+ All Categories
Home > Documents > sezione IV; decisione 7 ottobre 1997, n. 1100; Pres. Iannotta, Est. Ferrari; Min. sanità (Avv....

sezione IV; decisione 7 ottobre 1997, n. 1100; Pres. Iannotta, Est. Ferrari; Min. sanità (Avv....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: phamcong
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
7
sezione IV; decisione 7 ottobre 1997, n. 1100; Pres. Iannotta, Est. Ferrari; Min. sanità (Avv. dello Stato Greco) c. Soc. Cilag (Avv. Raffaelli, Bozzi) e Codacons; Codacons (Avv. Rienzi, Lo Mastro) c. Soc. Cilag e Min. sanità. Annulla Tar Lazio, sez. I, 14 giugno 1995, n. 1067 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 4 (APRILE 1998), pp. 225/226-235/236 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193261 . Accessed: 28/06/2014 18:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione IV; decisione 7 ottobre 1997, n. 1100; Pres. Iannotta, Est. Ferrari; Min. sanità (Avv.dello Stato Greco) c. Soc. Cilag (Avv. Raffaelli, Bozzi) e Codacons; Codacons (Avv. Rienzi, LoMastro) c. Soc. Cilag e Min. sanità. Annulla Tar Lazio, sez. I, 14 giugno 1995, n. 1067Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 4 (APRILE 1998), pp. 225/226-235/236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193261 .

Accessed: 28/06/2014 18:46

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — Con ricorso proposto innanzi al Tar del Lazio

il sig. Massimi chiedeva l'annullamento della concessione edili

zia 12 agosto 1986 n. 9 rilasciata agli odierni appellanti: a segui to dell'annullamento giurisdizionale di una precedente conces

sione edilizia a questi ultimi rilasciata il 29 marzo 1983, per la costruzione di un fabbricato a destinazione mista, costituito da tre piani interrati o seminterrati e da tre piani fuori terra, il comune di Poggio Moiano aveva rilasciato, a favore dei me

desimi, la predetta nuova concessione ai sensi dell'art. 13 1. 28

febbraio 1985 n. 47, limitatamente ai piani fuori terra e con

riserva di ogni determinazione sulla domanda di condono edili

zio per i piani sottostanti. Il Tar, condivideva il terzo motivo dell'originario ricorso, e

decideva che il calcolo della volumetria realizzabile sul lotto edi

ficabilc avrebbe dovuto essere effettuato detraendo dalla cuba

tura richiesta quella già realizzata, anche per un autonomo edi

ficio, perché altrimenti sarebbe stata vanificata la norma di p.r.g. recante gli indici di edificabilità dell'area.

Annullava per ciò l'impugnata concessione in sanatoria, non

potendo indurre a conclusioni opposte il semplice fatto della

pendenza di domanda di condono edilizio con riguardo ai volu

mi totalmente o parzialmente interrati.

2. - La decisione merita conferma. Nel rilascio del titolo con

cessorio di cui si tratta, espressamente concernente la sola parte fuori terra dell'edificio in questione, il comune era tenuto a

computare — per verificare, ex art. 13 1. n. 47 del 1985, il ri

spetto delle norme transitorie di attuazione del vigente piano

regolatore generale, relative alla cubatura massima assentibile

sul lotto di cui si tratta — anche le già esistenti strutture inter

rate e seminterrate, realizzate anteriormente al 1° ottobre 1983 ed oggetto di separata istanza di condono edilizio ai sensi della

stessa legge suddetta.

Si trattava, infatti, di strutture edilizie di cospicue dimensio

ni, pienamente fruibili dagli interessati e destinate, secondo quan to dai medesimi formalmente richiesto, ad essere autonomamente

sanate. Esse erano certamente preesistenti a quelle realizzate sopra

terra, delle quali ultime costituivano del resto essenziale suppor to statico, e per ciò stesso da computarsi ai fini anzidetti, come

previsto dal vigente strumento urbanistico, approvato il 21 giu

gno 1983 dalla regione.

Correttamente, pertanto, i primi giudici, in accoglimento del ricorso di primo grado, hanno annullato l'impugnata concessio

ne edilizia. 3. - Appare utile segnalare, infine, che la sopravvenuta pre

sentazione di istanza in sanatoria ai sensi dell'art. 39 1. 724/94, concernente lo stesso immobile oggetto del presente giudizio, non può incidere sulla presente vicenda processuale, concernen

te specifico titolo concessorio rilasciato nel 1986. È vero, infat

ti, che la detta, recente domanda di sanatoria potrebbe portare, se accolta (e salvi, naturalmente, gli esiti dell'eventuale conten

zioso successivo a tale accoglimento) a preservare l'edificio di

cui si tratta. Ma si tratterebbe, comunque, di un effetto legato a vicende giuridiche successive rispetto a quella di cui qui è cau

sa e collegate all'operatività, in prospettiva dello ius superve niens dianzi richiamato; dunque non in grado di produrre effet

ti processuali o sostanziali in ordine alla presente controversia, incentrata su di una affatto distinta procedura di sanatoria a

regime. 4. - Per tali motivi l'appello in epigrafe appare infondato

e, per l'effetto, deve essere rigettato.

cembre 1996 n. 662, sull'art. 11 d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito in 1. 23 maggio 1997 n. 135, e sull'art. 12 1. 15 maggio 1997 n. 127, v. Giuffrè, Abilitazioni alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, Na

poli, 1997; Viva, La concessione edilizia. Legge 662/96 e legge 135/97:

l'autorizzazione e la denuncia di inizio attività, Milano, 1997; Abbina, Concessione edilizia, autorizzazione edilizia e denuncia di inizio attività alla luce della l. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60, l. n. 135 del 1997, art. 11, nonché della l. n. 127 del 1997, in Riv. giur. edilizia, 1997,

III, 514; Calegari, L'autorizzazione edilizia dopo la riforma operata dalle leggi n. 662 del 1996 e n. 127 del 1997, in Riv. giur. urbanistica,

1997, 69; Carbone, Rilascio della concessione edilizia. Denuncia di ini

zio attività, in Urbanistica appalti, 1997, 499; Castelli-Caretto, Sem

plificazione del procedimento per l'attività edilizia (le novità della fi nanziaria 1997), in Nuova rass., 1997, 426; Cicala, Ancora una volta cambiano le autorizzazioni edilizie, in Corriere giur., 1997, 381; Frago

la, Gli interventi legislativi e burocratici nel pianeta «edilizia», in Am min. it., 1997, 881; Manzaro Gamba, Sul nuovo procedimento di rila

scio della concessione edilizia, in Riv. giur. urbanistica, 1997, 29.

Il Foro Italiano — 1998.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 7 ottobre 1997, n. 1100; Pres. Iannotta, Est. Ferrari; Min. sanità (Avv. dello Stato Greco) c. Soc. Cilag (Aw. Raffaelli, Bozzi) e

Codacons; Codacons (Avv. Rienzi, Lo Mastro) c. Soc. Ci

lag e Min. sanità. Annulla Tar Lazio, sez. I, 14 giugno 1995, n. 1067.

Giustizia amministrativa — Intervento — Omessa notificazione — Inammissibilità — Fattispecie (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 22; 1.

24 dicembre 1993 n. 537, interventi correttivi di finanza pub

blica, art. 8). Giustizia amministrativa— Sanità pubblica — Medicinali —

Provvedimento classificatorio provvisorio — Ricorso — Am

missibilità (L. 7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai do

cumenti amministrativi, art. 7; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 8).

Sanità pubblica — Medicinali — Commissione unica del farma co — Assenza di componenti — Deliberazioni — Legittimità

(L. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 8). Sanità pubblica — Medicinali — Provvedimento classificatorio

provvisorio — Difetto di motivazione — Esclusione — Fatti

specie (D.leg. 27 gennaio 1992 n. 79, attuazione della diretti

va 89/105/Cee, riguardante la trasparenza delle misure che

regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicu

razione malattia; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 8; d.m.

30 dicembre 1993, riclassificazione dei medicinali ai sensi del l'art. 8, comma 10, 1. 24 dicembre 1993 n. 537, allegato 1).

Posto che la domanda di intervento nel giudizio amministrati

vo, tanto ad opponendum che ad adiuvandum, deve essere

notificata nelle forme di rito sia all'amministrazione che alle

altre parti costituite, l'incompleto o il mancato adempimento di detto onere comporta l'inammissibilità dell'intervento. (1)

Il ricorso presentato da una azienda farmaceutica avverso la

provvisoria determinazione della Commissione unica del far maco, non può dichiararsi improcedibile per difetto di inte

resse, essendo il provvedimento classificatorio della prima fa se fondamentale, benché provvisorio. (2)

Non può assegnarsi ad un organo collegiale la connotazione di collegio perfetto qualora accanto ai componenti effettivi non siano previsti quelli supplenti; pertanto, non sussistendo tale previsione per la Commissione unica del farmaco, i prov vedimenti adottati dalla commissione in assenza del plenum sono legittimi. (3)

È insussistente il vizio di carenza di motivazione denunciato da

una azienda farmaceutica in riferimento al primo provvedi mento provvisorio di classificazione adottato dalla Commis sione unica del farmaco, potendo la stessa, in ottemperanza alle direttive comunitarie, limitarsi ad affermare o negare la

presenza delle sole caratteristiche condizionanti la collocazio ne dei farmaci nelle tre fasce previste dal servizio sanitario

nazionale. (4)

(1-4) I. - La pronuncia, in punto al procedimento di riclassificazione delle specialità medicinali e dei prodotti galenici operata dalla Commis sione unica del farmaco (Cuf) in virtù dell'art. 8 1. 537/93, smentisce l'orientamento giurisprudenziale maturato recentemente tra i giudici di

prima istanza. Per ciò che attiene la declaratoria d'inammissibilità dell'intervento

di un'associazione a tutela del consumatore (Codacons), in opposizione al ricorso di una società farmaceutica avverso il procedimento classifi catorio della Commissione unica del farmaco (che aveva incluso un far maco prodotto dalla società ricorrente, nella fascia a totale carico del

l'assistito), la prima sezione del Tar Lazio, in più occasioni (sent. 6 marzo 1995, n. 389, Foro it., 1995, III, 620; 27 dicembre 1994, n. 2023, id., Rep. 1995, voce Giustizia amministrativa, n. 395, nonché nella pro nuncia riformata dall'odierna decisione), ha ritenuto di far prevalere, tra gli elementi d'inammissibilità, quello relativo alla posizione proces suale dell'associazione nel giudizio de quo. Segnatamente, la sentenza 389/95, pur dichiarando l'inammissibilità dell'intervento del Codacons

per omessa notificazione della domanda di intervento alle parti in cau

sa, ha affermato che «anche nei casi» di adempimento di siffatto onere, l'intervento in questione è inammissibile, non essendo il Codacons le

gittimato dalla titolarità di un interesse sostanziale alla conservazione dei provvedimenti impugnati per il solo fatto di aver statutariamente assunto l'obbligo di tutelare gli interessi dei consumatori sia nei con fronti dei soggetti pubblici che privati. Sicché, secondo tale orientamen

to, contro i provvedimenti dell'autorità amministrativa sanitaria, limi

tativi della gratuità di alcune specialità farmaceutiche, l'organo associa tivo avrebbe potuto proporre, semmai, un intervento ad adiuvandum

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA

Diritto. — 1. -1 ricorsi in appello 5994/95 e 5722/96, rispet tivamente proposti dal ministero della sanità e dal Codacons, devono essere riuniti per essere decisi congiuntamente: ambedue

sono stati infatti proposti avverso la medesima sentenza (14 giu

gno 1995, n. 1067) con la quale la I sezione del Tar Lazio,

pronunciando sui ricorsi riuniti (nn. 5066/94 e 11551/94) della

s.p.a. Cilag (in questa sede resistente ed appellante incidentale), ha annullato in parte qua i provvedimenti in data 30 dicembre

1993 e 28 febbraio 1994 con i quali la Commissione unica del

farmaco - Cuf, nel procedere alla riclassificazione delle speciali tà medicinali e dei prodotti galenici ai sensi dell'art. 8, 10° com

ma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537, ha collocato il farmaco Timu

nox, prodotto dalla stessa Cilag, nella classe C, nella quale so

no comprese le specialità medicinali per il cui acquisto non è

previsto alcun contributo da parte del servizio sanitario nazio

nale e che restano quindi a totale carico dell'acquirente. 2. - Per ragioni di economia processuale conviene esaminare

per primo l'appello (5722/96) proposto dal Codacons, il quale contesta l'impugnata sentenza del Tar innanzi tutto nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l'intervento ad opponendum da esso svolto nel giudizio di primo grado.

In effetti il Tar ha fondato la declaratoria di inammissibilità

del suddetto intervento su due diverse ed autonome ragioni: a) l'intervento in questione non era stato notificato alle parti in

causa, come invece prescritto dall'art. 22, 2° comma, 1. 6 di

cembre 1971 n. 1034; b) il Codacons, in quanto tutore degli interessi dei consumatori di prodotti farmaceutici ed utenti del

servizio sanitario nazionale, non sarebbe legittimato alla difesa

di provvedimenti che restringono drasticamente l'elenco delle

specialità medicinali che in precedenza erano a totale o parziale carico dello stesso servizio sanitario nazionale; semmai, ragioni di coerenza con l'interesse, che statutariamente si è impegnato a tutelare, avrebbero dovuto indurlo ad un intervento adesivo

alla richiesta di annullamento avanzata dalla ricorrente casa far

maceutica.

alla richiesta di annullamento avanzata dall'azienda farmaceutica, onde

pervenire attraverso la rinnovazione del procedimento di classificazione (conseguente all'eventuale accoglimento del ricorso), all'incremento del numero dei farmaci dispensati gratuitamente dal servizio sanitario na zionale.

Tale assunto non è condiviso dal Consiglio di Stato, che pone a fon damento della declaratoria d'inammissibilità dell'intervento ad oppo nendum del Codacons esclusivamente l'omessa notificazione di tale in tervento alle parti in causa (in generale, v. Tar Molise 26 gennaio 1996, n. 231, Foro amm., 1997, 273). Ma v'è di più. I giudici d'appello consi derano che il diritto alla salute, vero interesse dei consumatori di far

maci, può essere validamente perseguito opponendosi all'immissione e alla permanenza nel mercato di prodotti medicinali di dubbia efficacia

terapeutica, onde consentire un mirato utilizzo dei fondi statali previsti per l'assistenza farmaceutica.

In tema di legittimazione a ricorrere delle associazioni rappresentati ve di interessi collettivi, v. Tar Lazio, sez. I, 20 gennaio 1995, n. 62, Foro it., 1995, III, 460.

II. - L'art. 8 1. 537/93, previa abolizione del prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale di cui all'art. 30 1. 833/83, ha affidato alla Cuf l'arduo compito di riclassificare tutte le specialità medicinali e i prodotti galenici autorizzati, attraverso un complesso procedimento di catalogazione articolato in due fasi: la prima (provvisoria), di mera classificazione, è lasciata all'esclusiva competenza dell'amministrazione sanitaria; la seconda, eventuale, si instaura per effetto del ricorso pro posto dall'azienda produttrice, che espone le sue doglianze circa le scel te classificatorie operate dalla Cuf nella prima determinazione. In que st'ultima fase, detta di riesame, la commissione può: a) confermare il provvedimento provvisorio, nel qual caso si ha un mero consolida mento degli effetti provvisoriamente prodotti e i vizi procedurali in esso riscontrabili non sono sanati dalla decisione resa; ti) accogliere le do

glianze del privato ricorrente, con la conseguenza che il secondo prov vedimento con efficacia ex tunc si sostituisce al primo. In questo stadio del procedimento si inserisce la questione sintetizzata nella seconda mas sima, secondo cui la conferma, in sede di riesame, del provvedimento provvisorio reso dalla Cuf non comporta — in omaggio a consolidati

principi pretorii in tema di atti meramente confermativi — l'improcedi bilità del primo ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto, alla luce delle disposizioni di cui all'art. 8 cit., la seconda determinazio ne, ove confermativa della prima classificazione, non si sostituisce a questa, bensì, come si è detto, ne consolida gli effetti già provvisoria mente prodotti. Infatti, il Consiglio di Stato non ha mancato di precisa re che, nell'ambito del procedimento classificatorio, il provvedimento adottato dalla Cuf al termine della prima fase, benché provvisorio e sottoposto ope legis a riesame, è atto fondamentale in quanto in esso sono racchiuse tutte le scelte «farmacologiche» operate dall'ammini strazione sanitaria, sì che, ove il riesame si concluda sfavorevolmente per il ricorrente, si consolidano gli effetti già prodotti dal primo prov vedimento. A conclusioni opposte giunge Tar Lazio 27 dicembre 1994, n. 2023, cit., per il quale, se la seconda determinazione è identica alla

Il Foro Italiano — 1998.

Alla confutazione delle argomentazioni svolte dal Tar a so

stegno del secondo profilo di inammissibilità il Codacons ha

dedicato la maggior parte dei propri scritti, difendendo con fi

nezza di argomentazioni giuridiche ma anche con notevole vigo re dialettico la propria autonomia sia nell'interpretare l'interes

se che si è impegnato a tutelare, sia nell'individuare la strategia più idonea a garantirne il soddisfacimento. Si tratta di conside

razioni sulle quali, nel loro complesso, il collegio non può che

convenire, ove si consideri che l'interesse fondamentale dei con

sumatori di farmaci è la tutela della salute pubblica, che si rea

lizza anche opponendosi alla immissione e alla permanenza sul

mercato di prodotti di dubbia efficacia terapeutica il cui consu mo potrebbe essere agevolato dalla loro gratuità. Ma l'aspetto

più discutibile del ragionamento svolto dal Tar è quello nel quale si sostiene che i consumatori dei prodotti in questione sarebbe

ro, nella loro globalità, titolari di un interesse qualificato e pro tetto — di cui l'associazione, che assume di rappresentarli, non

potrebbe non tener conto — ad addossarne in tutto o in parte il relativo costo sul servizio sanitario nazionale, come se detto

costo non finisse poi per ricadere, per intero e per altre vie, sulla stessa platea di consumatori-contribuenti e quasi che esi

stesse un soggetto-terzo rispetto alla comunità dei cittadini

contribuenti — sul quale lo Stato potrebbe addossare la spesa

per l'assistenza farmaceutica. Risulta pertanto non assecondabile la tesi del Tar intesa ad

affermare una comunanza di interessi fra la casa produttrice di un prodotto farmaceutico — la quale, al pari di qualsiasi altro imprenditore, opera sul mercato con finalità di lucro e

reagisce quindi ad ogni iniziativa governativa volta a ricondurre in ambiti fisiologici il sistema assistenziale — e il Codacons, che rappresenta i consumatori nella loro globalità e che deve

pertanto ritenersi pienamente legittimato a far valere, nella sede

giudiziaria, anche la loro pretesa ad un corretto utilizzo dei li

mitati fondi disponibili per l'assistenza farmaceutica.

Va peraltro rilevato che lo stesso Codacons ha completamen

prima, non può essere attribuita ad essa carattere meramente conferma tivo, essendo stata adottata a seguito di un riesame del precedente prov vedimento.

Per ciò che attiene l'individuazione del quorum necessario per l'ado zione delle determinazioni della Commissione unica del farmaco, la de cisione in epigrafe torna a confrontarsi con le pronunce rese dal Tar Lazio (sent. 6 marzo 1995, n. 389, cit., e 27 dicembre 1994, n. 2023, id., Rep. 1995, voce Atto amministrativo, n. 144), secondo le quali nei collegi a giudizio tecnico (qual è la Cuf) il voto di ciascun compo nente «è espressione della propria e singolare professionalità, compe tenza e capacità», con la conseguenza che l'apporto scientifico di tutti i componenti il collegio è essenziale e imprescindibile per l'adozione delle proprie determinazioni, sì che l'assenza di uno dei componenti vizierebbe per «incompletezza» la determinazione collegiale.

Tale impostazione, a parere del Consiglio di Stato, può essere pro spettata solo in favore di quei collegi i cui componenti sono «infungibi li» per la dichiarata «professionalità interdisciplinare» dei suoi compo nenti; pertanto, mancando all'interno della commissione (Cuf) una sif fatta connotazione, appare ingiustificabile qualsivoglia impedimento all'autoregolamentazione delle modalità di funzionamento della Cuf. Per il massimo organo della giustizia amministrativa, nel silenzio della

legge, il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è la pre visione dei c.d. supplenti accanto ai componenti effettivi, poiché, data la coincidenza del quorum strutturale col numero dei componenti, in caso di incompatibilità di uno di essi deve sottentrare (partecipando a tutta la discussione e formazione del deliberato) il supplente al fine della legittimità delle delibere.

Venendo ora ad esaminare il modus procedendi seguito dalla Cuf nell'adozione della determinazione provvisoria, si osserva che i giudici d'appello, sottolineando ancora una volta il disaccordo con i giudici di prime cure, non ravvisano alcuna violazione degli obblighi di cui all'art. 8 d.leg. 27 gennaio 1992 n. 79, visto che si tratta di norma

disciplinante il procedimento di inclusione delle specialità medicinali nel

prontuario terapeutico, soppresso, come si è testé ricordato, con la so

pravvenuta 1. 537/93. Ne discende che, non essendo più concesso al l'amministrazione sanitaria il potere di selezionare i medicinali da 'of frire' agli assistiti, bensì solo quello di stabilire con riferimento al bilan cio annuale Van e il quantum del contributo della spesa farmaceutica riservato ad ogni specialità medicinale, la commissione può, in ordine a tale determinazione, legittimamente limitarsi ad affermare o negare l'esistenza delle sole caratteristiche che condizionano la collocazione dei farmaci nelle tre fasce previste dal servizio sanitario nazionale. Infatti, alla luce dell'allegato 1 al d.m. 30 dicembre 1993, per la classificazione è essenziale la puntuale predeterminazione e pubblicità dei criteri selet tivi, per cui la semplice indicazione della classe (A, B o C) nella quale un prodotto è stato collocato è sufficiente a motivare la scelta effettua ta dalla commissione, consentendo al privato di contestare tale scelta nella fase partecipativa del riesame, ma non sotto il profilo della caren za di motivazione, bensì dell'errore nei presupposti e della manifesta illogicità.

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

te ignorato, nei propri scritti difensivi, la prima delle due ragio ni sulle quali il Tar aveva fondato la pronuncia di inammissibi

lità dell'intervento ad opponendum, e cioè la mancata sua noti

fica alle parti in causa. Su tale profilo, assorbente e del tutto

autonomo rispetto all'altro, si è quindi formato il giudicato con

conseguente inammissibilità dell'appello (5722/96) proposto dalla suddetta associazione.

3. - Si può quindi passare all'esame dell'appello (5994/95)

proposto dal ministero della sanità.

La singolarità della vicenda è che sia l'appellante principale

(primo motivo) che la resistente società contestano, quest'ulti ma nella via dell'appello incidentale, la declaratoria di improce dibilità per sopravvenuto difetto d'interesse pronunciata dal Tar

con riferimento al ricorso (5066/94) con il quale la s.p.a. Cilag chiedeva l'annullamento del primo provvedimento di riclassifi

cazione adottato dalla Cuf in data 30 dicembre 1993.

In effetti, anche alla luce della complessiva impostazione da

ta dal ministero della sanità alla difesa delle proprie ragioni, non è agevole comprendere quale sarebbe il vantaggio concreto

che l'amministrazione si ripromette di conseguire chiedendo al

giudice di appello l'annullamento della suddetta pronuncia e,

quindi, la verifica nel merito delle censure dedotte nel ricorso

originario avverso una determinazione che — presentando le

connotazioni proprie del provvedimento adottato sotto la pres sione dell'urgenza e a seguito di una sommaria cognitio — ap

pare più facilmente aggredibile da parte di chi ha interesse alla

sua eliminazione e, quindi, più vulnerabile.

Dal suo canto l'appellante incidentale fonda la propria richie

sta su un duplice ordine di ragioni: a) la figura dell'improcedi bilità del ricorso sarebbe venuta meno in conseguenza dell'in

troduzione nel processo amministrativo, ad opera dell'art. 23

1. 6 dicembre 1971 n. 1034, della distinta figura della cessazione

della materia del contendere; b) la riconosciuta illegittimità del

la determinazione impugnata le consentirebbe di agire, in altra

sede, per il risarcimento dei danni conseguenti agli effetti che

essa ha prodotto nell'arco temporale precedente la determina zione definitiva, oggetto del secondo ricorso.

Ambedue le argomentazioni risultano alquanto opinabili. Ed

invero: a) la cessazione della materia del contendere postula la

sopravvenienza di un provvedimento completamente satisfatti

vo della pretesa azionata dal ricorrente, l'improcedibilità la so

pravvenienza di fatti che rendono privo di effetti pratici l'even

tuale accoglimento del ricorso perché, ad esempio, il provvedi mento con esso impugnato è stato sostituito ex tunc da altro

egualmente pregiudizievole per il suo destinatario; ti) la posizio ne dell'impresa farmaceutica, rispetto alle determinazioni relati

ve alle condizioni alle quali è subordinata la fruibilità di un

suo prodotto da parte degli assistiti dal servizio sanitario nazio

nale, è ab origine quella del titolare di un interesse legittimo, la cui eventuale lesione non consente la proposizione di azioni

risarcitorie, almeno secondo la girisprudenza della Cassazione.

Comunque, a prescindere dalle congruità delle ragioni addot

te o sottintese alla richiesta formulata dalle parti in causa, risul

ta assorbente la considerazione che la procedibilità o improcedi bilità del ricorso è questione che il giudice può sollevare d'uffi

cio, indipendentemente cioè non solo da un'istanza dei soggetti interessati ma anche dalle argomentazioni addotte a sua giusti ficazione, ove avanzata.

Il primo motivo d'impugnazione dedotto con l'appello prin

cipale e l'appello incidentale possono quindi essere esaminati

congiuntamente. 4. - La riclassificazione delle specialità medicinali e dei pro

ditti galenici, disposta dall'art. 8 1. 24 dicembre 1993 n. 537, è la risultante di un procedimento complesso che, ancorché af

fidato allo stesso organo (la Commissione unica per il farma

co), si articola in due fasi, necessaria la prima, solo eventuale

la seconda.

La prima fase è interamente dominata dall'amministrazione

e dalle sue valutazioni. Una volta fissato in lire 10.000 miliardi

il tetto massimo entro il quale deve essere contenuta la spesa

per l'assistenza farmaceutica per l'esercizio finanziario 1994, l'art.

8 assegna alla Cuf solo pochissimi giorni per procedere alla clas

sificazione in tre fasce (A, B e C) di tutte le specialità medicina li e dei prodotti galenici «autorizzati» (e, quindi, erogabili del servizio sanitario nazionale), sulla base dei criteri selettivi da

esso stesso indicati e nel rispetto del predeterminato limite mas

simo di spesa. Da questa premessa derivano, come corollari ob

bligati, alcune conseguenze, alcune delle quali esplicitate dallo

stesso art. 8, altre desumibili in via interpretativa:

a) la determinazione che la Cuf è chiamata ad assumere entro

Il Foro Italiano — 1998.

il 31 dicembre 1993, a conclusione della prima fase del procedi mento, è immediatamente esecutiva. L'anticipazione degli effet

ti rispetto all'atto conclusivo del procedimento risponde ad in

tuitive esigenze cautelari delle tassative indicazioni di bilancio

e costituisce pertanto applicazione, nella materia de qua, del

principio generale codificato dall'art. 7, 2° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241 per i casi nei quali sussistano particolari esigenze di celerità del procedimento;

b) nel brevissimo arco temporale ad essa concessa dal cit.

art. 8 e in relazione a determinati prodotti può accadere che

la commissione sia costretta a procedere sulla base di una som

maria cognitio degli elementi di conoscenza e di giudizio di cui dispone, con effetti fisiologici sulla completezza dell'istruttoria

e sulla congruità della motivazione;

c) la determinazione adottata dalla Cuf a conclusione della

prima fase ha necessariamente carattere provvisorio, giacché le

scelte classificatorie in essa contenute sono subordinate all'esito

del riesame eventualmente chiesto dall'interessato ovvero all'i nutile decorso del termine perentorio entro il quale egli può

presentare le proprie osservazioni. Segue da ciò che il consoli

damento degli effetti, da essa anticipatamente prodotti, è con

dizionato alla ricorrenza di una delle due evenienze innanzi in

dicate.

La seconda fase del procedimento, solo eventuale, ha invece carattere partecipativo, nel senso che si apre per iniziativa del

privato che chiede che la determinazione provvisoria, adottata

a conclusione della prima fase, sia riesaminata alla luce delle

considerazioni che egli sottopone alla valutazione della Cuf.

La partecipazione del privato al procedimento amministrati

vo, impraticabile nella prima fase stante l'urgenza che ne carat terizza lo svolgimento, risulta quindi spostata alla seconda fase

interamente dedicata al riesame della prima determinazione alla

luce delle osservazioni formulate dal produttore. Questi non par

tecipa alla formazione dell'atto, ma può provocarne il riesame

al fine di evitare che i suoi effetti, per ora solo provvisori, si

consolidino. In questa seconda fase egli è legittimato a denun ciare tutti i vizi, di legittimità e di merito, nei quali a suo avviso

la Cuf sarebbe incorsa in occasione della prima classificazione.

Giova peraltro chiarire sin da ora che la decisione della com

missione, ove confermativa del primo prowediemnto, non ha

efficacia sanante dei vizi procedurali in esso riscontrabili né tanto

meno lo sostituisce ma esaurisce la sua portata nel mero conso

lidamento degli effetti provvisoriamente prodotti. L'efficacia so

stitutiva ex tunc si verifica solo nel caso in cui le doglianze dell'interessato dovessero risultare fondate e la commissione di

sponesse di conseguenza la ricollocazione della specialità medi

cinale o del prodotto galenico nella diversa fascia da lui indicata.

Sul piano processuale la seconda evenienza, risultando com

pletamente satisfattiva dell'interesse fatto valere dal privato, com

porta la cessazione della materia del contendere relativamente

al ricorso giurisdizionale da lui eventualmente proposto avverso

la classificazione provvisoria. La prima evenienza non comporta invece l'improcedibilità per

sopravvenuto difetto d'interesse del primo ricorso ove anche la

determinazione finale, resa a conclusione del procedimento di

riesame, abbia formato oggetto d'impugnazione. Pur nella con

sapevolezza dei margini di opinabilità che inevitabilmente pre senta qualsiasi soluzione prospettata per la definizione di que stioni di particolare complessità, come quella in esame, il colle

gio non ritiene assecondatale la tesi del Tar secondo cui la

sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il primo ricorso

sarebbe conseguente sia all'avvenuta sostituzione della prima

provvisoria determinazione ad opera della seconda, a carattere

definitivo, sia al fatto che i vizi della prima si rifletterebbero

in via derivata sulla seconda.

Dalla lettura del cit. art. 8 emerge infatti con sufficiente chia

rezza che il provvedimento fondamentale, nell'ambito del com

plesso procedimento delineato dalla norma in questione, è quel lo adottato dalla Cuf a conclusione della prima fase, perché è esso che reca le scelte classificatorie dell'amministrazione. Non

è di ostacolo a tale conclusione la circostanza che si tratta di

determinazione provvisoria perché ope legis sottoposta ad un'e

ventuale procedura di riesame finalizzata a dare ingresso alle

osservazioni del privato: il riesame mira infatti alla verifica del

la legittimità del primo provvedimento in contraddittorio con

l'interessato con la conseguenza che, ove esso si concluda in

senso sfavorevole per quest'ultimo, la conclusione non può es

sere che il consolidamento degli effetti sinora provvisoriamente

prodotti dal primo provvedimento. Ancora meno condivisibile è la seconda argomentazione ad

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA

dotta dal Tar perché contraddittoria rispetto alla premessa dalle

quali muove: l'illegittimità in via derivata di un provvedimento, in conseguenza dei vizi che inficierebbero l'atto presupposto, necessariamente presuppone la persistente vigenza di quest'ulti mo. Pertanto, essa non è ipotizzabile in una vicenda in cui, secondo la ricostruzione del Tar, l'atto sopravvenuto avrebbe

preso il posto del primo, sostituendolo con effetto ex tunc.

La tesi dell'improcedibilità per sopravvenuto difetto d'inte

resse del primo ricorso non sarebbe sostenibile neppure nell'i

potesi, effettivamente ricorrente nel caso in esame, in cui il ri

corrente riproponesse nel secondo ricorso, avente ad oggetto la determinazione adottata dalla Cuf a conclusione del riesame, le censure già dedotte nel primo avverso la classificazione prov visoria. Ricorrendo tale evenienza deve ragionevolmente inten

dersi, in coerenza con le conclusioni sopra indicate, che il ricor

rente abbia inteso denunciare i vizi nei quali sarebbe incorsa

la commissione nel corso del procedimento di riesame assumen

do, come termine di raffronto dell'interesse privato da lui fatto

valere in detta sede, un interesse pubblico emerso a conclusione

di una precedente fase procedurale non conforme a legge. I vizi

denunciati sarebbero quindi vizi propri della determinazione fi

nale, in quanto conseguenti ad un irregolare modus procedendi

seguito dalla Cuf, colpevole di non aver rilevato i vizi dell'atto

oggetto di riesame. Il primo motivo d'impugnazione dell'appello principale e la

prima parte dell'appello incidentale risultano quindi fondati: per l'effetto la sentenza del Tar deve essere riformata nella parte in cui dichiara improcedibile per difetto d'interesse il primo ri

corso proposto dalla s.p.a. Cilag avverso la classificazione prov visoria.

5. - Sostiene l'appellante ministero (secondo motivo) che il

Tar sarebbe incorso in errore qualificando la Cuf collegio per fetto e facendo quindi discendere da tale connotazione l'illegit timità dei provvedimenti da essa adottati in carenza del plenum dei suoi componenti.

La tesi di fondo svolta dall'amministrazione, a prescindere da altre argomentazioni di dubbia pertinenza rispetto alla origi naria censura dedotta dalla società ricorrente e al ragionamento svolto dal Tar, è che sarebbe inesatta la tesi del primo giudice secondo cui «tutti i collegi di valutazione, in contrapposto a

quelli c.d. di ponderazione, costituiscono sempre collegi perfet

ti, che devono operare con il plenum». Ad avviso dell'ammini strazione tale regola varrebbe solo per i collegi giudicanti, giac ché ciò che avviene in camera di consiglio costituisce attività

segreta e/o riservata, mentre non sarebbe applicabile nei casi

nei quali la verbalizzazione consente una verifica, momento per

momento, dell 'iter logico attraverso il quale il collegio è giunto alla determinazione finale, sicché il giudice della legittimità è in grado di accertare in concreto «se la potestà sia stata eserci

tata correttamente ovvero con superficialità ed affrettatamente».

In effetti la tesi del Tar riflette un orientamento largamente diffuso nella giurisprudenza del giudice amministrativo, che tende

a qualificare come «virtuali» i collegi nei quali i componenti rappresentano interessi diversi e sovente confliggenti fra di lo

ro, che nella sede collegiale devono trovare una composizione e un assetto che ne consenta la pacifica coesistenza, con la con

seguenza che la mancata partecipazione all'adunanza di uno o

più componenti può essere ragionevolmente intesa come rinun

cia a far valere, in quella determinata occasione, l'interesse di

cui essi sono portatori. «Perfetti» sarebbero invece i collegi i cui componenti riflettono invece conoscenze ed esperienze pro fessionali diversificate, ma tutte necessarie agli effetti della defi

nizione della questione sulla quale l'organo è chiamato a pro

nunciare, in sede consultiva o deliberativa, con la conseguenza che l'assenza di uno dei componenti, facendo venir meno un

contributo necessario per la compiuta formazione del processo decisionale o del giudizio tecnico-discrezionale, vizierebbe per

incompletezza la determinazione finale.

Osserva il collegio che detta tesi, fatta propria dal Tar e dife

sa con vigore dalla società resistente, può essere seguita nel caso

in cui la composizione del collegio riflette professionalità inter

disciplinari e complementari fra di loro, con la conseguenza di rendere ciascun componente infungibile rispetto agli altri. Ove — come nel caso in esame — manchi tale connotazione, sembra

ingiustificato sottrarre all'organo collegiale la possibilità di au

toregolamentare le modalità del proprio funzionamento e di de

cidere di volta in volta se la presenza di un certo componente sia necessaria o no al prosieguo dei propri lavori e se, di conse

guenza, la sua assenza determini la mancata valutazione di un

aspetto della fattispecie non affidabile agli altri membri presenti.

Il Foro Italiano — 1998.

Il rischio al quale conduce la tesi del Tar, ove eletta a regola

generale da applicare in ogni caso senza gli opportuni «distin

guo», è il blocco del funzionamento dell'organo collegiale con

seguente all'incolpevole ovvero alla maliziosa assenza di un suo

componente, rischio da non sottovalutare nei casi nei quali l'or

gano collegiale dispone di termini brevi per decidere su questio ni che coinvolgono interessi di notevole rilievo economico.

D'altro canto, nell'inevitabile opinabilità dei diversi criteri pro

spettati dalla giurisprudenza e dalla dottrina al fine di indivi

duare, nel silenzio della legge, quando un organo collegiale de

ve ritenersi «perfetto», il criterio più sicuro resta quello che

assegna tale connotazione al collegio per il quale, accanto ai

componenti effettivi, sono previsti anche componenti supplenti. Poiché non sussiste tale previsione per la Cuf, deve ritenersi

che la disinvoltura dimostrata da taluni componenti della com

missione nell'assicurare la loro partecipazione ai lavori dell'or

gano collegiale, a seguito di una personalissima interpretazione dell'orario di inizio degli stessi, è censurabile sul piano del co stume e della deontologia professionale — e dovrebbe anche

suggerire maggiore avvedutezza all'amministrazione nella costi

tuzione di collegi investiti di funzioni di particolare rilievo — ma non è sufficiente a configurare un vizio di legittimità delle

deliberazioni adottate.

6. - Sostiene ancora l'appellante ministero (terzo motivo) che il Tar sarebbe incorso in un ulteriore errore allorché afferma

che la mancanza di qualsiasi motivazione in ordine alla prima,

provvisoria riclassificazione avrebbe costretto le imprese farma

ceutiche interessate a presentare osservazioni «alla cieca» nel

corso della fase del riesame, con la conseguenza di ridurre «ad

un vano simulacro ... la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento», prescritta invece sia dalla normativa comuni

taria che da quella statale, che ne ha disposto il recepimento o che ad essa si è adeguata.

La tesi di fondo dell'amministrazione è, al contrario, che nel

modus procederteli seguito dalla Cuf non sarebbe ravvisabile al

cuna violazione degli obblighi comunitari giacché la direttiva del consiglio n. 89/105 del 21 dicembre 1988 — riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione

nei regimi nazionali di assicurazione malattia — si limiterebbe

a prescrivere la predeterminazione dei «criteri di cui devono te

ner conto le autorità decidenti in merito all'inclusione o meno delle specialità» e ad affermare l'obbligo di esporre «motivi ba

sati su criteri obiettivi e verificabili in caso di esclusione», cioè assumerebbe a presupposto delle sue prescrizioni una richiesta

di inclusione avanzata dalla parte o un provvedimento di esclu

sione da un elenco preesistnte, situazioni che invece non ricor

rono nel caso in esame, nel quale la Cuf è stata chiamata «a rifondare ab imis l'intero sistema».

La censura è fondata nei termini di seguito indicati.

Diversamente, da quanto ritenuto dal Tar non sussiste alcuna

violazione dell'art. 8 d.leg. 27 gennaio 1992 n. 79, recante «at

tuazione della direttiva 89/105/Cee», giacché la norma in que stione disciplina il «procedimento di inclusione di specialità me dicinali nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazio

nale» e prescrive le garanzie che devono essere assicurate al

soggetto che, contestualmente alla domanda di autorizzazione

alla produzione e all'immissione in commercio di un farmaco, ne chieda anche l'inclusione nel prontuario terapeutico del ser

vizio sanitario nazionale, o che si opponga al provvedimento di esclusione di un prodotto che in precedenza era già stato

inserito nel predetto prontuario. Suppone cioè l'esistenza del

predetto prontuario, che l'art. 8, 9° comma, della sopravvenuta 1. 24 dicembre 1993 n. 537 ha invece soppresso a decorrere dal

1° gennaio 1994 in coerenza con il principio, contestualmente

codificato, secondo il quale tutte le specialità medicinali e i pro dotti galenici, di cui sia stata autorizzata la produzione e la

vendita, «sono erogabili dal servizio sanitario nazionale». In

conseguenza della suddetta riforma il servizio sanitario nazio

nale non dispone più del potere di selezionare i medicinali da

mettere a disposizione dei propri utenti, ma può solo stabilire

Van e il quantum del contributo alla relativa spesa, nel limite del finanziamento complessivo fissato dalla legge di bilancio e

sulla base dei criteri che lo stesso art. 8, 10° comma, ha prede terminato.

Non è quindi più ipotizzabile una domanda di inclusione, sulla quale l'amministrazione debba motivatamente pronunciare ov

vero un provvedimento di esclusione nei cui confronti devono essere assicurate al produttore adeguate possibilità di difesa, pre vio avviso dell'avvio del relativo procedimento. Al precedente

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sistema, fondato sul prontuario, l'art. 8 ha sostituito un nuovo

sistema che consente l'ingresso nel mercato dei consumatori di

farmaci ad ogni produttore di specialità medicinali, ma che al

tempo stesso impone all'amministrazione di procedere in tempi strettissimi alla classificazione di queste ultime in ragione di pre determinate caratteristiche (farmaci essenziali e per malattie cro

niche; farmaci di rilevante interesse terapeutico; farmaci privi delle suddette caratteristiche), ritenute essenziali ai fini dell'art

e del quantum del finanziamento pubblico. Alla concreta attuazione del nuovo sistema l'amministrazione

procede d'ufficio, nei tempi ristrettissimi ad essa concessi e quin di, come già si è detto, a mezzo di una sommaria cognitio degli elementi di conoscenza e di giudizio di cui dispone e con una

determinazione che, relativamente a ciascun prodotto, può le

gittimamente limitarsi ad affermare l'esistenza o no delle diver

se caratteristiche condizionanti la collocazione dei diversi far

maci in ciascuna delle tre fasce.

Questo sistema non contrasta affatto con le direttive comuni tarie le quali chiedono, nella sostanza, predeterminazione e pub blicità dei criteri selettivi e trasparenza nella concreta attività

classificatoria, cioè che la classificazione di ciascun farmaco sia

coerente con i criteri predeterminati, garanzie che nella specie risultano essere state adeguatamente assicurate.

L'allegato 1 al d.m. 30 dicembre 1993, recante le «linee guida seguite dalla Cuf per la classificazione dei medicinali», contiene

infatti la puntuale indicazione dei criteri di carattere generale ai quali la commissione si è attenuta nel procedere alla riclassi

ficazione, cioè la specificazione delle caratteristiche che i diversi

prodotti devono possedere per l'iscrizione in ciascuna delle tre

fasce. Di conseguenza, quando il provvedimento classificatorio

reca, accanto al nome di ciascun prodotto, l'indicazione della

classe nella quale è stato collocato, deve ragionevolmente rite

nersi che la Cuf abbia inteso riconoscergli il possesso delle ca

ratteristiche necessarie per l'iscrizione in detta classe, e non di

quelle che avrebbero consentito la collocazione in una classe

diversa. Ad avviso del collegio tale indicazione, letta alla luce dei cri

teri generali indicati nell'allegato 1, è sufficiente a porre il sog

getto interessato in condizione di conoscere le ragioni della scel

ta effettuata dalla commissione ed eventualmente di contestar

le, nella fase partecipativa del riesame, non sotto il profilo della

carenza di motivazione, ma semmai dell'errore nei presupposti e della manifesta illogicità.

Risulta pertanto non condivisibile l'affermazione del Tar se

condo cui sarebbe stata elusa la direttiva comunitaria giacché la carenza di motivazione del primo provvedimento non con

sentirebbe all'interessato di contestare, cognita causa, nella se

conda fase la classificazione data dalla Cuf al proprio prodot to. In effetti, il problema di una più penetrante motivazione

si pone semmai per la determinazione che conclude la fase par

tecipativa, nel senso che a fronte di una puntuale contestazione

da parte dell'interessato sulla coerenza fra i criteri predetermi nati e la conclusione provvisoriamente adottata corre l'obbligo

per la Cuf di esplicitare le ragioni per le quali ritiene di dover

mantenere ferma la prima classificazione.

Ma anche con riferimento a tale determinazione il vizio di

carenza di motivazione, denunciato dalla ricorrente e riscontra

to dal Tar, risulta insussistente.

Se alla base dell'obbligo di motivazione, eletto a principio

generale dalla 1. n. 241 del 1990, è la necessità di porre il desti

natario dell'atto amministrativo in condizione di conoscere le

ragioni ad esso sottese, sembra al collegio che tale esigenza sia

stata adeguatamente soddisfatta dal provvedimento Cuf del 28

febbraio 1994, giacché in esso la conferma del Timunox nella

classe C risulta fondata su un duplice ordine di considerazioni:

la mancata presentazione da parte della società di nuove infor

mazioni idonee a giustificare la collocazione del suddetto pro dotto nelle classi A e B; la mancanza di un numero adeguato di studi clinici controllati, che dimostrino la reale efficacia del farmaco.

La motivazione quindi esiste ed è anche estremamente pun

tuale; il resto è merito, perché espressivo di valutazioni tecnico

scientifiche rimesse all'esclusiva competenza della Cuf e sulla

quale il giudice della legittimità non può interferire se non nel

caso, certamente non ricorrente nel caso di specie, di manifesta

illogicità rilevabile anche da chi non dispone di specifiche cono

scenze in materia.

Né può dubitarsi della congruità di tale motivazione giacché il relativo giudizio deve sempre assumere, come termine di rife

rimento, l'ampiezza e la perspicuità delle ragioni addotte dal

li. Foro Italiano — 1998.

l'interessato, le quali nel caso in esame non offrono elementi

idonei a far ritenere ictu oculi insufficienti le controdeduzioni

della Cuf.

Il che induce a ritenere fondato anche il quarto motivo d'im

pugnazione dedotto dall'amministrazione. Si può invece prescin dere dal quinto e ultimo motivo di appello, prospettante que stioni di giurisdizione, che non risulta pertinente al caso in esa

me e che probabilmente è stato elaborato dalla difesa erariale

con riferimento a problematiche emergenti da altri ricorsi pro

posti da soggetti diversi avverso provvedimenti classificatori sem

pre addotti dalla Cuf.

7. - La fondatezza dell'appello principale dell'amministrazio ne sanitaria comporta l'obbligo per il collegio di procedere al

l'esame degli ulteriori motivi di doglianza che la società ricor

rente aveva proposto innanzi al Tar, che dal primo giudice era

no stati assorbiti e che vengono riproposti in via tuzioristica

della stessa s.p.a. Cilag in questa sede.

8. - È infondata la censura secondo la quale alla società ri corrente non sarebbe stata chiesta alcuna ulteriore informazio

ne e/o documentazione supplementare, come invece prescritto dall'art. 6, n. 1, primo alinea, ultima parte della direttiva Cee

n. 89/105. Si è già detto che la norma comunitaria prende in considera

zione un'ipotesi (diniego di inclusione o esclusione dal prontua rio di un singolo prodotto farmaceutico) che è diversa da quella in esame (revisione dell'intero sistema di assistenza farmaceuti

ca). In ogni caso, e il rilievo è assorbente, la fase partecipativa è prevista dall'art. 8 1. n. 537 del 1993 proprio allo scopo di

consentire alla Cuf di correggere la precedente determinazione

alla luce delle osservazioni della singola azienda farmaceutica interessata e della documentazione che essa ha avuto l'accortez

za di produrre. Nessun obbligo aveva quindi la commissione

di richiedere ulteriore documentazione, essendo ragionevole sup

porre che ciascuna azienda avesse allegato all'istanza di riesame

tutta la documentazione da essa ritenuta utile alla difesa delle

proprie ragioni. Nella specie la documentazione esibita dalla s.p.a. Cilag è

stata valutata dalla Cilag e giudicata inidonea e non adeguata a giustificare un ripensamento rispetto alle conclusioni già assunte.

9. - La comunicazione alle aziende interessate sia della prima che della seconda determinazione è avvenuta mediante pubbli cazione sulla Gazzetta ufficiale, il che è conforme a quanto di

sposto dall'art. 58 1. 29 dicembre 1990 n. 428 (legge comunita

ria per il 1990), trattandosi di provvedimenti aventi ad oggetto

migliaia di specialità medicinali e di prodotti galenici. Tale sistema di partecipazione non è neppure in contrasto

con la più volte citata direttiva comunitaria n. 89/105 la quale (peraltro con specifico riferimento a singoli provvedimenti di

diniego di inclusione ovvero di esclusione dal prontuario) si li

mita a richiedere che gli interessati siano informati delle deter

minazioni che li riguardano, ma non si spinge fino al punto di imporre forme particolari di comunicazione, la cui scelta de

ve intendersi rimessa alla valutazione dei legislatori nazionali.

10. - Conseguenza di una incompleta lettura dell'art. 8, 16°

comma, 1. n. 537 del 1993 è la tesi secondo cui la norma in

questione avrebbe «legificato» i precedenti d.m. 1° febbraio 1991

e 5 agosto 1992 nella parte in cui disponevano il rimborso del

l'intero prezzo dei prodotti a base di ormoni timici ove impie

gati (come nel caso del Timunox) nella terapia delle immunode ficienze congenite o acquisite.

Con riferimento alle forme morbose indicate nei d.m. sopra indicati la norma in questione prevede infatti l'esenzione solo

per i «farmaci collocati nella classe di cui al 10° comma, lett.

6)», cioè per quelli inseriti nella classe B, per i quali altrimenti

l'assistito del servizio sanitario nazionale sarebbe chiamato a

sostenere il cinquanta per cento del prezzo del prodotto. Di con

seguenza, non è assecondabile la tesi della ricorrente, secondo

cui con i provvedimenti impugnati l'amministrazione avrebbe

violato «l'inviolabile limite posto dalla legge all'esercizio del suo

potere regolamentare». 11. - È manifestamente infondata la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 8 1. n. 537 del 1993, in riferimento al

l'art. 32 Cost., nella parte in cui fissa in lire 10.000 miliardi

il tetto massimo della spesa sostenibile da servizio sanitario na

zionale per l'assistenza farmaceutica nell'esercizio finanziario

1994, in tal modo condizionando — secondo la tesi della ricor

rente — la riclassificazione dei prodotti farmaceutici e la loro

distribuzione nelle tre classi.

Rientra infatti nella valutazione discrezionale del legislatore

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA

ordinario ripartire le limitate risorse finanziarie disponibili fra

i vari bisogni a carattere generale da soddisfare, che non si esau

riscono nella tutela della salute. Né può imputarsi al legislatore ordinario un cattivo uso di tale potere ove si consideri che la

norma sospettata di incostituzionalità, pur fissando un limite

massimo di spesa, garantisce comunque la gratuità dei farmaci

essenziali e per malattie croniche e richiede solo una partecipa zione da parte del consumatore per quelli di rilevante interesse

terapeutico. Risulta pertanto conforme a principi costituzionali, e non so

lo all'art. 32 Cost., il sistema normativo emergente dal cit. art.

8 che, mentre garantisce la gratuità dell'assistenza farmaceutica

al soggetto portatore di patologie particolarmente gravi, si preoc

cupa al tempo stesso, nell'interesse generale, di porre ordine

in un settore che, a causa della mancanza di tempestivi inter

venti legislativi e di adeguati controlli, è notoriamente conside

rato uno dei maggiori responsabili dell'attuale stato di dissesto

della finanza pubblica. 12. - Priva di pregio è la tesi secondo la quale il componente

della Cuf prof. Garattini, avendo più volte espresso nell'eserci

zio della professione riserve sull'effettiva efficacia terapeutica dei prodotti contenenti estratti timici, non si sarebbe trovato

in condizioni di assoluta serenità quando si trattò di stabilire

la classe in cui collocare il Timunox ed avrebbe dovuto quindi astenersi dal partecipare ad una decisione collegiale nella quale,

per sostenere il proprio «prestigio personale e professionale», era «costretto a situarsi in una posizione di possibile contrasto

con l'interesse pubblico». A confutazione della tesi prospettata dalla società ricorrente

è sufficiente la considerazione che i componenti della Cuf sono

stati scelti proprio in ragione della loro preparazione ed espe rienza professionale. Pertanto, la circostanza che il prof. Garat

tini, nel corso della sua attività di ricercatore, abbia avuto occa

sione di interessarsi anche dei prodotti farmaceutici contenenti

estratti timici e di maturare determinati convincimenti in ordine

ad essi, da un lato prova la bontà della scelta effettuata dal ministro della sanità chiamandolo a far parte della commissio

ne, dall'altro lato imponeva allo stesso prof. Garattini di porta re a conoscenza del collegio i risultati delle sue ricerche, non

per imporli ma come base per una riflessione di carattere ge nerale.

Il problema dell'incompatibilià, e del connesso obbligo di

astensione, si pone per colui che è portatore di interessi perso nali confliggenti con quello affidato alla cura dell'organo colle

giale, e quindi non è ipotizzabile nei confronti dello studioso

che è chiamato a farne parte al precipuo scopo di contribuire, con il bagaglio delle conoscenze acquisite e delle esperienze ma

turate, alla determinazione finale. L'interesse pubblico, al quale si richiama la società ricorrente, sarebbe stato pretermesso dal

prof. Garattini se egli, contravvenendo ai doveri derivanti dal

suo status di componente della Cuf, avesse omesso di informa

re i colleghi dei risultati ottenuti nel corso delle sue ricerche.

Ininfluente al fine del decidere sulla legittimità degli atti im

pugnati è il sospetto adombrato dalla ricorrente sui condiziona menti ai quali sarebbe stato esposto il prof. Garattini per la

necessità di difendere il proprio prestigio personale. Osserva il

collegio, richiamando dati di comune esperienza, che lo studio

so non difende il prestigio acquisito nell'attività di ricerca ar

roccandosi sulle proprie posizioni e rimanendo indifferente alle

opinioni altrui, ma al contrario dimostrando la propria disponi bilià a recepirle, come occasione di arricchimento delle proprie conoscenze e motivo di rimeditazione sulle conclusioni già rag

giunte.

Aggiungasi che la tesi prospettata dalla società ricorrente sot

tintende il riconoscimento, da parte degli altri componenti del

l'organo collegiale, di una supremazia intellettuale e culturale del prof. Garattini che li avrebbe indotti ad aderire acriticamen

te alle sue tesi, circostanza questa che, attesa la particolare com

posizione della commissione, è tutta da dimostrare.

13. - A riprova dell'errore commesso dalla Cuf negando alla

specialità medicinale Timunox il carattere di farmaco «essenzia

le» la difesa della ricorrente Cilag ha depositato in atti un rile vante numero di lettere accorate inviate all'azienda da malati

consumatori del suddetto prodotto, che insorgono contro la man

cata sua collocazione nella classe A, adducendo sia i benefici

ricavati dalla sua somministrazione sia l'elevato costo del far

maco, non sopportabile da chi dispone di redditi modesti.

Si tratta di testimonianze personali di sofferenza, che il colle

gio considera con il massimo rispetto, ma che non possono sov

II Foro Italiano — 1998.

vertire un dato fondamento, e cioè che il giudizio sull'essenzia

lità di un farmaco per la cura di una determinata patologia è questione estranea alle competenze professionali che si richie

dono sia al difensore che la propone che al giudice al quale viene prospettata.

Ed invero, a prescindere dalla considerazione di comune espe rienza che la «fede» in un determinato farmaco è molto spesso

legata a valutazioni estremamente soggettive, variabili da indi

viduo a individuo, è assorbente la considerazione che il proble ma sollevato dagli istanti è di natura squisitamente tecnico e

sfugge quindi al sindacato del giudice della legittimità. 14. - L'appello del ministero della sanità deve pertanto essere

accolto.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 23 settembre

1997, n. 1374; Pres. De Roberto, Est. Barra Caracciolo;

Saragozza (Avv. Rienzi, Montaldo) c. Min. lavoro (Avv. dello Stato Giacobbe).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Sanzione discipli nare — «Lodo» del consiglio arbitrale — Ricorso al Consi

glio di Stato — Inammissibilità (Cod. civ., art. 2113; cod. proc. civ., art. 825, 828; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme

sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà

sindacale e della attività sindacale nei luoghi di lavoro e nor me sul collocamento, art. 7; 1. 11 agosto 1973 n. 533, discipli na delle controversie individuali di lavoro e delle controversie

in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, art. 5;

d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione dell'organizza zione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disci

plina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 59).

È inammissibile il ricorso al Consiglio di Stato contro il «lodo»

emesso da un collegio arbitrale di disciplina, nei confronti di una sanzione disciplinare inflitta ad un dipendente da una

pubblica amministrazione, nel regime introdotto dall'art. 59

d.leg. 29/93. (1)

(1-3) Questioni nuove, dopo la riforma ex d.leg. 29/93, il cui art. 59 (come riformulato dall'art. 27 d.leg. 546/93) «ha introdotto un nuo vo procedimento disciplinare il cui schema normativo, suscettibile di modifiche ad opera dei contratti collettivi, è da ritenersi in sé compiuto ed immediatamente efficace ed applicabile» (Tar Veneto 28 dicembre

1995, n. 1603, Foro it., Rep. 1996, voce Sanitario, n. 391); i contratti collettivi stipulati nei vari comparti hanno regolato in modo sostanzial mente uniforme il complesso di doveri dei dipendenti e delle sanzioni

comminabili, secondo le indicazioni dello stesso d.leg. n. 29 (in detta glio, v. G. Albenzio, Iprincipi e gli istituti comuni nei contratti collet tivi dopo la riforma del pubblico impiego, id., 1997, V, 89 ss., spec, par. III.9; S. Mainardi, in II lavoro alle dipendenze delle amministra zioni pubbliche: i contratti collettivi a cura di F. Carinci, Milano, 1997, I, 469 ss.) riproponendo anche le norme procedurali fissate dal decreto ed alle quali non si estende la facoltà di definizione in sede contrattuale

(v. art. 59, 3° comma); solo i contratti della dirigenza hanno previsto, in analogia con la dirigenza privata, la istituzione di un collegio di con ciliazione per i casi di recesso dell'amministrazione, con efficacia limi tata temporalmente alla entrata in vigore della procedura conciliativa

generale prevista dall'art. 69; negli altri contratti collettivi non sono introdotte particolari procedure di conciliazione, così che trova piena applicazione il disposto dell'art. 59, 7°-9° comma, con la facoltà di

impugnare i provvedimenti sanzionatori dinanzi allo speciale collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione di appartenenza. Nel decide re le prime questioni sorte sulle determinazioni assunte dai collegi arbi trali di disciplina i giudici amministrativi si sono espressi nel solco dei

principi affermatisi nel settore del lavoro privato in ordine all'identica

procedura regolata dall'art. 7 1. 300/70, sia per la qualificazione del l'arbitrato come «irrituale» (Cass. 13 gennaio 1995, n. 339, Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 873; 9 settembre 1988, n. 5118, id., Rep. 1989, voce cit., n. 966), sia per l'alternatività rispetto all'azio ne giudiziaria (nel senso che le parti non possono più adire il giudice ordinario una volta stipulato l'accordo compromissorio — Cass. 339/95, cit. — o costituito il collegio arbitrale: Cass. 9 giugno 1993, n. 6411, id., Rep. 1993, voce cit., n. 858; Pret. Napoli 2 marzo 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 863) sia per la negazione della natura di «sentenza» al lodo, quantunque depositato nella cancelleria della pretura e reso

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 18:46:13 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended