva dell'istanza cautelare propo sta dal ricorrente, militare appartenente al corpo della guardia di fi

nanza) è conforme ad un consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale, secondo il disposto dell'art. 36, lett. d), d.p.r. 18 luglio 1986 n. 545, è fatto divieto agli appartenenti alle forze armate di fare uso di sostanze che possano «alterare l'equilibrio psichico».

Sulla natura del vizio che, ai sensi dell'art. 31 r.d. 3 gennaio 1926 n.

126, rende incompatibile l'appartenenza alle forze armate, cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 12 gennaio 1999, n. 20, Foro it., Rep. 1999, voce Guar dia di finanza, n. 11, secondo la quale l'uso di stupefacenti deve influi re sullo stato di salute del soggetto o, quanto meno, tradursi in uno stato

patologico del fisico o della psiche; in tal senso, v. anche Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 1994, n. 845, id., Rep. 1994, voce Carabinieri, n.

11, secondo la quale un'isolata ed occasionale assunzione di una so stanza psicoattiva, ascrivibile alle più varie ragioni contingenti e ca

suali, non può essere di per sé, in assenza di ulteriori significativi ele menti di valutazione idonei a comprovare che il soggetto è dedito all'u so di sostanze stupefacenti, indicativa di carenza di principi morali e di coerenza di idee e comportamenti, sì da far ritenere legittimo l'annul lamento dell'arruolamento come allievo carabiniere.

In senso conforme, cfr., sul reclutamento per la guardia di finanza. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3647, id., Rep. 2000, voce Guar dia di finanza, n. 9; 15 ottobre 1994, n. 804, id., Rep. 1994, voce cit., n.

9; 24 ottobre 1994, n. 836, ibid., nn. 7, 8; per i carabinieri. Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 1994, n. 845, cit.; per la polizia penitenziaria, Cons.

Stato, sez. IV, ord. 25 agosto 1998, n. 1284, id.. Rep. 1998, voce Ordi namento penitenziario, n. 40.

Nel medesimo senso, sulla permanenza nelle forze armate, cfr. Cons.

Stato, sez. IV, 3647/00, cit., che nega la rafferma ad un finanziere a causa del provato e non episodico abuso di sostanze stupefacenti, de notando mancanza di affidabilità e di doti morali richieste ad un milita re in servizio.

Sui requisiti di serietà dell'accertamento, v. Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 1998, n. 1393, ibid., voce Carabinieri, n. 9, secondo la quale alla luce delle circolari del ministero della difesa n. 182/D3 del 27 ago sto 1990 e n. 18999-71D-17.2 dell'8 novembre 1990, al fine dell'al lontanamento dal servizio del carabiniere che sia risultato tossicodipen dente, è necessario accertare il predetto stato di dipendenza tramite or

gani sanitari che verifichino la dedizione del militare all'uso di sostan ze stupefacenti; Cons. Stato, sez. IV, ord. 9 luglio 1996, n. 1029, id., Rep. 1996, voce Guardia di finanza, n. 13, secondo la quale la conte stazione con l'ausilio di documentazione sanitaria dell'uso di sostanze

stupefacenti e dello stato di tossicodipendenza da parte del finanziere destituito al quale è negata la riammissione in servizio rende opportu no, per completezza di istruttoria e ai fini della sospensione cautelare del provvedimento impugnato, che il ricorrente sia sottoposto ad ac certamenti sanitari presso una struttura pubblica diversa da quelle alle

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